- Ne siete certa? -
- Mettereste in dubbio la parola della signora Wilkes! - esclamò Baldo, drizzando la barba.
- Scusate, signora Wilkes. Non intendo mancarvi di rispetto. Se mi date la vostra parola, non frugherò la casa. -
- Avete la mia parola. Ma frugate pure, se volete. Sono tutti e due a una riunione, nella bottega del signor Kennedy. -
- Non ci sono. Non vi è nessuna riunione stasera - rispose cupamente il capitano. - Aspetteremo fuori il loro ritorno. -
Si inchinò brevemente e uscì, chiudendo la porta. Le persone rimaste in casa udirono un ordine brusco, soffocato dal fischio del vento: - Circondate la casa. Un uomo a ogni porta e ad ogni finestra. - Vi fu un calpestio. Rossella dominò un sussulto di spavento vedendo dietro ai vetri delle finestre dei visi barbuti che guardavano dentro. Melania sedette e con una mano che non tremava prese un libro che era sulla tavola. Era una copia squinternata dei "Miserabili", il libro che aveva sedotto la fantasia dei soldati confederati, i quali lo leggevano presso i fuochi dell'accampamento. Lo aperse a caso e cominciò a leggere con voce chiara e monotona.
- Cucite - ordinò Baldo in un rauco bisbiglio; e le tre donne a cui la fredda voce di Melania dava un po' di forza, ripresero il loro lavoro curvando la testa.
Rossella non seppe mai per quanto tempo Melania continuò a leggere sotto gli sguardi osservatori; ma certo le sembrò che fossero trascorse delle ore. Non udì una parola di quanto sua cognata leggeva. Ora pensava anche a Franco. Questa era dunque la spiegazione della calma apparente che aveva mostrato quella sera! E le aveva promesso che non si sarebbe mai immischiato nel Klan... Ciò che stava accadendo era proprio quello che lei aveva temuto! Tutto il lavoro di quell'ultimo anno andrebbe in malora. Tutte le sue lotte, i suoi terrori, le sue fatiche erano state inutili. E chi avrebbe immaginato che il vecchio Franco, così privo di vivacità, si sarebbe messo negli impicci con quelle teste calde del Klan? In questo momento poteva anche essere morto... E se non era morto e gli yankees lo prendevano, sarebbe impiccato. E anche Ashley!
Si ficcò le unghie nelle palme fino a fare apparire quattro piccoli semicerchi rossi. Come faceva Melania ad essere così calma mentre Ashley correva il pericolo di essere impiccato? Mentre poteva esser morto? Eppure in quella voce dolce e fredda era qualche cosa che la costringeva a irrigidirsi, che le impediva di balzare in piedi e di mettersi a urlare.
La sua mente tornò alla notte in cui Toni Fontaine era arrivato, inseguito, esausto, senza denaro. Se non fosse arrivato a casa loro e non gli fosse stato dato del denaro e un cavallo fresco, sarebbe stato impiccato da un pezzo. E se Franco e Ashley non erano morti, in quel momento essi si trovavano nella stessa posizione di Toni; anzi peggiore. Con la casa circondata di soldati, non potevano venire a rifornirsi di abiti e di denaro senza essere catturati. E probabilmente tutte le case vicine erano ugualmente sorvegliate dagli yankees, sicché era loro impossibile rivolgersi per soccorso agli amici. E forse in questo momento essi correvano follemente nelle tenebre, verso i confini del Texas.
Ma Rhett... forse Rhett li ha raggiunti in tempo. Rhett ha sempre una quantità di denaro liquido in tasca. Forse ne presterà loro tanto da permettere che si mettano in salvo. Ma la cosa è strana. Perché Rhett si è preoccupato della salvezza di Ashley? Con l'antipatia e il disprezzo che ha per lui... E allora perché...
Ma questo indovinello svanì in una rinnovata angoscia per la salvezza di Franco e di Ashley.
"Tutta colpa mia!" continuava a rimproverarsi. "Lydia e Baldo hanno detto la verità. Colpa mia. Ma non supponevo che alcuno di loro fosse tanto pazzo da unirsi al Klan! E non ho mai creduto che qualche cosa di serio potrebbe veramente accadermi! Ma non potevo fare altrimenti. Melania ha detto il giusto. La gente deve fare ciò che deve. E io dovevo far lavorare gli stabilimenti! Avere del denaro! E ora probabilmente perderò tutto, e per colpa mia!"
Dopo un certo tempo, la voce di Melania si indebolì e a poco a poco tacque. Ella volse il capo verso la finestra e guardò come se al di là dei vetri non vi fosse un soldato yankee. Le altre alzarono anch'esse il capo, colpite dal suo atteggiamento di attenzione, e tesero l'orecchio esse pure.
Si udì un rumore di cavalli e un canto, attenuato dalle finestre chiuse, portato via dal vento, ma pure riconoscibile. Era la più odiosa e la più odiata delle canzoni, quella che narrava degli uomini di Sherman "in marcia attraverso la Georgia"; e chi la cantava era Rhett Butler.
Aveva appena finito i primi versi quando altre due voci ubriache sopraffecero la sua; voci irritate e istupidite che annaspavano e gorgogliavano senza che si riuscisse a distinguere le parole. Vi fu un rapido comando del capitano Jaffery e uno scalpiccio. Ma prima di questi rumori, le signore si erano guardate stupite. Le voci avvinazzate che disputavano con Rhett erano quelle di Ashley e di Ugo Elsing.
Nel viale d'accesso si udirono adesso le voci più forti: quella del capitano Jaffery breve e interrogativa, quella di Ugo acuta e punteggiata di risate stupide, quella di Rhett bassa e indifferente, quella di Ashley strana, irreale, che gridava: - All'inferno! All'inferno! -
"Non può essere Ashley!" pensò Rossella disordinatamente. "Non si è mai ubriacato! E Rhett... No, quando Rhett beve diventa taciturno; mai così chiassoso!"
Melania si alzò e insieme a lei si alzò anche Baldo. Udirono la voce aspra del capitano: - Questi due uomini sono in stato di arresto. - La mano di Baldo strinse l'impugnatura della pistola.
- No - sussurrò Melania con fermezza. - Lasciate fare a me. -
Il suo volto aveva la stessa espressione che Rossella aveva visto quel giorno a Tara, quando Melania era in cima alle scale e guardava lo yankee morto, tenendo nella manina fragile la pesante sciabola... un'anima dolce e timida a cui le circostanze davano la prudenza e la furia di una tigre. Spalancò la porta.
- Portatelo dentro, capitano Butler - disse con voce chiara, un po' mordente. - Immagino che lo abbiate trovato di nuovo ubriaco. Portatelo dentro. -
Dal viale buio pieno di vento, il capitano parlò: - Mi dispiace, signora, ma vostro marito e il signor Elsing sono in arresto. -
- Arresto? Per cosa? Per ubriachezza? Se tutti gli ubriachi che sono in giro per Atlanta dovessero essere arrestati, tutta la guarnigione yankee sarebbe in prigione continuamente. Via, capitano Butler, portatelo dentro... se siete in grado di camminare, anche voi! -
Il cervello di Rossella non funzionava rapidamente; e per un attimo nulla di quanto stava accadendo ebbe per lei un senso qualsiasi. Sapeva benissimo che né Rhett né Ashley erano ubriachi, ed era certa che anche Melania lo sapeva. Eppure ecco Melania, sempre così fine e gentile, che gridava come una trecca. e per di più dinanzi a uno yankee, accusando i due uomini di non essere in grado di camminare!
Vi fu una breve discussione soffocata, punteggiata di bestemmie; dei passi incerti salirono i gradini. Sulla soglia apparve Ashley, pallidissimo, i biondi capelli scompigliati, la testa oscillante, il lungo corpo avvolto dal collo alle ginocchia nella cappa nera di Rhett. Ugo Elsing e Rhett, entrambi malfermi sulle gambe, lo sorreggevano uno per parte; era evidente che senza il loro aiuto sarebbe caduto a terra. Dietro a loro veniva il capitano yankee, il cui volto esprimeva un misto di sospetto e di divertimento. Rimase sulla soglia; dietro le sue spalle i suoi soldati occhieggiavano curiosamente mentre il vento freddo penetrava nella casa.
Rossella, spaventata e perplessa, lanciò un'occhiata a Melania e poi ad Ashley; e un po' di luce cominciò a farsi nella sua mente. Aperse la bocca per gridare: "Ma non può essere ubriaco!" ma ringoiò le parole. Comprese che stava assistendo a una commedia disperata, da cui dipendevano alcune vite. Non vi era parte per lei né per zia Pitty, ma gli altri stavano recitando come attori in un dramma provato numerose volte. Comprese a metà; ma le bastò per capire che doveva tacere.
- Mettetelo sulla poltrona - gridò Melania indignata. - E voi, capitano Butler, lasciate immediatamente questa casa! Come osate metter piede qui dentro, dopo averlo ridotto di nuovo in questo stato! -
I due uomini posarono Ashley in una poltrona e Rhett barcollando, si afferrò alla spalliera per reggersi e si rivolse al capitano con voce dolente.
- Vedete che bel ringraziamento? Per avere impedito che la polizia lo prendesse, e averlo riportato a casa; e per tutta la strada non ha fatto che urlare e tentare di graffiarmi! -
- E voi, Ugo, non vi vergognate? - riprese Melania. - Che cosa dirà la vostra povera mamma? Così ubriaco e... in compagnia di un rinnegato amico degli yankees come il capitano Butler! E tu, Ashley, come hai potuto fare una cosa simile? -
- Non sono mica tanto ubriaco, Melly! - borbottò Ashley; e nel dire queste parole si piegò in avanti e appoggiò il capo sulla tavola nascondendolo fra le braccia.
- Baldo, portatelo in camera sua e mettetelo a letto.. come il solito - ordinò Melania. - zia Pitty, ti prego, corri a rimboccare le lenzuola, e... oooh! - improvvisamente ruppe in lacrime. - Come ha potuto, dopo avermi promesso...? -
Baldo aveva già passato un braccio sotto la spalla di Ashley e zia Pitty, spaventata e incerta, si era alzata in piedi, quando il capitano intervenne.
- Non lo toccate. È in stato di arresto. Sergente! -
Quando il sergente entrò nella stanza, col fucile a tracolla, Rhett cercando evidentemente di tenersi ritto, posò una mano sul braccio del capitano e riuscì, con una certa difficoltà, a fissarlo negli occhi.
- Tom, perché lo arrestate? Non è molto ubriaco. L'ho visto più ubriaco di così. -
- Accidenti agli ubriachi! - esclamò il capitano. - Per conto mio, potrebbero anche star coricati in mezzo alla strada. Io non faccio il poliziotto. Questo signore e il signor Elsing, sono arrestati per complicità in un'incursione del Klan stasera a Shantytown. Sono stati uccisi un negro e un bianco. Il signor Wilkes dirigeva la spedizione.-
- Stasera? - Rhett cominciò a ridere. Rideva così forte che dovette mettersi a sedere sul divano prendendosi la testa fra le mani. - Stasera no davvero, Tom - riprese quando poté parlare. - Questi due sono stati con me tutta la sera... dalle otto in poi, quando, secondo quello che hanno raccontato in famiglia, avrebbero dovuto recarsi a una riunione politica.-
- Con voi, Rhett? - Una ruga si incise sulla fronte del capitano, il quale guardò dubbiosamente Ashley che russava e sua moglie che piangeva. - Ma... dove siete stati? -
- Non ve lo posso dire - e Rhett lanciò verso Melania un'occhiata da ubriaco furbo.
- Farete meglio a parlare! -
- Andiamo sotto al porticato e vi dirò dove siamo stati. -
- Ditemelo adesso. -
- Non mi piace dirlo davanti alle signore. Se le signore escono dalla stanza...-
- Non voglio uscire! - gridò Melania incollerita, asciugandosi gli occhi. - Ho il diritto di sapere. Dov'è stato mio marito? -
- Nell'allegra casa di Bella Watling - e nel dir questo Rhett sembrò molto vergognoso. - E' stato laggiù con Ugo, con Franco Kennedy e il dottor Meade e... molti altri di loro. Era tutta una comitiva. La cosa in grande. Champagne. Ragazze...-
- Da... da Bella Watling? -
La voce di Melania si levò rompendosi poi in un gemito così doloroso che tutti gli occhi si volsero a lei spaventati. Ella si portò la mano al petto, convulsa, e prima che Baldo facesse in tempo a sorreggerla, cadde svenuta. Seguì un momento di confusione mentre Baldo la sollevava, Lydia correva in cucina a prender dell'acqua, Pitty e Rossella la sventolavano e le percuotevano le palme; Ugo Elsing continuava a gridare: - Avete fatto un bell'affare! Un bell'affare! -
- Adesso tutta Atlanta sarà informata - proruppe Rhett con violenza. - Sarete contento, Tom. Domani non vi sarà più una donna ad Atlanta che vorrà rivolgere la parola a suo marito.-
- Non immaginavo, Rhett... - Malgrado il vento freddo che attraverso la porta aperta lo investiva, il capitano era tutto in sudore. -Sentite... Siete disposto a giurare che erano a... uhm... da Bella? -
- Sicuro! - borbottò Rhett. - E se non mi credete, andate a domandarlo a Bella. Ora lasciatemi portare la signora Wilkes in camera sua. Datela a me, Baldo. Sì, posso portarla. Miss Pitty, precedetemi con la lampada. -
Tolse con facilità il corpicino di Melania dalle braccia di Baldo.
- Voi, Baldo, andate a mettere a letto il signor Wilkes. Non voglio più vederlo né toccarlo da stasera in poi! -
La mano di Pitty tremava talmente che la lampada rappresentava una vera minaccia per la sicurezza della casa; comunque, riuscì a tenerla e trotterellò verso la camera da letto. Baldo passò un braccio sotto ad Ashley, con un grugnito, e lo sollevò.
- Ma... io debbo arrestare questi uomini! -
Rhett si volse dal corridoio semibuio.
- Arrestateli domattina. Certo non possono seguirvi, in questo stato... e non ho mai saputo che ubriacarsi in una casa di piacere fosse illegale. Santo Dio, Tom! Ci sono cinquanta persone che possono attestare di averli visti in casa di Bella! -
- Ci sono sempre cinquanta persone pronte a testimoniare che un meridionale era in un luogo dove non era affatto - disse cupamente il capitano. - Voi verrete con me, signor Elsing. Lascerò qui il signor Wilkes dietro parola d'onore di...-
- Io sono la sorella del signor Wilkes e garantisco che domani si presenterà - disse Lydia freddamente. - Ora volete avere la cortesia di andarvene? Avete procurato abbastanza scompiglio per questa sera! -
- Me ne rammarico infinitamente. - Il capitano si inchinò con imbarazzo. - spero soltanto che questi signori possano provare la loro presenza nella... hm... in casa della signorina... della signora Watling. Volete dire a vostro fratello che dovrà presentarsi domattina al Capo del Consiglio disciplinare per essere interrogato? -
Lydia si inchinò freddamente e, posando la mano sul pomo della porta, fece comprendere senza parlare che una sollecita partenza degli yankees sarebbe stata gradita. Il capitano e il sergente si ritirarono, conducendo seco Ugo Elsing; ed ella sbatté la porta dietro di loro. Senza neanche guardare Rossella, andò rapidamente alle finestre e chiuse le imposte. Rossella, cui le ginocchia tremavano, afferrò la spalliera della poltrona su cui era stato Ashley per sorreggersi. Abbassando gli occhi, si accorse che sul cuscino era una macchia scura e umida, grande come una mano. Stupita, la toccò e vide con orrore che il suo palmo era bagnato di rosso.
- Lydia - mormorò. - Lydia! Ashley è... ferito. -
- Stupida! Avevi creduto davvero che fosse ubriaco? -
Lydia chiuse l'ultima imposta e corse in punta di piedi verso la camera da letto, seguita da Rossella che aveva il cuore in gola. Il corpo di Rhett sbarrava la porta; ma Rossella scorse Ashley, pallido e immobile, sdraiato sul letto. Melania, stranamente attiva per una persona appena rinvenuta da uno svenimento, gli stava rapidamente tagliando la camicia imbevuta di sangue con le forbicine da ricamo. Baldo sorreggeva la lampada in modo da darle luce e teneva un dito nodoso sul polso di Ashley.
- E' morto? - gridarono le due ragazze insieme.
- No - rispose Rhett - è soltanto svenuto perché ha perduto molto sangue. E' ferito alla spalla. -
- Perché lo avete portato qui, pazzo che siete? - gridò Lydia. - Lasciatemi passare! Voglio andargli vicino... Perché lo avete portato qui per farlo arrestare? -
- Era troppo debole per poter viaggiare. Non vi era nessun altro luogo dove portarlo. D'altronde... volete che vada in esilio come Toni Fontaine? Volete che una dozzina dei vostri amici siano costretti ad andarsene nel Texas sotto nomi falsi e vi rimangano tutta la vita? Vi è invece la possibilità di trarli d'impaccio se Bella... -
- Lasciatemi passare! -
- No, signorina Wilkes C'è dell'altro da fare per voi. Dovete andare a chiamare un dottore... non il dottor Meade. E' implicato anche lui nella faccenda e probabilmente in questo momento si starà giustificando con gli yankees. Cercate un altro medico. Avete paura di andar sola di notte? -
- No - rispose Lydia; e i suoi occhi chiari brillarono. - Non ho paura. - Prese il mantello di Melania che era appeso a un attaccapanni nel vestibolo. - Vado a chiamare il vecchio dottor Dean. - La sua voce ora era tranquilla; con uno sforzo prodigioso si era calmata. - Vi chiedo scusa di avervi dato della spia e del pazzo. Non avevo capito. Vi sono profondamente grata di ciò che avete fatto per Ashley.. ma vi disprezzo ugualmente. -
- Apprezzo la sincerità... e vi ringrazio, - Rhett si inchinò e le sue labbra si piegarono a un sorriso divertito. - Ora sbrigatevi, prendendo le strade traverse; e non rientrate in casa se vedete dei soldati in giro.
Lydia lanciò ancora uno sguardo angosciato verso Ashley e avvolgendosi nel mantello, corse leggermente attraverso il vestibolo uscendo dalla porta posteriore, e dileguò nella notte.
Rossella, sforzandosi a guardare al disotto del braccio di Rhett sentì battere il cuore vedendo che Ashley aveva aperto gli occhi. Melania afferrò un asciugamano piegato dal reggicatinella e lo premette sulla spalla grondante sangue; Ashley sorrise debolmente rassicurandola. Rossella sentì gli occhi duri e penetranti di Rhett posarsi sopra di lei e comprese che il suo volto rivelava ciò che aveva in cuore; ma non se ne curò. Ashley perdeva sangue, forse stava morendo, e lei che lo amava aveva cagionato quella ferita. Avrebbe voluto precipitarsi accanto al letto, piombare in ginocchio e stringere a sé quel corpo disteso; ma tremava talmente che non poté neppure entrare nella stanza. Con la mano sulla bocca, osservò Melania che aveva posto sulla spalla del marito un altro asciugamano, premendo con tutte le sue forze, come se avesse voluto respingere entro il corpo il sangue che tentava di uscirne. Ma l'asciugamani diventava rosso come per incanto.
Come si poteva perdere tanto sangue e continuare a vivere? Ma, grazie a Dio, non vi erano bollicine di schiuma sanguigna sulle sue labbra... quelle tremende bollicine precorritrici di morte che ella conosceva così bene per aver visto tanti feriti morire con quella spuma rossa sulle labbra nel giardino di zia Pitty, il giorno della battaglia della Conca dell'Albero di Pesco.
- Nervi a posto - disse Rhett; e nella sua voce era un vago barlume di canzonatura. - Ora andate voi a tenere la lampada alla signora Wilkes. Ho bisogno di mandare Baldo per delle commissioni. -
Baldo guardò Rhett attraverso la lampada.
- Non accetto ordini da voi - disse brevemente passando nel cavo dell'altra guancia la sua cicca. -
- Voi farete ciò che egli vi dirà - impose Melania con severità.- E senza indugio. Tutto ciò che vi dirà il capitano Butler. Rossella, vieni a reggere la lampada. -
Rossella si avanzò e prese il lume tenendolo con due mani per tema che le cadesse. Gli occhi di Ashley si erano chiusi di nuovo. Il suo petto nudo si alzava lentamente e si riabbassava subito, e il flusso rosso continuava fra le dita disperate di Melania. Ella udì vagamente Baldo attraversare la stanza e sentì Rhett parlare rapidamente con voce sommessa. Era così intenta ad Ashley che delle prime parole mormorate da Rhett trasentì soltanto: - Prendete il mio cavallo... legato fuori... Andate come il vento. -
Baldo borbottò qualche domanda e Rossella udì la risposta di Rhett:
- La vecchia piantagione di Sullivan. Troverete gli abiti nel comignolo più alto. Bruciateli. -
- Hum... - brontolò Baldo.
- E vi sono due... uomini nella cantina. Caricateli sul cavallo alla meglio e portateli in quel terreno deserto che è dietro alla dimora di Bella.. quello tra la sua casa e i binari della ferrovia State attento.
Se qualcuno vi vede, sarete impiccato come tutti noi. Deponeteli in quel luogo e collocate per bene le pistole nelle loro mani. Qui... prendete le mie. -
Rossella vide Rhett frugare sotto le falde del suo abito e trarne due pistole che porse a Baldo il quale le fece sparire nella fascia della cintura.
- Sparate un colpo di ognuna. Deve sembrare una volgare rissa. Capito? -
Baldo annuì come se avesse perfettamente compreso e nel suo occhio freddo apparve un'involontaria espressione di rispetto. Ma Rossella era ben lungi dal comprendere. Quell'ultima mezz'ora era stata per lei come un incubo; sicché le pareva che nulla sarebbe mai più stato chiaro e semplice. Però, Rhett sembrava dominare senza esitazione quella strana situazione; e questo la confortava alquanto.
Baldo si volse per andare; ma si voltò nuovamente e il suo occhio guardò Rhett interrogativamente.
- Lui? -
- Sì. -
Baldo grugnì e sputò sul pavimento.
- Bel compenso! - borbottò mentre attraversava zoppicando il vestibolo andando verso la porta posteriore.
In quell'ultimo scambio di parole vi fu qualche cosa che destò il sospetto di Rossella: era come una bolla che ad ogni secondo si andava gonfiando e... se la bolla fosse scoppiata...
- Dov'è Franco? -
Rhett si avvicinò rapidamente al letto; il suo corpo possente si muoveva leggero e senza strepito come quello di un gatto.
- Tutto a suo tempo - disse e sorrise brevemente - Tenete dritta quella lampada, Rossella. Non vorrete bruciare il signor Wilkes o miss Melly... -
Melania levò il capo come un bravo soldatino che attenda ordini; e la tensione era tale, che ella non si accorse neppure che Rhett l'aveva per la prima volta chiamata per nome, col nomignolo usato soltanto dalla famiglia e dagl'intimi.
Scusate... volevo dire la signora Wilkes...
- Non chiedete scusa, capitano Butler! Sarei molto onorata se mi chiamaste "Melly" senza neanche "miss"! Mi pare che siate un fratello o... un cugino. Come siete buono e intelligente! Potrò mai ringraziarvi abbastanza? -
- Sono io che vi ringrazio - e per un attimo Rhett sembrò quasi imbarazzato. - Non mi permetterei mai una cosa simile; ma, miss Melly... - e la sua voce aveva un accento di scusa - mi dispiace di aver dovuto dire che il signor Wilkes è stato nella casa di Bella Watling. Mi duole di aver dovuto trascinare lui e gli altri in un simile... Ma ho dovuto pensare così in fretta quando sono andato via di qua... e non mi è venuto in mente nessun altro luogo. Sapevo che la mia parola sarebbe stata accettata, perché ho tanti amici fra gli ufficiali yankee. Mi fanno il dubbio onore di credermi quasi uno dei loro perché conoscono la mia... vogliamo dire "impopolarità"?... fra gli abitanti della città. Nelle prime ore della sera sono stato a giocare a poker nel "bar" di Bella. Vi era una dozzina di soldati yankee che possono affermarlo.
Bella e le sue ragazze saranno liete di mentire spudoratamente affermando che il signor Wilkes e gli altri erano... disopra, con loro. Gli yankees crederanno. Non immaginano che donne di quella... professione sono capaci di profonda fedeltà e patriottismo. Essi non accetterebbero la parola di una sola dama di Atlanta per quanto concerne gli uomini che stasera dovevano essere a una riunione; ma accetteranno come vangelo le parole di... un pugno di ragazze allegre. E credo che fra la parola d'onore di un rinnegato e quella di una dozzina di donne di malaffare, avremo la possibilità di togliere d'impiccio questi uomini.
A queste ultime parole sul suo viso apparve un ghigno sardonico che si dileguò subito quando Melania volse verso di lui il volto raggiante di gratitudine.
- Capitano Butler, come siete pungente! Che cosa volete che m'importi, se aveste anche detto che erano stati all'inferno, poiché si trattava di salvarli! So benissimo, come sanno tutti quanti, che mio marito non è mai stato in un luogo orribile come quello! -
Ma... - riprese Rhett impacciato - se devo dire la verità, stasera è stato veramente da Bella. -
Melania si drizzò freddamente.
- Non crederò mai una simile menzogna! -
- Scusate, miss Melly! Lasciate che vi spieghi! Quando sono arrivato all'antica piantagione di Sullivan, ho trovato vostro marito ferito e con lui erano Ugo Elsing, il dottor Meade e il vecchio signor Merriwether... -
- Non il nonno, credo! - esclamò Rossella.
- Gli uomini non sono mai troppo vecchi per essere pazzi. E vostro zio Enrico... -
- Per carità! - gemette Pitty.
- Gli altri si erano dispersi, dopo il tafferuglio con la truppa e quelli che erano rimasti si erano recati in quel luogo per nascondere le vesti nel camino e vedere se il signor Wilkes era ferito gravemente. Se non fosse stato ferito, a quest'ora sarebbe sulla via del Texas... lui e tutti quanti... ma non era possibile metterlo in cammino e gli altri non volevano lasciarlo. Era dunque necessario provare che erano stati in un luogo diverso da quello dov'erano stati; e così per strade poco frequentate li ho condotti da Bella Watling. -
- Ah... capisco. Scusate la mia scortesia, capitano. Capisco che è stato necessario condurli lì, ma... Oh, capitano, qualcuno vi avrà visti entrare! -
- Nessuno. Siamo passati da una porticina posteriore che apre sul terrapieno della ferrovia e che è sempre chiusa e buia. -
- E come...? -
- Ho la chiave - rispose Rhett laconicamente; e i suoi occhi incontrarono quelli di Melania con indifferenza.
Dopo un istante, rendendosi finalmente conto di ciò che implicavano le ultime parole di Rhett, Melania si sentì tanto imbarazzata che cominciò a cincischiare l'asciugamano in modo da lasciare la ferita allo scoperto.
- Non volevo essere indiscreta... - disse poi con voce soffocata e arrossendo mentre rimetteva a posto l'asciugamano.
- Mi spiace di aver dovuto dire una cosa simile a una signora. -
"Allora è vero!" pensò Rossella con una strana puntura al cuore. "Allora egli abita con quell'orribile creatura! E' padrone della sua casa!"
- Ho visto Bella e le ho spiegato ogni cosa - riprese Rhett. Le abbiamo dato una lista degli uomini che stasera erano fuori, e lei e le sue ragazze deporranno che tutti erano stasera in casa sua. Quindi, per rendere più rumorosa la nostra uscita, ha chiamato i due "desperados" che hanno l'incarico di mantenere l'ordine in casa sua e ci ha fatti trascinare giù per le scale, e attraverso il "bar", scacciandoci tra vive proteste come ubriachi disturbatori. -
Sogghignò ricordando. - Il dottor Meade non era un ubriaco molto convincente. Si sentiva ferito nella sua dignità per il solo fatto di trovarsi in quel luogo. Ma vostro zio Enrico e il vecchio Merriwether sono stati bravissimi. La scena ha perduto in loro due grandi attori.
Sembrava che si divertissero. Temo che vostro zio Enrico abbia un livido sotto gli occhi per il troppo zelo spiegato dal vecchio Merriwether nel recitare la sua parte... -
La porta si spalancò per lasciare entrare Lydia seguita dal vecchio dottor Dean, coi suoi lunghi capelli bianchi arruffati e la borsa di cuoio visibile sotto al mantello. Egli fece un cenno di saluto a tutti i presenti, senza una parola, e si affrettò a sollevare l'asciugamano dalla spalla di Ashley.
- Troppo in alto per aver toccato il polmone - disse subito. Se non gli ha fratturato la clavicola, non vi è nulla di serio. Datemi molti pannolini, signore, e dell'ovatta, se ne avete; e un po' di acquavite. -
Rhett tolse il lume dalle mani di Rossella e lo posò sulla tavola mentre Melania e Lydia si precipitavano per obbedire agli ordini del dottore.
- Voi non siete più di nessuna utilità qui. Venite in salotto accanto al fuoco. - Le prese un braccio e la spinse fuori della camera. Vi era nel suo gesto e nella sua voce una dolcezza insolita. - Avete avuto una giornata tremenda, non è vero? -
Ella si lasciò accompagnare nella stanza dov'erano prima; e benché fosse adesso dinanzi al fuoco, cominciò a tremare. La bolla del sospetto nel suo cuore cresceva di minuto in minuto. Era più che un dubbio, adesso. Era quasi certezza, tremenda certezza. Guardò il volto immobile di Rhett e per un attimo non poté spiccicar parola. Poi:
- Anche Franco è venuto. da Bella Watling? -
- No.
La voce di Rhett era incolore.
- Baldo lo sta trasportando nel terreno vuoto dietro alla casa di Bella. E' morto. Una pallottola in testa. -
46
Furono ben poche quella notte, nella parte settentrionale della città, le famiglie che dormirono, perché la notizia del disastro del Klan e dello stratagemma di Rhett si diffuse rapidamente quando l'ombra silenziosa di Lydia Wilkes si insinuò per gli spiazzi posteriori e bisbigliò qualche cosa attraverso le porte delle cucine, dileguandosi nuovamente nell'oscurità piena di vento. E sul suo percorso, ella lasciava terrore e desolata speranza.
Dall'esterno, le case sembravano buie e silenziose, immerse nel sonno; ma nell'interno erano mormorii violenti nella semioscurità. Non solo quelli che avevano preso parte all'incursione di quella notte, ma tutti i membri del Klan erano pronti alla fuga; e in quasi tutte le stalle, lungo la Via dell'Albero di Pesco, vi erano cavalli sellati nelle tenebre, pistole nelle fonde e viveri nelle bisacce. Ciò che impedì un esodo generale fu il messaggio mormorato da Lydia: - Il capitano Butler dice di non fuggire. Le strade sono sorvegliate. Ha sistemato ogni cosa d'accordo con la Watling, quella cortigiana... - Nelle camere buie gli uomini sussurravano: - Ma perché dovrei fidarmi di quel maledetto rinnegato di Butler? Potrebbe essere un'insidia... - E le voci delle donne imploravano: - Non andare! Se ha salvato Ashley e Ugo, può salvare anche gli altri. Se Lydia e Melania hanno fiducia in lui... - Ed essi, pur non essendo interamente convinti, rimasero. Non c'era altra via d'uscita.
Nelle prime ore della notte, i soldati avevano picchiato a una dozzina di porte, e quelli che non potettero o non vollero dire dov'erano stati la sera, furono dichiarati in arresto. Fra quelli che passarono la notte in prigione furono Renato Picard, un nipote della signora Merriwether, i ragazzi Simmons e Andy Bonnell. Avevano preso parte alla scorreria di Shantytown, ma si erano separati dagli altri prima della sparatoria. Nel tornare a casa furono arrestati prima di apprendere il piano di Rhett. Fortunatamente, tutti risposero alle domande che vennero loro rivolte che dov'erano stati la sera era affar loro e non riguardava quei maledetti yankees. Erano dunque stati rinchiusi per essere nuovamente interrogati al mattino. Il vecchio Merriwether e Ugo Watling dichiararono senza vergogna che avevano passato la sera nel postribolo di Bella Watling; e quando il capitano Jaffery, irritato, osservò che erano troppo vecchi per dedicarsi a quei passatempi, ci mancò poco che non lo picchiassero.
Bella Watling rispose in persona quando il capitano andò a bussare alla sua porta; e prima che egli potesse esporle ciò che desiderava, gridò che per quella sera la sua casa era chiusa. Un gruppo di ubriaconi attaccabrighe era stato da lei nella serata, e avevano fatto questione rovinandole i mobili, rompendo i suoi specchi migliori e avevano talmente spaventato le ragazze, che per quella notte essa aveva creduto opportuno sospendere gli affari. Ma se il capitano Jaffery voleva bere, il bar era ancora aperto...
Il capitano Jaffery cosciente del sogghigno dei suoi uomini e sentendo disperatamente che combatteva contro qualche cosa di inafferrabile, dichiarò con ira che non desiderava né ragazze né da bere; quindi chiese a Bella se conosceva i nomi dei clienti che le avevano fatto tanta rovina. Sicuro, Bella li conosceva. Erano clienti abituali. Venivano tutti i mercoledì e si chiamavano i "Democratici del Mercoledì"; lei non sapeva che cosa significava quella denominazione e non le importava di saperlo. E se non la indennizzavano per gli specchi che le avevano rotto nel salone superiore, li denuncerebbe. Dopo tutto, lei dirigeva una casa rispettabile e... I loro nomi? Senza esitare, Bella disse i nomi di dodici uomini che erano sospettati. Il capitano Jaffery sorrise acido.
- Questi maledetti ribelli sono organizzati meglio del nostro Servizio segreto - disse poi. - Voi e le vostre ragazze dovrete apparire domani dinanzi al Maresciallo Capo del Servizio di Disciplina. -
- E il maresciallo mi farà ripagare i miei specchi? -
- Andate al diavolo, voi e i vostri specchi! Fateveli pagare da Rhett Butler. E' lui il proprietario qui, non è vero? -
Prima dell'alba, tutte le famiglie ex-confederate della città erano al corrente di ogni cosa. E i loro negri, a cui non era stato detto nulla, sapevano tutto anch'essi per mezzo di quei sistemi telegrafici negri che sfidano la comprensione dei bianchi. Tutti sapevano i particolari della scorribanda, l'uccisione di Franco Kennedy e dallo sciancato Tommy Wellburn e come Ashley era stato ferito mentre portava via il corpo di Franco.
Parte dell'odio feroce che le donne nutrivano verso Rossella che ritenevano causa della tragedia, fu mitigato dall'apprendere che suo marito era morto ed essa lo sapeva ma doveva fingere di ignorarlo, né poteva avere il misero conforto di reclamare il suo corpo. Finché la luce del mattino non avrebbe fatto scoprire i cadaveri e le autorità non le avessero dato comunicazione della scoperta, ella doveva ignorare di essere vedova. Franco e Tommy, con le pistole nelle mani ghiacciate, si stavano irrigidendo in mezzo alle erbacce di un terreno incolto. E gli yankees direbbero che si erano uccisi reciprocamente in una volgare rissa per una ragazza della casa di Bella. Le simpatie furono tutte per Fanny, la moglie di Tommy che aveva avuto un bimbo da pochi giorni; ma nessuno poté scivolare nell'oscurità per recarsi a vederla, poiché si sapeva che una squadra di yankees circondava la casa attendendo il ritorno di Tommy. E un'altra squadra era attorno alla casa di zia Pitty in attesa di Franco.
Prima dell'alba era giunta notizia che l'inchiesta militare avrebbe avuto luogo quel giorno stesso. Gli abitanti, con gli occhi cerchiati dalla mancanza di riposo e dall'attesa angosciosa, sapevano che la salvezza di alcuni dei loro più eminenti concittadini dipendeva da tre cose: la capacità di Ashley Wilkes a reggersi in piedi e ad apparire dinanzi all'Autorità militare come se soffrisse soltanto per l'emicrania che si ha l'indomani di una sbornia; la parola di Bella Watling che quegli uomini erano stati tutta la sera nella sua casa, e la parola di Rhett Butler che affermava di essere stato in loro compagnia.
Queste due ultime cose erano un tormento per tutti. Bella Watling! Dovere a lei la vita dei loro uomini! Era una cosa intollerabile! Donne che avevano attraversato la strada con ostentazione nel vedere Bella che si avanzava sul loro marciapiede, si chiedevano ora se costei se ne ricordava e tremavano per la paura che se ne ricordasse. Gli uomini si sentivano meno umiliati nel dovere la loro vita a Bella, perché ritenevano che ciò portasse fortuna ma erano inferociti per l'obbligo di gratitudine verso Rhett Butler, uno speculatore e un rinnegato. Bella e Rhett: la più nota meretrice e l'uomo più odiato della città. E bisognava essere riconoscenti a loro!
Un altro pensiero che li faceva torcere di rabbia impotente era l'idea che yankees "Carpetbaggers" avrebbero riso. Oh, quanto avrebbero riso! Dodici dei cittadini più eminenti scoperti come abituali frequentatori del postribolo di Bella Watling! Due di loro uccisi in una rissa per una sgualdrinella di poco conto, e gli altri scacciati dal locale come troppo ubriachi per essere sopportati perfino da Bella; e alcuni, in stati d'arresto, rifiutavano di confessare di essere stati dove tutti sapevano che erano veramente andati!
Atlanta aveva ragione di temere le risate degli yankees. Per troppo tempo costoro erano stati sotto il peso della freddezza e del disprezzo dei meridionali; quindi erano oggi ben felici di lasciare esplodere la loro ilarità. Ufficiali svegliarono i loro compagni per raccontare l'accaduto; mariti destarono le mogli all'alba per narrare ciò che poteva decentemente essere detto a una donna. E le donne, vestendosi in fretta, bussarono alle porte dei vicini per diffondere la storia. Le signore yankee ne furono divertite e risero fino alle lacrime. Questa era dunque la cavalleria e la galanteria meridionale! Forse quelle donne che mostravano tanta alterigia e sdegnavano tutti i loro approcci non sarebbero più tanto fiere, ora che tutti quanti sapevano dove i loro mariti passavano il tempo quando dicevano di andare alle riunioni politiche. Riunioni politiche! Che cosa divertente!
