18

 

 

Vacanze. Laurel ne sentiva il profumo, riusciva quasi a toccarle. Sarebbe stata in vacanza quando quel maledetto evento fosse finito.

Gli eventi della domenica pomeriggio tendevano a essere più contenuti. Eleganti o informali, elaborati o più semplici, matrimoni o anniversari fissati per la domenica pomeriggio procedevano con un delizioso brunch o un tè elegante, e molto spesso si concludevano abbastanza presto per concedere agli invitati di tornare a casa e magari riuscire a vedere una partita o un film.

Ma non quest'evento. Non l'ultimo evento prima che lo splendore e l'estasi delle vacanze cominciassero. Alle quattro di domenica pomeriggio la sala da ballo era in fermento. Lo champagne scorreva a fiumi. Gli sposi, due quarantenni al secondo matrimonio, ballavano dei vecchi classici mixati dal dj come una coppia di adolescenti durante le vacanze estive.

«Perché non vogliono andare a casa a fare sesso?» chiese Laurel a Emma, accigliandosi.

«Stanno insieme da tre anni... convivono da un anno. Probabilmente fanno sesso ogni volta che gli pare.»

«Ma è il sesso del giorno del matrimonio, e possono farlo solo oggi. A mezzanotte avranno perso il treno. Dovrebbero desiderarlo. Forse dovremmo accennare alla cosa.»

Emma diede una pacca sulla spalla a Laurel. «Mi tenti... cavoli, se mi tenti. Ma dobbiamo tenere duro fino alle cinque.» Diede una rapida occhiata all'orologio.

«Hai un cerotto di Campanellino sul dito.»

«Carino, vero? Compensa più o meno le fantasticherie sulla vacanza e il fatto che mi sono fatta male da sola. Comunque, ancora quarantanove minuti secondo il mio orologio. Poi sono due settimane, Laurel. Quattordici giorni al mare.»

«Sento lacrime di gioia che mi bruciano gli occhi al solo pensiero. Se comincio a piangere la gente crederà che mi commuovo per il matrimonio, quindi va bene lo stesso.» Dovette ordinare a sé stessa di non continuare a spostare impazientemente il peso da un piede all'altro. «Siamo tutte pronte per la partenza.» Guardò Emma con gli occhi socchiusi.

«Sono pronta, sono pronta.»

«Okay, allora. Tra quarantanove minuti caricheremo le macchine. Immagino dovremo concederci altri venti minuti per il carico, per cambiarci e radunare ciò che serve per il mare. Fanno sessantanove minuti. Altri dieci minuti per Parker per controllare e ricontrollare le sue liste. Settantanove minuti e siamo in viaggio. La vacanza inizia nel momento in cui ti metti in marcia.»

«Vero.» Emma sorrise a un piccolo gruppo di invitati diretti al bar. «Adesso sono settantotto. E un paio d'ore dopo staremo bevendo Margarita ghiacciati sulla spiaggia. Del avrà i Margarita pronti, vero?»

«Sarà meglio per lui, visto che è già al mare.»

«Be', qualcuno doveva pur partire prima, aprire la casa, fare provviste, assicurarsi che tutto fosse a posto.»

«Già. Probabilmente adesso se ne starà là con una birra in mano, ma cerco di non provare risentimento per questo. Va bene perché tra centonovantotto minuti, più o meno, saremo là anche noi. Accidenti, dovremo cambiarci... aggiungi altri venti minuti. Duecentodiciotto minuti...»

«Diciassette» la interruppe Emma. «Non che stiamo guardando l'orologio o altro.»

«Sorseggeremo Margarita e la nostra più grande preoccupazione sarà cosa preparare per cena.» Quando Parker passò loro accanto le diede un pizzicotto.

«Ahi.»

«Solo per assicurarci che nessuna di noi stia sognando. Stiamo facendo il conto alla rovescia privato. Duecentodiciassette minuti ai Margarita sulla spiaggia.»

«Duecentosettantasette minuti. Hanno appena chiesto un'ora in più.»

I grandi occhi scuri di Emma divennero tristi come quelli di un cucciolo affamato. «Oh, Parker.»

«Lo so, lo so. Ma si tratta di una loro scelta, dei loro soldi, e non possiamo dire di no.»

