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Il clima umido di febbraio rese orribile il tragitto verso nord e Jasper viaggiò per tutta la notte, giungendo alla dimora di Mrs. Barnabus a Hotwells subito dopo mezzogiorno. Fu introdotto da un maggiordomo i cui modi cupi lo indussero a pensare che forse era stato ingiusto nei riguardi della sua parente e che lei fosse davvero con un piede nella fossa. Invece, quando si trovò nell’elegante salotto, Mrs. Barnabus gli sembrò in salute come di consueto. Gli andò incontro per salutarlo a mani tese, lo scialle che gli pendeva dalle esili spalle.
«Markham, caro cugino, come siete stato gentile a venire!» La voce era fragile come la sua proprietaria, ma Jasper sapeva che dietro quella corporatura da bambina indifesa si celava una volontà d’acciaio. Le prese la mano che gli offriva e la baciò in modo formale. Lei strinse le dita attorno alla mano di lui come fossero artigli. «È stato molto gentile da parte vostra compiere questa deviazione quando sapete bene che non ho stanze disponibili per la vostra sistemazione.»
«Ma certo» replicò lui allegro.
Lei sprofondò sul divano cercando di farlo sedere accanto a sé, ma lui si divincolò con una certa destrezza e accostò una sedia.
«State facendo ritorno a Londra, Markham?»
«Sì. Confido di giungere a Corsham in serata. Ebbene, Gloriana, cosa posso fare per voi?»
Lei levò un alto sospiro. «Siete così simile al vostro caro padre!»
«Niente affatto, madame. Lui non si sarebbe affatto scomodato per venire qui. Avrebbe mandato un domestico per scoprire di cosa avevate bisogno.»
Gloriana apparve lievemente turbata, ma si ricompose alla svelta e gli offrì un sorriso esangue. «Nell’aspetto, mio caro ragazzo, nell’aspetto. E come sta il vostro povero fratello deturpato?»
Tale definizione lo irritò, ma si sforzò di nasconderlo. «Dominic gode di ottima salute. Ed è molto felice con la sua famiglia sempre in aumento. Adesso, Gloriana, ditemi il motivo del vostro invito.»
La vedova si strinse le mani e pronunciò in tono drammatico: «Si tratta di Gerald».
«Me l’aspettavo. Cos’ha combinato?»
Quella fredda risposta attirò uno sguardo di rimprovero da parte della vedova. «Così affascinante, eppure così implacabile!» Sospirò. «Non mi meraviglia che abbiate spezzato tanti cuori.»
«Non intenzionalmente, madame, ve lo assicuro.» Jasper tirò fuori l’orologio. «Sono spiacente di mettervi fretta, Gloriana, ma il mio calesse è in attesa e non voglio tenere i cavalli troppo a lungo fuori con questo clima rigido. Ditemi di Gerald.»
«I vostri modi, Markham, lasciano alquanto a desiderare.»
«Un attimo fa avete riconosciuto il mio fascino...»
Mrs. Barnabus entrò in lotta con se stessa. Avrebbe voluto impartire al visconte un brusco rimprovero, ma aveva bisogno del suo aiuto e, trovandosi nel dilemma se esigere le sue scuse o lasciar correre, scelse la seconda opzione. Il fatto che lui fosse ben consapevole del tumulto interiore che l’agitava non migliorò il suo umore. Dimenticò il tono mesto e parlò decisa. «Intrattiene una disastrosa relazione affettiva.»
Jasper inarcò un sopracciglio. «Davvero? Non sembra una cosa da lui. Le volte che l’ho incontrato in città ho sempre pensato si trattasse di un giovane damerino assennato.»
A parte una lieve smorfia di disprezzo, lei ignorò la descrizione del suo amato figlio.
«Ecco il motivo della mia preoccupazione. È venuto a trovarmi prima di Natale, esaltando le virtù di questa donna. Una perla rara, a sentir lui. Tuttavia ho dedicato ben poca attenzione alla faccenda. È sempre stato un giovane sensibile ed ero convinta che questa infatuazione si sarebbe presto estinta. Finché uno dei miei conoscenti non mi ha scritto per comunicarmi che questa... questa femmina organizza regolarmente delle serate in cui si gioca a carte. Mi è stato riferito che ha vinto una considerevole somma da Gerald. Duecento ghinee!»