Ma anche se ridevano, tutti esprimevano rammarico per Rossella e la tragedia che l'aveva colpita. Dopo tutto, Rossella era una signora ed era una delle poche che fossero gentili con gli yankees. Si era già conquistata la loro simpatia per il fatto di essere costretta a lavorare perché suo marito non poteva o non voleva mantenerla decorosamente. Anche se costui era indegno, era pur sempre penoso, per quella poveretta, scoprire che le era stato infedele. Ed era ancor più penoso che la sua morte coincidesse con la scoperta della sua infedeltà. In fin dei conti, meglio un marito indegno che non aver marito affatto. Ma alle altre, le signore Meade, Merriwether, Elsing, la vedova di Tommy Welburn, e soprattutto alla signora Wilkes... oh, a queste avrebbero riso in faccia ogni volta che le incontravano. Così avrebbero imparato un po' di cortesia.
Nelle case di Atlanta i discorsi a voce sommessa furono quella notte tutti sullo stesso argomento. Le signore dissero ai loro mariti che non si curavano affatto di ciò che avrebbero detto gli yankees; ma internamente pensarono che era ben doloroso sopportare i sogghigni di quella gente senza poter dire la verità concernente i loro mariti.
Il dottor Meade, ferito nella sua dignità per la posizione in cui Rhett aveva messo lui e gli altri, disse alla moglie che se non vi fosse stata la certezza di rovinare gli altri, avrebbe preferito confessare ed essere impiccato, piuttosto che dire che era stato in casa di Bella.
- E' un insulto anche per te, signora Meade - disse furente.
- Ma tutti sanno che tu non eri andato là per... per... -
- Gli yankees non lo sapranno. E bisogna che lo credano, se vogliamo salvarci la pelle. E rideranno.
La sola idea che qualcuno può credere questa storia e ridere, mi rende furente. Ed è un insulto per te, perché... cara, io ti sono sempre stato fedele. -
- Lo so, - e nell'oscurità la signora Meade sorrise e mise la sua mano sottile in quella del dottore. - Ma preferirei che fosse vero piuttosto che sapere in pericolo un capello della tua testa. -
- Ma sai che cosa stai dicendo? - esclamò il dottore sbigottito da quell'insospettato realismo di sua moglie.
- Sì, lo so. Ho perduto Darcy e Phil e non ho più altri che te; piuttosto che perderti preferirei che tu stessi in permanenza in quella casa. -
- Sei pazza! E' impossibile che tu parli sul serio. -
- Vecchio sciocco - mormorò teneramente la signora Meade, e posò la testa sulla sua spalla.
Il dottore seguitò a fremere in silenzio; le accarezzò la guancia e poi esplose nuovamente:
- E dovere essere grati a quel Butler! Meglio essere impiccati! No, neanche se gli debbo la vita, posso essere gentile con lui. La sua insolenza è incommensurabile. E la sfacciataggine con la quale si vanta di essere stato un profittatore mi fa ribollire il sangue. Dover la mia vita a un uomo che non ha neanche fatto il soldato... -
- Melly dice che si è arruolato dopo la caduta di Atlanta. -
- Non è vero. Miss Melly crede a tutti quanti. E non posso capire perché Butler abbia fatto questo... si sia messo in questo impiccio. Mi secca riferire un pettegolezzo, ma... hanno sempre parlato molto di lui e della signora Kennedy. Li ho visti tornare spesso insieme quest'anno da lunghe scarrozzate. Deve averlo fatto per lei. -
- Se fosse per Rossella, non avrebbe mosso un dito. Sarebbe stato ben lieto di veder impiccare Franco Kennedy. Piuttosto ritengo che sia per Melania... -
- Non vorrai insinuare che vi sia stato qualche cosa fra quei due! -
- Non dire sciocchezze! Ma lei è stata sempre stranamente affettuosa con lui, da quando egli cercò, durante la guerra, di ottenere lo scambio di Ashley contro altri prigionieri. E debbo riconoscere che quando è con lei, egli non ha mai quel sorriso impertinente. E' gentile e premuroso come... Sì, come qualunque altro. Ritengo dunque che abbia fatto tutto questo per... fece una pausa. - Certo tu non approverai la mia idea. -
- Non approvo niente di tutta questa faccenda. -
- Ebbene, io credo che egli lo abbia fatto in parte per Melly, ma soprattutto perché ha pensato di fare un cattivo scherzo a tutti noi. L'odiavamo tanto e glielo abbiamo sempre dimostrato così chiaramente che ora egli ci ha messi in questa condizione: o ammettere che eravate in casa della Watling e quindi lasciarvi svergognare tutti quanti - e con voi le vostre mogli - dinanzi agli yankees... oppure dire la verità ed essere impiccati. Ed egli sa che dovremo tutti essere grati a lui e alla sua... amante e che preferiremmo essere impiccati piuttosto che aver della gratitudine per loro. Oh, sono sicuro che questo lo diverte. -
Il dottore grugnì: - Infatti, sembrava divertito quando ci condusse in quel locale. -
- Senti... - La signora Meade esitò. - Com'è? -
- Che cosa? -
- La casa. Com'è? Vi sono lampadari di vetro? E tende di velluto rosso e dozzine di specchiere dorate grandi come la parete? E le ragazze... erano svestite? -
- Dio mio! - esclamò il dottore atterrito, poiché non aveva mai supposto che la curiosità di una donna casta per le sue sorelle impudiche potesse essere così divorante. - Come puoi rivolgermi delle domande così invereconde? Sei fuori di te. Ti darò un calmante. -
- Non lo voglio. Voglio sapere. Dio mio, è l'unica volta che ho la possibilità di sapere com'è fatto un luogo di piacere, e tu sei tanto perverso da non volermelo dire! -
- Non ho osservato nulla. Ti assicuro che ero troppo imbarazzato nel trovarmi in quel luogo per badare a ciò che mi circondava - disse il dottore solennemente, più sconvolto da quella inattesa rivelazione del carattere di sua moglie che non fosse stato dagli eventi della serata. - Ma ora scusami... vorrei cercar di dormire un poco. -
- E allora dormi - e nella voce di lei si sentiva la delusione. - Poi, mentre il dottore si chinava a togliersi le scarpe, riprese con nuova gaiezza: - Immagino che Dolly si sarà fatta raccontar tutto dal vecchio Merriwether; e potrà dirmi ogni cosa. -
- Dio santissimo! Vuoi dire che fra signore per bene si parla di cose simili? -
- Oh, vai, vai a letto!
L'indomani fu una giornataccia: pioggia e grandine. Ma al cader del crepuscolo la grandine cessò dando luogo a un vento gelato. Avvolta nel suo mantello, Melania percorse stupita il viale d'accesso della propria casa, tenendo dietro a uno strano cocchiere negro che l'aveva invitata a seguirlo fino a una carrozza chiusa che stazionava sulla strada, di fronte al cancello. Giunta dinanzi al veicolo, vide che uno sportello era aperto; e scorse nell'interno una figura femminile.
Avanzando la testa per vedere meglio, Melania disse: - Chi è ? Non volete venire in casa? Fa tanto freddo... -
- Vi prego, salite e sedete un momento accanto a me, signora Wilkes - disse, dalla profondità della vettura, una voce imbarazzata che le parve vagamente di riconoscere.
- Oh, siete la signorina... La signora Watling! Desideravo tanto di vedervi... Dovete venire in casa. -
- Non posso far questo, signora Wilkes. - La voce di Bella Watling suonava scandalizzata. - Venite voi a sedere qui un momento. -
Melania salì; e il cocchiere chiuse lo sportello. Ella sedette e cercò la mano di Bella.
- Come posso ringraziarvi di ciò che avete fatto oggi! Come potremo mai tutte noi esprimervi la nostra gratitudine? -
- Signora Wilkes, voi non avreste dovuto mandarmi quel biglietto stamattina. Non crediate che esso non fosse per me ragione di orgoglio; ma avrebbe potuto cadere in mano degli yankees. Quanto al dire che volevate venire a ringraziarmi... siete impazzita, signora Wilkes! Che idea! Sono venuta io appena si è fatto buio per dirvi che non dovete neppur pensare una cosa simile. Voi... no, non sarebbe conveniente. -
- Non sarebbe conveniente che io venissi a ringraziare la brava donna che ha salvato la vita di mio marito? -
- Tacete, signora Wilkes! Sapete bene che cosa voglio dire! -
Melania tacque per un momento, imbarazzata. Certo quella bella donna vestita con distinzione e seduta nell'oscurità della carrozza non corrispondeva all'immagine che ella si era fatta di una "madama", né parlava come era presumibile che dovesse parlare una donna di malaffare. Un po' volgare, forse; ma gentile e cordiale.
- Siete stata meravigliosa oggi, dinanzi al maresciallo, signora Watling! Voi e le altre... le vostre... signorine, avete senza dubbio salvate le vite dei nostri uomini. -
- E' stato il signor Wilkes che è stato straordinario. Non so come ha fatto a stare in piedi a raccontare la sua storia e come ha potuto conservare tanta freddezza.
Quando lo vidi la notte scorsa perdeva sangue come un animale sgozzato... Sta meglio adesso? -
- Sì, grazie, signora Watling. Il dottore ha detto che è una ferita superficiale, benché la quantità di sangue perduto sia stata enorme. Stamattina era... tenuto su dall'acquavite, altrimenti non avrebbe mai avuto la forza di arrivare sino in fondo. Ma siete stata voi che li avete salvati. Quando vi siete arrabbiata in quel modo per gli specchi che vi hanno rotto eravate assolutamente... convincente. -
- Grazie, signora. Ma... credo che anche il capitano Butler si sia comportato molto bene - e nella sua voce era un timido orgoglio.
- Oh, è stato grande! - esclamò Melania con calore. - Gli yankees non hanno potuto fare a meno di credere alla sua testimonianza. E' stato così abile in tutta la faccenda! Non lo ringrazierò mai abbastanza... come voi! Siete stata tanto buona! -
- E' stato un piacere per me, signora Wilkes. Spero... spero che non vi metta in imbarazzo il fatto che io ho detto che il signor Wilkes era un cliente regolare. Veramente non è mai... -
- Lo so. No, nessun imbarazzo. E vi sono tanto riconoscente. -
- Scommetto che le altre signore non mi sono affatto riconoscenti disse Bella con subitanea amarezza. - E che non sono grate neanche al capitano Butler. Anzi, lo odieranno anche di più. Sono certa che voi siete la sola che mi dica "grazie". Scommetto che quando mi incontreranno le altre, non mi guarderanno neppure. Ma non me ne importa. E non mi sarebbe importato niente se tutti i loro mariti fossero stati impiccati. Ma mi dispiaceva per il signor Wilkes. Non ho dimenticato come siete stata buona con me durante la guerra, a proposito del denaro per l'ospedale. Nessuna signora in questa città era mai stata cortese con me; ed io non dimentico una gentilezza. E ho pensato che sareste rimasta vedova con un bambino... è un bel piccino, il vostro. Ho anch'io un bambino e perciò... -
- Davvero? Avete un bimbo? E abita... hm... -
- Oh no! Non è ad Atlanta. Non c'è mai stato. E' in collegio. Non l'ho più visto da quando era piccolo. E... Insomma, quando il capitano Butler mi ha chiesto di mentire, ho voluto sapere chi erano gli uomini, e quando ho saputo che uno di loro era il signor Wilkes, non ho esitato. Ho detto alle mie ragazze: "Vi strapperò gli occhi se non direte che siete state tutta la sera col signor Wilkes".-
- Oh! - fece Melania ancora più imbarazzata da questa chiara allusione di Bella alle sue "ragazze". - Sì, siete stata molto buona... hm... e anche loro. -
- Meno di quanto meritate! - esclamò Bella con calore. - Ma non avrei fatto questo per chiunque. Se fosse stato per il marito di miss Kennedy, non avrei mosso un dito, qualunque cosa mi avesse detto il capitano Butler. -
- Perché? -
- Perché, miss Wilkes, la gente che fa il mio mestiere sa una infinità di cose. Molte signore sarebbero sorprese e stupite se immaginassero quello che io so sul conto loro. E quella signora non è buona, miss Wilkes. Ha ucciso suo marito e quel bravo Wellburn come se fosse stata lei a sparare il colpo che li ha mandati all'altro mondo. E' stata la causa di tutto, andando in giro per Atlanta senza compagnia, provocando i negri e i delinquenti bianchi. Nessuna delle mie ragazze... -
- Non dovete dire delle cattiverie contro mia cognata - interruppe Melania irrigidendosi.
Bella pose una mano sul braccio di Melania per calmarla e poi la ritrasse in fretta.
- Non vi irritate, signora Wilkes, vi prego. Mi darebbe troppo dolore, dopo che siete stata così buona e così dolce con me. Avevo dimenticato che le volete bene e vi chiedo scusa di quello che ho detto. E mi dispiace che il povero signor Kennedy sia morto. Era un brav'uomo. Andavo a comprare da lui della roba per la mia casa e mi ha sempre trattata gentilmente. Ma la signora... ecco, non è della stessa classe vostra. E' una donna fredda e non è colpa mia se la penso così sul suo conto... Quando farete il funerale del signor Kennedy? -
- Domattina. Ma avete torto quanto alla signora Kennedy. In questo momento è prostrata dal dolore...-
- Può darsi - replicò Bella con evidente incredulità. - Bene, ora debbo andare. Non vorrei che qualcuno riconoscesse la mia carrozza, se rimango qui più a lungo; e sarebbe una seccatura per voi. E se mi vedete in istrada, signora Wilkes... non mi salutate. Io capirò lo stesso. -
- Sarò fiera di salutarvi e di parlarvi. Fiera di dovervi della gratitudine. E spero... spero che ci vedremo ancora. -
- No - rispose Bella con fermezza. - Non sarebbe conveniente. Buona notte. -
47
Seduta nella sua camera, Rossella piluccava qualche cosa dal vassoio della cena che Mammy le aveva recato e ascoltava il muggire del vento. Nella casa era un silenzio pauroso, anche più profondo di quando, poche ore prima, il corpo di Franco giaceva nel salotto. Allora vi erano persone che camminavano in punta di piedi, voci sommesse, colpi leggeri alla porta d'ingresso, mormorii di visitatori che esprimevano le loro condoglianze e qualche singhiozzo della sorella di Franco giunta da Jonesboro per il funerale.
Ma adesso la casa era ammantata di silenzio. Benché la porta fosse aperta, nessun rumore le giungeva dal piano di sotto. Wade e la piccina erano presso Melania da quando il corpo di Franco era stato riportato in casa; e Rossella sentiva la mancanza dello scalpiccio del bambino e dei vagiti di Ella. In cucina era un momento di tregua: le consuete dispute fra Mammy, Pietro e la cuoca erano sedate. Perfino zia Pitty, nello studio, si asteneva dal far dondolare la sua poltrona cigolante, per riguardo al dolore di Rossella.
Nessuno entrava in camera sua, credendo che ella desiderasse rimaner sola col suo cordoglio; ma la solitudine era proprio ciò che Rossella desiderava meno. Se avesse provato soltanto un sentimento di pena, lo avrebbe sopportato, come aveva sopportato altri dolori. Ma insieme allo stupefatto accoramento per la morte di Franco, ella sentiva spavento e rimorso, nel tormento di una coscienza improvvisamente destata. Per la prima volta in vita sua si rammaricava di ciò che aveva fatto, con un superstizioso terrore che le faceva lanciare occhiate oblique sul letto nel quale aveva dormito con Franco.
Era lei che lo aveva ucciso. Lo aveva ucciso come se fosse stato il suo dito a premere il grilletto. Egli l'aveva pregata di non andare in giro sola e lei non gli aveva dato retta. Ed ora era morto a causa della sua caparbietà. Dio la punirebbe per questo. Ma vi era anche altra cosa sulla sua coscienza, ancor più grave e spaventosa; una cosa che non l'aveva mai turbata finché non aveva visto suo marito nella bara. In quel volto calmo era qualche cosa di debole e di patetico che sembrava accusarla. Dio la punirebbe perché lo aveva sposato mentre egli amava Susele. Nel Giorno del Giudizio ella dovrebbe rispondere della menzogna che gli aveva detta quando si era trovata in carrozzino con lui, tornando dal campo degli yankees.
Inutile sostenere che il fine giustifica i mezzi e che era stata costretta a ingannarlo perché il destino di troppe persone dipendeva da lei, sicché ella non poteva fermarsi a considerare i diritti di lui o di Susele alla felicità. La verità balzava fuori chiaramente ed ella impallidiva e si rannicchiava sgomenta davanti all'evidenza. Lo aveva sposato freddamente e se ne era servita con la stessa freddezza. E lo aveva reso infelice durante gli ultimi sei mesi, mentre avrebbe potuto renderlo felicissimo. Dio la punirebbe perché non era stata buona con lui... la punirebbe per la sua tirannia, la sua ostinazione, i suoi litigi, le sue risposte pungenti; per aver allontanato da lui tutti i suoi amici e aver gettato il vituperio sopra di lui, occupandosi degli stabilimenti, costruendo la bettola e assumendo i forzati.
Lo aveva reso infelice, ed egli aveva sopportato tutto come un gentiluomo. Una sola cosa, in tutto ciò che ella aveva fatto, gli aveva dato un po' di gioia: il dono di Ella; ma Rossella sapeva che se fosse dipeso da lei, Ella non sarebbe mai nata.
Rabbrividì, paventò, desiderò che Franco fosse vivo, per potere essere buona con lui; tanto buona da cancellare tutti i precedenti. Oh, se Iddio non fosse così iracondo e vendicativo! Se i minuti non passassero così lentamente e la casa non fosse tanto silenziosa! Se vi fosse qualcuno a condividere la sua solitudine!
Se ci fosse Melania... Melania calmerebbe i suoi terrori. Ma Melania era a casa sua, per curare Ashley.
Per un momento Rossella pensò di pregare zia Pitty di venirsi a mettere fra lei e la sua coscienza, ma esitò. Probabilmente sarebbe peggio, perché Pitty era molto addolorata della perdita di Franco. Era più coetaneo suo che di Rossella, ed ella gli era stata veramente affezionata. Egli aveva completamente corrisposto al desiderio di Pitty di avere un uomo in casa, perché soleva portarle piccoli doni e narrarle pettegolezzi innocenti, barzellette e storielle; le leggeva il giornale e le chiariva gli argomenti del giorno mentre ella gli rammendava i calzini. E lei era entusiasta di lui e gli preparava dei piattini speciali e lo curava durante i suoi innumerevoli raffreddori. Quindi ne sentiva atrocemente la mancanza e continuava a ripetere, mentre si tamponava gli occhi arrossati dalle lacrime: - Ah, se non fosse uscito con gli altri del Klan!
Dio, Dio, se qualcuno venisse a confortarla, a calmare i suoi terrori, a spiegarle che cos'era quello sgomento indefinito che le faceva sentire freddo e male al cuore! Se Ashley... Ma a questo pensiero raccapricciò. Aveva quasi ucciso anche Ashley, come aveva ucciso Franco. E se Ashley venisse mai a sapere com'ella aveva mentito a Franco e com'era stata perversa con lui, certo non la amerebbe più.
Ashley che era così onesto, così fedele, schietto e leale! Se venisse a sapere la verità comprenderebbe... ma non l'amerebbe più. Perciò bisognava che non sapesse mai, mai... Come vivrebbe lei, se venisse a mancarle quella segreta sorgente di forza che era l'amore di lui? Ma che sollievo sarebbe potergli posare la testa sulla spalla e piangere per alleggerire il proprio cuore colpevole!
La casa silenziosa con quel senso di morte che gravava sopra di essa, le dava una tale oppressione ch'ella sentì di non poterla più sopportare. Si alzò con cautela, spinse l'uscio semichiuso e frugò nel cassetto del canterano, sotto la biancheria. Ne trasse il flacone di acquavite che zia Pitty teneva "contro gli svenimenti", e lo guardò contro luce. Era vuoto a metà. Certo ella non poteva aver bevuto tanto da ieri sera! Ne versò una buona quantità nel bicchiere da acqua e la ingollò d'un sorso. Bisognava rimettere la bottiglia nell'armadietto prima di domani mattina, riempiendola d'acqua. Mammy l'aveva cercata, poco prima del funerale, quando aveva voluto dar qualche cosa da bere ai portatori; e in cucina l'aria era satura di elettricità prodotta dal sospetto che oscillava fra Mammy, Pietro e la cuoca.
L'acquavite le diede un piacevole calore. Era veramente una gran cosa, l'acquavite; molto superiore all'insipido vino. Perché diamine doveva essere conveniente per una donna bere il vino e non l'acquavite? La signora Merriwether e la signora Meade le avevano proprio annusato l'alito, al funerale, e avevano scambiato uno sguardo di trionfo! Vecchie maligne!
Ne versò ancora. Poco male se stasera prendeva una piccola sbornia: tanto, faceva conto di andare a letto presto; e prima che Mammy venisse a svestirla farebbe un gargarismo d'acqua di Colonia. Avrebbe voluto potersi ubriacare completamente come aveva visto certe volte Geraldo... Forse ciò le farebbe dimenticare il viso triste di Franco che l'accusava di avergli rovinato la vita e poi di averlo ucciso.
Chi sa se tutti in città pensavano che era stata lei a ucciderlo? Certamente gli intervenuti al funerale si erano mostrati freddi con lei. Le sole persone che avevano messo un po' di calore nelle loro condoglianze erano state le mogli degli ufficiali yankee coi quali aveva avuto rapporti commerciali. D'altronde, che gliene importava? Ciò di cui doveva rispondere a Dio era tanto più grave!
Bevve ancora, alzando le spalle mentre il liquore le scendeva in gola. Ora aveva caldo: ma non riusciva ancora a scacciare il pensiero di Franco. Che sciocchezza, dire che l'alcool fa dimenticare! A meno di ubriacarsi fino all'insensibilità, ella vedrebbe sempre il viso di Franco come lo aveva visto l'ultima volta che l'aveva pregata di non andare sola allo stabilimento: timido e pieno di rimprovero, mentre quasi chiedeva scusa della propria severità.
Un picchio al portone echeggiò sonoramente nella casa tranquilla; ella udì i passettini di zia Pitty attraversare il vestibolo e il rumore della porta che si apriva. Udì un mormorar di saluti e di parole indistinte. Qualche vicino che veniva a far visita o a parlare del funerale o a portare qualche cosa: un dolce che farebbe piacere a Pitty.
Si chiese senza curiosità chi poteva essere, quando una voce maschile, sonora e strascicata levandosi al disopra del mormorio di Pitty, si rese immediatamente riconoscibile. Provò contentezza e sollievo. Era Rhett. Non lo aveva più visto da quando egli le aveva dato la notizia della morte di Franco; ed ora, nel profondo del cuore, sentiva che Rhett era la sola persona che potesse soccorrerla stasera.
- Credo che vorrà ricevermi - disse la voce di Rhett.
- Ma adesso riposa, capitano Butler, e non vuol vedere nessuno.
Povera figliuola, è talmente depressa... -
- Credo che mi riceverà. Vi prego, ditele che parto domani e che forse rimarrò assente un certo tempo. Si tratta di una cosa importante. -
- Ma... - mormorò zia Pitty.
Rossella corse sul pianerottolo, accorgendosi con stupore che le sue gambe erano malferme, e si curvò sulla ringhiera.
- Vengo subito, Rhett - disse.
Intravide il viso grassoccio di Pitty rivolto a lei, con gli occhi spalancati dalla sorpresa e dalla disapprovazione.
"Ora tutta la città saprà che mi sono condotta in modo sconveniente il giorno dei funerali di mio marito" pensò Rossella mentre tornava in fretta nella sua camera e cominciava a ravviarsi i capelli. Si abbottonò fino al collo il corpetto nero, e vi appuntò la spilla da lutto di Pitty. "Non ho una bella cera" pensò guardandosi nello specchio "sono troppo pallida e sgomenta." Tese la mano verso la scatola di lacca dove teneva il belletto, ma la ritrasse. La povera Pitty sarebbe troppo sconvolta se la vedesse giungere rosea e fiorente. Prese la boccetta della Colonia, ne attinse un gran sorso, si sciacquò accuratamente la bocca e lo sputò nel secchio dell'acqua sporca.
Scese la scala in un fruscio di sottane e si affrettò verso i due che erano ancora in piedi nel vestibolo; Pitty era rimasta troppo confusa dal gesto di Rossella per pregare Rhett di sedere. Egli era decorosamente vestito di nero, con la camicia increspata e inamidata e il suo contegno era quale gli usi richiedevano da un amico che veniva a fare una visita di condoglianza. Era talmente perfetto da rasentare il burlesco; ma Pitty non se ne accorse. Il capitano chiese scusa a Rossella per il disturbo e manifestò il suo rammarico perché la sistemazione dei suoi affari prima di lasciare la città gli aveva impedito di assistere al funerale.
"Perché è venuto?" si chiese Rossella. "In quello che sta dicendo non è una parola di vero."
- Mi dispiace insistere in questo momento; ma debbo parlarvi di un affare che non soffre indugio. Un progetto che avevamo abbozzato il signor Kennedy ed io... -
- Non sapevo che voi e il signor Kennedy aveste affari insieme - insorse zia Pitty quasi indignata che qualcuna delle attività di Franco le fosse rimasta ignota.
- Il signor Kennedy trattava molte cose - replicò Rhett rispettosamente. - Dobbiamo andare in salotto? -
- No! - esclamò Rossella con un'occhiata all'uscio chiuso. Le sembrava di vedere ancora la bara in quella stanza. Sperava di non dovervi entrare mai più. Per una volta tanto, Pitty comprese e si sottomise senza troppa buona grazia.
- Potete andare nello studio. Tanto io... debbo andare di sopra; ho della biancheria da rammendare. Povera me, ho trascurato tutto in questa settimana. Dichiaro... -
Cominciò a salire le scale con un'occhiata di rimprovero che non fu notata né da Rossella né da Rhett. Egli cedette il passo alla giovine per farla entrare nello studio.
- Che affari avevate con Franco? - interrogò Rossella bruscamente.
Egli si avvicinò e sussurrò: - Nessuno. Volevo soltanto togliermi di torno miss Pitty. - Fece una pausa, poi si curvò verso di lei. - Non è buona, Rossella. -
- Che cosa? -
- La Colonia. -
- Non vi capisco.
- Mi capite benissimo. Avete bevuto parecchio. -
- E se anche fosse? Che ve ne importa? -
- Sempre di una squisita cortesia, anche nel più profondo dolore. Non dovete bere da sola, Rossella. Si viene sempre a sapere ed è cosa che rovina la reputazione. Che avete, tesoro? -
La condusse al divano di legno rosa; ella sedette senza parlare.
- Posso chiudere l'uscio? -
Rossella sapeva che se chiudessero l'uscio Mammy si scandalizzerebbe e le farebbe un sacco di prediche, brontolando per settimane intere; ma sarebbe ancor peggio se Mammy udisse la discussione sul bere, specialmente mettendola in rapporto con la scomparsa della bottiglia. Dunque annuì e Rhett accostò le porte scorrevoli. Quando egli tornò e le sedette accanto, il ribrezzo della morte si dileguò dinanzi alla vitalità irradiata da lui, e la stanza sembrò nuovamente piacevole e accogliente, le lampade rosee e calde.
- Che avete, tesoro? -
Nessuno al mondo sapeva dire quella parola affettuosa con la dolcezza di Rhett, anche quando la diceva per scherzo; ma in quel momento non aveva punto l'aria di scherzare. Ella gli levò in volto gli occhi tormentati e trovò conforto nell'impassibilità di lui. Non sapeva perché la sua presenza le producesse quell'effetto; ma forse la ragione era che egli, in fondo, le assomigliava. In certi momenti le era accaduto di pensare che tutti quelli che conosceva le erano estranei, ad eccezione di Rhett.
- Non me lo potete dire? - E le prese la mano, stranamente affettuoso. - Non è soltanto il dolore per il vecchio Franco? Che c'è, avete bisogno di denaro? -
- Denaro? Oh no! Rhett, ho tanta paura... -
- Non fate la sciocca, Rossella; non avete mai avuto paura in vita vostra! -
- Ma adesso ho tanta paura, Rhett! -
Le parole le si affollavano alle labbra più rapidamente di quanto ella potesse pronunciarle. A Rhett poteva dir tutto. Era stato anche lui tanto cattivo che certo non l'avrebbe giudicata. Che bellezza conoscere qualcuno che era malvagio e disonesto, chiacchierone e bugiardo, mentre il mondo era pieno di gente che non avrebbe mentito neanche per salvarsi l'anima e che preferirebbe morire piuttosto che compiere un'azione disonesta!
- Ho paura di morire e di andare all'inferno. -
Se egli avesse riso, sarebbe morta. Ma Rhett non rise.
- Siete in ottima salute, mi pare... e forse l'inferno non c'è. -
- C'è, Rhett! Sapete benissimo che c'è! -
- So che c'è; ma è qui, sulla terra. Non dopo che saremo morti. Dopo la morte non vi è nulla, Rossella. Il vostro inferno lo provate adesso. -
- Questa è una bestemmia, Rhett! -
- Che però è confortante. Ditemi: perché dovreste andare all'inferno? -
Ora motteggiava; i suoi occhi brillavano beffardi.
Ma Rossella non vi fece caso, perché le sue mani erano calde e forti, e aggrapparsi ad esse era un conforto.
- Rhett, non avrei dovuto sposare Franco. Ho fatto male. Era il fidanzato di Susele e amava lei, non me. Ma io gli diedi ad intendere che lei stava per sposare Toni Fontaine. Come ho potuto far questo? -
- Ah, è andata così! Mi ero chiesto tante volte come mai... -
- E poi l'ho reso infelice. Gli ho fatto fare ogni specie di cose che gli ripugnavano, costringendolo, per esempio a farsi pagare da gente che veramente non era in condizioni di farlo. Ed era così addolorato perché gestivo gli stabilimenti e perché avevo costruito la bettola e assunto i forzati... Si vergognava al punto da non osare più di alzar la testa. E poi, l'ho ucciso. Sì, l'ho ucciso io! Non sapevo che facesse parte del Klan. Non immaginavo che avesse tanta audacia. Ma avrei dovuto saperlo. E l'ho ucciso. -
- "Tutte le acque dell'oceano non detergeranno queste mie mani..."
- Come? -
- Niente. Andate avanti. -
- Avanti? E' tutto qui. Non basta? L'ho sposato, l'ho reso infelice e l'ho ucciso. Dio mio! E tutto mi sembrava giusto, quando lo feci, ma ora capisco che ho fatto male. Mi pare di non essere stata io a fare tutte queste cose... Sono stata perversa con lui, ma senza volere. Non ero stata educata in questo modo. La mamma... - Si interruppe e inghiottì. Aveva evitato tutto il giorno di pensare ad Elena, ma ora non poteva più scacciare l'immagine di lei.
- Mi sono chiesto spesso come poteva essere - fece Rhett. - Mi sembra che voi somigliate piuttosto a vostro padre. -
- La mamma era... Oh Rhett, per la prima volta sono contenta che sia morta, così non può vedermi. Non mi aveva allevata per essere malvagia e perversa. Era così buona con tutti! Avrebbe preferito che io morissi di fame piuttosto che agire così. Desideravo tanto di essere come lei in tutto e per tutto e non le somiglio affatto. Non ci pensavo... c'erano tante altre cose da pensare... ma avrei voluto somigliarle. Non volevo essere come il babbo. Gli volevo bene, ma egli era così... così... spensierato. A volte ho cercato di essere gentile col mio prossimo e buona con Franco; ma allora tornava l'incubo e mi faceva tanta paura! E desideravo soltanto di correre ad afferrare del denaro, fosse o non fosse mio.
Le lacrime le scorrevano sul volto, ed ella si era aggrappata a lui con tanta forza che egli sentì le sue unghie penetrargli nella carne.
- Che incubo? - la sua voce era dolce e calmante.
- Ah, già... dimenticavo che non sapete. Quando cercavo di esser buona e di dire a me stessa che il denaro non è tutto, andavo a letto e sognavo di essere a Tara, subito dopo la morte della mamma e dopo la venuta degli yankees. Rhett, non potete immaginare... Mi vien freddo a pensarci! Tutto bruciato e niente da mangiare. E nel sogno sono torturata dalla fame! -
- Andate avanti. -
- Ho fame; e tutti, il babbo, le ragazze e i negri, muoiono d'inedia. E si raccomandano a me e io dico continuamente: "Se riesco ad uscirne, non voglio soffrir la fame mai più"; e allora il sogno si trasforma in una nebbia grigia attraverso la quale io corro, corro disperatamente, col cuore che mi scoppia; sono inseguita da qualche cosa e non posso respirare; ma penso che se riesco ad arrivare, sarò salva. Ma non so dove io cerchi di arrivare. Allora mi sveglio tremando di freddo e di spavento. E quando mi sveglio mi pare che nel mondo non vi sia abbastanza denaro per potere impedire che io soffra la fame... In quei momenti Franco era così sdolcinato e meschino che diventavo furibonda e perdevo la calma. Credo che non mi capisse; ed io non cercavo di farmi capire. Pensavo che un giorno, quando avessi avuto del denaro, gli avrei spiegato... Ed ora è morto ed è troppo tardi. Ed io ho fatto male... Se dovessi rifarlo, credo che agirei diversamente. -
- Basta - impose Rhett svincolandosi dalla stretta frenetica di Rossella e traendo di tasca un fazzoletto pulito. - Asciugatevi gli occhi. Non c'è buon senso a disperarsi in questo modo. -
Ella prese il fazzoletto e si asciugò le guance, più sollevata perché le sembrava di aver deposto un po' del suo grave fardello sulle larghe spalle di Rhett.
Egli appariva così calmo e tranquillo; e anche la piega leggera della sua bocca la confortava perché provava che la sua angoscia e la sua confusione erano eccessive.
- Vi sentite meglio adesso? Dunque, vediamo di andare in fondo a questa faccenda. Dite che se doveste tornare da capo, agireste in modo differente. Ma è vero questo? Riflettete un momento. Agireste davvero in altro modo? -
- Ma... -
- No; tornereste a fare lo stesso. Avevate altra scelta? -
- No. -
- E allora perché vi disperate? -
- Perché sono stata cattiva ed ora lui è morto. -
- E se non fosse morto, voi continuereste ad essere cattiva. Insomma, se ho ben capito, voi non siete addolorata perché avete sposato Franco, siete stata caparbia con lui e avete senza volerlo cagionato la sua morte. Siete disperata solo perché avete paura di andare all'inferno. E' così? -
- Ma... mi sembra che sia lo stesso. Tutto è così confuso... -
- Anche la vostra morale è considerevolmente confusa. Voi siete nella esatta posizione di un ladro che è stato colto con le mani nel sacco, e non è addolorato perché ha rubato ma perché ha una tremenda paura di andare in prigione. -
- Un ladro... -
- Oh, non prendete le cose alla lettera! In altre parole: se non aveste questa stupida idea di potere essere dannata per l'eternità, sareste ben contenta di esservi liberata di Franco. -
- Rhett! -
- Andiamo! Dal momento che vi state confessando, tanto vale che diciate tutta la verità, piuttosto che una decorosa menzogna. Ditemi un po': la vostra... hm... coscienza vi ha mosso molti rimproveri quando voi avete offerto... come vogliamo dire?... quel tesoro che è più caro della vita, per trecento dollari? -
L'acquavite stava adesso lavorando nel cervello della giovane donna che si sentiva un po' stordita e indifferente.
- Veramente non ho pensato a Dio in quel momento... né all'inferno. E quando vi ho pensato... ho calcolato che Dio avrebbe compreso. -
- Ma non avete pensato che Dio avrebbe compreso anche la ragione per cui sposavate Franco? -
- Come fate, Rhett, a parlare così di Dio mentre non credete in Lui? -
- Ma voi credete in un Dio della collera; e questo è ciò che importa adesso. Perché il Signore non dovrebbe comprendere? Siete forse spiacente di possedere ancora Tara e che questa non sia in mano dei "Carpetbaggers"? Vi dispiace di non essere affamata e lacera? -
- Oh no! -
- E avevate altra alternativa, eccetto quella del matrimonio con Franco? -
- No. -
- Chi lo ha costretto a sposarvi? Gli uomini hanno il libero arbitrio. E perché si è lasciato trascinare da voi a fare quello che non voleva? -
- Ma... -
- Non vi tormentate, Rossella. Se doveste tornare da capo, voi sareste ancora trascinata a mentire e lui a sposarvi. Vi esporreste nuovamente a un pericolo ed egli dovrebbe vendicarsi. Se egli avesse sposato la vostra sorellina, forse non sarebbe morto, ma essa lo avrebbe reso anche più infelice di quanto avete fatto voi. Non poteva andare diversamente. -
- Ma io avrei potuto essere più buona con lui. -
- Avreste potuto... se foste stata differente. Ma eravate nata per tiranneggiare chi ve lo avesse consentito. I forti sono fatti per essere tiranni e i deboli per piegarsi. E' stata colpa di Franco che non vi ha percossa con la frusta... Mi meraviglio di voi, Rossella, che sentite svegliarsi la vostra coscienza a quest'età. Gli opportunisti come voi non dovrebbero averne. -
- E' un male essere opportunista? -
- E' sempre stata ritenuta una cosa vergognosa... specialmente da quelli che hanno avuto le stesse opportunità e non le hanno colte. -
- Oh Rhett... Voi state scherzando mentre io credevo che sareste stato gentile! -
- Sono gentile... Ma voi, cara Rossella, siete brilla. Ecco tutto. -
- Come osate... -
- Oso. Siete sull'orlo di quella che volgarmente si chiama una "sbornia malinconica"; quindi cambierò argomento e vi rallegrerò raccontandovi qualche notizia che vi divertirà. Veramente, stasera sono venuto qui espressamente per parlarvi di questo prima di partire. -
- Dove andate? -
- In Inghilterra; e forse rimarrò assente qualche mese. Lasciate un po' stare la vostra coscienza, Rossella. Non ho voglia di continuare a discutere sulla salvezza della vostra anima. Volete sentire questa novità? -
- Ma io... - cominciò Rossella debolmente e s'interruppe. Fra l'acquavite, che stava attenuando le aspre punture del rimorso e le parole beffarde ma consolatrici di Rhett, il pallido spettro di Franco si andava ritraendo nell'ombra. Forse Rhett aveva ragione. Forse Dio comprenderebbe. Si riprese abbastanza per poter ricacciare l'idea in fondo al suo cervello e decidere: "Ci penserò domani."
