CAPITOLO 59.
EMMA sedeva alla scrivania dello stupendo salotto del primo piano nella residenza di Pennistone Royal, immersa nella revisione dei documenti legali sparpagliati di fronte a lei. Infine annuì soddisfatta e ripose le carte nella borsa, che appoggiò per terra accanto alla scrivania. Con un mezzo sorriso di trionfo andò con passo leggero al mobile bar e si versò uno sherry.
Quindi, con il bicchiere in mano, si avvicinò al caminetto acceso e indugiò come il suo solito di fronte alle fiamme, nel tentativo di riscaldarsi le ossa gelate.
Emma Harte Lowther Ainsley aveva settantotto anni. Alla fine di aprile, un mese esatto dopo, avrebbe festeggiato il suo settantanovesimo compleanno. Eppure nella vecchiaia, come nella gioventù, la sua avvenenza era ancora tale da incantare chiunque la guardasse. Da anni ormai aveva smesso di tingersi i capelli che le circondavano il viso in un alone di seta d'argento che metteva ancor più in risalto la linea decisa dell'attaccatura a punta sulla fronte. I suoi incredibili occhi verdi, più piccoli ormai sotto le palpebre appesantite, erano più vivi e intelligenti che mai. Il volto dall'ovale delicato, sebbene segnato dagli anni, appariva fresco e vivace come sempre. La sua naturale frugalità l'aveva aiutata a mantenere una linea perfetta e a dispetto dell'età avanzata passava facilmente per una donna sulla sessantina.
Quella sera indossava una stupenda tunica di chiffon nero di Balmain, con maniche ampie, di taglio orientale. Al collo, alle orecchie e agli esili polsi scintillavano i suoi famosi smeraldi e il grande smeraldo McGill risaltava più di tutti all'anulare della mano sinistra. Negli ultimi dieci anni aveva acquistato un diverso genere di bellezza, una bellezza austera e imperiosa che le dava esattamente l'aspetto di ciò che era: una donna di grande potere, una vera donna. Era l'incarnazione della grande matriarca e, se da una parte era esigente e autoritaria, dall'altra non mancava di generosità e di comprensione, tanto che persino i suoi nemici dovevano riconoscere che era una delle donne più straordinarie del suo tempo. Non c'era quasi nulla al mondo che non avesse visto o provato. Era ormai una leggenda in carne e ossa.
Emma sorseggiò lo sherry, depose il bicchiere sulla mensola e contemplò le fiamme, indugiando con il pensiero sulla serata che l'aspettava. I suoi figli e i suoi nipoti erano arrivati tutti quanti, la sera prima o nelle prime ore della giornata, chiamati da lei a Penniston Royal con il pretesto di una grande riunione di famiglia per festeggiare la sua guarigione dalla brutta polmonite, ma in realtà per una resa dei conti che progettava da parecchie settimane. Il volto di Emma mutò e la luce nei suoi occhi si spense mentre pensava stancamente ai suoi figli o meglio ai primi quattro che aveva messo al mondo: Edwina, Kit, Robin ed Elizabeth. I quattro cospiratori colti in flagrante e ancora ignari del fatto che lei fosse al corrente delle loro trame.
Quando, il gennaio precedente, la sua segretaria le aveva svelato la congiura dei suoi figli, Emma ne era stata sconvolta, ma non aveva permesso alle emozioni di mettere a repentaglio la sua lucidità e con la prontezza e il sangue freddo consueti, aveva compiuto i passi necessari per rendere impotenti i suoi nemici.
Emma scosse la testa tristemente. Non provava più gusto a combattere e da anni ormai aveva sotterrato l'ascia di guerra. Le rincresceva che proprio i suoi figli l'avessero costretta a riprenderla per proteggere ciò che aveva costruito in sessant'anni di sacrifici. La scena che l'aspettava quella sera non era certo gradevole, eppure era inevitabile se voleva salvare l'impero che aveva creato.
La porta si aprì e Paula interruppe le cupe riflessioni della nonna.
«Ehi, nonna, hai un aspetto assolutamente magnifico», esclamò la ragazza.
Alla vista della nipote prediletta lo sguardo di Emma si addolcì, mentre le ricambiava l'occhiata di approvazione. Paula indossava un abito da sera di seta viola che riprendeva alla perfezione il colore dei suoi occhi e che metteva in risalto la trasparenza della sua carnagione candida. I capelli corvini le ricadevano morbidi attorno al volto dandole un aspetto fragile che commosse Emma. «Sei deliziosa, Paula. Come un lembo di cielo primaverile.»
