CAPITOLO TERZO
GHIACCIO CHE FONDE.
Fresca e bianca come un frigorifero, si ergeva tra prati oltraggiosamente verdi la scuola del Cantonment. Nei suoi giardini fiorivano anche piante, perché i sahib angrez avevano deviato buona parte della modesta dotazione d'acqua della regione nei tubi coi quali gironzolavano tutto il giorno i giardinieri del Cantt. Evidentemente quelle strane creature grigie venute da un umido mondo settentrionale non potevano sopravvivere se non prosperavano anche l'erba e le bougainvillee e i tamarindi e gli alberi del pane. In quanto ai virgulti umani allevati nella scuola, bianchi (grigi) o bruni, variavano dai tre ai diciannove anni. Ma oltre gli otto, il numero dei bambini angrez calava decisamente e gli allievi delle ultime classi erano quasi uniformemente bruni. Ma cosa succedeva ai bambini di pelle chiara dopo il loro ottavo compleanno? Morivano, sparivano o si verificava un'improvvisa sovrapproduzione di melanina nelle loro pelli?
No, no. Per avere una risposta attendibile, sarebbe necessario condurre una vasta ricerca nei vecchi registri delle compagnie di navigazione o nei diari di signore da tempo estinte in quella che i colonialisti angrez continuavano a chiamare la madre patria, ma che era in realtà una terra di zie zitelle e altre più lontane parenti di sesso femminile cui si potevano affidare i bambini per salvarli dai pericoli di un'educazione orientale... ma una ricerca del genere va oltre le possibilità dell'autore, che deve distogliere gli occhi senza ulteriore indugio da queste questioni secondarie. La scuola è la scuola; sappiamo tutti ciò che vi accade. Omar Khayyam era un ragazzo grasso, e quindi subì ciò che subiscono i ragazzi grassi, sfottò, pallottoline d'inchiostro sulla nuca, soprannomi, qualche percossa, niente di speciale insomma. I suoi compagni, una volta scoperto che non era sua intenzione reagire alle battute provocatorie sulle sue insolite origini, lo lasciarono in pace, accontentandosi di occasionali filastrocche di scherno nel cortile della scuola. Tutto questo a lui andava benissimo.
Privo di vergogna, avvezzo alla solitudine, cominciò a godere della sua quasi invisibilità. Nella sua posizione ai margini della vita scolastica, traeva un piacere indiretto dalle attività di quanti gli stavano attorno, festeggiando in silenzio l'ascesa o la caduta di questo o quell'imperatore del campo giochi o gli insuccessi agli esami dei compagni più antipatici: i piaceri dello spettatore. Una volta, per caso, mentre se ne stava in un angolo all'ombra di quel terreno alberato, vide due anziani che si sbaciucchiavano con energia dietro un cespuglio di ixora coccinea. Assistendo alle loro carezze, provò una strana sensazione di calore e decise di cercare altre occasioni per indulgere a questo nuovo svago. Man mano che cresceva, e che lo si autorizzava a star fuori sino a tardi, divenne un vero esperto in questa attività: la città abbandonava i propri segreti ai suoi occhi onnipresenti. Attraverso inefficienti persiane, spiò gli accoppiamenti del postino Ibadalla con la vedova Balloch e anche, in un altro luogo, quelli con la migliore amica di costei, Zeenat Kabuli, sicché il famigerato episodio in cui il postino, il mercante di pelletterie e il chiassoso Bilal s'affrontarono armati di coltelli in una cunetta e finirono tutti e tre morti stecchiti, non ebbe per lui nulla di misterioso; era però troppo giovane per capire come mai Zeenat e Farida, che logicamente quando venne alla luce l'intera faccenda avrebbero dovuto odiarsi come il veleno, fossero invece andate a stare insieme e vivessero dopo quel triplice assassinio, in un'indissolubile amicizia e nel più totale celibato sino alla fine dei loro giorni. Per parlarci chiaro: ciò che un telescopio iniziò da lontano, Omar Khayyam lo continuò in primo piano. Non dobbiamo aver paura di citare la parola «voyeur», ricordando che era già stata usata (in un contesto telescopico) da Farah Zoroaster. Ma adesso che gli abbiamo dato del guardone, dovremmo anche dire che non si fece mai scoprire, a differenza di quello sfacciato di Agra che, si dice, spiava da un alto muro l'edificio del Taj Mahal. A quello cavarono gli occhi, o almeno così si narra; mentre Omar Khayyam gli occhi li spalancò grazie al suo voyeurismo, che gli rivelò sia la struttura infinitamente ricca ed enigmatica della vita umana sia le gioie dolci-amare del vivere attraverso altri esseri umani. In una cosa però non ebbe alcun successo.
