11
I gigli di Emma profumavano l'aria e sbocciavano nei colori estivi dello scarlatto brillante e giallo farfalla, intenso rosa confetto e bianco accecante. La sposa, che aveva considerato un disastro una manicure fuori programma la mattina del 5 luglio, posava raggiante per Mac mentre Parker si occupava di un garçon d'honneur che aveva messo male gilè e cravattino.
Dopo aver controllato per accertarsi che nessuna emergenza richiedesse la sua attenzione o assistenza, Laurel portò il centrotorta: un vaso di zucchero che aveva modellato da una ciotola esagonale e riempito di gigli.
I gigli di Emma non avevano niente a che vedere con i suoi, pensò Laurel... in quanto a esecuzione o tempo richiesto. Aveva decorato in rilievo della pasta di gomma con un mattarello coperto da un motivo simile al nastro gros-grain, poi aveva tagliato meticolosamente i petali uno a uno. Il risultato, una volta che i gambi erano stati rinforzati con fili metallici e immersi in sottile glassa reale, era incantevole ed elegante al tempo stesso.
Nella sala da ballo, ignorò il ronzio e il vociare dei preparativi e studiò la torta. Altri petali decorati in rilievo adornavano ogni strato, in una danza circolare di quei colori accesi. Altri ancora erano sparsi lungo il bordo della torta in quello che lei considerava un tocco grazioso e organico.
Mentre estraeva il centrotorta dalla scatola, qualcuno andò a sbattere contro una sedia provocando un rumore di vetri infranti. Lei non batté ciglio.
Fu quello che Del notò. Il rumore, le grida, il movimento avrebbero anche potuto non esistere. La osservò mentre centrava il vaso di fiori sullo strato superiore della torta, faceva un passo indietro per controllare la posizione, poi prendeva uno dei suoi attrezzi da una scatola per far scorrere una linea... no, una guarnizione, si corresse. Quello era tutto ciò che sapeva. Incise un paio di linee perfette, come un motivo intorno alla base del vaso, con mani ferme come quelle di un chirurgo.
Girò di nuovo intorno al tavolo, annuì.
«Sembra grandiosa.»
«Oh.» Fece un passo indietro. «Non sapevo che fossi qui. O che saresti venuto.»
«Era il solo modo per poter scoprire come avere un appuntamento con te sabato sera.»
«Che carino.»
Fece scorrere il pollice sul suo viso.
«Ho della glassa sulla faccia?»
«No. È solo il tuo viso. Quanti fiori ci sono là sopra?»
«Una cinquantina.»
Del si guardò intorno per osservare le decorazioni. «Sembra che tu ed Emma abbiate fatto degli abbinamenti petalo per petalo.»
«Ci abbiamo provato. Be', per ora tutto è andato liscio, quindi dovrei essere in grado di...»
«Codice rosso!» urlò Emma nel suo auricolare.
«Merda. Dove?»
«Sala grande. Abbiamo bisogno di tutti.»
«Sto arrivando. Codice rosso» disse a Del mentre si precipitava per le scale. «È colpa mia. Ho detto che tutto era andato liscio. Lo so che non bisognerebbe mai dirlo.»
«Qual è il problema?»
«Ancora non lo so.» Raggiunse il pianerottolo del secondo piano da un'ala proprio mentre Parker arrivava dall'altra.
«Alterco tra madre e matrigna della sposa. Mac e Carter stanno tenendo la sposa occupata e all'oscuro di tutto.»
Laurel si tolse il fermaglio dai capelli e lo infilò nella tasca della giacca. «Pensavo ci fosse stato un miglioramento nei loro rapporti.»
«A quanto pare l'idillio è finito. Del, meno male che sei qui. Potremmo aver bisogno di te.»
Mentre si avvicinavano, udirono le grida provenienti dalla sala grande. E qualcosa si infranse. Poi qualcuno urlò.
«Potreste aver bisogno della polizia» commentò Del.
Irruppero nella stanza per trovare Emma, con i capelli scompigliati, che cercava disperatamente di separare due donne elegantemente vestite che si ringhiavano contro. Dal viso e dai capelli della matrigna grondava lo champagne che la madre della sposa le aveva lanciato con il bicchiere che ancora teneva in mano.
«Brutta stronza! Te la faccio vedere io!»