«Potrebbe esserci una telefonata anonima che ci avverte di una bomba. Solo un suggerimento» disse Laurel quando Parker le lanciò un'occhiata in tralice. «Sto per far trasferire i regali nella limo. Così passerà il tempo. Se avete bisogno di me, basta un bip.»

Supervisionare il trasferimento, trasportare i pacchetti, la mantenne occupata. Poi fece un salto nelle due suite degli sposi per assicurarsi che fossero in ordine, e si diresse nella sua cucina a prendere le scatole necessarie per il trasporto dei dessert e della torta avanzati.

«Duecentoventinove minuti» si disse.

Alle sei in punto era all'ingresso con le sue socie, con Jack e Carter, che salutava i neosposi e i ritardatari.

«Adesso andatevene» disse sottovoce. «Bye-bye. Tornatevene a casa.»

«Qualcuno là fuori potrebbe anche saper leggere le labbra» commentò Jack.

«Me ne frego.» Ma gli afferrò il braccio e si girò leggermente dietro di lui. «Andate a casa. Andatevene. Okay, ecco gli ultimi. Perché se ne stanno lì a parlare? Hanno già avuto ore per parlare. Sì, sì, baci e abbracci, andate, per l'amor del cielo.»

«Stanno salendo in macchina» disse Mac dietro di lei. «Ci siamo quasi. Mettono in moto, fanno manovra. E se ne vanno, se ne vanno.» Agganciò le mani alle spalle di Laurel. «Sono quasi in strada, ci sono quasi, adesso svoltano, e... Sì!»

«Vacanza!» gridò Laurel. «Separiamoci, ognuno prenda i propri bagagli.» Si precipitò in casa e su per le scale.

Poco meno di quindici minuti dopo, in pinocchietti, canottiera, cappello di paglia e sandali, trascinò i borsoni di sotto. Poi si accigliò quando vide Parker.

«Come hai fatto a fare prima di me? Come? Sono stata veloce come il vento. Sono stata un cavolo di tornado di velocità ed efficienza.»

«Ho molti talenti. Porto la macchina davanti all'ingresso.»

La signora Grady uscì fuori mentre caricavano i bagagli e infilò una borsa termica in auto. «Provviste per il viaggio» disse. «Acqua fresca, un po' di frutta, formaggio e crackers.»

«Lei è la migliore.» Laurel si voltò per stringerla. «Cambi idea, venga con noi.»

«Neanche per sogno. Due settimane di silenzio qui andranno benissimo per me.» Con il braccio attorno alle spalle di Laurel, studiò Parker. «Ma guardate un po' se voi due non siete pronte e scalpitanti. E anche molto carine.»

«Le ragazze della spiaggia di Southampton» disse Parker e fece un'elegante giravolta. «Ci mancherà.»

«Voi a me no.» La signora Grady sorrise mentre Parker la baciava sulla guancia. «Ma sarai contenta di rivedermi quando tornerete. Ecco che arriva il prossimo gruppo.» Fece un cenno con il mento quando Mac e Carter rallentarono dietro all'auto di Parker. «Assicurati che si impiastricci per bene di

protezione solare» disse a Carter. «La nostra testarossa frigge come un uovo.»

«Siamo fornitissimi.»

Gli porse una borsa termica. «Cibo per il viaggio.»

«Grazie.»

«Emma è in ritardo, come sempre.» Parker controllò l'orologio. «Carter, tu starai nel mezzo del convoglio così non resterai indietro.»

«Sì, capitano.»

«Hai le indicazioni sul GPS, in caso di necessità?»

Mac aggiustò la visiera del cappello da baseball. «È tutto a posto. Siamo pronti.»

«Sarà un viaggio di circa due ore e dieci minuti» cominciò Parker. Laurel smise di ascoltarla e guardò in direzione della casa di Emma come se potesse metter fretta all'amica con il potere della mente.

«Ha funzionato! Eccola che arriva. Arrivederci, signora G. Se si sente sola, venga a trovarci.»

«Poco probabile.»

«Niente feste selvagge.» Con espressione seria, Parker posò le mani sulle spalle della signora G. «Niente ragazzi qui a dormire. Niente droga. Niente alcol.»

«Così non mi resta poi molto, no?» Con una risata, la signora Grady le diede un ultimo abbraccio, e le sussurrò qualcosa all'orecchio. «Non essere sempre una così brava ragazza. Divertiti.»

«Divertirmi è la prima cosa scritta sulla mia lista.»

