17
Due ore dopo lasciai che Cassian mi riportasse a casa, solo perché ammise che stava ancora rafforzando le ali e aveva bisogno di allenarle.
Un calore si espanse dai tetti di pietra rossa mentre ci innalzammo sopra di loro, la brezza marina simile a un bacio fresco sul volto.
Avevamo finito di discutere solo trenta minuti prima, fermandoci quando lo stomaco di Mor aveva brontolato come un’incudine in frantumi. Avevamo trascorso del tempo a riflettere sul posto in cui incontrarci, e chi portare alla riunione con i Signori Supremi.
Gli inviti sarebbero stati spediti il giorno successivo, ma non specificavano il luogo dell’incontro. Non c’era motivo di sceglierne uno, aveva commentato Rhys, dato che i Signori Supremi avrebbero di sicuro rifiutato la nostra selezione iniziale, proponendo una serie di luoghi che preferivano. Noi scegliemmo solo il giorno e l’orario, le due settimane di attesa fungevano da cuscinetto per i battibecchi che sarebbero seguiti. Per il resto… Avremmo solo dovuto prepararci a ogni eventualità.
Eravamo tornati in fretta alla casa di città a cambiarci prima di ripartire di nuovo verso la Casa del Vento, e avevo trovato Nuala e Cerridwen ad aspettarmi in camera, le facce d’ombra sorridenti.
Le avevo abbracciate entrambe, anche se il saluto di Rhys era stato meno… entusiasta. Non perché non gli piacessero i mezzi spiriti, ma…
Gli avevo risposto bruscamente, nell’appartamento di Amren. Non mi era sembrato arrabbiato, eppure avevo notato che nelle ultime ore mi osservava. Era strano guardarlo. Tanto che l’appetito che avevo accumulato si era trasformato in leggera nausea. Lo avevo sfidato prima… non in quanto Signora Suprema. Non con quel… tono.
Perciò non tornai sull’argomento mentre Nuala e Cerridwen mi aiutavano a vestirmi e lui si diresse nella stanza da bagno a lavarsi.
Non che ci fossero molti abiti eleganti tra cui scegliere. Avevo optato per i miei pantaloni di pelle Illyrian, un’ampia camicia bianca e un paio di ciabatte ricamate davanti a cui Cassian continuava a sbuffare mentre volavamo.
Quando lo fece di nuovo per la terza volta in due minuti, gli diedi un pizzicotto sul braccio e dissi: «Fa caldo. Quegli stivali sono soffocanti».
Sollevò le sopracciglia, il ritratto dell’innocenza. «Io non ho detto nulla.»
«Hai brontolato. Di nuovo.»
«Vivo con Mor da cinquecento anni. Ho imparato a mie spese a non criticare la scelta delle scarpe.» Sogghignò. «Per quanto possa essere assurda.»
«È ora di cena. A meno che non sia previsto un combattimento dopo, giusto?»
«Ci sarà tua sorella… quindi direi che le battaglie non mancheranno affatto.»
Lo scrutai in volto con naturalezza, notando quanto si fosse sforzato per mantenere i tratti normali, lo sguardo fisso ovunque tranne che su di me. Rhys volava a poca distanza, ma lontano abbastanza da non potermi sentire mentre domandavo: «Faresti delle prove su mia sorella per vedere se in qualche modo è in grado di chiudere i varchi?».
I suoi occhi nocciola sfrecciarono verso i miei, intensi e chiari. «Sì. Non solo per il nostro bene, ma… ha bisogno di uscire di casa. E di…» Le ali di Cassian continuarono a muoversi a ritmo serrato, le nuove sezioni erano riconoscibili solo perché prive di segni. «Si autodistruggerà se resta rinchiusa lì.»
Mi si strinse il petto. «Lei…» Riflettei bene su cosa dire. «Il giorno in cui è stata trasformata, ho… percepito qualcosa di diverso in lei.» Combattei contro la tensione che si accumulava nei miei muscoli ricordando quei momenti. Le urla e il sangue e la nausea mentre osservavo le mie sorelle che venivano prese contro la loro volontà, come se non potessi fare nulla, mentre noi…
Scacciai la paura, il senso di colpa. «È stato come… se Nesta, quell’acciaio e quel fuoco… come se tutto in lei venisse amplificato. Un vero cataclisma. È stato come guardare un gatto domestico e un istante dopo notare che è diventato una pantera.» Scossi la testa, quasi servisse ad allontanare il ricordo del predatore, della rabbia che ribolliva in quegli occhi grigio-azzurri.
