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Jasper non ebbe modo di mostrarsi sbalordito poiché in quel momento Gerald fece il proprio ingresso nella stanza. Né vi fu occasione di riaffrontare la questione, dato che i due gentiluomini presero congedo subito dopo. Mentre Jasper chinava la testa sulla mano di Gloriana, lei gliela strinse, e il suo sguardo eloquente lo avvisò che faceva affidamento su di lui per portare a compimento la propria, scandalosa proposta.
Ma era davvero tale? Jasper ponderò la questione mentre tornavano a cavallo verso Bath con il tramonto che gettava ombre allungate dinanzi a loro e il vento freddo sferzava le redingote. Se fosse riuscito a far perdere la testa a quella giovane, avrebbe messo fine all’infatuazione del giovane cugino. Molti uomini non avrebbero esitato, ma pur con cotanta reputazione Jasper non aveva mai dovuto far innamorare di sé una donna a bella posta. Si agitò sulla sella. E cosa avrebbe rischiato quella fanciulla? Se si fosse spinto troppo oltre le avrebbe rovinato la reputazione, facendole perdere il suo buon nome. Gli si indurì il cuore. Lei aveva ogni giovanotto di Bath ai suoi piedi e da ciò che aveva visto alle serate della zia li spennava senza pietà. Al diavolo, quella donna gestiva una bisca, non meritava un buon nome!
«Eh?» Gerald si voltò. «Hai detto qualcosa?»
Jasper guardò il giovane che cavalcava al suo fianco. «Sì. Stavo pensando alle serate a carte da Mrs. Wilby. A tuo parere, le due donne ne traggono profitto?»
Gerald si strinse nelle spalle. «Cento, duecento sterline forse, ma dubito più di cinquecento.»
«Mi auguro di no.» Fece una pausa. «Non ti preoccupa che ne ricavino denaro?»
L’altro lo guardò. «No, perché mai? Le somme sono trascurabili.» Rise. «I ricevimenti di Mrs. Wilby sono solo per amici che si riuniscono per divertirsi.»
«E perdere denaro.»
«Non tutti perdono.»
«Ma un numero sufficiente a far fruttare la serata alle padrone di casa.»
«E perché non dovrebbe essere così?» ribatté Gerald. «Potremmo andare da qualche altra parte e perdere una somma ben più alta.» Scosse la testa. «Lascia perdere, Jasper. Coloro che si recano lì lo fanno di propria volontà e se perdono qualche ghinea, ebbene, che importanza può avere? Perderei due volte tanto con Miss Prentess e penserei lo stesso che siano soldi ben spesi.»
Jasper non aggiunse altro e l’argomento non venne più affrontato durante la cavalcata verso Bath. Lo infastidiva il fatto che Susannah Prentess, con il suo sorriso affascinante e il bel viso, avesse del tutto abbindolato suo cugino. Se avesse dovuto farla innamorare di lui per liberare Gerald dalle sue spire, decise, ebbene l’avrebbe fatto. Avrebbe addirittura rischiato di rovinarle la reputazione, se non vi fosse stato altro modo, sebbene il suo innato senso dell’onore esitasse di fronte a una simile evenienza. Sarebbe comunque stato uno scherzo crudele da giocare al suo giovane cugino. Se fosse stato possibile, avrebbe trovato un altro modo per provare a Gerald che la signora non era l’angelo che lui reputava.
Non appena si furono allontanate dalla Pump Room, Mrs. Wilby manifestò la propria disapprovazione per essere stata trascinata via con tanta fretta.
«Cosa penseranno di te, Susannah? Correre via così all’improvviso quando Mr. Barnabus e il visconte erano appena arrivati.»
«Non penseranno niente, zia. E inoltre non approvo il fatto che li abbiate invitati a unirsi a noi, domani.»
«E perché mai? Cosa può esserci in contrario?»
«Niente, per quanto concerne Mr. Barnabus, ma il visconte...» Si morse le labbra, chiedendosi come spiegare la propria riluttanza a vedere ancora Lord Markham. «Ritengo che sospetti qualcosa.»
Mrs. Wilby si fermò. «Oh, cielo, non dire così! Oh, Susannah...»
«No, no, non può avere sentore della verità e Gerald non glielo direbbe mai, ne sono certa.» Prese il braccio di zia Maude e dolcemente le infilò sotto il suo. «Si tratta solamente di commenti che ha espresso, come se pensasse che gestiamo una sorta di bisca.»
