15

 

 

Più tardi, quella settimana, e con considerevole piacere, Laurel sedeva con la sorella di Carter e il suo fidanzato. Sherry Maguire era frizzante come lo champagne che Laurel teneva in fresco, e altrettanto piacevole.

Dalla loro prima riunione per il matrimonio - il giorno in cui Carter aveva fatto le veci dello sposo e aveva incontrato di nuovo Mac - la parola chiave per il loro matrimonio in autunno era stata divertimento.

Laurel lavorava per assicurarsi che il divertimento si estendesse anche alla torta.

«Sono così eccitata.» Sherry saltellava sulla sedia. «Tutto si sta armonizzando così bene. Non so cosa farei senza Parker. Be', senza tutte voi. Probabilmente farei impazzire Nick.»

«Di più» le disse lui sorridendo. «Mi faresti più che impazzire.»

Sherry rise e lo spintonò. «Non parlo del matrimonio più di cento volte al giorno. Oh, mia madre ha trovato il vestito. È così carino! Ho ridicolizzato ogni noioso vestito da madre-della-sposa che ha provato finché non si è arresa.» Sherry si lasciò andare ancora una volta a quella sua risata contagiosa. «È rosso. Voglio dire un rosso serio, come si deve, con le spalline scintillanti e una gonna che ondeggerà splendidamente sulla pista da ballo. Domani accompagno la madre di Nick a scegliere il suo. E non opterà per qualcosa di matronale per fare da tappezzeria. Non vedo l'ora di piegarla alla mia volontà.»

Incantata, Laurel scosse la testa. «E pensare che certe spose hanno paura di essere messe in ombra.»

Sherry scartò l'idea con un gesto della mano. «Tutti al nostro matrimonio devono essere favolosi. Mi assicurerò soltanto di essere la più favolosa.»

«Non c'è pericolo che succeda altrimenti» disse Nick.

Sherry si voltò verso di lui. «Qualche dubbio sul perché sono pazza di quest'uomo?»

«Nessuno. Che ne dite di un bicchiere di champagne?» propose Laurel.

«Non posso, ma grazie» disse Nick. «Stasera lavoro.»

«Il pronto soccorso non vede di buon occhio i medici con una mezza sbronza da champagne.» Ma Sherry si dimenò al solo pensiero. «Ma io non lavoro stasera, e non devo guidare. Nick mi riaccompagna a casa andando all'ospedale.»

Laurel riempì un bicchiere. «Caffè?»

«Perfetto.»

Lo versò, poi si sedette. «Vorrei soltanto dirvi quanto sia stato divertente per tutte noi lavorare con voi due e le vostre famiglie. Non vedo l'ora che arrivi settembre, proprio come voi.»

«Allora ti toccherà aspettare un bel po'. E poi avrete il prossimo matrimonio Maguire a dicembre.» Sherry saltellò di nuovo sulla sedia. «Carter si sposa! Lui e Mac sono... be', sono semplicemente perfetti, vero?»

«Conosco lei da tutta la vita e posso dire onestamente che non l'ho mai vista così felice. Voglio bene a Carter anche solo per questo, ma il fatto che sia così com'è di per sé è una ragione più che sufficiente.»

«È davvero il migliore di tutti noi.» Gli occhi di Sherry si riempirono di lacrime e lei sbatté velocemente le palpebre. «Wow, un sorso di champagne e scivolo subito nel sentimentalismo.»

«Allora parliamo della torta.» Laurel si sistemò i capelli dietro le orecchie prima di versarsi una tazza di tè. «Qui ho vari assaggi per voi. Basi, farciture, glasse. Viste le dimensioni della vostra lista degli invitati, raccomanderei cinque strati, il primo più grande e gli altri via via più piccoli. Possiamo preparare diverse basi e farciture per gli strati, oppure optare per una scelta univoca. Tutto quello che volete.»

«È in questi casi che sono terribile, perché non riesco mai a decidermi. Quando avremo finito qui,» la avvertì Sherry «non vorrai più che il nostro matrimonio arrivi presto.»

«Non credo. Perché non lasciate che vi mostri il modello che ho in mente? Se non vi piace, troveremo qualcos'altro che sia adatto a voi.»