- Che novità? - chiese con sforzo, soffiandosi il naso nel fazzoletto di lui e spingendo indietro i capelli che avevano cominciato a scompigliarsi.
- La novità è questa. - E Rhett sorrise. - Vi desidero ancora più di quanto abbia mai desiderato alcuna donna; e credo che ora che il povero Franco non c'è più, vi interessi saperlo. -
Rossella strappò le mani dalla sua stretta e balzò in piedi.
- Io... Voi siete l'individuo più screanzato che esista! Venire proprio in questo momento a farmi dei discorsi... Dovevo saperlo che siete sempre lo stesso! Col cadavere di Franco ancora caldo! Se aveste un po' di costumatezza... uscite subito da questa... -
- State zitta, altrimenti fra un momento vedrete qui miss Pitty - rispose Rhett senza alzarsi ma afferrandola per i polsi. - Temo che non abbiate compreso la mia idea. -
- La vostra idea? Non ci tengo. - Ella lottò per svincolarsi. - Lasciatemi e uscite. Non ho mai visto una simile mancanza di tatto! -
- Zitta! - ribatté Rhett. - Vi sto chiedendo di sposarmi. O volete che mi metta in ginocchio? -
- Oh... - fece Rossella ansimando; e piombò a sedere sul divano.
Lo fissò a bocca aperta, chiedendosi se forse era l'acquavite che le faceva uno scherzo, poiché ricordava la dichiarazione di Rhett: "Mia cara, io sono di quegli uomini che non si ammogliano". O lei era ubriaca o lui era pazzo. Ma non ne aveva l'aspetto. Sembrava calmo come se avesse parlato del sole e della pioggia e la sua cadenza strascicata colpì le sue orecchie senza un'enfasi particolare.
- Vi ho sempre desiderata, Rossella, da quel giorno che vi vidi alle Dodici Querce, quando scagliaste il portafiori, dimostrando così che non eravate una signora. Ho sempre avuto l'intenzione di farvi mia, in un modo o in un altro. Ma poiché voi e Franco avete messo assieme un po' di denaro, capisco che non verrete più a farmi qualche interessante proposta di prestiti e garanzie. Quindi vedo che mi tocca sposarvi. -
- E' uno dei vostri soliti scherzi, Rhett? -
- Ma come: io vi apro l'anima mia e voi fate delle insinuazioni! No, Rossella: questa è una vera e propria dichiarazione, in debita forma. Riconosco che non è di buon gusto farla in questo momento, ma ho una buona giustificazione per la mia sconvenienza. Parto domani per una lunga assenza e temo che se aspetto il mio ritorno, vi troverò sposata con qualcuno che ha un po' di denaro. E allora ho pensato: perché non io, e il mio denaro? Veramente, Rossella: non posso passar la vita a cercare di afferrarvi fra un marito e l'altro.
Parlava sul serio. Non vi era dubbio. Nel rendersi conto di questo ella si sentì la bocca arida e inghiottì. Lo guardò negli occhi per potergli rispondere e li vide ridenti, ma con qualche cosa di profondo che non vi aveva mai visto prima; una strana lucentezza che sfidava ogni analisi. Sedeva con aria indifferente; ma ella comprese che la sorvegliava attentamente come un gatto sorveglia la tana di un sorcio. Nella sua calma era un senso di forza rattenuta che la fece indietreggiare un po' sgomenta.
Le chiedeva di sposarlo: commetteva un gesto incredibile. Una volta Rossella si era proposta di tormentarlo se le avesse rivolto quella richiesta; si era proposta di umiliarlo e di fargli sentire il proprio potere, assaporando una gioia maligna nel far questo. Ora egli aveva detto quelle parole, ed ella si sentiva più che mai in suo potere; e non le veniva neanche in mente ciò che aveva avuto in animo di fare. Come una ragazza a cui fosse stata rivolta per la prima volta una parola d'amore, arrossì e mormorò:
- Non... non mi sposerò mai più. -
- Ma sì, vi sposerete. Siete nata per essere moglie. Perché non mi sposereste? -
- Perché... non vi amo, Rhett. -
- Questo non è un ostacolo. Non mi pare che nelle vostre due esperienze matrimoniali l'amore abbia avuto gran parte. -
- Come potete dir questo? Sapete che a Franco volevo bene! -
Egli non rispose.
- Sì, gli volevo bene! -
- Va bene; non discutiamo. Volete riflettere sulla mia proposta mentre io sarò lontano? -
- Rhett, non mi piacciono le cose che si trascinano. Preferisco rispondervi subito. Penso di tornare a Tara, lasciando Lydia Wilkes con zia Pitty. Desidero andare a casa per molto tempo e... non desidero rimaritarmi -
- Storie. Perché? -
- Così... Non mi piace essere maritata. -
- Ma, mia povera figliuola, voi non siete mai stata veramente maritata. Che cosa volete sapere...? Ammetto che siete stata disgraziata... una volta per dispetto e un'altra volta per denaro... Avete mai pensato a sposarvi... per il piacere di farlo? -
- Piacere! Non dite sciocchezze. Non vi è nessun piacere nel matrimonio. -
- No? Perché no? -
Ella aveva ripreso una certa calma e insieme a questa l'acquavite riportava a galla la naturale schiettezza.
- Sarà un piacere per gli uomini... E Dio sa perché! Non l'ho mai capito. Ma la donna non ne ricava altro che il proprio mantenimento e un sacco di lavoro; e poi bisogna accontentare la pazzia del marito... e un bambino all'anno. -
La risata di Rhett fu così sonora che echeggiò nel silenzio della casa e Rossella udì aprire la porta della cucina.
- Zitto! Mammy ha delle orecchie di lince; e non sta bene ridere così forte dopo... Smettetela di ridere! Sapete che quello che dico è la verità. Piacere! Storie! -
- Ho detto che siete stata disgraziata; e quello che dite ne è la prova. Avete sposato un ragazzo e un vecchio. E per soprammercato, scommetto che vostra madre vi ha detto che bisogna sopportare "quelle cose" perché poi si ha il compenso della maternità. Beh, tutto questo non è esatto. Perché non provate a sposare un uomo giovine che ha una cattiva reputazione e che sa fare con le donne? Vi assicuro che è piacevole. -
- Siete grossolano e presuntuoso; e mi pare che questa conversazione stia andando troppo in là. E sia... assolutamente volgare. -
- Ma è anche divertente, no? Scommetto che non avete mai discusso sulle relazioni coniugali, neanche con Carlo e con Franco. -
Ella lo guardò aggrottando le ciglia. Decisamente Rhett sapeva troppe cose. Dove diamine aveva imparato tutto quello che sapeva sulle donne? Era proprio sconveniente.
- Non fate il cipiglio. Fissate l'epoca, Rossella. Non vi chiedo un matrimonio immediato a causa della vostra reputazione. Lasceremo un intervallo conveniente. A proposito: quanto è un "intervallo conveniente"? -
- Non ho detto affatto che vi sposerò. E non è conveniente neanche parlarne in questi momenti. -
- Vi ho detto la ragione che mi spinge a parlarvene. Parto domani e sono un innamorato troppo ardente per reprimere più a lungo la mia passione. Ma forse sono stato troppo precipitoso nella mia richiesta. -
Con una subitaneità che la sbalordì, egli scivolò dal divano in ginocchio e, con una mano sul cuore, recitò rapidamente:
- Perdonatemi se vi ho sbigottita con l'impeto del mio sentimento, mia cara Rossella... volevo dire, signora Kennedy. Ma non può esservi sfuggito che da un pezzo l'amicizia che nutrivo per voi si è trasformata in un sentimento assai più profondo, molto più bello, più puro, più sacro. Oserò nominarvelo? Ah! E' l'amore che mi rende così temerario! -
- Alzatevi! - minacciò Rossella. - Non fate lo sciocco... Se Mammy entrasse e vi vedesse?! -
- Sarebbe stupita e incredula vedendomi per la prima volta così gentile - replicò Rhett alzandosi con leggerezza. Andiamo, Rossella: non siete una bambina né una scolaretta che cerca la scusa delle convenienze o altro del genere. Dite che mi sposerete al mio ritorno, o, dinanzi a Dio, non partirò. Rimarrò qui e tutte le sere verrò a suonare la chitarra sotto le vostre finestre e a cantare con quanta voce ho in gola; vi comprometterò, sicché dovrete sposarmi per salvare la vostra reputazione. -
- Siate ragionevole, Rhett. Non mi voglio rimaritare. -
- No? Ditemi la ragione. Non può essere timidezza di ragazzina. Che cos'è? -
Improvvisamente ella pensò ad Ashley, lo vide chiaramente come se le fosse accanto, coi suoi capelli d'oro, gli occhi sonnolenti, pieno di dignità, così straordinariamente diverso da Rhett. Ecco la vera ragione per cui non voleva rimaritarsi, benché non avesse una particolare obiezione contro Rhett che a volte le era anche simpatico. Ella apparteneva ad Ashley, da sempre e per sempre. Non aveva mai appartenuto a Carlo né a Franco, non potrebbe mai appartenere veramente a Rhett. Tutto ciò che ella aveva fatto, lo aveva fatto soltanto perché amava Ashley. Ashley e Tara: ella apparteneva a loro. I sorrisi, i baci, il riso che aveva dato a Carlo e a Franco erano di Ashley, anche se egli non li aveva mai chiesti e non li avrebbe chiesti mai. E nella profondità del suo essere era il desiderio di conservarsi per lui, benché sapesse che mai egli la prenderebbe.
Non sapeva che il suo viso era mutato, assumendo, attraverso quei pensieri una dolcezza che Rhett non aveva mai visto prima. Egli fissava gli occhi verdi un po' obliqui, la tenera curva delle labbra rosse, e per un attimo si sentì mancare il respiro. Quindi egli torse la bocca con violenza e bestemmiò, spazientito.
- Siete una stupida, Rossella O'Hara! -
Prima che ella fosse tornata presente col pensiero, egli l'aveva circondata con le sue braccia dure e forti, come quella notte, tanto tempo fa, sulla buia strada di Tara. Ella provò nuovamente quello smarrimento, quel senso di condiscendenza, quel calore che la indebolivano. E il volto serio di Ashley Wilkes si confuse e dileguò nel nulla. Egli le ripiegò la testa sul proprio braccio e la baciò, dapprima dolcemente e poi con un crescendo d'intensità che la costrinse ad aggrapparsi a lui come alla sola cosa ferma in un mondo che le girava attorno. La bocca insistente di lui le scostò le labbra tremanti, facendole correre attraverso i nervi dei brividi violenti, svegliando in lei sensazioni che non aveva mai conosciute. E prima che lo stordimento la vincesse completamente, Rossella si accorse di ricambiare il suo bacio.
- Basta, vi prego... svengo! - sussurrò cercando fiaccamente di volgere il capo altrove. Egli le strinse la testa più fortemente contro la sua spalla e Rossella intravide confusamente il volto bruno di lui, i suoi occhi spalancati e che avevano una strana lucentezza. Il tremito del suo braccio la spaventò.
- Voglio farvi svenire. Voglio farvi svenire. Sono anni che siete in attesa di questo... Nessuno degli imbecilli che avete conosciuto vi ha mai baciata così... Non è vero? Né il vostro prezioso Carlo né Franco né quell'idiota del vostro Ashley... -
- Vi prego...! -
- Ho detto quell'idiota del vostro Ashley. Tutti signori... Che cosa sapevano delle donne? Che cosa capivano di voi? Io vi conosco. -
La sua bocca fu nuovamente su quella di Rossella ed ella si arrese senza lottare, troppo debole per volgere il capo e senza neppur desiderio di volgerlo; il corpo scosso dai battiti violenti del cuore, mentre la paura della forza di lui e della propria debolezza le dava il capogiro. Se non smetteva, certo ella perderebbe i sensi. Se smettesse... non smetterebbe mai?!
- Dite di sì! - Le labbra di Rhett erano incollate alle sue ed ella vedeva i suoi occhi così vicini che le sembravano enormi, come se riempissero il mondo intero. - Ditemi di sì, maledizione o... -
Ella mormorò "sì" senza neanche accorgersene. Come se, per suggestione, il monosillabo le fosse uscito dalle labbra senza sua volontà. Ma appena lo ebbe pronunciato, si sentì improvvisamente calma; il capo cessò di girarle e anche l'ebbrezza dell'acquavite diminuì di botto. Gli aveva promesso di sposarlo senza averne affatto l'intenzione. Non sapeva come tutto ciò fosse accaduto, ma non le dispiaceva. Ora le sembrava naturale di aver detto "sì", quasi come se, per divino intervento, una mano più forte della sua si fosse impadronita delle sue faccende per risolverle.
Egli respirò profondamente e si chinò come per baciarla di nuovo; ella piegò il capo indietro e chiuse gli occhi. Ma Rhett si ritrasse senza baciarla e ciò le diede una leggera delusione. Essere baciata in quel modo le dava una sensazione strana ma eccitante.
Egli rimase un po' di tempo a sedere tenendo ancora la testolina di lei appoggiata alla propria spalla; e come se si fosse imposto uno sforzo, il tremore delle sue braccia cessò. Si scostò un momento e la guardò. Ella aperse gli occhi e vide che quell'ardore che l'aveva spaventata era scomparso dal volto di Rhett. Si sentì incapace di sostenere il suo sguardo e chinò gli occhi confusa e fremente.
Quando egli parlò, la sua voce era calmissima.
- Avete detto sul serio? Non avete l'intenzione di ritirare la vostra parola? -
- No.
- Non è stato perché... hm... come si dice?... vi ho fatto "perdere il lume degli occhi" col mio ardore? - Ella non rispose, perché non sapeva che cosa dire; era tuttora incapace di guardarlo. Rhett le pose una mano sotto il mento e le sollevò il volto.
- Vi ho detto una volta che avrei sopportato da voi qualunque cosa, eccetto una menzogna. E ora voglio la verità. Perché avete detto di sì? -
Rossella si sentì ancora impossibilitata a rispondergli; ma avendo riacquistata un po' di padronanza di sé, continuò a tenere gli occhi pudicamente abbassati ma sollevò un poco gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso.
- Guardatemi. E' per il mio denaro? -
-Oh, Rhett! Che domanda! -
- Guardatemi e non cercate di imbrogliarmi. Io non sono Carlo né Franco ne uno di quei giovinotti della Contea che si sono lasciati prendere alla pania delle vostre ciglia palpitanti. E' per il mio denaro? -
- Ma..., in parte, sì. -
- In parte? -
Sembrò che la risposta non lo irritasse. Respirò ancora rapidamente, e fece uno sforzo per spegnere nei propri occhi l'ardore che le parole di lei vi avevano acceso; un ardore che a lei la confusione impediva di scorgere.
- Ecco - cominciò Rossella imbrogliandosi e confondendosi nelle parole - il denaro è necessario... Lo sapete benissimo, Rhett; e Franco non ne ha lasciato molto. Ma poi... noi siamo adatti uno all'altro... E voi siete il solo, fra quanti uomini ho conosciuti, che sopporta la verità da una donna; è piacevole avere un marito che non vi crede una stupida e al quale non occorra raccontare delle frottole... e... sì, Rhett, vi voglio bene. -
- Mi volete bene? -
- Oh Dio - ribatté ella stizzosamente - se dicessi che vi amo pazzamente, mentirei; e per di più, voi non lo credereste. -
- A volte, gioia mia, ho l'impressione che' esageriate nel dire la verità. Non credete che sarebbe più carino da parte vostra dire: "Rhett, vi amo", anche se non fosse vero? -
Ella rimase anche più confusa, non comprendendo dove egli volesse arrivare. Sembrava così strano, agitato, irritato, beffardo; lo vide ritrarre le mani da quelle di lei e ficcarle nelle tasche dei calzoni, e si accorse che stringeva i pugni.
"Se anche dovessi perdere il marito, voglio dire la verità" pensò allora torva, col sangue in tumulto come sempre quando egli la tormentava.
- Sarebbe una menzogna, Rhett; e a che scopo dovremmo dire delle sciocchezze? Vi voglio bene, ve l'ho detto. E voi mi capite. Una volta mi avete detto che non mi amavate perché avevamo troppi punti in comune. Tutti e due furfanti; questa fu la vostra... -
- Dio mio! - sussurrò Rhett rapidamente volgendo il capo altrove.
Preso nella mia stessa trappola! -
- Che avete detto? -
- Nulla. - La guardò e rise; ma non era un riso cordiale. Fissate l'epoca, cara - e rise di nuovo, chinandosi a baciarle le mani. Ella provò sollievo nel vedere che il malumore era passato, e sorrise a sua volta.
Rhett giocherellò per un istante con la sua mano rispondendo al suo sorriso.
- Vi è mai capitato, fra i romanzi che leggete, di trovare la vecchia situazione della moglie indifferente che si innamora del proprio marito? -
- Sapete che non leggo romanzi - rispose Rossella; e cercando di mettersi all'unisono col suo tono scherzoso continuò: - del resto, una volta mi avete detto che è il colmo del cattivo gusto, marito e moglie che si amano. -
- Quante cose maledettamente idiote ho detto! - ritorse egli bruscamente e si alzò in piedi.
- Non imprecate. -
- Dovreste abituarvici, e imparare a imprecare anche voi. Dovreste assuefarvi a tutte le mie cattive abitudini. Questo fa parte del prezzo per... volermi bene e mettere i vostri graziosi artigli sul mio denaro. -
- Sentite: non mettete le cose in questi termini, soltanto perché io non ho voluto mentire allo scopo di farvi diventare presuntuoso. Voi non siete innamorato di me, non è vero? Perché io dovrei esserlo di voi? -
- No, cara, non vi amo, come voi non mi amate; e se vi amassi, sareste l'ultima persona a cui lo direi. Dio protegga l'uomo che vi ama davvero. Perché voi spezzereste il suo cuore, tesoro, da quella gattina perversa e crudele che siete, così incurante e sicura che non si prende neanche il disturbo di nascondere i suoi artigli. -
La trasse in piedi e la baciò di nuovo; ma questa volta la sua bocca era diversa; sembrava che egli cercasse di irritarla, offenderla, insultarla. Le sue labbra scivolarono sulla sua gola e infine premettero il taffettà sul suo seno, così a lungo e con tanta forza che ella si sentì bruciare la pelle. Alzò le mani a respingerlo, con verecondia oltraggiata.
- Non dovete! Come osate...?! -
- Avete il cuore che batte come quello di un coniglio - motteggiò Rhett. - Se fossi presuntuoso, penserei che quei battiti son troppo veloci per un semplice affetto. Lisciatevi le penne arruffate. E smettete quell'aria di verginella. Ditemi che cosa debbo portarvi dall'Inghilterra. Un anello? Come lo volete? -
Ella ondeggiò un momento fra l'interesse destato da queste ultime parole e il desiderio femminile di prolungare la scena di collera e di indignazione.
- Oh.. un anello di brillanti, Rhett... molto grosso! -
- Così potrete farlo scintillare dinanzi agli occhi delle vostre amiche povere dicendo: "Vedete che cosa ho ghermito!" Benissimo; avrete un grosso anello, tanto grosso che le vostre amiche meno fortunate potranno consolarsi sussurrando che portare delle gemme così grandi non è da signora. -
Improvvisamente attraversò la stanza ed ella lo seguì stupita fino alla porta chiusa.
- Che c'è? Dove andate? -
- A casa mia, a finire il bagaglio. -
- Ma... -
- Che cosa? -
- Niente. Vi auguro buon viaggio. -
- Grazie. -
Aperse l'uscio e attraversò il vestibolo; Rossella lo seguiva, un po' sconcertata come per un mutamento inatteso dell'atmosfera. Egli infilò il soprabito e prese guanti e cappello.
- Vi scriverò. Fatemi sapere se cambiate idea. -
- Non volete... -
- Che cosa? - Sembrava impaziente di andar via.
- Baciarmi come saluto? - Fu un bisbiglio, come se ella avesse temuto le orecchie della casa.
- Non vi pare di avere avuto abbastanza baci per una sera? ritorse egli sorridendole. - Pensare che una giovine donna pudica e bene allevata... Ma non ve lo avevo detto che vi sarebbe piaciuto? -
- Siete un individuo impossibile! - gridò lei incollerita, senza più curarsi di essere udita da Mammy. - E se non tornate più, non me ne importa nulla! -
Si voltò e corse a precipizio su per le scale, aspettando di sentire la sua calda mano sul braccio per fermarla. Invece egli aperse tranquillamente la porta d'ingresso; una corrente fredda penetrò nel vestibolo.
- Ma tornerò - disse soltanto; ed uscì, lasciandola in cima alle scale con gli occhi fissi sulla porta chiusa.
L'anello che Rhett le portò dall'Inghilterra era veramente grosso; così grosso che Rossella si sentiva imbarazzata a metterlo. Le piacevano i gioielli vistosi e di prezzo, ma aveva l'impressione che tutti quanti dicessero, con assoluta verità, che quell'anello era volgare. Aveva al centro un brillante di quattro carati, contornato da smeraldi. Le copriva tutta la falange e le appesantiva la mano. Rossella sospettava che Rhett avesse fatto fare quell'anello così vistoso per pura e semplice perversità.
Prima del ritorno di Rhett e di aver ricevuto l'anello, ella non disse nulla ad alcuno, neanche alla propria famiglia, le sue intenzioni; e quando finalmente annunciò il fidanzamento, i pettegolezzi furono infiniti. Dopo l'episodio del Klan, Rhett e Rossella erano stati gli individui più impopolari di Atlanta, eccezion fatta per gli yankees e i "Carpetbaggers". Tutti avevano sempre biasimato Rossella, fin dal giorno in cui aveva smesso le gramaglie che portava per Carlo Hamilton. Il biasimo era andato crescendo a causa del suo contegno poco femminile: la gestione degli stabilimenti, la sfacciataggine con la quale si era mostrata quando era incinta e tante altre cose del genere avevano destato la disapprovazione generale. Ma quando ella cagionò la morte di Franco e di Tommy e mise a repentaglio la vita di una dozzina di altri uomini, il biasimo divenne una pubblica condanna.
Quanto a Rhett, egli aveva goduto dell'antipatia della città da quando speculava durante la guerra; e la sua amicizia coi repubblicani non gli aveva certo acquisito la benevolenza dei cittadini. Ma, cosa strana, il fatto che egli avesse salvato la vita di alcuni fra gli uomini più eminenti di Atlanta, aveva destato un odio implacabile fra le signore.
Non che esse si rammaricassero di avere i mariti ancora vivi. Ma erano profondamente amareggiate di dovere queste vite a un uomo come Rhett e ad un trucco così imbarazzante. Per parecchi mesi avevano sopportato a stento lo scorno e le risa degli yankees; e tutte dicevano che se Rhett avesse avuto realmente a cuore il bene del Klan, avrebbe dovuto trovare una scappatoia più conveniente. Affermavano che egli aveva immischiato nella faccenda Bella Watling unicamente per mettere le persone dabbene della città in una posizione spiacevole. Quindi non meritava né gratitudine per aver salvato i mariti né perdono per i suoi trascorsi peccati.
Quelle donne, così pronte alla generosità, così tenere di fronte al dolore, così instancabili nel momento della necessità, sapevano essere implacabili come furie verso qualsiasi rinnegato infrangesse la più piccola fra le leggi del loro codice. E questo codice era assai semplice. Rispetto per la Confederazione, riverenza per i veterani, fedeltà alle vecchie forme, orgoglio nella povertà, generosità verso gli amici, odio immortale per gli yankees. Rossella e Rhett avevano oltraggiato tutti i dettami di questo codice.
Gli uomini che erano stati salvati da Rhett tentarono di imporre silenzio alle mogli, ma invano. Prima che fosse annunciato il loro matrimonio, quei due avevano riscosso molte antipatie, ma si era cercato di esser ancora gentili verso di loro. Ora neanche la più fredda cortesia era più possibile. La notizia del loro fidanzamento scoppiò come una bomba, inattesa e fulminante; attraversò la città in un baleno e anche le donne più dolci e gentili non poterono astenersi dal dire vivacemente la loro impressione. Riprender marito dopo un anno solo dalla morte di Franco, ed essendo responsabile della sua morte! E sposare quel Butler che era proprietario di un bordello e che era associato a yankees e a "Carpetbaggers" in ogni specie di affare ladresco! Separatamente, era ancora possibile sopportare quei due; ma insieme, non si potevano tollerare. Tutti e due abietti e volgari! Avrebbero dovuto essere scacciati dalla città!
Atlanta sarebbe forse stata più tollerante se la notizia del fidanzamento non fosse giunta in un momento in cui Rhett e i suoi compagni yankee e "Carpetbaggers" erano più odiosi di quanto fossero mai stati. La resistenza dell'ultima cittadella della Georgia al governo yankee era venuta meno proprio in quei giorni; la lunga campagna iniziata quattro anni prima quando Sherman aveva intrapreso la sua marcia verso il Sud, aveva raggiunto il culmine; e l'umiliazione dello Stato era completa.
Tre anni di Ricostruzione erano stati tre anni di terrorismo. Ognuno aveva pensato che le condizioni non potessero inasprirsi. Ma adesso la Georgia scopriva che lo stadio peggiore della Ricostituzione era appena cominciato. Per tre anni il Governo Federale aveva tentato di imporre alla Georgia idee e leggi straniere; e vi era riuscito, avendo un esercito per dar forza ai suoi ordini. Ma solo il potere militare poté imporre il nuovo regime. Vi era una legge yankee che lo Stato subiva ma che non accettava. I capi partito della Georgia avevano cominciato a combattere per avere il diritto di governarsi secondo le loro idee, e avevano resistito a tutti gli sforzi fatti per piegarli ad accettare i dettami di Washington come leggi.
Ufficialmente, il governo della Georgia non aveva mai capitolato; ma la lotta era stata inutile. Impossibile vincere; ma almeno si era potuto rimandare l'inevitabile. Già parecchi altri Stati del Sud avevano dei negri analfabeti che coprivano alte cariche, e i loro parlamenti erano dominati da negri e da "Carpetbaggers". Ma la Georgia, con la sua caparbia resistenza, era riuscita fino allora a sfuggire a quell'estrema degradazione. Per tre anni, l'amministrazione era rimasta quasi sempre sotto il controllo di uomini bianchi e di democratici. Coi soldati yankee dovunque, i funzionari pubblici non potevano fare altro che protestare e resistere. Il loro potere era nominale ma almeno si era riusciti a conservare il governo dello Stato nelle mani di georgiani. Ora anche quest'ultima fortezza era caduta.
Nella stessa maniera che Johnston e i suoi uomini erano stati respinti a passo a passo da Dalton ad Atlanta quattro anni prima, così i democratici della Georgia erano stati respinti a poco a poco, dal 1865 in poi. Il potere del Governo Federale sugli affari e sulle vite dei cittadini era diventato sempre maggiore. La forza era stata opposta alla forza; e i decreti militari sempre più numerosi avevano reso le autorità civili sempre più impotenti. Finalmente, ridotta la Georgia a una provincia militare, le urne erano state aperte ai negri, senza occuparsi se le leggi dello stato lo permettessero o no.
Una settimana prima che fosse annunciato il fidanzamento di Rossella con Rhett, aveva avuto luogo l'elezione del governatore. I democratici meridionali avevano come candidato il generale John B. Gordon, uno dei cittadini più amati e più stimati, a cui veniva opposto un repubblicano chiamato Bullock. Le elezioni erano durate tre giorni invece di uno. Treni carichi di negri avevano viaggiato da una città all'altra, votando ad ogni distretto lungo la via. Naturalmente, Bullock era riuscito eletto.
Se la cattura della Georgia da parte di Sherman aveva amareggiato i cittadini, quest'ultima cattura del governo dello Stato da parte di "Carpetbaggers", yankees e negri, produsse un'amarezza assai più profonda e cocente. Atlanta e la Georgia ribollivano d'ira.
E Rhett Butler era amico dell'odiato Bullock!
Rossella, con la sua abituale indifferenza per tutto ciò che non la riguardava direttamente, si era appena accorta che vi fossero le elezioni. Rhett non vi aveva preso parte e i suoi rapporti con gli yankees non erano diversi da quelli che erano stati sempre. Ma rimaneva il fatto che Rhett era un rinnegato e amico di Bullock. E con quel matrimonio, anche Rossella diventerebbe una rinnegata. A 'Tlanta non si sentiva disposta ad essere tollerante verso nessuno che fosse nel campo nemico; e quando si sparse la notizia degli imminenti sponsali, fu ricordato tutto il male che si poteva dire della coppia e non una briciola del bene.
Rossella comprese che la città mormorava, ma non si rese conto della misura del sentimento pubblico finché la signora Merriwether, sollecitata dal suo Circolo Religioso, prese sopra di sé di andarle a parlare per il suo bene.
- Visto che non avete più la vostra povera mamma e che Pitty, non essendo sposata, non è adatta per... hm... sì, per parlarvi su questo argomento, mi sembra mio dovere avvertirvi, Rossella. Il capitano Butler non è un uomo che una donna di buona famiglia possa sposare.
Egli è... -
- E' colui che ha salvato la vita del nonno Merriwether e anche di vostro nipote. -
La signora Merriwether si sentì gonfiare di collera. Solo un'ora prima aveva avuto una violenta discussione col nonno, il quale le aveva fatto osservare che evidentemente ella non dava molto valore alla pelle di suo suocero se non provava un po' di riconoscenza verso Rhett Butler, anche se costui era un rinnegato e un furfante.
- Ha fatto questo soltanto per metterci in una posizione imbarazzante, Rossella; perché gli yankees ridessero di noi - riprese. - Sapete benissimo che quell'uomo è un mascalzone. Lo è sempre stato ed ora è anche peggio. E' un uomo che le persone perbene non possono ricevere. -
- No? Strano, signora Merriwether. Era nel vostro salotto abbastanza spesso durante la guerra. E regalò a Maribella l'abito nuziale di raso bianco, non è vero? O mi sbaglio? -
- Le cose erano ben diverse durante la guerra; allora era necessario aver contatto anche con persone non completamente... Si faceva tutto per la Causa. Certamente voi non potete aver l'idea di sposare un uomo che non è stato nell'esercito e che si burlava di quelli che si arruolavano. -
- Ma è stato soldato anche lui. Per otto mesi. Prese parte all'ultima campagna, combattendo a Franklin; ed era col generale Johnston al momento della resa. -
- Non l'ho mai saputo - e la signora Merriwether non sembrò affatto convinta. - Ma non è stato ferito - aggiunse trionfante.
- Moltissimi uomini non lo furono. -
- Chiunque ha fatto qualche cosa è stato ferito. Io non conosco nessuno che non lo sia stato. -
Rossella si sentì punta.
- Allora bisogna dire che tutti coloro che conoscete sono stati un branco d'imbecilli che non avrebbero saputo ripararsi da una grandinata... sia pure di pallini da caccia. Ora vi dico una cosa, signora Merriwether, che potete riferire alle vostre amiche le quali si danno tanto da fare. Dite loro che sposerò il capitano Butler; e che se anche avesse combattuto a fianco degli yankees, lo sposerei lo stesso. -
La degna matrona uscì dalla casa col cappello di traverso per la collera; e Rossella comprese di avere ormai una nemica dichiarata, invece di un'amica che la biasimava. Ma non gliene importò nulla.
Nulla di ciò che la signora Merriwether faceva o diceva poteva ferirla. Non le importava dei commenti di nessuno... eccetto di quelli di Mammy.
Rossella aveva sopportato lo svenimento di Pitty alla notizia, e si era irrigidita vedendo Ashley apparire improvvisamente vecchio ed evitare il suo sguardo, quando le aveva augurato felicità. Era stata divertita e irritata dalle lettere inorridite di zia Paolina e di zia Eulalia da Charleston, le quali le vietavano il matrimonio, dicendole che non solo avrebbe rovinato la sua posizione sociale, ma avrebbe anche danneggiato la loro. Aveva perfino riso quando Melania con una ruga in mezzo alla fronte le aveva detto: - Senza dubbio, il capitano Butler è molto migliore di quanto creda il pubblico, ed è stato così buono e intelligente quando ha salvato Ashley. Ed ha anche combattuto per la Confederazione. Ma non credi, Rossella, che faresti meglio a non decidere con tanta fretta? -
No; non le importava nulla dei commenti altrui, eccettuato ciò che diceva Mammy.
- Io averti visto fare una quantità di cose che avrebbero addolorato miss Elena, se le avesse sapute. E io avere sofferto molto. Ma questo essere troppo. Sposare uomo volgare! Sì, badrona; lui essere proletario. Non dire a me che essere di buona famiglia. Questo non fare differenza. Gente volgare venire da ogni parte; e lui essere volgare! Sì, miss Rossella; io averti visto prendere mist' Carlo a miss Gioia mentre a te non importare niente di lui. E averti visto rubare mist' Franco a tua propria sorella. E avere taciuto su tante cose che tu avere fatto, come vendere legname cattivo per buono, e raccontare bugie su altri commercianti di legname, e andare in giro da sola, esporti a negri impudenti e aver fatto uccidere mist' Franco, e non dar da mangiare a quei poveri forzati che non stare più in piedi. E avere sempre taciuto, anche se miss Elena nella Terra Promessa dire: "Mammy, Mammy! Tu non sorvegliare bene mia bambina!" - Sì, badrona, io tollerare tutto questo; ma quest'altra cosa, miss Rossella, io non sopportare. Tu non potere sposare straccione volgare. No, finché io avere respiro. -
- Sposerò chi mi pare e piace - ribatté Rossella freddamente. - Credo che tu dimentichi chi sei, Mammy. -
- Se non dirti io queste cose, chi dirtele? -
- Ho riflettuto, Mammy; e mi pare che la miglior cosa per te sia tornare a Tara. Ti darò un po' di denaro e... -
Mammy si drizzò con tutta la sua dignità.
- Io essere libera, miss Rossella. Tu non potermi mandare in nessun luogo se io non volere andare. E io tornare a Tara solo se tu tornare con me. Io non lasciare figlia di miss Elena, e nessuno al mondo potermi fare andar via. E io non permettere che nipotino di miss Elena essere allevato da padrigno volgare straccione. Io essere qui e rimanere qui! -
- Non voglio che tu stia in casa mia e sii sgarbata col capitano Butler. Lo sposerò e non c'è altro da dire. -
- Esserci molto altro da dire - ritorse Mammy lentamente; e nei suoi occhi annebbiati apparve una luce di battaglia. - Ma io non avere mai immaginato di doverlo dire a qualcuno del sangue di miss Elena. Ascoltare, miss Rossella. Tu non essere altro che mula con finimenti di cavallo. Tu poter pulire zoccoli di mula e lustrare sua pelle e metterle bei finimenti e attaccarla a bella carrozza. Ma rimanere mula. Nessuno rimanere ingannato. E tu essere lo stesso. Tu portare vesti di seta e avere stabilimenti e bottega e denaro e darti aria di cavallo di sangue ma essere sempre una mula. E non dare ad intendere a nessuno. E quel Butler essere di buona famiglia e portare bei finimenti ma essere anche lui mulo. Come te. -
Mammy lanciò alla sua padrona un'occhiata penetrante. Rossella era ammutolita e tremante sotto l'insulto.
- Se tu dire che volerlo sposare, tu farlo, perché essere ostinata come tuo padre. Ma ricordare questo, miss Rossella: io non andare via. Io rimanere per vedere anche questa cosa. -
Senza attendere risposta, Mammy si volse per andarsene; e se avesse detto "Ci rivedremo a Filippi", il suo tono non avrebbe potuto essere più minaccioso.
Mentre si trovavano a Nuova Orleans per la luna di miele, Rossella riferì a Rhett le parole di Mammy. Con sua sorpresa e indignazione, egli rise della similitudine dei muli con finimenti da cavalli.