Ovviamente, ciò che le madri gli avevano nascosto per dodici anni, i compagni di scuola glielo svelarono in dodici minuti; vale a dire la storia di quella festa leggendaria durante la quale baffuti ufficiali erano stati osservati e misurati e poi... Omar Khayyam Shakil, obbedendo agli ordini materni, si guardò bene dal fare a pugni quando lo schernirono con questa saga. Viveva in una sorta di Eden della moralità e se ne infischiava degli insulti; ma dopo questo episodio cominciò a scrutare i signori angrez in cerca di segni, a esaminarli sperando di trovarvi somiglianze facciali con se stesso, ad attendere di cogliere al volo un'espressione o un gesto casuale o involontario che gli rivelasse l'identità del suo ignoto progenitore maschio. Senza alcun risultato.
Forse suo padre se n'era andato da tempo e viveva, ammesso che fosse ancora vivo, in qualche bungalow in riva al mare lambito da ondate di nostalgia per gli orizzonti della sua gloria perduta, accarezzando i pochi miseri manufatti - corni da caccia d'avorio, coltelli kukri, una fotografia che lo raffigurava a una caccia alla tigre con un maharaja che conservavano, sulle mensole dei suoi ultimi anni, gli echi morenti del passato, come conchiglie che cantano di mari lontani... ma queste sono speculazioni sterili. Incapace di individuare un padre, il ragazzo se ne scelse uno tra le persone disponibili, conferendo senza alcuna riserva questo privilegio al signor Eduardo Rodrigues, maestro, anche lui arrivato da poco a Q., dove era baldanzosamente sbarcato da un pullman qualche anno prima, tutto vestito di bianco con un cappello di feltro bianco sulla testa e una gabbia d'uccelli vuota in mano. Ancora una parola sulle indiscrezioni visive di Omar Khayyam: le sue tre madri, avendo ovviamente cominciato a vivere anche loro per interposta persona, non potevano fare a meno, in quei giorni in cui la loro risolutezza stava cedendo, di interrogarlo con impazienza sulla moda femminile e su tutte le altre minuzie della vita cittadina, e di chiedergli se aveva sentito qualcosa sul loro conto, ogni tanto si coprivano il viso con lo scialle, e ciò dimostrava con evidenza che non erano più in grado di isolarsi dai sentimenti che avevano escluso... spiando il mondo attraverso gli occhi inattendibili del figlio (che naturalmente non raccontava loro nulla), ottennero con il loro voyeurismo per procura l'effetto classico che queste cose si ritiene che abbiano: s'indebolì la loro fibra morale. Forse per questo fu loro possibile progettare una ripetizione del loro delitto.
Il signor Eduardo Rodrigues era sottile e affilato come la sua enorme collezione di matite e nessuno conosceva la sua età. A seconda dell'angolo che la luce gettava sul suo viso, poteva assumere l'aspetto luminoso e sfacciato di un adolescente o quello malinconico di un uomo che annega nei propri ieri per metà consumati. Meridionale indecifrabile, era in città un personaggio misterioso, essendo passato direttamente dalla stazione dei pullman del suo arrivo alla scuola del Cantonment dove a forza di chiacchiere era riuscito a procurarsi un posto d'insegnante prima del tramonto. «è necessario essere fuori del comune», era tutta la spiegazione che era disposto a dare, «se si vuol diffondere il Verbo». Viveva in una stanza austera come ospite pagante di uno dei meno fortunati sahib angrez. Alle pareti pendeva un crocifisso e vi erano anche incollate parecchie immagini dozzinali, ritagliate da calendari, di un dolce paesaggio costiero, dove le palme ondeggiavano su sfondi di tramonti assurdamente purpurei e una cattedrale barocca si ergeva, parzialmente coperta di rampicanti, su un'insenatura oceanica stipata di sambuchi dalle vele rosso fiamma. Omar Khayyam Shakil e Farah Zoroaster, i soli studenti che mai avessero messo piede in questo santuario, non vi trovarono mai tracce di cose più personali; pareva proprio che Eduardo volesse nascondere il proprio passato agli ardenti raggi del sole del deserto, per non farlo sbiadire.