Quel groviglio di braccia che si agitavano spintonando fece scivolare Emma sui tacchi e la fece finire con il sedere per terra, mentre le due donne si accapigliavano.
Determinata, e con un lampo rovente nello sguardo, Emma si alzò alla svelta mentre Parker e Laurel si avvicinavano. Afferrando il corpo più vicino, Laurel lo strattonò mentre gli improperi uscivano a raffica.
«Smettetela! Adesso basta!» Laurel schivò un pugno, poi bloccò un gomito con l'avambraccio. La forza dell'impatto si fece sentire dritta fino alla spalla. «Ho detto basta! Per l'amor di dio, è il matrimonio di vostra figlia.»
«È il matrimonio di mia figlia» urlò la donna che Parker ed Emma cercavano a stento di trattenere. «Mia figlia. Mia! Non di questa puttana svampita e rovinafamiglie.»
«Svampita? Svampita? Pazza repressa, vedrai come ti concerò quel lifting.»
Emma risolse il problema con la madre della sposa sedendosi su di lei mentre Laurel ingaggiava un corpo a corpo con l'altra donna.
Mentre Del rischiava la pelle mettendosi tra le due donne, Laurel avvistò i rinforzi in arrivo. Jack e, stranamente, Malcolm Kavanaugh si gettarono nella mischia.
Inginocchiandosi a terra, Parker parlò con tono fermo e pacato a mammina, il cui sfogo rabbioso stava già lasciando posto a un pianto incontrollato. Laurel avvicinò le labbra all'orecchio della matrigna. «Questo non risolve nulla e, se tiene davvero a Sarah, lo metterà da parte e per oggi ingoierà il rospo. Mi ascolta? Se ha voglia di litigare, dovrà farlo in un altro momento e in un altro luogo.»
«Io non ho fatto un bel niente, e lei mi ha gettato lo champagne in faccia. Guardate i miei capelli, il trucco. Il mio vestito.»
«Ci occuperemo noi di tutto.» Guardò Parker, fece un cenno. «Del, ho bisogno che porti un paio di bicchieri di champagne nella mia stanza, poi puoi condurre... mi scusi, ho dimenticato il suo nome.»
«Mi chiamo Bibi» disse la matrigna con quello che sembrò un lamento. «Si è rovinato. Tutto è rovinato.»
«No, lo sistemeremo. Del, puoi portare il vestito di Bibi alla signora G. Lei lo aggiusterà. Venga con me, Bibi. Ci occuperemo noi di ogni cosa.»
Mentre lei portava via Bibi, Parker ripetè la tiritera alla madre della sposa. «Emma la porterà da qualche parte per rinfrescarsi. La raggiungerò tra pochi minuti.»
«Non lo dica a Sarah» singhiozzò mammina. «Non voglio turbarla.»
«Certo che no. Vada con Emma. Non vuole turbarla» borbottò Parker quando la donna si fu allontanata.
«Che accidenti di festa finora» commentò Malcolm.
Parker si sistemò la giacca, lisciò la gonna. «Che ci fai qui?»
«Sono solo passato a intascare la mia vincita.»
«Non ho tempo in questo momento.» Lo congedò voltandosi dall'altra parte per parlare con uno dei camerieri. «Assicurati che vengano eliminati tutto il vetro e lo champagne versato. Se si è rotto o danneggiato qualcos'altro, dillo a qualcuno della squadra di Emma così potranno occuparsene. Jack, trova paparino, ti spiace? Ho bisogno di parlare con lui nel mio ufficio. Immediatamente.»
«Certo. Scusa se ci ho messo così tanto. Ero fuori quando ho ricevuto il segnale d'allarme.»
«Ho fatto il buttafuori a Los Angeles come secondo lavoro» le disse Mal. «Se vuoi che cacci via qualcuno.»
«Divertente, e non completamente fuori questione. Paparino, Jack. Grazie. Mac» disse nell'auricolare mentre si allontanava rapidamente.
«Certo che si muove alla svelta.» Mal la osservò procedere a passo spedito attraverso la stanza e fuori dalla porta.
«Non hai visto ancora niente» disse Jack. «Andiamo a cercare paparino.»
«Jack? Chi diavolo è paparino?»
Nella sua stanza, Laurel esaminò il vestito di seta color albicocca che aveva ordinato a Bibi di togliersi. Riusciva a sentire il rumore della doccia e dei singhiozzi attraverso la porta del bagno.
