E Rossella intendeva approfittare di questa simpatia. Parecchi ufficiali, non sapendo quanto tempo sarebbero rimasti ad Atlanta, avevano fatto venire le loro famiglie. E poiché gli alberghi e le pensioni erano affollatissimi, costruivano delle piccole abitazioni per le quali erano ben felici di acquistare il legname della graziosa signora Kennedy, che li trattava con maggior cortesia di chiunque altro in città. Lo stesso accadeva per i "Carpetbaggers" e per altri nuovi ricchi.

Tutti erano dunque ben lieti di proteggere il suo deposito di legname e anche la bottega di Franco, sentendo che così aiutavano una coraggiosa donnina che aveva un marito inetto a mantenerla. E Rossella, osservando i progressi del suo commercio, pensava che non solo salvaguardava il suo presente col denaro yankee, ma anche il suo avvenire con gli amici yankees.

Conservare dei rapporti con gli ufficiali yankees sul piano desiderato da lei, apparve a Rossella cosa facile; ma le mogli presentarono un problema che ella non aveva previsto. Avrebbe evitato volentieri ogni contatto con loro; mentre le signore desideravano di conoscerla. Avevano un'ardente curiosità per tutto ciò che concerneva il Sud e le sue donne; e Rossella diede loro la prima possibilità di soddisfarla. Le altre signore di Atlanta non rispondevano neanche a un cenno di saluto in chiesa; quindi, la venuta di Rossella alle loro case per parlare di affari fu per esse una manna. Spesso, quando ella era ferma col suo carrozzino dinanzi a una dimora yankee a parlare di travi e di embrici col padrone di casa, la moglie veniva a unirsi alla conversazione e insisteva perché Rossella entrasse a prendere una tazza di tè. Rossella rifiutava raramente, per quanto disgusto provasse, perché sperava di aver l'opportunità di suggerir loro che andassero a fare acquisti alla bottega di Franco. Ma la sua padronanza di sé fu spesso sottoposta a dura prova, a causa delle domande indiscrete che le venivano rivolte e per l'atteggiamento di superiorità e di condiscendenza che coloro assumevano verso tutti i meridionali.

Avendo accettato "La capanna dello zio Tom" come una rivelazione che veniva subito dopo la Bibbia, le donne yankee volevano dei particolari sui cani feroci che tutti i meridionali avevano per inseguire gli schiavi fuggitivi. E non credevano a Rossella quando ella affermava che in vita sua aveva visto un solo cane da guardia in una piantagione, ed era un cagnolino tranquillo, ben diverso da un feroce mastino. Volevano poi sapere com'erano i terribili ferri roventi coi quali i piantatori segnavano il volto dei loro schiavi, e il gatto-a nove-code col quale li battevano fino a farli morire; e provavano un'indecente curiosità riguardante il concubinaggio degli schiavi. Questo le dava noia, soprattutto avendo notato l'enorme aumento di bambini mulatti in Atlanta da quando i soldati yankee si erano stabiliti nella città.

Qualunque altra donna di Atlanta avrebbe dato corso alla sua collera dinanzi a una così ottusa ignoranza; ma Rossella si dominava, aiutata dal fatto che costoro destavano più il suo disprezzo che la sua ira. Dopo tutto, erano yankees: che cosa ci si poteva attendere di meglio? Quindi i loro incredibili insulti per il suo paese, il suo popolo, la sua morale, non penetravano mai tanto profondamente da ferirla; finché avvenne un incidente che la irritò in modo indicibile, mostrandole - se pur ve n'era bisogno - l'abisso che era fra il Nord e il Sud e la impossibilità di colmarlo.

Nel tornare a casa un pomeriggio nel suo carrozzino guidato da zio Pietro, ella si trovò a passare dinanzi alla casa in cui erano ammassate tre famiglie di ufficiali yankee, in attesa delle nuove abitazioni costruite col legname di Rossella. Le tre mogli erano nel vialetto d'accesso, e vedendola passare le fecero cenno di fermarsi, e la salutarono con quell'accento nasale che a volte la induceva a pensare che forse potrebbe perdonare tutto agli yankees meno la loro maniera di parlare.

- Desideravo proprio vedervi, signora Kennedy - disse una delle tre, una donna alta proveniente dal Maine. - Ho bisogno di qualche informazione a proposito di questa torpida città.

Rossella inghiottì l'insulto rivolto ad Atlanta con quel disprezzo interiore che meritava, e rispose col più gentile dei suoi sorrisi:

- In che posso servirvi? -

- La mia bambinaia Brigida è tornata nel nord, dicendo che non sarebbe rimasta un giorno di più tra i "mori", come li chiama lei. E i bambini mi fanno impazzire! Ditemi come posso trovare un'altra bambinaia: non so dove rivolgermi. -

- Non dovrebbe esser difficile - rise Rossella. - Se trovate una negra della campagna che non sia stata sobillata dall'Ufficio per l'Emancipazione, avrete la migliore persona di servizio che si possa trovare. Rimanete qui sulla porta e chiedete a ogni negra che vedrete passare; sono sicura...-

Le tre donne gettarono grida d'indignazione.

- E credete che affiderei i miei bimbi a una negra? - esclamò quella del Maine. - Io voglio una brava ragazza irlandese! -

- Credo che non ne troverete ad Atlanta - rispose Rossella, gelida. - Io personalmente, non no mai visto un servo bianco; né vorrei averne in casa mia. E vi assicuro - soggiunse con un lieve sarcasmo nella voce - che i negri non sono cannibali e sono assolutamente degni di fiducia. -

- Dio mio, no! Non vorrei averne in casa! Che idea! -

- Non mi fiderei in alcun modo di loro; e quanto poi ad affidar i miei bambini a quelle mani...-

Rossella ricordò le buone mani nodose di Mammy diventate ruvide nel servire Elena, lei e Wade. Che cosa sapevano quegli stranieri delle mani dei negri che potevano essere così dolci e lievi, e sapevano accarezzare, blandire, calmare, come nessun'altra? Rise brevemente.

- E' strano che abbiate questi sentimenti quando siete stati voialtri che avete voluto emanciparli. -

- Ah, io no davvero! - rise la donna del Maine. - Io non avevo mai visto un negro prima di venire nel Sud un mese fa; e non vorrei proprio vederne altri. Mi fanno venire i brividi. Non potrei fidarmi...-

Da qualche istante Rossella si era accorta che zio Pietro respirava affannosamente pur rimanendo dritto e immobile con lo sguardo fisso alle orecchie del cavallo. La sua attenzione fu richiamata forzatamente su di lui quando la donna ruppe improvvisamente in una gran risata indicandolo alle sue compagne.

- Guardate quel vecchio negro pettoruto come un rospo! esclamò fra le risate. - Dev'essere un vostro beniamino, non è vero? Voialtri meridionali non sapete come dovete trattare i negri.

Siete voi che li rovinate.

Pietro inghiottì la saliva e aggrottò la fronte; ma non torse gli occhi. Non aveva mai udito la parola "negro" applicata a lui da un bianco. Dagli altri negri, sì. Ma mai da un bianco. E sentir dire che era indegno di fiducia, lui che era sempre stato il sostegno della famiglia Hamilton!

Rossella intuì, più che vedere, il nero mento tremare di dignità offesa, e si sentì invasa da una rabbia omicida. Aveva ascoltato con calmo disprezzo quelle donne quando avevano disistimato l'esercito confederato e avevano accusato i meridionali di torturare e uccidere i loro schiavi. Se le fosse convenuto, avrebbe sopportato anche degli insulti contro la propria onestà. Ma l'idea che le loro stupide osservazioni avessero offeso il vecchio negro fedele, la infiammò come un fiammifero gettato in una polveriera. Per un attimo guardò la grossa pistola infilata nella cintura di Pietro e le sue mani tremarono dalla voglia di afferrarla. Meritavano proprio la morte, quei conquistatori insolenti, ignoranti, arroganti. Ma strinse i denti irrigidendo i muscoli delle mascelle, ricordando che non era ancora giunto per lei il momento di dire agli yankees il suo pensiero. Più tardi, sì! Sì, per Dio! Ma non ancora.

- Zio Pietro fa parte della nostra famiglia - si limitò a dire con voce tremante. - Buon giorno. Vai, Pietro. -

Pietro frustò il cavallo con tanto improvviso vigore che l'animale fece un balzo in avanti; e mentre il carrozzino si muoveva Rossella udì la donna dire perplessa: - Della sua famiglia? Credete che avrà voluto dire un parente? Ma è così nero! -

"Dio li maledica! Bisognerebbe spazzarli dalla faccia della terra. Se un giorno avrò abbastanza denaro, sputerò sul viso a tutti loro."

Diede un'occhiata a Pietro e vide una lagrima che gli scivolava lungo il naso. Istantaneamente uno slancio di tenerezza e di pena per la sua umiliazione la inondò, le fece bruciare gli occhi. Come se qualcuno fosse stato brutale verso un bimbo. Quelle donne avevano offeso zio Pietro: Pietro che era stato alla guerra messicana col colonnello Hamilton, che aveva tenuto fra le braccia il suo padrone quando questi era morto, che aveva allevato Melly e Carlo e si era occupato della debole Pittypat, l'aveva "protetta" quando erano fuggiti a Macon e aveva "quisito" un cavallo per ricondurla a casa sua dopo la sconfitta. E coloro dicevano che non si fidavano dei negri!

- Pietro - disse con voce spezzata mettendogli una mano sul braccio se piangi, mi vergogno di te. Che te ne importa? Non sono altro che maledetti yankees! -

- Avere parlato davanti a me come se io essere mulo e non capire...come se essere africano che non sapere loro cosa dire - disse Pietro aspirando dal naso vigorosamente. - E avermi chiamato negro; nessun bianco avermi mai detto negro e aver detto che non potersi fidare di negri! Non fidarsi di me! Quando vecchio colonnello essere moribondo avermi detto: "Tu, Pietro, badare a miei bambini. E badare a giovine miss Pittypat, perché avere tanto senso comune come un grillo". E io essermi occupato di tutto per tanti anni... -

- Solo l'angelo Gabriele avrebbe potuto far meglio - disse Rossella calmandolo. - Senza di te non so come avremmo potuto vivere. -

- Sì, grazie, badrona. Io e tu sapere, ma quella gente yankee non sapere e non aver bisogno di sapere. Come potersi mescolare in nostri affari? Loro non comprendere noi confederati. -

Rossella non rispose perché si sentiva ancora ardere dalla collera che non aveva lasciato esplodere dinanzi a quelle donne. Tornarono a casa in silenzio. Il labbro inferiore di Pietro cominciò a sporgere gradatamente in maniera allarmante; la sua indignazione cresceva ora che l'offesa iniziale si era calmata.

Rossella pensò: "Che strana gente questi yankees! Quelle donne avevano l'aria di credere che zio Pietro, essendo nero, non avesse orecchi per udire e sentimenti per comprendere. Ignorano che i negri devono essere trattati gentilmente, come dei bambini; diretti, lodati, accarezzati, sgridati. Eppure coloro hanno fatto la guerra per liberarli. E dopo averli liberati non vogliono aver rapporti con loro: non li amano, non li comprendono, non se ne fidano; eppure non hanno fatto altro che dire che i meridionali non sapevano trattarli.

Rossella ricordò i pochi fedeli che erano rimasti a Tara dinanzi all'invasione yankee, mentre avrebbero potuto fuggire. Pensò ai servi dei suoi vicini che avevano protetto le loro padrone mentre gli uomini erano al fronte; che avevano curato i feriti, seppellito i morti, confortato gli afflitti, e avevano lavorato, mendicato, rubato per procurar loro da mangiare. Ed anche ora che il "Freedmen's Bureau" prometteva ogni specie di miracoli, essi preferivano rimanere coi loro padroni bianchi, lavorando ben più di quando erano schiavi. Ma gli yankees non avrebbero mai compreso queste cose.

- Eppure ti hanno liberato - disse ad alta voce.

- No, badrona! Loro non avermi liberato. Io non volere accettare simile cosa! - esclamò Pietro indignato. - Io appartenere ancora a miss Pitty, e quando io morire, lei farmi seppellire in cimitero di Hamilton come a me spettare...Mia badrona avrà svenimento quando io dire a lei che tu avermi lasciato insultare da donne yankees. -

- Ma non è vero! - esclamò Rossella sbalordita.