«Una sciocchezza. Potrebbe perdere una somma ben maggiore in una serata da White’s.»
«Forse, ma la mia conoscenza sostiene che ne sta parlando tutta Bath.»
«Bath!» Jasper rise. «Si è innamorato di una ragazza di Bath? È forse inferma o abbastanza vecchia da poter essere sua nonna?»
«Potrà non essere più alla moda come un tempo, ma vi sono ancora persone che amano soggiornarvi.» Replicò Mrs. Barnabus, oltraggiata dal suo umorismo. «Dovrei recarmici io stessa, se le acque di questo luogo non fossero di maggior beneficio per coloro che, come me, sono inclini ai sintomi della tubercolosi.»
«Ebbene, forse dovreste andarci in ogni caso proprio per scoprire qualcosa sul conto di Gerald.»
«Non mi ascolterà. Ha ventun anni ed è responsabile della propria sorte. Inoltre non mi sarebbe possibile affrontare un simile viaggio.»
«Sono appena quindici miglia, cugina.»
«Vi giungerei talmente stremata da non potermi trovare nello stato idoneo ad aiutare il mio povero figliolo.» Gloriana si lasciò cadere all’indietro sul divano e si agitò la boccetta dei sali sotto il naso, indebolita al solo pensiero di un simile tragitto. «No, Markham. In quanto capofamiglia, è vostro preciso dovere salvare Gerald dalle grinfie di questa... arpia.»
«Mia cara madame, non siamo in possesso di prove che quella donna abbia qualcosa che non va, se escludiamo il fatto di aver battuto Gerald a carte. E anche questo non mi meraviglia. Se rammento bene non è mai stato molto sveglio.»
Gloriana spalancò gli occhi per la rabbia. «Siete troppo crudele, Markham. Il ragazzo è più giovane di voi di dieci anni ed è manchevole dell’esperienza del mondo che invece voi avete. E adesso, mentre vi chiedo, anzi, vi imploro di aiutarlo, non riuscite a fare a meno di scherzare.» Si interruppe, estraendo dalla tasca un piccolo ciuffo di merletto e tamponandosi gli occhi.
Jasper la guardò esasperato mentre vedeva sfumare la cena all’Hare and Hounds. D’altro canto, dietro l’apparente noncuranza, era affezionato a Gerald, pertanto cedette con una lieve alzata di spalle.
«Va bene, madame, posso tranquillamente fare una sosta a Bath, stasera. Andrò in cerca di Gerald e scoprirò che cosa ha avviato.»
Respingendo gentilmente le sue effusioni di gratitudine e l’offerta tardiva di un bicchiere di ratafià, Jasper prese congedo da Gloriana e si diresse alla York House.
Giunse all’animato Bath Hotel prima delle cinque, in tempo per riservare le stanze e la cena. Poi, dopo aver cambiato gli abiti da viaggio con redingote e calzoni al ginocchio che a Bath erano richiesti quale abbigliamento per la sera, uscì in cerca di Gerald Barnabus.
Susannah guardò il salotto con soddisfazione. Si andava riempiendo proprio bene e la maggioranza dei tavoli da gioco era occupata.
«Un’altra buona serata.»
Susannah udì un mormorio e si trovò di fianco Kate Logan. Kate era vedova e aveva passato i trent’anni, sebbene sembrasse più giovane e il suo abito alla moda di satin color bronzo attirasse molti sguardi. Susannah sapeva che Kate era ben conscia del proprio fascino e lo utilizzava per avvantaggiarsi al tavolo da gioco, pur non avendo mai ceduto alle proposte di alcun gentiluomo. Proseguì. «Ci sarà un ballo alle Lower Rooms, stasera, pertanto è indubbio che molti se ne andranno alle dieci e noi potremo metterci al lavoro.»
Susannah la tacitò con un’occhiata e pronunciò, in tono di finta severità: «Non c`è alcun lavoro qui, Mrs. Logan. Ci limitiamo a invitare qualche amico affinché si diverta».