Qualche macchia, una cucitura strappata... poteva andare peggio, decise. La signora G se ne sarebbe occupata. E, secondo il piano d'emergenza previsto per situazioni come questa, sapeva che a breve Parker avrebbe mandato una squadra di trucco e parrucco.
La sua missione, e non aveva altra scelta se non accettarla, era tenere Bibi calma, aiutarla a rimettersi in sesto, ascoltare il suo piagnisteo, sfogo e/o reclamo. E di farle promettere -con un giuramento di sangue, se necessario - di controllarsi per tutta la durata dell'evento.
Lisciandosi i capelli arruffati, rispose al colpo alla porta.
«Due bicchieri, come ordinato.» Del entrò nella stanza per posarli sul tavolo, e guardò verso il bagno. «Come andiamo?»
«Be', è passata dai singhiozzi al piagnucolio. Ecco il vestito. Non è in condizioni troppo disastrose. Parker dovrebbe aver già avvisato la signora G, quindi è pronta per il lavoro.»
«Okay.» Allungò una mano per raddrizzarle l'orecchino sinistro. «C'è qualcos'altro che posso fare?»
«Potresti sentire Mac, solo per accertarti che la sposa sia all'oscuro di tutto questo. Parker dovrebbe aver trovato una scusa per il leggero ritardo.» Facendo due calcoli, Laurel si massaggiò la nuca, dove si era accumulata tutta la tensione. «Abbiamo sforato di venti minuti, quindi immagino ci saranno dieci o quindici minuti di ritardo. Siamo a buon punto. Ha chiuso la doccia» notò Laurel. «Faresti meglio ad andare.»
«Vado. A proposito, bella manovra di difesa» aggiunse, sollevando un braccio a titolo dimostrativo.
Gli diede una spinta scherzosa, poi chiuse la porta. Prendendo un profondo respiro corroborante, si avvicinò al bagno e bussò. «Tutto okay lì dentro?»
Bibi aprì la porta. Indossava la vestaglia migliore di Laurel con i capelli biondo scuro dritti come spaghi che le gocciolavano sulle spalle. Gli occhi rossi e gonfi luccicavano per la minaccia di altre lacrime.
«Mi guardi. Sono un disastro.»
«Questo dovrebbe aiutare.»
«È una pistola?»
«Champagne. Si sieda, prenda un bel respiro. Stiamo facendo sistemare il suo vestito e in pochi minuti arriverà qualcuno per truccarla e sistemarle i capelli.»
«Oh, grazie a dio.» Bibi prese una lunga sorsata di champagne. «Grazie a dio, e grazie a voi. Mi sento orribile. Nauseata. Stupida. Dodici anni. Sono sposata con Sam da dodici anni. Non conta proprio niente?»
«Certamente.» Calma, pensò Laurel, ricordando la direttiva di Promesse. Calmare, consolare, appianare.
«Io non ho rovinato nessuna famiglia. Erano separati quando ho conosciuto Sam. Be', okay, non tecnicamente, non ufficialmente, ma in pratica sì. Mi odia perché sono più giovane. Lei è la prima moglie, io sono la moglie trofeo. Lei è l'unica che usa certe etichette. E dodici anni, cioè, be', merda.»
«Non è mai semplice gestire questo genere di relazioni e legami.»
«Ci ho provato.» Gli occhi rossi di Bibi implorarono comprensione. «Ci ho provato sul serio. E loro hanno divorziato prima che ci fidanzassimo. Quasi. E io adoro Sarah. Sul serio. E Brad è grandioso. Sono meravigliosi insieme. Voglio che siano felici.»
«Questo è ciò che conta di più.»
«Già.» Sospirò, sorseggiò lentamente lo champagne. «Ho firmato un accordo prematrimoniale. Sono io che ho chiesto di farlo. Non l'ho sposato per i soldi, anche se lei continua a dire che è stato per questo. Che è per questo. Ci siamo semplicemente innamorati. Non è una cosa che si può controllare, no? Non puoi decidere di chi innamorarti, né quando e né come. Succede e basta. Lei è incavolata, tutto qui, perché il suo secondo matrimonio è finito in fretta, mentre noi stiamo ancora insieme. Mi spiace di aver creato tutti questi problemi. Sarah non deve saperlo, vero?»