Laurel salì in macchina mentre la signora Grady passava l'ultima borsa con il cibo per il viaggio a Emma, poi ci furono altri abbracci. Laurel si lasciò andare a qualche saltello sul sedile quando Parker si sistemò dietro al volante.

«Ci siamo.»

«Ci siamo, amica mia.» Parker mise in moto, accese il GPS. «Si parte!» Laurel emise uno ya-hooo mentre percorrevano il

viale. «Riesco già a sentire la sabbia nelle scarpe, la brezza salata nei capelli. Starai morendo dalla voglia di arrivare. Sei la proprietaria, e non hai ancora visto la casa.»

«Comproprietaria. Ho visto un sacco di foto, quelle dell'agenzia immobiliare e quelle scattate da Del.»

«Non riesco a credere che tu, tra tutti, abbia chiesto di far installare telefono e internet.»

«Non c'era altro modo per farlo. Non c'era tempo per andare là. Comunque, è un modo efficiente di acquistare, specie per quello che principalmente è un investimento. Abbiamo acquistato parte dei mobili che erano già lì perché i precedenti proprietari non volevano accollarsi un eventuale trasloco. C'è ancora un sacco di roba da vedere. Sarà divertente scegliere piccoli dettagli, o decidere di far ridipingere qualcosa.»

«Cosa vuoi fare, per prima cosa, quando ti sveglierai domattina?»

«Provare la palestra, poi fare una passeggiata sulla spiaggia con un'enorme tazza di caffè. O, in alternativa, saltare la palestra e correre sulla spiaggia. Correre. Sulla. Spiaggia.»

«E senza il tuo BlackBerry.»

«Non so se riuscirò ad arrivare a tanto. Potrei pentirmene. E tu? La prima cosa che farai?»

«È questo il bello. Non lo so. Non ho idea di quello che voglio fare. Mac comincerà a scattare fotografie. Emma si lascerà cadere sulla spiaggia e si metterà a fissare l'acqua. E tu, ammettilo, ti assicurerai di controllare il portatile e il telefono in attesa di nuovi messaggi subito dopo la palestra e la passeggiata. O dopo la corsa.»

Parker sollevò le spalle e poi le lasciò ricadere. «Probabilmente, ma poi anch'io ho in programma di lasciarmi cadere sulla spiaggia guardando il mare.»

«E cominciare una lista di quello che vuoi cambiare o aggiungere alla casa.»

«Ognuno ha il suo concetto di vacanza.»

«Già, è vero. E grazie in anticipo.»

«Per cosa?»

«Per le due settimane in una casa al mare a Southampton. Sì, socie e amiche, ma avresti potuto benissimo dire che volevi due settimane per conto tuo.»

«Che cosa farei senza di voi?»

«È una domanda cui non abbiamo mai dovuto dare una risposta.» Aprì la borsa, tirò fuori due bottiglie d'acqua. Svitò il tappo di entrambe, versò quella di Parker in una tazza e poi fece cin cin urtandola con la sua bottiglia. «A noi. Le ragazze della spiaggia di Southampton.»

«Proprio così.»

«Musica?»

«E me lo chiedi?»

Laurel accese la radio.

Tutto cambiò quando si lasciarono New York alle spalle e iniziarono ad attraversare Long Island. Abbassò il finestrino, si sporse fuori. «Credo di sentire il profumo del mare. Più o meno.»

«Non siamo neanche a metà strada.» Parker addentò una mela. «Dovresti chiamare Del, dirgli che fra non molto saremo là.»

«Buona idea, perché starò morendo di fame quando finalmente arriveremo, e avrò una voglia matta di Margarita. Dovrei dirgli di accendere il grill? C'è un grill?»

«Del è il comproprietario della casa, Laurel.»

«Ovviamente c'è un grill. Hamburger, pollo o bistecche?»

«Sai che ti dico? Prima sera di vacanza: una grossa, grassa bistecca.»

«La metterò nell'ordine.» Prese il telefono e fece il numero di Del.

«Ciao, dove siete?»

Laurel guardò il GPS e gli comunicò la loro posizione.

«Avete incontrato traffico?»

«No, lavoro. Abbiamo organizzato un evento talmente fantastico che hanno chiesto un'ora in più. Ma procediamo bene. Carter è tra noi e Jack, così deve tenere il passo. Volevamo fare un'ordinazione di molti Margarita e grosse, grasse bistecche.»

