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L'avventura iniziò abbastanza bene.
Venerdì sera i compagni di viaggio si incontrarono per bere qualcosa. Quando Maura entrò nella sala da cocktail dell'albergo, trovò Douglas e gli altri già seduti a un tavolo.
Ario Zielinski sembrava proprio il tipo che metteva in pratica i consigli della Guida Michelin: grassoccio e con un principio di calvizie. Un uomo dall'appetito robusto e con una risata che non era da meno.
«Più siamo meglio è! E adesso abbiamo una scusa per ordinare due bottiglie di vino a cena», esclamò.
«Resta con noi, Maura, e ti assicuro che ti divertirai, soprattutto quando è Douglas a pensare a tutto.» Si protese e le sussurrò: «Garantisco per la sua moralità, da anni gli faccio la dichiarazione dei redditi e se c'è qualcuno che conosce i tuoi segreti, quello è il tuo commercialista».
«Cosa state bisbigliando voi due?» chiese Douglas.
Ario sollevò lo sguardo con aria innocente. «Dicevo solo che la giuria è stata interamente manipolata per darti contro. Non avrebbero mai dovuto condannarti.» Maura scoppiò a ridere. Sì, le piaceva l'amico di Douglas.
Non sapeva tuttavia se dire altrettanto di Elaine Salinger. Malgrado durante la conversazione fosse rimasta seduta con un sorriso sulle labbra, era un sorriso tirato. Tutto in lei sembrava in certo qual modo tirato, dai pantaloni da sci neri aderenti al suo viso stranamente privo di rughe. Aveva quasi la stessa età e la stessa altezza di Maura ed era magra come una modella, con un giro vita invidiabile e un autocontrollo tale da mantenerlo. Mentre Douglas, Maura e Ario si dividevano una bottiglia di vino, Elaine sorseggiò solo acqua minerale con una fetta di lime ed evitò virtuosa la ciotola di noccioline in cui Ario pescava con tanto entusiasmo. Maura non capiva cosa avessero in comune quei due; di sicuro non riusciva a immaginarli come coppia.
La figlia di Douglas, Grace, era un altro mistero. Le aveva descritto l'ex moglie come una gran bella donna e i fortunati geni erano chiaramente passati alla figlia. A tredici anni Grace era già una bionda strepitosa dalle gambe lunghe, con sopracciglia arcuate e occhi azzurri cristallini. Ma era una bellezza distante, fredda, senza fascino. La ragazza non aveva quasi partecipato alla conversazione.
Era rimasta seduta con gli auricolari dell'iPod tenacemente infilati nelle orecchie.
Ora emise un sospiro enfatico e allungò il corpo dinoccolato sulla sedia.
«Papà, posso tornare in camera?»
«Dai, tesoro, resta qui», insistette Douglas.
«Non siamo mica così noiosi.»
«Sono stanca.»
«Hai solo tredici anni», la prese in giro Ario. «Alla tua età dovresti essere entusiasta di venire con noi a divertirti.»
«Non sembra che abbiate bisogno di me qui.»
Douglas guardò accigliato l'iPod notandolo per la prima volta. «Spegnilo, d'accordo? Cerca di partecipare alla conversazione.»
La ragazza gli lanciò uno sguardo di puro disprezzo adolescenziale e si accasciò di nuovo sulla sedia.
«... perciò ho passato in rassegna tutti i possibili ristoranti della zona e non c'è niente che valga la pena di una sosta», dichiarò Ario.
Si cacciò un'altra manata di noccioline in bocca e si pulì le mani piccole e tozze dal sale. Si tolse gli occhiali e pulì anche quelli.
«Penso che dovremmo andare dritti al lodge e pranzare lì.
Almeno hanno le bistecche nel menù. Quant'è difficile cucinare una bistecca decente?»
«Abbiamo appena cenato, Ario», osservò Elaine. «Non posso credere che tu stia già pensando al pranzo di domani.»