- Sì, essere vero. Perché se né tu ne io avere affari con yankees, loro non potermi insultare. Se tu non aver parlato con loro, loro non potermi trattare come un mulo o un africano; e tu non avermi difeso. -

- Come, non ti ho difeso! - esclamò Rossella punta. - Non ho detto che tu fai parte della nostra famiglia? -

- Questa non essere difesa. Questo essere un fatto. Tu miss Rossella non dover avere affari e rapporti con yankees nessun'altra signora avere. E' gente che Pitty non toccherebbe con la punta delle scarpe. -

La critica di Pietro la ferì più di qualsiasi cosa avessero potuto dirle Franco e zia Pitty. Ciò che Pietro diceva era vero, ma ella non voleva udirlo da un negro, e per di più da un negro che apparteneva alla famiglia. Diminuire nell'opinione della propria servitù era la cosa più umiliante che potesse accadere a un meridionale.

Ella sapeva tutti i pettegolezzi che si facevano in città sul suo conto. Ed ora ecco che anche Pietro si metteva a disapprovarla.

- E io credere - riprese Pietro - che miss Pitty non permettermi più di guidare tuo carrozzino. Anche perché io non sentirmi bene. -

Ecco dunque che Pietro non voleva più farsi vedere in pubblico con lei. Questo era veramente il colmo. Finora Rossella non si era mai curata della pubblica opinione, anzi l'aveva tenuta alquanto in dispregio. Ma le parole di Pietro la fecero risentire, e le diedero improvvisamente un senso di antipatia per i suoi conoscenti, quasi tanto forte come quella che aveva per gli yankees.

"Perché si occupano di quello che faccio?" pensò. Evidentemente credono che sia una gioia per me avere rapporti con gli yankees e lavorare come una bestia. E così rendono il mio lavoro anche più faticoso. Ma a me non importa quello che pensano. Non posso occuparmene ora."

Ma un giorno... un giorno...

Un giorno! Quando vi sarà nuovamente un po' di sicurezza: allora ella potrà riposare e fare la signora come Elena. Sarà debole e timida, come deve essere una signora, e tutti la approveranno. Sarà buona e gentile, com'era stata Elena; non avrà più paura, e la vita scorrerà placida e tranquilla. Avrà tempo per poter giocare coi suoi bambini e per ascoltare le loro lezioni. Vi saranno dei lunghi pomeriggi tepidi in cui le signore verranno a farle visita; e in mezzo al fruscio degli abiti di taffettà, al ritmico scricchiolio dei ventagli di palma, ella servirà il tè, offrendo deliziosi pasticcini e tartine squisite, e le ore trascorreranno lievi e gioconde. Ed ella sarà dolce verso i sofferenti e porterà vivande ai poveri e medicine agli ammalati. Sarà una vera signora, alla maniera meridionale, come era stata sua madre; e tutti le vorranno bene, come avevano voluto ad Elena, e la chiameranno "Dama Bontà".

La gioia che provava nel figurarsi questo avvenire non era offuscata dal pensiero che in realtà ella non desiderava affatto essere altruista, buona o caritatevole; le bastava la reputazione di possedere queste qualità. Ma le maglie del suo cervello erano troppo larghe per poter filtrare queste piccole differenze. Era certa che un giorno, quando fosse ricca, tutti l'approverebbero.

Un giorno! Ma ora no. Ora non vi era tempo di far la signora.

Pietro aveva fatto una previsione esatta. Zia Pitty svenne; e la disperazione del negro assurse quella sera a tali proporzioni, che fu deciso che egli non guiderebbe mai più il carrozzino. Rossella fu quindi costretta a guidarlo da sé; e i calli che avevano cominciato a scomparire dalle sue mani, ritornarono.

 

La primavera trascorse e le fresche piogge d'aprile diedero luogo al verde tepore del maggio. Le settimane erano laboriose e piene di preoccupazioni e di fastidi cagionati dal procedere della gravidanza di Rossella, dal graduale raffreddamento degli amici e conoscenti e dall'esasperante premura della sua famiglia. In quei giorni di ansietà e di lotta, vi era una sola persona nel suo ambiente che fosse in grado di comprenderla; e questa era Rhett Butler. Strano che proprio lui le apparisse in questa luce, lui che era instabile come l'argento vivo e perverso come un demonio! Ma le dava della simpatia, ciò che ella non aveva mai avuto da alcuno e che non si sarebbe mai attesa da lui.

Spesso egli si assentava per quelle misteriose gite a Nuova Orleans sulle quali non dava mai spiegazioni. Con un vago senso di gelosia, ella intuiva che dovevano aver rapporto con una donna... o con delle donne. Però, dopo che zio Pietro non l'accompagnava più, i soggiorni di Rhett ad Atlanta diventavano sempre più lunghi.

Quando era in città, egli trascorreva generalmente la maggior parte del suo tempo a giocare nelle sale superiori della taverna della "Ragazza del Giorno" o nella bettola di Bella Watling, a bere coi più ricchi yankees e "Carpetbaggers", discutendo con loro progetti finanziari che suscitavano l'odio dei cittadini contro di lui più ancora che contro i suoi compagni. Non si recava a far visita in casa di Rossella, probabilmente per deferenza verso i sentimenti di Franco e di Pitty che sarebbero rimasti offesi dalla visita di un uomo mentre Rossella era in stato interessante. Ma ella lo incontrava casualmente quasi ogni giorno. Sovente egli cavalcava accanto al suo calessino quando ella prendeva delle scorciatoie per recarsi agli stabilimenti di Via dell'Albero di Pesco e di Via Decatur. Si fermava a discorrere con lei, oppure legava il suo cavallo dietro al veicolo e s'impadroniva delle redini, accompagnandola nei suoi giri. Della qual cosa ella gli era grata, perché in quel periodo si stancava più di quanto volesse ammettere. Rhett la lasciava sempre prima di rientrare in città; ma tutta Atlanta conosceva i loro incontri, i quali davano nuova esca ai pettegolezzi che andavano ad aumentare la lunghissima lista delle sconvenienze di Rossella.

Le avvenne a volte di chiedersi se quegli incontri erano proprio occasionali. Essi diventavano sempre più frequenti col passare delle settimane e con l'aumentare in città della tensione provocata dagli insulti dei negri. Ma perché Rhett la ricercava proprio in questo periodo in cui le sue condizioni anormali certo non la avvantaggiavano? Senza dubbio, non aveva delle intenzioni scorrette, se mai ne aveva avute; della qual cosa cominciava a dubitare. Da un pezzo non faceva allusioni scherzose al loro colloquio nella prigione yankee; né le parlava di Ashley. E neppure accennava alle proprie "ardenti brame". Dato questo, Rossella si disse che era meglio lasciare in pace i cani che dormivano; quindi non chiese alcuna spiegazione sulla frequenza dei loro incontri. E finì col convincersi che, non avendo nulla da fare e avendo pochi amici, egli la ricercasse soltanto per trovare un po' di compagnia.

Quali che fossero i suoi motivi, ella era molto lieta di trovarsi con lui. Rhett ascoltava le sue lagnanze contro i clienti che non pagavano, contro gli imbrogli di Johnson, contro l'incompetenza di Ugo. Applaudiva ai suoi trionfi, mentre Franco si limitava a sorridere indulgentemente e Pitty esclamava "Dio mio!" con sbalordimento. Rossella era anche sicura che sovente egli faceva in modo da procurarle degli affari, perché conosceva intimamente tutti i nuovi ricchi che erano venuti ad abitare ad Atlanta; ma Rhett negava sempre di essere intervenuto in una maniera qualsiasi. Pur conoscendolo e non avendo alcuna fiducia in lui, ella era sempre contenta di vederlo apparire sul suo cavallo nero a una curva della strada; e quando egli si arrampicava sul carrozzino e le toglieva di mano le redini facendo qualche osservazione impertinente, Rossella si sentiva nuovamente giovine, gaia e attraente, malgrado tutte le sue preoccupazioni e malgrado il volume del suo ventre che andava ogni giorno aumentando. Con lui poteva parlare di tutto senza misteri e senza essere costretta a nascondere il proprio pensiero come le accadeva con Franco... e come le sarebbe accaduto con Ashley. Era piacevole avere un amico come Rhett ora che questi, per ragioni che ella non riusciva ad approfondire, si era deciso a tenere con lei un contegno simpatico. Molto piacevole, poiché di amici ne aveva così pochi!

- Rhett - gli chiese impetuosamente poco tempo dopo l'ultimatum di zio Pietro - perché gli abitanti di questa città mi trattano così scortesemente e parlano male di me? Non so davvero se parlano peggio di me o dei "Carpetbaggers"! Eppure mi occupo solo dei miei affari e non ho mai fatto male a nessuno...-

- Se non avete mai fatto male a nessuno è perché non ne avete avuto l'opportunità; e probabilmente essi se ne rendono conto...-

- Siate serio! Dopo tutto, non ho fatto altro che cercar di guadagnare un po' di denaro...-

- Non avete fatto altro che esser diversa da tutte le altre donne; e questo - come vi ho detto altre volte - è un peccato imperdonabile in qualsiasi società. Inoltre, il fatto che voi abbiate fatto prosperare il vostro piccolo stabilimento è un insulto per tutti gli uomini che non sono riusciti a far nulla. Ricordatevi che il posto di una donna ben nata è nella sua casa; e che essa non dovrebbe conoscer nulla di questo mondo brutale e affaccendato. -

- Ma se io fossi rimasta in casa ora non avrei più una casa in cui rimanere. -

- Sicuro: ma sareste morta di fame con orgoglio e dignità. -

- Oh, storie! Guardate la signora Merriwether. Vende focacce agli yankees e questo è peggio che gestire una segheria; la signora Elsing lavora di cucito e tiene dei pensionanti e Fanny dipinge delle orrende ceramiche che nessuno vorrebbe, ma che tutti comprano per aiutarla...-

- Ma voi trascurate la cosa più importante, mia cara: nessuna di loro fa buoni affari e perciò non ferisce la dignità dei loro uomini. Costoro possono ancora dire: "Povere stupidine, come si affaticano! Lasciamo che credano di essere utili!" D'altronde, le signore che avete nominato non hanno alcuna gioia nel lavorare. Dichiarano che lo fanno soltanto finché qualcuno della loro famiglia le libererà dal peso di quel lavoro; e così tutti le compatiscono. Ma voi invece amate il lavoro ed è evidente che non permettereste a nessun uomo di occuparsi dei vostri affari; perciò nessuno vi può compatire. E Atlanta non ve lo perdonerà mai. E' tanto piacevole provare un senso di compassione! -

- Non siete mai serio un momento! -

- Conoscete quel proverbio orientale: "I cani abbaiano ma la carovana va avanti"? Lasciateli abbaiare, Rossella. Credo che nulla fermerà la vostra carovana. -

- Ma che cosa importa a loro se io guadagno un po' di denaro? -

- Non si può aver tutto a questo mondo. Potete guadagnare e vedervi trattata freddamente, oppure esser povera e avere una quantità di amici. Voi avete fatto la vostra scelta. -

- Non voglio esser povera! - esclamò vivamente Rossella. - Ma... la mia scelta è giusta, non è vero? -

- Se è il denaro che desiderate...-

- Sì; più di qualunque cosa al mondo. -

- E allora avete fatto la scelta giusta. Ma a questa, come a molte cose che si desiderano, è associata una specie di castigo: ed è la solitudine. -

Ella tacque per un momento. Era vero. Durante gli anni di guerra aveva avuto la possibilità di andare da Elena, quando aveva la malinconia. E dopo la morte di Elena, vi era stata Melania, benché con questa ella non avesse nulla di comune, se non il duro lavoro di Tara. Ora non le restava più nessuno, perché zia Pitty non aveva alcuna concezione della vita all'infuori del suo piccolo circolo di pettegolezzi.

- Credo... cominciò esitando - credo... di essere sempre stata molto sola, per quanto riguarda amicizie femminili...Non è il mio lavoro che mi rende antipatica alle signore di Atlanta. E' per me che non hanno simpatia. Nessuna donna mi ha mai voluto bene, eccetto mia madre. Neanche le mie sorelle. Non so perché, ma anche prima della guerra, prima che io sposassi Carlo, le signore disapprovavano qualunque cosa io facessi...-

- Dimenticate la signora Wilkes - e gli occhi di Rhett brillarono maliziosamente - la quale vi ha sempre approvata anche se aveste commesso un assassinio. -

Rossella pensò, torva: "Infatti, ha approvato anche questo" ma rise con disprezzo.