«Non dimenticherò mai quei momenti» disse Cassian a bassa voce, avvertendo forse l’odore o quanto quei ricordi mi devastassero. «Per il resto della mia vita.»
«Tu ne hai notato qualche traccia dopo?»
«No, affatto.» In lontananza si profilò la casa, le luci dorate alle finestre e alle porte ci invitavano ad avvicinarci. «Tuttavia, riesco a sentirlo, sporadicamente» aggiunse con una punta di mestizia, «di solito quando è arrabbiata con me. Ovvero… la maggior parte delle volte.»
«Perché?» Erano sempre stati in contrasto ma… sì quella dinamica era diversa prima. Più aspra.
Cassian si scostò dagli occhi i capelli neri, leggermente più lunghi dell’ultima volta in cui l’avevo visto. «Non credo che Nesta mi perdonerà mai ciò che le è successo a Hybern, soprattutto per Elain.»
«Le tue ali erano ridotte in pezzi. Sei vivo per miracolo.» In ogni parola di Cassian c’era un senso di colpa devastante e velenoso. Ciò contro cui avevano lottato gli altri nell’appartamento. «Non eri in condizione di salvare nessuno.»
«Le ho fatto una promessa.» Il vento gli scompigliò i capelli mentre fissava il cielo stringendo gli occhi. «E quando è arrivato il momento non l’ho mantenuta.»
Sognavo ancora lui che cercava di strisciare verso di lei, di raggiungerla persino nello stato di semi incoscienza in cui lo avevano gettato il dolore e la perdita di sangue. Come aveva fatto Rhysand con me negli ultimi istanti con Amarantha.
Forse solo qualche battito di ali ci separava dall’ampia veranda in cui saremmo atterrati, ciononostante gli chiesi: «Perché ti preoccupi tanto, Cassian?».
Strinse le palpebre mentre atterravamo dolcemente. Pensai che non mi avrebbe risposto, specialmente perché sentimmo gli altri nella sala da pranzo oltre la veranda, e perché Rhys atterrò alle nostre spalle, e si avvicinò facendomi l’occhiolino.
Tuttavia mentre ci dirigevamo verso la sala da pranzo rispose piano: «Perché non riesco a starle lontano».
Non mi stupii quando Elain non lasciò la stanza.
Nesta, incredibilmente, sì.
Non fu una cena formale, anche se Lucien, in piedi vicino alle finestre, intento a osservare il sole che tramontava su Velaris, indossava una elegante giacca verde ricamata d’oro, i pantaloni color crema che mostravano le cosce muscolose e gli stivali alti fino al ginocchio lucidati al punto da riflettere i lampadari di lucefatata.
Aveva sempre emanato una grazia naturale, ma lì, quella sera, con i capelli legati all’indietro e la giacca abbottonata fino al collo, sembrava davvero il figlio di un Signore Supremo. Bello, potente, un po’ dissoluto… ma educato ed elegante.
Gli andai incontro mentre gli altri si servivano il vino messo a respirare nei decanter sull’antico tavolo in legno; ero perfettamente consapevole che i miei amici chiacchieravano, ma nel frattempo ci tenevano sotto controllo. Lucien mi scrutò con l’occhio, soffermandosi sui miei abiti informali, poi sui pantaloni di pelle, quindi lo rivolse su Amren nel suo solito vestito grigio e su Mor nel suo fluttuante abito rosso, per poi domandare: «Che codice di abbigliamento è?».
Gli passai un bicchiere di vino che avevo portato con me. «È… quello che ci sentiamo di indossare.»
L’occhio dorato fece uno scatto e si strinse; poi Lucien ritornò a guardare la città davanti a lui.
«Cos’hai fatto oggi pomeriggio?»
«Ho dormito» rispose. «Mi sono lavato. Ho poltrito.»
«Domani potrei accompagnarti a visitare la città» proposi. «Se ne hai voglia.»
Non aveva importanza che dovessimo pianificare un incontro. O aggiustare un muro. O che ci fosse una guerra da combattere. Potevo dedicargli mezza giornata. Mostrargli il motivo per cui quel luogo era diventato casa mia, perché mi ero innamorata di chi lo governava.