- Non ho mai udito esprimere così succintamente una profonda verità. Quella vecchia e furba creatura di Mammy è una delle poche persone che conosco, di cui mi piacerebbe ottenere il rispetto e l'affezione. Ma siccome sono un mulo, suppongo che non l'otterrò mai. Ha perfino rifiutato la moneta d'oro di dieci dollari che, nel mio fervore di sposino, volevo regalarle dopo le nozze. Ho visto poca gente che non si commuova alla vista del denaro. Ma lei mi guardò negli occhi e mi ringraziò dicendomi che non era una negra libera e che non aveva bisogno del mio denaro. -
- Perché l'ha presa in questo modo? Perché tutti hanno schiamazzato sul mio conto come un branco di galline? Dopo tutto, chi sposo e quanti mariti prendo, è affar mio. Io mi sono sempre occupata dei fatti miei. Perché gli altri non si occupano dei loro? -
- Tesoro, il mondo perdona, in fin dei conti, tutto, meno il fatto che la gente si occupi dei fatti propri. Ma perché strepiti come un gatto scottato? Hai detto tante volte che non t'importava quello che diceva di noi la gente... Perché non lo dimostri? Ti sei esposta così spesso alla critica per delle piccole cose; non puoi sperare di sfuggire alle chiacchiere per le cose più grandi! Sapevi che il fatto di sposare una canaglia come me avrebbe suscitato un sacco di pettegolezzi. Se io fossi un furfante maleducato e povero in canna, la gente non si arrabbierebbe tanto. Ma un furfante ricco e cortese, è imperdonabile! -
- Possibile che tu non sia mai un po' serio? -
- Sono serissimo. Per chi è devoto è sempre spiacevole vedere che gli empi stanno benone. Allegra, Rossella! Non mi dicesti una volta che la ragione principale per cui desideravi di essere ricca era per poter mandare all'inferno una certa quantità di gente! Ora è arrivato il buon momento! -
- Ma tu eri la persona che volevo più di ogni altro mandare all'inferno! -
E Rossella rise.
- Hai ancora voglia di mandarmici? -
- Non così spesso come prima. -
- Se ti fa piacere, mandamici pure! -
- Non mi fa particolare piacere - replicò Rossella; e curvandosi lo baciò distrattamente. Gli occhi neri si levarono rapidamente verso di lei a cercare negli occhi verdi qualche cosa che non trovarono; sicché egli rise brevemente.
- Non pensare più ad Atlanta. Non pensare a quelle vecchie streghe. Ti ho condotta a Nuova Orleans perché tu ti diverta e voglio che questo sia un soggiorno piacevole per te. -
PARTE QUINTA
48
Rossella si divertì; più di quanto si fosse mai divertita dalla primavera antecedente alla guerra. Nuova Orleans era un luogo strano e affascinante e Rossella godette quel soggiorno con la gioia spensierata di un condannato a vita che sia stato graziato. I "Carpetbaggers" depredavano la città; molte persone per bene erano state scacciate dalle loro case e non sapevano come fare per mangiare; come governatore vi era un negro. Ma la Nuova Orleans che Rhett le fece vedere era il luogo più gaio che ella avesse mai conosciuto. Le persone che frequentava sembravano tutte provviste di denaro e prive di qualsiasi preoccupazione. Rhett le presentò una quantità di donne ben vestite, che avevano mani delicate, le quali non presentavano traccia di lavoro manuale, donne che ridevano di tutto e non parlavano mai di stupide cose serie e dei tempi difficili. E gli uomini... com'erano interessanti! E com'erano diversi dagli uomini di Atlanta... e come si disputavano la possibilità di ballare con lei e le facevano i più pazzi complimenti, proprio come se lei fosse una giovinetta!
Quegli uomini avevano tutti la stessa espressione dura di Rhett. I loro occhi erano sempre vigilanti, come quelli di gente che ha vissuto per troppo tempo pericolosamente per poter essere completamente tranquilla. Pareva che non avessero passato né avvenire; ed eludevano cortesemente le domande di Rossella quando ella, per fare conversazione, chiedeva loro che cosa facessero e dove stavano prima di venire a Nuova Orleans. Cosa strana, perché ad Atlanta qualunque nuovo venuto si affrettava a presentare le proprie credenziali, a parlare orgogliosamente della propria casa e della propria famiglia, e a districare la tortuosa rete di parentele che si estendeva in tutto il Sud.
Costoro erano invece dei taciturni, che sceglievano con cura ogni parola. A volte, quando Rhett era solo con loro, Rossella li udiva ridere, dalla stanza accanto e afferrava frammenti di conversazione che non avevano alcun significato per lei, brandelli di parole, nomi enigmatici... Cuba, Nassau, i giorni del blocco, la febbre dell'oro e il contrabbando, i filibustieri e Nicaragua, William Walker e la sua morte contro un muro a Truxillo. Una volta la sua entrata improvvisa aveva bruscamente interrotto una conversazione concernente ciò che era accaduto ai membri della banda di Quantrill, nota per le sue azioni di guerriglia; ed ella aveva anche traudito i nomi di Franco e Jesse James.
Ma quegli individui erano tutti pieni di cortesie, assai ben vestiti; ed evidentemente la ammiravano molto; sicché a Rossella non interessava per nulla il fatto che essi si limitassero a vivere del presente. Ciò che importava era che erano amici di Rhett e avevano belle case e magnifiche carrozze; conducevano lei e suo marito a fare delle passeggiate, li invitavano a cena, davano ricevimenti in loro onore. Quindi a Rossella erano molto simpatici. Rhett fu molto divertito quando ella glielo disse.
- Lo immaginavo - disse; e rise.
- Perché? - ella ribatté, subito insospettita dalla sua risata.
- Perché sono tutti individui di second'ordine, pecore nere, furfanti. Avventurieri o qualche cosa del genere. Hanno tutti fatto fortuna speculando sui viveri, come il tuo diletto sposo, o con dubbi contratti governativi o con altri mezzi che è preferibile non indagare. -
- Non ti credo. Lo dici per stuzzicarmi. Sono persone perbene... -
- Le persone perbene muoiono di fame. E vivono onorevolmente in certi tuguri nei quali credo che non sarei ricevuto. Capisci: durante la guerra, qualcuno dei miei nefandi commerci si è svolto qui; e questa gente ha una memoria prodigiosa... Ma tu, Rossella, sei una gioia continua per me, a causa del tuo fiuto infallibile nello scegliere le persone e le cose sconvenienti! -
- Eppure sono tuoi amici! -
- Ma a me piacciono i mascalzoni. Ho passato la mia prima gioventù vivendo di gioco a bordo di una nave che faceva servizio sul fiume, e comprendo questo genere di individui. Ma non mi illudo sul conto loro. Mentre tu - e rise di nuovo - non hai alcuna intuizione per quanto riguarda le persone, e non sei capace di discernere il buono dal cattivo. A volte penso che le sole vere signore con le quali hai avuto contatto debbono essere state tua madre e miss Melly; e neanche loro hanno prodotto sopra di te alcuna impressione. -
- Melly?! Ma se ha una faccia che sembra una scarpa vecchia; ed è sempre vestita come una rubagalline e non sa cucire due parole insieme! -
- Risparmiatemi la vostra gelosia, o signora. Non ci vuole bellezza per essere una signora; e non sono i vestiti che fanno una gran dama. -
- Davvero? Aspetta un po', Rhett, e ti farò vedere io! Ora che ho... che abbiamo denaro, sarò la più gran signora che tu abbia mai visto! -
- Aspetterò con curiosità. -
Ancor più eccitanti delle persone che le venivano presentate erano gli abiti che Rhett le comprava, occupandosi di sceglierne i colori, le stoffe e i modelli. I cerchi non si portavano più e la nuova moda era deliziosa, con le gonne tese davanti e drappeggiate dietro; dove terminavano i drappeggi erano gruppi di fiori o ciuffi di trine. Ricordando i cerchi pudibondi portati durante la guerra, Rossella si sentiva imbarazzata da quelle sottane che indubbiamente disegnavano la linea del suo addome. E i cappellini che non erano delle cuffie, ma schiacciatine curiose che si portavano inclinate su un occhio ed erano cariche di fiori e di frutti, di piume ondeggianti e di nastri fluttuanti! (Poteva farne a meno, Rhett, di bruciare i riccioli finti che lei aveva comprato per aumentare il mazzocchio di capelli lisci che si scorgeva sotto a quei cappelli!) E la delicata biancheria ricamata nei conventi! Com'era bella e quanta ne aveva! Camicie da giorno e da notte, sottovesti di lino finissimo ornate di ricami leggeri e di minuscole piegoline! E le scarpine di raso che Rhett le aveva comprate! Avevano dei tacchi alti dieci centimetri, e, sul davanti, due fibbie enormi e lustre! E le calze di seta: dodici paia, senza punte di cotone! Che ricchezza!
Aveva comprato anche dei regali per la sua famiglia. Un cane di pelliccia che somigliava a un sanbernardo per Wade; un gattino persiano per Beau, un braccialetto di corallo per Ella, una collana con un pendente di acquamarina per zia Pitty, una raccolta completa delle opere di Shakespeare per Melania e Ashley, una splendida livrea per zio Pietro, abiti per Dilcey e la cuoca e per tutti quanti a Tara.
- E per Mammy, che cosa hai comprato? - chiese Rhett osservando i doni sparpagliati sul letto nella loro camera d'albergo, e portando il gatto e il cane nello spogliatoio.
- Niente. E' stata odiosa. Perché dovrei portarle un regalo, quando ci ha chiamati muli? -
- Perché ti adiri quando senti la verità, gioia mia? Devi portarle un dono. Se non glielo portassi, le spezzeresti il cuore; e cuori come il suo hanno troppo valore per lasciare che si spezzino. -
- Non le voglio comprar nulla. Non lo merita. -
- Allora glielo comprerò io. Ricordo che la mia bambinaia diceva sempre che se andava in Paradiso voleva farsi una sottana di taffetà così rigido che potesse stare in piedi da sola e così frusciante che il Signore avrebbe dovuto credere che fossero le ali degli angeli. Comprerò del taffetà rosso per Mammy e le farò fare un'elegante sottoveste. -
- Non l'accetterà. Morirebbe piuttosto che indossarla. -
- Non ne dubito. Ma io farò ugualmente il gesto. -
I negozi di Nuova Orleans erano molto ricchi; e andare a fare acquisti con Rhett era una vera avventura. Anche pranzare con lui era un'avventura emozionante, perché egli sapeva ordinare e sapeva come dovevano essere cucinate le vivande. I vini, i liquori e gli spumanti di Nuova Orleans erano piacevolissimi ed esilaranti per lei che era abituata al vinello di more e di uva moscata pigiato in casa e all'acquavite degli "svenimenti" di Pitty. Ma le vivande che Rhett ordinava! Ricordando le giornate d'inedia di Tara e anche la sua più recente penuria, Rossella aveva l'impressione di non potersi mai saziare di quella roba squisita. Zuppa di ibisco e gamberetti alla creola, piccione col vino e pasticcini di ostriche coperti di salsa battuta, funghi e animelle e fegatini di pollo, pesci arrostiti nel cartoccio e conditi col limone. Il suo appetito non si calmava mai, perché le bastava ricordare gli insopportabili piselli secchi e gli ignami di Tara per desiderare di rimpinzarsi nuovamente di vivande creole.
- Mangi sempre come se ogni tuo pasto fosse l'ultimo - le disse un giorno Rhett. - Non raschiare il piatto, Rossella. Sono certo che in cucina ce n'è ancora. Basta chiamare il cameriere. Se non la smetti di essere così ghiotta, ingrasserai come le donne cubane e allora divorzieremo. -
Ma ella gli mostrò la lingua e ordinò un altro dolce pieno di cioccolata e rivestito di meringa.
Che bellezza potere spendere tutto il denaro che voleva senza contare, e senza doverne mettere da parte per pagare le tasse o comprare dei muli! Che bellezza essere con persone ricche ed allegre e non nobilmente povere come quelle di Atlanta! Che bellezza portare abiti di broccato frusciante che mettevano in valore la vita sottile, il collo, le braccia e un po' di seno, e accorgersi dell'ammirazione degli uomini! E che bellezza mangiare tutto quel che si voleva senza nessuno che osservasse che non era da signora! E bere tutto lo champagne che voleva! La prima volta che bevve troppo si sentì molto confusa l'indomani mattina, nel destarsi con un forte mal di capo e col vago ricordo di aver cantato "Bonnie Blue Flag" (Diletta bandiera azzurra) tornando in albergo in vettura aperta, per le strade di Nuova Orleans. Non aveva mai visto una signora nemmeno leggermente brilla, e la sola donna ubriaca che avesse mai veduto era quella tale Watling il giorno in cui Atlanta era caduta. Si sentì talmente umiliata, che non osò neppure guardare Rhett, il quale sembrò invece divertirsi di questo. Qualunque cosa ella facesse sembrava divertirlo come se ella fosse un gattino che faceva le capriole.
Era anche piacevole andar fuori con lui perché era così bello. Prima Rossella non aveva mai badato molto al suo aspetto perché ad Atlanta tutti si erano sempre talmente preoccupati di trovargli dei difetti che non avevano mai perso tempo a osservare se fosse bello o brutto. Ma qui ella vedeva che gli occhi delle altre donne lo seguivano; e che palpitavano quando egli si chinava a baciar loro la mano. Il pensiero che le altre donne potevano aver simpatia per suo marito e forse la invidiavano, le diede l'orgoglio di essere veduta con lui. "Sì, siamo una bella coppia" pensava.
Come Rhett le aveva profetizzato, il matrimonio era veramente divertente; ogni giorno le portava la gioia di una nuova scoperta.
La vita coniugale con Rhett era ben diversa da quel ch'era stata con Carlo o con Franco, i quali l'avevano rispettata e avevano sempre temuto la sua violenza. Imploravano da lei dei favori che ella concedeva se le faceva piacere. Rhett non la temeva e non la rispettava neanche molto. Faceva il suo comodo; e quando lei non era contenta, rideva. Rossella non lo amava; ma certamente vivere con lui era piacevole. Anche nei suoi scoppi di passione, che a volte rasentavano la crudeltà, egli sembrava sempre frenarsi e nascondere le proprie emozioni.
Vivendo con Rhett, ella apprendeva molte cose sul conto di lui, che pure credeva di conoscere così bene. Aveva imparato che la sua voce poteva essere vellutata come la pelliccia di un gatto, e un momento dopo aspra e stridula quando imprecava e ingiuriava. Era capace di raccontare, con apparente sincerità e convinzione, storie di coraggio, di onore, di virtù e di amore e farle seguire da narrazioni improntate al più freddo cinismo. Nessun uomo fra quanti ella ne conosceva avrebbe raccontato simili storie alla propria moglie; ma erano storie divertenti e che stuzzicavano in lei qualche cosa di grossolano e di volgare.
Egli sapeva essere un ardente e quasi tenero amatore per un po' di tempo, e subito dopo diventava un demone beffardo che si divertiva a stuzzicare il violento temperamento della moglie, ed era soddisfatto quando questo esplodeva. Apprese che i suoi complimenti erano sempre a doppio taglio e che le sue espressioni più tenere prestavano il fianco al sospetto. Insomma, in quelle due settimane a Nuova Orleans ella seppe tutto di lui, eccetto che cosa egli fosse realmente.
Qualche mattina Rhett congedava la cameriera e portava egli stesso a Rossella il vassoio della colazione, imboccandola come se fosse una bambina; le toglieva di mano la spazzola dei capelli e le spazzolava la lunga chioma nera fino a farla crepitare. Altre mattine, invece, ella era strappata bruscamente al sonno profondo da lui che la scopriva all'improvviso e le faceva il solletico sotto i piedi. Talvolta egli ascoltava con dignitoso interessamento i particolari della sua azienda, approvando con cenni la sua sagacia; tal'altra definiva il suo commercio volgare e indecoroso, basato sul furto e sull'estorsione. La conduceva a teatro e durante lo spettacolo la infastidiva dicendole che probabilmente Dio non approvava questi divertimenti; in chiesa le narrava sotto voce delle storielle spinte e poi la rimproverava perché rideva. La incoraggiava ad essere schietta, audace e disinvolta. Ella imparava da lui a usare parole pungenti e frasi sardoniche, ma non aveva quel senso di umorismo che temperava in lui la malizia, né il sorriso che lo faceva schernire sé stesso anche mentre scherniva gli altri.
La faceva giocare, cosa che ella aveva quasi dimenticato. La vita era stata troppo seria ed amara. Egli invece sapeva giocare; ma anche in questo non era un ragazzo; era un uomo. E qualunque cosa egli facesse, Rossella non l'avrebbe mai dimenticato. Non le era possibile guardarlo dall'alto della sua superiorità femminile, sorridendo come le donne hanno sempre sorriso degli uomini che conservavano un cuore di fanciullo.
Ciò l'annoiava alquanto, perché le sarebbe piaciuto sentirsi superiore a Rhett, come lo era stata a tutti gli altri uomini. A tutti, eccettuato Ashley. Soltanto Ashley e Rhett esulavano dalla sua comprensione perché entrambi non avevano potuto conservare un cuore di fanciullo.
Non comprendeva Rhett e non si prendeva il disturbo di comprenderlo, benché vi fossero cose che a volte la rendevano perplessa. Per esempio, il modo con cui egli la guardava quando credeva che non se ne accorgesse: uno sguardo vigilante, vivo, pieno di attesa.
- Perché mi guardi così? - gli chiese irritata una volta che volgendosi improvvisamente lo aveva sorpreso. - Sembri un gatto davanti alla tana di un topo! -
Ma il volto di lui si era rapidamente mutato, ed egli aveva risposto con una risata.
Rossella non tardò a dimenticare, e non si scervellò intorno a questo né intorno ad altro concernente Rhett. Egli era troppo imperscrutabile perché valesse la pena di occuparsene, e la vita era molto piacevole... tranne quando ella pensava ad Ashley.
Fortunatamente Rhett le dava troppo da fare perché questo pensiero potesse assalirla sovente. Solo alla notte, quando era stanca del ballo, o la testa le girava per il troppo champagne bevuto... allora pensava ad Ashley. Spesso, quando giaceva pigramente fra le braccia di Rhett, col chiaro di luna sul letto, pensava che la vita sarebbe stata perfetta se fossero state le braccia di Ashley quelle che la tenevano così stretta e se fosse stato lui ad attirarsi sul viso e sulla gola i suoi capelli neri.
Una volta, mentre pensava questo, sospirò e volse il capo verso la finestra; dopo un attimo sentì il braccio che aveva sotto al collo, irrigidirsi come una barra di ferro; e la voce di Rhett disse:
- Che Dio maledica la tua piccola anima ingannatrice e ti mandi all'inferno, per tutta l'eternità! -
E alzandosi si vestì e lasciò la stanza, malgrado le sue proteste e le sue interrogazioni sbigottite. Riapparve l'indomani mattina, mentre lei stava facendo colazione, scapigliato, ubriaco e di pessimo umore; non le chiese scusa, né giustificò la sua assenza. Rossella non l'interrogò e fu gelida con lui, come una moglie offesa. E quando ebbe terminato la colazione, si vestì sotto i suoi occhi iniettati di sangue, e uscì per fare delle spese. Al suo ritorno egli era uscito e non si fece rivedere fino all'ora della cena.
Fu un pasto silenzioso e Rossella si sentì irritata perché era la sua ultima cena a Nuova Orleans ed ella desiderava gustare l'aragosta che le stavano servendo. E non poteva gustarla sotto lo sguardo fisso di lui. Nondimeno ne mangiò una molto grossa e bevve una quantità di champagne. Fu questa, forse, la causa di una cattiva digestione che fece tornare il suo antico incubo; infatti ella si svegliò, bagnata di sudore freddo e singhiozzando disperatamente. Le sembrava di essere nuovamente a Tara e Tara era desolata. La mamma era morta e con lei era scomparsa tutta la forza e tutta la saggezza del mondo. Non vi era più nessuno a cui rivolgersi, a cui appoggiarsi. E qualche cosa di terrificante la inseguiva ed ella correva, sentendosi scoppiare il cuore, correva attraverso una nebbia densa, urlando, cercando follemente quello sconosciuto porto di salvezza che la nebbia le nascondeva.
Quand'ella si destò, Rhett era curvo sopra di lei; senza una parola la prese fra le braccia come una bambina e la strinse a sé; i suoi muscoli saldi la confortarono, il suo dolce mormorio la calmò, finché ella cessò di singhiozzare.
- Oh, Rhett, avevo freddo e fame ed ero stanchissima. E correvo attraverso la nebbia, correvo come una pazza senza poterlo trovare. -
- Trovare che cosa, tesoro? -
- Non lo so. Vorrei saperlo. -
- E' il tuo vecchio sogno? -
- Sì! -
Tornò a posarla dolcemente sul letto; frugò nell'oscurità e accese una candela. Alla luce le linee dure del suo volto con gli occhi iniettati di sangue, erano imperscrutabili come se fossero di pietra. La camicia, aperta fino alla vita, lasciava vedere il petto bruno coperto di folto pelo nero. Ancora tremante di terrore, Rossella pensò che quel petto era saldo e forte; e bisbigliò:
- Tienimi, Rhett. -
- Cara! - fece egli vivamente; e, sollevatala, sedette in una larga poltrona cullandola fra le braccia.
- E' terribile, Rhett, essere affamati! -
- Dev'essere terribile sognare che si muore di fame dopo un pranzo di sei portate, in cui è incluso un astice enorme. - Sorrideva e i suoi occhi erano affettuosi.
- Figurati, Rhett, che corro, corro e non so che cosa mi insegue. E' sempre nascosto dalla nebbia. Immagino che se riuscissi una buona volta a saperlo, sarei salva per sempre e non avrei mai più fame né freddo. -
- Sei inseguita da una persona o da una cosa? -
- Non lo so. Non ci ho mai pensato. Credi, Rhett, che non sognerò mai di arrivare in salvo? -
- No - e accarezzò i suoi capelli scomposti. - Non credo. Ma immagino che quando sarai abituata ad esser tranquilla, e ad aver caldo ed essere ben nutrita tutti i giorni, il sogno non apparirà più. Ed io provvederò perché questo avvenga. -
- Sei molto carino, Rhett! -
- Grazie per questa briciola della vostra tavola, mia penetrante signora. Rossella, io voglio che tutte le mattine quando ti svegli, tu dica: "Non soffrirò mai più la fame e nulla potrà mai toccarmi finché Rhett è accanto a me e il Governo degli Stati Uniti si regge". -
- Il Governo degli Stati Uniti? - chiese Rossella rizzandosi a sedere stupita, con le guance ancora bagnate di lacrime.
- La valuta dell'ex-Confederazione è diventata una donna onesta. Io ne ho investito una discreta quantità in titoli di Stato. -
- Per Giove! - esclamò Rossella dimenticando il suo recente terrore. - Hai prestato il tuo denaro agli yankees? -
- A un ottimo interesse. -
- Anche se fosse il cento per cento...! Devi rivendere immediatamente i titoli! Soltanto il pensiero che gli yankees si servano del tuo denaro... -
- E allora che dovrei farne? - chiese Rhett con un sorriso, notando che gli occhi di lei non erano più dilatati dal terrore.
- Ma... potresti comprare del terreno ai Cinque Punti. Scommetto che col denaro che hai, potresti comprare tutti i Cinque Punti. -
- Grazie mille; ma non so che farmene. Ora che il governo dei "Carpetbaggers" ha realmente il controllo della Georgia, non si sa che cosa può accadere. E' gente di cui non ci si può fidare. Quindi non voglio investire il mio denaro in proprietà fondiarie; preferisco dei titoli. Si possono nascondere; mentre una proprietà non si nasconde facilmente. -
- Credi che... - cominciò Rossella impallidendo al pensiero dei suoi stabilimenti e del negozio.
- Non lo so. Ma non aver paura, Rossella. Il nuovo governatore è mio amico. Sono i tempi che sono incerti e perciò non desidero immobilizzare troppo denaro in proprietà fondiarie. -
La fece scivolare su un solo ginocchio, cercò un sigaro e lo accese. Ella sedeva coi piedi nudi penzoloni, guardando il gioco dei muscoli su quel petto bruno; i suoi terrori erano dimenticati.
- E giacché parliamo di proprietà, Rossella - riprese Rhett ti comunico che voglio far costruire una casa. Puoi aver costretto Franco ad abitare in casa di miss Pitty; ma io non ci verrò. Non sopporterei i suoi svenimenti tre volte al giorno; e per di più credo che zio Pietro mi assassinerebbe piuttosto che acconsentire a lasciarmi vivere sotto il sacro tetto degli Hamilton. Miss Pitty si può prendere Lydia Wilkes come compagnia. Noialtri andremo ad abitare l'appartamento nuziale dell'Albergo Nazionale finché la nostra casa non sarà finita. Prima di partire ho contrattato quel grosso terreno vicino alla casa dei Leyden. Sai quale voglio dire? -
- Che bellezza, Rhett! Ho tanto desiderio di avere una casa mia! Una casa grande! -
- Meno male che in qualche cosa siamo d'accordo. Che ne diresti di un rivestimento di stucco bianco con dei ferri battuti come nelle case creole? -
- Oh no, Rhett. Non voglio una casa antiquata come queste di Nuova Orleans. Ho un'idea tutta diversa. Una casa nuovissima che ho visto riprodotta... aspetta... nell'"Harper's" settimanale. Sul tipo di uno chalet svizzero. -
- Un che cosa? -
- Uno chalet.
- Oh! - fece Rhett lisciandosi i baffi.
- Molto bello. Con un tetto alto, a "mansarde" ornato da una fila di piccoli pali di legno; ai due angoli due torrette coperte di curiosi embrici di legno; le finestre di queste torrette avevano vetri rossi e blu. -
- E la ringhiera della scala d'accesso di legno lavorata a traforo? -
- Sì.
- E dal tetto pende una specie di frangia anche lavorata a traforo? -
- Sì, sì! Ne hai vista qualcuna anche tu? -
- Sì... ma non in Svizzera. Gli Svizzeri sono una razza intelligente e amano le bellezze architettoniche.
Desideri proprio una casa in quel modo? -
- Oh sì! -
- Speravo che l'unione con me migliorasse il tuo gusto. Perché non trovi preferibile una casa creola o una di stile coloniale con sei colonne bianche? -
- Ti ho detto che non voglio una casa misera o antiquata. E dentro voglio le pareti tappezzate di carta rossa, e a tutte le porte dei tendaggi di velluto porpora e poi una quantità di mobili di noce e dei tappeti folti... e tutti diventeranno verdi di bile quando vedranno la nostra casa! -
- E' proprio necessario rendere invidiosa la gente? Beh, se ti fa piacere, li faremo diventar verdi. Ma non ti pare, Rossella, che sia una mancanza di buon gusto arredare la casa tanto lussuosamente quando tutti gli altri sono poveri? -
- La voglio così - ribatté Rossella ostinata. - Voglio umiliare tutti quelli che sono stati scortesi con me. E darò dei grandi ricevimenti, e tutta la città si pentirà di aver detto delle cattiverie sul mio conto. -
- E chi verrà ai nostri ricevimenti? -
- Tutti quanti, naturalmente! -
- Ne dubito. La Vecchia Guardia muore ma non si arrende. -
- Che idea, Rhett! Quando si ha del denaro, tutti corrono... -
- Non i meridionali. E' più difficile per chi ha speculato sulla guerra entrare nei loro salotti che per un cammello passare attraverso la cruna di un ago. E quanto ai rinnegati - come noi due, gioia mia è già molto se non ci sputano in faccia. Ma se tu hai voglia di tentare, io ti appoggerò; e sono sicuro che la battaglia mi divertirà moltissimo. E poiché stiamo parlando di denaro, voglio dirti un'altra cosa. Tu potrai avere da me tutto il denaro che vorrai, per la casa e per i tuoi capricci. E se ti piacciono i gioielli potrai averne, purché li scelga io. Tu hai un gusto esecrabile, gioia mia. E avrai anche tutto ciò che vorrai per Wade e Ella. E se Will Benteen vuol commerciare il cotone che coltiva, io sono disposto a prender parte all'affare per aiutare quell'"elefante bianco" della Contea di Claynton a cui sei tanto attaccata. Che ne dici? -
- Dico che sei molto generoso. -
- Ma ascoltami bene. Neanche un centesimo per la bottega né per i tuoi adorati stabilimenti. -
- Oh - fece Rossella con un po' di muso. Durante tutta la luna di miele aveva sempre pensato al modo di portare il discorso sui mille dollari di cui aveva bisogno per comprare altri cinquanta piedi di terreno a fine di ingrandire il deposito del legname.
- Ti ho sempre ritenuto dotato di vedute larghe - riprese poi e incurante delle chiacchiere della gente sul fatto che io gestisco i miei stabilimenti; e invece sei come gli altri... Hai paura che si dica che sono io che porto i calzoni in casa! -
- Nessuno sospetterà mai questo, in casa Butler. E io m'infischio di quello che dice la gente. Sono abbastanza maleducato per essere orgoglioso di avere una moglie abile e intelligente. Desidero che tu continui a gestire il negozio e gli stabilimenti. Sono i figliuoli tuoi. Quando Wade sarà grande, non gli farà piacere essere mantenuto dal padrigno; e allora potrà assumere la gestione. Ma non un centesimo del mio denaro servirà per quelle aziende. -
- Perché? -
- Perché non voglio contribuire al mantenimento di Ashley Wilkes.
- Ricominciamo? -
- No. Ma tu mi chiedi il motivo e io ti rispondo. Un'altra cosa. Non credere di potere alterare i libri e mentire sul prezzo dei tuoi vestiti e su quanto occorre per mandare avanti la casa, in modo da poter mettere da parte del denaro per comprare altri muli o un altro stabilimento per Ashley. Io voglio essere al corrente di tutto e controllerò le tue spese, perché conosco il costo degli oggetti. Oh, non fare l'offesa! Saresti capacissima di fare questo ed altro. Non mi fiderei per nulla di te, quando si tratta di cosa che può concernere Tara o Ashley. Di Tara non m'importa. Ma per Ashley, debbo mettere l'alto là.
Ti tengo le redini molto lente, gioia mia; ma non dimenticare che sono anche provvisto di scudiscio e di sproni.
49
La signora Elsing tese l'orecchio verso il vestibolo. Udendo il passo di Melania dileguare in direzione della cucina dove acciottolio di piatti e rumore di argenteria erano forieri di un rinfresco, ella si volse con voce sommessa alle signore che sedevano in circolo nel salotto col loro cestino da lavoro in grembo.
- Per conto mio, non intendo andare a far visita a Rossella né ora né mai - disse; e la freddezza del suo volto era più glaciale del consueto.
Le altre componenti il Circolo di Lavoro a pro delle Vedove e degli Orfani della Confederazione posarono vivamente il lavoro e ravvicinarono le seggiole. Erano tutte smaniose di parlare di Rhett e di Rossella, ma la presenza di Melania lo aveva impedito. La coppia era tornata da Nuova Orleans il giorno prima e aveva preso alloggio nell'appartamento nuziale all'Albergo Nazionale.
- Ugo dice che io debbo fare una visita di cortesia perché il capitano Butler gli salvò la vita - continuò la signora Elsing.- E la povera Fanny gli ha dato ragione e ha detto che anche lei andrà a far loro una visita. "Se non fosse stato per Rossella le ho detto - il povero Tommy sarebbe ancora vivo. Andare da quella donna è un insulto alla sua memoria." E Fanny mi ha risposto: "Io non ci vado da Rossella, mamma; vado dal capitano Butler. Egli fece del suo meglio per salvare Tommy; non è colpa sua se non vi riuscì."
- Come sono sciocchi i giovani! - interloquì la signora Merriwether. - Andare a far visita! - Il suo seno possente si sollevava d'indignazione al ricordo della sgarbatezza con cui Rossella aveva accolto il suo consiglio sul matrimonio con Rhett. - La mia Maribella è stupida come la vostra Fanny. Dice che lei e Renato andranno, perché il capitano Butler ha impedito che Renato fosse impiccato. Le ho risposto che se Rossella non si fosse messa a quel rischio che tutte sappiamo, Renato non avrebbe corso alcun pericolo. E il mio vecchio suocero vuole andare lui pure a fare una visita e dice che è grato a quel farabutto, anche se io non lo sono. Vi assicuro che il nonno Merriwether, da quando è stato in casa di quella Watling, si comporta in modo abominevole. Visita, proprio! Io non ci vado davvero. Rossella si è messa fuori legge sposando quell'uomo. Un individuo che era già abbastanza abietto quando speculava durante la guerra, arricchendosi con la nostra fame; ora poi che è in grande relazione con i "Carpetbaggers" e inoltre è amico intimo di quell'odioso individuo, il governatore Bullock... Sì, proprio una visita! -
La signora Bonnell sospirò.
- Si tratta solo di una visita di dovere, Dolly. Ho saputo che tutti gli uomini che erano fuori quella notte hanno l'intenzione di questa visita, e credo che abbiano ragione. Ma certamente, stento a credere che Rossella sia figlia di sua madre. Sono stata compagna di scuola di Elena Robillard a Savannah, e non ho mai conosciuto una creatura più simpatica; le volevo molto bene. Ah, se suo padre non si fosse opposto al matrimonio con suo cugino, Filippo Robillard! Un ragazzo che era soltanto un po' vivace... Intanto questo fu causa che Elena sposò il vecchio O'Hara, ed ebbe una figlia come Rossella. Ma in verità, mi pare che sia mio dovere andare almeno una volta, in memoria di Elena. -
- Sciocchezze sentimentali! - schernì vigorosamente la signora Merriwether. - Andare a trovare una donna che si è rimaritata dopo appena un anno dalla morte del marito? Una donna... -
- Aggiungete che fu lei ad uccidere il signor Kennedy - interruppe Lydia. La sua voce era fredda ma velenosa. Il solo pensiero di Rossella le impediva di esser gentile, ricordando Stuard Tarleton. - E ho sempre ritenuto che fra lei e quel Butler vi fosse qualche cosa di più di quanto si è mai pensato, anche prima della morte del signor Kennedy. -
Prima che le signore si fossero rimesse dallo stupore scandalizzato provato nell'udire una ragazza parlare in quel modo, Melania era sulla soglia. La compagnia era così immersa nei suoi discorsi che nessuna aveva udito il suo passo leggero; ed ora avevano tutte l'aspetto di scolarette sorprese dalla maestra. Alla costernazione si aggiunse lo sgomento, vedendo il mutamento del volto di Melania, rossa di collera, con gli occhi fiammeggianti, le narici frementi. Nessuno aveva mai visto Melania adirata; e nessuna fra le signore presenti la credeva capace di uno scoppio d'ira.
- Come ardisci, Lydia...? - interrogò con voce sommessa e tremante. Dove ti conduce la gelosia? Vergognati! -
Lydia impallidì ma rimase a fronte alta.
- Non ritiro nulla - disse brevemente. Ma dentro di sé si sentiva ribollire. "Gelosa?" pensò. Il ricordo di Stuart Tarleton, e di Gioia e Carlo, non gliene dava forse il diritto? Non aveva ragione di detestare Rossella, specialmente ora che sospettava che avesse attirato anche Ashley nelle sue reti? E pensò ancora: "Potrei dirti molte cose sul conto di Ashley e della tua cara Rossella." Lydia si sentiva combattuta fra il desiderio di proteggere Ashley col suo silenzio e il pensiero che se avesse svelato i suoi sospetti a Melania e a tutto il mondo, lo avrebbe liberato dalle mene di Rossella. Ma non era questo il momento. Non poteva dir nulla di sicuro: aveva solo dei sospetti.
- Non ritiro nulla - ripeté con accento di sfida.
- Allora sono ben lieta che tu non debba più vivere a lungo sotto il mio tetto - rispose Melania; e la sua voce era freddissima.
Lydia balzò in piedi; un fiotto di sangue salì al suo viso gialliccio.
- Tu, Melania... mia cognata... non vorrai leticare con me causa di quella sfacciata... -
- Anche Rossella è mio cognata - ribatté Melania fissando Lydia come avrebbe fissato un'estranea. - E mi è più cara di quanto potrebbe essere una sorella germana. Se tu dimentichi ciò che ella ha fatto per me, io non lo dimentico. Rimase con me durante l'assedio mentre avrebbe potuto andare a casa sua, quando zia Pitty riparò a Macon. Quando gli yankees invasero Atlanta, Rossella fece il tremendo viaggio da qui a Tara portando seco me e Beau, quando le sarebbe stato facile lasciarmi in un ospedale. E mi ha curata e nutrita, anche, quando era stanca e affamata. Siccome ero debole e ammalata, ebbi il miglior materasso di Tara. E quando fui in grado di camminare, ebbi le sole scarpe intere che fossero in casa. Ashley giunse stanco e scoraggiato, senza casa e senza un centesimo, - ed ella lo accolse come una sorella. E nel momento in cui volevamo partire per il Nord col cuore spezzato dall'idea di lasciare la nostra diletta Georgia, Rossella intervenne e gli diede la gestione dello stabilimento. E il capitano Butler ha salvato Ashley per bontà di cuore. Ed io sono piena di riconoscenza per entrambi! Ma tu, Lydia! Come puoi dimenticare ciò che Rossella ha fatto per tuo fratello e per me? Calcoli così poco la vita di tuo fratello che non hai considerazione per chi l'ha salvato? Ah, se tu ti inginocchiassi dinanzi a Rossella e a Butler, non sarebbe ancora abbastanza! -
- Andiamo, Melly - intervenne la signora Merriwether che si era ricomposta - non è questo il modo di parlare con Lydia. -
- Ho udito ciò che avete detto anche voi contro Rossella! - E Melania si volse verso la vecchia signora come un combattente che dopo aver messo fuori combattimento un avversario, si volge al successivo. - E anche voi, signora Elsing. Non m'importa quello che avete nei vostri cervelli meschini; è affar vostro. Ma ciò che dite di lei in casa mia, mi riguarda. Come potete, non dico pensare, ma profferire simili infamie? Così poco valore hanno per voi i vostri uomini che non avete riconoscenza per chi li ha salvati arrischiando la propria vita? Se si fosse venuta a sapere la verità, gli yankees avrebbero creduto che anche lui, Butler, era un membro del Klan! Lo avrebbero impiccato. Ma egli corse il rischio per i vostri uomini. Per vostro suocero, per vostro genero, per i vostri nipoti. E per vostro fratello, signora Bonnell, e per vostro figlio e vostro genero, signora Elsing. Siete ingrate, ecco che cosa siete! - Ed esigo delle scuse da tutte voi.
La signora Elsing era già in piedi, e stava raccogliendo la sua roba nel cestino, con la bocca torta.
