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Il riordino del disordine

Ora il delitto non si sta più svolgendo, è già successo. Non è più un avvenimento, è un fatto ormai. Non è più possibile restaurare il vecchio ordine, bisogna riordinare il disordine causato dal fatto, enumerando e descrivendo questo disordine.

L’enumerazione è enumerazione dei particolari il più possibile importanti. L’enumerazione del maggior numero possibile di particolari serve per ottenere la massima selezione possibile.

Mediante la negazione di tutto ciò che non appare, la descrizione del fatto perviene alla massima limitazione possibile delle possibilità dapprima innumerevoli.

La descrizione del fatto nei particolari serve alla trasformazione della quantità innumerevole in un certo numero di possibilità e alla trasformazione di questo numero di possibilità in un numero singolare, nell’unica possibilità, nel fatto.

Quanto maggiore sarà il numero dei particolari accettabili, tanto più rapidamente si conseguirà l’assoluta chiarezza. L’enumerazione dei particolari deve condurre all’inconfondibilità. Nel migliore dei casi esiste un tale numero di particolari, che l’assassino diventa improvvisamente un personaggio isolato, speciale. Quindi, quanto più il fatto si può scomporre in particolari, tanto più chiaramente questi permettono di individuare l’assassino. Il riordino del disordine generato dal delitto serve alla chiarificazione del disordine.

Perché se ne riconoscano le cause, il disordine deve essere reso il più chiaro possibile. Esso viene però riordinato soltanto nella misura in cui viene descritto, non nella realtà. Anzi, proprio perché possa essere descritto, è necessario che nulla sia effettivamente riordinato.

Col momento del delitto, nel quale il tempo si è arrestato, comincia per gli investigatori una nuova classificazione del tempo. Il tempo viene suddiviso in tempo antecedente e in tempo successivo all’omicidio. Di regola, nella storia gialla, l’arresto del tempo viene rappresentato simbolicamente dall’arresto reale di un orologio, causato dall’omicidio: l’orologio della vittima, per esempio, che si ferma quando essa cade a terra.

Il disordine può essere composto solo dopo che è stato classificato e fissato dalla descrizione. Ma la composizione del disordine non appartiene più alla storia.

A questo punto della storia gialla, il disordine è concertato in modo che si possa rispondere a tutte le domande tranne una, quella che riguarda l’assassino; oppure si risponde anche a quest’ultima, ma si può essere certi che a questo punto della storia sia la domanda che la risposta sono sbagliate. Di regola questa risposta sbagliata è la conseguenza di una risposta sbagliata data a un’altra domanda, per esempio alla domanda relativa all’arma del delitto, all’ora del delitto, alle circostanze concomitanti. Si ritiene erroneamente che l’arma del delitto sia stata un sasso, oppure l’orologio funziona male, oppure si valutano male le condizioni di visibilità.

Qualcuno, che, almeno nella storia gialla, non è tra gli investigatori, poiché non è autorizzato né tenuto a investigare, si accorge dell’errore. Così, mentre preferirebbe rimanere fuori dalla storia viene coinvolto nella storia. Ha visto qualcosa che gli altri non hanno visto. Lo voglia o no, comincia a immaginare possibili rapporti e a giocare con questi rapporti, per individuare un numero limitato di possibilità.

Lui solo conosce il particolare che può forse trasformare di colpo le possibilità nell’unico fatto possibile.

La quantità innumerevole o la pluralità delle possibilità lo rende inquieto. Comincia a porre domande, dapprima soltanto a se stesso:

 

 

«Lasci ogni cosa come sta!»

Ora soltanto ricominciano a respirare.

In questo ambiente anche il più lieve rumore è di una sonorità disdicevole. Il venditore ambulante non sente alcun passo che si allontani. Il ricevitore è appoggiato sul tavolo: la voce che ne esce continua a ripetere le stesse cose. Sinora nessuno ha detto la parola decisiva, quindi non sembra ancora che sia troppo tardi. Il venditore ambulante crede di riconoscere nel morto i calchi degli ultimi movimenti.