- Oh, Melly! - esclamò; poi soggiunse con tristezza: Certamente non mi fa onore il fatto che Melly mi approvi, perché ha il cervello di una gallina. Se avesse più buon senso...- Si interruppe un po' confusa.

- Se avesse più buon senso - terminò Rhett - capirebbe alcune cose che non potrebbe approvare. Ma torniamo al nostro argomento. Ricordatevi bene quanto vi dico. Finché sarete diversa dalle altre sarete isolata, e non solo dalle persone della vostra generazione, ma anche da quelle della precedente e della seguente. Nessuno vi comprenderà e tutti saranno scandalizzati dal vostro modo di agire. Ma probabilmente i vostri nonni sarebbero fieri di voi e direbbero: "E' del buon ceppo"; e i vostri nipotini sospireranno con invidia dicendo: "Che bel tipo doveva essere la nonna!" e cercheranno di assomigliarvi.

Rossella rise divertita.

- A volte colpite proprio nel segno! Guardate mia nonna Robillard. Era fredda come un ghiacciolo e severa per tutto quanto riguardava l'educazione; ma si sposò tre volte. Per lei vi furono non so quanti duelli; adoperava il belletto e portava vestiti scandalosamente scollati e non usava... hm... non portava molta biancheria sotto ai vestiti. -

- E voi l'avete ammirata moltissimo, benché abbiate cercato di essere come vostra madre! Io ho avuto un nonno, dalla parte dei Butler, che era un pirata. -

- Davvero? Di quelli tanto crudeli? -

- Suppongo che fosse crudele quando questo era il modo di far quattrini. Ad ogni modo, ne guadagnò abbastanza da lasciare a mio padre un buon patrimonio. Ma in famiglia si parlava sempre di lui come del "capitano di mare", Fu ucciso in una rissa molto prima che io nascessi. Inutile dire che la sua morte fu un gran sollievo per i suoi figli, perché il brav'uomo era quasi sempre ubriaco; e quando aveva bevuto qualche bicchiere di più era capace di dimenticare che era un capitano a riposo e rievocava certi ricordi che facevano drizzare i capelli ai figliuoli. Io l'ho sempre ammirato e ho cercato di imitarlo più di quanto non abbia cercato di imitare mio padre, il quale è un amabile gentiluomo, pieno di buone abitudini e di massime religiose. Così vanno le cose. Sono sicuro che i vostri figli non vi approveranno, Rossella, come non vi approvano le signore Merriwether ed Elsing e le loro famiglie. I vostri figli saranno probabilmente creature dolci e remissive. E per giunta voi siete probabilmente decisa, come tutte le mamme, a fare in modo che essi non conoscano le privazioni e gli stenti che voi avete dovuto sopportare. E avete torto. Le privazioni temprano le persone o le spezzano. Dovrete quindi attendere l'approvazione dei vostri nipotini. -

- Chi sa come saranno i nostri nipoti! -

- Dicendo i "nostri" vorreste intendere che voi ed io avremo dei nipoti in comune? Andiamo, via, signora Kennedy! -

Rossella, accorgendosi del suo errore di linguaggio, arrossì. Non furono soltanto le sue parole scherzose a darle un senso di vergogna, ma l'improvviso ricordo del suo corpo deformato. Nessuno di loro aveva mai alluso al suo stato interessante, ed ella portava sempre, quando era con lui, la cintura dell'abito quasi sotto alle ascelle, illudendosi, come tutte le donne, che in tal modo non si vedesse la deformazione della sua figura; ma in quel momento si sentì improvvisamente irritata della sua condizione e vergognosa che egli la conoscesse.

- Scendete subito da questo carrozzino, rettile osceno che siete! - e la sua voce tremava -

- Neanche per sogno - rispose egli calmo. - Sarà buio prima che giungiate a casa; e da queste parti vi è una nuova colonia di negri che abita in un accampamento; mi hanno detto che sono dei negri molto abbietti, e non vedo perché dovreste dar motivo all'impulsivo Ku Klux di mettersi le camicie da notte e uscire stasera. -

- Scendete! - una nausea improvvisa l'assalì. Egli fermò subito il cavallo, le passò due fazzoletti puliti e le sorresse la testa con una certa abilità facendola affacciare sulla fiancata del calessino. Il sole pomeridiano coi suoi raggi obliqui attraverso il fogliame novello, le diede per qualche istante l'impressione di uno stomachevole vortice d'oro e di verde. Dopo l'accesso, ella si nascose il volto fra le mani e pianse di mortificazione. Non solo aveva rigettato dinanzi a un uomo - la cosa più orribile che potesse accadere a una donna! - ma l'incidente affermava in modo inequivocabile il fatto umiliante della sua gravidanza. E questo le era accaduto proprio con lui, proprio con Rhett che non rispettava le donne! Ah, non potrebbe mai più guardarlo in viso!

- Non siate sciocca - le disse egli con calma. - Se piangete di vergogna siete una sciocca. Avanti, non fate la bambina.. Certo non potevate supporre che, a meno di essere cieco, io ignorassi che eravate incinta. -

- Oh! -esclamò con voce soffocata e le sue dita si strinsero convulsamente sul viso di porpora. La parola la faceva inorridire. Franco, ogni volta che doveva parlare della sua gravidanza, le diceva con imbarazzo "le tue condizioni". Geraldo, quando si trattava di queste cose, soleva sempre accennare delicatamente che la tal signora "aspettava un bimbo"; e le signore generalmente dicevano che una donna era "in stato interessante".

- Siete una bambina se immaginate che io non me ne sia accorto, malgrado questa vostra veste così pesante. Sicuro che sapevo. Altrimenti, perché credete che sarei stato...-

Si interruppe improvvisamente; e un silenzio fu tra loro. Egli raccolse le redini e percosse il cavallo. Continuò poi a parlare tranquillamente; e mentre ella ascoltava con piacere la sua cantilena, l'eccesso di colore svanì a poco a poco dalle sue guance ardenti.

- Non credevo che la prendeste in questo modo, Rossella. Vi immaginavo più ragionevole, e sono deluso. Possibile che nel vostro seno alberghi ancora la verecondia? Forse non è da gentiluomo aver parlato chiaramente. Ma non sono affatto un gentiluomo, e le donne incinte non mi imbarazzano per nulla. Le tratto come creature normali, senza sentirmi punto obbligato a guardare il cielo o la terra pur di non posare gli occhi sulla loro cintura; e fissarla poi furtivamente con certe occhiate che mi sembrano il colmo dell'indecenza. E' una condizione normalissima. Gli europei, più ragionevoli, fanno dei complimenti alle madri che sono in attesa. Senza arrivare a questo punto, lo trovo però più giusto della nostra finta ignoranza. E le donne dovrebbero esserne orgogliose invece di nascondersi come se commettessero un delitto.

- Orgogliose! - e la voce di Rossella era strozzata. - Che orrore! -

- Non siete fiera di avere un bambino? -

- Dio mio, no! Non mi piacciono i bambini! -

- Volete dire... il bambino di Franco? -

- No... di chiunque! -

Per un attimo si sentì nuovamente a disagio, accorgendosi di quest'altro errore di espressione; ma Rhett continuò con voce calma, come se non lo avesse notato:

- In questo siamo diversi. Io amo i bambini. -

- Li amate? - E fu così stupita di questa dichiarazione che dimenticò il proprio imbarazzo. - Che bugiardo! -

- Amo i bambini e i ragazzi finché non cominciano a crescere e ad acquistare il modo di pensare degli adulti e la loro abilità di mentire e di essere furfanti e mascalzoni. Del resto questa non è una novità per voi. Sapete che voglio molto bene a Wade Hamilton, benché non sia il ragazzo che dovrebbe essere. -

Era vero, ricordò Rossella. Gli piaceva giocare con Wade e spesso gli portava dei regali.

- E giacché siamo venuti a parlare di questo terribile argomento, e voi ammettete che fra non molto avrete un bambino, vi dirò qualche cosa che desidero dirvi da un pezzo: anzi, due cose. Prima di tutto, che è pericoloso per voi andare sola in carrozza. Lo sapete, perché vi è stato detto abbastanza spesso. Se personalmente può non importarvi di essere rapita o violentata, dovete considerare le conseguenze. A causa della vostra ostinazione potete trovarvi in una situazione per la quale i vostri coraggiosi concittadini potranno essere costretti a vendicarvi facendo la pelle ad alcuni negri; e questo scatenerà gli yankees contro di loro e probabilmente ne condurrà qualcuno al capestro. Vi è mai venuto in mente che forse una delle ragioni per cui le signore non vi amano è che la vostra condotta può condurre alla forca i loro mariti e figli? Inoltre, se il Ku Klux fa la pelle ad altri negri, gli yankees diventeranno talmente spietati che la condotta di Sherman sembrerà angelica a confronto. So quello che dico, perché sono in grande intimità con gli yankees. Mi trattano come uno di loro, - mi vergogno di dirlo e parlano senza riguardo. Vogliono distruggere il Ku Klux anche se dovessero incendiare di nuovo tutta la città e impiccare tutti i maschi al di sopra dei dieci anni. Sarebbe un danno anche per voi, Rossella. Perdereste del denaro. E non si può dire a che punto può fermarsi l'incendio di una prateria, una volta iniziato. Confisca di proprietà, aumenti di tasse, multe a persone sospette... Li ho uditi proporre di tutto. Il Ku Klux...-

- Ne conoscete nessuno del Ku Klux? Sapete se Tommy Wellburn o Ugo...-

Egli si strinse nelle spalle con impazienza.

- Come volete che li conosca? Io sono un rinnegato e un affarista. Ma so di alcuni che sono sospettati; basta un falso movimento da parte loro per poterli considerare come impiccati. Mentre so che non avreste alcun rimpianto se mandaste al capestro i vostri amici, sono certo che vi dispiacerebbe perdere i vostri stabilimenti. Vedo dall'espressione caparbia del vostro viso che non mi credete e che le mie parole cadono nel vuoto. Perciò vi dico soltanto: tenete a portata di mano la pistola; e quando io sono in città farò il possibile per potervi sempre accompagnare. -

- Rhett, ma è proprio per proteggermi che...-

- Sì, mia cara. E' il mio sentimento cavalleresco che mi induce a proteggervi. - La fiammella beffarda ricominciò a danzare nei suoi occhi neri. Ogni barlume di serietà scomparve dal suo volto. - E perché? Per il profondo amore che ho per voi, signora Kennedy. Sì; silenziosamente ho avuto fame e sete di voi, e vi ho adorata da lontano; ma siccome sono un uomo onesto come il signor Ashley Wilkes, ve l'ho celato. Voi siete, ahimè, moglie di Franco, e l'onore mi vieta di rivelarvi il mio sentimento. Ma come anche l'onore del signor Wilkes qualche volta si screpola, così anche il mio oggi si è incrinato ed io rivelo la mia segreta passione che...-

- Per carità, smettetela! - interruppe Rossella, annoiata come sempre quand'egli le faceva dei discorsi di questo genere, e desiderosa di mutare argomento, ma evitando quello di Ashley. Che cos'era l'altra cosa che volevate dirmi? -

- Come? Cambiate discorso mentre io vi sto offrendo un cuore amante ma esulcerato? Beh, l'altra cosa è questa. - La luce beffarda si spense di nuovo e il suo volto si oscurò.

- Voglio che facciate qualche cosa per questo cavallo. E' caparbio e ha una bocca dura come il ferro. Credo che guidarlo vi stanchi parecchio, no? Sono sicuro che se prende la mano, vi sarà impossibile fermarlo. E se vi trascina in un fosso, questo può significare la morte per il vostro bambino e per voi. Dovreste mettergli un morso molto più pesante e permettermi di cambiarlo con un cavallo più docile e con la bocca più sensibile. -

Ella guardò il suo viso distratto e si sentì disarmata di fronte alla bontà e alla premura di lui. Provò un impeto di gratitudine e si chiese perché egli non era sempre così gentile.