«Grazie, nonna.» Paula andò a versarsi un bicchiere di vino bianco. «Ma aspetta di vedere Emily. É fantastica con il tuo vestito di chiffon rosso e gli orecchini di brillanti.»
«Immagino che ormai siano tutti riuniti e aspettino solo me», osservò Emma interrompendola con una risata cinica, rodendosi per la curiosità. «Davvero questa volta pensavano che avrei tirato le cuoia. Ma ci vorrà un pezzo prima che riescano a mettermi sotto terra!»
«Stanno radunandosi tutti nello studio dove lo zio Blackie tiene banco», le rispose Paula. «Sembra impossibile, vero? Ha ottantadue anni ed è ancora forte come una quercia. Un vero miracolo, non credi?»
«Hai proprio ragione, cara.» Emma si sentì prendere da un'ondata di calore al pensiero di Blackie. Erano amici da sessantaquattro anni e lui era sempre stato al suo fianco nel momento del bisogno.
«Il mio più caro amico», mormorò Emma fra sé. Quindi chiese: «Jim è arrivato?»
«Sì, nonna, e zie e zii sembrano assolutamente stupefatti di vedere un Fairley in questa casa e per una riunione di famiglia, per di più. Soprattutto lo zio Robin.»
«Non mi meraviglia. Da quando tuo zio Robin è diventato un membro del Parlamento vive nell'assurda convinzione che i miei giornali dovrebbero essere dei veicoli di trasmissione delle sue idee socialiste. Ma io non ho mai condiviso i suoi punti di vista e non intendo cominciare a farlo ora.» Gettò indietro la testa e rise.
«Ma basta parlare di lui. Piuttosto dimmi, Jim ha già parlato con tuo padre?»
«Lo sta facendo ora. Sono insieme in biblioteca. Jim gli ha comunicato che desiderava parlargli in privato prima di cena.
Ha fatto bene, nonna?»
«Certamente cara. Fra poco potrà salire qui. Prima però voglio vedere tua zia Edwina, ma ciò che ho da dirle non richiederà che pochi minuti. E adesso vieni a sederti qui con me per qualche minuto, tesoro. Abbiamo un sacco di tempo e non ho nessuna fretta di scendere.» Le rivolse un sorriso malizioso. «Facciamoli aspettare!»
Con il volto raggiante Paula sedette accanto a lei. «Oh, nonna, sono così felice! Hai cambiato la mia vita e mi hai dato l'unica cosa che davvero desiderassi.»
«Ne sono felice, tanto felice, tesoro», mormorò Emma. «Per me la tua felicità è più importante di qualunque cosa al mondo. In realtà è stata ben poca cosa in confronto a ciò che tu significhi per me. Come ti ho già detto ho pensato che era ridicolo persino malvagio, permettere che l'orgoglio e l'amarezza di una vecchia si frapponessero alla tua felicità.» Fissò la nipote negli occhi.
«La famiglia Fairley è stata fonte di dolore nella mia esistenza fin da quando avevo quattordici anni. Forse oggi l'ultimo dei Fairley sarà per me fonte di gioia.»
«Però gli hai dato un lavoro al giornale, nonna, non capisco.»
Emma fece una risata secca. «Già, è vero. Devo ammettere che quando ha fatto domanda per quel posto mi ha preso in contropiede, poi la curiosità ha avuto la meglio. Volevo rendermi conto con i miei occhi di che razza di uomo fosse. Quando arrivò per il colloquio rimasi molto colpita dalla sua abilità, a dispetto dei miei terribili pregiudizi. Capii subito che era l'uomo giusto, il migliore di tutti i candidati. Sarebbe stato autolesionista da parte mia scartarlo.» La bocca di Emma si aprì in un sorriso.
«Tuttavia immagino che ci sia anche una punta di soddisfazione maligna nell'avere un Fairley alle mie dipendenze. Ma adesso», proseguì protendendosi verso la nipote, «vuoi raccontarmi come e dove l'hai conosciuto? Me lo sono chiesta spesso.»
«Non l'ho incontrato a Leeds, nonna, se questo può farti sentire meglio. L'ho incontrato in aereo di ritorno da Parigi.
