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Lo smascheramento

La descrizione dello smascheramento ha la forma della descrizione del delitto. Anch’essa è preceduta da una descrizione del massimo ordine possibile, affinché maggiore possa risultare il disordine che sarà causato dallo smascheramento. Quindi viene nuovamente descritto, a bella posta, soltanto ciò che è in ordine.

Al sopraggiungente, che smaschererà l’assassino, l’ordine si mostra di nuovo in una forma particolare. L’effetto dello smascheramento è tanto più grande quanto più giocoso e spensierato è l’ordine presente: di nuovo il gioco, come forma particolare dell’ordine.

Durante il gioco nessuno dei partecipanti pensa a ciò che avverrà, ma solo a ciò di cui si sta occupando in quel momento.

Lo smascheramento avviene nel mezzo di una festività o durante un divertimento. Avviene durante le normali occupazioni quotidiane.

Poiché interrompe il corso delle cose, rappresenta in un primo momento un elemento di disturbo per tutti i terzi non interessati. Può anche succedere che in un primo momento sembri far parte del gioco. Lo stesso smascherato cerca in un primo momento di prendere lo smascheramento come uno scherzo. Giunge fino a prestarsi giocosamente allo smascheramento, per esempio confessando in tono scherzoso. Si interessa giocosamente anche ai particolari della storia a cui egli stesso avrebbe partecipato, così come l’uomo che ha parlato nel sonno domanda di che cosa mai egli abbia parlato. Le sue domande e le risposte del sopraggiunto iniziano come un gioco di botta e risposta che a tutta prima non sembra aver niente a che fare con la verità e che ha senso solo come ipotesi, ma poi si trasformano con un passaggio graduale, laddove la conversione al tono serio può essere accertata solo in seguito, in un serio interrogatorio.

Dapprima è il sospettato a domandare, adesso, a un tratto, è l’altro che domanda.

Lo smascheramento non avviene mediante la forza ma con l’astuzia. Il colpevole si sbaglia nel parlare.

L’attimo in cui si sbaglia nel parlare è un attimo di terrificante stupore per gli ascoltatori finora increduli. Si ritraggono, come durante il delitto. Si spaventa anche colui che ha smascherato l’assassino. Benché fosse convinto della sua colpa, lo smascheramento, ora che lo smascherato confessa con le proprie parole, gli sembra un’ingiustizia.

Un attimo dopo lo spavento, lo smascheramento suscita l’imbarazzo di tutti. Di questo imbarazzo approfitta lo smascherato nella storia gialla, per ingannare ancora una volta la compagnia. La prende in suo potere. E quando è in suo potere, può anche raccontarle diffusamente la propria storia. Mentre si prepara a impedire le eventuali deposizioni dei presenti, chiarisce le questioni ancora oscure. Nomina, come richiede la regola della storia gialla, i motivi e gli scopi delle sue azioni, poiché secondo lui nessuno dei suoi ascoltatori avrà più modo di comunicare quello che ha sentito.

Ma poi risulta, almeno nella storia, che anche questo processo rientra nell’astuzia di chi ha smascherato l’assassino.

Egli si è messo in potere dell’altro solo perché questi giungesse a dissipare ogni dubbio. Ha però provveduto a che l’assassino non possa più fare alcun uso del suo potere. L’arma con cui minaccia, per esempio, non è rivolta in direzione dell’arma che improvvisamente minaccia lui.

Allora cerca di fuggire, o si arrende.

Se fugge, nella storia gialla la fuga termina di regola con la sua morte. La morte dell’assassino chiude il caso.

Nella descrizione dello smascheramento, dunque, avviene la chiarificazione dei rapporti, chiarificazione che non potrebbe essere più completa. Non c’è più alcun segreto. Gli avvenimenti e le condizioni precedenti sono state presentate in modo così ambiguo soltanto perché tramite loro si può porre la questione dell’univocità. Ora tutto, avvenimenti e circostanze, è univoco. Ogni domanda ha la sua risposta. Non vi è più alcun dubbio. Tutto ciò che era nascosto si fa palese. Ogni rapporto tra oggetti e persone è chiarito e registrato. Ogni azione può essere seguita dal principio alla fine. Ogni oggetto descritto richiama un altro oggetto descritto. Ogni persona richiama un’altra persona. Ogni oggetto determinato richiama una determinata persona. Ogni persona determinata richiama un determinato oggetto. Nessuna caratteristica, nessuna origine, nessuna causa è oscura, ormai.