«Motivo in più dunque, perché prenda il tè con noi e veda che non è questo il caso» dichiarò Mrs. Wilby. «Una bisca! Assolutamente ridicolo.»
La dignità oltraggiata della zia fece ridacchiare Susannah.
«Se ha dei sospetti su di te» continuò Mrs. Wilby, «forse sarebbe meglio se riducessi le tue visite a...»
«Mia cara zia, non farò niente del genere. Infatti ci andrò domattina. Davvero, quando ho dato il via a questo progetto non mi ero resa conto che sarebbe stato tanto impegnativo, o tanto dispendioso.»
«Se la gente lo sapesse, Susannah, ne resterebbe scandalizzata.»
«Sono un’ereditiera, zia» ribatté lei, asciutta. «Penserebbero soltanto che sono un’eccentrica. Se solo avessi il controllo sulla mia fortuna non sussisterebbe il problema del denaro, ma mio zio ha vincolato il suo lascito in modo tanto rigido che non posso neanche chiedere un prestito, a meno che non mi rivolga a un usuraio.»
«Oh, cielo, figlia mia, ti prego di non pensarlo neppure!»
«Non lo faccio. Comunque dobbiamo trovare presto altro denaro.» Susannah sospirò. «Dipende da voi e da Kate vincere qualcosina in più, la prossima serata.»
«Il che renderà Lord Markham ancora più sospettoso» commentò Mrs. Wilby con amarezza. «Non mi trovo nello stato d’animo di prendere il tè con nessuno, domani. Scriverò per dir loro che sono a letto con la febbre.»
«No, no, cara zia, lasciate che vengano. Riflettendoci meglio, credo che abbiate ragione. Non vi sono ospiti più rispettabili di quelli che avete invitato. È probabile che Lord Markham si annoi a morte e batta una veloce ritirata!»
Era un limpido pomeriggio, ma il freddo pungente rese Susannah lieta di aver mandato a chiamare la carrozza per condurre lei e Kate in Henrietta Street. Si accostarono a uno slargo della strada fuori da una delle eleganti case a tre piani, dove soltanto lo schieramento di stoffe disposte in vetrina era segno che non si trattava di una residenza privata. Una giovane donna con indosso un semplice abito scuro aprì loro la porta.
«Buongiorno a voi, Mabel. Odesse è di sopra?»
«Buongiorno, Miss Prentess, Mrs. Logan. Sì, Madame Odesse è nella stanza di prova con Mrs. Anstruther.»
«Come sta il piccolo James?» sussurrò Susannah mentre seguiva la ragazza su per le scale.
«Oh, molto bene, sta mettendo su peso come dovrebbe e dorme tutta la notte adesso.» Mabel la guardò timidamente. «È così bello averlo vicino. Almeno posso tenerlo d’occhio.»
Raggiunsero il pianerottolo e Mabel le introdusse nella grande sala d’attesa, dove una donna dai capelli scuri con indosso un abito semplice, ma squisitamente cucito, parlava con una formidabile matrona, vestita con una redingote verde mela e turbante abbinato, assicurandole, con un vivace accento francese, che il suo nuovo abito sarebbe stato terminato tout de suite.
Sollevò la testa quando le nuove ospiti entrarono e Susannah agitò una mano. «No, no, madame, vi prego, continuate a servire Mrs. Anstruther. Siamo liete di gironzolare tra queste nuove stoffe.» Con il sorriso salutò anche la matrona, che distolse lo sguardo alla svelta.
«Vi ringrazio, ho finito qui.» Mrs. Anstruther si infilò in fretta i guanti e si diresse alla porta. «Se mi consegnerete il nuovo abito questo pomeriggio, madame...»
Si affrettò a uscire e Madame Odesse chiuse la porta con cautela dietro di lei. «Miss Prentess, Mrs. Logan, che piacere vedervi. Non volete sedervi?»
Susannah notò divertita che ogni traccia del lieve accento francese era svanita dalle parole della modista.
«Questo continuo tempo freddo ha reso necessario che ordini un nuovo mantello e ho convinto Mrs. Logan che è giunto il momento di acquistare un nuovo abito. Abbiamo appositamente portato con noi una lunghezza di seta.» Susannah sorrise. «Confido che tutto vada per il meglio, qui.»
«Molto bene, grazie, abbiamo apportato qualche cambiamento.» Odesse fece una pausa. «Vi piacerebbe venire a vedere?»