«No. Almeno non oggi.»
«Non dormivano nemmeno più insieme. Quando ho conosciuto Sam avevano camere separate, vite separate. È come essere separati, no?»
Laurel pensò ai propri genitori. «Suppongo di sì.»
«Forse sono stata la ragione che alla fine ha spinto Sam a prendere la decisione e chiedere il divorzio, ma non ero il motivo della loro infelicità coniugale. È meglio fare quel passo piuttosto che continuare a essere infelici insieme, non crede?»
«Sì.» Dodici anni, pensò Laurel. Sì, dovevano contare qualcosa. «Bibi, lei ha un matrimonio solido, e un solido rapporto con la sua figliastra. Può permettersi di essere superiore a tutto questo.»
«Mi ha urlato contro. Mi ha gettato lo champagne in faccia. Mi ha strappato il vestito.»
«Lo so. Lo so.» Calma, pensò di nuovo Laurel. «Ora, lei può essere quella che fa un passo indietro, che per oggi lascia correre e si concentra su Sarah. Per contribuire a rendere questo giorno il più felice della sua vita.»
«Sì. Sì, ha ragione.» Bibi si stropicciò gli occhi come una bambina. «Mi spiace davvero per quello che è accaduto.»
«Non si preoccupi per questo.» Laurel si alzò quando bussarono alla porta. «E in una quindicina di minuti sarà di nuovo perfetta.»
«Io... io non le ho nemmeno chiesto come si chiama.»
«Laurel.»
«Laurel.» Le labbra di Bibi tremarono in un sorriso incerto. «Grazie per avermi ascoltato.»
«Non c'è problema. Ora, pensiamo a prepararla.» Aprì la porta al parrucchiere.
La sposa, beatamente ignara del dramma consumatosi dietro le quinte, aspettava insieme al padre mentre le damigelle si dirigevano verso il pergolato carico di fiori. Alcune spose risplendevano, pensò Laurel, e questa di certo non faceva eccezione mentre la deliziosa, giocosa brezza faceva svolazzare gli strati trasparenti del suo velo.
Mac cambiò angolazione, e Laurel immaginò quello scintillio di gioia e attesa che veniva catturato mentre Sarah si voltava per sorridere al padre.
«Oh cavoli! Ecco che ci siamo.»
Partì la marcia nuziale. Laurel vide Sam che guardava in direzione di Parker e annuiva quasi impercettibilmente. Apprezzamento o riconoscenza... forse entrambi. Poi accompagnò la figlia raggiante dallo sposo in attesa.
«Per ora tutto bene» mormorò Del accanto a Laurel.
«Andrà tutto bene. Meno male che si sono azzuffate prima che cominciasse. Così si sono sfogate.»
«Non ci saranno altri problemi.» Il tono di Parker era gelido come il ghiaccio. «Almeno non da quella fonte.»
«Che cosa hai detto al padre?» le chiese Del.
Il sorriso di Parker avrebbe ghiacciato il fuoco. «Diciamo che sono convinta che mammina e matrigna si comporteranno in maniera civile, che Promesse sarà ricompensata per trucco e parrucco addizionali, le riparazioni al vestito e tutti i danni.» Diede una pacca sul torace di Del. «E non avremo bisogno dei tuoi servigi.»
«Devo andare a finire di preparare.» Laurel controllò l'orologio. «Non siamo poi così in ritardo, tutto sommato.»
«Vuoi una mano?» le chiese Del.
«No. Vai pure... Prenditi una birra o quel che vuoi.»
Tornò nella sua cucina, dove c'era pace e tranquillità. Dove poteva sedersi per un paio di minuti. Ascoltare Bibi l'aveva depressa e aveva bisogno di scrollarsi di dosso quella sensazione.
Matrimoni senza amore, famiglie infelici, il fattore X di un'altra donna. Sapeva esattamente che genere di composto infelice creavano quegli ingredienti... E quanto a lungo potesse persistere quel retrogusto amaro.
Di sicuro Sarah aveva assaggiato un po' di quella miscela, e probabilmente più di una volta. Eppure se n'era stata lì a sprizzare gioia da tutti i pori al braccio di suo padre. Il padre che era stato infedele alla madre, il padre che aveva infranto la promessa che lei stessa stava per fare.