- Se mi avessero detto che avresti potuto essere così scortese, Melly... No, non chiederò scusa. Lydia ha ragione. Rossella è una sfacciata e un cervello balzano. Non posso dimenticare il suo contegno durante la guerra. E non posso dimenticare che da quando ha un po' di soldi si è comportata come una "stracciona proletaria"... -
- Quello che non potete dimenticare - interruppe Melania mettendosi i piccoli pugni sui fianchi - è che è stata costretta a licenziare Ugo perché era incapace di gestire il suo stabilimento. -
- Melly! - Fu un gemito in coro.
La signora Elsing rizzò il capo e mosse verso la porta. Posò la mano sulla gruccia ma si fermò e si volse.
- Melly - e la sua voce si era addolcita - figliuola cara, è una cosa che mi spezza il cuore. Sono stata la migliore amica di tua madre e ho aiutato il dottor Meade a metterti al mondo; ti ho voluto bene come a una figlia. E non mi addolorerei tanto di sentirti parlare così se fosse per qualche cosa che valesse la pena. Ma per un essere come Rossella O'Hara, che sarebbe disposta a giocare un brutto tiro a te come a chiunque di noi... -
Le prime parole della signora Elsing avevano fatto riempire di lagrime gli occhi di Melania; ma, dopo, il suo visetto si era indurito.
- Desidero spiegare ben chiaramente - disse allora - che chiunque non va a far visita a Rossella può risparmiarsi per l'avvenire di venir qui da me. -
Vi fu un mormorio di voci confuse mentre le signore si levavano in piedi. La signora Elsing, lasciando cadere la sua scatola da lavoro, tornò verso il centro della stanza, con la sua frangia di riccioli finti tutta di traverso.
- Non sai quello che dici, Melania! Sei fuori di te! E non ti ritengo responsabile di queste parole! Rimarrai mia amica, come io rimarrò un'amica per te. Rifiuto di ammettere che fra noi possa prodursi uno screzio simile! -
Era scoppiata in lacrime e, senza neanche sapere come, Melania si trovò fra le sue braccia, piangendo anche lei ma dichiarando fra i singhiozzi che riaffermava ciò che aveva detto. Parecchie altre signore ruppero in pianto, e la signora Merriwether, soffiandosi il naso fragorosamente, abbracciò Melania e la signora Elsing. Zia Pitty, che era rimasta testimone pietrificata di tutta la scena, scivolò improvvisamente sul pavimento; e fu uno dei pochi svenimenti della sua vita. Fra lacrime, baci, confusione e corse per andare a cercare i sali, una sola persona conservò il viso calmo e gli occhi asciutti. Lydia Wilkes se ne andò senza che alcuno vi badasse.
Parecchie ore dopo, il nonno Merriwether, incontrando Enrico Hamilton al Bar della "Ragazza moderna", gli narrò gli avvenimenti come li aveva appresi da sua nuora. Era in fondo soddisfatto che qualcuno avesse avuto il coraggio di affrontare la temibile signora Merriwether: cosa che egli non aveva mai osato.
- E finalmente, che cos'hanno deciso quelle stupide pazze? chiese zio Enrico irritato.
- Non lo so con certezza - rispose il nonno; - ma ho l'impressione che Melly abbia avuto la meglio. Certo andranno a far visita, almeno una volta. Però fanno molte chiacchiere, per quella vostra nipote. -
- Melly è una sciocca e le signore hanno ragione: Rossella è una creatura astuta e non so perché mio nipote Carlo, allora, se ne infatuò e la sposò - fece zio Enrico cupo. - Ma anche Melly ha ragione, da un certo punto di vista. E' un dovere di convenienza, per le famiglie di cui il capitano Butler ha salvato marito o padre, andare a far quella visita. Per conto mio, io non ho nulla da ridire contro di lui. Si comportò molto bene quella notte in cui ci salvò la pelle. E' Rossella che mi piace poco. E' troppo abile e scaltra. Ma io ci andrò. Rinnegata o no, Rossella è mia nipote d'acquisto, dopo tutto. Avevo appunto l'intenzione di andarvi oggi. -
- Vengo con voi, Enrico. Dolly sarà furibonda quando lo saprà. Aspettate: lasciatemi bere un altro bicchierino. -
- No; berremo dal capitano Butler. Bisogna convenire che ha sempre degli ottimi liquori. -
Rhett aveva detto che la Vecchia Guardia muore ma non si arrende; e aveva avuto ragione. Sapeva che le poche visite che erano state fatte a lui e a sua moglie non avevano alcuna importanza, e non ignorava la ragione per cui erano state fatte. Le prime a venire furono le famiglie degli uomini che avevano appartenuto al disgraziato Klan; ma le loro visite si diradarono ben presto. E nessuna invitò Rhett Butler a casa sua.
Rhett disse che non sarebbero venuti affatto se non avessero temuto l'ira di Melania. Rossella non capì come mai egli avesse quest'idea; ma la respinse col disprezzo che meritava. Quale influenza poteva avere Melania su persone come le signore Elsing e Merriwether? Il fatto che non tornarono a trovarla non la turbò molto; in realtà, la loro assenza fu poco notata perché l'appartamento dei Butler era sempre affollato di ospiti di altro genere. Gli abitanti di Atlanta li chiamavano "nuovi venuti" quando non davano loro dei nomi meno gentili.
All'Albergo Nazionale abitavano molti "nuovi venuti" che, come Rhett e Rossella, erano in attesa che la loro casa fosse ultimata. Era gente allegra, ricca, molto simile agli amici di Nuova Orleans: gente vestita elegantemente, facile a spendere, imprecisa su quanto riguardava i propri antecedenti. Erano tutti repubblicani, venuti ad Atlanta per "affari che erano in rapporto col governo dello Stato". Ma Rossella non seppe mai di che affari si trattasse, né si curò di saperlo.
Rhett avrebbe potuto spiegarglielo con precisione; si trattava dello stesso "da fare" che hanno certi insetti con gli animali moribondi. Essi sentivano da lontano odor di carogna e giungevano infallibilmente, per satollarsi. Il governo della Georgia (quello tenuto dai cittadini) era morto; lo Stato era privo di soccorso e gli avventurieri sciamavano.
Le mogli degli amici di Rhett, rinnegati e "Carpetbaggers", venivano a frotte e così i "nuovi venuti" che Rossella aveva conosciuto quando vendeva il legname per le costruzioni. Rhett disse che, avendo avuto affari con loro, bisognava riceverli; e, avendoli ricevuti, ella trovò che la loro compagnia era piacevole. Era gente che vestiva bene, non parlava mai della guerra, né dei tempi difficili, ma limitava la conversazione alle mode, agli scandali e al "whist". Rossella non aveva mai giocato a carte, e accolse con gioia il "whist", diventando in breve un'ottima giocatrice.
Quando si trovava in albergo, il suo appartamento era pieno di giocatori. Ma spesso ella era assente perché la costruzione della casa le dava molto da fare. In quel periodo non le importava molto di avere visitatori; preferiva rimandare la propria attività mondana al giorno in cui la casa fosse finita. Allora ella potrebbe emergere come la padrona della più grande abitazione di Atlanta, e quella che dava i più bei ricevimenti.
Durante le lunghe giornate calde ella osservò la casa di pietre rosse e tegole grige innalzarsi a poco a poco al di sopra delle altre case della Via dell'Albero di Pesco. Dimentica del negozio e degli stabilimenti, ella trascorreva intere giornate sul posto, discutendo coi carpentieri, contrastando coi muratori, tormentando gli appaltatori. Mentre le mura si alzavano rapidamente, ella pensava con soddisfazione che, una volta finita, sarebbe stata la casa più grande e più bella della città. Anche più imponente di quella che era stata assegnata come dimora ufficiale al governatore Bullock.
Questa era ornata di balaustre di legno intagliato, ma i lavori che adornavano quella di Rossella erano talmente più complicati da fare sfigurare qualsiasi altra. Quella del Governatore aveva una bella sala da ballo, che però sembrava una tavola da bigliardo, confrontata con l'enorme salone che occupava tutto il terzo piano della casa di Rossella.
Quattro rampe di scale conducevano alla veranda che circondava tutto l'edificio. Il cortile era vasto ed erboso; tutto attorno erano sparsi banchi rustici di ferro, un piccolo padiglione anch'esso di ferro che, secondo quanto avevano detto a Rossella, era di puro stile gotico, e due grandi animali in ferro: un cervo e un mastino grande come un pony. Per Wade ed Ella, un po' storditi dalla grandezza, dallo splendore e dall'elegante oscurità della nuova abitazione, questi due animali di metallo erano le sole note allegre.
Nell'interno la casa era arredata come Rossella aveva voluto: folti tappeti rossi che coprivano interamente i pavimenti, tendaggi di velluto purpureo, e tutto quanto vi era di più nuovo nei mobili di noce interamente scolpiti, e imbottiti di crine così soffice che le signore dovevano stare attente quando sedevano per non sprofondare troppo. Dovunque sulle pareti, erano grandi specchi molati con cornici dorate; così numerosi che Rhett ebbe a dire distrattamente che gli sembrava di essere nella magione di Bella Watling. Inoltre le pareti erano adorne di stampe in pesanti cornici, alcune lunghe più di due metri, che Rossella aveva ordinato espressamente a Nuova York. I parati erano ricchi e di tinta scura, i soffitti alti, e la casa era sempre poco luminosa, perché le finestre erano pesantemente addobbate di tende di velluto color prugna, che impediva alla luce del sole di penetrarvi. Era in tutto e per tutto un arredamento di gran lusso, e Rossella camminando sui tappeti e abbandonandosi all'abbraccio dei cuscini di piuma, ricordava i pavimenti freddi e i materassi di paglia di Tara; ed era soddisfatta. Le sembrava che la sua fosse la casa più bella e più elegante che si potesse vedere; ma Rhett sosteneva che era un incubo. Comunque se ciò la rendeva felice, egli ne era ben lieto.
- Uno straniero a cui non fosse stata detta una parola sul nostro conto, comprenderebbe immediatamente che questa casa è stata costruita con denaro mal guadagnato. E' la vera casa di un profittatore. -
Ma Rossella, orgogliosa e felice, e tutta dedita a pensare ai suoi prossimi ricevimenti, gli tirava scherzosamente un'orecchia, esclamando:
- Storie! -
Oramai aveva capito che Rhett si divertiva a stuzzicarla e che le avrebbe sempre guastato qualsiasi divertimento. Se ella lo avesse preso sul serio, avrebbe dovuto litigare con lui in continuazione; si limitava quindi a non badare a quanto egli diceva, e quando non poteva farne a meno, lo prendeva come uno scherzo. Così per lo meno tentò di fare per un certo tempo.
Durante la loro luna di miele e il loro soggiorno all'Albergo Nazionale, erano andati abbastanza d'accordo. Ma appena entrati nella nuova casa, aspre questioni sorsero fra loro. Dispute brevi, perché era impossibile prolungarle con Rhett che rimaneva freddamente indifferente alle sue parole violente ed aspettava il momento per colpirla in un punto debole. Era lei che litigava: Rhett no. Egli si limitava ad affermare la sua inequivocabile opinione sopra di lei, sulle sue azioni, la sua casa e i suoi nuovi amici. E alcune di queste opinioni erano di tal natura, che ella non poté continuare ad ignorarle o considerarle come scherzi.
Per esempio, quando Rossella decise di mutare il nome dei "Magazzini Generali Kennedy" in qualche cosa di maggiore effetto, pregò suo marito di consigliarle una iscrizione in cui fosse inclusa la parola "Emporium". Rhett suggerì "Caveat Emporium" assicurandola che sarebbe una scritta adatta al tipo di merce che era in vendita. A Rossella sembrò che queste parole fossero altisonanti e aveva già fatto fare l'insegna, quando Ashley Wilkes, con un po' d'imbarazzo, le tradusse il vero significato. E Rhett rise fragorosamente della sua ira.
Vi era poi la maniera in cui egli trattava Mammy. Questa non aveva mai ceduto di un pollice nella sua convinzione che Rhett era un mulo con finimenti da cavallo. Con lui era educata, ma glaciale. Lo chiamava "Capitano Butler" invece di "Mist' Rhett". Non gli aveva neanche fatto un inchino quando egli le aveva donato la sottana rossa, e non l'aveva mai indossata. Sempre che poteva, teneva Ella e Wade lontani da lui, benché il bambino adorasse lo zio Rhett e questi lo ricambiasse con molto affetto.
Ma invece di licenziare Mammy o di trattarla con severità, Rhett aveva per lei la più cordiale deferenza e assai maggior cortesia di quella che usava con le più recenti conoscenze di Rossella; perfino maggior cortesia di quanto usava con Rossella stessa. Chiedeva sempre il permesso di Mammy per condurre Wade a passeggio e la consultava prima di comprare le bambole per Ella.
Rossella trovava che Rhett essendo il capo della casa, avrebbe dovuto avere maggior fermezza con la vecchia negra; ma Rhett rise, dicendo che il vero capo di casa era Mammy.
Fece poi andare sulle furie Rossella dicendole tranquillamente che si stava preparando ad avere molta compassione per lei negli anni futuri, quando la Georgia non fosse più sotto il Governo repubblicano e i democratici fossero tornati al potere.
- Quando i democratici avranno un Governatore e un Parlamento, tutti i tuoi nuovi amici repubblicani saranno spazzati via e torneranno alle bettole e alle spelonche a cui appartengono. E tu lasciata in disparte senza un amico, né democratico né repubblicano. Beh, non pensiamo al domani! -
Rossella rise; e non aveva torto, perché in quell'epoca Bullock era ben saldo sul seggio del Governatore; ventisette negri erano nel Parlamento e migliaia degli elettori democratici della Georgia erano privati dei diritti civili.
- I democratici non torneranno mai. Non sanno fare altro che irritare gli yankees e ritardare così il giorno in cui potranno tornare. Fanno delle grandi chiacchiere e vanno in giro la notte a "Ku-Kluxare".-
- Torneranno. Io conosco i meridionali. Conosco i Georgiani; Sono cocciuti e caparbi. Se dovessero fare un'altra guerra per poter tornare, la faranno. Dovessero comprare i voti dei negri come hanno fatto gli yankees, li compreranno; e dovessero far votare diecimila morti come hanno fatto gli yankees, tutte le salme dei cimiteri georgiani saranno alle urne. Le cose andranno così male sotto il governo del nostro buon amico Rufus Bullock, che la Georgia lo espellerà con violenza. -
- Non osare termini così volgari, Rhett - esclamò Rossella. - Parli come se io non fossi contenta di veder tornare i democratici! E sai benissimo che ne sarei lieta. Credi che mi piaccia vedere in giro questi soldati che mi ricordano... dopo tutto sono una georgiana anch'io! Sarei ben contenta di veder tornare i democratici. Ma non torneranno. E se anche tornassero, che male farebbero ai miei amici? Questi avranno ancora il loro denaro, no? -
- Se lo avranno. Ma dubito che essi abbiano l'abilità di farlo durare più di cinque anni, dato il loro modo di spendere. Denaro facilmente guadagnato, si spende facilmente. Sono quattrini che non profittano loro, come a te non fa profitto il mio denaro. Certamente non ho ancora fatto di te una cavallina, non è vero, mia graziosa muletta? -
Quest'ultima osservazione suscitò una lite che durò parecchi giorni.
Dopo il quarto giorno di broncio da parte di Rossella, che col suo silenzio pretendeva evidentemente che le si chiedesse scusa, Rhett partì per Nuova Orleans conducendo seco Wade, malgrado le proteste di Mammy, e rimase assente finché a Rossella fu passata la collera.
Quando egli tornò, freddo e tranquillo, ella ringhiottì la sua ira meglio che poté, ricacciandola in fondo al suo cervello per ripensarvi più tardi. Ora non voleva avere pensieri spiacevoli. Voleva essere felice per occuparsi soltanto del ricevimento che intendeva dare nella sua nuova casa. Sarebbe stata una grande riunione serale con la casa adorna di palme che nascondevano l'orchestra; tutto il porticato adorno di arazzi e un rinfresco che le faceva venire l'acquolina in bocca. Pensava di invitare tutte le sue conoscenze: i vecchi amici e i nuovi così simpatici. L'eccitazione dei preparativi le faceva mettere in non cale le frecciate di Rhett - ed ella si sentiva felice come non lo era stata da molti anni.
Che cosa piacevole essere ricca! Offrire ricevimenti senza badare a spese! Comprare i mobili e gli abiti più dispendiosi, i cibi migliori e più fini senza preoccuparsi dei conti da pagare! Che bellezza, poter mandare dei grossi assegni a zia Eulalia e a zia Paolina a Charleston, e a Will a Tara! Che imbecilli invidiosi quelli che dicevano che il denaro non era tutto! E com'era cattivo Rhett nel dire che la ricchezza non aveva fatto di lei una dama!
Rossella mandò gli inviti a tutte le sue conoscenze vecchie e nuove, comprese quelle che non le piacevano. Non eccettuò neanche la signora Merriwether che era stata quasi sgarbata quando era venuta a farle visita in albergo, né la signora Elsing che era stata di una frigidità addirittura glaciale. Invitò la signora Meade e la signora Whiting che - lo sapeva la detestavano e che si sarebbero trovate in imbarazzo non avendo abiti adatti per una riunione così elegante. Infatti, l'inaugurazione della casa di Rossella prometteva di essere il più lussuoso ricevimento che Atlanta avesse mai veduto.
Quella sera la casa e la veranda ornata di arazzi furono affollate di gente che bevve il ponce allo champagne e mangiò i pasticcini di ostriche alla crema, e ballò accompagnata dall'orchestra che era nascosta da un folto gruppo di palmizi e alberi da gomma. Ma nessuno di coloro che Rhett aveva battezzato "Vecchia Guardia" era presente, ad eccezione di Ashley e Melania, di zia Pitty e zio Enrico, della signora Meade e del nonno Merriwether.
Molti della Vecchia Guardia avevano accettato con riluttanza di intervenire al ricevimento: alcuni per riguardo a Melania, altri perché dovevano a Rhett la salvezza della loro vita o di quella di un parente. Ma due giorni prima si sparse per Atlanta la voce che fra gli invitati era anche il governatore Bullock. La Vecchia Guardia significò la propria disapprovazione con l'invio di biglietti in cui ciascuno esprimeva il proprio rammarico di non potere accettare il gentile invito. E il piccolo gruppo di vecchi amici che erano intervenuti si allontanò, imbarazzato ma deciso, appena il governatore ebbe oltrepassato la soglia della casa.
Lo stupore e l'ira sciuparono per Rossella tutta la gioia della inaugurazione che ella aveva così bene preparata: vi erano così pochi vecchi amici e nessuna vecchia nemica per vedere com'era ben riuscita! Quando gli ultimi invitati se ne andarono, all'alba, ella avrebbe pianto e strepitato se non avesse temuto le risate di Rhett e il "te lo avevo detto!" che i suoi occhi avrebbero espresso anche se egli non lo avesse detto in parole. Rossella quindi inghiottì la propria collera con simulata indifferenza.
Solo l'indomani mattina si diede il lusso di esplodere con Melania.
- Mi hai insultata, Melly Wilkes, e mi hai fatta insultare da Ashley e dagli altri! Sai benissimo che non se ne sarebbero andati così presto se non li avessi trascinati tu! Oh, ti ho vista! Proprio quando mi stavo avvicinando per presentarti il governatore, ti sei eclissata come un coniglio! -
- Non credevo... non supponevo che sarebbe stato davvero presente - rispose Melania dolente. - Benché tutti avessero detto... -
- Tutti? Dunque tutti quanti hanno spettegolato sul mio conto? - Rossella era furibonda. - Vuoi dire che se avessi saputo che c'era il governatore non saresti venuta neanche tu? -
- No - rispose Melania a voce bassa e guardando a terra. - Cara, non sarei proprio potuta venire. -
- Caspita! Dunque mi avresti insultata come hanno fatto gli altri! -
- Per carità! - esclamò Melania realmente addolorata. - Non volevo offenderti. Tu sei una sorella per me, sei la vedova del mio diletto Carlo e... -
Posò timidamente una mano sul braccio di Rossella, ma questa la respinse, rammaricandosi di non poter urlare forte come faceva Geraldo quando era adirato. Ma Melania affrontò la sua ira. Fissando Rossella nei verdi occhi tempestosi, raddrizzò le spalle rivestendo un manto di dignità che contrastava stranamente col suo visetto e la sua figura infantile.
- Mi dispiace che tu ti senta offesa, cara, ma io non posso conoscere il governatore Bullock, né altri repubblicani o rinnegati. Né in casa tua né altrove. No; neanche se per evitarlo fossi costretta a... a...- Si interruppe perché ciò che stava per dire era forse per lei la cosa peggiore che potesse fare nella vita - ...ad essere sgarbata. -
- Intendi con questo criticare i miei amici? -
- No, cara.
Ma sono amici tuoi, non miei. -
- E critichi me perché ricevo il governatore? -
Messa con le spalle al muro, Melania fissò nuovamente Rossella, con la stessa fermezza.
- Tesoro, quando tu fai qualche cosa, hai sempre le tue buone ragioni e siccome ti voglio bene ed ho fiducia in te, non penso neppure lontanamente a criticarti. E non permetterei a nessuno di criticarti dinanzi a me. Ma ricordati, Rossella! - Le parole le si affollarono sulle labbra; erano parole ardenti e nella sua voce sommessa era un odio inflessibile. - Puoi dimenticare quello che costoro ci hanno fatto? Puoi dimenticare che hanno ucciso Carlo, rovinato la salute di Ashley, bruciato le Dodici Querce? Non puoi dimenticare quel terribile uomo che hai ucciso mentre aveva fra le mani la scatola da lavoro di tua madre! E gli uomini di Sherman che rubarono perfino la nostra biancheria! E cercarono di incendiare la casa e di impadronirsi della spada di mio padre! Sono gli stessi che ci hanno torturati e che ci hanno fatto soffrir la fame, quelli che tu hai invitato al tuo ricevimento! Gli stessi che hanno istigato i negri e... No, non posso dimenticare. E non voglio. E non permetterò al mio bambino di dimenticare, e insegnerò ai miei nipoti a detestare questa gente e, se Dio mi dà vita, ai nipoti dei miei nipoti! -
Si fermò per riprender fiato; Rossella la fissava, dimentica della propria collera dinanzi a quella violenza che faceva tremare la voce di Melania.
- Credi che io sia impazzita? - esclamò poi con impazienza. - Sicuro che ricordo! Ma tutto questo è passato. Ora bisogna cercare di sistemarci; ed è quello che io tento di fare. Il governatore Bullock e alcuni dei repubblicani più distinti possono aiutarci, se noi li trattiamo con cortesia. -
- Non vi sono repubblicani distinti. E io non desidero il loro aiuto. E non m'interessa una sistemazione... se deve essere ottenuta attraverso gli yankees. -
- Dio Mio, Melly! Perché tutto questo dispetto? -
- Hai ragione, Rossella... Mi sono lasciata trascinare! - E Melania prese subito un'aria contrita. - Cara, non volevo offenderti né criticarti. Ognuno la pensa a modo suo, e ciascuno ha il diritto di avere un'opinione propria. Ma sai che ti voglio bene e nulla potrebbe farmi mutare. E anche tu mi vuoi bene, vero? Non vorrei che vi fosse ombra di malumore fra noi, dopo tutto quello che abbiamo sofferto insieme! Rossella, dimmi che siamo le stesse di prima! -
- Quante storie, Melly! Una vera tempesta in un bicchier d'acqua... - L'espressione di Rossella era stizzosa; ma questa volta ella non respinse la mano che le allacciava la vita.
- Dunque, ci vogliamo sempre lo stesso bene! - esclamò Melania contenta; ma soggiunse dolcemente: - Io desidero che noi continuiamo a vederci come abbiamo sempre fatto, tesoro. Vuol dire che mi farai sapere quando dei repubblicani o dei rinnegati vengono da te; e in quei giorni io rimarrò a casa. -
- Mi è completamente indifferente che tu venga o no - ribatté Rossella mettendosi il cappello e uscendo con impeto. La sua vanità offesa trovò una soddisfazione nell'espressione addolorata di Melania.
Nelle settimane che seguirono il suo primo ricevimento, Rossella provò una certa fatica ad ostentare la sua suprema indifferenza alla pubblica opinione. Non ricevendo visite dalle sue vecchie amiche, eccetto Melania, zia Pitty e zio Enrico, né inviti ai loro modesti ricevimenti, fu veramente perplessa ed offesa. Non era stata lei la prima a liberarsi dell'antica malevolenza e a dimostrare che non serbava rancore per le loro chiacchiere e i loro pettegolezzi? Certamente, dovevano comprendere che lei non amava il governatore Bullock più di loro, ma che le conveniva esser gentile con lui. Che idioti! Se tutti fossero un po' più cortesi coi repubblicani, la Georgia uscirebbe ben presto dai suoi guai.
Non comprese di avere con uno strappo distrutto l'ultimo fragile legame che ancora la univa ai vecchi amici, ai vecchi tempi. Neanche l'influenza di Melania avrebbe potuto rabberciare la rottura di fili tanto sottili. Se Rossella avesse voluto tornare ai vecchi amici e alle vecchie abitudini, non sarebbe più stato possibile. Avrebbe trovato una durezza granitica, perché l'odio nutrito per il regime di Bullock coinvolgeva anche lei; era un odio che non aveva manifestazioni ardenti, ma una fredda implacabilità. Rossella aveva intelligenza col nemico; e, malgrado la sua nascita e la sua famiglia, era ormai nella categoria degli opportunisti, dei negrofili, dei traditori, dei repubblicani... e dei rinnegati.
Dopo poco tempo, la finta noncuranza di Rossella diventò vera indifferenza. In lei il turbamento per il contegno altrui non durava mai a lungo; e in fondo, non le importava nulla di ciò che pensavano di lei gli Elsing, i Meade e tutti gli altri di quell'ambiente. Melania ed Ashley venivano a trovarla; e quello che contava più di tutto... era Ashley. Per affollare i suoi ricevimenti vi erano tante altre persone ad Atlanta, più piacevoli di quel branco di vecchie galline. Vi erano numerose conoscenze di Rhett; persone che erano con lui in rapporto d'affari; e poi alcune coppie che Rossella aveva conosciute quando abitava in albergo, e un certo numero di impiegati del governatore. In maggioranza erano persone dal passato equivoco e dalla moralità incerta: questi erano, anzi, quelli che Rossella vedeva con maggior frequenza e intimità. Ai ricevimenti grandiosi, invece, convenivano anche persone di buona famiglia, dotate di coltura e di educazione raffinata: figli di ricche famiglie yankee, mandati nel Sud per conoscere le nuove frontiere, e ufficiali che dopo il congedo si erano stabiliti nella città che avevano tanto faticato a conquistare. Stranieri in una città ostile, essi furono ben lieti, da principio, di accettare l'invito ai lussuosi ricevimenti della ricca e ospitale signora Butler: ma dopo non molto si ritirarono dal circolo di coloro che frequentavano la sua casa. Erano persone per bene; e una breve conoscenza coi "Carpetbaggers" e coi loro sistemi li rese avversi a questi non meno di quanto lo fossero i georgiani stessi. Alcuni diventarono democratici; altri, più meridionali di qualsiasi meridionale.
Diversi componenti del circolo di Rossella, poi, le rimasero accanto unicamente perché non erano bene accetti altrove. Certo avrebbero preferito i tranquilli salotti della Vecchia Guardia; ma questa non voleva riceverli.
Molti soldati ex-confederati conoscendo il frenetico terrore che può provare un uomo nel vedere la propria famiglia in bisogno, erano più tolleranti verso gli ex-compagni che avevano voltato casacca per poter dare da mangiare alla loro famiglia. Non così le donne della Vecchia Guardia; e le donne erano il potere implacabile e inflessibile della società. La Causa Perduta era più forte e più cara ai loro cuori, di quanto lo fosse stata nei giorni della guerra. Ora era un vero feticismo: tutto quanto la toccava era sacro: le tombe dei caduti, i campi di battaglia, le bandiere lacerate, le sciabole che tenevano appese nei vestiboli, le lettere ormai sbiadite inviate dal fronte, i veterani. Queste donne non davano aiuto, conforto, o quartiere all'exnemico e Rossella era considerata fra i nemici.
In questa società mista, riunita dalle esigenze della situazione politica, vi era una sola cosa in comune: il denaro. Poiché la maggior parte di costoro non aveva mai posseduto venticinque dollari tutti insieme prima della guerra, tutti quanti adesso erano avviati ad un'orgia di sperpero, quale Atlanta non aveva mai veduta. Coi Repubblicani al Governo, la città entrò in un'era di sciupio e di ostentazione, in cui la vernice della raffinatezza stentava a nascondere il vizio e la volgarità. La differenza fra i molto ricchi e i molto poveri non era mai stata così marcata. Coloro che si trovavano in alto non avevano alcun pensiero per i meno fortunati. I negri dovevano avere quanto vi era di meglio in fatto di scuole, alloggi, abiti, e divertimenti, visto che avevano il potere politico, e il voto di ogni negro aveva la sua importanza. Ma i cittadini recentemente impoveriti, potevano anche morir di fame. Sulla sommità di questa ondata di volgarità, Rossella navigava trionfalmente, infinitamente graziosa nei suoi bei vestiti, resa potente dal denaro di Rhett. Quel periodo era adatto a lei: magnifico, abbagliante, pieno di donne ben vestite, di case ben arredate, di troppi gioielli, troppi cavalli, troppi cibi, troppo whisky. Qualche volta ella si fermava per un attimo a riflettere che nessuna delle sue nuove conoscenze sarebbe stata chiamata "signora" secondo la stretta regola di Elena. Ma troppe volte ella aveva rinunciato alle regole di Elena, dal giorno in cui, nel salotto di Tara, aveva deciso di diventare l'amante di Rhett; ed ora la coscienza le rimordeva assai raramente.
A rigor di termini, questi nuovi amici non erano dei signori; ma erano così divertenti! Assai più dei sottomessi, devoti lettori di Shakespeare che erano stati suoi amici nei primi tempi del suo soggiorno ad Atlanta. E, ad eccezione della sua breve luna di miele, ella non aveva davvero avuto occasione di divertirsi. Né si era mai sentita così a posto. Adesso, con la vita assicurata, il desiderio di ballare, giocare, gozzovigliare, vestirsi di seta e di raso, coricarsi tra cuscini di piume e damaschi era diventato prepotente. Incoraggiata dalla tolleranza di Rhett, libera da costrizioni e da timori, si permetteva il lusso - che spesso aveva sognato - di fare tutto ciò che le piaceva e di mandare all'inferno le persone che le erano antipatiche.
In breve la sua impertinenza non conobbe limiti. Ella non esitava a mostrarsi arrogante coi suoi nuovi amici; ma era sopratutto sgarbata e insolente con gli ufficiali yankee della guarnigione e con le loro famiglie. Queste erano, nell'eterogenea massa di gente che aveva invaso Atlanta, le sole persone che ella rifiutava di ricevere e di tollerare. Per lei le uniformi azzurre e i bottoni d'oro significavano sempre il terrore dell'assedio, della fuga, del saccheggio, e degli incendi, la disperata miseria e il lavoro estenuante di Tara. Ora che era ricca e sicura, con l'amicizia del Governatore e di eminenti repubblicani, poteva essere insultante verso gli yankees, e lo era.
Una volta Rhett le fece notare che la maggior parte degli ospiti che si riunivano sotto il loro tetto aveva indossato fino a poco tempo prima la stessa uniforme: ma ella replicò che uno yankee sembrava tale soltanto quando era in divisa azzurra, alla qual cosa Rhett ribatté: “Stabilità, tu non sei che una parola!”
Anche le signore che Rossella tollerava, dovevano sopportare non poche impertinenze da lei. Ma lo facevano volentieri, perché essa rappresentava per loro non solo la ricchezza e l'eleganza, ma il vecchio regime coi suoi nomi e le sue tradizioni alle quali esse desideravano ardentemente potersi identificare. Le vecchie famiglie per cui esse spasimavano, avrebbero sconfessato Rossella, ma le signore della nuova aristocrazia lo ignoravano. Sapevano soltanto che il padre di Rossella era stato un grande proprietario di schiavi, la madre una Robillard di Savannah e suo marito era Rhett Butler di Charleston. E questo per loro bastava. Essa rappresentava un punto di contatto con la vecchia società nella quale esse desideravano rientrare; quella società che le disprezzava, non restituiva le visite e rispondeva freddamente al saluto. Signore di princisbecco, non si accorgevano che anche Rossella era di princisbecco; ma la consideravano come veramente appartenente alla buona società. Recentemente salite dal nulla, e malsicure nella loro ansia di apparire raffinate, esse temevano di sembrare poco distinte se avessero risposto per le rime alle scortesie di Rossella. E signore bisognava essere, a qualunque costo. Fingere delicatezza, modestia e innocenza. Nessuno avrebbe immaginato che la signora Flaherty dalla pelle di giglio aveva cominciato la sua carriera come cameriera in un albergo di Nuova York. E chi avesse osservato la delicatezza di Silvia Connington e di Mamie Bart non avrebbe mai supposto che la prima era cresciuta nella bettola di suo padre servendo a volte il vino sui tavolini e che la seconda, - a quanto si diceva - era uscita da uno dei postriboli di suo marito. No; ora erano tutte quante creature timide e delicate. I mariti, benché avessero guadagnato del danaro, imparavano meno facilmente le buone maniere, o forse avevano meno pazienza. Ai ricevimenti di Rossella bevevano con abbondanza; e generalmente accadeva che uno o due ospiti dovessero rimanere a passare la notte nella casa. Non si ubriacavano alla stessa maniera degli uomini che Rossella aveva conosciuto nella sua infanzia: diventavano facilmente brutali od osceni; inoltre, per quante sputacchiere vi fossero nelle stanze, i tappeti mostravano sempre tracce di sugo di tabacco, la mattina seguente.
Rossella li disprezzava ma ci si divertiva. Ne aveva sempre una quantità in casa, ma quando si seccava li mandava all'inferno, ed essi lo sopportavano.
Sopportavano anche Rhett. Questi non esitava a frustarli con parole che non ammettevano replica. Poiché egli non si vergognava del modo col quale aveva fatto fortuna, pretendeva che essi pure non si vergognassero delle loro origini; e raramente si lasciava sfuggire l'opportunità di fare osservazioni su cose che era meglio lasciare nell'oscurità.
Egli non si privava di osservare con affabilità mentre beveva un bicchiere di punch:
"Se io avessi avuto più buon senso, avrei guadagnato un patrimonio vendendo azioni delle miniere d'oro alle vedove e agli orfani, come avete fatto voi, Ralph, invece di correre tanti pericoli col contrabbando attraverso il blocco". "Bravo, Bill, ho visto che avete una nuova pariglia.
Avete venduto ancora qualche migliaia di azioni di ferrovie inesistenti?" "Rallegramenti, Amos, per quel contratto che avete fatto col Governo. Peccato che abbiate dovuto ungere troppe ruote per ottenerlo."
Le signore lo trovavano odioso e insopportabilmente volgare. Gli uomini dicevano dietro alle sue spalle che era un porco e un pendaglio da forca. La nuova Atlanta non amava Rhett più di quanto lo avesse amato la vecchia; ed egli non faceva alcun tentativo per conquistare le simpatie. Continuava per la sua strada, divertito e sprezzante, infischiandosi dell'opinione altrui. Per Rossella era ancora un enigma, ma un enigma intorno al quale non si scervellava più. Era convinta che nulla gli piaceva né gli sarebbe mai piaciuto; che o desiderava qualche cosa senza averla, o non desiderava nulla. Egli rideva di tutto ciò che ella faceva, incoraggiava le sue stravaganze e le sue insolenze, prendeva in giro le sue pretensioni... e pagava i suoi conti.
50
Rhett non deviò mai dal suo modo di fare imperturbabile, anche nei momenti di maggiore intimità. Ma Rossella conservò sempre la sensazione che egli la osservasse nascostamente; voltando la testa all'improvviso, ella era certa di sorprendere quello sguardo osservatore, aspettante, quell'espressione di quasi terribile pazienza che non le riusciva di comprendere.
A volte era veramente piacevole vivere con lui, malgrado la sua fastidiosa abitudine di non permettere che dinanzi a lui si mentisse, si fingesse, si raccontassero delle panzane. Ascoltava ciò che ella gli narrava a proposito del negozio, degli stabilimenti, del personale e dava qualche consiglio abile e oculato. Era dotato di un'energia instancabile per balli e ricevimenti e aveva una provvista inesauribile di storielle brillanti con le quali animava le rare serate in cui rimanevano soli, quando la tavola era sparecchiata e dinanzi a loro erano il caffè e l'acquavite. Rossella scoperse che da lui poteva avere tutto ciò che desiderava finché era schietta; ma che qualsiasi cosa avesse tentato di ottenere indirettamente, a mezzo di trucchi femminili, le sarebbe stata inesorabilmente rifiutata. Egli le leggeva nel pensiero in modo sconcertante e la derideva sgarbatamente.
Osservando la soave indifferenza con la quale generalmente la trattava, Rossella si chiedeva sovente, ma senza vera curiosità, per qual motivo egli l'avesse sposata. Gli uomini si sposano per amore o per denaro o per avere una casa o dei bambini; ma qui non esisteva nessuna di queste determinanti. Ella sapeva che Rhett non l'amava. Della sua bella casa parlava come di un obbrobrio architettonico e diceva che preferiva abitare in un buon albergo piuttosto che in una casa. E non accennava mai ai bambini, come facevano Carlo e Franco. Una volta glielo chiese, facendogli delle moine e si irritò molto quando egli le rispose con un'espressione divertita negli occhi:
- Ti ho sposata per averti come un giocattolo. -
No; nessuna delle ragioni per le quali gli uomini prendono moglie lo aveva spinto al matrimonio. Egli l'aveva sposata solamente perché la desiderava e non poteva averla in altro modo. Lo aveva confessato quando l'aveva chiesta. L'aveva desiderata come aveva desiderato Bella Watling; e questo pensiero non era piacevole: anzi, era un vero e proprio insulto. Ma Rossella crollò le spalle come faceva dinanzi a tutti i fatti spiacevoli. Il loro era un contratto, ed ella era contenta. Sperava che lo fosse anche lui; ma non le importava molto di assicurarsene.