Lo tranquillizza il fatto che qualcuno lo indichi di nascosto.

Le manifestazioni dell’altrui disperazione, per esempio quell’udibile succhiare di sigaretta, gli danno fastidio. Al cospetto della sventura la donna continua a stirare, con movimenti energici. Per un attimo gli fanno pietà anche le cose, ma soltanto le cose che circondano il morto.

I piedi nudi sporgono dai pantaloni. «La miseria non è niente di nuovo.» Lo sguardo dell’ambulante vaga all’intorno senza meta. Egli nota che le punte delle sue dita sono tuttora divaricate. Lo spavento ha appesantito il suo corpo.

Si procura del moto alzando e abbassando le mani nelle tasche del cappotto. Per bloccare il gocciolio del rubinetto, vi infila rapidamente il dito. Sulla soglia compare un uomo con un pacco di giornali sotto il braccio. Il bambino fissa il morto senza capire. Il vetro rotto viene definitivamente abbattuto. Le tapparelle salgono con strepito. L’abito professionale ha già l’aria di apportare un tocco d’ordine. Tutto sembra assolutamente autentico. Lei si toglie il rossetto dai denti con le dita. «E pensare che in tutta la sua vita non è stato veramente malato neanche un giorno!»

L’aspetto del morto rivela ancora quello che ha veduto. Nella caduta il quadrante dell’orologio si è rotto. Molti hanno preso il rumore per lo scoppio di un turacciolo. Un lieve rialzo del terreno divide il morto da una pozzanghera. Lui è corso fuori subito, senza scarpe. Alcuni continuano tuttora le loro occupazioni. E chi si aspetta uno sparo mentre sta comprando la frutta? Il morente ha fatto ancora qualche passo, prima di cadere.

Di colpo si mettono tutti a parlare fittamente. Quando ha sentito il grido, l’ambulante si è piegato su se stesso. Schiaccia la scatola di fiammiferi nel pugno, lentamente. Non riesce a sopportare che qualcuno gli stia vicino e pensi con lui. «Si prendono le impronte digitali dei morti privi di alloggio.»

Finalmente il suo sguardo trova un oggetto da osservare. Ora qualsiasi gesto verrebbe interpretato male. Nessuno è colpito dal suo turbamento. Il ricordo di quello che ha visto è ancora così recente, che non può credere all’accaduto. I suoi pensieri lo riportano sempre sulla stessa parola. I vestiti del morto sono stirati di fresco. È quell’ora del giorno, verso il crepuscolo, in cui non si sa se è già il caso di accendere la luce. Questo non è uno spettacolo per bambini.

L’obiettivo è rivolto verticalmente verso il basso, per riprendere il corpo orizzontale. «Nel caso che il morto si trovi sull’erba, si usa cipria bianca.» Le punte delle dita sono imbrattate di inchiostro. Il grido l’ha fatto sobbalzare, benché fosse rivolto soltanto a un animale.

Stretti l’uno all’altro, i parenti sono seduti nel soggiorno arredato senza gusto. È successo qualcosa di spaventoso. Nessuno ha guardato dalla parte in questione. Il giacente viene riconosciuto per quello che era. Il venditore ambulante raccoglie in fretta la sua merce. Poco fa stava ancora facendo progetti per il futuro. La donna ha una escrescenza carnosa sulla guancia. I muscoli sono contratti alla radice. Non ha fatto in tempo a comunicare qualcosa. Ora sarà posta la domanda inevitabile! Purtroppo è fuori discussione, lui. Era seduto là!