«Senza dubbio!»
Le ricondusse giù per le scale e attraversò una porta al pianterreno. La stanza era animata da un chiacchiericcio tranquillo, che si interruppe nel momento in cui entrarono. Erano presenti quattro giovani sedute vicino a una finestra. Ognuna era impegnata a cucire una fascia di stoffa stesa sulle ginocchia, mentre un tavolo vicino era ricoperto da una profusione di tessuti a colori vivaci e di fili. Madame Odesse agitò una mano in modo eloquente. «Ora questa è la nostra stanza del cucito.»
Susannah sorrise alle giovani, ma subito dopo le pregò di non interrompere il lavoro. Conosceva tutte e sapeva che ciascuna di loro aveva un bambino di cui occuparsi. L’assenza di culle e di pianti era evidente.
«Dove sono i bambini?» domandò.
«Facciamo i turni per accudirli in una stanza a loro dedicata» spiegò una delle ragazze con voce timida. Poi aggiunse, indicando la nuvola di tessuto di lana azzurro chiaro che teneva in grembo: «Sto terminando la cucitura finale del vostro abito da passeggio, Miss Prentess».
«Le mie ragazze preferiscono lavorare lontano dai bambini» aggiunse la modista. «Abbiamo sei cucitrici che vivono qui, adesso, e Mabel che si sta dimostrando un’assistente preziosa. Due delle mie ragazze restano nella stanza dei bambini mentre le altre proseguono con il cucito.»
«E le merlettaie?» si informò Kate. «Come si comportano?»
«Molto bene.» Gli occhi scuri di Madame Odesse scintillarono. «La moda del pizzo sugli abiti non potrebbe essere giunta in un momento migliore. La domanda per le nostre trine è in aumento.»
«E avete posto per nuove cucitrici?»
«Certo!» esclamò Odesse. «Se continuiamo ad avere nuovi clienti avrò lavoro anche per loro.»
La condusse giù per un’altra rampa di scale, alla stanza dei bambini, dove due giovani donne stavano badando loro in un grande, caldo e confortevole ambiente. Le due donne vi trascorsero un po’ di tempo, prima di fare ritorno al piano di sopra, mentre Susannah si dichiarò molto soddisfatta dell’organizzazione.
«Pare che funzioni tutto molto bene» commentò quando furono di nuovo nella sala d’attesa. «I bambini sono sereni e le madri sembrano felici.»
La modista, seria, le prese le mani, stringendole. «Apprezziamo molto che ci forniate l’opportunità di tenere i nostri bambini e di guadagnarci da vivere, Miss Prentess.»
«Sono lieta di farlo e gli abiti che avete confezionato per me sono molto ammirati, Olive...volevo dire, Odesse.» Susannah si corresse in fretta. «Vi chiedo perdono!»
La sarta rise e scosse la testa «Non dovreste affatto chiedermi perdono. Quando penso a ciò che sarebbe potuto accadere a tutte noi...» Seguì un imbarazzato momento di silenzio, poi si scrollò di dosso il suo umore pensoso e riprese, allegra: «La nuova seta color albicocca che avete ordinato giungerà stamattina e ho già in mente il modello che vorrei creare...».
Un’ora dopo le due donne erano di ritorno in Royal Crescent con una serie di pacchi sul sedile accanto a loro e la prospettiva di altri nuovi abiti.
«Devo dire che non avrei mai pensato che la beneficenza fosse tanto piacevole» affermò Kate sorridendo. «La vostra idea di avviare le ragazze a una propria attività è stata molto buona, Susannah.»
«Mi sono limitata a servirmi del talento di Olive per il cucito. Possiede un occhio particolarmente acuto anche per i modelli.»
«È improbabile che vi sarebbe riuscita da sola e con un bambino a cui badare.» Kate si allungò e le strinse il braccio. «Dovreste essere molto fiera di voi stessa, mia cara.»
«Sono molto fiera delle mie signore» precisò Susannah. «Ho solo fornito loro i mezzi. È il loro duro lavoro che l’ha reso un successo del genere.»
«Se solo le matrone impettite di Bath sapessero che i loro abiti sono stati confezionati da madri nubili potrebbero non essere tanto entusiaste di essere clienti di Odesse.»