«Siamo lieti di servirvi. Ehi, ascolta.»

Un istante dopo sentì un fruscio spumeggiante. «È l'oceano! Parker, ascolta.» Portò il cellulare all'orecchio dell'amica. «È il nostro oceano. Sei sulla spiaggia?» domandò quando sentì di nuovo la voce di Del.

«Sono appena sceso per fare una passeggiata.»

«Divertiti, ma non troppo, finché non arriviamo lì.»

«Me la prenderò comoda. Oh, ehi, sapete se Mal è partito?»

«No. Arriverà stasera?»

«Non ne era sicuro. Gli faccio uno squillo. Ci vediamo presto.»

«Non vedo l'ora.» Chiuse il telefono. «Mal potrebbe arrivare stasera.»

«Splendido.»

«È un tipo a posto, Parker.»

«Non ho detto il contrario. Non mi sono ancora adeguata ai cambiamenti nella dinamica del gruppo.»

«E poi ha quello sguardo che sembra dire: Che ne dici, sorella?»

«Sì!» Parker lasciò il volante per sottolineare con la mano quanto detto da Laurel. «È proprio così. Non mi piace. E una specie di spacconata sessuale.»

«Già, ma almeno è una cosa sincera. Ricordi quel tizio con cui sei uscita un paio di volte? Geoffrey - scritto alla maniera britannica - magnate del vino o qualcosa così.»

«Possedeva un qualche vigneto.»

«E parlava fluentemente francese e italiano, si intendeva di cinema invece che di film, sciava a St Moritz. Si è rivelato un verme schifoso, un totale stronzo sessista nascosto sotto tutta quella cultura e cortesia.»

«Dio, lo era davvero.» Il ricordo le provocò un sospiro e le fece scuotere la testa. «Di solito li riconosco, ma lui è passato inosservato sotto il mio radar. Guarda.»

Laurel si voltò e scorse il primo spiraglio d'oceano. «Eccolo lì» mormorò. «È reale. Siamo così fortunate, Parker.»

Pensò di nuovo la stessa cosa quando diede una prima occhiata stupefatta alla casa.

«Quella?»

«Mmh-mmh.»

«Quella è la vostra casa al mare? È una magione al mare, Parker.»

«È davvero grande, ma noi siamo in tanti.»

«È favolosa. Sembra che sia E da sempre, perfetta per questo posto, e tuttavia in un certo senso nuova di zecca.»

«È favolosa» convenne Parker. «Speravo che lo fosse davvero, che non lo sembrasse soltanto nelle foto. Ed è così intima. Oh, e guarda la sabbia e l'acqua, e il laghetto e tutto il resto!»

Insieme studiarono la sagoma del tetto, l'enorme ampiezza delle finestre, il fascino delle terrazze, l'originalità dei soffitti.

Avvistò un campo da tennis, una piscina, mentre Parker proseguiva lungo il viale privato che conduceva all'ingresso.

Laurel capì che erano momenti come questo che le ricordavano che Del e Parker non erano solo ricchi, ma raffinati.

«Adoro la visuale» disse Laurel. «Si dovrebbe riuscire a vedere l'acqua - l'oceano e il laghetto - da ogni stanza.»

«Si trova in parte in un'area naturale protetta. Del e io volevamo farne parte. Mantenerla intatta, salvaguardarla. L'ha trovata lui, ed è semplicemente perfetta.»

«Non vedo l'ora di vedere il resto.» Nel momento in cui parlò, Del uscì sul portico e scese i gradini. E in quel momento lei dimenticò tutto il resto.

Sembrava così rilassato, in pantaloni cachi, maglietta e a

piedi nudi. Gli occhiali da sole non riuscivano a celare la soddisfazione sul suo viso.

Lei scese per prima, e lui allungò una mano mentre si avvicinava. «Eccovi» disse e la salutò con un lieve bacio.

«Graziosa casupola sulla spiaggia.»

«Lo pensavo anch'io.»

Parker uscì dall'auto, diede una lunga occhiata alla casa, si voltò, ne diede un'altra al mare, al panorama. Annuì. «Ottimo lavoro.»

Del sollevò un braccio, così lei vi scivolò sotto, e per un momento rimasero così tutti e tre, cullati dalla brezza e con la casa che si stagliava davanti a loro.

«Penso che lo sarà» decise Del.