Come se avesse avvertito i miei pensieri, Lucien commentò: «Non devi sprecare il tuo tempo a convincermi. Lo capisco. Capisco… che non eravamo ciò che desideravi. O di cui avevi bisogno. Quanto dev’esserti sembrata piccola e isolata la nostra casa, dopo aver visto questa». Indicò la città con il mento, il punto in cui le luci cominciavano a brillare durante il tramonto. «Chi potrebbe competere?»
Per poco non risposi: “Intendevi quale città potrebbe competere?” ma frenai la lingua.
Spostò l’attenzione dietro di me, e sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, ma poi rimase in silenzio. L’occhio di metallo emise un leggero ronzio.
Seguii il suo sguardo, e cercai di non irrigidirmi vedendo Nesta entrare nella stanza.
Devastante era la parola giusta per quanto era diventata bella da quando era una Fae Maggiore. E con quell’abito dalle maniche lunghe blu scuro che le sottolineava le curve prima di cadere elegantemente verso il basso in una cascata di tessuto…
Cassian aveva l’aria di uno che aveva ricevuto un pugno nello stomaco.
Ma Nesta fissò me, la lucefatata che brillava sui pettinini d’argento tra i capelli tirati su. Ignorò gli altri, avvicinandosi a noi a testa alta. Pregai che Mor e Amren, che la fissavano stupite, non dicessero qualche…
«E quel vestito da dove arriva?» domandò Mor, l’abito rosso che fluttuava dietro di lei mentre andava incontro a Nesta. Mia sorella alzò le spalle, irrigidendosi, pronta a…
Ma Mor l’aveva già raggiunta; prese tra le dita il pesante tessuto blu, esaminando ogni cucitura. «Ne voglio uno uguale» affermò imbronciata. Ovviamente un tentativo di invitarmi a fare compere insieme per ampliare il mio guardaroba. In quanto Signora Suprema avrei avuto bisogno di abiti molto più eleganti. Soprattutto per l’incontro. E anche le mie sorelle.
Gli occhi di Mor sfrecciarono verso i miei, al che dovetti combattere contro l’impulso di ringraziarla che minacciava di far luccicare i miei mentre mi avvicinavo.
«Suppongo che il mio compagno l’abbia scovato da qualche parte» commentai, lanciando un’occhiata oltre le spalle, verso Rhys, appoggiato al bordo del tavolo, al suo fianco Az e Cassian; i tre Illyrian fingevano di non ascoltare ogni parola mentre si versavano del vino.
Ficcanaso. Gli inviai quel pensiero attraverso il legame, e risuonò la risata nera di Rhys.
«Si prende tutti i meriti per la scelta degli abiti» disse Mor, esaminando il tessuto della gonna di Nesta mentre mia sorella la controllava come un falco «e non mi svela mai dove li trova. Si rifiuta ancora di dirmi dove ha preso il vestito che Feyre ha indossato durante il Cadistella.» Gli lanciò un’occhiataccia oltre la spalla. «Bastardo.»
Rhys ridacchiò. Cassian, tuttavia, non sorrise, concentratissimo com’era su Nesta e Mor.
Su ciò che mia sorella avrebbe fatto.
Mor si limitò a esaminare i pettinini d’argento tra i capelli di Nesta. «È una buona cosa che non portiamo la stessa taglia… altrimenti avrei tentato di rubarti il vestito.»
«Magari mentre ce l’aveva ancora indosso» borbottò Cassian.
Il sorrisetto di risposta di Mor non fu rassicurante.
Ma il volto di Nesta rimase impassibile. Freddo. Sollevò lo sguardo verso Mor e poi lo riabbassò, studiando l’abito che le lasciava esposta gran parte della pancia, della schiena e del petto, poi la gonna con inserti trasparenti da cui si intravedevano le gambe. Scandaloso per i parametri umani. «Fortunatamente per te» commentò Nesta in tono piatto «non ricambio i tuoi sentimenti.»
Azriel tossì nel bicchiere di vino.
Tuttavia, Nesta si diresse verso il tavolo, dove reclamò una sedia.
Mor la guardò stupita, ma confidò in me, facendo una smorfia. «Credo che ci servirà molto altro vino.»
Nesta irrigidì la schiena. Ma non restò in silenzio.