Sì, capiva i matrimoni infelici, ma non capiva e non poteva accettare che si usasse quell'infelicità come scusa o giustificazione per essere infedeli.
Perché le persone non la facevano finita e basta? Se volevano qualcun altro, o qualcos'altro, perché non dare subito un bel taglio netto invece di tradire, mentire, tollerare, lasciarsi vivere?
Un divorzio non poteva essere più doloroso per una coppia, o per i figli sballottati in quella situazione con loro, della falsità, della finzione che alimentavano il loro rancore. Non era per questo, anche dopo tutti quegli anni, che una parte di lei desiderava che i suoi genitori avessero preso strade diverse invece di fingere di essere sposati?
«Bene, io vengo a vedere se posso essere d'aiuto con tutti questi problemi...» La signora Grady si piantò i pugni sui fianchi. «E ti trovo qui con le mani in mano.»
«Stavo per mettermi al lavoro.»
Storcendo le labbra, la signora Grady si avvicinò a Laurel e le sollevò il mento per guardarla negli occhi. «Che c'è che non va?»
«Niente. Niente, davvero.»
La signora Grady aveva un modo di usare le sopracciglia in certe espressioni che avevano un chiaro significato non verbale. Al momento dicevano: Non me la dai a bere.
«È solo che la faccenda di prima mi ha infastidito. Non è niente.»
«Non è la prima volta che affrontate una rissa a una di queste feste. E non sarà nemmeno l'ultima.»
«No. Non è stata la rissa in sé. Che - a pensarci ora - è stala piuttosto divertente. Parker non la vedrà così per il prossimo paio di giorni, ma davvero, ha avuto momenti entusiasmanti.»
«Ci stai girando attorno.»
«È una cosa sciocca. Sono finita con la matrigna. La fortuna di fare a testa o croce. Immagino si sentisse triste e imbarazzata, così mi ha dovuto spiegare come si è innamorata del padre della sposa quando lui era più o meno, ma non proprio, separato, e come lui e la prima moglie non stessero propriamente insieme ma dividessero semplicemente la stessa casa.»
«Molti degli uomini che vogliono assaggiare qualcosa di fresco dicono qualcosa del genere.»
«Già, una cosa poco convincente e falsa. Ma penso di crederle... alla matrigna. Ma che importanza ha? Perché si pensa che vada bene farsi coinvolgere da qualcuno che sta ponendo fine al proprio matrimonio? Ci sono ancora dentro, no?»
«È vero» convenne la signora Grady. «Ma la vita raramente è o bianco o nero, senza sfumature di grigio nel mezzo.»
«Allora perché diavolo non se ne tirano fuori se hanno intenzione di mettersi con qualcun altro?»
In un gesto più pratico che confortante, la signora Grady lisciò i capelli di Laurel. «In base alla mia esperienza, le persone hanno le loro ragioni per ogni dannatissima cosa.»
«A lei sta bene. La sposa. Ricordo le consulenze, gli assaggi, la prova. Ama i suoi genitori, è evidente. E vuole bene alla matrigna. Come fa certa gente a riuscirci?»
«Non è sempre una questione di schierarsi da una delle due parti, Laurel.»
«No, è vero. Ma lei lo sa, io non ho mai avuto l'opportunità di schierarmi, perché avevano entrambi talmente torto. Non crede?» Non doveva spiegare che ora stava parlando dei propri genitori. «E persino adesso, se ci penso, se penso
agli schieramenti, sono loro da una parte e io dall'altra. È stupido, ma una parte di me è ancora incazzata nera perché sono stati entrambi così... menefreghisti.»
«Sei furiosa quando in realtà dovresti provare pena per loro. Sono loro che ci perdono.»
«A loro sta bene la loro vita... le loro vite.» Si strinse nelle spalle. «A questo punto comunque non è più affar mio.»
«Laurel Anne.» La signora G le prese il viso fra le mani, usando un nome e un gesto di cui raramente si serviva. «Saranno sempre i tuoi genitori, e quindi sarà sempre affar tuo.»
«Sarò sempre delusa da loro?»
«Questo dipende da te, no?»
«Suppongo di sì.» Sospirò, profondamente. «Okay. È finito il momento di riflessione. Devo prendere la torta dello sposo e occuparmi del resto dei dessert.»
«Visto che sono qui, ti darò una mano.»
Insieme portarono scatole di pasticcini nella sala da ballo.