L’altra le rivolse un sorriso d’intesa. «Esattamente ciò che intendevo, Susannah.»
«Certo» aggiunse lei con innocenza, «alcuni dei nostri ospiti potrebbero perdere qualche ghinea ai tavoli da gioco, ma c’è ben poco da stupirsi, dopotutto.» Rivolse un’occhiata all’amica, sforzandosi di restare seria, ma fallì miseramente e la sua risata fece voltare diverse teste. «Oh, cielo, ora mi guardano tutti! Andate via, Kate, prima che scordi le buone maniere. Guardate, mia zia vi sta facendo un cenno affinché facciate il quarto a whist.»
«E siede con Mr. e Mrs. Anstruther, i quali passano talmente tanto tempo a bisticciare che perdono invariabilmente. Molto bene, andrò subito, e vedo che è in arrivo il vecchio Maggiore Crommelly. Non dubito che vi terrà impegnata a giocare a piquet, che poi è un pretesto per avervi con lui e sottoporvi ai più stucchevoli complimenti.»
«Può ben ricoprirmi di complimenti finché è felice di giocare una sterlina a punto.» Susannah ridacchiò, voltandosi per salutare l’anziano signore che si stava avvicinando.
Fu solo un’ora più tardi che si alzò dal tavolo, dopo aver rifiutato la proposta del maggiore di giocare un’altra mano.
«Andiamo, mia cara Miss Prentess, la notte è ancora giovane.»
«Lo è di certo, ma ho altri ospiti di cui occuparmi, maggiore, e non posso lasciare che mi monopolizziate.» Addolcì le parole con un sorriso e andò via per unirsi alla zia, che trovò fremente di eccitazione.
«Susannah, sono così felice che tu sia arrivata, ero determinata a interromperti se non avessi terminato.»
«Mia cara zia, cosa vi è capitato per trovarvi in una tale agitazione?»
«È giunto Mr. Barnabus...»
«Tutto qui? Che aspetto ha? Mi auguro non sia troppo avvilito...»
«No, ovvero, non l’ho notato.» Zia Maude batté le mani, eccitata. «Hai visto lo sconosciuto che ha portato con sé?»
«No, stavo giocando a piquet con il maggiore e davo la schiena alla porta.» Susannah si guardò attorno. «Dunque, ha portato un altro gentiluomo? Molto lodevole da parte sua, dimostra che non si è risentito per il mio rifiuto.»
«No, non un gentiluomo qualsiasi, Susannah. Ha portato un visconte! Ecco, sapevo che avresti sbarrato gli occhi.»
«Indubbiamente. Finora non abbiamo mai avuto nessuno più prestigioso di un barone, benché supponga che il generale Sanstead sia di alto rango...»
Mrs. Wilby picchiò il braccio della nipote con il ventaglio chiuso. «Ti prego di restare seria, Susannah, la sua presenza qui aggiunge distinzione! Devi lasciare che te lo presenti subito.»
«Senz’altro, zia. Andate avanti.»
«Non ce n’è bisogno, eccolo che arriva» rispose Mrs. Wilby con un sospiro stridulo. Susannah si guardò attorno e vide due gentiluomini che si avvicinavano. Il primo, un giovanotto tarchiato con un’espressione aperta e fanciullesca sotto una capigliatura folta e bionda, era Gerald Barnabus; lei, dopo un breve sorriso di benvenuto, rivolse l’attenzione al suo compagno. Il contrasto con Mr. Barnabus era straordinario. Gerald appariva accurato, perfino alla moda, vestito da sera, ma la redingote nera del visconte presentava tutti i dettagli di una sartoria londinese. Si adattava perfettamente alle spalle e seguiva le linee affusolate del corpo fino alla vita. I calzoni al ginocchio erano attillati sulle cosce muscolose da atleta, mentre il bianco sconcertante del gilè imbottito e l’impeccabile lino della camicia e del fazzoletto da collo rivelavano un livello di eleganza sartoriale che non si vedeva molto spesso a Bath.