«Ritengo che a loro non importi chi confeziona i vestiti finché sono alla moda e a buon prezzo» replicò Susannah. «Florence House, comunque, è una faccenda diversa. Notizie di quell’istituto scandalizzerebbero quelle serie matrone, dunque spero che riusciremo a mantenere il segreto, almeno fino a quando non avrò il controllo sulla mia fortuna e potrò sovvenzionarlo senza l’aiuto delle serate a carte di zia Maude.»
L’inverno non accennava a mollare la presa e quando Jasper si alzò, presto come al solito, il giorno successivo, un lieve strato di ghiaccio brillava sui tetti di Bath. Decise di fare una bella camminata prima di colazione. Al cameriere che gli servì il caffè strappò l’informazione che la vista dalla collina di Beechen valeva la fatica, così si mise in marcia. Giunse presto alla banchina e al ponte che lo portò dall’altra parte del fiume, e di lì poté iniziare la salita alla collina di Beechen.
Quando giunse in cima si considerò ripagato. A nord, Bath si estendeva in tutto il suo splendore sotto di lui. Il suo sguardo spaziò dall’Abbazia fino alla vasta curva del Royal Crescent. Subito i suoi pensieri andarono a Miss Prentess e a Gerald. Se non fosse stato per quelle maledette serate sarebbe stato incline a suggerire a Gloriana di impartire al figlio la propria benedizione e lasciare che la natura facesse il proprio corso. Dopotutto la fanciulla l’aveva già rifiutato una volta. Avrebbe scommesso che se fosse stato lasciato al suo destino, Gerald si sarebbe ripreso dall’infatuazione e sistemato con una giovane sposa adatta a lui entro l’anno.
Tuttavia era Susannah Prentess a far suonare il campanello d’allarme nella sua mente. Perché mai una giovane donna, in particolar modo un’ereditiera, doveva impegnarsi in serate a carte per raccogliere del denaro? Se fosse stata in cerca di uno splendido partito, perché allora non si trovava a Londra? Con tutta evidenza c’era qualcosa sotto e lui era deciso a scoprirlo.
Il vento gelido gli sferzava le guance, ricordandogli la sua posizione esposta, inoltre un’improvvisa fame gli ricordò che doveva ancora far colazione. Si mise in cammino di buon passo. Le strade adesso erano più animate. Udì lo scampanellio dei finimenti dietro di lui e si voltò. Il riflesso del sole illuminò l’interno dell’elegante carrozza e Jasper poté chiaramente vedere il suo occupante. Non poté temere di confondere il profilo perfetto di Susannah Prentess né i ricci biondo oro che spuntavano dalla cuffietta di seta. Jasper si toccò il cappello, ma sapeva bene che lei non l’aveva visto. La fanciulla sembrava sprofondata nei suoi pensieri. Il suo umore, sollevato dall’esercizio fisico, migliorò decisamente e si ritrovò ad aspettare con impazienza l’imminente visita a Royal Crescent.
«Ah, milord, Mr. Barnabus, sono così felice che siate potuti venire!»
Mrs. Wilby andò loro incontro mentre il maggiordomo li introduceva in salotto. Era già presente all’incirca una dozzina di persone. Gerald si diresse subito verso Susannah, che era seduta accanto al camino e si stava versando del tè. Jasper l’avrebbe seguito, ma Mrs. Wilby, consapevole dei propri doveri di padrona di casa, lo prese gentilmente in disparte con l’intento di fare le presentazioni. Gli sguardi e i sussurri che avevano salutato il suo ingresso resero evidente che l’arrivo di un visconte era un evento di rara importanza. Passò dunque un po’ di tempo prima che fosse libero di avvicinarsi a Susannah, che era accanto a Gerald, il quale lo accolse cordialmente.
«Unisciti a noi, Markham. Stavo per l’appunto raccontando a Miss Prentess la nostra cavalcata di ieri verso Bristol.»
«Temo che preferireste essere a cavallo anche adesso, milord.» I suoi occhi erano sorridenti e allo stesso tempo sembrava volessero scusarsi. «Pare che qualche conoscenza di mia zia vi stesse attorno adulandovi alquanto vergognosamente. E Mr. Barnabus mi assicura che non è cosa che vi piaccia.»
«Sì, ho riferito a Miss Prentess che nonostante tu sia un visconte non sei affatto altezzoso» confermò Gerald sorridendo.
«Ben detto» replicò Jasper.