Laurel non creava un modello per ogni cliente, ma Sherry ormai era di famiglia. Aprì l'album da disegno per mostrarglielo.

«Oh diamine.» Sherry lo fissò e sbatté le palpebre. «I piani - gli strati - non sono rotondi. Sono... che cos'è?»

«Esagoni» rispose Nick. «Molto originale.»

«Sembrano delle cappelliere! Cappelliere stravaganti con tutti quei fiori nel mezzo, e colori diversi. Come gli abiti delle damigelle. Non bianchi e formali. Pensavo che avresti fatto qualcosa di bianco e formale, e sarebbe stata bellissima ma non...»

«Divertente?» suggerì Laurel.

«Sì! Questa è divertente, ma anche splendida. Divertente in modo speciale, fantastico. L'hai disegnata apposta per noi?»

«Solo se ti piace.»

«La adoro. Anche tu la adori, vero?» chiese Sherry a Nick.

«Credo che sia grandiosa. E, cavoli, tutto è molto più semplice di quanto mi ero aspettato.»

«La copertura è di fondente. All'inizio pensavo che sarebbe stata troppo formale, ma quando ho pensato di colorare ogni strato per richiamare i colori scelti dalle damigelle, mi è parso che rendesse meglio e si addicesse di più al vostro stile.»

Mentre Sherry sorrideva raggiante guardando il disegno, Laurel si appoggiò alla sedia e incrociò le gambe.

Nick aveva detto bene. Tutto era molto più semplice di quanto si erano aspettati.

«I fiori aggiungono più colore, così è audace e allegra, tutto fuorché formale. Emma lavorerà con me così useremo i fiori che hai scelto e ne sistemeremo altri al tavolo della torta. Ho fatto la guarnizione in oro ma posso cambiarla se preferite qualcos'altro. Mi piace il modo in cui spicca sui colori, e ho pensato che potremmo usare una tovaglia dorata per il tavolo della torta, per farla risaltare. Ma...»

«Basta!» Sherry sollevò una mano. «Non darmi altre alternative. Adoro questa, mi piace ogni particolare. Ci rappresenta. Ci hai perfettamente inquadrati con questa torta. Guarda la nostra torta spettacolare.» Sherry urtò con la flute la tazza di Nick a mo' di brindisi.

«Okay, volgete lo sguardo altrove mentre mi lascio andare a un comportamento poco professionale.» Con un sorriso, Laurel sollevò i pugni in aria. «Sì!»

Sherry scoppiò in un'altra risata. «Wow, ti lasci davvero coinvolgere dal tuo lavoro.»

«Sì. Ma devo dirvelo. Volevo davvero questo modello per voi... E per me. Sono elettrizzata al pensiero di prepararlo. Oh mamma.» Si sfregò le mani. «Va bene, fatto. Adesso ritorniamo in modalità professionale.»

«Mi piaci davvero» disse Sherry d'un tratto. «Quel che voglio dire è che non ti conoscevo - non ti conosco - bene come Emma o Parker, e visto che Mac e Carter stanno insieme, ho avuto modo di conoscerla davvero bene. Ma più conosco te, più mi piaci.»

«Grazie.» Laurel le sorrise. «La cosa è assolutamente reciproca. Adesso mangiamo un po' di torta.»

«Questa sarà la mia parte preferita» disse Nick prendendo un assaggio.

Ci volle molto tempo e una gran quantità di discussioni e consultazioni per scegliere l'interno della torta, più di quanto fosse stato necessario per l'esterno. Laurel li guidò, solo un poco, e alla fine optarono per una varietà affascinante quanto il modello.

«Come sapremo cosa è cosa?» chiese Sherry mentre si avviavano. «Cioè, qual è la torta di mele con la crema al caramello o quella al caffè aromatizzato con albicocca o...»

«Me ne occuperò io, e i camerieri serviranno l'intero assortimento quando passeranno fra i tavoli. Se volete fare dei cambiamenti, basta solo che me lo diciate.»

«Non dirlo» la avvertì Nick, e Sherry rise di nuovo.