Arrivarono gli altri, portando con sé rumore, movimento, cori di approvazione e curiosità mentre cominciavano a scaricare le auto e a trascinare bagagli e provviste.

Le emozioni li travolsero... Sole e spazio, legno lucente, colori tenui. Fuori da ogni finestra si estendevano acqua e sabbia, solitudine e protezione, la possibilità di avere un luogo in cui sedersi e un sentiero da percorrere.

I soffitti alti e il semplice e arioso susseguirsi delle stanze aggiungevano un tocco di piacevole informalità all'eleganza lineare degli arredi. Un posto, pensò Laurel, in cui saresti stato a tuo agio sia a pancia all'aria che a sorseggiare champagne in abito da sera.

I Brown, ammise, ci sapevano proprio fare.

La cucina le procurò un'istantanea ondata di piacere, con i suoi banconi color paglia. La credenza con le ante in vetro smerigliato esibiva allegri piatti multicolore e scintillanti bicchieri a stelo lungo. Aprendo le ante delle credenze la sua approvazione crebbe ulteriormente alla vista della selezione di pentole e tegami. Circondando i lavandini, le alte finestre a bovindo aprivano la stanza alla spiaggia e all'infrangersi delle onde.

Proprio mentre stava compilando l'inventario sentì Jack prodursi in un gridolino di gioia.

«Flipper!»

Il che significava che probabilmente c'era una sala giochi da qualche parte, ma al momento era molto più interessata alla cucina, all'ariosa sala da pranzo, alla prossimità del portico per mangiare all'aperto.

Del le passò un Margarita ghiacciato. «Come promesso.»

«Oh mamma.» Bevve il primo sorso. «È ufficialmente vacanza.»

«Ho già adocchiato una camera. La vuoi vedere?»

«Assolutamente sì. Del, questo posto è... molto più di quello che mi ero immaginata.»

«In modo positivo?»

«In modo stupefacente.»

Sbirciò nelle varie stanze man mano che le superavano. Il solarium, quello che suppose fosse il soggiorno, il salotto, i servizi. Poi su per le scale in legno nudo che salivano al secondo piano, conducendo a una camera da letto con un'intera parete di finestre che si affacciavano sull'oceano. Si immaginò subito pigramente sdraiata sul letto a baldacchino. Le tende quasi impalpabili alle finestre aperte che fluttuavano nella brezza.

«È bellissima. Semplicemente bellissima. E ascolta.» Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal ciclico fruscio dell'oceano.

«Vieni a vedere.»

Le fece cenno, e lei lo raggiunse in bagno.

«Okay.» Gli posò una mano sul braccio. «Okay. Potrei vivere proprio qui. Potrei non uscire mai da questa stanza.»

L'enorme vasca era del colore della sabbia dorata. Attraverso il vetro ammirò la doccia dotata di molte manopole e getti d'acqua e di una panca di marmo.

«Si può fare anche la sauna» le disse, e Laurel per poco non mugolò.

Generose vasche del colore e della forma delle conchiglie fungevano da lavandini. La parete ai piedi della vasca vantava un piccolo caminetto a gas e una tv a schermo piatto, così la sua immaginazione vagò dallo stendersi pigramente sul letto allo stendersi pigramente in una vasca piena di schiuma.

Lucidi stipetti gemelli riflettevano le mattonelle, gli infissi luccicavano, i piani d'appoggio erano ampi e spaziosi e gli acquerelli sistemati alle pareti graziosissimi.

«Questo bagno è più grande del mio primo appartamento.»

Mac corse dentro, con gli occhi sgranati, agitando le braccia. «Il bagno, il bagno. È... Wow, guarda questo. Non importa. Il bagno! » disse di nuovo e schizzò via alla velocità con cui era entrata.

«Credo che tu abbia fatto un vero affare» disse Laurel a Del.

Nel giro di un'ora il grill fumava e il gruppo si era raccolto sotto il portico. O Laurel presunse fosse l'intero gruppo finché non si guardò attorno.

«Dov'è Parker?»

«Sta facendo un giro da sola.» Emma sospirò, sorseggiò il suo drink. «Prende appunti.»

«Io non cambierei una virgola.» Riparata da enormi occhiali da sole e dal cappello a tesa larga, Mac agitò le dita dei piedi nudi. «Neanche una virgola. Non mi muoverei da qui per due settimane, se non fosse che ci sono così tanti altri posti fantastici in cui ho bisogno di oziare.»