«Bath è il rifugio di molte persone ormai a riposo» spiegò Susannah abbassando il tono della voce. «Del tutto signorili, ma non il più elevato ceto sociale. Temo che molti dei presenti si sentano alquanto scombussolati all’idea di avere un visconte tra di loro.»
«Purtroppo non abbastanza da tenere la lingua a freno» mormorò Jasper. «La signora in verde era particolarmente ciarliera.»
«Amelia Bulstrode!» Susannah rise. «E la sua amica, Mrs. Farthing. Quando mia zia ha detto loro che eravate atteso erano estremamente contrariate. Hanno mandato le loro figlie a lezione di ballo, oggi. Comunque non ha importanza. Adesso che possono vantare la vostra conoscenza vi presenteranno le loro fanciulle alla prima occasione. Ma non avete nulla da temere» aggiunse gentilmente, «sono ragazze di buone maniere, benché inclini ai risolini.»
«Non vi è nulla di male in ciò» replicò Gerald generosamente. «Sono giovani molto gradevoli e gioiose.»
«E una delle loro gradevoli e gioiose madri si sta avvicinando» mormorò Jasper. «Mi ritirerò in quell’angolo. Ho appena visto il mio vecchio amico, il generale Sanstead, insieme a sua moglie. Sapete, devo offrirgli i miei omaggi.»
Susannah rideva con gli occhi e mimò al suo indirizzo con le labbra la parola codardo, prima di girarsi per salutare Mrs. Bulstrode. Jasper ebbe successo con la sua fuga, ma dietro di sé udì la voce della matrona. «Se ci fosse dell’altro tè sarei lieta di riempire la tazza. È talmente rinfrescante, non è così? Non credo a coloro che dicono che non faccia bene. Ecco, devono solo guardare voi. Il ritratto della salute, se posso permettermi.»
«Vi ringrazio, Mrs. Bulstrode. Questa è una miscela particolarmente piacevole...»
Sorrise a se stesso, apprezzando il modo in cui lei affrontava la prepotente matrona. Gli piaceva anche quella nota calda e sorridente che aveva nella voce.
«E siete una meravigliosa paladina dei benefici del tè» continuò Mrs. Bulstrode. «Avete talmente tanta energia, sempre in giro, come stamattina, ad esempio. Ho visto la vostra carrozza nei pressi di Borough Walls...»
Jasper si fermò, fingendo di togliere un pelucco dalla redingote. Forse avrebbe scoperto cosa faceva di mattina così presto.
«No, no, madame, vi sbagliate. Non mi sono allontanata da casa, oggi.»
Lui si voltò. Susannah stava sorridendo tranquilla mentre versava dell’altro tè alla matrona.
«No? Eppure sono sicura che si trattasse della vostra carrozza...»
«Molto probabile» rispose Susannah porgendole la tazza. «Credo che mia zia abbia mandato Edwards a svolgere alcune commissioni per suo conto. Non è forse così zia?»
«Cosa c’è, cara? Oh, sì... sì, è proprio così.»
La risposta confusa di Mrs. Wilby destò di per sé dei sospetti, eppure, se non avesse visto con i propri occhi Susannah nella carrozza, Jasper sarebbe stato pronto a credere alla sua storia. Dominandosi, proseguì verso il generale Sanstead. Non era il momento di interrogare Miss Prentess, ma sarebbe andato a fondo. Più avanti.
Il generale, un suo vecchio amico, era lieto di vedere Jasper e scambiò due chiacchiere con lui. Il visconte rispose doverosamente e una volta presa una tazza di tè per Mrs. Sanstead, sedette e li impegnò conversando per la successiva mezz’ora mentre osservava il resto della compagnia. Sostenne la propria parte e fu molto ricercato da tutti gli ospiti che erano impazienti di vantare la conoscenza di un visconte. Nessuno avrebbe potuto trovare da ridire sulla sua condotta, ma per tutto il tempo osservò Susannah e quando alla fine la trovò sola accanto al tavolino da tè, le si avvicinò.
«No, vi ringrazio.» Sollevò la mano mentre gli offriva del tè. «Non sono mai vuote le vostre stanze, Miss Prentess?»
«A mia zia fa piacere intrattenersi.»
«E a voi?»
«Ma certo.»
Lui si guardò attorno. «Questa compagnia non è degna di voi, madame.» Lei lo guardò con gli occhi nocciola perplessi e lui proseguì. «A parte Barnabus e me, sono tutte matrone e coppie sposate.»