Il vuoto accecante dell'alloggio del maestro era tale che solo alla sua terza visita Omar Khayyam s'accorse della gabbia da uccelli di poco prezzo posata sull'unica credenza, una gabbia la cui vernice dorata aveva da tempo cominciato a staccarsi e che era ancora vuota come il giorno del suo arrivo alla stazione dei pullman. «Come se», sussurrava sprezzante Farah, «fosse venuto qui per catturare un uccello e non ne fosse stato capace, quello stupido». Eduardo e Omar, che erano entrambi, ciascuno a suo modo, estranei a Q., furono forse attratti l'uno dall'altro da una percezione solo in parte consapevole della loro somiglianza; ma erano al lavoro anche altre forze. è possibile riunire vantaggiosamente queste forze sotto un'unica intestazione ed anche questa espressione è già stata citata: è precisamente: «correr dietro al Disastro».
Non era sfuggito all'attenzione dei pettegoli cittadini il fatto che Eduardo fosse arrivato, con la gabbia per uccelli in mano e il cappello floscio sulla testa, due soli mesi prima che il doganiere Zoroaster venisse trasferito da quelle parti, senza moglie e con una figlia di otto anni. Non passò quindi molto tempo prima che i mulattieri, i negozianti di ferramenta e i santoni in scooter giungessero alla conclusione che la sede precedente di Zoroaster fosse stata in quella medesima zona di cattedrali con rampicanti e di spiagge con noci di cocco di cui si poteva annusare il ricordo sul vestito bianco di Rodrigues e sul suo nome portoghese. La gente cominciò a spettegolare: «Ma dov'è la moglie di questo doganiere? Divorziata, rimandata alla madre, assassinata nella furia della passione? Guardate quella Farah, non assomiglia proprio al suo babbo, neanche un po'». Le stesse lingue, però, erano anche costrette ad ammettere che Farah Zoroaster non assomigliava neppure al maestro, specie quando risultò con evidenza che tra Rodrigues e Zoroaster esistevano rapporti estremamente cordiali. «E allora perché un doganiere si fa relegare proprio qui, in questo luogo in capo al mondo?». A questo Farah era in grado di fornire una semplice risposta: «Il mio stupido padre è di quelli che sognano anche quando si sono svegliati. Gli viene in mente un giorno che dobbiamo tornare dove non siamo mai stati, nella maledetta terra di Ahuramazda, e questa schifosa frontiera con l'Iran è il posto più vicino cui potevamo arrivare. Pensate un po'!», gridava. «Si è offerto spontaneamente.». Il pettegolezzo è come l'acqua. Sonda le superfici cercando i punti deboli, finché non trova una possibile breccia; era quindi solo questione di tempo prima che la brava gente di Q. trovasse la più vergognosa e scandalosa delle possibili spiegazioni. «Dio mio, un uomo adulto innamorato di una bambina. Eduardo e Farah - cosa dici che non può succedere, succede ogni giorno, solo qualche anno fa c'è stato quell'altro - sì, deve essere così, questi cristiani sono dei grandi pervertiti, Dio ce ne scampi, e lui segue la sua sgualdrinella in questo angolo di mondo, e chissà lei come lo incoraggia, una donna, ovviamente, sa come far capire a un uomo se lo vuole o no, anche a otto anni, ce l'hanno nel sangue». Né Eduardo né Farah confermarono mai in qualche misura, col loro comportamento, la fondatezza di queste voci. è vero che negli anni in cui Farah divenne a poco a poco una donna, Eduardo rimase scapolo; ma è anche vero che Farah, detta «Disastro», veniva anche chiamata "il blocco di ghiaccio" per la sua freddezza sotto zero verso i numerosi ammiratori, e questa frigidità si estendeva anche ai rapporti con Eduardo Rodrigues. «Ma certo che sono bravi a nascondersi, cosa credi?» e alla fine i pettegoli poterono vantarsi, trionfalmente, di aver trovato una conferma negli eventi. Omar Khayyam Shakil, nonostante tutta la sua passione per guardare-e-ascoltare, fingeva di non prestare ascolto a queste voci: tali sono gli effetti dell'amore. Tuttavia esse penetrarono in lui, s'insinuarono sotto la sua pelle e nel suo sangue, e si fecero strada, come piccole schegge, sino al suo cuore; finché anche lui si rivelò colpevole delle stesse presunte perversioni cristiane del maestro Rodrigues. Sceglietevi un padre e vi scegliete anche un'eredità.