Nella storia gialla è stato accettato qualsiasi disordine perché alla fine, nella storia, si deve ristabilire l’ordine, anche se questo, di regola, è deludente:

 

 

«Sembra un bambino, che bisogna continuare a richiamare!»

Si muove con naturalezza in mezzo alla compagnia. Il primo rumore che sente è un suono metallico. Si serve da solo. Lei gli getta uno sguardo inequivocabile. Tiene il bicchiere inclinato. Non ha ancora detto una parola. Aspetta senza respiro la prima nota che uscirà dal juke-box. Non osserva nessuno. Ogni volta che balena la luce cerca di porgere la mano all’uomo che gli sta di fronte, ma il buio torna sempre così in fretta che non gli riesce di trovare la mano dell’altro. Quando fa per prendere il bicchiere, qualcuno lo previene, ma quando l’altro si accorge che anche lui voleva prendere il bicchiere, desiste, dopodiché non riescono ad accordarsi su chi di loro debba prendere il bicchiere, fino a che un terzo interviene e prende il bicchiere. Cerca di evitare uno che gli viene incontro, ma devia nella stessa direzione dell’altro, e allora devia nell’altra direzione, nella quale però, nel frattempo, anche l’altro ha deviato. Lui sta sulla porta con la mano aggrappata allo stipite, come un venditore ambulante. Entra nella stanza senza guardarsi attorno. Se lo chiama da dietro, o si immobilizzerà o si volterà rapidamente. Di qui nessuno può fuggire.

L’avversità della candela che non vuole stare verticale lo colpisce ancora alcune volte. Proprio quando arriva il suo turno la bottiglia è vuota. Sembra che da molto tempo non abbia più alcuna pratica con le cose. Il dito continua a scivolargli via dall’interruttore. Chi è quest’uomo per terra? Gioca col vaso, lo fa dondolare finché cade. Quanto più si ubriaca tanto più arrotondati gli sembrano gli oggetti. Vede qualcosa che non aveva ancora mai sognato. Cerca di rovesciare il bicchiere come per sbaglio, e poi di prenderlo al volo, ma il «come» prima del «per sbaglio» lo disturba prima ancora che abbia cominciato. La guarda negli occhi vitrei. Tutte le osservazioni sono dedicate soltanto a ciò che i conversatori vedono. Se gli rivolgono la parola, dà delle risposte del tutto assennate! Domanda all’uomo che ha di fronte ciò che lui stesso voleva un momento fa. Contribuisce un poco alla conversazione. Ognuno dei due cerca di arrivare per primo accanto alla sedia vuota, ma non vuol farlo capire all’altro. Quando passa distrattamente la mano sulla spazzola, gocce sprizzano in volto ai circostanti. Il burro molle scivola via lentamente dal coltello. Cerca il fazzoletto in tutte le tasche. Accarezza la schiena della donna con un’unghia spezzata. Si china mentre già un altro si sta chinando. Annusa della carne finta, un articolo da carnevale. Ride in modo disarmante. Nel momento in cui la mosca raggiunge l’orlo del bicchiere, la respinge indietro con un buffetto.

Inciampa, e qualcosa di duro gli cade dal taschino. Spiega alla donna che il suo abito da lutto risalta gradevolmente sugli altri. Se si è accorto di lui, non lo dà a vedere. Si apre la via tra la gente sbadigliando. Esplora la pelle con le dita e vi trova un’irregolarità. Allorché, insieme con gli altri, deve por mano all’oggetto precipitato, si comporta tanto goffamente da essere di impedimento a tutti. Ha bisogno di tutt’e due le mani, ma non trova un posto per appoggiare il bicchiere. Un’unghia non è tagliata! Sollevando le spalle nell’atteggiamento di chi si scusa, urta contro il vassoio che stanno trasportando.

Sembra sempre che si stia dirigendo verso qualcosa, ma ogni volta, prima di raggiungerla, cambia direzione. Quando fa per sbarazzarsi del bicchiere, non trova più il piattino. Saluta da lontano qualcuno che non conosce affatto. Si mette in coda alla fila, ma solo molto più tardi si accorge che le persone che lo precedono non fanno più parte della fila. Tiene un oggetto tra i denti per aver libera almeno una mano. Apre la porta alla donna, mentre lei passa dalla porta accanto. Saluta uno che sta salutando un altro alle sue spalle. Si raddrizza la cravatta col coltello in mano. Non dice a nessuno che nella stanza accanto c’è un cadavere.