«È un ricevimento di mia zia, milord.»
«Forse il vostro ambiente è la sala da gioco.»
Lei abbassò lo sguardo sorridendo. «No, non credo sia così.»
Jasper esitò, chiedendosi se dovesse far menzione di averla vista sul ponte quella mattina e in quel mentre giunse la voce di Mrs. Sanstead che si dirigeva verso le altre signore coniugate. «Oggi non abbiamo visto Mrs. Anstruther, Mrs. Wilby. Non sta forse bene?»
Subito Miss Prentess si fece sull’attenti. Jasper non poté evitare di accorgersi del modo in cui lei divenne silenziosa e il suo sguardo si fece circospetto. Seguirono colpetti di tosse e dagli sguardi furtivi comprese che non avrebbe dovuto ascoltare. Guardò altrove, ostentando interesse per un piacevole paesaggio alla parete, ma non prima di aver visto Mrs. Bulstrode girarsi di scatto sulla sedia. «Santo cielo, Mrs. Sanstead, non avete saputo? Gli Anstruther si sono ritirati nello Shropshire. Sono partiti da Bath stamattina.»
«Oddio, così all’improvviso? Quando intendono fare ritorno?»
«Chi può dirlo? La loro figlia...»
Lui non riuscì a decifrare le parole successive, ma udì Mrs. Sanstead sospirare. «Oh, intendete dire che è... in attesa? Povera anima!»
«Sì. A quanto ho capito rifiuta di dire chi sia il padre e Anstruther l’ha scacciata.» Il sussurro di Mrs. Bulstrode fu appena percepibile alle orecchie accorte di Jasper. «Buttata fuori di casa, in disgrazia.»
«Ragazze frivole, ecco come le chiamo» mormorò Mrs. Farthing con disprezzo. «Mio figlio William mostrò una predilezione nei suoi confronti. una volta, ma sono lieta che non se ne sia fatto niente. È ovvio che è stata fin troppo libera di concedere le proprie grazie.»
«Qualsiasi cosa abbia fatto non merita di essere bandita» mormorò Mrs. Wilby. «E che ne è del padre? Abbiamo qualche idea sulla sua identità?»
«Nessuno può dirlo, sebbene corrano delle voci.» Mrs. Farthing abbassò la voce e terminò con un sussurro cospiratorio che in qualche modo riuscì a fare il giro di tutta la stanza. «Mr. Warwick.»
«Che cosa? Non il giovanotto che abbiamo conosciuto poche sere fa?» sbottò Mrs. Sanstead. «Ecco, vinse a carte e sembrava così affascinante.»
«Proprio così.» Mrs. Farthing annuì. «Lui nega, naturalmente.»
«Naturalmente» ribadì Susannah. Non si era unita alle matrone, ma stava ascoltando attentamente, al pari di Jasper. In quel momento lui udì il suo sfogo e la vide farsi scura in volto.
«Ma cosa ne è di Anstruther?» sbraitò il generale con totale noncuranza del fatto che le signore considerassero l’argomento strettamente confidenziale. «Se fosse mia figlia avrei un chiarimento con quel mascalzone e se fosse vero lo costringerei a sposarla.»
«Il che sarebbe per lei preferibile all’essere scacciata e doversela cavare da sola» concluse Mrs.Wilby con un sospiro.
Susannah increspò le labbra. «Un’alternativa non invidiabile» mormorò sottovoce. «Sposare una canaglia o vivere nell’indigenza.»
«Non siete d’accordo, Miss Prentess?» Jasper tenne un tono di voce basso, così che solo lei poté sentirlo. «Preferireste che non lo sposasse?»
«Se sussiste rancore da parte di entrambi i coniugi, le nozze sono destinate al fallimento. Detto questo, però, sono del parere che lui dovrebbe essere informato del danno che ha provocato. Troppi uomini ritengono che le donne siano state messe sulla terra per il loro mero piacere.» Alzò la testa con sguardo di sfida. «Vorrei che il padre affrontasse le conseguenze delle proprie azioni. Purtroppo, chiunque sia, non lo farà e quella povera ragazza sarà costretta a farsi strada da sola meglio che potrà.»
«Senza dubbio scoprirà che il suo destino è Walcot Street» decretò Mrs. Farthing. «Lì si trova il Magdalen Hospital, dopotutto, ed è il posto giusto per donne del suo stampo, sebbene Dio solo sa se il numero di chi entra sia maggiore di quelle che possono essere sistemate, al momento.»