(Ma Sufiya Zinobia deve ancora aspettare qualche pagina.) Ho sprecato troppi capoversi in compagnia dei pettegoli, torniamo ora su un terreno più solido: Eduardo Rodrigues, accompagnato per alimentare i pettegolezzi da Farah, va a prendere Omar Khayyam per il suo primo giorno di scuola, fatto questo che attesta la residua influenza in città del nome Shakil. Nei mesi successivi, Eduardo scoprì le eccezionali capacità d'apprendimento del ragazzo e scrisse alle sue madri per offrire i propri servizi come ripetitore, in grado di contribuire alla realizzazione del suo potenziale. è documentato che le madri aderirono alla proposta del maestro; e anche che il solo altro allievo privato di Eduardo era Farah Zoroaster, il cui padre non era tenuto a pagargli compenso perché Eduardo era un insegnante realmente votato alla propria missione: e in terzo luogo che col trascorrere degli anni il trio Omar-Eduardo-Farah divenne in città uno spettacolo abituale. Fu Rodrigues, che aveva l'abilità di parlare a lettere maiuscole, a pilotare Omar verso una carriera di medico. «Per Riuscire nella Vita», disse al ragazzo tra le cartoline della spiaggia e la gabbia vuota per uccelli, «bisogna essere Essenziali. Sì, renditi Essenziale, è questo il Punto... e chi è soprattutto Indispensabile? Ma è chiaro, colui che Somministra! Alludo ai Pareri, alle Diagnosi, ai Farmaci soggetti a Ricetta. Sii un Medico; è questo che ho Visto in Te». Ciò che Eduardo vide (a mio parere) in Omar: le possibilità della sua autentica, marginale natura. Cos'è un medico, in fondo? un guardone autorizzato, un estraneo al quale concediamo di ficcare dita e persino mani in punti dove alla maggior parte della gente non permetteremmo neanche di inserire la punta d'un dito, e che guarda a lungo cose che ci preoccupiamo particolarmente di tenere nascoste; è uno che siede al capezzale, un estraneo ammesso ai nostri momenti più intimi (nascita morte ecc.), un anonimo, un personaggio secondario ma nello stesso tempo paradossalmente centrale, specie nei momenti di crisi... sì, sì, Eduardo era un maestro lungimirante, non c'è dubbio. E Omar Khayyam, che si era scelto Rodrigues come padre, non pensò mai di andar contro i desideri del proprio precettore. è così che si plasmano le vite. Ma non soltanto così; grazie anche ai libri pieni d'orecchie scoperti casualmente a casa e ai primi amori per tanto tempo repressi... quando Omar Khayyam Shakil aveva sedici anni, fu infatti gettato in un grande vortice di terribile gioia, perché Farah la parsi, Disastro Zoroaster, lo invitò un giorno ad andare con lei a visitare l'ufficio doganale di suo padre.
«...e svenne, pur avendo i piedi saldamente piantati in terra». Ci è già stato raccontato qualcosa di ciò che accadde alla frontiera: come calò una nube e come Omar Khayyam, scambiandola per il suo incubo infantile del vuoto agli estremi confini della terra, perse i sensi. è possibile che fosse stato proprio lo svenimento a suggerirgli l'idea di ciò che avrebbe poi fatto quel giorno. Ma prima i particolari: quale fu il tono dell'invito di Farah?: ruvido, brusco, non-me-ne-frega-niente-se-mi-dici di-no. Che cosa la indusse a farlo?: Eduardo, che aveva molto insistito in privato: «è un ragazzo solitario, sii carina con lui. Voi dotati dovreste essere amici». (Omar Khayyam era il più dotato dei due; benché tra loro ci fossero ancora due anni di differenza, per altri aspetti si era messo alla pari con Farah ed era ormai al medesimo livello.) Con quanta rapidità accettò Omar Khayyam? eh dum. Fut-a-fut. Immediatamente, o anche più in fretta.