Io ero andata a fare il solito controllo alle boutique d'alta moda e lui era in vacanza.» Paula sorrise. «Ci siamo parlati casualmente, ma quando lui mi ha detto il suo nome mi è quasi venuto un infarto. Non è un segreto che tu hai sempre odiato i Fairley e mi rendevo conto che non avresti approvato se fossi uscita con lui.»
Emma lanciò un'occhiata penetrante alla nipote. «Eppure l'hai fatto, nonostante tutto.» Le sorrise con affetto. «Però poi ti sei dimostrata cocciuta e forte quanto me, cara.»
Paula sostenne serenamente lo sguardo della nonna. Proprio come vuoi che sia, pensò. Quindi proseguì: «Ripensandoci, credo di essermi innamorata la seconda volta che l'ho visto. Mi ha chiesto di cenare con lui la sera dopo e io non ho saputo dirgli di no, sebbene mi rendessi conto che stavo cacciandomi nei guai. Volevo rivederlo e a essere sincera Jim non sapeva chi fossi. Siamo andati al Mirabelle dove Louis, il tuo cameriere favorito, mi ha riconosciuta. Naturalmente ha cominciato a cantarmi le tue lodi, così Jim è diventato curioso. Voleva sapere a tutti i costi chi fosse questa nonna così famosa».
Nel vedere la scena gli occhi di Emma scintillarono. «E tu che cosa gli hai detto?»
«In realtà sono stata un po' maligna. Non ho potuto resistere alla tentazione di dirgli: 'Mia nonna è la presidentessa del consiglio di amministrazione della Yorkshire Consolidated Newspaper Company, nonché la tua datrice di lavoro'. Ti assicuro che a momenti cadeva dalla sedia. Mi ha fissato a bocca aperta, quindi ha osservato che abbiamo la stessa attaccatura di capelli e che probabilmente tu dovevi essere come me quando eri giovane.»
Forse. «Ma dimmi, che cosa è successo dopo la cena?» la incalzò Emma.
«Ho continuato a vederlo a dispetto di ogni buon senso. Non riuscivamo a resistere alla reciproca attrazione. Poi, quando mi sono resa conto della gravità della situazione, mi sono tirata indietro. Il resto lo sai.»
Emma si fissò le mani con espressione assorta. «Dunque è stato il caso. Il vostro incontro sarebbe avvenuto anche se Jim non avesse lavorato per me. Immagino che neppure io possa controllare il caso. Forse era scritto che dovesse accadere.»
«Lo credo anch'io, nonna. Jim è il mio destino e io sono il suo.»
Emma lanciò alla nipote un'occhiata incuriosita. «É strano che tu dica una cosa simile. Cinquant'anni fa tuo nonno disse a me le stesse parole.»
Si udì bussare alla porta e prima che Paula avesse il tempo di alzarsi Edwina entrò con passo deciso, portando un bicchiere di scotch. «Volevi vedermi, mamma?» disse freddamente.
«Proprio così, Edwina. Vedo che già hai da bere, quindi vieni a sederti. Ti prego, Paula, lasciaci sole un attimo. Di' a Jim che ci vedremo fra poco.»
«Sì, nonna», mormorò la ragazza uscendo.
Edwina, contessa di Dunvale, attraversò con passo maestoso il salotto e andò a sedersi di fronte alla madre, con un'espressione di malcelata ostilità sul volto gelido.
Emma, intanto, fissava la figlia con crescente interesse. «Se Adele Fairley fosse vissuta fino all'età di Edwina», pensava, «ecco che aspetto avrebbe avuto. Edwina aveva sessantadue anni e non li portava bene come sua madre. La sua delicata bellezza di bionda era appassita presto con il passare degli anni e da un pezzo era svanita. I suoi capelli erano ancora pallido oro scintillante, ma ormai la loro brillantezza era dovuta a una sapiente tintura, mentre i limpidi occhi d'argento erano offuscati e appesantiti dalle palpebre grinzose.»
«Vorrei farti una domanda, Edwina», esordì Emma. «Come mai hai accettato il mio invito a trascorrere il fine settimana qui?»
«Invito!» ribatté la donna con gli occhi colmi di ostilità.
«Non è un invito, mamma, è un ordine. Come sempre, d'altra parte.
E nessuno di noi può ignorare i tuoi ordini, che ne dici?