«Mi conosci, sono un pianificatore. Come si suol dire, mi piace mettere tutte le mie anatre in fila.»
«Soprattutto se sono glassate all'arancia.»
«Papà», piagnucolò Grace, «sono davvero stanca. Posso andare a letto?»
«Oh, va bene», rispose lui. «Ma ti voglio sveglia alle sette. Vorrei caricare la macchina ed essere pronto a partire per le otto.»
«Mi sa che anche noi dovremmo andare a nanna», affermò Ario.
Si alzò scrollandosi le briciole dalla camicia.
«Vieni, Elaine.»
«Sono solo le nove e mezzo.»
«Elaine», ripetè lui e inclinò la testa in modo eloquente verso Maura e Douglas.
«Oh.» Elaine lanciò uno sguardo indagatore a Maura, poi si alzò flessuosa come un ghepardo.
«E' stato un piacere conoscerti, Maura», disse.
«Ci vediamo domani mattina.» Douglas attese che i tre se ne andassero, poi le disse: «Mi spiace che Grace sia stata così antipatica».
«E' una splendida ragazza, Douglas.»
«Ha anche una bella testa. Un QI di centotrenta. Non che stasera tu abbia potuto notarlo. Di solito non è così silenziosa.»
«Forse è perché vengo con voi. Probabilmente non le fa molto piacere.»
«Non pensarlo neanche, Maura. Se ha qualche problema, dovrà risolverselo.»
«Se il fatto che mi unisca a voi appare in qualche modo strano...»
«Per te lo è?» Il suo sguardo era così inquisitorio che si sentì costretta a dire la verità.
«Un po'», ammise.
«Ha tredici anni. Tutto quello che riguarda i tredicenni è strano. Non posso permettere che questo condizioni la mia vita.»
Alzò il bicchiere.
«Quindi alla nostra avventura!»
Lei ricambiò il brindisi e sorseggiarono il vino sorridendosi. Nella penombra della sala da cocktail Douglas sembrava lo studente di college che ricordava, il giovane spericolato che saliva sui tetti e indossava gli abiti da ninja. Anche lei si sentì di nuovo giovane.
Audace, impavida e pronta per quell'avventura.
«Tranquilla», esclamò Douglas. «Ci divertiremo tantissimo.»
Nella notte aveva iniziato a nevicare e quando caricarono i bagagli nel retro del Suburban dieci centimetri di farina bianca rivestivano le macchine nel parcheggio, un manto primordiale che con la sua bellezza suscitò le grida di stupore del gruppetto di San Diego.
Douglas e Ario insistettero per scattare qualche foto delle tre signore in posa davanti all'ingresso dell'albergo, tutte sorridenti e con le guance rosse nei loro indumenti da sci. La neve non era una novità per Maura, ma ora la vedeva come quei californiani, con un senso di meraviglia per il suo biancore e la sua pulizia, per la dolcezza con cui le si posava sulle ciglia, per il silenzio con cui scendeva vorticando dal cielo. Nei lunghi inverni di Boston la neve significava spalature estenuanti, scarpe bagnate e strade piene di fanghiglia. Era una semplice realtà della vita che andava affrontata fino a primavera. Quella neve tuttavia sembrava diversa: era la neve delle vacanze e Maura sorrise al cielo sentendosi leggera come i compagni, incantata da un mondo che d'un tratto le appariva nuovo e splendente.
«Ragazzi, ci divertiremo come matti!» dichiarò Douglas mentre fissava gli sci da escursionismo noleggiati sul tetto del Suburban.
«Neve fresca. Compagnia deliziosa. Cena davanti a un fuoco scoppiettante.»
Tirò per l'ultima volta le cinghie sul tetto.
«Bene, amici. Andiamo.»
Grace salì sul sedile anteriore.
«Ehi, tesoro», le disse Douglas, «ti dispiace se si siede Maura vicino a me?»
«Ma questo è sempre stato il mio posto.»
«E' nostra ospite. Permettile di stare davanti.»