«Sono sempre affascinata dai fiori» disse la signora Grady guardandosi attorno per la stanza. «La nostra Emma ha un tocco magico. Mi piacciono i colori di questo matrimonio. Nulla di pallido, tutto brillante e audace. Be', ma guardate un po' qui.» Si avvicinò per studiare la torta nuziale. «A proposito di tocco magico. Questa volta hai superato te stessa, Laurel.»
«Credo sia la mia nuova torta estiva preferita. Ne conserverò un pezzo per lei.»
«Lo lascerò a te. La torta nuziale porta fortuna.»
«Così dicono. Signora G? Ha mai pensato di risposarsi, o...»
La signora Grady si lasciò sfuggire una risata divertita. «Oh, c'è stato qualche o di tanto in tanto. Non sto vacillando. Ma un matrimonio?» Tornò indietro per aiutare Laurel con i dessert. «Ne ho avuto uno. Ho avuto il mio Charlie. Il mio unico amore.» «Lei ci crede?» le chiese Laurel. «Che esiste una sola persona? L'anima gemella?»
«Sì, per alcuni di noi. Per altri, se le cose non funzionano, o se perdi qualcuno, ce n'è un'altra. Ma per alcuni c'è solo un grande amore, dall'inizio alla fine. Nessun altro può andare. Nessun altro ti entra nel cuore allo stesso modo, prendendone possesso.»
«Già. Nessun altro. Ma non sempre tu sei l'anima gemella per l'altra persona.» Pensò a Del, poi cercò di scacciare quel pensiero. «Le manca ancora? Il suo Charlie?»
«Ogni giorno. Saranno trentatré anni a novembre. Mi manca ogni giorno. Ma l'ho avuto, no? Ho avuto il mio grande amore. Non tutti possono dire lo stesso. Tu sì.»
Lentamente, Laurel spostò lo sguardo altrove.
«E stato il tuo grande amore fin dall'inizio. Ti ci è voluto parecchio per prendertelo.»
Perché negarlo?, pensò Laurel. Perché fingere con qualcuno che capiva perfettamente? «Fa paura.»
La signora Grady rise ancora. «Certo che sì. Vuoi una sicurezza? Trovati un cucciolo da addestrare perché ti venga dietro. L'amore deve fare paura.»
«Perché?»
«Perché senza paura non c'è nemmeno un po' di brivido.»
«Se è vero, allora io ho brividi quasi perenni.» Laurel inclinò la testa. «Ecco il segnale di Parker. È ora dei cocktail e della cena.»
«Va' a darle una mano. Qui finisco io.»
«È sicura?»
«Mi piace metterci le mani di tanto in tanto. Vai.»
«Grazie. Grazie» ripetè, prendendo la mano della signora Grady. «Mi accerterò che abbia la sua fetta di torta.»
Rimasta sola, la signora Grady scosse la testa e sospirò. Le sue ragazze, pensò, sapevano tutto quello che c'era da sapere sui matrimoni. Ma l'amore le metteva sottosopra.
Ma del resto suppose che l'amore dovesse fare proprio quell'effetto.
Quando la casa si svuotò, Laurel si unì agli altri per un breve momento di relax in terrazza. Del le porse un bicchiere di champagne.
«Te lo sei guadagnato.»
«Assolutamente sì, accidenti. Grazie. Dov'è Parker?»
«Aveva qualcosa da fare.» Mac si stiracchiò le gambe, arricciò le dita dei piedi esausti. «Arriverà tra un minuto. Mi spiace di essermi persa la Battaglia delle Madri. Ho sentito dire che valeva la pena di pagare il prezzo del biglietto.»
«È stata breve ma brutale.» Laurel sbadigliò e pensò a cuscini soffici e freschi, a lenzuola candide.
«Fate molti incontri di wrestling?» chiese Mal.
«Io una volta mi sono preso un pugno in faccia.» Carter s'indicò la mascella.
«Aggiunge un tocco d'atmosfera» decise Mal. «Cibo ottimo. Torta strepitosa.» Alzò la birra a mo' di brindisi per Laurel, poi osservò Parker uscire in terrazza con l'aria di chi aveva trascorso la giornata a sorseggiare tè invece che a gestire una mandria di duecento invitati.
«La tua vincita» disse e gli porse una busta.