Nei giorni feriali, durante i periodi di scuola, Farah a Q. alloggiava nella casa di un meccanico parsi e della moglie, di cui suo padre aveva coltivato l'amicizia proprio con questo scopo. Questo meccanico, un Jamshed privo d'importanza che non merita neppure una descrizione, li accompagnò alla frontiera, in un certo giorno di vacanza, su una jeep che stava riparando. E man mano che s'avvicinavano al confine, si sollevava il morale di Farah e si deprimeva quello di Omar... ...La sua paura degli Estremi Confini continuò a crescere, irrazionalmente durante il percorso mentre sedeva su quel veicolo senza tetto dietro di lei, i cui capelli sferzati dal vento gli guizzavano davanti come nere fiamme.
Intanto l'umore di Farah veniva alleviato dalla corsa in macchina, intorno a uno sperone di montagna e attraverso un valico su cui c'erano a guardarli gli occhi invisibili di sospettosi tribali. Le piaceva il vuoto della frontiera, anche se scherniva apertamente suo padre per aver accettato quel lavoro senza prospettive. Si mise persino a cantare, rivelando così di avere una voce melodiosa. Alla frontiera: nuvole, svenimento, acqua spruzzata sul viso, risveglio, madovesono. Omar Khayyam rinvenendo scopre che la nube si è alzata, ed è quindi possibile accorgersi che la frontiera è un posto tutt'altro che impressionante: niente muri, niente poliziotti, niente filo spinato o riflettori a giorno, niente barriere a strisce bianche e rosse, niente di niente eccetto una fila di paletti in cemento a intervalli di una trentina di metri, paletti piantati nel duro e sterile terreno. C'è un piccolo ufficio doganale e un terminale ferroviario che la ruggine ha tinto di marrone; sui binari è rimasto un unico dimenticato carro merci, divenuto anch'esso marrone per essere stato troppo ignorato. «I treni non arrivano più», dice Farah. «La situazione internazionale non lo permette». Un doganiere, per avere un reddito decente, conta sul volume del traffico. Transitano merci, lui non irragionevolmente le sequestra, i loro proprietari capiscono, si arriva a un accordo, la famiglia del doganiere si compera vestiti nuovi. Nessuno si scandalizza per questo: tutti sanno quanto sono malpagati i pubblici funzionari. I negoziati sono condotti dignitosamente da entrambe le parti. Ma di merci soggette a dogana ne passano ben poche dal piccolo edificio in mattoni che è il centro del potere del signor Zoroaster. Col favore della notte, i tribali vanno avanti e indietro da una nazione all'altra passando oltre paletti e rocce. Chi può sapere che cosa trasportano? è questa la tragedia di Zoroaster: nonostante la borsa di studio che la figlia si è guadagnata, ha problemi a finanziarne la raffinata istruzione. E come si consola? «Presto, prestissimo, riapriranno la ferrovia. ..». Ma la ruggine s'accumula anche su questa convinzione; egli contempla oltre i paletti la terra ancestrale di Zarathustra, e cerca di trarre conforto dalla sua vicinanza, ma in questi giorni c'è tensione sul suo viso.. .
Farah Zoroaster batte le mani e corre girando intorno all'interminabile fila di paletti. «Divertente, no?», grida. «Favoloso!». Omar Khayyam, per non guastare il suo umore affabile, riconosce che sì, è proprio un posto favoloso. Zoroaster alza le spalle senza amarezza e si ritira nel proprio ufficio con l'autista della jeep, raccomandando ai due giovani di non restare troppo al sole. Ma forse ci rimasero davvero troppo, e fu questo che diede a Omar Khayyam il coraggio di dichiarare il suo amore.
«L'averti vista attraverso il mio telescopio» ecc., ma non c'è bisogno di ripetere il suo discorso o la grossolana risposta di Farah. Respinto, Omar Khayyam la tempesta di miserevoli domande: «Perché? Perché no?
Perché sono grasso?». E Farah risponde: «Il grasso andrebbe anche bene; ma tu hai qualcosa di sgradevole, te ne rendi conto?»