«Ha ragione. È una cosa che odio, ma ha ragione. Farò meglio a pensare che sia scolpito nella pietra. Aspetta che mamma e papà ricevano gli assaggi.» Scosse la scatola che Laurel le aveva dato. «Grazie, Laurel, di tutto.» Strinse forte Laurel in un abbraccio. «Dovremmo fare un salto veloce a salutare Carter e Mac.»

«Non credo siano a casa.» Laurel controllò l'orologio. «Lei aveva una seduta fuori e deve averlo accompagnato al Chiacchiere & Caffè. Aveva un appuntamento con un amico. Bob?»

«Oh. Be', la prossima volta.»

Laurel uscì con loro e li salutò con la mano, e decise che quella era stata una delle sue consulenze più soddisfacenti. Non solo avrebbe tratto piacere dal creare la torta, ma loro ne erano così contenti... E felici insieme, pensò guardandoli mentre si avvicinavano per baciarsi e raggiungevano la macchina.

In sintonia, pensò. Ecco cos'erano, anche se il battito di

Sherry era spesso ciecamente veloce e quello di Nick più pacato e riflessivo. Si completavano l'un l'altra, si comprendevano a vicenda e - cosa più importante - stavano ovviamente bene insieme.

L'amore era una cosa meravigliosa, pensò, ma essere in sintonia faceva pensare a un lungo cammino insieme.

Si chiese se lei e Del fossero in sintonia. Forse non poteva dirlo con certezza essendo la diretta interessata. Si comprendevano, pensò, e di certo stavano bene insieme. Ma erano in grado di armonizzare i loro diversi battiti?

«Me li sono persi.» Parker si precipitò fuori in tempo per vedere la macchina di Nick uscire dal viale e immettersi in strada. «Accidenti. Ero bloccata al telefono e...»

«Shock! Incredulità!»

«Oh, sta' zitta. La sposa di venerdì sera ha appena scoperto che non ha un brutto caso di nervosismo o di infezione allo stomaco.»

«Incinta.»

«Già, puoi scommetterci. È un po' sconvolta, un po' elettrizzata, un po' stupefatta. Avevano pianificato di metter su famiglia nel giro di un anno, ma questo è parecchio in anticipo.»

«E lui cosa pensa al riguardo?» chiese Laurel, sapendo che la sposa aveva raccontato tutto a Parker.

«È rimasto per un attimo senza parole, ma adesso è entusiasta. E a quanto pare molto premuroso quando lei deve affrontare le nausee mattutine.»

«Si capisce molto di un tizio se riesce a starti accanto mentre vomiti.»

«Per questo vince la medaglia d'oro. Ognuno l'ha detto ai rispettivi genitori, ma questo è quanto. Voleva chiedermi se secondo me dovrebbe dirlo alla damigella d'onore, al testimone dello sposo, a qualcun altro. E così via. Comunque, speravo di scendere prima che Sherry e Nick se ne andassero. Tutto a posto?»

«Non riesco a pensare a un singolo particolare che potesse andare meglio. Era uno di quei momenti in cui, una volta finito, non riesci a pensare di poter fare un altro lavoro. O perché chiunque altro debba farlo. Anzi, dovremmo entrare, versarci un bicchiere dello champagne che avevo aperto per Sherry e brindare a noi per essere così maledettamente brave.»

«Vorrei tanto, conservamene un bicchiere. Ho un appuntamento a Greenwich. Sarò di ritorno in un paio d'ore.»

«Okay. Io per oggi ho finito. Forse farò una nuotata, poi mi berrò un bicchiere di champagne.»

«Adesso stai solo cercando di suscitare la mia invidia. Ha funzionato.»

«L'ennesimo successo della mia giornata.»

«Che stronza.»

Divertita, Laurel guardò Parker dirigersi verso l'auto; indossava un grazioso completo color crema e un paio di scarpe rosa molto sexy.

Si chiese pigramente se per quel giorno Emma avesse finito. Potevano fare una nuotata insieme e poi oziare con un bicchiere di champagne prima che Jack fosse di ritorno. Era troppo di buonumore per stare da sola.

Considerò le proprie scarpe - indossate per la consulenza - e la camminata fino all'alloggio degli ospiti. Poteva entrare in casa e telefonarle, ma se Emma non fosse stata pronta a mollare tutto avrebbe avuto più possibilità di convincerla parlandole di persona. Meglio entrare, cambiarsi le scarpe e andare da Emma e sedurla con l'idea di piscina e champagne.