Per la verità ero incerta se venire o meno, ma tu hai detto che volevi vedere anche Anthony e alla fine è stato lui a convincermi a venire.» Lanciò un'occhiata minacciosa alla madre. «Mio figlio ti adora. Né la volontà di sua madre, né i suoi cavalli avrebbero potuto indurlo a non partecipare a questa piccola riunione di famiglia. Era anche preoccupato per la tua salute.
Quindi, dal momento che io voglio bene a mio figlio, ho deciso di accontentarlo.»
Emma sospirò. «Bene, adesso ti dirò per quale motivo ti ho chiesto di vederti da sola. Desidero parlarti di tuo padre.»
Il volto di Edwina si indurì. «Proprio non riesco a immaginare che cosa potresti dirmi su di lui», ribatté diventando rossa per la collera. «É di sotto proprio adesso e tiene banco come un gran signore. Francamente non capisco come tu abbia fatto a essere così poco delicata da farlo venire qui alla presenza mia e di mio figlio che, dopotutto, è un Pari del regno.
Quell'individuo intollerabile mi mette a disagio. Ma in fondo a te piace giocare con i nostri sentimenti, non ho ragione, mamma? Manipolare la gente è il tuo passatempo preferito.»
«Non mi hai mai conosciuta bene, Edwina», mormorò Emma. «E non c'è nessuna ragione per cui Blackie O'Neill debba continuare a farti sentire a disagio dal momento che non è lui tuo padre.»
La bocca di Edwina si spalancò per la sorpresa. Quindi la donna gridò costernata: «Ma sul mio certificato di nascita c'è il suo nome!»
«Questo è vero. Ma per una ragione ben diversa da quella che pensi tu. Quando avevo sedici anni ed ero sola e senza un soldo Blackie era il mio unico amico. Così, sapendo che ero incinta, mi chiese di sposarlo. Per amicizia, credo. Rifiutai, ma lui insisté affinché mettessi il suo nome sul certificato di nascita ritenendo che la formula 'Padre ignoto' fosse un fardello troppo grande da portare per te. Riteneva anche che in un certo senso ci avrebbe protette e in fondo è stato così», terminò Emma.
«Ma allora chi era mio padre?» volle sapere Edwina.
«Tuo padre era Edwin Fairley.»
Edwina si protese incredula verso la madre. «Vuoi dire sir Edwin Fairley, consigliere del regno, il famoso penalista morto l'anno scorso? Uno dei Fairley del villaggio Fairley?»
«Proprio così», replicò Emma con voce impassibile, sollevata infine che il suo segreto fosse venuto alla luce.
«Signore onnipotente!» Edwina era sbalordita. Dopo un istante riprese: «Perché non me l'hai detto il giorno in cui ti ho mostrato il certificato di nascita?»
«Non mi hai dato modo di spiegarti nulla. Sei fuggita dalla cugina Freda, senza darmi il tempo di aprire bocca. Inoltre non sono sicura che allora ti avrei rivelato la vera identità di tuo padre.»
«E perché ora? Perché ti sei decisa a dirmelo adesso, allora? Che cosa ti spinge a mostrare tanta lealtà per una volta in vita tua?»
«Perché stasera sto per annunciare il fidanzamento di Paula con Jim Fairley, il nipote di tuo padre. Diventerà così un membro della famiglia e ormai tu sei la sua unica consanguinea vivente. I suoi genitori sono rimasti uccisi in una sciagura aerea nel 1948.
Ho pensato che fosse giusto che tu sapessi che sei sua zia. Ho voluto anche dare un colpo di spugna su tutto quanto una volta per tutte.» Un'espressione pensierosa aleggiò sul volto di Emma. «Ma soprattutto, Edwina, ho pensato di doverti la verità.»
«Vorrei che me l'avessi detta anni fa, mamma», ribatté la donna alzandosi. «Forse le cose sarebbero state diverse fra noi.»
Ne dubito, pensò Emma fra sé. Quindi rispose: «Già, forse».
Senza altri commenti Edwina si avviò alla porta con una espressione soddisfatta sul viso. É una tale ridicola snob, pensò Emma. Il fatto di essere illegittima non le importa più dal momento che ha scoperto che suo padre era un nobile. «Per favore», le disse Emma mentre usciva, «chiedi a Jim di salire da me.»