- Infatti, è un cavallo difficile da guidare - acconsentì debolmente. - A volte le braccia mi dolgono per tutta la notte. Fate quel che vi sembra meglio, Rhett. -

- Questo è molto gentile e femminile, signora Kennedy. Non è il vostro solito modo di parlare. Bisogna proprio sapervi trattare per rendervi flessibile come un virgulto. -

Ella s'impennò immediatamente.

- Scendete subito, altrimenti vi picchio con la frusta. Non so perché cerco di essere gentile con voi. Siete malvagio. Privo di morale. Non siete altro che...Insomma andatevene. -

Egli discese, sciolse il suo cavallo legato dietro al calessino, e rimase fermo in mezzo alla strada nella semi oscurità del crepuscolo, con un sorriso irritante; a sua volta ella non fu capace di nascondere il proprio sorriso mentre si allontanava.

Sì, era volgare, malizioso, malfido e non si poteva mai prevedere in che momento la spada smussata con la quale giocherellava si sarebbe tramutata in lama tagliente. Ma era divertente ed eccitante come... sicuro, come un bicchiere d'acquavite!

In quegli ultimi mesi Rossella aveva imparato l'uso dell'acquavite. Quando tornava a casa nel tardo pomeriggio, bagnata di pioggia, intirizzita e indolenzita dalle lunghe ore passate nel carrozzino, la sola cosa che le dava forza era il pensiero della bottiglia chiusa nel primo cassetto del suo canterano, nascosta agli sguardi scrutatori di Mammy. Il dottor Meade non aveva pensato ad avvertirla che una donna nelle sue condizioni non doveva bere, perché non gli era mai venuto in mente che una signora per bene bevesse altro che qualche bicchierino di moscato. Eccetto, naturalmente, un bicchiere di champagne in occasione di un matrimonio, o di vino caldo quando era costretta a letto dal raffreddore. Senza dubbio vi erano delle disgraziate che bevevano, nello stesso modo come ve n'erano altre che erano pazze o divorziate; e questa era una sventura per le loro famiglie. Ma ad onta della sua disapprovazione per la condotta di Rossella, il dottore non aveva mai sospettato che ella bevesse.

La giovane donna aveva scoperto che un bicchierino di acquavite prima di cena le faceva molto bene; poi faceva un gargarismo con l'acqua di Colonia o masticava qualche chicco di caffè per mascherare l'odore. E quando non riusciva a dormire e si rigirava nel letto tormentata dalla paura della povertà, dalla minaccia degli yankees, dalla nostalgia per Tara e dal desiderio di Ashley, sarebbe impazzita se non avesse avuto l'acquavite che spandeva nelle sue vene un calore benefico. Allora le sue preoccupazioni si attenuavano; dopo tre bicchierini ella poteva sempre dire a se stessa: "Penserò a queste cose domani, quando potrò sopportarle meglio".

Ma alcune notti neppure l'acquavite calmava la pena del suo cuore, la pena che era più forte perfino della paura di perdere gli stabilimenti: la nostalgia per Tara. Ella amava Atlanta, ma... Oh, la dolce pace e la tranquillità di Tara, i campi rossicci e i pini bruni che li circondavano! Tornare a Tara per quanto la vita potesse esser dura! Ed essere accanto ad Ashley, vederlo, udirlo parlare, essere sorretta dalla conoscenza del suo amore!

"Andrò a casa in giugno. Qui non posso più far nulla dopo quell'epoca. Vi andrò per un paio di mesi." Pensava a questo con sollievo. E vi andò in giugno, ma non come desiderava; vi andò perché nei primi giorni del mese giunse un breve messaggio di Will che annunciava la morte di Geraldo.

39

Il treno era in ritardo, e il lungo crepuscolo di giugno bagnava la campagna, quando Rossella scese alla stazione di Jonesboro. Pochi lumi ardevano nelle botteghe e nelle case rimaste nel villaggio; qua e là vaste zone di terreno fra le case che fiancheggiavano la strada principale mostravano dove erano state demolite o incendiate altre abitazioni. Pochi cavalli da sella e pariglie di mule erano legate alla barriera di legno dinanzi al negozio di Bullard. La strada rossa e polverosa era deserta. E i soli segni di vita nel villaggio erano poche voci e risate di ubriachi che giungevano da una bettola in fondo alla strada.

Il deposito non era stato ricostruito dopo che lo avevano incendiato durante la battaglia; al suo posto era soltanto una tettoia di legno. Rossella andò a sedere su uno dei bariletti vuoti che funzionavano da sedili, guardandosi in giro in cerca di Will Benteen. Avrebbe dovuto trovarsi alla stazione per riceverla; non poteva dubitare che ella avrebbe preso il primo treno possibile, appena ricevuto il laconico messaggio che l'informava della morte di Geraldo.

Era partita così in fretta che aveva messo nella sacca da viaggio soltanto una camicia da notte e uno spazzolino per i denti; nemmeno un cambio completo di biancheria. Si sentiva a disagio nella stretta veste nera che s'era fatta prestare dalla signora Meade, non avendo avuto il tempo di provvedersi un abito da lutto. La signora Meade era molto magra adesso; inoltre la gravidanza di Rossella rendeva l'abito anche più stretto. Malgrado il dolore che provava per la morte di Geraldo, ella non dimenticava il proprio aspetto e guardava con disgusto il suo corpo ingrossato. La sua figuretta non esisteva più; il volto e le caviglie erano gonfi. Finora non si era molto preoccupata del suo fisico; ma sapendo di dover vedere Ashley fra un'ora, vi pensava molto. E si sentiva assai turbata di dovergli apparire dinanzi portando in seno il figlio di un altro. Le sembrava che quel figlio fosse una prova di infedeltà al suo amore per lui. Ma soprattutto le dispiaceva che egli dovesse vederla con la vita goffa e il passo pesante: cosa che non poteva evitare.

Batté il piede con impazienza. Will sarebbe dovuto venire a prenderla. Senza dubbio, poteva andare da Bullard a chiedere di lui o - qualora le dicessero che non era potuto venire - a sentire se vi era qualcun altro che potesse accompagnarla a Tara. Ma le seccava entrare nella bottega. Era sabato e probabilmente vi sarebbe stata una metà degli uomini della Contea. Le seccava farsi vedere, nel suo stato, con quell'abito stretto che accentuava la sua deformità. E non aveva voglia di udire le condoglianze per la morte di Geraldo. Non aveva bisogno di simpatia. Sentiva che se qualcuno le nominasse suo padre, si metterebbe a piangere. E non voleva. Sapeva che se cominciasse, piangerebbe come quella volta nella criniera del cavallo, durante la tremenda notte della caduta di Atlanta, quando Rhett l'aveva lasciata sulla strada oscura; terribili lacrime che spezzavano il cuore e non si potevano fermare.

No, non voleva piangere! Sentì nuovamente il nodo alla gola, come tante volte da quando aveva ricevuto la notizia; ma piangere non serviva a nulla: solo a indebolirla. Ma perché né Melania né Will né le ragazze le avevano scritto che Geraldo era ammalato? Sarebbe accorsa a curarlo, avrebbe condotto un medico da Atlanta... Che sciocchi, tutti quanti! Possibile che senza di lei non sapessero far nulla? Lei non poteva essere contemporaneamente in due luoghi; e ad Atlanta faceva del suo meglio per aiutare tutti loro!

Si agitò sul sedile, diventando nervosa nel vedere che Will non giungeva. Dov'era? In quel momento udì scricchiolare sotto un passo pesante la cenere che copriva le rotaie dietro a lei; voltandosi vide Alex Fontaine che attraversava i binari e si avviava verso un carro, portando sulle spalle un sacco d'avena.

- Oh Dio! Siete proprio voi, Rossella? - esclamò egli lasciando cadere il sacco e correndo a stringerle la mano; sul suo viso piccolo e bruno si leggeva uno schietto piacere - Sono felice di vedervi. Ho visto Will dal maniscalco; faceva ferrare il cavallo. Il treno era in ritardo, quindi egli ha creduto di avere abbastanza tempo. Volete che corra a cercarlo? -

- Sì, Alex, per favore. - E malgrado il suo dolore, sorrise. Era così piacevole rivedere un volto della Contea! -

- Oh... hm...Rossella - cominciò Alex goffamente tenendole ancora la mano - sono tanto addolorato... per vostro padre. -

- Grazie - rispose Rossella; e le dispiacquero le parole di lui perché rievocavano il volto florido e la voce tonante di Geraldo.

- Se può essere un conforto per voi, vi dirò Rossella, che tutti qui eravamo fieri di lui. Egli... sì, ci figuriamo che sia morto come un soldato per la buona Causa. -

Che diamine voleva dire? Un soldato? Qualcuno lo aveva ucciso? Si era trovato in una rissa? Ma non volle udire di più. Avrebbe pianto, se avesse parlato di lui; e non voleva piangere finché non fosse nel veicolo con Will, in campagna, dove nessuno poteva vederla. Will non aveva importanza. Era come un fratello.

- Alex, non voglio parlarne - replicò brevemente.

- Non vi dò torto, Rossella - riprese Alex mentre il suo volto si accendeva di collera. - Se fosse mia sorella... Sentite, Rossella: non ho mai detto una parola contro una donna; ma sono convinto che Susele meriterebbe una buona frustata. -

Ma che sciocchezze stava dicendo? Che c'entrava Susele?

- Mi dispiace dirvi che tutti la pensano allo stesso modo sul suo conto. Will è il solo che prende le sue parti... e anche miss Melania; ma lei è una santa e non vede il male in nessuno...-

- Ho detto che non desidero parlarne - ripeté Rossella freddamente; ma Alex non parve impermalito. Sembrò comprenderla e questo le diede noia. Ella non voleva sentire sparlare della propria famiglia da un estraneo e non voleva che egli si accorgesse della sua ignoranza intorno all'accaduto. Perché Will non le aveva scritto ogni cosa?

Le spiacque che Alex la guardasse con tanta insistenza. Certo si era accorto delle sue condizioni e questo la imbarazzava. Invece Alex, scrutandola nella scarsa luce crepuscolare, si stupiva di vederla così mutata, quasi irriconoscibile. Era forse perché si trovava in stato interessante? O il dolore per la morte del vecchio babbo, di cui era stata la preferita? Ma no, il mutamento era più profondo. Veramente, aveva migliore aspetto di quando l'aveva vista per l'ultima volta: almeno, ora si vedeva che mangiava regolarmente. E dai suoi occhi era scomparsa quell'espressione di animale inseguito. Piuttosto erano duri e imperiosi; e in tutta lei era un'aria di autorità e di sicurezza, anche quando sorrideva. Indubbiamente era una bella donna; ma non aveva più quella dolcezza un po' birichina che la rendeva così attraente e quel modo lusinghevole di guardare gli uomini che li faceva impettire tutti quanti.

D'altronde, non erano tutti mutati? Alex guardò i propri rozzi abiti e il suo volto riprese la consueta espressione di amarezza. A volte, quando non riusciva ad addormentarsi, si chiedeva come sarebbe stato possibile far fare l'operazione a sua madre; come si sarebbe fatto per dare un'educazione al bimbo del defunto Joe; come poteva procurarsi il denaro per un'altra mula; e allora rimpiangeva che la guerra fosse finita e che non durasse sempre. Allora, essi non comprendevano la loro fortuna. Nell'esercito vi era sempre da mangiare, sia pure pane di granturco; sempre qualcuno che dava gli ordini, sicché non si aveva quella terribile responsabilità dei molteplici problemi da risolvere... nessun'altra preoccupazione che quella di essere ucciso. E poi, vi era Dimity Munroe. Alex desiderava sposarla e sapeva che non era possibile avendo già da pensare al mantenimento di tante persone. La amava da tanto tempo; ed ora le rose delle sue guance cominciavano a sfiorire e i suoi occhi ad essere meno giocondi. Se almeno Toni non fosse fuggito nel Texas! Un altr'uomo che aiutasse risolverebbe la situazione. Invece suo fratello, così simpatico e vivace, errava chi sa dove, nell'Ovest, senza un quattrino... Sì, tutti erano cambiati. Sospirò profondamente.