Tornò dentro, infilò gli zoccoli che usava in cucina, poi uscì dalla porta sul retro.

La calda e tranquilla serata estiva esigeva assolutamente una nuotata, decise. Ascoltò il ronzio delle api indaffarate in giardino, inalò il profumo dell'erba tagliata quella mattina presto, dei fiori che sonnecchiavano nel calore. Sembrava tutto così indolente e sospeso.

Il giorno successivo, pensò, a quest'ora sarebbero state indaffarate con la prova dell'evento di venerdì sera. E non ci sarebbero stati momenti di ozio per giorni e giorni.

Così lo assaporò in quell'istante. Il blu e il verde dell'estate, i suoi profumi e suoni, e quella sensazione che sarebbe durata per sempre. Forse doveva chiamare Del, pensò, vedere se aveva voglia di fare un salto lì. Potevano fare un barbecue tutti insieme. Accendere la griglia, sedersi fuori e godersi la serata estiva e la compagnia degli amici.

Dopo avrebbero fatto l'amore con la porta della terrazza aperta, nell'aria afosa. Aveva ancora tempo per preparare una crostata alle fragole.

Elettrizzata per quel programma, fece il giro della casa. Lo studio di Mac comparve alla vista per primo... E anche la piccola macchina sportiva posteggiata davanti all'ingresso. E, un istante dopo, notò la bionda sexy che si preparava ad aprire la porta che Mac non si era preoccupata di chiudere a chiave.

«Linda!» Urlò quel nome in tono tagliente, compiaciuta quando la donna sussultò. Linda, con un allegro abitino estivo e sandali dal tacco vertiginoso, si voltò di scatto.

Il breve guizzo di senso di colpa sul suo viso diede a Laurel un'altra dose di oscuro piacere.

«Laurel. Mi hai spaventato a morte.» Linda diede una scossa ai capelli biondo dorato scompigliati dal vento, così si sistemarono incorniciandole il viso indubbiamente grazioso.

Peccato che il contenuto non si armonizzava con il pacchetto, pensò Laurel avvicinandosi a lei.

«Sono arrivata presto da New York per incontrare alcuni amici e ho fatto un salto a trovare Mac. Non la vedo da secoli.»

Esibiva una delicata abbronzatura dorata... Probabilmente messa a punto su qualche spiaggia italiana o sullo yacht del nuovo marito. Il trucco era perfetto, il che disse a Laurel che si

era presa il tempo necessario per fermarsi a darsi una rinfrescata prima di 'fare un salto'.

«Mac non è in casa.»

«Oh, be', allora saluterò Carter.» Agitò la mano con un gesto studiato che fece esplodere il sole nei diamanti dell'anello di fidanzamento e di quello nuziale. «Voglio vedere cosa sta facendo il mio futuro genero.»

«È insieme a Mac. Non c'è nessuno da cui fare un salto, Linda. Dovresti tornartene a New York.»

«Posso aspettare un paio di minuti. Che aspetto... professionale» disse Linda squadrando Laurel dalla testa ai piedi. «Scarpe interessanti.»

«Parker ti ha fatto capire molto chiaramente, Linda, che non sei la benvenuta qui.»

«È stata solo la stizza del momento.» Linda minimizzò la cosa con un'alzata di spalle, ma la rabbia le indurì lo sguardo. «Questa è la casa di mia figlia.»

«Giusto, e l'ultima volta che sei venuta qui lei ti ha detto di andartene. Non mi pare che abbia cambiato idea. So per certo che Parker non l'ha fatto.»

Linda tirò su col naso. «Aspetterò in casa.»

«Prova ad aprire quella porta, Linda, e ti faccio finire col culo per terra. Garantito.»

«Chi diavolo credi di essere? Sei una nullità. Credi davvero di potertene stare li, con quel completo raccattato a una svendita e quelle scarpe orrende, a minacciarmi?»

«Credo di averlo appena fatto.»

«Sei qui solo perché Parker si sente in obbligo di darti un tetto sopra la testa. Tu non hai alcun diritto di dire a me di restare o andarmene.»