Era alto e asciutto, con capelli neri come la notte. Le dorate, tremolanti luci delle candele accentuavano le linee forti del suo volto attraente. Quando incontrò il suo viso, un lieve fremito le corse giù per la schiena. Era abituata a vedere ammirazione negli occhi di un uomo, ma lo sguardo del visconte era di fredda valutazione.
«Ah, eccovi, Miss Prentess» la salutò Gerald allegramente. «Ho portato un amico con me; ero sicuro che non avreste avuto da obiettare. Ebbene, ho detto amico, ma in realtà è una specie di cugino...»
«Basta con le formalità, Gerald.» La voce del visconte era bassa e piacevole, con appena una nota divertita. Si rivolse a Susannah, rimpiazzando il freddo sguardo con uno smagliante sorriso.
«Sono Markham. Lieto di fare la vostra conoscenza.» Le rivolse un breve inchino. «Come state?»
«Molto bene, milord, vi ringrazio. E naturalmente non possono sussistere obiezioni alla vostra venuta qui con Mr. Barnabus.»
«Sì, sapevo che ne sareste stata lieta» approvò Gerald sorridendo.
Susannah quasi non udì le parole di Gerald, il visconte le aveva infatti preso la mano per portarsela alle labbra.
«Vi fermerete molto a Bath, milord?» Si sforzò di ignorare il palpito dentro di lei, come un lieve battito d’ali nel petto. Il pollice le aveva accarezzato dolcemente le nocche prima di restituirle la mano e la pelle le continuava a fremere al ricordo.
«Sono in viaggio per la capitale. Si tratta solo di una sosta per fare una visitina a mio cugino.»
«Motivo per cui l’ho convinto a tentare la sorte qui con me, stasera» aggiunse Gerald.
«E noi siamo liete di avervi con noi.» Mrs. Wilby aprì il ventaglio e la guardò mentre Susannah restò muta al suo fianco, tentando di trovare un senso alla propria reazione di fronte a quello sconosciuto. «A cosa avreste piacere di giocare, milord?»
«Siete troppo gentile, madame, ma se non avete da obiettare andrò un po’ in giro.» Concesse a zia Maude un sorriso talmente affascinante che Susannah non fu affatto sorpresa di vederla sorridere affettatamente come una scolaretta. «Intendo valutare gli avversari, prima di impegnarmi nel gioco.»
«Non troverete del gioco impegnativo qui, milord» replicò Susannah. «E neppure giocatori d’azzardo.»
«No?» Lui inarcò un sopracciglio. «Neppure voi, Miss Prentess?»
Di nuovo avvertì un fremito lungo la schiena. Era abbastanza vicina da poter vedere i suoi occhi. Fra il grigio e il blu, e duri come ardesia. Scosse il capo. «Non è mia abitudine giocare d’azzardo, milord.»
«È comunque brava» interloquì Gerald. «Scommetto che riuscirebbe a tenerti testa, cugino.»
«Dici davvero? Forse dovremmo metterla alla prova.»
La sua voce era morbida, ma lei percepì una nota sprezzante nel tono. Con sgomento sentì il rossore salirle alle guance. Non riuscì a nasconderlo, così sollevò il mento e replicò a Gerald con un sorriso. «Siete troppo buono, Mr. Barnabus. Non ho desiderio di contrappormi a chi è indubbiamente un maestro.»
Si scusò per poi allontanarsi. Mentre passava accanto al tavolo presieduto da Mrs. Logan, Kate allungò una mano per trattenerla. «Sembra che abbiate preso un pesce grosso nella rete laggiù, Susannah» mormorò. «Di chi si tratta?»
«Del Visconte di Markham, il cugino di Gerald.»
«Davvero? Un pesce molto grosso, dunque.» Gli occhi di Kate guizzarono sul visconte, poi tornarono sull’amica. «Non vi fa forse piacere?»
«Sembra intenzionato a deridere la nostra serata.» Susannah alzò le spalle. «Lascerò che sia mia zia a occuparsi di lui. Se non siamo di suo gradimento spero che non rimarrà a lungo.»