Pochi minuti più tardi Jim Fairley entrò nella stanza ed Emma lo salutò con un ampio sorriso. Jim, che aveva trent'anni, era alto un metro e ottantacinque e aveva spalle larghe, fianchi sottili e gambe lunghe. Il suo viso era sensibile e la bocca aveva un che di sensuale che contrastava vivamente con i lineamenti ascetici e con i profondi occhi grigio azzurri. I capelli castani striati d'oro erano un po' più lunghi della moda corrente. Nel complesso era l'incarnazione del perfetto gentiluomo inglese, dalla punta dei capelli a quella delle scarpe fatte a mano.
Sarebbe potuto arrivare direttamente da un'altra epoca nel presente, pensò Emma mentre il giovane percorreva con passo elastico la sala e le rivolgeva un sorriso accattivante.
Improvvisamente si sentì trasportare indietro negli anni, a quell'elegante ricevimento che Olivia Wainright aveva dato a Fairley Hall nel lontano 1904. Ho sempre pensato che Jim somigliasse a Edwina, si disse Emma mentre il giovane la guardava, invece è Adam Fairley che mi trovo davanti. James. Arthur Fairley, l'ultimo della dinastia, la reincarnazione del suo bisnonno.
Per un attimo Emma si sentì turbata, quindi spazzò via quella sensazione molesta e disse con voce aggraziata: «Buona sera, Jim.
Benvenuto a casa mia. Benvenuto nella mia famiglia».
Jim le sorrise con calore. Rispettava e quasi adorava quella vecchia regale che gli stava porgendo la mano. «Buona sera, Mrs. Harte e grazie. Sono onorato di diventare un membro della sua famiglia e di essere accolto in casa sua.» Trattenne la mano di Emma e la fissò negli occhi. «Amo Paula con tutto il cuore e sarò un buon marito per lei.»
«Sì, le credo, Jim», replicò Emma ritirando la mano. «Paula mi ha detto che desiderava parlarmi.»
«Sì, Mrs. Harte, è così. Ma prima ho una cosa per lei.»
Frugò in una tasca dei calzoni e ne estrasse una scatoletta che le porse.
Emma lo guardò incuriosita. «Che cos'è?»
«La apra», la esortò il giovane.
La scatola conteneva un fazzoletto di seta ingiallito dal tempo accuratamente ripiegato in modo che le iniziali ricamate, E.F., fossero ben visibili. Mentre ne sollevava il lembo le mani di Emma le tremarono. Poi restò senza fiato nel vedere che sotto la seta c'era quel sasso piatto che lei ed Edwin avevano trovato nella grotta al Tetto del Mondo e sul quale era stata dipinta la miniatura di una donna. Era straordinariamente ben conservato, quasi identico a come era oltre mezzo secolo prima.
Emma lo prese fra le dita e poi guardò Jim con espressione interrogativa.
«Mio nonno me lo diede il giorno della sua morte», la informò Jim.
«E mi disse di portarglielo. Voleva che fosse lei ad averlo.»
«Perché?» chiese Emma in un sussurro. Dunque Edwin Fairley non aveva dimenticato, dopotutto. Sul suo letto di morte aveva pensato a lei.
«Ci arrivo subito, Mrs. Harte. Ma prima vorrei spiegarle una cosa.
Mio nonno era al corrente della mia relazione con Paula. Vede, quando abbiamo cominciato a frequentarci l'ho portata ad Harrogate per fargliela conoscere. All'epoca non capii perché mai avesse fatto quell'espressione, come se avesse visto un fantasma. Ad ogni modo con l'andar del tempo prese ad amarla e fu sempre più felice, entusiasta addirittura, della nostra unione. Sembrava ridonargli nuova vita. Il suo più ardente desiderio era vederci sposati.»
Fece una pausa per accendersi una sigaretta, quindi proseguì: «Poi Paula ruppe con me dicendo che lei non avrebbe mai accettato un Fairley in famiglia dal momento che ci portava un odio feroce quanto inspiegabile. Mi disse che non poteva darle questo dolore perché lei aveva già sofferto abbastanza in vita sua. Io obiettai, urlai e la implorai di ripensarci, di lasciarmi parlare con lei.
Ma Paula fu irremovibile e io smisi di insistere nella speranza che con il tempo cambiasse idea. Ma non è stato così, come lei ben sa».
Emma annuì. «E lei raccontò tutto questo a suo nonno?»
