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Kleist si svegliò con la sensazione che qualcuno lo stesse immobilizzando per poi soffocarlo. Il motivo era semplice: Cale gli teneva una mano sulla bocca e Henri il Vago gli premeva con forza le mani lungo i fianchi.
«Ssstt! Siamo noi, Cale e Henri.» Cale aspettò che Kleist smettesse di dibattersi e poi gli tolse la mano dalla bocca. Henri allentò la presa. «Devi venire con noi, subito. Se resti qui sei morto. Vieni?»
Kleist si mise a sedere e guardò Henri nella luce della luna. «È vero?»
Henri annuì.
Kleist sospirò e si alzò. «Dov'è Ragno?» chiese, cercando con lo sguardo il Redentore addetto al dormitorio.
«È uscito a fumare. Dobbiamo andare.»
Cale si voltò e gli altri lo seguirono. Si fermò e si chinò sul letto di un ragazzo che fingeva di dormire. «Savio, se dici qualcosa a Ragno ti sbudello. Hai capito, stronzetto?»
Il ragazzo annuì senza aprire gli occhi e Cale proseguì.
Usciti dalla porta che Ragno, con la sua consueta negligenza, non aveva chiuso a chiave, Cale li condusse all'ambone esterno e, rimanendo dal lato delle mura, proseguì verso la grande statua del Redentore Impiccato e verso l'entrata che avevano scoperto il giorno prima.
«Che succede?» chiese Kleist.
«Zitto!» sibilò Henri.
Cale aprì la porta con una spinta e fece strada agli altri due. Poi accese una candela, molto più splendente di qualsiasi altra fonte di luce avessero mai visto.
«Come hai fatto ad aprire la porta?» chiese Kleist.
«Con un piede di porco.»
«Dove hai trovato quella candela?»
«Nello stesso posto in cui ho trovato il piede di porco.»
Kleist si voltò verso Henri. «Tu sai cosa sta succedendo?»
L'altro scosse la testa.
Cale si spostò all'estremità sinistra della galleria e sollevò la candela.
«Dio mio!» esclamò Kleist, quando vide la sagoma rannicchiata sul pavimento, in preda al terrore.
Paul Hoffman
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2010 - La Mano Sinistra Di Dio
«Non preoccuparti», disse Cale, chinandosi sulla ragazza. «Sono qui per aiutarci», aggiunse, non troppo convinto.
«Dimmi cosa sta succedendo o la facciamo finita, qui e ora», minacciò Kleist.
Cale lo guardò e sorrise cupamente. «Ascolta...» cominciò, spegnendo la candela. Venti minuti dopo aveva finito di raccontare la sua storia e la riaccese.
I due ragazzi fissavano alternativamente lui e la ragazza, inorriditi da ciò che avevano sentito, ma anche affascinati da lei.
Ci volle un po' perché Kleist tornasse in sé. «L'hai ucciso tu, Cale.
Perché mettere in mezzo anche noi?»
«Non essere stupido. Non appena si fossero accorti che sono stato io, avrebbero torturato Henri, perché sanno che siamo amici. Poi avrebbero collegato Henri a te. In questo modo hai una possibilità di vivere.»
«Ma io non c'entro in questa storia.»
«Che differenza credi che faccia? Negli ultimi giorni, ti hanno visto parlare con me almeno due volte. Ti uccideranno per mandare un segnale e per non correre rischi.»
«Significa che hai un piano?» chiese Henri, che era spaventato, ma stava cercando di calmarsi.
«Sì», rispose Cale. «Probabilmente fallirà, però...» Spense di nuovo la candela e spiegò la sua idea.
«Hai ragione», disse Kleist, quando l'altro ebbe finito. «Probabilmente fallirà.»
«Se hai qualcosa di meglio...» Cale riaccese la candela e la avvicinò alla ragazza, che aveva lo sguardo smarrito, tremava e si teneva le braccia strette attorno al petto. «Come ti chiami?» le chiese.
All'inizio lei parve non averlo neppure sentito, poi lo guardò in faccia, ma rimase in silenzio.
«Povera creatura», commentò Henri.
«Perché ti dispiaci per lei? Che cosa rappresenta per te?» chiese Kleist in tono aspro, diviso tra la propria paura e la ragazza accovacciata. «Ti dovresti preoccupare per te stesso.»
Cale si alzò, passò la candela a Henri e andò alla porta. «Adesso», disse.
Henri spense la candela. Si sentì la porta che si apriva e si chiudeva.
Henri, Kleist e la ragazza piombarono nell'oscurità.
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Mentre Cale attraversava il Santuario per la terza volta, lo shock degli eventi di quella sera cominciò a svanire. Naturalmente lui si muoveva con cautela, tenendosi nell'ombra, ma era più calmo. Stava iniziando a capire quanto fossero illusorie certe sensazioni che lui provava costantemente, per esempio l'angoscia di essere sempre sotto controllo e il timore che ci fosse comunque qualcuno pronto a notare e riferire ogni movimento. I Redentori supponevano - non a torto - che la loro abilità nel tenere d'occhio gli accoliti, unita alla ferocia delle punizioni a fronte di ogni disobbedienza, avrebbe mantenuto l'ordine. Davano quindi per scontato che di notte, mentre i ragazzi, esausti e impauriti, erano chiusi nei loro dormitori, loro potessero abbassare la guardia. Era la terza volta che Cale attraversava il Santuario nel giro di poche ore e aveva visto soltanto un Redentore in lontananza.