Un grido riportò l’attenzione di Kate sul gioco e Susannah si allontanò. Sedette insieme a un gruppo che giocava a loo e cercò di fare attenzione alle carte, ma per tutto il tempo rimase consapevole della figura imponente del visconte che girovagava per la stanza. Poi, all’improvviso, non riuscì più a vederlo e si domandò se si fosse lasciato convincere a sedersi a uno degli altri tavoli o se avesse preso congedo. Il disagio che aveva sentito in sua presenza la fece sperare che si trattasse di quest’ultima opzione.
Mentre la serata trascorreva e il numero dei presenti si riduceva, Susannah notò il lieve e familiare cambiamento nell’andamento del gioco. Le chiacchiere e le risate si affievolirono a poco a poco mentre quelli che erano rimasti si concentravano. Due giovani gentiluomini la impegnarono a giocare fino a quando il gong non annunciò il rinfresco di mezzanotte.
«Miss Prentess» l’apostrofò ridendo uno dei giovanotti, gettando le carte con simulato disgusto. «Siete imbattibile, stasera.»
«Sì, ha vinto quasi ogni mano» dichiarò l’altro osservando Susannah che si impossessava della piccola pila di monete sul tavolo. «Mi auguro concederete a Warwick e a me l’occasione di prenderci la rivincita, più tardi».
«Ancor più importante, Farthing, mi auguro che Miss Prentess mi concederà di accompagnarla a cena» aggiunse Mr. Warwick, guardando Susannah pieno di speranza.
«No, a tal riguardo, l’onore spetta sicuramente a me» intervenne Farthing. «Perlomeno ho vinto una mano, quindi si può dire che abbia avuto la meglio su di voi!»
Susannah alzò le mani, ridendo. «Signori, vi prego, non bisticciate per una tale inezia.»
«Specialmente quando la mano è già stata vinta» pronunciò una voce profonda e divertita. «Sono venuto ad accompagnarvi a cena, Miss Prentess.»
Susannah si voltò e vide Lord Markham in piedi dietro di lei con la mano sullo schienale della sua sedia.
«Davvero, milord?» La sua sicurezza la innervosiva. «Ritengo che questi gentiluomini potrebbero avere qualcosa in contrario.»
Con un’occhiata Susannah scoprì che i due uomini erano fin troppo in soggezione davanti a un visconte per sollevare obiezioni. Restò delusa quando balzarono in piedi, pronunciando frasi sconnesse. «Lo... lord Markham! Ne... nessuna obiezione, milord.»
«Solo troppo lieti...»
«Ecco, vedete? Nessuna obiezione.» Il buonumore che sprizzava dagli occhi di Lord Markham non placò Susannah, ma non sarebbe stato un bene mostrare il proprio disappunto, quindi con un arrendevole sorriso gli prese la mano e gli concesse di condurla. Mentre attraversavano la stanza lei si guardò attorno. «Ah, mia zia ha iniziato un’altra mano. Forse desidera che l’aiuti...»
«No, è stata lei a suggerirmi di portarvi giù da basso.» Quando Susannah esitò, aggiunse: «Potete verificare, Miss Prentess, che tutti sono perfettamente soddisfatti. Prendetevi una piccola pausa. Dopotutto, non è una bisca, questa.»
Lo guardò torva, ma lui continuò a sorridere. Benché si comportasse in modo educato, aveva la netta sensazione che quell’uomo fosse guardingo, che la stesse valutando. Che importanza aveva?, si domandò. Non sarebbe rimasto a Bath.
Lo accompagnò alla stanza dei rinfreschi, dove sul tavolo era sistemata una selezione di salumi misti, frutta e dolci. Susannah prese qualcosa restando sorpresa dal disinteresse del suo accompagnatore verso il cibo.
«Sono spiacente di non potervi offrire minestra o pasticcio, Lord Markham. I nostri ospiti si accontentano di un leggero pasto freddo.»
«Non ho bisogno di nulla, vi ringrazio.»
Trovarono un tavolo vuoto e si sedettero. Susannah prese un po’ di carne di pollo, ma le era passato l’appetito, con il visconte seduto di fronte a lei.
«Lavorate sodo per i vostri... ricevimenti, Miss Prentess.»
«Aiuto mia zia meglio che posso, milord.»
«E ogni quanto li tenete?»
«Ogni martedì.»