«Douglas, lasciala lì», disse Maura. «Sto benissimo dietro.»
«Ne sei sicura?»
«Certo.»
Maura si sistemò su un sedile nella parte posteriore del Suburban. «Qui va benone.»
«D'accordo. Magari potete scambiarvi di posto dopo.»
Douglas lanciò un'occhiata di disapprovazione alla figlia, ma Grace si era già messa gli auricolari e guardava fuori dal finestrino ignorandolo.
In realtà a Maura non dispiaceva affatto starsene seduta sola in terza fila, proprio alle spalle di Ario e di Elaine, dove si godeva la vista della pelata di lui e dei capelli scuri tagliati alla moda di lei. Si era aggiunta all'ultimo minuto al quartetto, non conosceva le loro storie e il loro modo di scherzare ed era contenta di essere una semplice osservatrice mentre uscivano da Teton Village e si dirigevano a sud sotto la neve che cadeva sempre più fitta. I tergicristalli andavano avanti e indietro spazzando via la cascata di fiocchi. Maura si appoggiò allo schienale e osservò il paesaggio che scorreva via. Non vedeva l'ora di pranzare accanto al fuoco del lodge e di sciare nel pomeriggio. Avrebbero fatto sci escursionismo, non discesa, perciò non doveva temere gambe rotte, crani fratturati né cadute imbarazzanti. Una tranquilla attraversata nel bosco silenzioso con il fruscio degli sci che scivolavano sul manto farinoso e il piacevole pizzicore dell'aria fredda nei polmoni. Durante il congresso di patologia aveva visto fin troppe immagini di corpi devastati. Era lieta di fare una gita che non avesse nulla a che fare con la morte.
«Nevica bene», commentò Ario.
«Questo giocattolino ha buone gomme», rispose Douglas. «L'impiegato della Hertz ha detto che ce la fa con questo tempo.»
«A proposito del tempo, hai visto le previsioni?»
«Sì, neve. Che sorpresa!»
«Dimmi solo che raggiungeremo il lodge in tempo per il pranzo.»
«Lola dice che arriveremo alle undici e trentadue. E Lola non si sbaglia mai.»
«Chi è Lola?» chiese Maura.
Douglas indicò il gps portatile che aveva fissato al cruscotto. «Eccola.»
«Perché ai gps ci si riferisce sempre al femminile?» domandò Elaine.
Ario scoppiò a ridere. «Perché le donne dicono sempre agli uomini dove andare. Dato che Lola dice che arriveremo prima di mezzogiorno, possiamo pranzare presto.»
Elaine sospirò. «Ma pensi sempre a mangiare?»
«La parola giusta è pranzare. Nell'arco della vita puoi consumare solo un certo numero di pasti, perciò tanto vale...»
«...far si che ognuno sia degno», terminò Elaine per lui.
«Sì, Ario, conosciamo la tua filosofia di vita.»
Ario si girò sul sedile per guardare Maura.
«Mia mamma era un'ottima cuoca. Mi ha insegnato a non sprecare mai il mio appetito con cibi mediocri.»
«Allora sarà per questo che sei così magro», osservò Elaine.
«Ouch», replicò lui.
«Oggi sei strana. Pensavo non vedessi l'ora di fare questa gita.»
«Sono solo stanca. Hai russato per metà della notte. Dovrò insistere per avere una stanza tutta per me.»
«Uff, dai. Ti comprerò un paio di tappi.»
Ario la cinse con un braccio e l'attirò a sé.
«Dolcezza. Tesoro. Non lasciarmi dormire solo.» Elaine si liberò. «Mi stai facendo venire il torcicollo.»
«Ehi, ragazzi, guardate che neve splendida!» esclamò Douglas.
«E' un paese invernale delle meraviglie!»
A un'ora da Jackson videro un cartello: ultima possibilità di rifornimento carburante. Douglas entrò nella Grubb's Gas Station and General Store e uscirono tutti dall'auto per andare in bagno e fare un giro negli stretti corridoi a guardare snack, riviste impolverate e raschietti per il ghiaccio.