«Sgradevole?»
«Non chiedermi cosa. Non lo so. Qualcosa. Deve essere nella tua personalità o in qualche posto del genere.» Poi silenzio tra loro sino al tardo pomeriggio. Omar vaga tra i paletti sulla scia di Farah. Nota che a molti paletti sono stati legati con lo spago dei pezzi di specchi rotti; avvicinandosi a ogni frammento, Farah vede brandelli di se stessa riflessi nel vetro; e sorride con quel suo sorriso pieno di mistero.
Omar Khayyam Shakil comprende che la sua amata è una creatura troppo indipendente per soccombere a un qualsiasi attacco convenzionale; lei e i suoi specchi sono gemelli e non hanno bisogno di estranei per sentirsi completi... e poi, nel tardo pomeriggio, ispirato dal troppo sole o dallo svenimento, gli viene un'idea: «Sei mai stata ipnotizzata?», domanda a Farah Zoroaster. E, per la prima volta nella storia, lei lo guarda con interesse.
In seguito, quando il suo ventre cominciò a gonfiarsi e un preside indignato la convocò nel proprio ufficio e l'espulse per aver fatto scendere la vergogna sulla scuola; quando venne messa alla porta da suo padre, il quale aveva improvvisamente scoperto che la sua vuota casa di doganiere era troppo piena per accogliere una figlia la cui pancia rivelava un'adesione a costumi differenti e inaccettabili; quando Eduardo Rodrigues l'ebbe portata, riluttante e ribelle a quella mano che la teneva stretta, inesorabile, dal prete del Cantt e l'ebbe costretta a sposarlo; quando Eduardo, dopo essersi così dichiarato colpevole agli occhi di tutti, fu licenziato dal suo impiego per comportamento indecoroso; quando Farah e Eduardo furono partiti per la stazione ferroviaria su una tonga degna di nota per l'assenza pressoché totale di bagagli (c'era tuttavia una gabbia d'uccelli, ancora vuota, e a detta dei maligni Eduardo Rodrigues aveva finalmente catturato due uccelli e non uno soltanto); quando se ne furono andati e la città ripiombò nella sua cinerea insignificanza, dopo la breve fiammata di quello scandaloso dramma che si era recitato sulle sue stesse strade... Omar Khayyam tentò, futilmente, di trovar consolazione nel fatto che, come ogni ipnotizzatore sa, una delle prime rassicurazioni del processo ipnotico, una formula più volte ripetuta, dice quanto segue: «Farai tutto ciò che ti chiederò di fare, ma non ti chiederò di far nulla che tu sia contrario a fare». «Lei era dispostissima,» diceva a se stesso. «E allora dov'è la mia colpa? Doveva essere disposta, e tutti sanno i rischi che si corrono». Ma nonostante il nulla-che-tu-sia-contrario-a-fare; nonostante le azioni stesse di Eduardo Rodrigues, così decise e insieme così rassegnate che Omar Khayyam si era quasi convinto che in realtà il padre fosse il maestro perché no, in fondo? Una donna che ci sta con uno ci sta anche con due!
- nonostante tutto, dicevo, Omar Khayyam Shakil era posseduto da un demone che lo faceva tremare a colazione e aver caldo di notte e freddo di giorno, e a volte lo faceva anche gridare senza nessuna ragione per la strada o mentre saliva sul montavivande. Le dita del demone si allungavano dal suo stomaco per afferrare, senza preavviso, varie parti interne, dal pomo d'Adamo al grande (ma anche al piccolo) intestino; c'erano quindi momenti in cui si sentiva quasi soffocare e trascorreva lunghe ore improduttive al cesso. Ciò rendeva i suoi arti misteriosamente pesanti il mattino dopo, tanto che a volte non riusciva neppure ad alzarsi dal letto. Gli inaridiva la lingua e gli faceva tremare le ginocchia. Guidava i suoi passi d'adolescente in bottiglierie di quart'ordine. Barcollando ubriaco verso casa, dove lo attendeva la collera delle sue tre madri, lo si poteva udire mentre diceva a un ondeggiante gruppo di compagni di sofferenza: «Il solo lato buono di questa faccenda è che mi ha fatto finalmente capire le mie madri. è per evitare questo che devono essersi rinchiuse, e chi non lo farebbe, baba?». Vomitando il sottile fluido giallo della propria vergogna mentre calava il montavivande, giurava ai suoi compagni, che si stavano addormentando nella polvere. «Anch'io, uomo. Anch'io avrei dovuto sfuggire a tutto questo.»