«I diritti non c'entrano niente quando ti sei risollevata dall'immondizia. Tornatene a New York dal tuo ultimo marito. Dirò a Mac che sei passata. Se vorrà vederti, sarà lei a fartelo sapere.»

«Sei sempre stata fredda e odiosa, persino da bambina.»

«Okay.»

«Non c'è da stupirsi con una madre glaciale come la tua. Le piaceva far finta di essere migliore di chiunque altro, persino quando tuo padre faceva di tutto per fottere il fisco e qualunque donna che non fosse tua madre.» Linda sorrise. «Lui almeno, a suo modo, era un tipo passionale.»

«Credi che mi importi qualcosa se tu e mio padre avete fatto sesso in qualche squallido motel?» Ma le importava, pensò Laurel mentre le si contraeva lo stomaco. Eccome, se le importava.

«Era una suite al Palace» replicò Linda. «Prima che i suoi beni venissero congelati, naturalmente.»

«Lo squallore è squallore, indipendentemente dal luogo. Non mi importa niente di te, Linda. Non me n'è mai importato. Noi tre ti abbiamo tollerato per via di Mac. Ora non siamo più costrette a farlo. Quindi, vuoi che ti accompagni alla macchina o preferisci arrivarci senza zoppicare?»

«Credi che il fatto di essere riuscita a trascinare Delaney Brown nel tuo letto ti renda una di loro?» Questa volta Linda rise, un trillo leggero nell'aria estiva. «Oh, ho saputo tutto al riguardo. Moltissimi lo hanno saputo, e adorano parlare.»

«Dio, devi esserti già stancata del tuo nuovo allocco se passi il tempo a parlare della mia vita sessuale.»

«Tu?» Gli occhi di Linda si spalancarono divertiti e pieni di pietà. «Se ne fregano di te. A loro interessa solo sapere cosa fa un Brown, specie se decide di darsi da fare con la servitù. In realtà, ammiro i tuoi sforzi. Quelle come noi senza un nome o delle finanze proprie devono usare tutti i mezzi a disposizione per accalappiarsi uomini del genere.»

«Ah, davvero?» disse Laurel in tono gelido.

«Ma un uomo come Del? Certo che verrà a letto con te. Gli uomini vanno sempre a letto con donne che ci sanno fare... Dev'essere una cosa che hai preso da tuo padre. Ma se credi che si impegnerà, o addirittura che ti sposerà, sei davvero patetica. Un Brown non si sposa mai fuori dalla sua classe. E tu? Non hai classe per niente.»

«Be', su quest'ultimo punto direi che siamo sorelle di sangue... E la cosa mi disgusta.» Le tremarono le ginocchia. Dovette unirle per restare dritta. «Ti chiederò un'ultima volta di andartene, poi ti obbligherò con la forza. Quindi spero tanto che tu non mi dia ascolto.»

«Non c'è niente qui che mi interessi.» Con un altro scatto del capo, Linda raggiunse l'auto impettita, poi si sistemò al volante. «La gente ride di te.» Girò la chiave nel quadro, accese il motore. «Rideranno anche più forte quando lui ti scaricherà.» Spinse sull'acceleratore, poi si allontanò con i capelli scompigliati dal vento.

Laurel non aveva più voglia di una nuotata, o di un bicchiere di champagne. Non aveva più voglia di organizzare un barbecue con gli amici. Rimase immobile, assicurandosi che Linda se ne andasse, che si immettesse in strada con quell'auto sgargiante.

La testa adesso le doleva, e aveva un senso di malore allo stomaco. Si sarebbe stesa, avrebbe cancellato tutto con una bella dormita, si disse.

Niente di quello che diceva quella donna aveva importanza.

Maledizione.

Capendo di essere a un passo dalle lacrime, cercò di resistervi e fece per tornare indietro verso casa. Aveva fatto meno di una decina di passi quando Emma la chiamò. E Laurel serrò gli occhi, facendo dei respiri profondi nella speranza che la minaccia delle lacrime non fosse evidente.