«Davvero? Le carte devono appassionarvi proprio, madame.»
«A mia zia divertono, sì.»
«Allora ho torto.»
Lei lo guardò, cominciando a capire. «Ah, comprendo la questione» replicò sorridente. «Siete preoccupato per vostro cugino.»
«Non dovrei forse esserlo?»
«A Mr. Barnabus non accadrà nulla di male qui.»
«Eppure gli avete già sottratto duecento ghinee in una sola notte.»
Lei lo fissò. «Come lo sapete? È stato lui a dirvelo?»
«Non ce n’è stato bisogno. Un gioco tanto oneroso suscita commenti.»
«Gioco oneroso?» Susannah rise. «Sono certa che nei vostri club di Londra una tale somma verrebbe considerata insignificante.»
Lui si sporse in avanti. «Ma qui non siamo nel mio club di Londra, Miss Prentess.»
Il disagio che aveva provato per tutta la sera si intensificò. Mise giù la forchetta. «È stato sfortunato. Non ho più permesso che capitasse.» Incontrò gli occhi di lui, rispondendo al suo sguardo con fermezza. «Non sto cercando di tendere una trappola a vostro cugino.»
«No?»
«Ma certo che no!» Susannah esitò. «Forse lo ignorate, ma mi ha proposto di sposarlo e io ho rifiutato. Ciò non vi dice forse che non ho mire su di lui?»
«Magari sperate di catturare una preda più grossa.»
Una parte della tensione si sciolse e lei scoppiò a ridere per l’assurdità di quell’affermazione. «Milord, avete visto gli invitati di mia zia. Coppie, perlopiù, e per quanto riguarda i gentiluomini soli, o sono troppo vecchi per cercarsi una moglie o devono ancora farsi strada nel mondo.»
«E sono molto sensibili alle moine di una bella donna.»
Susannah si accigliò. «Trovo questa insinuazione alquanto insolente, milord» ribatté, quindi spinse il piatto da una parte. «Bene, adesso devo tornare di sopra.»
«Come desiderate.»
Ciò che desiderava era che quell’uomo uscisse da casa sua, ma non avrebbe potuto scacciare un visconte senza un valido motivo, né poteva farlo senza sollevare uno scandalo. Quindi si limitò a rientrare in salotto, congedando il suo accompagnatore con un freddo cenno del capo.
Una partita in coppia con Kate le risollevò l’umore. Era concentrata sul gioco, dunque non teneva d’occhio chi si congedava. Ma quando terminò di giocare, Gerald si avvicinò e lei non poté evitarlo.
«Ci state lasciando, Mr. Barnabus?» Mise da parte le carte e si alzò per salutarlo.
«Sì, mio cugino mi ha invitato a bere un brandy da lui, se mi permettete di congedarmi.»
Con la coda dell’occhio Susannah vide Lord Markham leggermente indietro rispetto al cugino. Le avrebbe dato enorme piacere dire a Gerald che non gliel’avrebbe permesso. Sarebbe rimasto, ne era certa, ma avrebbe riacceso in lui le speranze e non intendeva ingannarlo. Quindi gli sorrise mentre lui si chinava sulla sua mano mormorando, abbastanza forte affinché il visconte udisse, che sperava di vederlo di nuovo molto presto.
«Ho visto che il visconte vi ha accompagnato a cena.» Mrs. Logan la raggiunse mentre Susannah osservava i due uomini lasciare la stanza. «Credete sia un’altra conquista?»
«Difficilmente.» Lei ridacchiò. «Il visconte è più incline a ritenermi una cacciatrice d’oro. Non dubito che avrà messo in guardia suo cugino.»
«Peccato. Sarebbe potuto essere un ricco pollo da spennare.»
«Vorrei non utilizzaste tali termini gergali, Kate.»
«Sono la vedova di un soldato, tesoro. Ne conosco di ben peggiori.»
«Ne sono certa e sono lieta che vi siate lasciata quella vita alle spalle.»
«Sì, insieme alla necessità di un marito.»
«Suvvia, Kate. Siete ancora giovane e ho visto come gli uomini si accalcano attorno a voi. Siete sicura di non volervi risposare?»
