CAPITOLO 48.
IL volto di Edwin Fairley era cupo e i suoi occhi mandavano lampi mentre diceva: «Ti sei messo il cappio al collo con le tue mani, Gerald. Non posso fare assolutamente nulla per te».
Gerald fissò il fratello a bocca aperta e i suoi occhietti neri diventarono due fessure nel faccione tondo, più piccoli e cattivi che mai. «Stai dicendomi che la Procter and Procter può procedere legalmente? Che può portarmi via la fabbrica così, come se niente fosse?» gli chiese stravolto.
«Sì, temo proprio di sì, Gerald. Una cambiale non può essere contestata... dovresti saperlo. E dal momento che tu hai accettato e controfirmato anche le clausole speciali di garanzia non ti resta che far fronte all'impegno. Una vera idiozia da parte tua.
Ma perché l'hai fatto?»
«Avevo bisogno di denaro», borbottò Gerald incapace di sostenere lo sguardo di Edwin.
«Per pagare i tuoi maledetti debiti di gioco! Lo so, Gerald.
Ma non era questo che intendevo. Volevo sapere perché mai hai offerto la fabbrica su un piatto d'argento senza prima chiedere un consiglio legale se non a me, almeno all'avvocato di famiglia.»
«Sarebbe stato inutile. Avevo un bisogno disperato di denaro. Non sapevo dove sbattere la testa e quelle erano le uniche condizioni che la Procter and Procter fosse disposta ad accettare come garanzia. Non avevo scelta e poi ero convinto che Alan sarebbe stato ragionevole. Che mi avrebbe dato il tempo di restituire il prestito.» Un'espressione inviperita sconvolse il volto di Gerald. «Invece Alan Procter mi si è rivoltato contro.
Ladro maledetto! Mi ha rubato le mie fabbriche!»
«Non essere ridicolo, Gerald», lo apostrofò Edwin spazientito e stupefatto dalla mancanza di acume del fratello. «Alan non ti ha rubato un bel nulla. Sei tu che gli hai offerto le fabbriche su un piatto d'argento. Sono costernato di fronte alla tua mancanza di prudenza. Inoltre da ciò che mi hai appena detto è stato un prestito della società. Dopotutto Alan deve rispondere a sua volta a un consiglio di amministrazione.»
Gerald nascose il volto fra le mani sopraffatto dall'autocompassione. Dopo alcuni minuti sollevò la testa ed esclamò in tono acuto: «Prestami quel denaro Edwin!»
Edwin sobbalzò e fissò sbalordito il fratello. «Ma stai scherzando? E dove le prendo duecentomila sterline più gli interessi? Devi essere pazzo soltanto a dirlo.»
«In fondo papà ti ha lasciato una rendita, Edwin. Devi trovarmi quel denaro! O non vuoi tirarmi fuori da questo pasticcio?» gemette Gerald.
«La mia rendita è piuttosto esigua e tu lo sai!» esclamò Edwin furibondo. «Papà ha vissuto nel lusso tutta la vita, soprattutto dopo aver sposato la zia Olivia. Quello che mi ha lasciato è nulla in confronto a quello che tu hai ricevuto e gettato al vento!»
Edwin fulminò Gerald con lo sguardo. «Inoltre, per quanto piccola, quella rendita mi serve. Io ho una moglie e un figlio a cui pensare!»
«Ma in fondo te la cavi bene con la tua professione e...»
«Sì, ma non abbastanza per finanziare le tue sconsiderate abitudini!» ribatté Edwin perentoriamente.
«Il babbo ti ha lasciato la maggioranza delle sue azioni della Yorkshire Morning Gazette, potresti chiedere un prestito contro garanzia», insisté Gerald.
«Sì, potrei, ma non ho nessuna intenzione di farlo. Ho promesso a papà che avrei curato attivamente gli interessi del giornale e non intendo rimangiarmi la mia promessa», replicò Edwin con fermezza.
«E se devo dirti la verità proprio non capisco come tu abbia fatto a cacciarti in questa deprecabile...»
«Adesso non metterti anche a farmi la predica!» blaterò Gerald sollevandosi pesantemente dalla poltrona e percorrendo a grandi passi la stanza avanti e indietro. Infine tornò a sedersi davanti al fratello e lo fissò con i suoi occhietti maligni. «Ti senti il cervello della famiglia, vero, fratellino, e quindi in diritto di dirmi che cosa fare», esclamò sarcastico.