Mrs. Bulstrode agitò le mani. «Mia cara Mrs. Farthing, non sono certa che dovremmo discutere di questo argomento qui, adesso...»
Gli occhi della signora saettarono per la stanza e Jasper si diresse in fretta allo specchio per sistemarsi il fazzoletto da collo. Vide lo sguardo della donna passare rapidamente su Gerald, che stava meticolosamente spazzolandosi una macchietta di polvere dalla manica ed evitando gli sguardi di tutti. Susannah non era così reticente. Avanzò nel gruppo. «Se temete per la mia sensibilità, vi prego di non stare in ansia» ribatté a testa alta. «Non sono un’innocente ragazzina fresca di scuola e ritengo che si tratti di un argomento che dovrebbe essere discusso nel salotto di ogni signora.» Rivolse uno sguardo di sfida a Mrs. Farthing. «Se non sbaglio voi fate parte del comitato a favore della Casa di Correzione di Walcot Street, non è così, madame?»
«Sì è così. Facciamo del nostro meglio per far capire alle internate la sconsideratezza delle loro condotte...»
«Internate, avete detto bene. Sì, ritengo che le giovani laggiù siano più detenute che pazienti.»
Le labbra sottili di Mrs. Farthing si curvarono in un sorriso condiscendente. «Mia cara Miss Prentess, queste giovani donne giungono da noi in preda alla disperazione e noi ci occupiamo di loro. In cambio, certo, esigiamo la loro ottemperanza. Arrivano sofferenti, spesso con figli. Noi provvediamo a loro, insegniamo loro a svolgere un’occupazione e le sistemiamo affinché prestino servizio nelle case che riusciamo a trovare.»
«Noi?» Il tono di Susannah era mellifluo. «Vi interessate personalmente a queste povere donne, non è vero, madame? Portate forse anche le vostre figlie a far loro visita?»
«Santo cielo, mia cara, ma cosa andate pensando?» intervenne Mrs. Bulstrode con una risatina nervosa. «Mrs. Farthing non voleva dire così, ne sono certa.»
«Certo che no» confermò la donna. «Ecco, Mr. Farthing non mi lascerebbe mai mettere piede in un posto simile, figuriamoci se permetterebbe che lo frequentassero le nostre figlie. Si correrebbe il rischio di un contagio fisico e morale.»
Jasper vide un lampo battagliero negli occhi di Susannah, ma prima che potesse replicare Mrs. Wilby si intromise. «Povera me, dov`è quella ragazza con l’acqua? Mrs. Sanstead, sono certa che gradireste dell’altro tè e anche il generale, forse. Questo freddo secca la gola, non trovate?» Si affaccendò al tavolinetto del tè. «Susannah, tesoro, suona di nuovo il campanello, se non ti dispiace. Non possiamo fare morire di sete i nostri ospiti...»
Jasper si avvicinò a Gerald. «Un’abile interruzione» mormorò con apprezzamento. «Peccato. La conversazione si stava facendo interessante. Molto più delle solite ottuse sciocchezze.»
Il cugino gli sorrise con aria assente. «È indubbio, anche se alcuni ospiti non si sentono a proprio agio a discutere di un simile argomento in presenza delle signore.»
«Non tutti.» Jasper appuntò gli occhi su Susannah, che si era avvicinata con una tazza di tè per Gerald. «Miss Prentess è a favore del prosieguo della discussione circa il Magdalen Hospital, non è forse così, madame?»
Lei porse la tazza a Gerald. «Non sarebbe male se le giovani donne fossero un po’ più informate riguardo a queste situazioni» ammise. «Se conoscessero i rischi derivanti dall’amoreggiare con i gentiluomini sarebbero più caute.»
«Disapprovate l’amoreggiare?»
«Può essere molto pericoloso.»
«Ma anche molto piacevole.»
Susannah girò la testa e lo scoprì a guardarla con quel luccichio familiare e inquietante negli occhi. Si accorse che le mancava il fiato. Eppure la sensazione non era sgradevole.
Mi sta corteggiando.
Un improvviso timore l’assalì, impedendole di muoversi. Quegli intensi, occhi grigioazzurri sostennero il suo sguardo. Si sentiva come un piccolo animale in balìa di qualche predatore. Deglutì, tentando disperatamente di ricomporsi. Il luccichio nei suoi occhi si intensificò fino a diventare divertimento e un improvviso scatto di rabbia la sbloccò.