«Sottomettermi al potere di un uomo quando, in quanto vedova, posso amoreggiare con chiunque desideri?» Kate scosse la testa. «Mai. Mai più. Sapete bene quanto me quali mostri gli uomini possano rivelarsi se si permette loro di dominarci.»
Lei rabbrividì. «Non pensiamoci, Kate.» Abbracciò l’amica. «Adesso, vediamo cosa si può fare per convincere i rimanenti ospiti a rimettersi in cammino. Devo andare a letto, dato che domattina dovrò alzarmi presto.» Abbassò la voce. «Odesse mi ha inviato un biglietto. Abbiamo un’altra assistita.»
L’altra spalancò gli occhi. «Le voci corrono» mormorò.
Susannah annuì. «Sì. Domani mi assicurerò che sia ben sistemata.»
«Non è necessario» replicò Kate. «Mrs. Gifford...»
«Una cara persona, ma desidero parlare con ciascuna delle nostre... assistite io stessa, le rassicura.» Lei rise. «Vi prego di non guardarmi con tanta disapprovazione. È stata un’idea più vostra che mia.»
«Lo so, ma non era mia intenzione che doveste rimanerne tanto coinvolta.»
La risata di Susannah si spense. «Perché no? È la mia ragione di vita, Kate.»
Il tragitto per George Street non era lungo, ma la ventata gelida che li colpì uscendo da Royal Crescent indusse Gerald a chiedere a Jasper se non fosse meglio rientrare e mandare un domestico a chiamare una carrozza.
«Per nessuna ragione» replicò lui. «L’aria fresca ci farà bene. A meno che non intendiate insinuare che sono troppo vecchio per una simile distanza...»
Gerald rise. «Non mi azzarderei mai. Andiamo a piedi.» Infilò una mano sotto il braccio di Jasper e si incamminarono a passo svelto verso il Circus. «Ditemi cosa pensate di Susannah.»
«Miss Prentess? A una prima occhiata è una vera bellezza.»
«È splendida, non è così? Una dea dorata! Ma non è solo il suo aspetto, Jasper, è anche la sua forza d’animo. È talmente buona, così indulgente.»
«Non al punto da non prelevare i vostri soldi dal tavolo.»
«No, no, una sciocchezza. Non permette a nessuno di perdere più di cinquanta ghinee per mano.»
«Non è ciò che ho sentito dire.»
«Ah.» Gerald rise, imbarazzato. «Hai detto di essere passato da mia madre. Suppongo ti abbia chiesto di venire a salvarmi.»
«Non in questi termini.»
L’altro imprecò sottovoce. «Maledette pettegole di Bath, che le riferiscono ogni mia mossa! È accaduto una volta sola ed esclusivamente a causa mia. Susannah non voleva prendere i miei soldi, ve l’assicuro, ho dovuto quasi implorare che lo facesse. Erano soldi che potevo permettermi di perdere.»
«Questo è ciò che dicono tutti i giocatori d’azzardo.»
Gerald si interruppe per allontanarsi. «Non sono un giocatore d’azzardo, Jasper. Se lo fossi mi troverei a trastullarmi in qualche bisca invece che nel salotto di Mrs. Wilby!»
Il chiarore di un lampione vicino mostrò il volto serio del ragazzo. Jasper gli mise una mano sulla spalla. «No, non penso che tu lo sia. Devo supporre che l’attrazione sia Miss Prentess, piuttosto che le carte?»
«Proprio così. Avrai notato quanti giovani damerini erano presenti, stasera.»
«E vecchi libertini» aggiunse Jasper.
«È di gran moda essere invaghiti di lei.» Il giovane riprese a camminare, nuovamente di buonumore. «È bellissima ed è anche un’ereditiera.»
«Davvero?»
«Sì. È l’erede del vecchio Middlemass, non lo sapevi?»
«Che cosa? Il nababbo?»
«Esatto.»
«Ebbene, ciò spiega la casa in Royal Crescent.»
«Sì, il vecchio l’ha comprata di ritorno dall’India, ma l’ha utilizzata di rado. Susannah è la sua unica parente. Viveva con lui a Westbury ed erediterà tutto quando compirà venticinque anni.»