C’è uno di cui non chiedono più.

La compagnia è tra intimi. Tende così poco il braccio per afferrare la maniglia che la sua mano ne scivola. Girovaga a lungo con un oggetto che non sa dove deporre. Ogni volta che si muove, si muovono anche gli oggetti attorno a lui. Fa per stringere la mano di lei, ma non la trova. Continua ad avvitare sul recipiente il coperchio sbagliato. Tutti i posti a sedere sono già occupati. Lo riconoscerà, anche se non sa descriverlo. La sua vista non suggerisce niente a nessuno. La sua vigorosa stretta di mano rivela qualcosa di lui. È tanto maldestro che ha rapporti solo con se stesso. Lo colpisce il fatto di essere il primo a usare l’oggetto. Si mette con la schiena alla parete. D’un tratto si strofina violentemente il naso. Il cuscino cade lentamente a terra. Lo smascheramento avviene di regola in ambienti chiusi.

Non riesce a distogliere lo sguardo da lei. Il nocciolo della pesca che tiene in mano gli diviene sempre più fastidioso. La canna da giardino appesa alla parete non si accorda con un arredamento usuale. Quando accenna a lui con la testa, lei annuisce. «Perché me lo dice soltanto adesso?» All’occorrenza è pronto a interrompere subito la risata. Lascia che gli si avvicini. Mentre si sforza invano di aprire la bottiglia, si intrattiene piacevolmente con lei. Non riesce a reintrodurre il libro nello spazio vuoto. Quanto più i cercatori si avvicinano, tanto più l’oggetto nascosto si gonfia. Il naso di lei gli ricorda la morte. Se volesse insistere sull’ultima parola, ammetterebbe tacitamente di ritenersi incolpato.

Si spaventa quando la parete vuota che sta fissando si riempie improvvisamente di una figura. Ammira ad alta voce la macchia scura sul tappeto. Ha vinto, se indovina chi l’ha toccato da dietro. Chiede tranquillamente un attizzatoio. Vuole chiamarla, ma non sa il suo nome. Ciascuno di loro è già passato davanti a un mucchio di immondizia. La prima volta che pronuncia quelle parole davanti alla compagnia, divengono false. Le riporta qualcosa che ha perso di proposito. La superficie vuota del tavolo lo spaventa. Solo un batter di ciglia e tutto sarebbe andato diversamente.

Si informa di quante uscite ci sono. Uno è di troppo nella stanza. Non osa afferrare un altro oggetto. Si siede in disparte, offeso, ma non tanto lontano che non si possa venirlo a chiamare subito. Ci si può trincerare facilmente dietro i numerosi oggetti della stanza. Lei lo prega di risparmiarle una descrizione più particolareggiata. Il suo sguardo non registra più nulla. È talmente occupato con se stesso, che non può venire alcun pericolo da parte sua. All’improvviso inizia a separarsi da loro. Tutti, nel gioco, dicono di essere stati loro.

Dal movimento repentino dell’uomo che è stato urtato nelle costole, capisce che vogliono farsi notare reciprocamente la sua presenza. Se dice che lo saprebbe, dimostra solo di non essere sicuro. Tutti i suoi atti arrivano in ritardo. Prende il cappello ma non se ne va. «Lei fa troppe domande!» Un rumore pauroso fa chiudere gli occhi, una visione paurosa li fa dilatare. Tutti sembrano ritenere normale l’odore. Prima che l’assassino sia smascherato, non si descrivono più tutti i personaggi che fanno parte della storia.

Lo pregano di venire finalmente al punto. Ha lasciato gocciolare il rubinetto dell’acqua a bella posta. Dopo che tutti gli altri, gradualmente, hanno smesso di parlare, continua a parlare lui solo. Cerca di attribuire a posteriori un altro significato alla mano che aveva teso per salutare e che è stata ignorata. Rispondono in molti a una domanda a cui può rispondere uno soltanto. Ora la realtà concorda con le sue idee in una misura tale che non la sopporta più e cerca di mutarla di propria iniziativa. Lo spazio è troppo limitato perché ci si possa mettere a gambe larghe. Ogni gesto ora può essere fatale. «E questo cosa c’entra con me?»