- Non vi ho ringraziata per ciò che voi e Franco avete fatto per Toni disse poi. - Siete stati voialtri, non è vero?, che lo avete aiutato a fuggire? Ho sentito dire che è arrivato sano e salvo nel Texas. Non ho avuto il coraggio di scrivervi per domandarvi... Ma gli avete prestato del denaro? Vorrei restituirvelo...-

- Per carità Alex, tacete! Non parliamo di questo adesso! - Per una volta tanto, non le importava del denaro.

Alex rimase in silenzio per un istante.

- Vado a cercare Will - riprese quindi - e domani verremo tutti al funerale. -

Mentre raccoglieva il sacco di avena e si voltava per andarsene, un carretto sconquassato svoltò da una strada laterale e venne a fermarsi cigolando dinanzi a loro. Will gridò prima di scendere:-- Scusate il ritardo, Rossella. -

Discese goffamente, le si avvicinò zoppicando e si curvò a baciarla sulle gote. Non l'aveva mai baciata e non aveva mai mancato di far precedere il suo nome da "miss"; questo, mentre la stupì, le fece piacere perché le diede un senso di calore. Egli la aiutò con molta attenzione a salire nel carretto scavalcando la ruota; guardando il veicolo Rossella riconobbe che era quello stesso carretto sul quale era fuggita da Atlanta. Come aveva potuto durar tanto? Will doveva tenerlo con molta cura. Il ricordo di quella notte le fece male. Avesse dovuto fare a meno delle scarpe ed economizzare sul cibo, avrebbe provveduto a un nuovo carro per Tara, facendo bruciare questo.

Dapprima Will non parlò; e Rossella gliene fu grata. Lasciarono il villaggio e, per la strada rossa, si avviarono verso Tara. Un pallido rosa indugiava ancora nel cielo; grossi cirri fioccosi avevano riflessi d'oro e di verde chiaro. La pace del crepuscolo campestre scendeva sopra di loro calmante come una preghiera. Come aveva potuto resistere tanti mesi - pensò Rossella lontana dal fresco profumo dei campi, dalla terra arata, dalla dolcezza delle notti d'estate? Il terreno umido aveva un sentore così piacevole, così familiare che ella provò il desiderio di scendere a raccoglierne una manciata. Il caprifoglio che si arrampicava sui muriccioli purpurei ai due lati della strada rivestendoli di un drappeggio verde, emanava una fragranza acuta come sempre dopo la pioggia; ed era il profumo più soave del mondo. Sul loro capo uno stormo di rondini roteò rapidamente; a quando a quando un coniglio spaventato si fermava per un attimo in mezzo alla strada, con la bianca coda ritta come un piumino per la cipria. Ella vide con piacere che il cotone cresceva bene: gli arbusti verdi si drizzavano vigorosi sulla terra vermiglia. Com'era bello tutto ciò! Come mai era rimasta assente tanto tempo?

- Rossella, prima di parlarvi del signor O'Hara... desidero dirvi tutto prima che arriviate a casa... debbo chiedervi la vostra opinione su una faccenda. Oramai vi considero come il capo di casa. -

- Di che si tratta, Will? -

Egli volse per un attimo su lei il suo sguardo dolce e sereno.

- Vorrei la vostra approvazione per il mio matrimonio con Susele. -

Rossella si afferrò al sedile, così stupita che per poco non cadde all'indietro. Sposare Susele! Chi poteva avere quell'idea, dopo che lei le aveva portato via Franco? -

- Dio mio, Will! -

- Debbo comprendere che non vi opponete? -

- Oppormi? No, ma... Mi avete tolto il respiro! Sposare Susele! Ho sempre creduto che vi interessaste a Carolene. -

Will non distolse gli occhi dal cavallo; il suo profilo non mutò ma a Rossella parve che egli sospirasse impercettibilmente.

- Forse era così. -

- E non vi vuole? -

- Non gliel'ho mai chiesto. -

- Ma è una sciocchezza! Domandateglielo! E' molto migliore di Susele! -

- Rossella, voi ignorate molte cose che sono successe a Tara. Non vi siete molto occupata di noi in questi ultimi mesi. -

- Non mi sono occupata di voi? - Rossella prese fuoco subito. - Che cosa credete che sia rimasta a fare ad Atlanta? Immaginate che vada a spasso in tiro a quattro e frequenti le feste da ballo? Non vi ho mandato sempre del denaro? Non ho pagato le tasse e fatto aggiustare il tetto e comprato il nuovo aratro e le mule? Non ho...-

- Non cominciate subito a infiammarvi - ribatté egli imperturbabile. - Se vi è qualcuno che sa ciò che avete fatto, quello sono io; e posso dire che il vostro è stato il lavoro di due uomini! -

Un po' raddolcita, lo interrogò. - E allora, che volete dire? -

- Avete riattato il tetto sul nostro capo e riempito di viveri la dispensa; non lo nego; ma non vi siete occupata di quello che poteva accadere nella testa dei diversi individui a Tara. Non vi biasimo, Rossella, voi siete fatta così: non vi siete mai interessata molto di quello che pensavano le persone. Ma sto cercando di dirvi che se non ho mai chiesto Carolene è stato perché sapevo che era inutile. Ella è stata per me come una sorellina ed è stata più schietta con me che con chiunque altro. Ma non ha mai dimenticato quel ragazzo morto e non lo dimenticherà mai. Ed è meglio che sappiate subito la sua intenzione di entrare in un convento presso Charleston. -

- Volete scherzare? -

- Sapevo che sareste rimasta sbalordita; e volevo appunto pregarvi di non discutere con lei su questo; di non sgridarla e di non ridere di lei. Lasciatela andare. Non desidera altro. Ha il cuore spezzato. -

Will pronunciò queste parole con flemma; quindi si chinò a raccogliere una pagliuzza in fondo al carretto e la mise in bocca. Quell'osservazione gli diede un vantaggio sopra di lei. Come sempre, quando sentiva dire la verità, per quanto spiacevole, quel fondo di onestà che era in Rossella la costringeva a riconoscerla. Rimase senza parlare alquanto, cercando di abituarsi all'idea di veder Carolene monaca.

- Promettetemi di non fare delle storie con lei. -

- Va bene, prometto. - Lo guardò con una nuova comprensione e una certa sorpresa. Will aveva amato Carolene, e la amava ancora abbastanza da prendere le sue difese e cercare di facilitarle l'adempimento dei suoi desideri; eppure voleva sposare Susele.

- E che cos'è questa faccenda di Susele? Non le volete bene, che io sappia? -

- Oh sì, in un certo senso... Susele non è cattiva come credete. Sono sicuro che andremo abbastanza d'accordo. Susele ha bisogno soltanto di avere un marito e dei bambini; del resto questa è la cosa di cui tutte le donne hanno bisogno. -

Il carro trabalzò per alcuni minuti sulla strada piena di buche senza che nessuno dei due parlasse. Rossella rifletteva. Doveva esservi qualche cosa che non appariva, qualche cosa di più profondo e importante, per indurre il pacato e mite Will a sposare una creatura scontenta e brontolona come Susele.

- Non mi avete detto la vera ragione, Will. Ho il diritto di conoscerla se sono il capo della famiglia. -

- E' giusto; e spero che comprenderete. Io non posso lasciare Tara, Rossella: è come se fosse la mia casa, la sola casa che ho mai avuto; voglio bene ad ogni pietra di Tara, dove ho lavorato come se fosse cosa mia. E quando si comincia a lavorare per una cosa, ci si affeziona ad essa. Capite? -

Ella comprese; e provò un impeto di affetto per lui, perché anch'egli voleva bene a ciò che ella amava più di tutto.

- Ed ora che vostro padre non c'è più e Carolene va in convento, resteremmo soltanto io e Susele; capirete che io non potrei vivere a Tara senza sposare vostra sorella. Sapete bene come chiacchiera la gente. -

- Ma... ma c'è Melania... e Ashley...-

Al nome di Ashley egli si volse a guardarla coi suoi occhi inscrutabili. Ancora una volta ella ebbe la sensazione che Will sapesse e comprendesse tutto di lei e di Ashley, senza biasimare né approvare.

- Se ne andranno fra breve. -

- Se ne andranno? E dove? Tara è casa loro come è casa vostra. -

- No, non è casa loro. E Ashley ha l'impressione di non guadagnare il suo mantenimento. Fa del suo meglio; ma non è nato per fare il coltivatore; voi lo sapete come lo so io. Se va a spaccar legna, c'è il pericolo che si dia l'accetta sul piede, ed è incapace di fare un solco dritto con l'aratro. Ma non è colpa sua: non è il suo mestiere. Ed è un tormento per lui vivere a Tara della carità di una donna, senza poter fare molto per ripagarla...-

- Carità? Ha forse detto...? -

- No, mai una parola. Voi lo conoscete. Ma io ne sono certo. Stanotte, mentre vegliavamo vostro padre, gli ho detto che avevo chiesto Susele e che lei aveva detto di sì. Allora Ashley mi disse che questo era un gran sollievo per lui, perché capiva che, dopo la morte del signor O'Hara, lui e sua moglie sarebbero stati costretti a rimanere a Tara per non far chiacchierare la gente a proposito di me e di Susele. E mi disse che stava progettando di lasciare Tara per andare in cerca di lavoro.

- Lavoro? Che lavoro? E dove? -

- Non so con precisione; ma mi ha detto che andrà nel Nord. Ha un amico yankee a New York, il quale gli ha scritto a proposito di non so che impiego in una banca. -

- Oh no! - fu un grido che sfuggì a Rossella; e a quel grido Will le lanciò lo stesso sguardo di prima.

- Forse sarà meglio che vada nel Nord. -

- No! No! Non credo! -

Il suo cervello lavorava febbrilmente. Ashley non doveva andare nel Nord. Altrimenti non lo vedrebbe più. Anche se non lo vedeva da mesi, se non aveva mai più parlato con lui dopo la scena del frutteto, non era passato giorno che ella non avesse pensato a lui, rallegrandosi che fosse sotto il suo tetto. E non aveva mai mandato un dollaro a Will senza pensare che anche quello sarebbe servito a rendere più piacevole la vita di Ashley. Certo egli non era nato per quella vita, per arare la terra e spaccare la legna e non faceva meraviglia, perciò, che desiderasse lasciare Tara.

Ma Rossella non poteva lasciarlo andar via dalla Georgia. Se fosse necessario, pregherebbe Franco di dargli un posto nella sua bottega, licenziando il commesso che ora aveva. Ma no... neanche quello era il posto di Ashley! Un Wilkes commesso di negozio! Mai! Eppure doveva esservi qualche cosa...

Ma sicuro, la sua segheria! Ma accetterebbe Ashley un'offerta da lei? Non gli sembrerebbe ancora una carità? Bisognava fargli credere che fosse un favore che faceva lui a Rossella. Bisognava licenziare Johnson e mettere Ashley nella vecchia segheria, lasciando Ugo a gestire la nuova. Ella spiegherebbe ad Ashley che la salute malferma di Franco e il dover badare al negozio impedivano a suo marito di aiutarla; e parlerebbe della sua attuale condizione come di un altro motivo per il quale aveva bisogno del suo aiuto.

Gli farebbe comprendere che di quest'aiuto non poteva fare a meno. E lo cointeresserebbe per metà negli utili dello stabilimento... pur di averlo vicino, pur di farlo sorridere, pur di carpire qualche volta un suo sguardo che le dicesse che le voleva ancora bene. Ma promise a se stessa che mai più tenterebbe di indurlo a parlarle d'amore, mai più cercherebbe di fargli rinunciare a quello stupido onore che egli apprezzava più dell'amore. E doveva trovar modo di farglielo comprendere; altrimenti egli potrebbe rifiutare, per timore di un'altra scena terribile come l'ultima.

- Posso trovargli qualche cosa da fare ad Atlanta - disse.

- Questo è affar vostro e suo - rispose Will e si rimise la pagliuzza in bocca. - Ora, Rossella, debbo chiedervi ancora qualche cosa, prima di parlarvi di vostro padre. Desidero che non abbiate a rimproverare Susele. Quello che è fatto è fatto, e anche se la scorticaste, non richiamereste in vita il signor O'Hara. Del resto, lei ha creduto onestamente di fare per il meglio. -

- Volevo appunto chiedervi... Che cos'è successo? Alex mi ha detto delle frasi confuse, accennandomi che bisognerebbe picchiarla...Che ha fatto? -

- In verità, sono tutti irritati contro di lei. Tutti quelli che ho visto oggi a Jonesboro mi hanno giurato che la faranno a pezzi la prima volta che la vedranno; ma vedrete che si calmeranno. Promettetemi che non le direte nulla. Non desidero che vi siano questioni stasera col cadavere del signor O'Hara nel salotto. -

"Parla come se fosse già il padrone di Tara!" pensò Rossella indignata.