«Vado a saccheggiare la nostra collezione di vini» si offrì Cassian, sparendo troppo in fretta verso la sala principale per sembrare disinvolto.
Nesta si irrigidì un altro po’.
Provocare mia sorella, prenderla in giro… afferrai una sedia a fianco di Nesta e mormorai: «Non hanno cattive intenzioni».
Lei si limitò a passare un dito sopra il servizio da tavola di avorio e ossidiana, esaminando le posate d’argento con i manici decorati da gelsomini notturni. «Non mi importa.»
Amren prese posto davanti a me, proprio mentre ritornava Cassian, una bottiglia in ogni mano, e l’aria servile. Poi disse a mia sorella: «Sei proprio un bel tipo».
Nesta sollevò gli occhi di scatto. Amren fece oscillare pigramente il vino nel calice, osservandola come un gatto fissa un nuovo gioco interessante.
Mia sorella si limitò a domandare: «Perché ti brillano gli occhi?».
Una piccola curiosità… solo il bisogno diretto di una spiegazione.
E nessuna paura. Per niente.
Amren inclinò la testa. «Sai, nessuno di questi ficcanaso me lo ha mai chiesto.»
Quei ficcanaso stavano tentando di non sembrare troppo preoccupati. Come me.
Nesta attese.
Amren sospirò, muovendo il caschetto nero. «Luccicano perché è la parte di me che l’incantesimo di contenimento non è riuscito a domare. Il solo bagliore di ciò che si nasconde dentro questo involucro.»
«E cosa c’è esattamente?»
Nessun altro parlò. Né si mosse. Lucien, ancora accanto alla finestra, era pallido come un foglio di carta.
Amren passò un dito lungo il bordo del calice, l’unghia laccata di rosso che brillava come il sangue all’interno. «Non hanno mai osato chiedermi neanche questo.»
«Perché?»
«Perché non è educato domandarlo… e poi hanno paura.»
Amren sostenne lo sguardo di Nesta, e mia sorella non si mosse né trasalì.
«Siamo uguali io e te» aggiunse Amren.
Mi parve di non riuscire a respirare. Attraverso il legame percepii la stessa sensazione in Rhys.
«Non a livello fisico, non nella cosa che si annida sotto la nostra pelle e le nostre ossa…» Amren strinse i suoi occhi straordinari. «Tuttavia… vedo che siamo fatte della stessa sostanza, ragazza.» Annuì, più a se stessa che a chiunque altro. «Non ti senti a tuo agio nella forma che ti hanno imposto. Nella vita in cui sei nata e che sei stata costretta a condurre. Ci hai provato, eppure non ti sei mai integrata, non potevi. E a un certo punto il tuo percorso è cambiato.» Annuì lievemente. «So come ci si sente. Me lo ricordo, nonostante sia passato molto tempo.»
Nesta aveva gestito l’immobilità sovrannaturale della Fae molto più velocemente di quanto avessi fatto io. E rimase seduta lì per altri istanti, a fissare semplicemente quella creatura femminile strana e delicata di fronte a lei, soppesando le sue parole, il potere che irradiava. Poi mia sorella fece: «Non so di cosa tu stia parlando».
Le labbra rosse di Amren si aprirono in un sorriso ampio e serpentesco. «Quando esploderai, ragazza, assicurati che lo sentano in ogni mondo.»
Un brivido mi attraversò la schiena.
Ma Rhys osservò, strascicando le parole: «A quanto pare Amren ha preso lezioni di recitazione drammatica al teatro in fondo alla strada».
Lo gelò con lo sguardo. «Dico sul serio, Rhysand…»
«Ne sono certo» confermò lui, sedendosi alla mia destra. «Tuttavia, preferirei mangiare qualcosa prima che tu ci faccia passare l’appetito.»
Sotto il tavolo mi strinse forte il ginocchio, scaldandomelo con la sua mano grande per rassicurarmi.
Cassian si accomodò alla sinistra di Amren, Azriel vicino a lui e Mor davanti a quest’ultimo, lasciando Lucien…
Lui si accigliò guardando il posto vuoto a capotavola, e poi quello di fronte a Nesta. «Io… Non dovresti sedere tu a capotavola?»
Rhys lo guardò perplesso. «Non mi importa dove ti metti, ma solo che mangi qualcosa di buono.» Schioccò le dita. «Ora.»