L’uomo che indica non è lo stesso che l’ha toccato nel gioco. Nella sfrenatezza devono darsi da fare con gli oggetti. Lo fissano come se fosse fuori dalla realtà. L’altro fa buon viso. A un tratto le parole del venditore ambulante non si riferiscono più agli oggetti che si trovano nella stanza. In un primo momento provano solo fastidio. Lui continua a parlare in tono scherzoso. Le cose superflue che ha in mano rovesciano il senso delle sue parole. Non sono disposti a simili scherzi. Indica l’assassino col bicchiere che tiene in pugno.

Si spaventa quando diventa vero quello che si era immaginato un momento prima. Il sospettato volge le spalle agli altri e ride. Il venditore ambulante rimane serio. Nessuno si muove. Che adesso inciampi, lo trovano ridicolo solo i bambini. Il nome non è ancora stato pronunciato. «Ha una fantasia sbrigliata, Lei!» Adesso un gesto sarebbe sospetto. Il volto dello smascherato ha una espressione di sollievo. Le risposte vengono come pistolettate. La distanza fra lui e il suo vicino è di colpo maggiore di quella fra tutte le altre persone della stanza. Si finge colpevole. Lo smascherato viene chiamato per nome e cognome. «Come potevo essere contemporaneamente in due luoghi diversi?» Il venditore ambulante racconta la storia, in cui finalmente ogni frase consegue dall’altra. Il volto dello smascherato è diverso, anche se non è cambiato. Non si libera dell’odore. Continuano tutti a sperare che questo smascheramento sia un errore, o che almeno non sia ancora lo smascheramento definitivo. Lo smascherato finge di stare al gioco. Parlano col tono di chi sta provando una parte. «E allora nella fuga ho rovesciato lo stivale?» Il venditore ambulante centellina attentamente il liquido. Per primo ha notato la timida tristezza del bambino grasso che se ne stava accanto al muro mentre gli altri lo schernivano. Lo smascherato non può smettere di atteggiare a ghigno tutto il volto. Benché tutti abbiano desiderato la soluzione dell’enigma, sono delusi dal fatto che l’enigma non continui a esistere dopo la soluzione. «Come avrei potuto avvicinarmi tanto a lui senza che mi vedesse?» All’improvviso lo smascherato si volta di scatto. «Nessuno uscirà vivo da questa stanza!»

Si guardano senza parole. Per lo spavento il mento si è increspato. I vestiti ciondolano dai corpi dei minacciati. Mentre lei si avvicina, lo smascherato non cessa di fischiettare allegramente. La sua libertà di movimento non è abbastanza grande da permettergli di mimare integralmente la sua posizione di potere. Non vogliono crederci. Non ha più nulla da perdere. Lo guardano come uno che non va aiutato. Mentre retrocedono verso la parete, si pestano i piedi l’un l’altro. Lui segue tutti i loro movimenti con un movimento proprio. Senza rendersene conto, all’improvviso sussurra. Cerca la maniglia dietro di sé con la mano libera. La sua disperazione si vede da come tiene l’arma. «Sono stato io, sono stato io, sono stato io!»

Ogni cosa resta al suo assurdo posto. In un primo momento è stato penoso per lo smascherato essere scoperto in pubblico. Si muove violentemente in anticipo, perché i suoi movimenti possano agire a scoppio ritardato. «Non potevo far altro che ucciderla!» Di regola lo smascherato ha avuto una giovinezza difficile. «Ho perso il guanto nella fuga!» La sua goffaggine non è pericolosa finché ha i piedi ben piantati a terra. Non possono sollevare completamente le braccia coi bicchieri in mano. Il bambino si muove nel raggio d’azione dell’arma. L’odore è inconfondibile. Nessuno si è ancora abituato alla serietà della situazione. Lo spavento li ha resi insensibili. Qualcosa si addormenta nei suoi occhi. «Sono scappato via davanti a un morto!» Fa togliere le scarpe a tutti. Si mette temerariamente il cappello in testa. Gli altri lo guardano senza parole. Quando il primo tentativo d’afferrare l’oggetto non lo trova al suo posto, subito scatta il secondo tentativo. Improvvisamente lo sentono respirare. Apre la bocca inutilmente. Chiamato, si irrigidisce a metà di un movimento. Il venditore ambulante si getta da una parte. L’arma cade a terra rumorosamente. «È finita per Lei!» Sono stanchi di giocare.