La sera in cui Omar Khayyam, diciottenne e già grasso più di cinquanta cocomeri, venne a casa e informò Chhunni, Munnee e Bunny di aver vinto una borsa di studio nel migliore istituto di medicina di Carachi, le tre sorelle poterono nascondere il loro dolore per l'imminente partenza soltanto erigendogli attorno una grande barriera d'oggetti, i gioielli e i dipinti più preziosi della casa, che erano corse a prendere da una stanza all'altra, che formavano ora una pila di antichi tesori davanti al loro vecchio divano a dondolo preferito. «La borsa di studio è una bellissima cosa», gli disse la più giovane delle sue madri, «ma anche noi possiamo dare del denaro al nostro ragazzo che va ad affrontare il mondo». «Cosa credono quei dottori?», domandò Chhunni in una sorta di furore. «Che siamo troppo povere per pagarti gli studi? Al diavolo la loro carità, la tua famiglia ha denaro in abbondanza». «è denaro vecchio», aggiunse Munnee. Impossibilitato a convincerle che la borsa di studio era un onore che non intendeva rifiutare, Omar Khayyam fu costretto a partire per la stazione ferroviaria con le tasche gonfie delle banconote del prestatore su pegno. Portava al collo una ghirlanda i cui centoun fiori tagliati di fresco emanavano un aroma tale da cancellare completamente dalla sua memoria il fetore della collana di scarpe che aveva un tempo mancato così di poco il suo collo. Il profumo della ghirlanda era così intenso che dimenticò di raccontare alle madri un ultimo pettegolezzo, e cioè che Zoroaster il doganiere si era ammalato per gli incantesimi di quel deserto senza bustarelle e aveva preso l'abitudine di salire completamente nudo sui paletti di cemento dove frammenti di specchi gli laceravano i piedi. Con le braccia distese e senza figlia, Zoroaster si rivolgeva al sole, pregandolo di scendere sulla terra e di inghiottire il pianeta nel suo brillante fuoco purificatore. Secondo i tribali che raccontavano questa storia nel bazar di Q., il fervore del doganiere era tale da garantire senza alcun dubbio l' esaudimento del suo desiderio, e valeva quindi la pena prepararsi alla fine del mondo.
L'ultima persona cui parlò Omar Khayyam prima di fuggire dalla città della vergogna fu un certo Chand Mohammad, il quale raccontò in seguito: «Quel ciccione non aveva l'aria tanto eccitata quando cominciai a parlargli e pareva star due volte peggio quando finii». Questo Chand Mohammad era un venditore di ghiaccio. Mentre Omar Khayyam, ancora incapace di scrollarsi di dosso la terribile debolezza che lo tormentava sin dall'incidente alla frontiera, trascinava la propria obesità in una carrozza di prima classe, arrivò di corsa Chand dicendo: «Giornata calda, sahib. Occorre ghiaccio». In un primo momento Shakil, ansimante e depresso, gli disse: «Squagliatela e trovati qualche altro imbecille cui vendere la tua acqua gelata». Ma Chand insistette: «Sahib, nel pomeriggio soffierà il vento di Loo, e se lei non avrà il mio ghiaccio sotto i suoi piedi il caldo fonderà il midollo delle sue ossa». Persuaso da questo argomento, Omar Khayyam comprò un recipiente di zinco, lungo un metro e venti, largo quarantacinque centimetri e profondo trenta, che conteneva una lastra di ghiaccio spruzzata con segatura e sabbia per prolungarne la vita. Mentre lo caricava nella vettura, il venditore di ghiaccio pronunciava bofonchiando una battuta. «Così è la vita», disse, «un blocco di ghiaccio torna in città e un altro parte nella direzione opposta». Omar Khayyam si slacciò i sandali e allungò i piedi nudi sul ghiaccio, sentendo il salutare conforto del freddo. Poi, tirando fuori un eccessivo numero di rupie per Chand Mohammad, mentre riprendeva animo, gli domandò oziosamente: «Ma che sciocchezze stai dicendo? Come può un blocco di ghiaccio tornare da un viaggio senza fondere? Vorrai dire il recipiente di stagno, vuoto o pieno d'acqua». «Oh no, sahib, signore», sogghignò il venditore di ghiaccio mentre intascava il denaro, «quello è l'unico blocco di ghiaccio che va dappertutto senza fondere».