Il cibo, preparato da cuochi che mi riproposi di andare a incontrare nel cuore della casa, comparve sul tavolo, disposto su vassoi e ciotole. Arrosti, salse e sughi di vario tipo, riso e pane, verdure al vapore provenienti dalle fattorie vicine… Per poco non sospirai sentendo quei profumi che mi avvolgevano.
Lucien prese posto; anche se a tutti sembrava seduto su un cuscino di spilli.
Mi sporsi verso di lui, davanti a Nesta, per spiegargli: «Ti abituerai… all’informalità».
«Feyre, cara, lo dici come se fosse una brutta cosa» commentò Rhys, servendosi da un vassoio di trota fritta prima di passarmelo.
Gli lanciai uno sguardo esasperato, mettendo nel mio piatto qualche boccone di pesce croccante. «La nostra prima cena insieme mi ha stupito, volevo che lo sapessi.»
«Oh, lo so.» Sorrise Rhys.
Cassian ridacchiò malizioso.
«Sinceramente» iniziai rivolta a Lucien, che si riempì il piatto con una pila di fagiolini burrosi ma non la toccò, forse meravigliandosi davanti alla semplicità del cibo, così in contrasto con le pietanze elaborate della Corte di Primavera. «Azriel è l’unico educato.» Mor e Cassian emisero delle grida, e il cantaombre abbozzò un sorriso mentre abbassava il capo e prendeva un vassoio di barbabietole arrosto cosparse di formaggio di capra. «Non tentare neanche di fingere che non è vero.»
«Certo che è vero» confermò Mor con un rumoroso sospiro, «ma non c’è bisogno di farci sembrare dei barbari.»
«Credevo che avresti considerato quel termine un complimento, Mor» intervenne Rhys in tono pacato.
Nesta osservava quello scambio di battute come fosse un incontro sportivo, gli occhi che sfrecciavano tra noi. Non si servì di alcun cibo, quindi mi presi la libertà di riempirle il piatto.
Mi guardò attentamente.
E quando mi fermai per aggiungere qualcosa al mio, mia sorella fece: «Capisco… cosa intendevi riguardo al cibo».
Mi ci volle un istante per ricordare quella conversazione nella tenuta di nostro padre, quando io e lei avevamo discusso in modo acceso confrontando il cibo umano e quello dei Fae. Era identico, ma… al di là del muro aveva un sapore migliore.
«È un complimento?»
Nesta non ricambiò il mio sorriso mentre infilzava degli asparagi con la forchetta per poi mangiarli.
Immaginai che fosse il momento più adatto per chiedere a Cassian: «A che ora torniamo ad allenarci domani nel recinto di addestramento?».
A suo merito va detto che Cassian non guardò neanche Nesta e rispose con un sorriso pigro: «Proporrei all’alba, ma dato che sono piuttosto contento che tu sia tornata intera ti lascerò dormire fino a tardi. Vediamoci alle sette.»
«Io non lo definirei “tardi”» precisai.
«Per un Illyrian lo è» borbottò Mor.
Le ali di Cassian frusciarono. «La luce del giorno è una risorsa preziosa.»
«Viviamo nella Corte della Notte» ribatté Mor.
Cassian fece una smorfia a Rhys e Azriel. «Ti avevo avvertito che se avessimo lasciato entrare delle femmine nel nostro gruppo avrebbero solo provocato guai.»
«Stando a quanto ricordo, Cassian» replicò Rhys in tono beffardo, «in realtà hai detto che avevi bisogno di sollievo perché non sopportavi più di guardare le nostre brutte facce, e che delle creature femminili avrebbero aggiunto quella bellezza tanto agognata che avresti potuto ammirare tutto il giorno.»
«Porco» disse Amren.
Cassian le fece un gesto volgare che per poco non fece strozzare Lucien con i fagiolini. «Ero un giovane Illyrian, e non ne sapevo abbastanza» si giustificò. Poi puntò la forchetta verso Azriel. «Non tentare di nasconderti tra le ombre. Tu dicevi le stesse cose.»
«Non è vero» fece Mor, e le ombre che Azriel aveva provato a diffondere attorno a sé svanirono. «Azriel non ha mai affermato nulla di così orribile. Solo tu, Cassian. Solo tu.»
Il generale dell’esercito del Signore Supremo rispose con una linguaccia. Mor ricambiò il gesto.