Digrigna i denti, ma questo digrignare adesso non è più un’attività. Viene eseguito un disegno preciso del corpo. Ha mangiato qualcosa di pesante. Nessuno accusa, eppure tutti ritengono di doversi giustificare. La pietra non si adatta alla cavità. Il venditore ambulante appoggia il piede sulla punta recisa di un sigaro. Non ha chiuso la porta della cabina telefonica. Quando sollevano il pesante oggetto sopra il suo capo, le dita dei suoi piedi diventano inquieti. L’uomo in uniforme fa rotolare la pallottola sul palmo della mano. «Ma limarsi le unghie non fa venire le palpitazioni!»

Imita il suono dello sparo con un suono labiale. La voce è sempre rauca. Ciò d’altronde non serve più a riportarlo in vita. Il venditore ambulante non sa descrivere il rumore. L’ucciso è rimasto ancora in piedi, immobile, per un momento.

In un punto la folla è particolarmente densa.

Gli investigatori trovano soltanto i resti. Tra due piuoli della scala vi è un distanza maggiore che tra tutti gli altri piuoli. Il venditore ambulante si soffrega le mani soprappensiero. Disegnano con il gesso la figura del morto sul terreno. Le punte della forchetta sporgono dalla patata. Il marchio di fabbrica è stato limato via. Le braccia e le gambe gli sembrano terribilmente lunghe. Tutti gli altri vengono mandati fuori. Lei riprende le antiche abitudini. Lui è morto già da tempo.

Il guanto non gli va bene. Bisogna chinarsi su di lui. Si siede sulla baracca del pietrisco.

Da dove arrivano così rapidamente giornali che servono per coprire? Il luogo del delitto è diverso dal luogo in cui il delitto ha agito. Ha sbagliato nel calcolare la distanza delle sue dita dal terreno. È il cadavere di un uomo. Il lombrico è incrostato di sabbia. La mano viene sollevata e ricade di nuovo. La sedia non è più al posto di prima. «Il proiettile è intatto!»

Quel buco nero e quadrato è soltanto la parte posteriore, aperta, di un camion. Gli pettinano i capelli sulla fronte. Il gambale degli stivali è rivoltato. «Da uno sparo nascono tre specie di rumori.» Si guarda attorno senza più imbarazzo. Accompagna con gesti ciò che pensa in segreto. La donna ha traversato di corsa la strada con le mani sul petto. Una voce di bimbo ha detto le parole decisive. Il venditore ambulante è qui solo per caso.

Le dita dei guanti spuntano dalla tasca posteriore dei pantaloni del morto.

Egli teme queste lunghe formalità funebri.

Sulla punta della pallottola c’è un’incisione a forma di croce. Voleva esprimere qualcosa con la posizione in cui giace? Si raccolgono tutte le cose che sono andate distrutte sul luogo. Forse era una pallottola vagante. Alla fine di ogni frase un penoso silenzio.

Quanto più spesso l’ambulante si ricorda di quel particolare tanto più si confonde. Vede attorno all’idrante la strada piena d’acqua. Manca sempre una parola alle frasi che pensa.

Vuotano su un fazzoletto il contenuto delle tasche. La camicia è abbottonata male: avanza un bottone in fondo. Benché il morto giaccia su una base pulita, la sua schiena è coperta di sabbia.

Nel bel mezzo del discorso mentre giocherella con un oggetto nota qualcosa di singolare in quell’oggetto e ammutolisce. Soltanto adesso, poiché il disordine è stato riordinato, la morte appare definitiva. Il viso del bimbo si riflette nel vaso di miele.

L’ambulante si agita come se un pensiero non gli desse pace. Avrebbe dovuto esercitarsi ad afferrare la situazione al primo sguardo. Scendono uomini in borghese vestiti sobriamente.

Nel frattempo si è raffigurato l’immagine di quello che ha visto per una tale quantità di volte, che vorrebbe convincersi di averlo visto realmente.