Nel frattempo il cibo si è freddato. Questa è la voce dell’assassino! Lo smascherato non può fare passi indietro. I passanti si spaventano del contrasto tra la sporgenza immobile del muro e il brusco movimento della figura che corre fuori da dietro la sporgenza. Quando si passa le punte delle dita troppo asciutte sulle basi troppo asciutte dei pollici, rabbrividisce in tutto il corpo. Il venditore ambulante gli fa cadere il coltello di mano quasi con indifferenza. Lo smascherato non riesce a lasciare in pace il punto che gli duole. Per un attimo c’è il pericolo che nessuno prenda la storia sul serio. Diventa loquace. Adesso farebbe ancora in tempo a raggiungere la porta che si sta chiudendo, e anche adesso, e anche adesso, e anche adesso ancora, ma adesso è troppo tardi. Sorride per distoglierli. Di sotto il divano spuntano i piedi nudi. Tutti aspettano che succeda ancora qualcosa. La palpebra del bambino batte più raramente di quella degli adulti. Lui saltella per l’imbarazzo. «Prima si gira verso la fonte del terrore e poi se ne distoglie.» Un battente della finestra è spalancato come in atto di sfida.

Si appresta a muoversi come se volesse tastarsi. Si mastica il labbro inferiore. Forse la minaccia è soltanto un tentativo di minaccia. Gli occhi girano col girare della testa. Questo ronzio è il ronzio di una macchina da presa.

«Resti dov’è!»

Si dirigono di corsa verso di lui.

Quando salta crede di saltare dal primo piano, mentre in realtà salta dal pianoterra.

E tutto questo perché nel momento decisivo non gli è venuta in mente la parola giusta!

Il motore è avviato, tutto è pronto per la fuga.

Provoca del risentimento quando scosta la folla. Sembra che i due si diano la caccia per ischerzo. Ciascuno indica una direzione diversa. «Mi lasci passare!» Perché non spara nessuno? L’uomo nascosto sente i cercatori chiacchierare e ridere. Che agitazione, quando ha detto la verità! Sta nel mezzo fra due che si stanno chiamando. All’automobile manca il faro di sinistra. Quando chiede, dappertutto i bambini si fanno beffe di lui. Nella corsa le immagini che mutano continuamente gli appaiono come in sogno. Si è mossa in modo così grazioso! Li guardano con disapprovazione. Il portafogli, paurosamente pesante, gli cade nella tasca del cappotto. Al fuggitivo cola il naso. E questi sarebbero persone adulte! Presso il muro c’è una figura in agguato. Non andrà lontano.

Si è mosso troppo presto. Quando esce dal nascondiglio, in un primo momento nessuno si accorge che era lui l’uomo nascosto. Ha attraversato la stanza. Lo steccato è troppo alto.

Piove, dunque non può succedergli nulla.

Come se non si sentisse più minacciato, si tira la giacca sulle spalle. Non sa dove tenere la mano per non sentire il dolore.

Ha sete, dunque non può succedergli nulla.

Un solo gesto è diretto verso lui. La mano diventa terribilmente grande. «Muoio.» Fa un salto a gambe divaricate. Solleva la spalla sinistra. Col suo spavento spaventa un animale! Nel correre continua a ruotare intorno al proprio asse. Non voleva fare nulla a nessuno.

Getta in alto le braccia. Adesso la paura gli sembra assurda.

Sente dolore, dunque non può succedergli nulla.

Quando muore, per gli spettatori era morto da un pezzo.

I sopraggiungenti non lo riconoscono già più. All’improvviso tutti gli avvenimenti divengono perpetui. Vorrebbe portare con sé, nella morte, il mondo intero. Tutto si svolge con rigorosa regolarità. Si rimpiatta in un angolo che non esiste. Senza volerlo solleva la testa. Il sacco di carta non vuole staccarsi dai suoi piedi. Un muro orizzontale! Non ha più il tempo di passare a fatti personali. Qualcuno gli offre una sedia. Con tutte le sue forze cerca di inspirare ancora una volta. Sta morendo e si finge morto. Parlano già di lui come di un oggetto. Graffia! Muore come quando le stringhe, camminando, si allentano. Se avesse nevicato, ora avrebbe cessato di nevicare.