Amren lanciò uno sguardo di rimprovero a Rhys. «Sarebbe saggio da parte tua lasciarli entrambi a casa, e non portarli all’incontro con gli altri, Rhysand. Saranno solo fonte di guai.»
Osai sbirciare Lucien: giusto per vedere la sua reazione.
Il viso era serio, ma… scorsi un accenno di stupore. Anche di cautela, però era sorpreso. Mi arrischiai a lanciare un’occhiata a Nesta, ma lei fissava il piatto, ignorando sistematicamente gli altri.
Rhys disse: «Sempre che vengano». Lucien lo guardò, con espressione inequivocabilmente incuriosita. Rhys lo notò e scrollò le spalle. «Lo scoprirai molto presto, immagino. Domani invieremo gli inviti a tutti i Signori Supremi per discutere di questa guerra.»
Lucien strinse la presa attorno alla forchetta. «Tutti?»
Non era certo se intendesse Tamlin o suo padre, ma Rhys annuì comunque.
Lucien rifletté. «Posso offrirti un consiglio non richiesto?»
Rhys fece un sorrisetto. «Credo che sia la prima volta che qualcuno a questo tavolo mi abbia chiesto una cosa del genere.»
Mor e Cassian gli fecero la linguaccia.
Tuttavia Rhys incoraggiò Lucien a proseguire con un gesto pigro della mano. «A ogni modo, consigliami pure.»
Lucien studiò il mio compagno, poi me. «Immagino che ci andrà anche Feyre.»
«Esatto» intervenni.
Amren bevve un sorso di sangue dal calice, l’unico rumore nella stanza mentre Lucien rifletteva. «Hai intenzione di tenere nascosti i suoi poteri?»
Silenzio.
Rhys alla fine rispose: «È una cosa che ho pianificato di discutere con la mia compagna. Da quale parte starai, Lucien?».
Il suo tono di voce era tagliente, un po’ aggressivo.
Lucien mi scrutò di nuovo e io mi sforzai di non mostrare imbarazzo. «Mio padre probabilmente si unirebbe a Hybern se pensasse di avere una possibilità di riprendersi i suoi poteri… uccidendoti.»
Rhys emise un ringhio.
«Tuo fratello mi ha visto, però» gli ricordai, appoggiando la forchetta. «Magari possono aver creduto che quella fiamma fosse opera tua, ma il ghiaccio…»
Lucien indicò Azriel con un cenno del capo. «Queste sono le informazioni che dovete raccogliere. Ciò che sa mio padre… se i miei fratelli si sono resi conto di quello che lei stava facendo. Dovete iniziare da qui, e conseguentemente ideare un vostro piano per l’incontro.»
Mor commentò: «Eris potrebbe tenere quell’informazione per sé e convincere anche gli altri a farlo se pensa che gli sarà più utile in questo modo». Chissà se Mor guardava quei capelli rossi, la pelle bruno dorata di qualche tono più scura dei suoi fratelli, e ci vedeva ancora Eris.
Lucien affermò in tono oggettivo: «Forse. Ma dobbiamo scoprirlo. Se Beron o Eris hanno quell’informazione, la useranno a loro vantaggio durante l’incontro… per prenderne il controllo. O controllare te. O potrebbero non venire affatto, e andare dritti a Hybern.»
Cassian imprecò a bassa voce, e io ero incline a imitarlo.
Rhys fece oscillare il vino nel bicchiere, lo appoggiò e disse a Lucien: «Tu e Azriel dovreste parlare. Domani».
Lucien lanciò un’occhiata al cantaombre… che annuì. «Sono al vostro servizio.»
Nessuno di noi fu così sciocco da chiedere se fosse disposto a rivelare dettagli sulla Corte di Primavera. Se pensava che Tamlin sarebbe venuto a riprenderlo. Magari era meglio discuterne un’altra volta. Solo lui e io.
Rhys si appoggiò allo schienale. Rifletté su qualcosa. Serrò la mascella, poi emise un lieve sbuffo. Si fece coraggio.
Preparandosi a qualunque cosa stesse per rivelare, qualsiasi piano avesse tenuto nascosto fino a quel momento. E anche se mi si strinse lo stomaco, fui attraversata da una sorta di euforia davanti a quella mente intelligente all’opera.
Finché Rhys parlò: «Dobbiamo recarci a un altro incontro… e alla svelta».