Negli abiti del morto vengono rinvenuti resti di sale. Il passante fissa il terreno. L’ambulante non riesce già più a immaginarsi che il morto sia mai stato vivo. Dapprima infila le mani nello stivale. Ora i fiammiferi sparsi sono stati raccolti. Mentre afferrava un oggetto freddo, ha creduto che fosse caldo. Sul braccio si vede la cicatrice della vaccinazione. La vittima era talmente ignara, che adesso vorrebbe gridarglielo. Più a lungo viene descritto, più il morto finisce per somigliare a una suppellettile. Qualcuno è passato portando un pacco di forma allungata.

L’attenzione dell’ambulante arriva un’altra volta troppo tardi. A fatica, fissando un oggetto, cerca di mantenersi presente. A poco a poco si fa così buio che i particolari non sono più distinguibili. «Il proiettile ha ruotato su se stesso!» Egli si guarda bene dall’afferrare con le dita qualcosa di liscio. Loro si spostano di fianco lungo le pareti.

Sulla strada davanti a sé, a distanze regolari, nota delle macchie di sputo. Nessuno ha visto qualcuno traversare di corsa la strada. La lettera non è una lettera minatoria. Gli averi del morto sono allineati in bell’ordine. La fodera rovesciata penzola floscia dalle tasche dei pantaloni. L’oggetto è stato ripulito con tanta energia che si è graffiato. Contano le ferite. Improvvisamente solleva la testa. Benché sia caduto, il morente non credeva di cadere. Il cappello se lo è calcato in testa da solo. Le stecche della tapparella sono rimaste immobili. Il gatto non è neppure saltato indietro. Il venditore ambulante potrebbe ritornare senz’altro alle sue occupazioni.

Cammina assorto.

Annusano la canna. I cassetti e gli sportelli di tutti gli armadi sono spalancati. Molti si muovono ancora storditi. I postumi dello spavento sono gradevoli. Lui tiene le mani sulle ginocchia e guarda diritto davanti a sé. Il grido di morte non è stato un grido di sorpresa.

Il morto indossa vestiti pesanti. Lui vede un oggetto smussato. A poco a poco la sua mente si rischiara. È un testimone inutilizzabile. Schiva il fardello che gli gettano. Quando soffia nella scodella, lo investe una nuvola di polvere. Con lo spavento la sua pelle è divenuta molto sensibile. Adesso ha paura anche a mutare un piccolo particolare di sé: potrebbero pensare che abbia qualcosa da nascondere. Di notte avrebbe almeno preso quel grido per un grido d’aiuto.

Con la descrizione il disordine che circonda il morto diventa un ordine nuovo, di modo che la eliminazione del disordine genera soltanto nuovo disordine.

Sollevano il mozzicone di sigaro con una pinzetta. Lui continua a guardare incredulo. Nessuno ha azionato lo sciacquone immediatamente dopo. Qualcuno ha notato che il venditore ambulante ha spesso infilato la mano sotto la camicia. Il morto non aveva nessun nemico, oppure ne aveva molti. D’un tratto gli oggetti cominciano a raccontare qualcosa dell’accaduto.

Ha scambiato ancora qualche parola con ognuno dei presenti. Era troppo allegro perché gli potesse andar bene.

Il bambino continua a considerare come parte del gioco ciò che è avvenuto. Ora non vorrebbe tenere gli occhi aperti. Il cadavere è al suo posto. Poter parlare fa loro bene. La sua mano gli sembra inutilizzabile, adesso. Per lo spavento provato, tutto il suo corpo è ancora ipersensibile. La donna non ha ammiccato!

Al fracasso è seguito un silenzio ronzante.

Non capisce che rapporto ci sia tra ciò che ha udito e ciò che ha visto. Le parole sono divenute per un attimo impensabili, così che è nata la paura.

Gli oggetti hanno spigoli vivi. Lui non pesa molto. Si sente a disagio, si agita sulla sedia. Si è tagliato con un filo d’erba. Ora tutto quello che dice gli sembra una scusa. Provano il guanto al morto. In un primo momento ha creduto di star per vomitare. La mano si è fermata sulla maniglia della porta. Loro sanno con precisione come si deve maneggiare un corpo umano.