«Sì. Lo scongiurai di dirmene la ragione e più volte, ma lui rifiutò sempre recisamente. Quando Paula mi abbandonò sembrò deperire a vista d'occhio. Mi aveva tirato su lui, sa, e mi voleva molto bene. Ma neppure io riuscii a fare niente per lui. Divenne sempre più debole e fragile finché un giorno alla fine di dicembre mi mandò a chiamare. Credo che avesse capito che era arrivata la sua ora...»
«E le ha dato questo sasso per me», lo interruppe Emma.
«E le ha raccontato tutta la storia, vero? Le ha raccontato di me e di che cosa era accaduto fra noi quando eravamo ragazzi», terminò con un filo di voce.
«Sì, mi ha raccontato tutto. Disse che si augurava che prima o poi cambiasse idea e ci desse la sua benedizione e che dovevo venire a trovarla con questo sasso. Disse che era indispensabile che lei sapesse che era il ritratto di sua madre e non quello di Olivia Wainright, come avevate pensato il giorno in cui lo trovaste nella grotta.» Jim esitò e le lanciò un'occhiata furtiva nel tentativo di leggere un'emozione qualsiasi sul volto imperscrutabile della vecchia.
In realtà Emma non era affatto sorpresa di quella rivelazione.
«Sì, ho sempre sospettato che si trattasse di mia madre», replicò a bassa voce. «É stato Adam Fairley a dipingere questo ritratto, vero?»
«Proprio così. Dopo la morte di Olivia il nonno consegnò questo sasso a suo padre, pensando che gli avrebbe fatto piacere averlo.
Sembra che già una volta glielo avesse offerto, ma che lui non lo avesse accettato. Fu allora che il mio bisnonno gliene spiegò la ragione. Rivelò che era il ritratto di sua madre, Mrs. Harte, e che fra loro c'era stato un grande amore.»
Emma si rizzò di botto a sedere sul divano, le dita strette sulla pietra liscia. «É certo di questo, Jim?»
«Oh, sì! Sembra che Adam fosse innamorato pazzo di Elizabeth, sua madre, e che lei lo ricambiasse di pari amore. Poi restò incinta e fuggì dal villaggio. Lui la ritrovò alcune settimane più tardi a Ripon. Aveva deciso di abbandonare la carriera militare, di sfidare le ire di suo padre e di emigrare in America insieme con sua madre, Mrs. Harte. Ma era troppo tardi. Elizabeth aveva abortito. Adam non seppe mai se si fosse trattato di un aborto naturale o procurato da qualche mammana. Fatto sta che Elizabeth stette molto male, da morirne quasi. E rifiutò di prendere in considerazione la proposta di Adam di fuggire con lui.
Gradualmente si riprese e tornò a Fairley e non molto tempo dopo sposò Jack Harte. E mai più rivolse la parola ad Adam Fairley.»
Emma era senza parole, schiacciata da un senso di angoscia. Lo sapeva, l'aveva sempre saputo. Probabilmente era questa la ragione per la quale aveva odiato Adam Fairley con tanta passione. Ma come aveva fatto a sapere? Che da bambina avesse sentito, senza rendersene conto, qualche conversazione che non le era destinata? Una lite fra i suoi genitori? Qualche recriminazione da parte di suo padre? Pettegolezzi al villaggio? Invano frugò nella sua mente.
Jim andò a sedere accanto a lei sul divano. «Spero di non sconvolgerla troppo, Mrs. Harte, riaprendo vecchie ferite. Ma ho pensato che fosse giusto che lei sapesse ciò che mio nonno mi aveva confidato. E poi volevo che avesse questo sasso, anche se ormai aveva cambiato idea circa Paula e me.»
Un'espressione mesta oscurò il volto di Emma. «No, non mi sconvolge affatto, Jim. Sono lieta che abbia seguito il suo istinto. Vede, amavo molto mia madre e non ho un suo ritratto.
Terrò questo sasso come un tesoro. E ora, la prego, vada avanti.
Sono sicura che c'è dell'altro.»