«Dio, che caldo! Lo adoro.» Emma allargò le braccia. «L'estate è mia amica. Pensavo che non sarei mai riuscita a finire per prendere una boccata... Che c'è che non va?» Nel momento in cui osservò il viso di Laurel, il sorriso di Emma svani. Affrettò il passo e allungò una mano per prendere quella dell'amica. «Che succede?»

«Niente. Solo un mal di testa. Stavo andando a prendere qualcosa e a stendermi in attesa che passi.»

«Mmm.» Gli occhi incupiti per la preoccupazione, Emma la studiò per un lungo momento. «Conosco il tuo viso. Non è solo un mal di testa. Sei sconvolta.»

«Sono sconvolta perché ho mal di testa.»

Emma si mosse a malapena, poi mise un braccio attorno alla vita di Laurel. «Allora ti accompagno fino a casa, e ti darò il tormento finché non mi dirai cos'è che ti ha provocato il mal di testa.»

«Per l'amor di dio, Emma, a tutti capita di avere mal di testa. È per questo che fanno le pillole per il mal di testa. Va' a impicciarti dei tuoi fiori invece che di me. È una cosa seccante.»

«Come se una cosa del genere potesse funzionare.» Ignorando la rabbiosa scrollata di spalle di Laurel, Emma la lasciò andare ma la seguì. «Hai litigato con Del?»

«No. E i miei umori, dolori, giorni, notti... la mia vita non ruota esclusivamente attorno a Delaney Brown.»

«Mmh-mmh, qualcosa o qualcun altro, allora. Potresti anche dirmelo. Lo sai che non ti lascerò in pace finché non me lo avrai detto. Non costringermi a maltrattarti per tirartelo fuori.»

Per poco Laurel non si lasciò sfuggire una risata, ma invece sospirò. Quando Emma pensava che un'amica stesse soffrendo, si attaccava come la colla. «Ho appena avuto uno scontro con la Strega Linda, ecco tutto. Farebbe venire il mal di testa a chiunque.»

«È stata qui?» Emma si fermò di colpo, guardò lo studio di Mac. «Mac e Carter sono fuori, vero?»

«Sì. Quando ho visto Linda sembrava che la cosa non la facesse desistere dall'entrare in casa.»

«Non la fermerebbe, no. Ha avuto il fegato di venire qui dopo che Parker le ha detto chiaro e tondo di non farlo? Parker...?»

«Parker aveva un appuntamento.»

«Oh, così eri sola. Vorrei essere uscita prima, così avrebbe conosciuto la vera collera di Emmaline.»

Che, se provocata, pensò Laurel, era considerevole... anche solo per la sua rarità. «Mi sono sbarazzata di lei.»

«Già, ma ovviamente la cosa ti ha sconvolto. Tu siediti in terrazza all'ombra mentre io vado a prenderti dell'aspirina e un po' d'acqua fresca. Poi mi racconterai esattamente quello che è successo.»

Poteva discutere, ma non solo sarebbe stato inutile, avrebbe reso l'intera faccenda più importante di quanto fosse - o dovesse essere - in realtà.

«Voglio il sole.»

«Bene, ti siederai al sole. Merda, gli operai sono ancora qui?»

«No, se ne sono andati poco fa.»

«Bene, allora sarà tranquillo. Non ho apprezzato abbastanza come Mac e Carter hanno gestito l'intera faccenda della 'vita in una zona in costruzione' finché non hanno cominciato i lavori da me, e nel tuo spogliatoio. Ex spogliatoio. Vieni, siediti qui.»

Laurel si sedette mentre Emma si precipitava in casa. Lasciare che Emma si occupasse di acqua e aspirina se non altro avrebbe concesso a Laurel del tempo per calmarsi. Si impose di pensare alla fonte di quelle parole, ricordò a sé stessa che Linda adorava creare scompiglio ed era particolarmente abile nel crearlo quando era frustrata.

Non servì a nulla.

Si sedette e rifletté finché Emma non uscì fuori con un bel vassoio di tè freddo e biscotti.

«Ho fatto razzia della tua scorta» disse Emma. «I biscotti erano indispensabili.» Passò a Laurel la confezione delle aspirine. «Prendine due, poi sputa il rospo.»

«Ho avuto davvero un'ottima consulenza. Sherry e Nick.»

«Sono così carini insieme.»