Ma un pomeriggio, avendo consultato il dottor Meade a proposito di certi disturbi della digestione, apprese una cosa spiacevole dinanzi alla quale non poté crollare le spalle. Si precipitò in camera da letto con un lampo di vero odio negli occhi, e comunicò a Rhett di essere incinta.
Rhett, che stava oziando in vestaglia di seta circondato da una nuvola di fumo, le lanciò un'occhiata penetrante. Ma non rispose. La osservò in silenzio; e nel suo atteggiamento era una strana attesa delle parole che ella avrebbe pronunciato in seguito. Parole di disperazione e d'ira che non tardarono ad essere proferite.
- Sai che non voglio altri bambini! E che non ne ho mai desiderati. Ogni volta che comincio ad assestarmi un poco, ecco che capita una gravidanza! No, non ridere! Neanche tu desideri bambini! Santa Madre di Dio! -
Certo non erano queste le parole che egli attendeva. Il suo volto si indurì alquanto e i suoi occhi presero un'espressione indifferente.
- Perché non lo dai a Melania? Non mi hai detto che aveva tanto desiderio di un altro bimbo? -
- Non farmi arrabbiare! Ti dico che non voglio averlo! -
- Ah, no? Continua, ti prego. -
- Oh, si può fare qualche cosa... Non sono più la stupidina che ero una volta! Conosco una signora che se non vuole bambini non ne fa... Si può benissimo... -
Era già balzato in piedi afferrandola per i polsi; sul suo volto era dipinto un terrore aspro e violento.
- Rossella, pazza che sei, dimmi la verità! Hai fatto qualche cosa? -
- No; ma la farò. Credi che voglia ingrossare un'altra volta, ora che avevo riacquistato la mia figurina e.. -
- Chi ti ha dato quest'idea? Chi ti ha detto una cosa simile? -
- Mamie Bart... Anche lei... -
- La "madama" di un postribolo non può ignorare queste pratiche. Quella donna non metterà più piede in questa casa: hai capito? Dopo tutto, è casa mia, e il padrone sono io. Non voglio che tu le rivolga più la parola. -
- Farò quello che mi pare e piace. Lasciami. Che te ne importa? -
- Non mi importa che tu abbia un bimbo o venti; ma mi dispiace se muori. -
- Morire? Io? -
- Sì, morire. Immagino che Mamie Bart non ti abbia detto i rischi che corre una donna facendo una cosa simile? -
- No - rispose Rossella riluttante. - Mi ha detto soltanto che... che si può sistemare tutto benissimo. -
- La ammazzerò, perdio! - La faccia di Rhett era sconvolta dall'ira.
Egli fissò il volto lacrimoso di sua moglie e la sua ira si calmò alquanto; ma la sua espressione era ancora dura e irritata. A un tratto la prese fra le braccia e sedette sulla poltrona stringendola a sé, come se avesse temuto di perderla.
- Ascoltami, bambina: io non voglio che tu arrischi la vita. Capisci? Santo Dio, non desidero neppur io dei bambini; ma sono in condizione di mantenerli. Non voglio più sentire da te di queste sciocchezze e se tenti qualche cosa... Ti dico, Rossella, che una volta ho visto morire una ragazza, per questo. E non è una bella morte. Io... -
- Davvero?! - esclamò Rossella, strappata alla sua disperazione dall'emozione che udiva nella voce di lui. Non lo aveva mai visto così commosso. - Dove... chi...? -
- E' stato a Nuova Orleans... oh, parecchi anni fa. Ero giovane e impressionabile. - Curvò improvvisamente il capo e nascose le labbra fra i capelli di lei. - Tu partorirai il tuo bambino, Rossella; dovessi incatenarti a me per nove mesi! -
Ella sedette sulle sue ginocchia e lo fissò con schietta curiosità. Sotto lo sguardo di lei, Rhett divenne improvvisamente indifferente, come se tutta la sua commozione fosse scomparsa per opera di magia. Aveva inarcato le sopracciglia e incurvato la bocca.
- Ti importa tanto di me? - gli chiese Rossella abbassando le palpebre.
Egli le lanciò un'occhiata inquisitiva come per rendersi conto di quanta civetteria fosse in quella domanda. Comprendendo il vero significato di quel contegno, rispose con indifferenza:
- Sicuro. Ho investito in te un discreto capitale; e non mi piace perdere del denaro. -
Melania uscì dalla stanza di Rossella stanchissima, ma commossa fino alle lacrime dalla nascita della bambina. Rhett attendeva nel vestibolo circondato da una quantità di mozziconi di sigaro che avevano prodotto numerose bruciature nel magnifico tappeto.
- Ora potete entrare, capitano Butler - gli disse la signora Wilkes timidamente.
Rhett le passò davanti frettoloso e Melania lo scorse mentre si curvava sull'esserino nudo che giaceva nel grembo di Mammy. Il dottor Meade chiuse l'uscio e Melania piombò in una poltrona, arrossendo per avere involontariamente assistito a una scena così intima.
"Com'era preoccupato, povero capitano Butler!" pensò. "E non ha bevuto neanche un bicchierino mentre aspettava! Probabilmente in questo momento ha proprio bisogno di un po' d'alcool. Debbo andare a consigliarglielo? No, mi sembra una cosa troppo ardita."
Si appoggiò indietro alla spalliera della poltrona, con la schiena indolenzita; e le sembrò che la vita le si spezzasse in due. Com'era stata fortunata Rossella ad aver suo marito dietro l'uscio mentre aspettava che la sua creatura venisse al mondo! Se ella avesse avuto Ashley vicino, in quel terribile giorno della nascita di Beau, avrebbe sofferto assai meno. Come le piacerebbe che quella piccina fosse sua invece che di Rossella! "Sono proprio cattiva" pensò subito dopo, pentita. "Le invidio la sua piccina mentre lei è stata così buona con me... Perdonatemi, Signore. Non desidero la bimba di Rossella, ma... desidererei tanto una bambina mia!"
Si mise un piccolo cuscino dietro alla schiena e pensò con bramosia alla possibilità di avere una piccina. Ma il dottor Meade non aveva mai mutato opinione su questo soggetto. E benché ella fosse disposta ad arrischiare la vita per avere un altro bambino, Ashley non voleva sentirne parlare. Una figlioletta. Come le vorrebbe bene Ashley!
Una bambina! Oh Dio! Si drizzò sgomenta. Non aveva pensato a dire a Rhett che era nata una femmina! E certo, egli aspettava un maschietto!
Sapeva che gli uomini tengono ad avere dei figli maschi. Come era stata grata a Dio il quale aveva permesso che il suo unico figlio fosse un bambino! Se fosse stata moglie di un uomo così temibile come il capitano Butler, avrebbe preferito morire di parto piuttosto che presentargli come primogenito, una femminuccia.
Ma in quell'istante Mammy uscì dalla stanza con un sorriso felice che la tranquillizzò. Ciò che le disse subito dopo la stupì.
- Io stare facendo bagno di bambina e avere chiesto scusa a capitano Butler perché non essere un maschio. E sapere che cosa avere risposto? "Stare zitta, Mammy! Chi ha mai desiderato un maschio? I maschi sono un castigo di Dio. Preferisco di gran lunga le bimbe. Non cambierei questa piccina con una dozzina di maschi!" E avere cercato di prendere la pupa, che era nuda; ma io avergli dato una botta sul polso e avere detto: "Fermo, mist' Rhett! Lasciare pupa adesso. E dire che io avere tanto pensiero perché credere che tu volere bambino!" E lui ridere e dire: "Maschi essere disastro. Non essere io prova di questo?" Sì, miss Melly; lui essersi comportato molto bene - concluse Mammy soddisfatta. Melania pensò che forse Rhett aveva voluto in certo modo redimersi agli occhi di Mammy la quale riprese: - Forse io avere avuto torto per mist' Rhett. Questo essere giorno molto felice per me, miss Melly. Io avere raccolto tre generazioni di ragazze Robillard, e questo essere giorno felice. -
- Sicuro, Mammy! I giorni più felici sono quelli in cui nascono i bambini! -
Vi era una persona in casa per la quale non era una bella giornata. Sgridato e dimenticato, Wade Hamilton gironzolava nella stanza da pranzo senza saper che fare. La mattina presto Mammy lo aveva destato bruscamente, lo aveva vestito in fretta e furia e lo aveva mandato insieme con Ella a casa di Pitty per far colazione. La sola spiegazione di questo era stata che sua madre stava poco bene e lo strepito dei suoi giochi le dava noia. La casa di zia Pitty era in scompiglio perché alla notizia della malattia di Rossella la zia era svenuta e l'avevano poi dovuta mettere a letto, assistita dalla cuoca; sicché la colazione dei bambini era stata malamente preparata da Pietro. Col trascorrere della mattinata Wade cominciò ad aver paura. Se la mamma morisse? Le mamme di altri bambini erano morte. Egli aveva visto il carro funebre e i suoi piccoli amici singhiozzanti. Se la mamma morisse? Wade le voleva molto bene, benché la temesse; e il pensiero che potesse esser portata via dai cavalli neri ornati di piume gli faceva dolere il cuoricino nel piccolo petto.
A mezzogiorno, mentre Pietro era occupato in cucina, Wade sgusciò fuori dalla porta e corse a casa con tutta la fretta consentitagli dalle sue piccole gambe. Certamente zio Rhett o zia Melly o Mammy gli direbbero la verità. Ma non vide nessuno degli zii; e Mammy correva insieme con Dilcey su e giù per le scale portando asciugamani e catini di acqua calda; e non si accorsero della presenza del bambino nel vestibolo. Dal piano di sopra, allorché una porta si apriva, si udiva a quando a quando la voce del dottor Meade. Una volta udì anche un lamento di sua madre e allora scoppiò in singhiozzi. Certo stava per morire. Per confortarsi, cercò di fare degli approcci col gatto color del miele che era sdraiato al sole sul davanzale della finestra. Ma Tom, vecchio e irritabile, agitò la coda e soffiò lievemente.
Finalmente Mammy, scendendo la scala col grembiule macchiato e il turbante sgualcito, lo scorse e aggrottò le ciglia.
- Tu essere bambino più cattivo che io avere mai visto - esclamò. - Io averti mandato da miss Pitty! Tu ritornare subito da lei! -
- Ma la mamma... morirà? -
- Essere bambino più fastidioso del mondo! Morire? No, per grazia di Dio! Io non sapere perché padreterno mandare bambini che essere tanto noiosi. Via, adesso, via di qua! -
Ma Wade non si allontanò. Si nascose dietro le tende del vestibolo, convinto solo a metà dalle parole di Mammy. L'osservazione sulla noia che danno i ragazzi lo aveva turbato, perché egli aveva sempre cercato di essere buono e docile. Mezz'ora dopo vide scendere zia Melania in gran fretta, pallida e stanca, ma sorridente. Ella fu atterrita vedendo fra le ombre dei drappeggi il visino addolorato. Di solito zia Melania gli dava retta; non gli diceva mai, come la mamma faceva sovente: "Non mi seccare adesso.
Ho fretta" oppure: "Levati di torno, Wade. Ho da fare." Ma questa volta gli disse: - Sei stato molto cattivo, Wade. Perché non sei rimasto da zia Pitty? -
- Morirà la mamma? -
- Dio mio, no! Non fare lo sciocco, Wade. - E poi, più dolce: Il dottor Meade le ha portato una bella bambina, una sorellina con la quale potrai giocare; se sarai buono, te la faremo vedere stasera. Adesso vai di là a giocare e non far rumore. -
Wade sgusciò in sala da pranzo, con l'impressione che il suo mondo piccolo e incerto vacillasse. Sedette sul davanzale di una finestra e mordicchiò una foglia della pianta verde che cresceva in una cassetta. Era così forte, il sapore, che gli fece lacrimare gli occhi; avvilito, il bimbo si mise a piangere. La mamma stava probabilmente morendo e nessuno pensava a lui; tutti si affannavano e correvano per la nuova bimba giunta in casa. Wade non si interessava affatto alle bambine: la sola che conosceva intimamente era Ella, la quale non aveva mai fatto nulla per meritare il suo rispetto.
Dopo un pezzetto, il dottor Meade e lo zio Rhett scesero la scala e si fermarono a discorrere sottovoce nel vestibolo. Dopo aver chiuso la porta dietro al dottore, lo zio Rhett entrò vivamente in sala da pranzo e si versò un'abbondante dose di liquore prima di accorgersi della presenza di Wade. Il bimbo indietreggiò, aspettando di sentirsi dire nuovamente che era cattivo e che doveva tornare a casa di zia Pitty; ma invece lo zio Rhett sorrise. Wade non lo aveva mai visto sorridere con quell'espressione felice: incoraggiato, balzò a terra e gli corse accanto.
- Hai una sorellina! - fece Rhett accarezzandolo. - La più bella bambina del mondo! Beh, perché piangi adesso? -
- La mamma... -
- La mamma sta mangiando un magnifico pranzo: pollo, riso al sugo e caffè; fra poco le faremo un bel gelato e se ne vuoi, te ne daremo doppia porzione! E ti farò vedere la tua sorellina. -
Tranquillizzato benché ancora scosso, Wade cercò dimostrare interesse per la pupa, ma non vi riuscì. Tutti si occupavano di quella bimba; nessuno si curava più di lui, neanche zia Melly e zio Rhett.
- Zio Rhett - si decise finalmente a chiedere - la gente vuol più bene alle bambine che ai maschietti? -
Rhett posò il bicchiere e scrutò quel visino; comprese immediatamente i sentimenti del bimbo.
- No, non credo - disse con serietà, come se riflettesse sulla faccenda. - Però le bambine sono più fastidiose; di solito ci si occupa più delle persone noiose che di quelle che non lo sono. -
- Mammy ha detto che i maschi sono noiosi. -
- Mammy era sconvolta. Certo non voleva dir questo. -
- Zio Rhett, non saresti più contento di avere un maschietto invece di una bambina? -
- No - rispose Rhett con impeto; ma vedendo attristarsi il viso di Wade, continuò: - Perché dovrei desiderare un bambino avendone già uno? -
- Ne hai uno? - E Wade spalancò la bocca stupito. - E dov'è? -
- Ma è qui! - e Rhett sollevando il piccino se lo pose sulle ginocchia. - Non sei tu il mio bambino? -
La felicità e il senso di sicurezza furono per un attimo così violenti che Wade mancò poco non ricominciasse a piangere. Ma inghiottì le lacrime e nascose il capo nel panciotto di Rhett.
- Ma... come si può essere figlio di due uomini? - La devozione di Wade verso il padre che non aveva conosciuto lottava in lui con l'affetto per l'uomo che lo comprendeva così profondamente.
- Sì - rispose Rhett con fermezza. - Nello stesso modo come tu sei il bimbo della mamma e di zia Melly.
Wade trovò questa spiegazione giusta e convincente e sorrise stringendosi timidamente a Rhett.
- Tu li capisci i bambini, non è vero, zio Rhett? -
Il volto scuro di Rhett s'indurì.
- Sì, - disse egli con amarezza, - li comprendo. -
Per un attimo Wade ebbe un nuovo timore, misto a un senso di gelosia. Zio Rhett non stava pensando a lui, ma a qualcun altro.
- Non hai altri bambini? -
Rhett lo posò a terra.
- Adesso berremo tutti e due, Wade; devi bere anche tu per la prima volta in vita tua, alla salute della tua sorellina. -
- Tu non hai... - ricominciò Wade; ma vedendo Rhett prendere la bottiglia del vino, si distrasse per l'eccitazione di vedersi trattato come un grande.
- Non posso, zio Rhett! Ho promesso a zia Melly di non bere fino a quando non sarò laureato; se mantengo la parola, la zia mi regalerà un orologio. -
- Io ti darò la catena: questa che porto io. Zia Melly ha ragione; ma ha inteso di parlare di liquori, non di vino. Devi imparare a bere il vino come un gentiluomo, figlio mio; e questo è il momento migliore.
Rhett diluì il vino con l'acqua della caraffa fino a fare un liquido appena roseo e porse il bicchiere a Wade. In quel momento Mammy entrò nella sala da pranzo. Aveva indossato il suo vestito della festa e il grembiule e il turbante erano puliti e ben stirati. Nel camminare le sue gonne facevano un fruscio di seta; l'espressione preoccupata era scomparsa dal suo volto e un largo sorriso metteva in mostra le sue gengive, quasi completamente prive di denti.
- Auguri, mist' Rhett - disse.
Wade si fermò col bicchiere in mano. Sapeva che Mammy non aveva mai amato il suo padrigno e non lo aveva mai chiamato altrimenti che "capitano Butler". Ed ecco che invece di mostrargli la solita freddezza, la vecchia negra gli sorrideva e lo chiamava "Mist' Rhett"! Che strana giornata!
- Credo che tu preferisca il rhum al vino - disse Rhett frugando nell'armadio e traendone una bottiglia quadrata. - E' una bella bambina, non è vero? -
- Molto bella - rispose Mammy prendendo il bicchierino.
- Ne hai mai vista una più bella? -
- Veramente, miss Rossella essere anche lei molto bella quando essere nata, ma non altrettanto. -
- Un altro bicchierino, Mammy. E dimmi - la voce era seria, ma i suoi occhi brillavano. - Che cos'è questo fruscio ? -
- Non essere altro che mia sottoveste di seta rossa! - E Mammy rise, facendo ballonzolare l'ampio seno.
- Nientemeno! Non ci credo. Sembra un fruscio di foglie secche. Fammi vedere. -
- Tu cattivo, Mist' Rhett! Sicuro... oh, Signore! -
Mammy si ritrasse di due o tre passi e sollevò modestamente la sua gonna di qualche centimetro, in modo di lasciar vedere i volani di taffetà rosso.
- Hai messo molto tempo per deciderti a portarla - brontolò Rhett; ma i suoi occhi neri ridevano.
- Sì, signore; troppo tempo. -
Allora Rhett disse qualche cosa che Wade non comprese.
- Non più un mulo coi finimenti di cavallo? -
- Mist' Rhett, miss Rossella essere cattiva averti detto questo! Tu rinfacciare ancora questo a vecchia negra? -
- Non rinfaccio. Volevo soltanto sapere. Un altro bicchierino, Mammy. Anzi, prendi tutta la bottiglia. Bevi, Wade! Fai un brindisi! -
- Alla mia sorellina! - esclamò Wade e ingoiò il liquido. Cominciò a tossire e gli altri due risero battendogli sul dorso.
Dal momento della nascita di sua figlia, la condotta di Rhett stupì tutti coloro che l'osservavano. Chi avrebbe mai creduto che egli sarebbe stato così sfacciatamente fiero della propria paternità? Specialmente dato che si trattava di una bimba invece che di un maschietto?
Questo nuovo orgoglio non si dileguò, cosa che suscitò una certa invidia fra le donne i cui mariti non si curavano molto dei loro rampolli. Rhett attaccava dei tremendi bottoni agli amici che incontrava per istrada, raccontando i miracolosi progressi della sua bambina, senza nemmeno premettere alle sue osservazioni un'ipocrita frase di scusa. Egli considerava sua figlia un miracolo, da non paragonarsi neppure lontanamente agli altri bambini. Quando la nuova bambinaia permise alla piccina di succhiare un pezzetto di grasso di maiale, cagionandole così la sua prima colica, la condotta di Rhett fece sorridere i babbi e le mamme più esperti. Egli chiamò urgentemente il dottor Meade e altri due dottori e stentò a non percuotere la disgraziata bambinaia con la sua frusta; la licenziò ed a quella succedette una serie di altre bambinaie che rimasero ciascuna non più di una settimana. Nessuna di queste era atta a soddisfare le esigenze di Rhett.
Anche Mammy osservava con dispiacere questo andirivieni di bambinaie, perché era gelosa di tutte le negre estranee e non capiva perché non avrebbe potuto essa sola occuparsi di tutti e tre i bambini. Ma ormai cominciava ad essere vecchia e soffriva di reumatismi. Rhett non ebbe il coraggio di dirle questo, ma affermò che un uomo nella sua posizione non poteva tenere una sola donna per la cura dei suoi bambini. Ne avrebbe prese altre due per fare i lavori più faticosi, lasciando lei come bambinaia in capo. Questo fu accettato, ma Mammy dichiarò con fermezza che non avrebbe voluto al suo fianco nessuna negra emancipata. Ragion per cui Rhett pensò di mandare a prendere Prissy a Tara. Sapeva che non era eccessivamente intelligente, ma ormai apparteneva alla famiglia. Inoltre lo zio Pietro presentò una sua pronipote chiamata Lou, che aveva appartenuto a una cugina di miss Pitty.
Prima ancora di alzarsi, Rossella notò le preoccupazioni di Rhett per la piccina e si sentì indispettita e imbarazzata del suo eccessivo orgoglio di fronte agli estranei. Era giusto che un uomo amasse la sua bambina, ma l'ostentazione di questo amore le sembrava poco maschile. Rhett avrebbe dovuto essere più incurante e più disinvolto, come tutti gli altri uomini.
- Fai la figura di un imbecille - gli disse irritata - e non ne vedo la ragione. -
- No? E' naturale. La ragione è che la bambina è la prima persona che mi appartenga completamente.-
- Ma appartiene anche a me! -
- No, tu hai altri due bambini. Questa è mia. -
- Storie! L'ho fatta io, no? Del resto, tesoro, io appartengo a te. -
Rhett la guardò al disopra della nera testina della bimba e sorrise stranamente.
- Davvero? -
L'entrata di Mammy impedì lo svolgersi di una di quelle rapide liti che sorgevano così facilmente fra loro in quel periodo. Rossella inghiottì la collera e guardò Mammy che prendeva in braccio la piccina.
I nomi scelti per la bambina furono Eugenia Vittoria; ma in quel pomeriggio Melania, inconsapevolmente, le applicò un nome destinato a rimanere, come "Pittypatt" aveva cancellato dalla memoria di tutti, i nomi di Sara Giovanna.
Chino sulla bimba, Rhett aveva detto: - Avrà gli occhi verde pisello. -
- Neppure per sogno! - aveva esclamato Melania indignata, dimenticando che quella era quasi la sfumatura degli occhi di Rossella. - Saranno azzurri come quelli del signor O'Hara. Azzurri come la diletta bandiera nostra. -
- Diletta Butler - rise Rhett prendendo la piccina e fissando più da vicino i piccoli occhi. E le rimase il nomignolo di Diletta; perfino i suoi genitori dimenticarono che era stata battezzata coi nomi di due regine.
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Quando, finalmente, fu in grado di poter uscire, Rossella si fece allacciare il busto da Lou, facendole tirare il più possibile le stringhe. Misurò poi la circonferenza della sua cintura ed emise un gemito: cinquanta centimetri! Ecco che cosa significava avere dei bambini! La sua vita era diventata larga come quella di zia Pitty e di Mammy!
- Stringi ancora, Lou; vedi se puoi arrivare a quarantasei, quarantasette; altrimenti non posso infilare nessun vestito. -
- Se - io tirare ancora, rompere stringhe - rispose Lou. - Tu dover fare allargare tuoi vestiti, miss Rossella; non esservi altro rimedio. -
"Un rimedio vi sarà di certo" pensò Rossella nello scucire rabbiosamente le cuciture dell'abito per allargarlo. "Lo so io: bisogna non avere altri bambini."
Senza dubbio, Diletta era carina e le faceva onore: Rhett l'adorava. Ma ciononostante ella non ne voleva altri. Non sapeva ancora come avrebbe fatto, poiché non poteva certamente comportarsi con Rhett come si era comportata con Franco. Molto probabilmente, egli vorrebbe l'anno venturo un maschietto, benché dichiarasse di non volerne. Ma lei non gli darebbe né un bimbo né una bimba; per una donna tre figliuoli erano sufficienti!
Dopo aver ricucito l'abito, Lou lo infilò alla sua padrona; quindi chiamò la carrozza e Rossella si fece condurre allo stabilimento. Cammin facendo il pensiero di rivedere Ashley le fece dimenticare la sua vita ingrossata; e il suo spirito si risollevò. Non vedeva Ashley da parecchio tempo. Lo aveva evitato quando il suo corpo era eccessivamente deformato; ma ne aveva sentito molto la mancanza. E anche la mancanza del proprio lavoro. Senza dubbio, ora avrebbe anche potuto fare a meno di affaticarsi. Non le sarebbe difficile, volendo, vendere lo stabilimento e investire il denaro per Wade e Ella. Ma in questo modo avrebbe visto Ashley soltanto quanto lo esigevano i rapporti sociali, e sempre in presenza di altre persone. Inoltre, lavorare accanto a lui era per Rossella una grande gioia.
Nel giungere al magazzino, vide con piacere che le cataste di legname erano molto alte. Fra di esse si aggiravano parecchi clienti, i quali discorrevano con Ugo Elsing. I negri stavano attaccando ai carri sei coppie di muli. "Sei pariglie" pensò con orgoglio. "E ho fatto tutto questo da sola."
Ashley venne alla porta dell'ufficio; i suoi occhi brillarono di gioia vedendola. Le porse la mano per aiutarla a scendere e l'accompagnò nella stanza come se fosse stata una regina.
Ma la soddisfazione di Rossella fu di breve durata, poiché curvandosi sui registri ella confrontò le cifre con quelle di Johnnie Gallegher. Ashley aveva fatto soltanto delle spese, mentre Johnnie aveva a credito delle somme abbastanza rilevanti. Si guardò bene dal fare osservazioni mentre guardava i due registri; ma Ashley le lesse in volto.
- Mi dispiace, Rossella. Ma vorrei che mi permetteste di assumere dei negri liberti invece di servirmi di forzati. Credo che avrei un miglior risultato. -
- Dei negri! Il loro salario ci rovinerebbe. I forzati costano molto meno. Se Johnnie ottiene queste cifre... -
Ashley fissò lo sguardo lontano, verso qualche cosa che ella non poteva vedere; e la luce di gioia scomparve dai suoi occhi.
- Non posso far lavorare i forzati come fa Johnnie Gallengher. Non sono capace di dirigerli. -
- Per Giove! Johnnie fa miracoli. Voi siete troppo tenero di cuore, Ashley. Johnnie mi ha detto che quando quelli che non hanno voglia di lavorare si danno malati, voi accordate loro un giorno di riposo.
Santo Dio! In questo modo non si fanno quattrini. Un paio di frustate curerebbe molte di queste malattie... -
- Basta, basta, Rossella! Non posso sentirvi parlare così! - E gli occhi di Ashley tornarono a lei con un impeto che le mozzò le parole in bocca. - Non capite che sono anche loro uomini... e alcuni sono ammalati, denutriti, miserabili... Ah, mia cara, non posso sopportare che egli vi abbia resa così brutale, voi che eravate tanto dolce... -
- Chi? Che cosa? -
- Ve lo dico senza averne alcun diritto. Ma debbo dirvelo. Il vostro... Rhett Butler. Costui avvelena tutto ciò che tocca. E ha preso voi, così dolce, buona e generosa, malgrado la vostra vivacità, e vi ha fatta... vi ha resa dura e brutale col suo contatto. -
- Oh! - ansimò Rossella, in cui la coscienza della propria colpevolezza lottava in quel momento con la gioia che le dava il pensiero che Ashley la ritenesse ancora buona e dolce. Grazie a Dio, egli rendeva Rhett responsabile della sua avidità di guadagno. La colpa, in realtà, era sua; ma in fin dei conti, un punto nero di più sul conto di Rhett non poteva fargli alcun male.
- Se si trattasse di chiunque altro, non me ne importerebbe... ma Rhett Butler! Ho visto che vi ha ridotta a pensare come lui, senza che voi ve ne accorgeste neppure. Oh, so bene che non lo dovrei dire... Egli mi ha salvato la vita ed io gliene sono riconoscente; ma vorrei che fosse stato chiunque altro piuttosto che lui! Non ho il diritto di parlarvi come... -
- Sì, Ashley, voi avete il diritto... Nessun altro lo ha! -
- Vi dico che non posso tollerare che la vostra finezza sia trasformata da lui in grossolanità; e sapere che la vostra bellezza e il vostro fascino sono in potere di un uomo che... Quando penso che egli vi tocca... -
"Ora mi bacia!" pensò Rossella felice. "E non sarà colpa mia!" Fece un passo verso di lui; ma Ashley indietreggiò improvvisamente, come se si rendesse conto a un tratto di aver detto troppo... di aver detto cose che non avrebbe mai avuto l'intenzione di dire.
- Vi chiedo umilmente scusa, Rossella. Ho... ho insinuato che vostro marito non è un gentiluomo; e le mie parole stanno a provare che io per primo non lo sono... Nessuno ha il diritto di criticare un marito dinanzi a sua moglie. Io non ho alcuna scusa se non... se non... - Si interruppe e il suo viso si contorse penosamente. Rossella attese col respiro sospeso.
- Non ho alcuna scusa. -
Tornando a casa, lo spirito di Rossella non fece che correre la cavallina. Nessuna scusa, se non... che l'amava! E il pensiero che ella giacesse fra le braccia di Rhett destava in lui un furore che Rossella non avrebbe mai creduto possibile. Però lo comprendeva. Se ella non avesse saputo che le relazioni fra Ashley e Melania erano necessariamente simili a quelle che possono correre tra fratello e sorella, la vita di lei sarebbe stata un tormento. E Ashley credeva che fossero gli amplessi di Rhett che la rendevano dura e brutale! Ebbene, ella farebbe a meno di quegli amplessi. Come sarebbe dolce e romantico per entrambi rimanere fisicamente fedeli uno all'altro, pur essendo sposati ad altre persone! L'idea le piacque. E poi, aveva anche il suo lato pratico. Era il modo sicuro per non avere altri bambini.
Giunta a casa, l'esaltazione che le parole di Ashley avevano fatto nascere in lei cominciò a calmarsi dinanzi alla prospettiva di dover dire a Rhett che desiderava fare camera separata, e a tutto ciò che questo implicava. Non era cosa facile. E poi, come potrebbe dire ad Ashley che per accontentarlo ella si rifiutava ai desideri di Rhett? A che scopo fare un sacrificio se nessuno doveva saperlo? Che fastidio, la verecondia e la delicatezza! Beh, pazienza. Troverebbe il modo di far capire ad Ashley la verità.
Salì le scale e trovò, nella camera dei bambini, Rhett seduto accanto alla culla di Diletta, con Ella sulle ginocchia e Wade che spiegava dinanzi a lui i tesori delle sue saccocce. Che fortuna che Rhett amasse i bambini e si occupasse di loro! Alcuni padrigni sono così ostili ai figli dei mariti precedenti...
- Desidero parlarti - gli disse e passò in camera da letto. Meglio sbrigarsela subito mentre il desiderio di non aver più figliuoli era ancora tanto vivo in lei e mentre l'amore di Ashley le dava la forza occorrente.
- Rhett - gli disse bruscamente dopo che egli ebbe chiuso l'uscio, ho deciso che non voglio altri bambini. -
Se fu stupito a questa dichiarazione, Rhett non lo diede a divedere. Sedette su una sedia e spinse indietro la spalliera.
- Gioia mia, come ti ho detto prima della nascita di Diletta, per me è indifferente che tu abbia un bambino o venti. -
Che perversità! Fingeva di non capire!
- Mi pare che tre bastino. Non ho affatto l'intenzione di averne uno all'anno. -
- Tre mi sembra un numero giusto. -
- Ma sai... - arrossì imbarazzata. - Sai che cosa voglio dire? -
- Sicuro. E tu lo sai che potrei divorziare se tu ti rifiuti ai miei diritti coniugali? -
- Sei abbastanza abbietto da aver quest'idea! - gridò Rossella, seccata che le cose non andassero secondo i suoi desideri. - Se avessi un po' di spirito cavalleresco, saresti... saresti gentile come... Sicuro; guarda un po' Ashley Wilkes! Melania non può avere altri bambini e lui... -
- E' un perfetto gentiluomo, Ashley! - E gli occhi di Rhett cominciarono a brillare stranamente. - Continua, ti prego. -
Rossella inghiottì, perché non aveva altro da dire. Ora comprendeva che era stata una stupida, sperando di comporre amichevolmente una cosa tanto importante, specialmente con un porco egoista come Rhett.
- Sei stata allo stabilimento oggi, non è vero? -
- Che c'entra questo? -
Egli si alzò leggermente e avvicinandosi a lei le pose una mano sotto il mento e le sollevò il volto.
- Che bambina! Hai vissuto con tre mariti e non conosci ancora nulla della natura degli uomini. Immagini che siano come vecchie dame dopo la menopausa... -
Le pizzicò il mento scherzosamente e lasciò ricadere la mano. sollevò uno dei suoi neri sopraccigli mentre la fissava con un lungo sguardo glaciale.
- Comprendimi bene, Rossella. Se tu e il tuo letto aveste ancora attrattiva per me, nessun catenaccio e nessuna proibizione potrebbe tenermene lontano. E non mi vergognerei di usare la forza, perché ho fatto con te un contratto... contratto che io ho mantenuto, e che tu stai rompendo. Conserva pure il tuo casto letto, mia cara. -
- Vorresti dire - esclamò Rossella indignata - che non t'importa...-
- Tu sei stanca di me, non è vero? Ebbene, gli uomini si stancano più facilmente delle donne. Conserva la tua castità, Rossella. Non sarà una privazione per me. - Alzò le spalle e sogghignò. - Fortunatamente il mondo è pieno di letti... e molti di questi sono occupati da donne...-
- Saresti talmente volgare...-
- Povera innocentina! Ma sicuro. È solo da stupire che io non abbia cominciato prima. Non ho mai considerato la fedeltà come una virtù. -
- Chiuderò a chiave la mia porta tutte le sere! -
- A che scopo? Se ti desiderassi, nessuna serratura mi impedirebbe di averti.-
Si volse, come se l'argomento fosse esaurito, e lasciò la stanza. Rossella lo udì tornare nella camera dei bambini ove fu accolto da grida di giubilo. Ella sedette bruscamente. Aveva ottenuto ciò che desiderava. E ciò che anche Ashley desiderava. Ma la cosa non le faceva piacere. La sua vanità era mortificata e il fatto che Rhett non la desiderasse più e la mettesse a livello di tutte le altre donne la irritava fuor ai misura.
Avrebbe voluto trovar la maniera di dire delicatamente ad Ashley che lei e Rhett non erano più marito e moglie. Ma comprendeva che le era impossibile. Ora tutto le sembrava un brutto pasticcio; e con tutto il cuore avrebbe preferito non aver parlato. Sentiva che le lunghe conversazioni a letto con Rhett, con la brace del suo sigaro che brillava nell'oscurità, le sarebbero molto mancate; le sarebbe mancato il conforto delle sue braccia quando si svegliava atterrita dal sogno nel quale era circondata di nebbia fredda.
All'improvviso si sentì infelicissima, e posando il capo sul bracciolo della poltrona, pianse.
52
In un pomeriggio piovoso, poco tempo dopo il primo compleanno di Diletta, Wade indugiava nel salone, avvicinandosi ogni tanto a una finestra per schiacciare il nasino contro i vetri. Era un ragazzetto sottile, con le gambe lunghe, piccolino per i suoi otto anni, tranquillo fino alla timidezza; non parlava mai se non era interrogato. Evidentemente si annoiava ed era in cerca di un passatempo, perché Ella stava in un angolo, occupata con le sue bambole, Rossella sedeva alla scrivania borbottando fra sé mentre sommava una lunga colonna di cifre, e Rhett, sdraiato sul pavimento, faceva ciondolare accanto all'orecchio di Diletta il proprio orologio sospeso alla catena.
Più volte Wade prese qualche libro lasciandolo poi cadere a terra con strepito e sospirando profondamente, finché Rossella si volse a lui irritata.
- Dio benedetto, Wade! Vai fuori a giocare.-
- Non posso. Piove.-
- Ah? Non me n'ero accorta. Ebbene, fai qualche cosa. Mi fai diventare nervosa, girandolando attorno in quel modo. Vai a dire a Pork che attacchi la carrozza e ti porti da Beau a giocare con lui.-
- Beau non è in casa - sospirò Wade. - E' andato al ricevimento per il compleanno di Raul Picard. -
Raul era il figliuoletto di Maribella e Renato Picard: un odioso marmocchio - pensava Rossella - più simile a uno scimmiotto che ad un bambino.
- Vai a trovare qualcun altro. Chiama Pork. -
- Nessuno è rimasto a casa. Sono tutti alla riunione da Picard. Tutti...-
La frase interrotta "tutti... meno io" rimase sospesa a mezz'aria; ma Rossella, immersa nella sua contabilità, non vi badò. Rhett si sollevò a sedere e chiese: - Perché non sei andato anche tu, figliuolo? -
Wade si strinse a lui, strisciando i piedi imbarazzato.
- Non sono stato invitato.-
Rhett porse il suo orologio alle manine distruttrici di Diletta e si alzò in piedi agilmente.
- Lascia un momento quelle maledette cifre, Rossella. Perché Wade non è stato invitato? -
- Per l'amor di Dio, Rhett! Non infastidirmi adesso. Ashley ha fatto una tal confusione in questi conti... Che dicevi, la riunione infantile? Non è cosa insolita che Wade non sia stato invitato; e se lo fosse non ve lo manderei. Non dimenticare che Raul è il nipotino della signora Merriwether, la quale preferirebbe avere nel suo sacrosanto salotto un negro piuttosto che uno di noi.-
Rhett, che stava guardando Wade con occhio attento, vide che il bimbo esitava.