«Grazie.» Sollevò un fianco per infilarla in tasca. «E così ripetete tutto questo domani?»
«Su scala più vasta.» Emma gemette. «Di solito abbiamo eventi più piccoli la domenica, ma in questo periodo dell'anno ne abbiamo moltissimi di una certa portata. E con questo pensiero, me ne vado a letto.»
«Meglio portare a casa la mia ragazza.» Jack si alzò e prese Emma per mano. «Lunedì ti porto il furgone, Mal.»
«Intesi. Meglio che vada anch'io.»
«Grazie per l'aiuto.» Mac si stiracchiò. «Coraggio, professore. Andiamo a casa e tiriamo il gatto fuori dal letto.» «Per ora non riesco a muovermi.» Lieta che fosse vicino, Laurel poggiò la testa sulla spalla di Del. «Mi serve un minuto. Ciao, Mal» aggiunse. E chiuse gli occhi.
«Ti accompagno fuori. Con voi ci vediamo domani» aggiunse Parker mentre si voltava per condurre Mal in casa.
Con la testa ancora sulla spalla di Del, Laurel aprì gli occhi. «Sapevo che la buona educazione avrebbe funzionato.» «Eh?»
«Che Parker si sarebbe sentita in obbligo di accompagnare Malcolm se fossi rimasta qui con te. Stanno bene insieme.»
«Cosa? Ma dài.»
Fece uno sforzo per schiarire la mente confusa, poi cedette e chiuse di nuovo gli occhi. «Scusa. Dimenticavo con chi sto parlando. Naturalmente non ci sono scintille sessuali da quelle parti, niente che cova sotto la superficie. Macché, proprio niente.»
«Non è il suo tipo.»
«Esattamente. Non farti prendere dall'ossessione a meno che non riguardi me. Tirami su, ti spiace?»
«Se non è il suo tipo, perché queste chiacchiere su scintille e cose che covano sotto la superficie?»
«Forse ero io.» Rise mentre lui la aiutava ad alzarsi. «Faccio scintille e fremo tutta quando sei nei paraggi.»
«Buona questa. Un modo eccellente per distogliere la mia attenzione.»
«Ed è la verità.» Barcollava, mezza ubriaca per la stanchezza. «Ti fermi qui stanotte?»
«Il piano era questo.»
Guardò verso la porta mentre si avvicinavano alle scale, e Laurel sapeva dannatamente bene che stava prendendo in considerazione l'idea di andare a fare due passi fuori per comportarsi da... Del, decise lei, quando si trattava di Parker.
«Visto? Faccio di nuovo scintille e sono tutta un fremito.» Lo precedette sulle scale, salì un gradino più in alto per portare le loro labbra alla stessa altezza, in modo da poterlo baciare.
«Tesoro, stai dormendo in piedi.»
«Vero, e questo fa di me una pessima partner per un sabato sera.»
«Mi piace guardare avanti, a domenica mattina.»
«Un appuntamento per domenica mattina mi sembra perfetto» disse lei mentre raggiungevano il piano superiore. «Soprattutto perché quello di domani è un evento serale e non devo alzarmi all'alba. Che ne dici delle otto?»
«Alle otto va benissimo.»
«Che ne dici di vederci sotto la doccia?»
«Un appuntamento sotto la doccia di domenica mattina? Anche meglio.»
Lo trascinò in camera da letto, poi si ricordò di chiudere la porta a chiave... una cosa che aveva fatto di rado, o addirittura mai. Una cosa che raramente aveva motivo di fare. Si diresse verso la porta-finestra che dava sulla terrazza. «Preferisco lasciarla aperta nelle notti d'estate. Ti dà fastidio?»
«No. Non ho ancora sentito Parker rientrare. È ancora là fuori?»
Laurel alzò gli occhi al cielo, considerando le varie opzioni. Voltandosi si liberò della giacca, lentamente aprì la lampo della gonna. «Forse dopotutto non sono così stanca.» Scalciò via la gonna e rimase solo in sottoveste, mutandine e tacchi a spillo. «A meno che non lo sia tu.»
«D'un tratto sento di aver recuperato le forze.»
«Dev'essere l'aria fresca.» E avvicinandosi a lui mise grande energia nel tentativo di distrarlo. Era il minimo che potesse fare, pensò mentre le sue mani si mettevano all'opera. Per amicizia.