Si sentì pervadere da una strana euforia. Quegli individui che lui odiava e che sembravano così invulnerabili e potenti in realtà non lo erano. Si era dimostrato più astuto di Bosco, aveva ucciso il Signore della Disciplina e se ne andava in giro con facilità per il Santuario. Nel profondo del suo cuore, tuttavia, qualcosa gli diceva di non diventare troppo arrogante. Fai attenzione, altrimenti finirai appeso per il collo.
Eppure, per quanto ci riflettesse e per quanto la cosa avesse un che di temerario, aveva senso tornare nell'alloggio del Signore della Disciplina.
Prima di uscire di lì con la ragazza aveva preso alcune cose, ma perché tutti e quattro avessero una possibilità di sopravvivere al di fuori del Santuario avrebbero avuto bisogno... in effetti non sapeva di che cosa avrebbero avuto bisogno, ma era probabile che nell'alloggio del morto si trovassero molte cose utili e sarebbe stato stupido non approfittarne. Con un po' di fortuna ci sarebbero volute altre quattro ore prima che qualcuno trovasse il Redentore.
Dieci minuti dopo, era di nuovo accanto al cadavere di Picarbo. Lo guardò per un istante e poi si mise a cercare. Era una strana esperienza, perché lì c'erano tanti oggetti, mentre gli accoliti non potevano possedere nulla. In teoria, persino i Redentori dovevano possedere soltanto sette cose... perché non otto o sei non lo sapeva nessuno. Le stanze di Picarbo erano stracolme di roba. Cale ignorava a cosa servissero molti di quegli oggetti e gli sarebbe piaciuto starsene lì a maneggiarli, facendo ipotesi sul loro uso. Com'era particolare e gradevole al tatto il pennello da barba di setole di tasso! E che dire del meraviglioso profumo e della superficie Paul Hoffman
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viscida di una barretta di sapone? Ma ben presto la prospettiva della morte smorzò la sua curiosità e così si mise a scegliere le cose da infilare nello zaino che aveva trovato: alcuni coltelli, un telescopio - l'aveva visto in mano a Bosco una volta, sui bastioni, e ne era rimasto affascinato -, un affilatoio per gli strumenti medici di Picarbo, un sacco di tela, alcune erbe con cui aveva visto curare le ferite, aghi sottili, del filo, un gomitolo di spago. Rovistò negli armadi, ma quasi tutti contenevano innumerevoli vassoi sui quali erano disposte parti di corpi femminili. Naturalmente Cale non ne riconobbe quasi nessuna e richiuse le ante, disgustato e atterrito.
Non che cercasse una giustificazione per aver ucciso Picarbo, avendolo visto picchiare per punizione molti bambini e addirittura ucciderne uno; tuttavia quei pezzi di carne essiccata rappresentavano per lui un vero orrore.
Evitando di guardare la povera creatura sezionata sul tavolo, aprì una delle porte che si affacciavano sulla stanza e le sue narici vennero subito investite da una zaffata di prete raffermo. Era il nome che lui aveva dato al fetore che si sprigionava allorché due o più Redentori si trovavano in uno spazio ristretto. E la stanza sembrava completamente intrisa di quell'odore marcio, come se tutto ciò che i Redentori avevano dentro, il loro stesso spirito, fosse rancido, guasto. Richiuse l'uscio, sempre distogliendo lo sguardo dal cadavere della ragazza, ma qualcosa lo attrasse verso di lei.
Per qualche istante, osservò l'attenta, meticolosa operazione compiuta su quella bella e giovane donna e avvertì un'insolita ondata di pietà all'idea che qualcosa di così tenero e fragile fosse stato rovinato in quel modo. Poi il suo sguardo si posò sul piatto di metallo lì accanto e lui scorse il piccolo oggetto che il Signore della Disciplina aveva estratto dalla pancia della ragazza. Non era un osso, né aveva un'aria raccapricciante. Sembrava un ciottolo lisciato da una lunga esposizione a una rapida corrente, lattiginoso e quasi trasparente, di un colore marrone dorato. Circospetto, Cale lo toccò con l'indice. Poi lo raccolse e lo guardò. Quindi lo annusò. L'odore era irresistibile, come se ogni cellula del suo cervello fosse pervasa da quello strano ma meraviglioso profumo. Il ragazzo rimase immobile per un momento, intontito e sul punto di svenire. Però doveva andare avanti.
Trasse un respiro profondo e continuò a cercare, mise nello zaino ancora un po' di cose che riteneva utili e altre di cui gli piaceva l'aspetto, poi uscì dalla stanza, diretto al suo nascondiglio.
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