«Stammi a sentire, Gerald. Le cose potrebbero essere anche peggio di così. Dopotutto ti resta ancora la fabbrica qui a Fairley e la cava di mattoni. Ti consiglio di tirare la cinghia, di tagliare le spese personali e di smettere di giocare. Insomma, di dedicarti anima e corpo all'unica risorsa che ti resta. Io non ne so gran che di lanifici, ma solo un cieco potrebbe non accorgersi che l'industria della lana è in pieno boom. In realtà non capisco perché gli affari non ti vadano meglio. Sono certo che le cose si possono sistemare, volendo.»
Sempre pronto a trovarsi delle giustificazioni, Gerald ribatté sulla difensiva: «Le cose non sono più come ai tempi di papà.
Tu non sai che pesi mi tocca portare. Adesso c'è molta più concorrenza, Edwin. I lanifici Thompson producono più o meno gli stessi tessuti che produciamo noi e hanno invaso il mercato. E così pure la tua fottuta Emma Harte. I lanifici Layton sono suoi, caso mai non lo sapessi, e mi sta dando del bel filo da torcere.
Tutti i miei problemi sono cominciati quando ha rubato Ben Andrews e alcuni operai specializzati alla Thompson». La voce di Gerald si fece stridula per la rabbia. «Sì, la tua puttana da un pezzo è una spina nel fianco per me. Quella fottuta puttanella di paese è...»
«Che non ti senta mai più chiamare Emma a quel modo, schifoso bastardo!» sbottò Edwin stringendo i pugni e facendo un passo verso il fratello con espressione minacciosa.
Gerald gli rivolse un ghigno pieno di sarcasmo. «Ancora infatuato di quella serva, vero, Edwin caro? Chissà che cosa direbbe lady Jane se venisse a sapere che i coglioni ti prudono per quella sgualdrinella di...»
«Basta così, schifoso maiale!» urlò Edwin balzando verso di lui.
Dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per impedirsi di colpire Gerald con un pugno. «Sono venuto qui a Fairley con le migliori intenzioni, nella speranza di poterti dare un consiglio legale, non per ascoltare le tue oscenità nei riguardi di Emma», proseguì stravolto dalla collera. Fissò il fratello con occhi scintillanti e il suo disprezzo fu così palese che Gerald si fece piccolo nella poltrona. «Si dà il caso che io sia molto fiero di Emma», riprese Edwin. «É una donna coraggiosa che ha saputo farsi da sola ed è mille volte migliore di te. Di te... di te... avanzo di galera!» Poi, rendendosi conto che sarebbe bastato un nonnulla per farlo esplodere, Edwin fece precipitosamente un passo indietro. «Addio. Credo che non mi vedrai per un pezzo.»
«Sei troppo trasparente, Edwin», lo provocò Gerald. «Dunque, Emma Harte ti è entrata nel sangue, vero? Guarda guarda!
Deve proprio avere qualcosa di speciale in mezzo alle gambe per averti tenuto al guinzaglio tutti questi anni! Anch'io ho provato a farmela con lei una volta, quando l'ho scovata ad Armley, ma...»
«Tu che cosa hai fatto?!» Edwin, che era quasi sulla porta, girò sui tacchi e attraversò come un fulmine la stanza. Balzò sul fratello afferrandolo per il bavero, lo scosse con forza sovrumana. «Se ti permetti di posare anche solo gli occhi su Emma ti faccio fuori! Ti faccio fuori! Lo giuro su Dio che ti faccio fuori!» Il volto di Edwin, vicinissimo a quello del fratello, era alterato dal disprezzo e dalla collera al punto che Gerald trasalì, improvvisamente atterrito.
Infine Edwin lasciò andare il bavero del fratello e si ripulì le mani sui calzoni in un gesto di disprezzo. «Non voglio sporcarmi le mani toccandoti», sibilò. «Sei un essere schifoso e spregevole! La feccia dell'umanità!» Poi girò sui tacchi e uscì dalla stanza. Tremava e la testa gli girava per l'odio e il disgusto.