«Sì, è vero. Quando il nonno mi diede questo ritratto per lei mi disse che le donne della famiglia Harte avevano sempre esercitato un fascino fatale sugli uomini Fairley che, però, erano sempre stati destinati ad amori infelici. 'Maledetti a causa delle differenze sociali', fu questa l'espressione che lui Quindi mi disse: 'Di' a Emma di porre fine a tutto questo. Dille di permettere a questa generazione di godere della felicità che fu negata a noi due e a sua madre e a mio padre. Dille che deve farlo e che lei sola ha il potere di unire finalmente le nostre famiglie nel sacro vincolo del matrimonio'. Era molto emozionato, Mrs. Harte, e io gli promisi che avrei fatto quanto mi chiedeva.»
«Sono felice di essere stata io a fare la prima mossa», osservò Emma. «Mi fa sentire meglio.» Scosse il capo con aria assorta. «É strano, vero, che tre generazioni di uomini Fairley si siano innamorati fatalmente di donne della famiglia Harte?
Tre generazioni, Jim, nell'arco di quasi un secolo.» Sospirò profondamente. «Troppo. E troppa sofferenza. Tuo nonno aveva ragione. É ora di porre fine a tutto questo.» Sorrise. «Ma è già finita, non è vero, Jim?»
«Sì, grazie al cielo.» Con grande sorpresa di Emma Jim si inginocchiò sul pavimento davanti a lei e le afferrò con risolutezza le mani. Quindi la fissò negli occhi con espressione quasi implorante. «Il nonno mi ha chiesto di fare anche un'altra cosa, Mrs. Harte. Poco prima di morire mi disse: 'Dopo che avrai raccontato tutto questo a Emma, voglio che ti metta in ginocchio davanti a lei e che implori il suo perdono per tutto il male che i Fairley le hanno fatto. Soprattutto chiedile il suo perdono per me. Dille che non ho mai smesso di amarla un solo giorno in tutti questi anni e che senza di lei la mia vita non ha avuto senso. Una parte di me morì il giorno in cui la ripudiai in quel giardino di rose e ho pagato caro il mio errore.
Io gli promisi di fare quanto mi chiedeva, Mrs. Harte, ma mio nonno divenne estremamente agitato e mi costrinse a promettere un'infinità di volte. Dopo un po' cadde addormentato e quando riaprì gli occhi sembrava che non mi vedesse più. Aveva un'espressione assente e fissava fuori della finestra. Quando si abbandonò di nuovo sui cuscini capii che se ne stava andando.
Poi, improvvisamente, fece un sorriso felice, trionfante quasi, e gridò con voce piena di forza: 'Emma! Emma! Torno al Tetto del Mondo!' Dopo di che morì serenamente fra le mie braccia.»
Emma ricacciò a stento le lacrime. «Povero Edwin. Povero Edwin», esclamò con voce tremante. «Credo che forse abbia sofferto più di me, dopotutto.»
«Sì, lo credo anch'io», convenne Jim. Il volto gli si fece grave.
«Ma lei ha perdonato ai Fairley, vero, Mrs. Harte? E al nonno soprattutto?»
«Sì, Jim, ho perdonato. A tutti quanti e soprattutto a Edwin.»
Sfiorò il volto di Jim. Ma fu Edwin che in quel momento vide prostrato ai suoi piedi. Ho trascorso una vita intera a chiedere vendetta per quello che mi hai fatto, pensò, e la punizione più grande te la sei inflitta da solo.
«Si sente bene Mrs. Harte?» le chiese Jim ansiosamente.
Emma sbatté le palpebre e fissò il giovane. «Sì, sì, sto bene.
E adesso ti prego, prestami il fazzoletto. Non posso andare di sotto ad annunciare il vostro fidanzamento con la faccia rigata di lacrime, non ti pare?»
«Per quel che mi riguarda può fare quello che vuole», ribatté Jim porgendole il suo fazzoletto.
Emma si soffiò il naso e disse: «Stasera avevo intenzione di dirti che io ho avuto il figlio generato da tuo nonno, Jim. Volevo che lo sapessi. La maggiore dei miei figli, la contessa di Dunvale, è tua zia».
«Ci sono arrivato da solo vedendola stasera», sorrise Jim.
«E il ritratto dei Fairley se non le secca sentirselo dire.»
Emma rise. «Hai proprio ragione. Era il ritratto sputato della tua bisnonna, Adele. E adesso offri il braccio a questa vecchia e accompagnala di sotto a dare il benvenuto alla sua grande famiglia.»
«Sarà un onore per me, Mrs. Harte.» Così la vecchia e la nuova generazione, finalmente riconciliate, si avviarono insieme verso la porta.