E quindi ebbe la visione di Geraldo morto, nel salotto, e cominciò a singhiozzare disperatamente.

Will le passò un braccio intorno alla vita, la strinse affettuosamente e non le disse nulla.

Mentre il carro sobbalzava nelle buche della strada, Rossella, col capo appoggiato sulla spalla di Will, non ricordava più il Geraldo degli ultimi due anni, il vecchio smemorato che attendeva sempre una donna che non tornerebbe mai più. Rivedeva il vecchio pieno di vivacità, con la sua criniera d'argento, la sua rumorosa gaiezza, i suoi scherzi, la sua generosità. Ricordava che quando era bimba, egli le era sembrato l'uomo più meraviglioso del mondo: quel babbo impetuoso che la portava in sella con sé quando saltava le siepi, la sculacciava quando era cattiva, gridava quando ella gridava e la perdonava per farla tacere. E lo rivedeva quando tornava da Charleston o da Atlanta carico di doni che non erano mai appropriati; e ricordava anche, con un debole sorriso fra le lagrime, quando tornava a casa ubriaco cantando a squarciagola delle canzoni irlandesi. E com'era avvilito, l'indomani mattina, dinanzi ad Elena. Ecco, ora l'aveva finalmente raggiunta! -

- Perché non mi avete scritto che era ammalato? Sarei venuta subito...-

- Non è stato ammalato neanche un minuto. Tenete, cara, prendete il mio fazzoletto. Ora vi dirò tutto.-

Ella si soffiò il naso nel fazzoletto di lui; neanche un fazzolettino aveva portato con sé! E poi si rannicchiò nel cavo del suo braccio. Com'era buono Will! E sempre così calmo!

- E' stato così. Voi ci avete mandato il denaro ed io e Ashley abbiamo pagato le tasse, comprato le mule, le sementi e poi qualche maiale e dei polli. Miss Melly si occupa delle galline e fa molto bene.

E' una brava donna, miss Melly. Insomma, dopo aver comprato tutto quello che occorreva, era rimasto ben poco. Ma nessuno di noi si lamentava, eccetto Susele. Miss Melania e Carolene stavano in casa e portavano i loro abiti vecchi con orgoglio; ma voi conoscete Susele. Non si è mai abituata alle privazioni. Si seccava moltissimo di essere così mal vestita quando io la conducevo a Jonesboro o a Fayetteville; specialmente perché alcune di quelle signo... donne dei "Carpetbaggers" andavano in giro in gran lusso. E le mogli di quei maledetti yankees! Insomma, per le signore della Contea è un punto d'onore, il portare quello che hanno di peggio; ma per Susele no. E si era anche messa in mente di avere un cavallo e una carrozza, dicendo che anche voi ne avete una. -

- Non è una carrozza: è un vecchio calessino - disse Rossella sdegnata.

- Non ha importanza. Tanto vale che io vi dica anche che Susele non ha mai digerito il fatto che voi avete sposato Franco Kennedy; e non le posso dare tutti i torti. Dovete convenire voi pure che non è stato un bello scherzo da fare a una sorella. -

Rossella si sollevò dalla sua spalla, furibonda come un serpente pronto a scattare.

- Un bello scherzo? Vi prego di moderare i termini, Will Benteen! Potevo forse evitare che mi preferisse a lei? -

- Voi siete una ragazza coraggiosa, Rossella; e sono sicuro che avreste potuto evitarlo. Le ragazze vi riescono sempre, se vogliono. E invece dovete averlo lusingato. Ed era lo spasimante di Susele. Una sua lettera scritta una settimana prima che voi giungeste ad Atlanta, era tutta zucchero e miele e diceva che pensava di sposarla appena avesse messo assieme un po' di denaro. Susele mi ha fatto leggere la lettera.

Rossella tacque perché sapeva che egli diceva la verità. Non si sarebbe mai aspettata di essere giudicata da Will. E la menzogna detta a Franco non le era mai pesata molto sulla coscienza. Se una ragazza non sapeva trattenere un corteggiatore, voleva dire che meritava di perderlo.

- Non dite cattiverie, Will. Credete che se Susele lo avesse sposato avrebbe speso un centesimo per Tara o per uno di noi? -

- No, non credo che avremmo mai visto un penny del vecchio Franco. Ma il vostro è stato lo stesso un brutto scherzo; e se volete dire che il fine giustifica i mezzi, la cosa non mi riguarda. Insomma, Susele dopo di allora è diventata noiosa e pungente come una vespa. Non credo che gli volesse bene, ma era stata ferita nella sua vanità; e poi la tormentava il fatto che voi avevate abiti e carrozza e vivevate ad Atlanta mentre lei era sepolta a Tara. E a lei piace andare a ricevimenti e visite... Le donne sono così. Breve: un mese fa la condussi a Jonesboro e la lasciai andare a far delle visite mentre io mi occupavo di affari; quando tornammo a casa era silenziosa ma vidi che era così eccitata che stava per scoppiare. Credetti che avesse sentito qualche pettegolezzo interessante e non vi feci molta attenzione. Per circa una settimana la vidi girare per casa sempre eccitata ma senza dir nulla. Poi, andò a far visita a miss Catina Calvert... Oh, se la vedeste, Rossella! Povera figliuola, era meglio che morisse piuttosto che sposare quel pusillanime yankee, quell'Hilton. Sapevate che egli aveva ipotecato la casa e che ora l'ha perduta e debbono andar via?

- Non lo so e non m'importa di saperlo. Voglio sapere del babbo. -

- Ora ci arrivo - continuò Will con pazienza. - Quando tornò a casa disse che tutti quanti avevamo mal giudicato Hilton. Disse che era una persona perbene, ma tutti noi ridemmo di questo. Allora cominciò a condurre a spasso vostro padre nel pomeriggio; e molte volte tornando a casa li vedevo seduti sul muricciolo attorno al cimitero, e vedevo che gli parlava con vivacità agitando le mani. E lui la guardava perplesso scuotendo la testa. Voi sapete com'era ridotto, Rossella. Sempre più stordito, senza più sapere dov'era e chi erano le persone attorno a lui. Una volta la vidi che indicava la tomba di vostra madre e il signor O'Hara cominciò a piangere. E quando tornò a casa tutta eccitata e felice, io le parlai molto aspramente. "Che cosa vi viene in mente" le dissi "di tormentar il vostro povero babbo parlandogli della mamma?" Lei si mise a ridere e mi rispose: "Occupatevi dei vostri affari. Un giorno sarete contento di quello che faccio." Quella sera miss Melly mi disse che Susele le aveva raccontato il suo progetto ma lei non credeva che avesse parlato sul serio. E non ne aveva accennato a nessuno di noi perché la sola idea la sconvolgeva. -

- Ma che idea? Volete spiegarmi una buona volta? A momenti siamo a casa. Ed io voglio sapere. -

- Sto cercando di dirvelo. E siamo così vicini che sarà meglio fermarci finché non ho finito. -

Tirò le redini e il cavallo si fermò. Erano presso la siepe di serenella che segnava il limite della proprietà dei MacIntosh. Attraverso gli alberi Rossella scorgeva i grandi comignoli spettrali ancora ritti sulle rovine silenziose. Avrebbe preferito che Will avesse scelto un altro luogo per fermarsi.

- Insomma, la sua idea era questa: far ripagare agli yankees il cotone che hanno bruciato, la roba che hanno portato via e le barriere e le tettoie che hanno demolite. -

- Agli yankees? -

- Non ne avete sentito parlare? Il governo yankee indennizza tutti gli abitanti del Sud simpatizzanti con l'Unione che hanno avuto danni nelle loro proprietà. -

- Sì; l'ho sentito dire. Ma, noi che c'entriamo? -

- Secondo Susele, c'entriamo moltissimo. Quel giorno che venne a Jonesboro incontrò la signora MacIntosh, e mentre discorrevano Susele notò che la signora aveva un bel vestito e le chiese come mai... Allora la MacIntosh si diede molte arie dicendo che suo marito aveva reclamato presso il governo federale perché era stata distrutta la proprietà di un leale simpatizzante per l'Unione, il quale non aveva mai dato aiuto alla Confederazione in nessun modo. -

- Oh, non hanno mai dato niente a nessuno, quegli scozzesi! interruppe Rossella con violenza.

- Può darsi. Io non li conosco. Ad ogni modo, il governo ha dato loro non so più quante migliaia di dollari. Una bella cifra. Questo impressionò Susele, la quale vi pensò su, tutta la settimana, senza dirci nulla perché sapeva che ne avremmo riso. Ma bisognava pure che parlasse con qualcuno; fu allora che andò da miss Catina e parlò con quel maledetto straccione di Hilton, il quale le diede una quantità di altre idee. Le disse che vostro padre non era nato in questo paese, non aveva combattuto, non aveva avuto figli in guerra e non aveva mai coperto nessun ufficio sotto la Confederazione. E dato tutto questo si poteva affermare che il signor O'Hara era simpatizzante per l'Unione. Le riempì la testa: sicché, venuta a casa, Susele cominciò a parlare col signor O'Hara il quale, ci scommetterei, non sapeva neanche che cosa sua figlia gli dicesse. E certamente lei faceva assegnamento su questo per condurlo a fare il giuramento di fedeltà senza che egli se ne accorgesse neppure. -

- Papà pronunciare il giuramento! -

- Era così indebolito di mente che certamente lei vi contava. E nessuno di noi ha sospettato nulla di tutto questo. Vedevamo che stava combinando qualche cosa, ma non avremmo mai supposto che si sarebbe servita della vostra defunta mamma per rimproverargli di lasciare che le sue figlie fossero vestite di stracci mentre poteva avere dagli yankees centocinquantamila dollari. -

- Centocinquantamila dollari - mormorò Rossella sentendo diminuire il suo orrore per il giuramento.

Quanto denaro! E per averlo bastava firmare un giuramento di fedeltà al governo degli Stati Uniti, un giuramento che stabiliva che il firmatario aveva sempre subìto il governo precedente, senza mai dargli aiuto. Centocinquantamila dollari! Per una piccola menzogna! Davvero, non poteva biasimare Susele.

E Alex aveva detto che si sarebbe dovuto frustarla?! Erano pazzi, tutti quanti. Quante cose farebbe, lei, con quel denaro! Quante cose farebbero tutti quei pazzi della Contea! Che importava una piccola menzogna? Dopo tutto, qualunque cosa si potesse togliere agli yankees, era denaro bene acquistato, in qualunque modo.