- Vieni qui, figliuolo - disse traendolo a sé, - ti piacerebbe andare a quella riunione? -
- No, signore - rispose il bimbo coraggiosamente; ma abbassò gli occhi.
- Hm...Dimmi un po', Wade: ci vai alle riunioni di Joe Withing o di Franco Bonnell... insomma, di qualunque dei tuoi compagni? -
- No, signore. Non mi invitano. -
- Menti, Wade! - esclamò Rossella voltandosi. - Sei andato a tre riunioni infantili la settimana scorsa: dai bambini Bart, dai Gelert e dagli Hundon. -
- Come collezione di muli con finimenti da cavallo, non avresti potuto sceglier di meglio - replicò Rhett con voce dolcemente strascicata. - E ti sei divertito? Parla. -
- No, signore.-
- Perché? -
- Non... non lo so. Mammy... Mammy dice che sono "straccioni bianchi".-
- La scorticherò viva! - gridò Rossella balzando in piedi. - E quanto a te che parli in questo modo degli amici della mamma...-
- Il bimbo dice la verità; e anche Mammy - ribatté Rhett. - Ma tu non sei mai stata capace di riconoscere la verità incontrandola... Non ci pensare, figliuolo. Non andrai più a nessuna riunione che non ti piaccia. Tieni - e trasse di tasca un biglietto di banca - di' a Pork di attaccare la carrozza e fatti condurre in città. Ti comprerai dei dolci... molti dolci, tanti da farti venire un magnifico mal di pancia.-
Wade, raggiante, intascò la banconota e guardò ansiosamente verso sua madre per averne la conferma. Ma Rossella, con le sopracciglia aggrondate, fissava Rhett. Questi aveva sollevato Diletta dal pavimento e la cullava fra le braccia tenendo il suo visino contro la propria guancia. Rossella non vedeva la sua espressione, ma le parve di scorgere nei suoi occhi quasi una specie di timore... timore e autoaccusa.
Incoraggiato dalla generosità del padrigno, Wade gli si avvicinò timidamente.
- Zio Rhett, posso chiederti una cosa? -
- Senza dubbio. - Lo sguardo di Rhett era ansioso, assente, mentre egli stringeva a sé la testolina di Diletta. - Che vuoi? -
- Zio Rhett, sei stato... hai combattuto durante la Guerra? -
Gli occhi di Rhett si fecero attenti e penetranti, ma la sua voce era indifferente.
- Perché vuoi saperlo? -
- Perché Joe Whiting ha detto che non sei stato soldato; e anche Franco Bonnell.-
- Ah... E tu che hai risposto? -
Wade sembrò afflitto.
- Ho... ho detto... che non lo sapevo. - E poi con impeto: - Ma non ho dato retta e li ho picchiati. Però tu sei stato alla guerra, zio Rhett? -
- Sì - proruppe Rhett con violenza improvvisa. - Sono stato alla guerra. Ho appartenuto all'esercito per otto mesi. Ho combattuto sempre, da Lovejoy fino alla battaglia di Franklin, nel Tennessee. Ed ero con Johnston quando si arrese.-
Wade si gonfiò di orgoglio, ma Rossella rise.
- Credevo che ti vergognassi del tuo passato guerresco - disse poi. - Non mi avevi detto di tenerlo nascosto? -
- Taci! - fu la breve risposta di Rhett. - Sei soddisfatto, Wade? -
- Oh sì! Lo sapevo che eri stato alla guerra. Sapevo che non avevi avuto paura, come dicono loro. Ma... perché non eri coi babbi degli altri bambini? -
- Perché i padri degli altri bambini erano tanto stupidi che furono messi in fanteria. Io ero un bravo tiratore e perciò mi misero in artiglieria. In quella regolare, non nella Guardia Nazionale. Bisogna essere intelligenti, Wade, per fare gli artiglieri.-
- Lo credo! - E il volto del bimbo brillava. - Sei stato ferito, zio Rhett? -
Rhett esitò.
- Digli della tua dissenteria! - lo schernì Rossella.
Rhett posò la bimba sul pavimento; poi si aperse la camicia tirandola fuori dalla cintura dei calzoni.
- Vieni qui, Wade; ti farò vedere dove sono stato ferito.-
Wade si avvicinò, eccitato, e guardò il punto indicato dal dito di Rhett. Una lunga cicatrice attraversava il suo petto bruno fino all'addome muscoloso. Era il ricordo di un duello a coltellate avuto di California, ma Wade, che non lo sapeva, emise un profondo respiro di felicità.
- Scommetto che sei quasi bravo come mio padre, zio Rhett.-
- Quasi; non del tutto. - E Rhett ficcò nuovamente la camicia nei calzoni. - Ora va e spendi il tuo dollaro; e sappi come devi rispondere a qualunque ragazzo dirà che io non sono stato nell'esercito. -
Wade uscì saltellando, pieno di gioia, e Rhett prese nuovamente in braccio la pupa.
- Ora spiegami il perché di tutte quelle menzogne, mio valoroso soldato! - fece Rossella.
- Un ragazzo deve poter essere orgoglioso di suo padre o del suo padrigno. Non posso permettere che provi vergogna dinanzi a quei piccoli bruti. I bambini sono crudeli.-
- Che sciocchezze! -
- Non avevo mai pensato che per Wade la cosa avesse importanza - riprese Rhett lentamente. - Non ho mai riflettuto alle sue sofferenze. E per Diletta le cose non andranno così -
- Così come? -
- Credi che permetterò che la mia piccina si vergogni di suo padre? E sia lasciata fuori dalle riunioni di bimbi quando avrà otto o dieci anni? Credi che permetterò che sia umiliata come Wade per cose di cui non ha colpa ma di cui siamo colpevoli tu ed io? -
- Oh, le riunioni infantili! -
- Dopo di quelle, vi sono i ricevimenti per signorine. Credi che io voglia lasciare che mia figlia sia tenuta in disparte dalle persone rispettabili di Atlanta? Non intendo affatto mandarla nel Nord in collegio e in visita perché la buona società di qui o di Charleston, Savannah e Nuova Orleans non la riceve! Né voglio che sia costretta a sposare uno yankee o uno straniero perché le famiglie perbene meridionali non la vorranno... per il fatto che sua madre è stata una pazza e suo padre un mascalzone.-
Wade che era tornato, si era fermato sulla soglia, ascoltatore interessato ma perplesso.
- Diletta potrebbe sposare Beau, zio Rhett.-
La collera scomparve dal volto di Rhett quando egli si volse verso il fanciullo; egli considerò le sue parole con apparente serietà, come sempre quando discorreva coi bambini.
- E' vero, Wade. Diletta può sposare Beau Wilkes. Ma tu chi sposerai? -
- Oh, io non mi sposerò - rispose Wade schiettamente, felice di parlare da pari a pari con la sola persona che, ad eccezione di zia Melly, non lo rimproverava mai e lo incoraggiava sempre. - Io andrò ad Harvard per diventare avvocato, come mio padre; e poi sarò un bravo soldato come lui. -
- Melly farebbe bene a non parlare tanto! - esclamò Rossella. - Tu non andrai a Harvard, Wade. È una scuola yankee, ed io non voglio che tu la frequenti. Andrai all'Università di Georgia; e quando avrai la laurea, dirigerai i miei stabilimenti. Quanto alla bravura guerresca di tuo padre...-
- Zitta - impose brevemente Rhett a cui non era sfuggito il brillare degli occhi del bambino quando aveva parlato di quel padre che non aveva mai conosciuto. - Tu crescerai e sarai un brav'uomo come tuo padre, Wade. Cerca di somigliargli, perché era un eroe; e non badare se ti parlano di lui in altro modo. Egli sposò tua madre; dunque questa è una sufficiente prova di eroismo. Ed io farò in modo che tu vada a Harvard e prenda la laurea di avvocato. Ora corri da Pork a dirgli che ti conduca in città.-
- Ti sarò grata se mi lascerai educare i miei figli a modo mio! - proruppe Rossella appena Wade, ubbidiente, fu uscito trotterellando.
- Sei una pessima educatrice. Hai rovinato tutte le possibilità di Wade e di Ella; ma non ti permetterò di fare altrettanto per Diletta. Diletta sarà una principessina e tutti quanti la desidereranno. Non vi sarà luogo ove ella non possa andare. Credi che quando sarà grande le farò fare amicizia con tutta la canaglia che gira qui per casa? -
- Sono tuoi amici...-
- E anche tuoi, gioia cara. Ma non li voglio per mia figlia. Ti pare che vorrò farle sposare uno di questa banda di rinnegati con la quale tu passi il tempo? Irlandesi arrivisti, yankees, straccioni bianchi, "Carpetbaggers", pidocchi rifatti... La mia Diletta, col suo sangue dei Butler e dei Robillard...-
-...e degli O'Hara...-
- Gli O'Hara possono essere stati re d'Irlanda una volta, ma tuo padre non era altro che un furbo arrivista. E tu non sei nulla di meglio... Anch'io ho la mia parte di colpa. Ho attraversato la vita come un pipistrello che vola all'impazzata, senza dare importanza a ciò che facevo perché nulla m'interessava. Ma Diletta mi interessa. Dio, che sciocco sono stato! Diletta non sarà ricevuta a Charleston, qualunque cosa facciano mia madre o le tue zie...-
- Parli tanto seriamente, Rhett, che sei buffo. Diamine, col nostro denaro...-
- Al diavolo il nostro denaro! Nessuna ricchezza può comprare quello che io voglio per lei. Preferirei che Diletta fosse invitata a mangiare pan secco nella miserabile dimora di Picard o della signora Elsing, anziché essere la ragazza più ricercata a un gran ballo in onore della Repubblica. Sei stata una sciocca, Rossella. Avresti dovuto assicurarti un posto in società per i tuoi figliuoli anni fa; ma non lo hai fatto. Non ti sei neanche curata di conservare la posizione che avevi. E non si può sperare che tu ti modifichi adesso. Hai troppo desiderio di guadagnare denaro e di tiranneggiare le persone.-
- Tutto questo mi pare una tempesta in un bicchier d'acqua - affermò freddamente Rossella mentre raccoglieva le sue carte come a indicare che, per quanto la concerneva, la discussione era finita.
- Solo la signora Wilkes può aiutarci; e tu fai del tuo meglio per insultarla e allontanarla da noi. Oh, risparmiami le tue osservazioni sulla sua povertà e sui suoi vestiti sciupati. Essa è l'anima di Atlanta e il centro di tutto ciò che qui ha un po' di valore. Meno male. Sono certo che mi aiuterà. -
- E che intendi di fare? -
- Mi propongo di coltivare tutti i dragoni-femmina della Vecchia Guardia, specialmente le signore Merriwether, Elsing, Whiting e Meade. Se anche dovessi strisciare dinanzi a ogni vecchia strega che mi detesta, lo farò. Sopporterò con pazienza la loro freddezza e mi farò vedere pentito del mio passato. Contribuirò alle loro maledette beneficenze e andrò nelle loro chiese. Ammetterò i servigi che ho resi alla Confederazione, vantandomene e, peggio di tutto, farò parte del loro Klan... quantunque speri che un Dio misericordioso non vorrà mettere sulle mie spalle un peso così grave. E non esiterò a ricordare a quei pazzi a cui salvai la vita che essi mi debbono riconoscenza. E tu, mia cara, ti guarderai bene dal distruggere dietro le mie spalle tutto il mio lavoro vietando ipoteche a coloro a cui faccio la corte, vendendo loro cattivo legname o altre cose del genere. E il Governatore Bullock non rimetterà mai più i piedi in questa casa. Hai capito? E neanche i componenti di quella banda di malfattori eleganti coi quali hai fatto amicizia. Se malgrado questo persisterai ad invitarli, ti troverai nella posizione imbarazzante di non avere in casa un marito che ti aiuti a ricevere. Se coloro vengono in casa, io passerò quelle ore nel bar di Bella Watling, raccontando a tutti quanti che non voglio stare sotto lo stesso tetto con quella gente. -
Rossella che lo aveva ascoltato in preda a viva irritazione, rise.
- Dunque il giocatore di professione e lo speculatore vuol diventare una persona rispettabile! Ti dirò allora che il primo passo verso la rispettabilità dovrebbe essere la vendita della casa di Bella Watling.-
Era un colpo sparato alla cieca. Rossella non era mai stata assolutamente certa che suo marito fosse proprietario di quella casa. Rhett rise a sua volta, come se le avesse letto nel pensiero.
- Grazie per il suggerimento.-
Rhett non avrebbe potuto scegliere un momento peggiore per tentare di riacquistare rispetto e simpatia. Il nome di repubblicano non suscitò mai - né prima né dopo - un odio così violento come in quel periodo, in cui la corruzione del regime dei "Carpetbaggers" era giunta al sommo. E il nome di Rhett era sempre stato strettamente associato a quello degli yankees, dei repubblicani e dei loro fautori.
I cittadini di Atlanta avevano creduto, nel 1866, che non vi potesse essere per loro nulla di peggio del governo militare; ma ora, sotto Bullock, dovevano riconoscere che lo stato di cose era peggiorato. Grazie ai diritti politici accordati ai negri, i repubblicani e i loro alleati erano saldamente trincerati e calpestavano spietatamente la minoranza impotente ma tuttora protestante.
Fra i negri era stata sparsa la voce che la Bibbia menzionava solo due partiti politici: i pubblicani e i peccatori. Poiché nessun negro voleva associarsi a un partito composto esclusivamente di peccatori, essi si affrettavano ad unirsi ai repubblicani. I nuovi padroni li fecero votare più e più volte, eleggendo individui rinnegati e perfino qualche negro a coprire i posti migliori. Questi negri sedevano in Parlamento e passavano la maggior parte del loro tempo a masticare gomma e ad infilare e sfilare dalle scarpe nuove i loro piedi non abituati alla calzatura.Pochi di loro sapevano leggere e scrivere.Provenivano dalle piantagioni di cotone o di canna da zucchero, ma potevano votare tasse e leggi ed anche enormi emolumenti per loro stessi o per i loro amici repubblicani.E li votavano.Lo stato vacillava sotto le tasse cospicue che venivano pagate con ira, poiché i contribuenti sapevano che la maggior parte del denaro che doveva servire per motivi di pubblica utilità, andava a finire nelle tasche di privati.
Si emettevano obbligazioni per ammontare di milioni. Quasi tutte erano illegali e fraudolente, ma venivano emesse ugualmente. Il tesoriere dello Stato - repubblicano ma onesto - protestò contro queste emissioni illegali e rifiutò di firmarle; ma né lui né altri che cercarono di impedire gli abusi furono capaci di fermare la corrente.
La proprietà delle ferrovie da parte dello Stato aveva rappresentato, un tempo, un patrimonio; ora era una passività e il suo disavanzo superava il milione. Non era più una ferrovia: era un enorme truogolo senza fondo, in cui i maiali si abbeveravano e si rotolavano nel fango.Molti dei suoi funzionari furono nominati per ragioni politiche, senza alcuna considerazione per la loro conoscenza o meno del funzionamento delle ferrovie; e gli impiegati erano in numero triplo del necessario. I repubblicani viaggiavano gratuitamente; vagoni carichi di negri percorrevano anch'essi gratuitamente la via ferrata, quando la presenza di costoro era necessaria per le innumerevoli votazioni.
Il disservizio ferroviario rese furibondi i contribuenti, perché dagli utili delle ferrovie si sarebbe dovuto trarre il denaro per le scuole.Ma poiché non vi erano utili, non vi erano scuole.Ben pochi erano coloro che potevano mandare i loro figliuoli alle scuole a pagamento; vi era quindi tutta una generazione che cresceva in un'ignoranza che avrebbe diffuso il seme dell'analfabetismo per anni e anni.
Ma oltre alla collera per lo sciupio e il malgoverno, il popolo si irritava per la cattiva luce nella quale lo metteva il governatore. Ogni volta che i georgiani protestavano contro la corruzione, il governatore partiva frettolosamente per il Nord, si presentava al Congresso e riferiva di oltraggi dei bianchi contro i negri, della preparazione per una nuova ribellione, e della necessità di un severo governo militare nello Stato. In realtà, i georgiani cercavano di evitare qualsiasi questione coi negri.
Nessuno desiderava un'altra guerra, nessuno desiderava un governo a base di baionette. La Georgia voleva soltanto essere lasciata tranquilla, in modo da potersi riassettare. Ma attraverso i rapporti del governatore, il Nord non vedeva che uno Stato ribelle, il quale aveva bisogno di una mano ferrea; e la mano ferrea non mancò di essere applicata.
Fu una vera orgia per coloro che tenevano la Georgia alla gola. Le appropriazioni assursero a proporzioni mai vedute e furono compiute da chi occupava alte posizioni con un freddo cinismo che dava i brividi. Proteste e resistenza non valsero a nulla, perché il Governo dello Stato era sostenuto dall'esercito degli Stati Uniti.
Atlanta maledisse il nome di Bullock; maledisse repubblicani e rinnegati e chiunque era in relazione con loro. E Rhett era fra questi. Tutti quanti dicevano che egli aveva preso parte alle loro imprese. Ma ora egli si livore a ritroso della corrente da cui si era lasciato portare fino a quel momento e si mise a nuotare vigorosamente contr'acqua.
Cominciò la sua campagna lentamente, sottilmente, senza destar sospetti. Evitò i suoi compagni di dubbia fama e non si fece più vedere con gli ufficiali yankee. Frequentò i comizi democratici e votò ostensibilmente per la lista democratica. Rinunciò al gioco e fu relativamente moderato nel bere. Se qualche volta andava da Bella Watling, lo faceva di notte, di nascosto, come facevano quasi tutti, invece di legare il suo cavallo dinanzi alla porta per tutto il pomeriggio, come per rendere pubblica la sua presenza in quel luogo.
E la congregazione della Chiesa Episcopale credette di sognare quando lo vide entrare in punta di piedi, magari un po' in ritardo per il servizio divino, tenendo Wade per mano. La presenza di Wade stupì non meno di quella di Rhett perché si credeva che il bimbo fosse cattolico. Per lo meno, Rossella era cattolica, o avrebbe dovuto esserlo. Ma da anni non metteva piede in chiesa, perché la religione era stata dimenticata da lei come tanti altri insegnamenti materni. Tutti ritenevano che ella avesse trascurato l'educazione religiosa del ragazzo e quindi la società approvò che Rhett cercasse di porre rimedio a questa trascuratezza, anche se conduceva il bimbo nella chiesa episcopale anziché nella cattolica.
Rhett era capacissimo di apparire grave e simpatico, quando frenava la lingua e impediva ai suoi occhi di frugare dappertutto maliziosamente. Non era difficile, così, conquistarsi la stima altrui; e probabilmente questa gli sarebbe stata accordata da un pezzo se egli non avesse mostrato di infischiarsene. Ora Ugo Elsing, Renato, i Simmons, Andy Bonnell e gli altri lo trovavano simpatico; un po' imbarazzato quando essi parlavano del loro debito di gratitudine verso di lui.
- Cosa da nulla - protestava. - Al mio posto avreste fatto lo stesso. -
Sottoscrisse largamente al fondo per le riparazioni della chiesa e diede un largo - ma non volgarmente eccessivo - contributo all'Associazione per l'abbellimento delle tombe dei gloriosi Caduti. Pregò la signora Elsing di accogliere il suo dono e la pose in imbarazzo quando la pregò di conservare il segreto, sapendo benissimo che questo l'avrebbe spronata a diffondere la notizia. La signora Elsing avrebbe voluto poter rifiutare quel denaro - denaro di speculatore! - ma l'associazione ne aveva estremo bisogno.
- Non so perché proprio voi sottoscriviate - gli disse, acida.
Alla qual cosa Rhett rispose con serietà e contrizione che lo faceva in memoria dei suoi antichi compagni d'arme, più bravi di lui ma meno fortunati, che ora giacevano in ignote sepolture. La bocca aristocratica della signora Elsing si spalancò. Dolly Merriwether le aveva detto di aver saputo da Rossella che il capitano Butler era stato nell'esercito, ma nessuno lo aveva creduto.
- Siete stato nell'esercito? In che reggimento, che compagnia? -
Rhett li nominò.
- Ah, in artiglieria! Tutti quelli che conoscevo io erano in cavalleria o in fanteria. Questo allora spiega...-
Si interruppe sconcertata, aspettando di vedere i suoi occhi brillare di malizia. Ma egli teneva gli occhi bassi giocherellando con la catena dell'orologio.
- Mi sarebbe piaciuta la fanteria - riprese poi senza rilevare l'insinuazione - ma quando seppero che ero un tiratore, mi misero in artiglieria; in quella regolare, non nella milizia. Avevano bisogno di uomini specializzati, nell'ultima campagna. Sapete bene quante perdite vi sono state fra gli artiglieri: ero quasi solo. Non trovai un'anima di conoscenza. Credo di non aver visto un solo individuo di Atlanta durante il mio servizio. -
La signora Elsing rimase confusa. Se Butler aveva fatto il soldato, lei si trovava ora dalla parte del torto. Aveva fatto molte aspre osservazioni sulla sua codardia e il ricordo di questo le dava un senso di colpevolezza.
- Bene! E perché non avete mai parlato con nessuno del vostro periodo militare? Come se ve ne vergognaste! - Rhett la fissò apertamente, con viso impassibile.
- Signora Elsing - pronunciò serio - dovete credermi quando vi dico che sono più fiero dei servigi resi alla Confederazione di qualsiasi altra cosa io abbia fatto o possa fare. Ma sento... sento...-
- E allora perché ne avete fatto un mistero? -
- Mi vergognavo di parlarne a causa... per il riverbero di alcune mie azioni precedenti.-
La signora Elsing riferì tutta la conversazione alla signora Merriwether.
- E ti do la mia parola, Dolly, che nel dir questo aveva le lacrime agli occhi! Sì, le lacrime! Stavo quasi per piangere anch'io! -
- Storie! - esclamò la signora Merriwether incredula. - Non credo alle sue lacrime come non credo che sia stato nell'esercito. Ma posso venirne a capo molto presto. Se è stato in artiglieria, posso sapere la verità dal colonnello Carleton che ha sposato una mia cugina. Gli scriverò. -
Scrisse al colonnello; e con sua costernazione ricevette una risposta che lodava i servigi di Rhett con espressioni che non potevano lasciar dubbio di sorta. Un artigliere nato, un ottimo soldato e un perfetto gentiluomo; un uomo modesto che non aveva accettato neanche la promozione quando gli era stata offerta.
- Ah, beh! - fece la signora mostrando la lettera alla sua amica. - Sono assolutamente sbalordita! Forse abbiamo avuto torto nel credere che quel mascalzone non avesse fatto il soldato. Forse avremmo dovuto prestar fede a Rossella e a Melania quando ci hanno detto che si era arruolato il giorno in cui la città è caduta. Ma è ugualmente un rinnegato e un furfante e malgrado tutto, continua a non piacermi! -
- Però - mormorò la signora Elsing un po' incerta - non credo che sia tanto cattivo. Un uomo che ha combattuto per la Confederazione deve pure avere qualche qualità. È Rossella che è cattiva. Veramente, Dolly io credo che... sicuro, che si vergogni di sua moglie; ma è troppo gentiluomo per ammetterlo. -
- Vergognarsi! Bah! Sono tutti e due dello stesso stampo. Come fai a dire una tale sciocchezza? -
- Non è una sciocchezza - ribatté la signora Elsing indignata. - Ieri, con quella pioggia dirotta, era fuori in carrozza con tutti e tre i bambini; anche con la piccola; andava su e giù per la Via dell'Albero di Pesco. Mi accompagnò a casa. Gli dissi: "Ma che idea capitano Butler, di tener fuori i bambini con questo tempo? Perché non li riportate a casa?" Non rispose ma rimase imbarazzato. E allora Mammy interloquì: "Casa essere piena di straccioni bianchi e bambini respirano meglio sotto la pioggia che in casa! -
- E lui? -
- Che poteva dire? Lanciò un'occhiata di rimprovero a Mammy e cambiò discorso. Sai che Rossella aveva ieri un grande ricevimento a cui debbono essere intervenute tutte quelle donnacce... Scommetto che egli non ha voluto che baciassero la sua bambina. -
- Mah! - mormorò la signora Merriwether, ancora ostinata.
Ma la mattina seguente capitolò essa pure.
Rhett aveva ora una scrivania in banca. Gli impiegati, stupiti, non sapevano davvero quali fossero le sue mansioni; ma egli era un azionista troppo importante perché qualcuno sognasse di protestare. Era tranquillo e bene educato; e si intendeva sufficientemente di faccende bancarie. Comunque, si trovava ogni giorno al suo posto e aveva tutta l'aria di lavorare; questo perché voleva potersi mettere su un piede di uguaglianza coi rispettabili suoi concittadini che lavoravano senza tregua.
La signora Merriwether desiderando ingrandire la sua panetteria, aveva cercato di avere un prestito di duemila dollari dalla banca dando garanzia sulla sua casa: l'affare era stato rifiutato perché sulla casa gravavano già due ipoteche. La grossa signora stava uscendo impetuosamente dall'edificio quando Rhett la fermò chiedendole il motivo della sua presenza colà. Avendolo appreso cercò di rassicurarla.
- Dev'esservi un errore, signora Merriwether. Voi siete una persona alla quale non si richiedono garanzie. Io vi presterei qualunque somma, sulla parola! Che diamine, una donna che è riuscita a metter su un'industria come la vostra, merita ogni fiducia. La banca non cerca di meglio che prestare denaro a gente come voi. Sedete qui al mio tavolo; vado io a sbrigare la faccenda. -
Tornò sorridendo innocentemente e dicendo che, come aveva immaginato, vi era stato errore. I duemila dollari erano a sua disposizione. Quanto alla casa... voleva aver la bontà di firmare quella carta?
La signora, furente di dovere accettare un favore da un uomo che le era antipatico e le ispirava diffidenza, stentò a ringraziarlo. Ma egli sembrò non accorgersene. La accompagnò alla porta; quivi giunto le disse:
- Signora Merriwether, io ho sempre avuto grande considerazione per le vostre cognizioni su molte cose... Potrei chiedervi un piccolo schiarimento? -
Le piume del cappellino si agitarono appena in segno di assenso.
- Che cosa facevate quando Maribella era piccola e si succhiava il pollice? -
- Come? -
- La mia piccina si succhia il pollice. E non riesco a toglierle questo vizio. -
- Dovete impedirglielo. Altrimenti si rovinerà la forma della bocca. -
- Lo so, lo so! Ed ha una bocca tanto carina... Ma non so come fare. -
- Rossella dovrebbe saperlo - obiettò brevemente la signora Merriwether. - Ha avuto altri due bambini.-
Rhett guardò la punta delle sue scarpe, e sospirò.
- Ho cercato di metterle del sapone sotto le unghie - disse poi, non rilevando l'osservazione.
- Sapone! È perfettamente inutile. Io mi servii del chinino e vi assicuro che Maribella non tardò a perdere il vizio di succhiarsi il pollice. -
- Del chinino! Non ne avrei mai avuto l'idea! Vi ringrazio infinitamente, signora, perché ero molto preoccupato. -
Le rivolse un sorriso così gentile e riconoscente che la signora Merriwether rimase un attimo incerta. Ma finì per sorridergli nel salutarlo. Non avrebbe mai riconosciuto, parlando con la sua amica Elsing, di essersi ingannata nel giudicare quell'uomo; ma nella sua onestà fu costretta ad ammettere che doveva esservi qualche cosa di buono in un uomo che amava tanto la sua creatura. Che peccato che Rossella non si interessasse di un angioletto come Diletta! Era commovente un uomo che cercava di allevare da solo la propria piccina! Rhett era ben sicuro di questa commozione; e se lo spettacolo del suo affetto paterno doveva offuscare alquanto la reputazione di Rossella, ciò lo lasciava indifferente.
Quando la bimba cominciò a camminare, egli la portò sempre seco; in carrozza o sul davanti della sua sella. Al ritorno dalla banca, nel pomeriggio, la portava a passeggiare per Via dell'Albero di Pesco, dandole la mano, adattando il suo lungo passo alle brevi gambette, rispondendo con pazienza alle sue mille domande. Vi era sempre gente, al tramonto, sotto ai porticati e sugli spiazzi dinanzi alle case; e Diletta era così carina, con la sua massa di riccioli bruni e i grandi occhi azzurri, che pochi resistevano al desiderio di rivolgerle la parola. Rhett non cercava di prolungare le conversazioni, ma vi assisteva gonfio di orgoglio paterno, e felice dell'attenzione che tutti avevano per la sua piccina.
Atlanta aveva buona memoria; inoltre era sospettosa e non mutava facilmente. Il sentimento generale era ostile verso chiunque avesse rapporti col governatore Bullock e con la sua gente. Ma Diletta riuniva in sé il fascino di Rossella e quello di Rhett; e rappresentava il piccolo cuneo che Rhett faceva penetrare entro il muro di freddezza degli abitanti della città.
Diletta cresceva rapidamente; man mano che i giorni passavano, si vedeva più chiaramente che era la nipotina di Geraldo O'Hara. Aveva le gambe corte e massicce del nonno, i suoi grandi occhi azzurri e una piccola mascella quadrata e volitiva. Aveva l'impetuosità di Geraldo a cui dava sfogo strepitando finché i suoi capricci non venivano soddisfatti. E finché suo padre le era accanto, i capricci venivano soddisfatti senza indugio, malgrado gli sforzi di Rossella e di Mammy. La bambina gli piaceva in tutto, meno in una cosa: nel terrore che aveva dell'oscurità.
Fino all'età di due anni, Diletta andava a dormire di buon'ora nella camera che divideva con Wade e Ella. Poi, senza ragione apparente, cominciò a singhiozzare quando Mammy usciva dalla stanza portando via la lampada. Da questo, passò ad avere dei subitanei risvegli a tarda notte, urlando di terrore, spaventando gli altri due bambini e allarmando tutta la casa. Una volta fu chiamato il dottor Meade, il quale diagnosticò "cattivi sogni". Dalla bimba non si otteneva che una parola: Buio.
Rossella, irritata, sarebbe stata incline a una buona sculacciata. Non voleva accontentare Diletta lasciando un lume acceso nella stanza, perché Wade ed Ella non avrebbero potuto dormire. Rhett, turbato ma con dolcezza, perché stava tentando di trarre da sua figlia altre informazioni, replicò freddamente che se bisognava applicare una sculacciata lo avrebbe fatto egli stesso, ma sulla persona di Rossella.
La conclusione fu che Diletta fu tolta dalla camera dei bambini e messa in quella che Rhett occupava da solo. Il lettino di lei fu collocato accanto a quello di suo padre e sulla tavola rimase accesa tutta la notte una lampada col paralume. Quando la cosa si riseppe, i pettegolezzi furono molti. Sembrò una cosa poco corretta che una bambina dormisse nella camera di suo padre, anche se aveva solo due anni. Rossella sofferse di queste chiacchiere, prima di tutto perché quella storia provava che lei e suo marito dormivano in camere separate; e poi perché tutti pensarono che se la bimba aveva paura a dormir sola, il suo posto era nella camera di sua madre. E Rossella non volle né poté spiegare che lei non poteva dormire con la luce né che Rhett si era opposto a far dormire la bambina con lei.
- Tu ti sveglieresti solo nel caso che gridasse; e probabilmente la picchieresti - le aveva detto brevemente.
Rossella fu seccata dell'importanza che egli dava ai terrori notturni di Diletta; ma pensò che forse tutto si sarebbe accomodato riportando la piccola a dormire con gli altri bambini. Dopo tutto, Rhett faceva questo per farle dispetto.
Da quando Rossella aveva dichiarato che non voleva più bambini, egli non aveva mai più messo piede nella camera di lei; inoltre aveva preso l'abitudine di cenare assai raramente a casa. A volte rimaneva assente tutta la notte e Rossella, contando le ore che battevano all'orologio, si chiedeva dove poteva essere. Ricordava: "Vi sono tanti altri letti, mia cara!" Era un pensiero che la esasperava; ma non poteva far nulla. Questa follia di dormire nella stessa camera con la bambina era probabilmente una sua nuova malvagità, per vendicarsi di lei.
Ella non comprese l'importanza che egli dava alla fissazione paurosa della bambina né la grandezza della sua devozione alla figlioletta, fino a una terribile notte che la famiglia non poté mai dimenticare.
Quel giorno Rhett aveva incontrato un ex-contrabbandiere, e i due avevano avuto molte cose da raccontarsi. Rossella non sapeva dov'erano stati a bere e a chiacchierare; ma sospettava che si fossero trattenuti nel locale di Bella Watling. Rhett non tornò a casa nel pomeriggio per condurre Diletta a spasso, né tornò a cena. La bimba, che lo aveva aspettato con impazienza alla finestra per mostrargli una collezione di maggiolini e scarabei, era stata finalmente messa a letto da Lou, tra lamenti e proteste.
O Lou aveva dimenticato di accendere la lampada o questa si spense. Nessuno seppe esattamente che cos'era successo; ma quando finalmente Rhett tornò a casa un po' brillo, la casa era sottosopra e gli urli di Diletta si sentivano fino nella stalla. Si era destata nell'oscurità; lo aveva chiamato ed egli non c'era. Tutti gli orrori senza nome che popolavano la sua immaginazione l'avevano afferrata. I lumi portati da Rossella e dalle serve, le loro parole affettuose non avevano potuto calmarla; Rhett, facendo le scale in un balzo, apparve come un uomo che ha visto la morte.
Quando finalmente l'ebbe fra le braccia e fra i singhiozzi e i sussulti riuscì a discernere la parola "buio", si volse furente verso Rossella e le negre.
- Chi ha portato via il lume? Chi l'ha lasciata al buio? Ti scorticherò viva, Prissy, se...-
- No, mist'Rhett! Non essere stata io! Essere stata Lou! -
- Pietà, mist' Rhett! Io...-
- Taci. Sai quali sono i miei ordini. Perdio, sarei capace... Via! Vattene. Rossella, dalle del denaro e falla andar via prima che io sia ridisceso. Ora uscite tutti, tutti! -
Le negre fuggirono; l'infelice Lou piangente e singhiozzante nel suo grembiule. Ma Rossella rimase. Era doloroso vedere la bambina tranquilla nelle braccia di Rhett mentre nelle sue aveva continuato a gridare. Era penoso vedere le braccine della piccola circondare il collo di lui e udire la vocina convulsa raccontare che cosa l'aveva spaventata mentre lei, Rossella, non era riuscita ad ottenere una parola coerente.
- Dunque, era seduto sul tuo petto - diceva Rhett dolcemente. - Era molto grande? -
- Oh sì! Grandissimo. E con le unghie. -
- Anche le unghie? Beh, stai tranquilla. Io rimango alzato e se torna lo ammazzo. - La voce di Rhett era piena di affettuosità e di interessamento e i singhiozzi della bimba a poco a poco si calmarono. La sua voce divenne meno convulsa mentre continuava a descrivere il mostro in un linguaggio che solo Rhett comprendeva. Rossella sentì la collera impadronirsi di lei vedendo che suo marito discuteva con la bimba come se si fosse trattato di cosa reale.
- Per l'amor di Dio, Rhett...-
Ma egli le fece cenno di tacere. Quando Diletta fu addormentata, la depose nel lettino e le tirò su il lenzuolo.
- Scorticherò viva quella negra - disse poi tranquillamente. - Ma è anche colpa tua. Perché non sei venuta a vedere se il lume era acceso? -
- Non essere stupido, Rhett - sussurrò Rossella. - Sai benissimo che la bimba fa i capricci perché tu la vizii. Tanti bambini hanno paura del buio, ma la vincono. Anche Wade aveva paura; ma io non gli ho mai dato retta. Se la lasciassi gridare per una o due notti...-
- Lasciarla gridare! - Per un attimo Rossella credette che egli stesse per batterla. - O sei pazza o sei la donna più disumana che io abbia mai visto. -
- Non voglio che diventi nervosa e paurosa.-
- Paurosa? Non ha un briciolo di paura! Ma tu manchi di fantasia e perciò non puoi comprendere i tormenti di chi ne è fornito... specialmente quando si tratta di una bambina. Se un essere con corna e artigli venisse a sedersi sul tuo petto, grideresti per liberartene, non è vero? Ricordati che ti ho vista svegliarti strillando come un'aquila, semplicemente perché avevi sognato che correvi nella nebbia. E non è stato neanche molto tempo fa! -
Rossella rimase colpita, perché non le piaceva mai ricordare quel sogno. Inoltre, la imbarazzava il pensare che Rhett l'aveva confortata nella stessa maniera nella quale confortava Diletta. Quindi cercò di riprendere rapidamente l'attacco.
- Tu la vizii e...-
- E intendo continuare a viziarla. In questo modo si toglierà le cattive abitudini e se ne dimenticherà.-
- Allora - riprese Rossella acidula - se hai l'intenzione di fare la bambinaia, dovresti cominciare col tornare a casa un po' più presto la sera e anche col fare a meno di ubriacarti.-
- Tornerò di buon'ora; ma ubriaco fradicio, se mi fa piacere.- Infatti, da quella sera tornò sempre a casa prima dell'ora in cui Diletta veniva coricata. Le sedeva accanto tenendole la manina finché il sonno le faceva allentare la stretta. Allora scendeva a pianterreno in punta di piedi, lasciando la lampada accesa e la porta spalancata in modo da poterla udire se si svegliava. Tutta la casa pensava a quella lampada che ardeva; Rossella, Mammy, Prissy e Pork andavano spesso cautamente ad assicurarsi che fosse sempre accesa.