«Dobbiamo andare a vedere la spiaggia.» Jack prese la mano di Emma e la baciò.

«Decisamente.»

«È una zona fantastica per il birdwatching» disse Carter. «Prima ho visto una berta maggiore quando passeggiavo di sotto. E...» S'interruppe, arrossì leggermente. «Allarme nerd.»

«Mi piacciono gli uccelli» disse Emma, e allungò una mano per dare una pacca sulla sua. «Tra un minuto vengo a darti una mano con la cena, Del.»

«Ho capito.» Laurel si alzò in piedi. «Vado a preparare dei contorni per le bistecche.»

E poi aveva voglia di giocherellare in cucina.

Parker entrò mentre Laurel mescolava delle patate novelle cotte al vapore con burro, aglio e aneto.

«Serve aiuto?»

«Tutto sotto controllo. Del deve aver fatto la spesa in qualche fattoria mentre veniva qui. Piuttosto scaltro da parte sua.»

«È piuttosto scaltro.» Parker si guardò di nuovo intorno mentre parlava. «Sono già innamorata di questo posto.»

«Oh signore, anch'io. La vista, l'aria, i suoni. E la casa poi... è incredibile. Quante cose cambierai?»

«Non molte. Le sistemerò più che cambiarle.» Si diresse verso una delle finestre. Voci e risa fluttuavano nella brezza. «Che splendido suono. Scommetto che qui è bellissimo, persino in inverno.»

«Mi leggi nel pensiero. Stavo pensando che abbiamo quasi sempre un periodo tranquillo, una settimana o giù di lì, dopo le vacanze.»

«Già, ci ho pensato anch'io. Forse. Del sembra così felice. In parte grazie te.»

Le mani di Laurel si fermarono. «Lo credi davvero?»

«Sì. E me ne sto a guardarlo che presidia il barbecue mentre tu sei qui a preparare altre cose. È bello.» Posò di nuovo lo sguardo su di lei. «Mi rende felice, Laurel, così come mi rendono felice le voci degli altri sotto il portico.»

«Provo la stessa cosa.»

«Bene. È una cosa positiva per una persona che vi ama entrambi. Quindi.» Diede le spalle alla finestra. «Mangiamo fuori o dentro?»

«In una serata come questa? Fuori, decisamente.»

«Comincio ad apparecchiare la tavola.»

Più tardi, Laurel fece una passeggiata lungo la spiaggia, sguazzando nell'acqua bassa, guardando le luci delle navi lontane che procedevano a velocità costante attraverso la notte. Poiché l'aria si era fatta freddina, Laurel pensò di concedersi un lungo bagno davanti allo scoppiettio del caminetto.

Ma la sfida incominciò, con il richiamo della sala giochi. Il silenzio lasciò il posto alla serie cacofonica di tilt e scampanellii del flipper.

Jack e Del si scontrarono in quella che sembrò una battaglia fino alla morte, quando lei decise di gettare la spugna. Li lasciò al loro divertimento per tornare in camera da letto, a crogiolarsi in quel lungo bagno. Quando poi si infilò una camicia da notte per uscire sul terrazzo, si rese conto che non guardava l'orologio da ore.

Adesso sì che era vacanza.

«Mi chiedevo dove fossi finita.»

Si voltò verso Del. «Devo fare un bel po' di pratica prima di poter sfidare te o Jack. Mi sono fatta un bagno sensazionale, davanti al fuoco del caminetto mentre guardavo fuori verso l'oceano. Mi sento come l'eroina del romanzo che sto leggendo.»

«Se lo avessi saputo, avrei fatto il bagno insieme te, così avremmo scritto una scena d'amore.» La strinse fra le braccia così che potesse poggiare la testa sulla sua spalla. «È stata una bella giornata?»

«Oserei dire fantastica. Questo posto, questa vista, quest'aria, buoni amici.»

«Non appena l'ho vista, ho capito. Avevamo proprio bisogno di questo.»

Non disse 'avevo bisogno', notò lei. Non Del. Del era fissato con il noi.

«Non l'ho mai domandato a Parker, ma mi sono sempre chiesta perché voi due avete venduto la casa nell'East Hampton.»