- Ieri, verso mezzogiorno, mentre Ashley ed io eravamo a spaccar legna, Susele prese questo carretto, vi mise sopra vostro padre e andò con lui in città senza dir nulla a nessuno. Miss Melly ebbe un sospetto, ma sperando che Susele avrebbe mutato idea, non ci pose sull'avviso. Non credeva che Susele sarebbe stata capace... Oggi ho saputo che cosa era successo. Quel pusillanime Hilton pare che sia in buoni rapporti con gli altri repubblicani della Città e Susele gli aveva promesso di dar loro una parte del denaro - non so quanto - se essi acconsentivano a riconoscere che il signor O'Hara, da buon irlandese era stato un leale simpatizzante per l'Unione, e non aveva appartenuto all'esercito, eccetera eccetera; e se avessero firmato delle raccomandazioni. Vostro padre non doveva fare altro che giurare e firmare la carta che sarebbe poi stata mandata a Washington. La faccenda del giuramento fu rapida, vostro padre non disse nulla e tutto andò bene fino al momento di firmare. Allora parve che tornasse in sé per un istante e crollò il capo. Non credo che sapesse di che si trattava; ma la cosa non gli piaceva. Susele lo prendeva sempre al contrario, e l'esitazione di lui la irritò, dopo tutta la fatica che aveva fatta. Lo condusse via dall'ufficio e camminò con lui su e giù per la strada, dicendogli che vostra madre gridava contro di lui dalla tomba perché egli lasciava soffrire le sue figlie mentre avrebbe potuto provvedere a loro. Mi hanno detto che vostro padre piangeva come un bambino, come sempre quando udiva il nome di miss Elena. Tutti li videro, e Alex Fontaine si avvicinò a chiedere che cos'era successo - ma Susele gli rispose male dicendogli di occuparsi dei fatti suoi, sicché egli se ne andò furibondo. Non so come le venne l'idea; ma so che nel pomeriggio si provvide di una bottiglia di acquavite, condusse il signor O'Hara nell'ufficio e cominciò a farlo bere. Da un anno, Rossella, non abbiamo alcool a Tara, eccetto un po' di vino di more che fa Dilcey; quindi vostro padre non c'è più abituato. In breve fu ubriaco; e dopo che Susele ebbe ancora discusso e argomentato per un pezzo, finalmente disse di sì e acconsentì a firmare. Ma mentre stava per metter la penna sulla carta, Susele commise un errore. "Adesso" esclamò "gli Slattery e i MacIntosh la finiranno di darsi delle arie di superiorità con noi!" Dovete sapere che gli Slattery hanno fatto una richiesta di indennizzo molto elevata per quella catapecchia incendiata dagli yankees e il marito di Emma ha ottenuto il pagamento. Dunque, mi hanno detto che all'udire quei nomi il vostro babbo si è raddrizzato e l'ha guardata con occhio penetrante. Non era più smarrito; e le chiese: "Gli Slattery e i MacIntosh hanno firmato una carta come questa?" Susele cominciò a dire di sì e di no e a balbettare; e allora egli gridò ad alta voce: "Dimmi se quel maledetto orangista e quel maledetto straccione bianco hanno firmato una carta come questa!" E allora Hilton, credendo di calmarlo: "Sissignore, ed hanno avuto dei bei quattrini come li avrete voi." Il vecchio signore emise un ruggito come un toro. Alex Fontaine dice che lo sentì dalla bettola dove si trovava. E poi gridò: "E voi credete che O'Hara di Tara voglia seguire il sudicio esempio di un maledetto orangista e di un maledetto straccione bianco?" Lacerò la carta in due pezzi e la gettò sul viso di Susele urlando: "Tu non sei mia figlia!" e fu fuori dall'ufficio prima che i presenti potessero riaversi dalla sorpresa. Alex racconta che lo vide scendere in istrada come un toro infuriato; sembrava di nuovo quello di una volta e urlava e bestemmiava a piena voce, benché fosse ubriaco fradicio. Davanti alla bettola era il cavallo di Alex; vostro padre vi si arrampicò sopra in un batter d'occhio e scomparve in una nuvola di polvere continuando a bestemmiare con tutte le sue forze. Verso il crepuscolo Ashley ed io eravamo seduti in attesa, sui gradini del porticato, preoccupati di non vederlo tornare; miss Melania, al piano di sopra, piangeva gettata sul letto; non aveva voluto dirci nulla. A un tratto udimmo uno scalpitar di cavallo sulla strada e qualcuno che gridava come alla caccia della volpe; e Ashley disse: "Strano! Sembra il signor O'Hara quando veniva a trovarci prima della guerra." Dopo un attimo lo vedemmo apparire all'estremità del pascolo. Doveva aver saltato la siepe proprio in quel punto. E venne di gran carriera su per l'altura, cantando con quanta voce aveva in gola. Non sapevo che vostro padre avesse una voce così forte. Cantava una vecchia canzone irlandese, come se fosse l'uomo più contento del mondo, e batteva il cavallo col cappello; il cavallo andava di carriera. Avvicinandosi all'altro limite del pascolo non tirò le redini e comprendemmo che stava per saltare anche quell'altra barriera. Ci alzammo spaventatissimi e in quell'attimo lo udimmo gridare: "Guarda, Elena! Guarda come salto anche questa!" Ma il cavallo si fermò bruscamente senza saltare; e vostro padre gli passò fra le orecchie. Non sofferse affatto. Quando lo raccogliemmo era già morto. Doveva essersi rotto il collo."

Will attese per un momento che Rossella parlasse; quando vide che taceva, raccolse le redini. - Vai, Sherman - disse; e il cavallo si avviò verso casa.

40

Rossella dormì poco quella notte. All'alba, quando il sole cominciò a illuminare i pini sulle colline a oriente, si levò dal letto scomposto e sedette accanto alla finestra; posò sul braccio il capo stanco e guardò, al di là del frutteto, verso i campi di cotone. Tutto era fresco, rugiadoso, silenzioso e verde; e la vista della campagna portò balsamo e conforto al suo cuore dolente. Tara aveva l'aspetto sereno e tranquillo, all'alba, benché il suo padrone fosse morto. Il pollaio tozzo, ben chiuso per difendere le galline dai topi e dalle faine, era accuratamente imbiancato a calce; così pure il porcile. L'orto coi suoi piccoli filari di grano saraceno, di piselli gialli, di fave, di rape, era ben sarchiato ed aveva come difesa una palizzata di paletti di quercia. Il frutteto era ripulito dagli arbusti parassiti; sotto agli alberi crescevano soltanto le margherite. Il sole accendeva di colore le mele e le pesche che si scorgevano tra il fogliame. E al di là erano le lunghe file di piante di cotone, verdi e immote; verso di esse si avviavano ondeggiando le anatre e i polli, perché in quella terra morbida si trovavano i vermi e le larve migliori.

Rossella si sentì struggere il cuore di gratitudine verso Will che aveva fatto tutto questo. Malgrado il suo affetto per Ashley, non poté renderlo meritevole di quel benessere: la rifioritura di Tara non era dovuta al piantatore-aristocratico, ma all'instancabile "piccolo fattore" che amava la terra. Certo era una piccola fattoria che non si poteva paragonare alla piantagione di altri tempi, coi suoi pascoli affollati di mule e di cavalli di razza e i campi di grano e di cotone che si stendevano a perdita d'occhio. Ma quello che c'era, era in ottimo stato; e il giorno in cui le condizioni migliorassero si potrebbe ricominciare a coltivare la terra ora incolta, che sarebbe più fertile, del resto.

Will non si era limitato a impiantare una fattoria di pochi jugeri. Egli era riuscito a difenderla contro i due nemici dei piantatori georgiani: il pinastro e il rovo. Questi non si erano furtivamente insinuati nell'orto, nei pascoli, nei campi di cotone, né si installavano insolentemente accanto al porticato di Tara come facevano in moltissime piantagioni della regione.

Rossella sentì arrestarsi i battiti del suo cuore quando ripensò com'era stata vicina, Tara, a tornare allo stato selvaggio. Fra lei e Will avevano fatto veramente una gran cosa: avevano tenuto lontano gli yankees, i "Carpetbaggers" e i parassiti naturali. E, meglio di tutto, Will le aveva detto che dopo il raccolto del cotone non sarebbe più stato necessario che ella mandasse denaro; a meno che qualche altro "Carpetbagger" non agognasse a impadronirsi di Tara e quindi non facesse imporre altre tasse sbalorditive. Rossella sapeva che Will avrebbe un arduo lavoro da compiere, se voleva fare a meno del suo aiuto; ma ammirava e rispettava il suo sentimento di indipendenza. Finché era stato in posizione di inferiorità, egli aveva potuto accettare il suo denaro; ma ora che diventava suo cognato ed era il solo uomo in casa, intendeva sussistere coi propri sforzi. Sì: veramente Will era stato mandato da Dio.

 

Pork aveva scavato la fossa la sera prima, presso quella di Elena, ed ora, con la vanga in mano, stava accanto al mucchio di terra rossa che fra breve avrebbe nuovamente colmato la buca. Rossella era dietro a lui, nell'ombra screziata di un nodoso albero di cedro; attraverso il fogliame l'ardente sole di giugno chiazzava le gettate vermiglie da cui ella cercava di distogliere lo sguardo. Giacomo Tarleton, il piccolo Ugo Munroe, Alex Fontaine e il più giovine nipote del vecchio Mac Rae si avanzavano lentamente per il viale portando la bara di Geraldo su due assi di quercia. Dietro a loro, a rispettosa distanza, seguiva una folla di vicini e di amici, silenziosi e male in arnese. Quando li vide attraversare l'orto soleggiato, Pork chinò il capo sul manico della vanga e pianse; e Rossella vide con una sorpresa priva di curiosità che i cernecchi ancora così neri pochi mesi prima, quando ella era partita per Atlanta, erano ora brizzolati.

Ringraziò Dio stancamente di aver pianto tutte le sue lacrime la sera prima, di guisa che ora poteva stare dritta e con gli occhi asciutti. Il suono dei singhiozzi di Susele, alle sue spalle, le era insopportabile; ed era costretta a stringere i pugni per non voltarsi a percuotere quel viso gonfio. Susele era stata causa della morte di suo padre; avrebbe quindi dovuto contenersi di fronte ai vicini ostili. Nessuno le aveva parlato né l'aveva guardata con simpatia. Avevano baciato Rossella, le avevano stretto la mano, avevano mormorato qualche buona parola a Carolene e perfino a Pork; ma quanto a Susele, era come se non esistesse.

Secondo loro, ella aveva fatto peggio che uccidere suo padre. Aveva cercato di ingannarlo e di indurlo ad essere sleale verso il Sud. E per quella malinconica comunità, era come se ella avesse tentato di tradire l'onore di tutti, sgretolando il solido fronte che la Contea presentava al mondo. Col suo tentativo di ottenere del denaro del governo yankee, si era posta sulla stessa linea dei "Carpetbaggers" e dei rinnegati, nemici più odiati di quanto non fossero mai stati i soldati yankee. Membro di una vecchia famiglia di confederati, ella era andata verso il nemico, portando cosi l'onta su tutte le altre famiglie.

Gli accompagnatori ardevano di indignazione ed erano abbattuti dal dolore, specialmente tre di loro: il vecchio McRae, che era stato il compagno di Geraldo fin da quando egli era giunto da Savannah, tanti anni prima; la nonna Fontaine che gli voleva bene perché era il marito di Elena, e la signora Tarleton che aveva avuto per lui più affetto che per qualunque altro dei suoi vicini perché - diceva - era il solo nella Contea che distinguesse uno stallone da un castrato.

La vista dei volti cupi di quei tre nel salotto ove la salma di Geraldo giaceva prima del funerale, aveva turbato Ashley e Will, i quali si erano ritirati nello studiolo di Elena per consultarsi.

- Qualcuno di loro è capace di fare un'osservazione a Susele - disse bruscamente Will mordendo la sua pagliuzza. - Credono di avere il diritto di parlare. E può darsi che lo abbiano; non tocca a me giudicarlo. Ma ad ogni modo, Ashley, noi dovremo risentircene, perché siamo gli uomini della famiglia, e sarà un bel pasticcio. Col vecchio McRae non si può far nulla perché è sordo e non sente se qualcuno tenta di farlo tacere. E nessuno al mondo ha mai potuto impedire alla nonna Fontaine di dire quello che pensa. Quanto alla signora Tarleton... avete visto come roteava gli occhi ogni volta che guardava Susele? Se essi dicono qualche cosa, ci toccherà prendere le sue difese; e abbiamo già abbastanza seccature a Tara, senza doverci anche guastare coi vicini.-

Ashley sospirò. Egli conosceva i caratteri di tutti coloro anche meglio di Will; e ricordava che metà delle questioni e delle risse prima della guerra, sorgevano appunto per l'abitudine della Contea di pronunciare dei discorsi dinanzi alla bara dei vicini. Generalmente erano parole di elogio; ma qualche volta non lo erano. E allora i parenti del morto attendevano a stento che le ultime palate di terra fossero state gettate nella fossa.

In assenza di un sacerdote, Ashley doveva dirigere il servizio funebre con l'aiuto del libro di preghiere di Carolene, avendo rifiutato cortesemente l'assistenza dei predicatori metodisti e battisti di Jonesboro e di Fayetteville. Carolene, più devotamente cattolica delle sue sorelle, era stata molto turbata perché Rossella non aveva condotto un prete da Atlanta; si era poi tranquillizzata pensando che il prete che sarebbe venuto per sposare Will e Susele, avrebbe anche potuto celebrare il servizio funebre per Geraldo. Fu lei che non volle i predicatori protestanti, e affidò la cosa ad Ashley segnando nel libro i passaggi che egli doveva leggere. Ora Ashley, appoggiato alla vecchia scrivania, sapeva che la responsabilità di evitare questioni era sua; e conoscendo i caratteri litigiosi della Contea, non sapeva come comportarsi.