«Dunque non sono più sorpreso che tutta Bath sia ai suoi piedi. Ma perché Gloriana dovrebbe definirla una disastrosa relazione affettiva?»
«Non tutti a Bath amano Miss Prentess.»
«Avrei pensato che la sua fortuna l’avrebbe universalmente resa degna di ammirazione.»
«Sì, be’, Bath non è Londra, Jasper. La rispettabilità qui è tutto, sai? E vi sono molti sommi fautori della rigidità, inclusi coloro che hanno scritto a mia madre. E Miss Prentess non modifica la propria condotta solo per lusingarli.»
«Cos’hanno contro quella signora?»
«Per un verso non approvano che si sia sistemata in Royal Crescent insieme alla zia, anche se sospetto sia un appunto dettato dalla gelosia, dal momento che lei può permetterselo. Poi la sua nascita. Il padre era un soldato e la madre la figlia di un ufficiale.» Aggiunse in fretta: «Me ne sono accertato, prima di...».
«Sì?» lo incitò Jasper.
«Le ho offerto la mia mano.»
Non c’era possibilità di fraintendere il tono alquanto belligerante di Gerald. Era evidente che si aspettava che Jasper ne restasse indignato. Invece lui si limitò a replicare: «Sono lieto che tu dimostri tanta presenza di spirito».
Gerald tornò a rilassarsi e gli assestò un pugno scherzoso alle costole. «Ebbene, non io! Non sono un simile sciocco.» Sospirò. «Ero certo che quella fortuna avrebbe riconciliato la mamma con lei e ritengo che sarebbe accaduto se Susannah mi avesse accettato.»
«Che importanza ha, visto che la signora vi ha rifiutato...»
«Confido di convincerla a cambiare idea.» Erano giunti in George Street e all’ingresso di York House. Jasper si tenne indietro per lasciare che Gerald lo precedesse, ma il giovanotto si girò, dicendogli serio: «L’hai conosciuta, Jasper. Potresti parlare tu a mia madre. Susannah... Miss Prentess è infinitamente superiore a qualsiasi altra donna io abbia mai conosciuto, devi riconoscerlo».
«Sì...» Lui gli offrì un sorriso comprensivo. «... ma io ho conosciuto molte più donne di te, cugino. Adesso, possiamo entrare e ripararci dal freddo?»
Gerald prese congedo un paio d’ore dopo ma, invece di ritirarsi subito, Jasper si servì dell’altro brandy e si sistemò in poltrona accanto al fuoco. Aveva compiuto il proprio dovere con il cugino, ma non aveva trovato niente che non andasse in Susannah Prentess, anche se in effetti, qualcosa lo assillava.
Aveva trascorso la serata in Royal Crescent, osservando e ascoltando. Il ricevimento sembrava innocuo e tutti si divertivano. Sia Mrs. Wilby che la nipote erano eccellenti giocatrici, come non se ne vedevano in città. E poi c’era la vedova, Mrs. Logan. Sembrava molto intima con Miss Prentess e quando le due signore sedevano insieme al tavolo da gioco erano imbattibili.
Si accigliò, tenendo il brandy tra le mani. Non aveva trovato prova di pratica disonesta e aveva notato che Miss Prentess teneva le puntate deliberatamente basse e allontanava garbatamente ogni gentiluomo che stesse perdendo troppo. Era molto furba a vincere piccole somme, non sufficienti a causare angoscia al perdente, o a sollevare sospetti. Comunque era presente perlomeno una dozzina di gentiluomini e cinquanta ghinee ciascuno...
«Ma che diavolo, è un’ereditiera» mormorò. «Non può volere il denaro!»
Forse le due donne avevano bisogno di fondi aggiuntivi per il loro stile di vita, si disse, anche se nulla era ostentato.
Terminò il suo brandy in un sorso e posò il bicchiere. Aveva portato a compimento la sua promessa. Avrebbe potuto scrivere a Gloriana per rassicurarla che Miss Prentess non era affatto un’arpia, ma qualcosa ancora non gli quadrava.
Sarebbe rimasto a Bath ancora un po’.