«E così maledettamente felici. Mi hanno messo davvero di buonumore. Stavo venendo da te, per vedere se avevi voglia di fare una nuotata e finire la bottiglia di champagne che avevo aperto per la consulenza, quando ho visto Linda che stava per entrare in casa di Mac.»

«E così addio al buonumore... E al mio champagne.»

«Già. Ha iniziato come fa di solito. Tutta sorrisi e innocenza. Ha fatto un salto visto che era in città per vedere degli amici.» Laurel prese un biscotto, mordicchiandone un pezzetto mentre continuava la storia.

«Le hai detto che l'avresti presa a calci in culo?» la interruppe Emma, con soddisfazione. «Oh, come vorrei essere stata presente. Sul serio. E lei che ha detto?»

«In sostanza, che io qui non avevo voce in capitolo, che sono qui per tolleranza di Parker...»

«Che stronzate.»

«Mi ha colpito usando i miei genitori. Sono dura e fredda come mia madre, ed è per questo che mio padre è andato a letto con lei... tra le altre cose.»

«Oh, tesoro.»

«Ho sempre immaginato che probabilmente aveva avuto una storia con Linda - praticamente come ogni altro marito fedifrago della contea - ma...»

«Fa male» mormorò Emma.

«Non lo so. Non so se fa male. Credo che mi faccia solo incazzare, e che sia frustrante. Una cosa stupida, se ci pensi.»

«Ma si tratta di Linda.»

«Già.» Non c'era niente di più prezioso di un'amica che ti capiva perfettamente. «Ho ignorato la cosa. Non avrei permesso che avesse la meglio su di me su quella questione.

Così l'ho rispedita al mittente, e le ho detto di nuovo di andarsene, o altrimenti l'avrei costretta io.»

«Ben fatto.»

«Allora ha cercato di colpirmi usando Del.»

«Che vuoi dire?»

«Ha detto che tutti parlano di me e di Del, che ridono di me, che non farebbe mai sul serio con una come me. Non ho la sua classe... la classe dei Brown.»

«Perfida puttana.» Emma strinse i pugni. «Vorrei prenderla a pugni. Non dirmi che hai creduto a una sola parola, o prenderò a pugni te.»

«Adesso sì che sono terrorizzata.» Laurel sospirò di nuovo. «Non è questione di crederci, Emma. So che razza di persona è Linda, e questo è semplicemente ciò che pensa lei. E so che, anche se non lo pensasse, lo direbbe per ferirmi. Ma il fatto è... 0 fatto è che lui è Delaney Brown, quindi le persone ne parlano e speculano, e alcune di loro probabilmente se la ridono.»

«E anche se fosse?»

«Lo so, e mi ripeto la stessa cosa.» Odiava il fatto che le lacrime facessero di nuovo capolino, e questa volta le riempirono gli occhi senza che potesse fermarle. «La maggior parte delle volte la penso così. Che mi importa? Ma altre volte...»

«È un insulto nei confronti di Del, non solo nei tuoi.»

«Forse. Non abbiamo mai messo in chiaro se stiamo facendo sul serio, o se abbia intenzione di trasformare ciò che abbiamo in un progetto a lungo termine. Viviamo il presente. La maggior parte delle volte la cosa mi sta bene, benissimo, quei momenti sono davvero speciali. Ma altre volte...»

«Credi che stia con te perché sei disponibile?»

«No.» Si asciugò nervosamente le lacrime. «No, certo che no.»

«Credi che per lui sia solo sesso?»

«No.» «O che gli importi qualcosa del fatto che il tuo cognome non sia prestigioso quanto il suo?»

Laurel scosse la testa. «Emma, lo so quando mi comporto da stupida, e il saperlo non sempre mi impedisce di farlo. Vorrei non avere questo punto debole, e dio sa che vorrei che Linda non lo avesse pungolato. Ma c'è.»

«Tutti ne abbiamo.» Emma posò la mano su quella di Laurel. «Specie quando amiamo qualcuno. Per questo abbiamo bisogno delle amiche.»

«È riuscita a farmi piangere. Quanto è patetica una cosa del genere? Sarei salita in camera mia a singhiozzare se non mi avessi fermata. Se penso a quanto mi infuriavo con Mac quando Linda riusciva a tiranneggiarla emotivamente.» Lasciò andare un sospiro.