Nessuno lo segue.

Si consolano l’un l’altro facendo paragoni. Svitano il gomito del tubo di scarico. Non può fare a meno di leggere il giornale disteso sopra il cadavere. I fiammiferi sono umidi.

Senza sapere che significato avesse il grido, subito qualcuno ha guardato l’orologio. In qualità di venditore ambulante può stabilire l’origine di molte merci. Nessuno ha sventolato un fazzoletto. Sapendo che si trovava in una posizione approssimativamente eretta, si può disegnare la traiettoria, che forse si interseca con un’altra linea, in modo da ottenere il punto di partenza del colpo. Lo stivale è un oggetto senza padrone.

Continua a riflettere sull’oggetto finché, improvvisamente, l’ha dimenticato. Tutt’intorno hanno acceso dei mortaretti. La tenda è appena bruciacchiata. È un lavoro ben fatto. La punta dei fili d’erba è illuminata dalla luce delle pile. Poco discosto i bambini piangono. Il venditore ambulante è abbastanza tranquillo. Qualcuno gli porge la carta spiegazzata che aveva buttato via. Un cane sveglia l’altro. Fra le sue braccia, improvvisamente il corpo si è afflosciato. D’un tratto non riesce a immaginare più nulla. Lei gli ha osservato la linea della vita. Per la paura gli va qualcosa di traverso. A poco a poco il morto torna a essere innocuo. Per un momento ha creduto che intendessero lui. Il riflettore gli taglia la testa dal collo. Un fagotto scuro giace a terra. La fretta della gente fa un effetto sgradevole. Inciampa, e la serietà della situazione è scomparsa.

Dopo che l’ha visto morire, allontanandosi sente fino al cuoio capelluto anche il più piccolo granello di sabbia che gli capita sotto la suola.

Se alza gli occhi, gli oggetti hanno contorni recisi. Mentre prosegue non vede nessuno che gli si avvicini.

Nessuno era in piedi sul portone. Nessuno si è mosso con fretta evidente. L’uomo in uniforme non ha visto nessuno chinarsi. Quando gli uomini in borghese sono accorsi sul posto, non hanno notato nessuna animazione sospetta. Lui non ha visto nessuno tra le macchine parcheggiate. Nessuno ha veduto qualcuno saltare oltre il filo di ferro. Nessuno ha gettato via di nascosto degli oggetti.

Nessuno dei testimoni oculari ha visto qualcuno allacciarsi la stringa. Nessuno ha sentito lo strepito delle tapparelle. Lui non ha visto nessuno sputare qualcosa. Né lui né altri hanno udito un rumore di passi che si allontanavano. Nessuno ha visto sporgere da una finestra la canna di un’arma. Nessuno ha visto o udito cadere tegole dai tetti.

L’uomo in uniforme, quando sopraggiunse, non vide nessuno che nascondesse le mani. Nessun bambino fu urtato da un uomo in fuga. Nessuno ha visto salire da botole nuvolette di fumo. Quando si gira, non vede nessuno gettare rapidi sguardi in vetrine.

Nessuno ha giocato con petardi. Nessuno si è tenuto un fazzoletto davanti al viso. Nessuno è scomparso velocemente in un cinematografo.

Nessuno ha visto qualcuno lavarsi le mani. Nessuno ha notato che ci fosse odore di polvere in una stanza vuota.

Nessuno si è allontanato per pochi minuti da una compagnia per prendere un po’ d’aria.

Nessuno si è coricato presto a causa di un mal di testa.

Nessuno è partito.

Nessuno ha visto qualcuno gettare via una calza.

A nessuno ha sanguinato il naso.

Nessuno ha minacciato.

Nessuno ha riso.

Nessuno ha aperto il rubinetto dell’acqua con tale energia da non far distinguere il grido.

«Tutto torna com’era!»