«Non avremmo mai potuto vendere la casa di Greenwich... La nostra casa. Ma l'altra... sapevamo entrambi che là non saremmo mai riusciti a rilassarci o a divertirci. Ricordare mamma e papà a casa, quello era... importante, ed è una cosa piuttosto confortante. Ma la casa che avevamo al mare? Non potevamo proprio più andarci. Questo è un posto nuovo, qui creeremo altri ricordi.»

«E avevi bisogno di aspettare per farlo. Prima dovevate prendervi un po' di tempo e spazio.»

«Immagino di sì. Questo è un bel posto, e sembrava proprio il momento giusto.»

«Lei se n'è già innamorata. So che questo per te è importante. Me l'ha detto, ma anche se non l'aveste fatto, l'avrei capito lo stesso. Tutti lo abbiamo capito. Quindi grazie per aver trovato il posto giusto nel momento giusto.»

«Anch'io mi sento molto bene.» Laurel sorrise quando la sua mano le accarezzò la schiena. «Vedi?» Sollevò il viso, gli sfiorò le labbra con le proprie. «Credo che dovremmo scrivere quella scena d'amore.»

«Buona idea.» Con un gesto ostentato, la prese tra le braccia. «Credo che dovremmo iniziare in questo modo.»

«C'è un motivo se è diventato un classico.»

Potevano anche esistere un posto più perfetto e un momento più perfetto e un umore più perfetto, ma Laurel non riusciva a immaginarli. Il suo cocciuto orologio interno la svegliò prima dell'alba, ma lei si rincantucciò nel lusso di sapere che non doveva scendere dal letto, che poteva starsene lì, rannicchiata accanto al Del, cullata dal rumore del mare.

Scivolò dentro e fuori dal sonno per un po', e anche quello era perfetto. Così come lo era il sole che sorgeva dall'acqua all'orizzonte. Pensò che stesse emanando tutto quel rosa e oro solo per lei mentre stava in piedi sul terrazzo con le tende sottili che fluttuavano alle sue spalle.

Ispirata, infilò canottiera e calzoncini, poi saltellò giù dalle scale esterne. Parker era ai piedi della scala, in tenuta identica, i capelli castano scuro raccolti in una lunga coda sotto un cappello bianco.

«Sei già in piedi anche tu.»

«Oh, sì.»

Laurel sollevò le mani. «Cos'abbiamo che non va?»

«Niente di niente. Tutti gli altri stanno dormendo godendosi la vacanza. Noi ne stiamo assaporando ogni goccia.»

«Hai assolutamente ragione. Quella spiaggia richiede una corsa, come precedentemente concordato.»

«Proprio quello che pensavo anch'io.» Fecero riscaldamento lungo il vialetto, poi partirono a passo tranquillo sulla sabbia. Non avevano bisogno di parlare, armonizzarono semplicemente l'andatura, seguendo la linea del bagnasciuga spumeggiante accanto a loro.

Alcuni uccelli spiccavano il volo o indugiavano sulla schiuma. A Carter sarebbe piaciuto sapere di che specie fossero, pensò Laurel, ma era già tanto averli lì, che svettavano verso il cielo, cinguettavano, beccavano mentre il sole sorgendo scintillava sull'acqua.

Quando tornarono indietro, mantennero lo stesso ritmo costante finché non videro di nuovo la casa. Laurel allungò una mano per toccare il braccio di Parker mentre rallentava.

«Ma guardala. È lì che stiamo andando.»

«Non odiarmi, ma più la guardo e più penso: Wow, che posto meraviglioso per un matrimonio informale sulla spiaggia.»

«Dovrei picchiarti.»

«Non posso farne a meno. È un posto favoloso.»

«Quante telefonate hai ricevuto da quando siamo qui?»

«Solo due. Okay, tre, ma le ho gestite tutte facilmente. E ho fatto una corsa sulla spiaggia e adesso ho un bisogno disperato di caffè. Anzi... l'ultima che arriva lo prepara.»

Fece uno scatto finale. Laurel aveva capito come stavano le cose, e sapeva già che avrebbe dovuto preparare il caffè. Parker correva come un maledetto leopardo.

Una volta raggiunto il portico, si piegò in avanti, le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. «Avrei fatto il caffè comunque.»

«Certo.»

«Odio il fatto che tu non abbia nemmeno il fiatone, ma farò lo stesso il caffè, e omelette di bianchi d'uovo.»

«Sul serio?»

«Sono dell'umore giusto.»