«Quella donna è velenosa.»

«Proprio così, accidenti. Be', almeno l'ho cacciata dalla tenuta.»

«La prossima volta tocca a me. Tu, Parker e Mac vi siete tolte la soddisfazione. Lo voglio fare anch'io.»

«Mi sembra più che giusto. Grazie, Emma.»

«Ti senti meglio?»

«Sì, mi sento meglio.»

«Andiamo a farci quella nuotata.»

«Okay.» Laurel annuì più sollevata. «Okay, andiamo ad affogare la mia autocommiserazione.»

Più tardi, quando si fu tranquillizzata, si sistemò nel suo ufficio. I suoi documenti richiedevano un po' d'attenzione, decise, e poiché aveva tempo a disposizione era meglio approfittarne.

Si occupò dell'archivio, delle fatture, dei conti, con la compagnia di Bon Jovi. Poi controllò i siti internet di alcuni dei suoi fornitori.

Le servivano altre borse per torte, scatole per torte e pastic eira, e forse dei nuovi stendi per dolci. Pirottini, pensò, e tovaglioli di carta. Dopo aver gestito le necessità, iniziò a studiare utensili e oggetti da presentazione di cui non aveva proprio bisogno... ma con cui sarebbe stato divertente giocare.

Con il budget concesso a Delizie di Promesse poteva permettersi qualche giocattolo, decise. E poi poteva usare qualche nuovo tagliapasta, qualche nuovo stampo per cioccolatini, e dio, voleva davvero quella chitarra a doppio taglio.

Il suo lato pratico la trattenne, facendola infuriare per il prezzo. Ma una volta ultimata la nuova area di magazzino, avrebbe avuto spazio per la taglierina più grande. Sarebbe stata pratica, veramente. Sarebbe stata in grado di tagliare il doppio di pasticcini, cioccolatini e ganache che faceva adesso. E aveva quattro misure.

Poteva vendere quella che aveva, comprata usata su eBay.

Al diavolo. Se la meritava. Ma nel momento in cui cliccò su Aggiungi al carrello sussultò per il senso di colpa sentendo Mac chiamare il suo nome.

«Dio, non avvicinarti così di soppiatto quando sto spendendo soldi che in realtà non dovrei spendere.»

«Per cosa? Oh.» Mac si strinse nelle spalle quando vide il sito di forniture per pasticcieri. «Attrezzatura. Tutti ne abbiamo bisogno. Senti, Laurel...»

«Emma te l'ha detto.» Laurel si lasciò sfuggire un sospiro. «Farai meglio a non essere qui a chiedere scusa per Linda.»

«Mi è permesso essere dispiaciuta.» Mac si ficcò le mani in tasca. «La mia prima reazione è stata di chiamarla e sgridarla, ma questo le avrebbe dato solo attenzione. Che è quello che desidera di più dopo i soldi. Così ho deciso di ignorare la cosa, e in questo modo lei non ottiene niente. Cosa che la farà incavolare. Un sacco.»

«Bene.»

«Già, ma visto che la ignorerò, devo sentirmi dispiaciuta... E tu devi permettermi di esserlo.»

«Okay, sii dispiaciuta.» Deliberatamente Laurel guardò l'orologio, contò fino a dieci. «Adesso, smetti di essere dispiaciuta.»

«D'accordo. Sai cosa vorrei? Vorrei non doverla invitare al matrimonio. Ma devo.»

«Ce la caveremo.»

«Lo so. Forse accadrà un miracolo e si comporterà come si deve» aggiunse Mac con una mezza risata quando Laurel alzò gli occhi al cielo. «Ma in quanto sposa mi è permesso fantasticare.»

«Non ti capirà mai, né capirà mai noi. È lei a perderci.»

«È proprio così.» Chinandosi, Mac baciò Laurel sulla testa. «Ci vediamo dopo.»

Qualunque fossero gli strascichi di autocommiserazione rimasti, scomparvero quando Mac uscì dalla stanza.

Superata anche questa, pensò Laurel, e si comprò una nuovissima chitarra a doppio taglio.