Ario era fermo di fronte a un espositore di bastoncini di carne di manzo sottovuoto e rise. «Ma chi mai mangia questa roba? Conterranno il novantanove per cento di nitrito di sodio e il resto è colorante rosso numero due.»
«Hanno le tavolette di cioccolato Cadbury», annunciò Elaine.
«Ne prendiamo un po'?»
«Probabilmente avranno dieci anni. Oh, che schifo, ci sono i bastoncini di liquirizia. Quando ero piccolo, ne ho mangiati tanti da star male. Sembra di essere tornati negli anni Cinquanta.» Mentre Ario ed Elaine ridacchiavano davanti agli snack, Maura prese un quotidiano e andò alla cassa a pagare.
«Sai che è di una settimana fa, vero?» disse Grace.
Maura si girò, sorpresa che la ragazza le avesse parlato. Per una volta non aveva le cuffie, ma l'iPod era ancora acceso e la musica suonava come un gemito metallico.
«E' il giornale della scorsa settimana», precisò Grace.
«Tutto in questo negozio è scaduto. Le patatine saranno di un anno fa. Scommetto che persino il carburante è di cattiva qualità.»
«Grazie per avermelo fatto notare. Ma ho bisogno di qualcosa da leggere e questo andrà bene.»
Maura prese il portafoglio meravigliandosi che un'adolescente si esprimesse in quel modo. Ma quello era soltanto l'ennesimo particolare di Grace che la sconcertava. La ragazza varcò la porta dondolando leggermente le anche ossute nei jeans aderenti, inconsapevole dell'effetto che aveva sugli altri. L'anziano alla cassa la guardò a bocca aperta, come se non avesse mai visto una creatura esotica simile nel suo negozio.
Quando Maura uscì, Grace era già nel Suburban, ma stavolta sul sedile posteriore.
«La principessa ha infine rinunciato al suo trono», mormorò Douglas a Maura mentre le apriva la portiera.
«Dovrai sederti davanti con me.»
«Non mi dispiaceva stare dietro.»
«Be', a me sì. Ho scambiato due parole con lei e adesso è tranquilla.» Elaine e Ario uscirono dal negozio ridendo e si sistemarono ai loro posti.
«Sembrava una capsula del tempo», disse Ario.
«Hai visto i dispenser Pez? Avranno avuto vent'anni. E il vecchio dietro il banco sembrava un personaggio di Ai Confini della Realtà.»
«Sì, era strano», convenne Douglas avviando il motore.
«Direi piuttosto che dava i brividi. Ha detto che sperava non fossimo diretti a Verrà il Regno.»
«Cosa dovrebbe significare?»
«Siete peccatori!» tuonò Ario con il tono da televangelista più convincente che gli riuscì. «E siete sulla strada per l'inferno!»
«Forse voleva solo avvertirci di stare attenti», affermò Elaine. «Con la neve e tutto il resto.»
«Sembra stia diminuendo.» Douglas si protese per scrutare il cielo.
«In effetti mi sembra di vedere una chiazza d'azzurro lassù.»
«Sempre ottimista il nostro Douglas», osservò Ario.
«Penso positivo. Funziona sempre.»
«Facci solo arrivare in tempo per pranzo.»
Douglas guardò il gps.
«Lola dice che l'arrivo è previsto per le undici e quarantanove. Non morirai di fame.»
«Sto già morendo di fame e sono solo le dieci e mezzo.»
La voce femminile del gps ordinò: «Al prossimo bivio svoltare a sinistra».
Ario prese a cantare.
«Qualsiasi cosa Lola voglia...»
«Lola ottiene», gli fece eco Douglas e al bivio girò a sinistra.
Maura guardò dal finestrino, ma non scorse nessuna chiazza di cielo azzurro.
Tutto ciò che vide erano nubi basse e i fianchi bianchi delle montagne in lontananza.
«Ricomincia a nevicare», affermò Elaine.