Gli altri scesero di lì a poco, probabilmente attirati dal profumo del caffè e dalla musica che Parker teneva bassa in cucina.

Del si appoggiò al bancone, passandosi le dita nei capelli spettinati. «Perché non sei ancora a letto con me?»

«Perché ho già corso cinque chilometri sulla spiaggia, e ho già preso la mia prima tazza di caffè.» Ne porse una anche a lui. «Tra poco farò colazione, cosa di cui potrai beneficiare anche tu visto che mi sento generosa.»

Del trangugiò il caffè. «Okay» disse e uscì fuori sul portico per sedersi su una sdraio.

Emma smise di tagliare la frutta e alzò gli occhi al cielo, un gesto che diceva chiaramente: uomini.

«Oggi la passa liscia perché sono davvero di ottimo umore.» Si fermò al suono di un motore, spostandosi accanto alla finestra. «Chi potrebbe essere?»

Fuori, Parker posò una caraffa di succo di frutta sul tavolo, poi guardò di sotto e vide Malcolm Kavanaugh che si toglieva il casco. Si diede una scossa ai capelli mentre scendeva dalla motocicletta. «Che bel posticino che avete qui» urlò a Del, poi salì le scale. Lanciò a Parker un rapido sorriso. «Come andiamo, Gambe? Sembra che io sia arrivato in tempo per colazione.»

Si era intrufolato nel gruppo, pensò Laurel più tardi. Parker poteva anche trovarlo leggermente irritante, ma ormai era andata così. Per metà mattinata, avevano marcato il loro territorio sulla spiaggia aprendo sedie, asciugamani, ombrelloni, borse frigo. L'aria profumava di sole e crema abbronzante.

Si era quasi assopita leggendo il suo libro, quando Del la prese di peso dalla sedia.

«Cosa? Piantala.»

«È ora di fare un tuffo.»

«Se volevo fare un tuffo, l'avrei fatto in piscina. Smettila!»

«Non puoi venire al mare senza fare un tuffo in acqua.» Lui si diresse verso le onde tenendola in spalla, poi la gettò in acqua.

Laurel si lasciò sfuggire una breve imprecazione, poi prese un bel respiro.

L'acqua fredda la sommerse, e lei si sentì la sabbia dappertutto quando ritornò in superficie. Quando sbatté le palpebre per far uscire l'acqua salata dagli occhi, lo vide che rideva, con l'acqua che gli arrivava all'altezza della vita.

«Accidenti, Del. È fredda.»

«Rinfrescante» la corresse, e si gettò in mezzo a un'onda in arrivo. Lei, naturalmente, non la vide arrivare. Travolta, senza fiato, ancor più piena di sabbia, iniziò di nuovo a risalire, mentre lui le cingeva la vita.

«Sei un prepotente, Brown.»

«Ti ho fatto entrare in acqua, no?»

«L'oceano mi piace guardarlo, se voglio nuotare lo faccio in piscina.»

«Non abbiamo un oceano a casa» sottolineò lui. «Ecco che ne arriva un'altra.»

Almeno questa volta era preparata, seguì l'onda... ed ebbe la soddisfazione di spingerlo sott'acqua. Lui tornò in superficie ridendo. Poiché era bagnata, piena di sabbia e ricoperta di sale, decise di nuotare oltre i flutti. Mentre la pelle e i muscoli si scaldavano, Laurel dovette ammettere che Del aveva ragione.

Non avevano un oceano a casa.

Si immerse di nuovo sott'acqua, solo per il piacere di farlo. E ancora una volta le mani di Del si chiusero intorno alla sua vita.

«Sei arrivata abbastanza lontano.»

«Prepotente» gli disse di nuovo.

«Forse.» Ma si strinse a lei, così ballonzolarono insieme in mezzo alle onde. Sentì che lui stava scalciando forte per ricondurli più vicino alla riva. Ma che diavolo, decise, e rilassandosi contro di lui gli lasciò fare tutto il lavoro.

Guardò i loro amici, sulla riva e in mare, ascoltò i suoni delle voci, delle onde, della musica.

«Sarei riuscita a tornare riva anche da sola» gli disse. «Così come sarei riuscita a entrare in acqua da sola se avessi voluto farlo.»

«Sì, ma allora non avrei potuto fare questo.» La voltò e si impadronì della sua bocca mentre l'acqua li cullava.

Ancora una volta fu costretta ad ammettere che Del aveva ragione.