Fece un passo indietro. Avrebbe potuto scusarsi e allontanarsi, ma la sua natura irragionevole era tale che preferì replicare. «Piacevole? Senza dubbio, a patto che entrambe le parti siano consapevoli che non è altro che un gioco.»
«Dunque non disapprovate.»
Lei si obbligò a sostenere il suo sguardo.
Allontanati, Susannah. Allontanati subito. Invece, sollevò il mento.
«Disapprovo quei gentiluomini che approfittano delle giovani donne innocenti.»
Lui si avvicinò, colmando lo spazio che aveva lasciato tra loro e facendola fremere di aspettativa.
«Voi non siete innocente, Miss Prentess» mormorò provocandola. «L’avete detto voi stessa.»
«Jasper, non tormentarla in questo modo!» Nessuno dei due fece caso all’allegra protesta di Gerald.
Susannah inarcò le sopracciglia, continuando a sostenere lo sguardo di Jasper. «Dunque non potrete approfittarvi di me, milord.»
«No?» Il bagliore nei suoi occhi divenne ancora più pronunciato.
Terribilmente attraente, lo aveva definito Kate.
Le parole le si ritorsero contro. «È forse una sfida, Miss Prentess?» La voce di lui era profonda, le scivolava sulla pelle come seta fredda, facendole venire i brividi alla nuca.
Gerald li guardava, sulle labbra un sorriso incerto e lievemente accigliato. Il testardo orgoglio di Susannah non le avrebbe mai permesso di chinare la testa e allontanarsi. Al contrario, offrì al visconte un sorriso altezzoso. «No, mi sembra ovvio. Non desidero affatto che sprechiate il vostro tempo.»
Quindi si scusò, allontanandosi, nella speranza che non le cedessero le ginocchia. Cosa aveva creduto di fare, rispondendogli in quel modo? Era come stuzzicare una belva feroce! L’ultima cosa che desiderava su di sé erano le sue attenzioni.
Jasper la guardò allontanarsi e si accorse di avere il sorriso sulle labbra. Il sangue gli pulsava nelle vene, chiaro segno che aveva gradito lo scambio.
«Jasper?»
Alzò gli occhi e vide Gerald che lo guardava. «Non ti lascerò andare a caccia di Miss Prentess, se hai cattive intenzioni. È troppo buona e onesta per meritarlo.»
Lui osservò l’espressione lievemente ansiosa del cugino. Buona? Onesta? Magari era così, ma perché, allora, avrebbe dovuto mentire sul fatto di essere uscita in carrozza, quella mattina? Voleva ancora una risposta a quel riguardo, ma aveva sufficiente esperienza da sapere che non l’avrebbe ottenuta quel giorno. Alzò le spalle. «Credimi, Gerald, non ho mai avuto cattive intenzioni verso alcuna giovane donna. Prendiamo congedo. Ho bevuto abbastanza tè per oggi.»
«Oh, cielo, non mi sono mai trovata tanto a disagio in vita mia!»
Una volta che fu uscito l’ultimo ospite, Mrs. Wilby sprofondò nella poltrona e si sventagliò vigorosamente. Susannah era in piedi alla finestra e si voltò.
«E perché mai?»
«Mia cara, non avrei mai pensato di udire cose simili nel nostro salotto. Parlare di donne dalla cattiva reputazione e con profusione di dettagli... E alla presenza di gentiluomini, poi! Sono certa che il generale Sanstead non sapeva dove guardare.»
«Mi pare che l’abbia presa piuttosto bene» ribatté Susannah.
«Mi auguro sia così anche per Mr. Barnabus e Lord Markham... Sono sicura che abbiano sentito tutto.»
Lei si accigliò. «Se non fosse per i gentiluomini, molte di quelle ragazze non si troverebbero in simili e gravi difficoltà e giovani come Miss Anstruther non verrebbero gettate in mezzo alla strada.»
«Ah, sì.» Zia Maude sospirò. «Quella povera bambina! Spero sia al sicuro.»
«Almeno su quello posso rassicurarvi.» Susannah si allontanò dalla finestra sorridente mentre la bocca di Mrs. Wilby si spalancava.
«Che cosa? Non dirmi che...»
«Sì, è la nostra ultima assistita. L’ho condotta a Florence House proprio stamattina.»