Colore defluì da guance grasse. Piedi paffuti schizzarono via dal ghiaccio. Omar Khayyam, guardandosi attorno spaventato come se temesse di vederla materializzarsi da un momento all'altro, parlò con voce talmente alterata dalla collera che il venditore di ghiaccio indietreggiò terrorizzato. «Lei? Quando? Stai cercando d'insultare...».
Agguantò l'uomo del ghiaccio per la sua camicia cenciosa e al poverino non restò altra scelta che raccontargli tutto, rivelargli cioè che su quello stesso treno, poche ore prima, la signora Farah Rodrigues (nata Zoroaster) era spudoratamente tornata nel luogo della sua infamia e aveva proseguito direttamente sino alla stazione di frontiera di suo padre, «che pure l'ha buttata in strada come un secchio d'acqua sporca, sahib, s'immagini». Quando Farah tornò, non aveva con sé né marito né figlio. Nessuno poté scoprire mai che fine avessero fatto Eduardo e il piccolo per il quale aveva sacrificato tutto, e così naturalmente cominciarono a circolare voci che non temevano confutazioni: un aborto naturale, un aborto procurato nonostante la fede cattolica di Rodrigues, il bambino nato ma esposto su una roccia o consegnato a un orfanotrofio o abbandonato per strada, mentre Farah e Eduardo, amanti sfrenati, copulavano sulle spiagge delle cartoline o nella navata della casa coperta di vegetazione del Dio cristiano, e alla fine si sono stufati l'uno dell'altra e lei lo ha liquidato o lui (stanco del suo lascivo flirtare) ha liquidato lei o si sono piantati nello stesso momento, che importanza ha chi sia stato il primo, ora lei è tornata e vi consiglio di chiudere a chiave i vostri figli. Farah Rodrigues, orgogliosa com'era, a Q. non parlava con nessuno, se non per ordinare viveri e provviste nei negozi; solo da vecchia cominciò a frequentare gli spacci clandestini di alcolici, e fu lì che, anni dopo, prese a rievocare Omar Khayyam, il cui nome compariva spesso sui giornali. Nelle sue rare visite al bazar, faceva acquisti senza guardare in faccia a nessuno, fermandosi soltanto per contemplare se stessa in ogni specchio disponibile, con una scoperta ammirazione che dimostrava alla città come non si fosse per nulla pentita. Così anche quando si venne a sapere che era tornata per occuparsi del padre impazzito e per gestire l'ufficio doganale, impedendo così che venisse licenziato dai suoi superiori angrez, neanche allora l'atteggiamento della città s'addolcì; chissà cosa combinano laggiù, diceva la gente, il padre nudo e la figlia puttana, il posto più adatto a loro è proprio lì, nel deserto, dove nessuno è obbligato a vederli se non Dio e il Diavolo, che sanno già tutto. E sul suo treno, con i piedi di nuovo appoggiati su un blocco di ghiaccio che andava fondendo, Omar Khayyam Shakil venne trasportato nel futuro, convinto di essere finalmente riuscito a fuggire, e la fresca soddisfazione di questo pensiero, insieme a quella datagli dal ghiaccio, disegnò un sorriso sulle sue labbra, benché soffiasse il vento caldo.
Due anni dopo, le sue madri gli scrissero per annunciargli che aveva ora un fratello, chiamato Babar come il primo imperatore dei Moghul che aveva scavalcato le Montagne impossibili e conquistato tutte le terre sulle quali aveva messo piede. Dopo di che le tre sorelle, nuovamente unite dalla maternità, vissero per molti anni felici e indistinguibili entro i muri di "Nishapur". Quando lesse questa lettera, la prima reazione di Omar Khayyam fu di fischiare sommessamente in un atteggiamento che assomigliava moltissimo all'ammirazione. «Le vecchie streghe», disse ad alta voce, «Ce l'hanno fatta di nuovo!»