Rhett smise anche di tornare ubriaco; ma non perché glielo aveva detto la moglie. Da parecchi mesi egli beveva abbondantemente, e - benché non fosse proprio ubriaco - accadde una sera che l'odore del whisky si sentisse fortemente nel suo alito. Prese in braccio la bimba e le disse:
- Un bacino al babbo, tesoro? -
- No - disse. - Brutto. -
- Che cosa? -
- Brutto odore. Zio Ashley non ha un odore così.-
- Accidenti! - mormorò mettendola a terra. - Non mi aspettavo di trovare un avvocato della temperanza proprio in casa mia! -
Ma da allora si limitò a bere un bicchiere di vino dopo cena. Diletta, a cui veniva sempre permesso di bere le ultime gocce del bicchiere, non trovò spiacevole l'odore del vino. Come risultato, la gonfiezza che aveva cominciato a impastare la linea delle guance di Rhett scomparve e le occhiaie scure che cerchiavano i suoi occhi neri diventarono meno profonde. Siccome Diletta amava andare sul cavallo, egli rimase a lungo all'aperto e il sole cominciò ad abbronzare il suo volto bruno. Acquistò così un colorito più sano; ridiventò allegro e le sue risate ricordarono a tutti lo spavaldo contrabbandiere che aveva eccitato l'interessamento di Atlanta nei primi tempi della guerra.
Coloro che non avevano mai avuto simpatia per lui presero a sorridere quando lo vedevano con la bimbetta arrampicata sulla sella. Le donne che avevano sempre ritenuto che nessuna potesse considerarsi salva accanto a lui, si fermavano a discorrergli insieme per istrada, per ammirare Diletta. Anche le vecchie dame più severe convennero che un uomo capace di discutere dell'alimentazione e dei problemi dell'infanzia come faceva Rhett, non poteva essere tanto malvagio.
53
Era il compleanno di Ashley e Melania aveva disposto per quella sera un piccolo ricevimento che sarebbe stato una sorpresa per lui. Tutti lo sapevano, eccettuato Ashley; perfino i piccoli Wade e Beau i quali avevano giurato di serbare il segreto ed erano straordinariamente orgogliosi della fiducia che era stata loro dimostrata. Tutta la buona società di Atlanta era stata invitata e aveva promesso di venire. Il generale Gordon con la sua famiglia aveva graziosamente accettato l'invito; Alessandro Stephens aveva promesso di venire se la sua incerta salute glielo avesse permesso; e si aspettava perfino Bob Toombs, l'impetuoso oratore della Confederazione.
Durante tutta la mattinata Melania, insieme con Rossella, Lydia e zia Pitty, non aveva fatto che correre per la piccola casa, impartendo ordini ai negri che rimettevano alle finestre le tendine lavate e stirate, lucidavano l'argenteria, lavavano i pavimenti e preparavano i rinfreschi. Rossella non aveva mai visto Melania così eccitata e felice.
- Figurati, Ashley non ha più avuto una riunione per il suo compleanno fin da... ti ricordi il banchetto alle Dodici Querce? Il giorno in cui si seppe della chiamata dei volontari? Beh, da allora non si è più fatta una festa. E lavora talmente ed è così stanco quando torna a casa che non si è neanche ricordato che oggi è il suo compleanno! Pensa come sarà sorpreso stasera quando vedrà venire tanta gente! -
- Come si farà a sospendere le lanterne nel cortile senza che il signor Wilkes le veda quando viene a casa? - chiese burberamente Baldo.
Era stato tutta la mattina ad osservare i preparativi, interessato ma senza volerlo ammettere. Non si era mai trovato tra le quinte di un grande ricevimento; gli sembravano buffe le donne che correvano per la casa come se vi fosse un incendio, ma nulla al mondo avrebbe potuto fargli abbandonare quello spettacolo. Le lanterne di carta colorata dipinte dalla signora Elsing e da Fanny lo avevano particolarmente incuriosito, perché non ne aveva mai viste prima d'allora. Melania le aveva nascoste in cantina ed egli aveva avuto campo di esaminarle minutamente.
- Dio mio, non ci avevo pensato! - esclamò Melania. - Che fortuna me lo abbiate detto, Baldo! Come fare? Bisogna sospenderle agli alberi e fra i cespugli e accendere le candeline perché tutto sia illuminato quando arrivano gl'invitati...Rossella, potresti mandare Pork a fare questo servizio mentre noi ceniamo?-
- Voi avete molto giudizio, miss Wilkes, ma vi agitate facilmente - disse Baldo. - Quanto a quello stupido negro, meglio non farlo maneggiare quegli arnesi. Darebbe fuoco a tutto. Sono... molto carini - concesse. - Li sistemerò io mentre voi e il signor Wilkes mangiate.-
- Come siete gentile, Baldo! - E Melania volse i suoi occhi infantili pieni di gratitudine sul mutilato. - Non so che farei senza di voi. Non sarà meglio che intanto mettiate dentro le candeline, così ve le trovate pronte? -
- Sì, forse, - ammise Baldo con poco garbo, e si avviò zoppicando per la scala che conduceva in cantina.
- Così bisogna fare! - esclamò Melania ridendo quando Baldo fu scomparso. - Volevo proprio che lo facesse lui, questo lavoro... Ma se glielo avessi chiesto, non lo avrebbe fatto. E ce lo siamo anche levato dai piedi per un po' di tempo. I negri hanno tanta paura di lui che sono incapaci di far nulla quando se lo sentono alle spalle.-
- A me non piacerebbe avere in casa quel vecchio "desperado" fece Rossella sgarbatamente. - Detestava Baldo come questi detestava lei; ed era raro che scambiassero una parola. La casa di Melania era la sola in cui egli rimaneva anche quando Rossella era presente. E la guardava sempre sospettoso e con freddo disprezzo. - Ti procurerà qualche noia, ricordati quello che ti dico.-
- Macché! Basta saperlo prendere... Ed è così affezionato ad Ashley e a Beau che io mi sento assolutamente tranquilla sotto la sua protezione.-
- Vorrai dire che è affezionato a te, Melania! - interloquì Lydia con un lieve sorriso, guardando affettuosamente sua cognata. - Credo che tu sia la prima persona che quel vecchio briccone ha amato dopo... dopo sua moglie. E probabilmente sarebbe contento se qualcuno ti insultasse, perché così potrebbe ucciderlo per dimostrarti il suo rispetto. -
- Come corri, Lydia! - E Melania arrossì.- Sai benissimo che mi ritiene un'oca perfetta. -
- Non vedo che importanza possa avere il modo di pensare di quel vecchio furfante - rimbeccò bruscamente Rossella. Il ricordo di come Baldo l'aveva giudicata a proposito dei forzati la irritava sempre. - Ma ora me ne debbo andare. Vado a pranzo; e poi debbo passare al negozio per pagare i commessi e al deposito per pagare i carrettieri e Ugo Elsing. -
- Vai al deposito? - chiese Melania. - Ashley deve andare a parlare con Ugo. Mi fai il favore di trattenerlo fino alle cinque? Se torna a casa prima, ci sorprenderà certamente a terminare una torta o qualche altra cosa e allora la sorpresa andrà a monte.-
Rossella rise internamente; il suo buon umore era tornato.
- Va bene; cercherò di trattenerlo.-
Mentre ella parlava i pallidi occhi senza ciglia di Lydia la fissavano scrutandola. "Mi guarda sempre in un modo tanto curioso quando parlo di Ashley" pensò Rossella.
- Trattienilo più che puoi dopo le cinque - riprese Melania. - Poi verrà Lydia con la carrozza a prenderlo... Vieni presto stasera, Rossella; non voglio che tu perda un minuto del ricevimento. -
Nel tornare verso casa Rossella pensò malinconicamente: "Non vuole che io perda un minuto del ricevimento... e allora perché non mi ha invitata ad aiutarla a ricevere come Lydia e zia Pitty?"
Di solito a Rossella non importava nulla dei ricevimenti di Melania. Ma questa era la riunione più numerosa che Melania avesse mai organizzata; e per di più era il compleanno di Ashley; sarebbe stato per lei una gioia trovarsi accanto a lui a ricevere gli ospiti. Ma sapeva benissimo perché non era stata invitata. E se non lo avesse saputo, il commento di Rhett era stato abbastanza schietto.
- Una rinnegata ricevere tutti gli eminenti ex-confederati e democratici che interverranno? Sei troppo ingenua. E pensa che se non fosse per la bontà di Melania, tu non saresti invitata affatto.-
Rossella si vestì più accuratamente del solito quel pomeriggio, indossando il nuovo vestito di taffetà cangiante verde scuro che sembrava viola secondo i riflessi; e il nuovo cappello verde chiaro guarnito di piume. Come le sarebbe stato meglio quel cappello, se Rhett le avesse permesso di tagliarsi i capelli davanti e arricciarli sulla fronte! Ma egli aveva dichiarato che se le avesse visto i ricciolini, le avrebbe passato il rasoio su tutto il capo. Ed era così cattivo in quei giorni, che senza dubbio lo avrebbe fatto.
Era un bel pomeriggio di sole non troppo caldo; il venticello tepido che frusciava tra gli alberi faceva ondeggiare le piume del cappello di Rossella, la quale si sentiva il cuore pieno di gioia come sempre quando doveva vedere Ashley. Forse se si sbrigava a pagare i carrettieri e Ugo, costoro se ne andrebbero lasciandola sola con Ashley nel piccolo studio che sorgeva al centro del deposito. Le occasioni di vedere Ashley a quattr'occhi erano poco frequenti. E dire che Melania l'aveva pregata di trattenerlo! Che cosa buffa!
Giunta al negozio pagò Willy e gli altri impiegati senza neanche chieder contezza degli affari della giornata. Era sabato, la giornata più laboriosa della settimana, perché tutti i coltivatori venivano in città per fare acquisti, ma ella non chiese nulla.
Nel tratto fra il negozio e il magazzino si fermò parecchie volte a parlare con delle signore "Carpetbaggers" in splendidi equipaggi (non così belli come il suo, però) e con parecchi uomini che attraversavano la strada polverosa per venirla a salutare. A causa di questi indugi arrivò al deposito più tardi di quanto sperava e trovò Ugo e i carrettieri che l'attendevano seduti su una bassa catasta di legname.
- C'è Ashley? -
- Sì, è in ufficio - rispose Ugo. - Sta cercando di... insomma sta esaminando i conti. -
- Oh, oggi non occorre che se ne preoccupi! - E abbassando la voce soggiunse: - Melly mi ha mandato qui per trattenerlo in modo che essa possa terminare di preparare ogni cosa per il ricevimento.-
Ugo sorrise, poiché anch'egli era a parte del complotto. Rossella pagò lui e i carrettieri e, lasciandoli bruscamente, andò verso l'ufficio mostrando chiaramente che non desiderava essere accompagnata. Ashley venne ad incontrarla sulla soglia e rimase nel sole pomeridiano coi suoi capelli dorati e sulle labbra un sorriso che era quasi una smorfia.
- Come mai, Rossella, siete in città a quest'ora? Perché non siete a casa mia ad aiutare Melly nei preparativi per il ricevimento di stasera? -
- Oh, Ashley! - esclamò ella indignata. - Ma voi non dovete saperne nulla! Melly sarà molto delusa se voi non sarete sorpreso.-
- Ma io sarò l'uomo più sorpreso di Atlanta - rispose Ashley con gli occhi ridenti.
- E chi ha avuto la cattiva idea di informarvi? -
- Praticamente tutti gli uomini che sono invitati da Melania. Il primo è stato il generale Gordon. Mi ha raccontato che sa per esperienza che quando le donne preparano delle sorprese di questo genere, scelgono di solito le serate in cui gli uomini hanno deciso di pulire tutte le armi che sono in casa. Poi sono stato avvertito dal nonno Merriwether; mi ha raccontato che una volta sua nuora organizzò una riunione per lui senza dirglielo; e fu lei la più sorpresa di tutti, perché il nonno aveva pensato bene di curare i suoi reumatismi con un'abbondante razione di whisky, ed era troppo ubriaco per partecipare al ricevimento... Insomma, tutti gli uomini per i quali è stato dato un ricevimento a sorpresa, mi hanno prevenuto.-
- Che infamia! - esclamò Rossella senza poter trattenere un sorriso. Quando egli sorrideva in quel modo le ricordava il vecchio Ashley delle Dodici Querce. Ma sorrideva così di rado! A un tratto ella si sentì come se avesse sedici anni: un po' ansimante ed eccitata. Provò un folle impulso di togliersi il cappello e gettarlo in aria gridando "Urrà". Ma pensò che Ashley sarebbe stato molto stupito è si mise a ridere; e rise fino alle lagrime. Anche Ashley rise gettando indietro la testa, credendo che la gaiezza di lei provenisse dall'amichevole tradimento degli uomini che avevano rivelato il segreto di Melly.
- Entrate, Rossella. Sto riguardando i conti.-
Ella passò nella piccola stanza piena di sole e sedette sulla sedia dinanzi alla scrivania a coperchio scorrevole. Ashley la seguì e sedette sull'angolo della tavola lasciando ciondolare le gambe.
- Oh, lasciamo perdere i conti oggi! Non voglio seccature. Quando porto un cappello nuovo, mi pare che tutte le cifre mi fuggano dalla testa. -
- E quando il cappello è così grazioso immagino che le cifre sfuggano di gran corsa! Diventate ogni giorno più carina, Rossella. -
Scivolò giù dalla tavola e, ridendo, le prese le mani e allargò le braccia per poter ammirare il vestito.
- Come siete graziosa! Credo che non invecchierete mai! -
Al suo contatto ella si rese conto di avere sperato proprio quello, pur senza averne coscienza. Durante quel pomeriggio così felice, ella aveva anelato al calore delle sue mani, alla tenerezza dei suoi occhi, a una parola affettuosa detta da lui. Questa era la prima volta che essi si trovavano veramente soli dal giorno del frutteto; la prima volta che le loro mani s'incontravano in un gesto non soltanto formale; e durante quei lunghi mesi ella aveva desiderato quel contatto. Ma ora...
Strano che il tocco delle sue mani non la eccitasse! Una volta la sola vicinanza l'avrebbe fatta tremare. Ora provava solo un senso di cordialità e di contentezza. Nessuna febbre si trasmetteva dalle mani di lui alle sue; e il cuore non accelerava i suoi battiti. Questo la sconcertava alquanto. Eppure era sempre il suo Ashley, che ella amava più della vita. E allora perché...?
Ma respinse questo pensiero. Le bastava essere con lui e che egli tenesse le sue mani sorridendo cordialmente, senza agitazione e senza febbre.
Le sembrava un miracolo se pensava a tutte le cose inespresse che erano fra loro. Gli occhi di lui la fissarono chiari e brillanti, sorridenti come un tempo, e come se fra lei ed Ashley non vi fosse mai stato altro che felicità. Pareva che nessuna barriera più li separasse. Rossella rise.
- Oh, Ashley! Divento vecchia e decrepita. -
- No, Rossella; anche a sessant'anni sarete sempre la stessa. Vi ricorderò sempre come eravate nel giorno dell'ultimo banchetto, seduta sotto una quercia, con una dozzina di giovinotti attorno a voi. Potrei anche dirvi come eravate vestita: un abito bianco stampato a fiori verde scuro ed uno scialle di pizzo bianco sulle spalle. Portavate degli scarpini verdi con allacciature nere e un enorme cappello di paglia di Firenze con lunghi nastri verdi pendenti sulle spalle. Ricordo quest'abito perché quando ero in prigione e sentivo che le mie condizioni peggioravano, cercavo di raccogliere tutti i miei ricordi e sfogliarli come delle immagini, rivedendo ogni particolare...-
S'interruppe bruscamente e il suo volto si oscurò. Lasciò cadere dolcemente le sue mani ed ella rimase in attesa di altre parole.
- Abbiamo fatto molta strada da quel giorno tutti e due, non è vero, Rossella? Abbiamo percorso sentieri che non credevamo di dover percorrere. Voi siete arrivata in fretta, direttamente; io con lentezza e riluttanza. -
Sedette nuovamente sulla tavola e la guardò; sul suo volto apparve ancora una volta un piccolo sorriso. Ma non era il sorriso che l'aveva resa così felice pochi minuti prima: era un sorriso pallido e triste.
- Sì, siete giunta rapidamente, trascinandomi dietro a voi. A volte mi chiedo che cosa sarebbe accaduto di me senza il vostro aiuto.-
Rossella si affrettò a difenderlo contro se stesso con tanta maggior vivacità in quanto le tornarono in mente le parole di Rhett su questo argomento.
- Ma io non ho mai fatto nulla per voi, Ashley. Vi sareste messo a posto ugualmente senza di me. Un giorno o l'altro sareste diventato ricco, come certamente state per diventare. -
- No, Rossella: il germe della grandezza non è mai stato in me. Credo che se non ci foste stata voi, io sarei stato annientato, come la povera Catina Calvert, e tante altre persone che una volta avevano dei grandi nomi. -
- Non parlate così, Ashley. Mi sembrate triste. -
- No, non sono triste. Non più. Una volta... una volta lo ero. Adesso sono soltanto...-
S'interruppe ed improvvisamente Rossella comprese ciò che egli stava pensando. Per la prima volta si rese conto di ciò che Ashley pensava quando i suoi occhi guardavano lontano, assenti, chiari come cristallo. Finché la passione le aveva colmato il cuore, lo spirito di lui le era rimasto precluso. Ora, nella tranquilla cordialità che era tra loro, Rossella cominciava a comprenderlo. Ashley non era più triste. Era stato triste dopo la resa, triste quando ella lo aveva pregato di venire ad Atlanta. Adesso era soltanto rassegnato.
- Non voglio sentirvi parlare così, Ashley - esclamò con veemenza. - Parlate come Rhett. Anche lui non fa che ripetere cose di questo genere, e parla di ciò che chiama la sopravvivenza... non so di che e m'infastidisce tanto che mi metterei a urlare.-
Ashley sorrise.
- Avete mai pensato che Rhett ed io siamo fondamentalmente simili? -
- Oh, no! Voi siete fine, onesto, mentre lui... - s'interruppe confusa.
- Eppure lo siamo. Proveniamo da gente della stessa razza, siamo stati educati alla stessa maniera, abituati allo stesso genere di pensieri. Ma, abbiamo preso vie diverse. Pensiamo ancora nello stesso modo, ma le nostre reazioni sono differenti. Per esempio, nessuno di noi credeva alla guerra, ma io mi arruolai per combattere ed egli ne rimase fuori quasi sino alla fine. Tutti e due sapevamo che la guerra era un errore. Tutti e due sapevamo che si sarebbe perduta. Ma io ho voluto combattere in questa lotta inutile, e lui no. A volte penso che aveva ragione lui; e allora...-
- Ma quando smetterete di guardare i due lati di ogni questione?- Il tono di Rossella non era impaziente come sarebbe stato in altri tempi. - Non si arriva mai a nulla in questo modo. -
- E' vero, ma... dove volete arrivare? Me lo sono chiesto molte volte. Io, per conto mio, non ho mai desiderato di giungere in nessun luogo. Ho solo desiderato di essere me stesso. -
A che cosa voleva arrivare? Era una domanda stupida. Voleva denaro e sicurezza. Eppure... Il denaro lo aveva; e anche tanta sicurezza quanta era possibile averne in un mondo così incerto. Ma ora che ci pensava, questo non le bastava. Tutto ciò non l'aveva resa felice benché l'avesse liberata dall'angoscia dell'indomani. "Se avessi avuto questo, e te per soprappiù" pensò guardandolo "allora sarei giunta all'apice dei miei desideri." Ma non parlò temendo di sciupare l'atmosfera che si era creata fra loro.
- Desiderate soltanto essere voi stesso? - rise compassionevole. - Invece io ho sempre cercato di non essere me stessa. E quanto a ciò che voglio raggiungere, credo di esservi arrivata. Volevo essere ricca e sicura e...-
- Ma non avete mai pensato, Rossella, che a me non importa affatto di essere ricco? -
No; non aveva mai pensato che qualcuno potesse non desiderare la ricchezza.
- E allora, che cosa desiderate? -
- Ora non lo so. Una volta lo sapevo, ma l'ho quasi dimenticato. Più di tutto desidero essere lasciato solo, non essere tormentato da gente che non mi piace, trascinato a fare cose che non vorrei fare. Forse... desidero il ritorno degli antichi tempi che non torneranno mai, e sono ossessionato dal loro ricordo e dal ricordo di un mondo finito, scomparso. -
Il tono della sua voce richiamò alla memoria di Rossella i bei giorni di Tara, facendole dolere il cuore. Ma dopo quell'epoca era venuto il giorno in cui ella si era coricata triste e desolata sul terreno delle Dodici Querce e si era detta: "Non voglio più guardarmi indietro"; e si era drizzata contro il passato.
- Preferisco i tempi attuali – disse. Ma non lo guardò. - Accade sempre qualche cosa di eccitante, oggi, di brillante, di divertente. Gli antichi tempi erano scialbi e uggiosi. (Oh, giornate serene e pigre, calmi crepuscoli sulla campagna! Risate gioconde e acute che provenivano dal quartiere dei negri! Vita piena di calore, piena del conforto di sapere che cosa porterà l'indomani, come posso rinnegarti?) -
- Preferisco l'epoca attuale - ripeté; ma la sua voce era tremante. Egli scivolò dalla tavola, ridendo dolcemente, incredulo. Mettendole la mano sotto il mento, volse il viso di lei verso il suo.
- Come mentite male, Rossella! Sì, la vita è brillante adesso... E questo è il male. Gli antichi tempi non erano eccitanti, ma in essi c'era un fascino, una bellezza, uno splendore lento e tranquillo.-
Rossella abbassò gli occhi. Il tono della voce di lui, il contatto della sua mano riaprivano dolcemente delle porte che ella aveva chiuse per sempre. Dietro a quelle porte era la bellezza degli antichi giorni; ed ella sentì nascere in sé una struggente nostalgia. Ma qualunque fosse quella bellezza, bisognava lasciarla dov'era. Non si poteva procedere nel proprio cammino portando seco un fardello di ricordi dolorosi.
Egli abbassò la mano che le carezzava il mento, prese una mano di Rossella, la trattenne fra le sue.
- Vi ricordate.. - cominciò; e nello spirito di lei un campanello ammonitore suonò: "Non guardare indietro! Non guardare indietro!"
Ma lo trascurò, sentendosi trascinare in un gorgo di felicità. Finalmente lo comprendeva, finalmente i loro spiriti si incontravano. Era un momento troppo prezioso per perderlo, qualunque fosse il dolore che poteva venire dopo.
- Ricordate... - e sotto l'incanto della sua voce le pareti nude del piccolo ufficio scomparvero, gli anni tornarono indietro ed ella si trovò insieme con lui, cavalcando in un viale di campagna, in primavera. Egli parlava stringendole lievemente la mano, e nella sua voce era il fascino triste di vecchie canzoni a metà dimenticate. Udiva il gaio tintinnare dei finimenti mentre essi cavalcavano sotto agli alberi di corniolo nella proprietà dei Tarleton; udiva il proprio riso spensierato, vedeva il sole che faceva brillare i capelli chiari di lui, osservava la grazia altera con la quale egli stava in sella. Nella sua voce era la musica dei violini e dei banjos al cui suono essi avevano danzato nella casa bianca che non esisteva più. Vi era il lontano squittire dei cani da caccia nella palude, sotto la luna fredda e pura delle notti d'autunno, e il profumo di zabaglione servito nelle grandi ciotole ornate di agrifoglio nelle sere di Natale, fra i sorrisi dei volti neri e bianchi. E vecchi amici tornavano in massa ridendo come se non fossero morti da tanti anni: Stuart e Brent con le loro lunghe gambe e i capelli rossi, scherzosi e rumorosi, Tom e Boyd impetuosi come puledri, Joe Fontaine coi suoi occhi neri e ardenti, e Cade e Raifort Calvert che si muovevano con languida grazia. Vi era anche John Wilkes; e Geraldo, rosso per la grappa bevuta; e un sussurro e una fragranza che era Elena. Su tutto questo era un senso di sicurezza, la certezza che domani porterebbe la stessa felicità goduta oggi.
La voce di lui tacque; per un istante essi si fissarono negli occhi; e fra loro giacque la gioventù piena di sole che avevano spensieratamente condiviso e che ora non era più.
"Ora so perché non può esser felice" pensò Rossella con tristezza. "Non lo avevo mai compreso prima, come non avevo mai compreso perché neanch'io potevo essere felice. Ma... Dio mio, parliamo come parlano i vecchi!" disse fra sé con dolorosa sorpresa. "I vecchi guardano indietro. E noi non siamo vecchi. Ma sono accadute tante cose e tutto è così mutato che sembra siano passati cinquant'anni. Ma non siamo vecchi!"
Guardò Ashley; ma egli non era più giovine e brillante. La sua testa era curva ed egli guardava distrattamente la mano che teneva ancora fra le sue; Rossella vide che i suoi capelli erano grigi, di un grigio argenteo come il chiaro di luna su un'acqua tranquilla. La bellezza del pomeriggio d'aprile era scomparsa anche dal suo cuore e la triste dolcezza dei ricordi era amara come il fiele.
"Non avrei dovuto acconsentire a guardare indietro" pensò disperata. "Avevo ragione nel dire che non volevo mai più voltarmi verso il passato. Fa troppo male e scava nel cuore profondamente finché non si può più fare altro che rimpiangere. Questo è il male per Ashley. Egli è incapace di guardare in avanti. Non vede il presente; ha timore dell'avvenire e perciò guarda il passato. Non lo avevo mai compreso. Oh Ashley, amor mio, non dovete guardare indietro! A che scopo? Non avrei dovuto lasciarmi tentare da voi a parlare degli antichi giorni. Ecco che cosa succede quando si ricorda l'antica felicità: si prova dolore, crepacuore, scontentezza."
Si alzò in piedi, lasciando ancora la mano in quella di lui. Doveva andare. Non poteva più rimanere e pensare al tempo di una volta vedendo il suo volto stanco, triste e malinconico.
- Abbiamo percorso molta strada da quel tempo, Ashley - disse cercando di parlare con voce ferma. - Avevamo delle belle idee allora, eh? - E poi, con impeto: - Oh Ashley, nulla è accaduto secondo i nostri desideri! -
- E' sempre così. La vita non è obbligata a darci quello che desideriamo. Dobbiamo prendere quello che ci capita e ringraziare che non sia peggio.-
Ella si sentì improvvisamente il cuore pieno di stanchezza e di pena al pensiero della lunga strada percorsa. Rivide la graziosa Rossella O'Hara che amava i corteggiatori e i bei vestiti e che aveva l'intenzione di diventare, un giorno, quando ne avesse tempo, una gran dama come Elena.
Improvvisamente, gli occhi le si riempirono di lacrime che le scorsero lentamente giù per le guance, mentre ella lo guardava muta, come una bimba stupita e addolorata. Egli non disse nulla, ma la prese dolcemente fra le braccia, le fece posare il capo sulla sua spalla e premette la sua guancia contro quella di lei. Ella si abbandonò e gli circondò il corpo con le braccia. La dolcezza di quella stretta le fece asciugare le lacrime. Com'era bello abbandonarsi senza passione, senz'ansia, come nelle braccia di un amico diletto. Solo Ashley che condivideva i suoi ricordi e la sua giovinezza, che conosceva il suo passato e il suo presente, poteva comprenderlo.
Udì rumore di passi fuori, ma non vi badò, credendo che fossero i carrettieri che andavano a casa. Rimase un istante ad ascoltare il lento battito del cuore di Ashley. Improvvisamente egli si sciolse da lei ed ella fu sorpresa dalla sua violenza. Alzò gli occhi stupita, ma egli non la guardava; al disopra della sua spalla, Ashley fissava la porta.
Si volse: sulla soglia erano Lydia, pallida, coi suoi chiari occhi fiammeggianti, e Baldo, malevolo come un pappagallo guercio. Dietro a loro era la signora Elsing.
Non ricordò mai come era uscita dall'ufficio. Ma uscì immediatamente, in fretta, per ordine di Ashley, lasciandolo in cupa conversazione con Baldo nella piccola stanza; Lydia e la signora Elsing aspettavano fuori voltandole le spalle. La vergogna e il terrore la spingevano a tornare a casa in gran fretta; nel suo spirito Baldo, con la sua barba da patriarca, assumeva le proporzioni di un angelo vendicatore uscito dalle pagine dell'Antico Testamento.
La casa era vuota e silenziosa nel crepuscolo d'aprile. Tutta la servitù si era recata a un funerale e i bambini erano andati a giocare a casa di Melania. Melania...
Melania! Rossella rabbrividì al pensiero di lei, mentre saliva le scale per recarsi in camera sua. Melania saprebbe l'accaduto. Lydia aveva detto che glielo racconterebbe. Oh, sarebbe troppo lieta di parlare, Lydia, anche se facendolo macchiava il nome di Ashley, anche se dava un dolore a Melania; troppo felice se poteva far del male a Rossella! E la signora Elsing parlerebbe essa pure, anche se in realtà non aveva visto nulla, perché era dietro a Lydia e a Baldo. Ma parlerebbe ugualmente. All'ora di cena, tutta la città sarebbe al corrente. Tutti, anche i negri, lo saprebbero domattina. Al ricevimento di stasera, le donne si riunirebbero negli angoli a sussurrare con malizioso piacere. Rossella Butler rovesciata dalla sua alta posizione! E la storia si diffonderebbe, ampliandosi; né v'era modo di fermare i pettegolezzi. Non ci si limiterebbe al semplice fatto che Ashley la teneva fra le braccia mentre ella piangeva: prima di notte, la gente direbbe che Rossella era stata colta in flagrante adulterio. Ed era stata una cosa così dolce, così innocente! Rossella pensò con ira:
"Se fossimo stati sorpresi quando venne in licenza a Natale e io lo baciai per salutarlo... o nel frutteto di Tara quando lo pregai di fuggire con me... oh, se fossimo stati sorpresi in uno dei momenti in cui eravamo realmente colpevoli...! Ma ora! Ora che ero tra le sue braccia come un'amica..."
Nessuno lo crederebbe. Ella non avrebbe una sola amica per prendere le sue difese; non una voce si leverebbe a dire: "Non credo che abbia fatto qualche cosa di male". Aveva offeso per troppo tempo i vecchi amici per trovare fra loro un difensore. E i nuovi amici, che sopportavano in silenzio le sue insolenze, sarebbero ben felici di potersi vendicare. Tutti sarebbero disposti a credere il peggio sul conto suo; avrebbero solo il rincrescimento che una persona perbene come Ashley Wilkes fosse immischiato in una faccenda così sudicia. Come sempre, avrebbero dato tutta la colpa alla donna. E in questo caso avrebbero ragione. Era stata lei che era andata a gettarsi fra le sue braccia.
Oh, poteva sopportare gli sguardi ironici, i sorrisetti nascosti, i mormorii, tutto ciò che la città avrebbe detto... ma non Melania! No, non Melania! Non sapeva perché questo pensiero la torturasse tanto, era troppo spaurita e abbattuta per cercare di comprendere. Ma scoppiò in lacrime pensando agli occhi di Melania nel momento in cui Lydia le direbbe che aveva sorpreso Ashley che abbracciava Rossella. E che farebbe Melania? Lascerebbe Ashley? Che altro potrebbe fare, per salvare la propria dignità? E che farebbero allora Ashley e lei? Le lacrime le inondavano il volto mentre questi pensieri si agitavano freneticamente nel suo cervello. "Ashley morrà di vergogna e mi odierà perché l'ho trascinato in questo impiccio." A un tratto le sue lacrime cessarono perché un terrore mortale le aveva invaso il cuore al ricordo di Rhett. Che farebbe suo marito?
Forse non saprebbe nulla. Com'era quel vecchio cinico proverbio? "Il marito è sempre l'ultimo a sapere." Forse nessuno andrebbe a dirglielo. Bisognava avere un bel coraggio per andare a narrare una cosa simile a Rhett, dato che Rhett aveva la reputazione di ammazzare prima, e poi interrogare. Dio, Dio, fate che nessuno abbia il coraggio di dirglielo! Ma rivide il volto di Baldo sulla soglia dell'uscio; il suo occhio freddo, chiaro, senza rimorso, pieno di odio per lei e per tutte le altre donne. Baldo non temeva né Dio né gli uomini e detestava le donne abbiette. Le aveva odiate tanto da ucciderne una. E certo parlerebbe con Rhett, malgrado tutto ciò che potrebbe fare Ashley per dissuaderlo. A meno che Ashley non lo uccidesse, Baldo parlerebbe con Rhett, ritenendo che questo fosse il suo dovere di cristiano.
Si spogliò e si gettò sul letto; nel suo cervello era un turbine che mulinava vorticosamente. Se almeno potesse chiudersi a chiave e rimanere per sempre in quella stanza tranquilla senza vedere mai più nessuno, forse Rhett non verrebbe a saper nulla stasera. Lei direbbe di avere mal di capo e di non potere perciò andare al ricevimento. E l'indomani mattina avrebbe certamente trovato il modo di difendersi.
- Non voglio pensarci adesso - disse disperatamente nascondendosi il volto fra i guanciali. - Ci penserò più tardi, quando potrò sopportare quest'idea. -
Udì rientrare la servitù al cader della notte e le sembrò che i preparativi della cena fossero molto silenziosi. O forse era la sua coscienza colpevole? Mammy venne a bussare all'uscio, ma Rossella la mandò via dicendole che non voleva cenare. Passò ancora del tempo e finalmente udì Rhett che saliva le scale. Lo udì passare dinanzi alla sua stanza senza fermarsi. Emise un profondo respiro. Evidentemente non sapeva nulla e, grazie a Dio, continuava a rispettare la sua gelida preghiera di non mettere piede nella sua camera; altrimenti, se egli l'avesse veduta in questo momento, avrebbe letto nel suo volto che qualche cosa di grave era accaduto. Bisognava soltanto che ella raccogliesse le sue forze per potergli dire che si sentiva troppo male per andare al ricevimento. Ma vi era tempo per calmarsi. Da quel terribile momento le era sembrato che il tempo non esistesse più.
Udì Rhett che si muoveva nella sua camera e rivolgeva ogni tanto la parola a Pork. Non ebbe il coraggio di chiamare. Rimase sul letto, tremante nell'oscurità.
Dopo parecchio tempo egli bussò alla porta.
- Avanti - disse Rossella cercando di dominare il tremito della sua voce.
- Sono invitato ad entrare nel santuario? - chiese Rhett aprendo l'uscio. Entrò e richiuse.
- Sei pronta? - Era buio e non lo vedeva; la voce le sembrò incolore.
- Mi dispiace, ma ho l'emicrania. - Strano che la sua voce fosse così naturale! - Credo che non potrò venire. Vai tu, Rhett, e scusami con Melania.-
Vi fu una lunga pausa; quindi egli parlò con voce mordente.
- Sei una piccola strega, vigliacca e pusillanime.-
Egli dunque sapeva! Rossella riprese a tremare, incapace di aprir bocca. Lo udì frugare nel buio, accendere un fiammifero, e la camera fu illuminata. Egli si avvicinò al letto e la guardò. Era in abito da sera.
- Alzati. - La sua voce era sempre senza colore. - Andiamo al ricevimento. Sbrigati. -
- Non posso, Rhett. Devi capire...-
- Capisco. Alzati.-
- Rhett! Baldo ha osato...? -
- Baldo ha osato. È un uomo coraggioso, Baldo. -
- Avresti dovuto ucciderlo, perché ha mentito. -
- Non uccido le persone che dicono la verità. Ora non c'è tempo di discutere. Alzati. -
Ella si sollevò a sedere, stringendosi attorno le coperte, scrutandolo in viso. Era cupo e impassibile.
- Non voglio venire, Rhett. Non posso finché... non si chiarisca questo malinteso.-
- Se non ti fai veder stasera, non potrai più mostrarti in giro in questa città finché vivi. E se io posso sopportare di avere per moglie una sgualdrina, non sopporto di avere una codarda. Verrai stasera, anche se tutti, da Alex Stephen in giù, ti negheranno il saluto, e la signora Wilkes ti metterà alla porta.-
- Rhett, lascia che ti spieghi. -
- Non ti voglio ascoltare. Non c'è tempo. Vestiti. -
- E' un malinteso... Lydia, Baldo e la signora Elsing. Mi odiano. Lydia mi odia talmente, che è capace anche di dir male di suo fratello pur di farmi apparire in cattiva luce. Se mi lasci spiegare... -
("Madre di Dio" pensò angosciata. "Se egli mi dice: 'Spiegati!' che posso dirgli? Come spiegare...?")
- Avranno raccontato le loro invenzioni a tutti quanti. Non posso venire. -
- Verrai; dovessi trascinarti per il collo e spingerti a calci per tutta la strada.-
Vi era una luce fredda nei suoi occhi, quando egli l'afferrò costringendola ad alzarsi. Raccolse il busto e glie lo gettò.
- Mettilo. Te lo allaccerò io. Sono praticissimo. No, non chiamerò Mammy ad aiutarti; saresti capace di richiudere la porta, rintanandoti qui dentro da quella vigliacca che sei.-
- Non sono vile! - esclamò Rossella, punta sul vivo. - Io...-
- Oh, risparmiami la solita fiaba sull'uccisione del soldato yankee e sull'arrivo dell'esercito di Sherman. Oltre a tutto, sei anche vile. Se non per te, devi venire stasera per amore di Diletta. Vuoi rendere la sua posizione anche peggiore? Svelta, mettiti il busto. -
Ella si tolse in fretta lo scialle e rimase rigida dinanzi a lui. forse, se egli la guardasse e la vedesse così bella, quell'espressione spaventosa scomparirebbe dal suo volto. Era tanto tempo che non la vedeva in camicia! Ma non la guardò. Era dinanzi all'armadio, esaminando rapidamente le vesti. Ne trasse fuori una nuova, di seta verde giada. Era molto scollata davanti e la gonna era drappeggiata dietro su un enorme sellino; su questo posava un gran ciuffo di vivide rose di velluto.