- Non c'è nulla da fare, Will - disse grattandosi in capo. - Non posso mandar via la nonna Fontaine né il vecchio McRae né posso tener la mano sulla bocca della signora Tarleton. E la cosa più gentile che diranno sarà che Susele è un'assassina e una traditrice, e che se non fosse per lei, il signor O'Hara sarebbe ancora vivo. Maledetta abitudine di parlare sulle bare. È una barbarie! -

- Sentite, Ashley, - disse Will lentamente. - Io non permetto che alcuno parli contro Susele, qualunque cosa pensino. Lasciate fare a me. Quando avrete finito la lettura e la preghiera, e dovrete dire: "Se qualcuno vuol dire poche parole", guardatemi; così io parlerò per primo. -

Rossella, mentre osservava la difficoltà con la quale i portatori facevano passare la bara attraverso l'angusto ingresso del cimitero, non pensava che al funerale potesse seguire qualche incidente. La sepoltura di Geraldo significava per lei la scomparsa di uno degli ultimi legami che la univano agli antichi giorni di felicità e di spensieratezza: e il suo pensiero si soffermava su questo.

Finalmente la bara fu posata accanto alla fossa. Ashley, Melania e Will entrarono nel recinto e si collocarono dietro alle ragazze O'Hara. I vicini che riuscirono a entrare rimasero dietro a loro; gli altri si fermarono al di là del muretto di mattoni. Rossella, accorgendosi di loro per la prima volta, fu sorpresa e commossa dalla quantità di gente. Data la scarsità dei mezzi di trasporto, erano stati veramente buoni ad accorrere così numerosi. Erano cinquanta o sessanta persone, alcune delle quali venivano da tanto lontano che ella fu stupita che avessero fatto in tempo. Vi erano famiglie intere che avevano condotto anche i loro servi; e poi piccoli fattori, gente dei boschi e delle paludi. Questi ultimi erano giganti barbuti, coi berretti di pelo di tasso e i fucili imbracciati; con loro erano le mogli, coi piedi nudi sprofondati nella terra rossa e i volti giallicci e malarici sotto ai capelli mal puliti.

I vicini più prossimi erano al completo. La nonna Fontaine, gialla e grinzosa, era appoggiata al bastone; dietro a lei erano la nuora e Sally Munroe Fontaine. Queste due cercavano inutilmente di convincere la vecchia a sedere sul muricciolo. Il dottore era morto due mesi prima e dagli occhi della nonna era scomparso il lampo di malizia che vi brillava un tempo. Catina Calvert Hilton era sola, e veniva considerata come quella il cui marito aveva contribuito alla tragedia; la cuffia scolorita nascondeva il suo volto timido. Rossella notò con stupore che il suo abito di percalle era macchiato e le mani erano poco pulite. Non aveva più l'aria di una signora: sembrava una "proletaria bianca" trascurata e negligente.

"Dio mio! Che crollo!" pensò Rossella con orrore.

Rabbrividì volgendo altrove gli occhi nell'accorgersi come era angusto il baratro che separava le persone per bene dai rifiuti della società. E provò un senso d'orgoglio nel dire a se stessa che lei e Catina erano partite dopo la sconfitta, con gli stessi mezzi; eppure lei era riuscita a farsi una posizione.

Alzò il mento e sorrise; ma mozzò il sorriso incontrando lo sguardo scandalizzato della signora Tarleton. Questa aveva gli occhi rossi dal pianto e dopo avere guardato Rossella con biasimo, si volse a fissare Susele con espressione di ira furibonda. Dietro a lei e a suo marito erano le quattro ragazze Tarleton, i cui riccioli rossi sembravano poco adatti alla triste circostanza.

Tutti si immobilizzarono; gli uomini si tolsero i cappelli, le donne giunsero le mani e Ashley si avanzò di un passo aprendo il logoro libro di preghiere di Carolene. Si fermò con gli occhi bassi, mentre il sole faceva brillare i suoi capelli biondi. Un profondo silenzio piombò sulla folla, così profondo che si udì il frusciare del vento tra le foglie della magnolia; e il fischio lontano e ripetuto di un merlo sembrò insopportabilmente acuto e triste. Quando Ashley cominciò a leggere le preghiere, tutte le teste si chinarono; la sua voce sonora e modulata, pronunciò con dignità le parole sacre.

"Oh!" pensò Rossella, sentendo un nodo alla gola "che bella voce! Sono contenta che sia Ashley piuttosto che un prete... e mi fa piacere che il babbo sia sepolto da uno dei suoi, piuttosto che da un estraneo."

Quando Ashley giunse alla parte delle preghiere concernente le anime del Purgatorio, chiuse bruscamente il libro. Solo Carolene si accorse dell'omissione e lo guardò perplessa, mentre egli cominciava a recitare il Pater noster. Ashley sapeva che metà dei presenti ignoravano che cosa fosse il Purgatorio; e coloro che lo sapevano avrebbero preso come un'offesa personale, se egli avesse insinuato, sia pure in una preghiera, che un uomo come Geraldo O'Hara non era andato dritto in Paradiso. Quindi, per deferenza alla pubblica opinione, egli preferì evitare ogni menzione del Purgatorio. Il mormorio delle voci si unì alla sua nel Pater Noster; ma quando egli cominciò l'Ave Maria, vi fu un silenzio imbarazzato fra i presenti. Essi non avevano mai udito quella preghiera, e si guardarono furtivamente fra loro, quando le ragazze O'Hara, Melania e la servitù di Tara risposero: "Prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte. Così sia".

Quindi Ashley levò il capo e rimase per un attimo incerto. Gli occhi dei vicini erano sopra di lui, mentre ognuno si disponeva ad ascoltare un lungo discorso. Nessuno immaginava che egli fosse già alla fine delle preghiere cattoliche; i funerali della Contea erano sempre molto lunghi. I ministri battisti e metodisti non avevano preghiere preparate ma le improvvisavano secondo le circostanze, e raramente si fermavano finché non vedevano tutta la famiglia in lacrime. I vicini sarebbero dunque rimasti indignati se tutto il servizio funebre per il loro diletto amico si fosse limitato a quelle brevi orazioni. Tutti quanti avrebbero detto che le ragazze O'Hara non avevano mostrato abbastanza rispetto per il loro padre. Quindi egli lanciò un rapido sguardo di scusa a Carolene, e chinando nuovamente la testa, cominciò a recitare a memoria il servizio funebre episcopale che aveva letto tante volte alle Dodici Querce, quando si seppellivano gli schiavi.

"lo sono la Via, la Resurrezione e la Vita... e chiunque crede in me vivrà in eterno."

Non se ne ricordava con prontezza, quindi parlava adagio, fermandosi ogni tanto in attesa che le frasi gli tornassero alla memoria, ma queste pause rendevano le sue parole più impressionanti; e coloro che fino a pochi momenti prima avevano avuto gli occhi asciutti, furono persuasi che quella fosse la cerimonia cattolica; e senza indugio si ricredettero sulla loro primitiva opinione, che i servizi cattolici fossero freddi e privi di commozione. Rossella e Susele, ugualmente ignoranti, trovarono le parole belle e confortanti. Solo Melania e Catina compresero che si stava seppellendo un irlandese profondamente cattolico col servizio funebre della Chiesa inglese. E Carolene era troppo abbattuta dal dolore e dall'offesa per quel tradimento di Ashley per intervenire.

Alla fine, Ashley aperse i suoi malinconici occhi grigi e guardò la folla. Dopo una pausa incontrò lo sguardo di Will e disse: - Qualcuno dei presenti desidera dire poche parole? -

La signora Tarleton si agitò nervosamente; ma prima che avesse potuto aprir bocca, Will fece un passo avanti e cominciò a parlare.

- Amici - cominciò con la sua voce incolore - forse vi sembrerà una pretensione la mia di voler parlare del signor O'Hara... parlarne io che lo conoscevo soltanto da un anno, mentre tutti voi eravate suoi amici da oltre vent'anni. Ma ecco la mia giustificazione: se egli avesse vissuto un altro mese, avrei avuto il diritto di chiamarlo "babbo". -

Un fremito di stupore serpeggiò tra la folla. Tutti erano troppo bene educati per mormorare; ma si drizzarono in punta di piedi per guardare il capo chino di Carolene. Tutti sapevano la cieca devozione di Will per lei. Vedendo la direzione di tutti gli sguardi, Will riprese, come se non si fosse accorto di nulla.

- Avendo l'intenzione di sposare la signorina Susele O'Hara appena giungerà il sacerdote che abbiamo chiamato da Atlanta, ho ritenuto che questo mi desse il diritto di parlare per primo.-

Le sue ultime parole andarono perdute fra il mormorio che venne dalla folla, simile al ronzare di un alveare disturbato. Tutti erano indignati e delusi perché volevano bene a Will e lo rispettavano per quello che aveva fatto per Tara; e tutti sapevano che egli amava Carolene; sicché la notizia che egli sposava quella perfida e antipatica Susele fu come un fulmine per il vicinato.

Fu un momento di tremenda tensione. Gli occhi della signora Tarleton fiammeggiarono e le sue labbra si agitarono in parole inespresse. Nel silenzio si udì la voce del vecchio McRae che supplicava suo nipote di dirgli che cosa era stato annunciato. Will li guardò tutti; il suo viso era dolce ma nei suoi occhi azzurri era qualche cosa che li ammonì a non pronunciar parola contro la sua fidanzata. Per un attimo la bilancia oscillò tra la simpatia che tutti nutrivano per Will e il disprezzo per Susele. Ma Will vinse. E continuò come se la sua interruzione fosse stata una pausa naturale del discorso.

- Non ho conosciuto il signor O'Hara nella sua giovinezza come tutti voialtri. Personalmente l'ho conosciuto come un brav'uomo un po' svanito; ma voi tutti mi avete detto com'era prima. E desidero affermare questo: egli era un irlandese bellicoso e in pari tempo un gentiluomo del Sud; e il più leale confederato che sia mai esistito. E non vedremo mai più uomini come lui, perché i tempi sono mutati. Egli era nato in paese straniero; ma l'uomo cui oggi diamo sepoltura era più georgiano di tutti noi. Amava la nostra vita e la nostra terra; e se ci pensate bene, riconoscerete che è morto per la nostra Causa come i soldati. Era uno di noi; aveva le nostre qualità e i nostri difetti, la nostra forza e le nostre debolezze. Fra le nostre qualità aveva queste: nulla poteva fermarlo quando si metteva in mente di fare una cosa; e non aveva paura di nessuno nato di donna. Nulla di ciò che veniva dall'esterno poteva abbatterlo. Non ebbe paura degli inglesi quando il loro governo voleva impiccarlo. Si limitò ad andarsene di casa. E quando giunse in questo paese era povero, ma la povertà non lo sgomentò. Lavorò e guadagnò. E venne in questa regione senza timore, quando essa era ancora selvaggia; e in questo luogo inospite creò una grande piantagione. Né ebbe paura quando venne la guerra e il suo denaro cominciò a dileguare; né quando vennero gli yankees e minacciarono di incendiare Tara e di ucciderlo. Rimase dritto in piedi a guardarli in faccia. Perciò vi dico che ciò che veniva dall'esterno non poteva abbatterlo. E questa è una nostra qualità. Ma egli aveva anche una nostra debolezza: la possibilità di essere abbattuto da qualche cosa che proveniva dall'interno. Quando morì la signora O'Hara, anche il cuore di suo marito morì; ed egli non si rialzò più. E colui che vedevamo camminare non era lui. -

Will si interruppe; i suoi occhi girarono a guardare gli ascoltatori. La folla sembrava incantata; ogni rancore verso Susele era dimenticato. Lo sguardo di Will si posò un istante su Rossella come per darle coraggio. E Rossella provò veramente un senso di conforto perché Will parlava con buon senso, invece di ripetere i soliti luoghi comuni sul mondo migliore e sulla rassegnazione alla volontà di Dio.

- Noi tutti siamo come lui. Nulla può sopraffarci, come nulla ha potuto sopraffare lui: né yankees né "Carpetbaggers" né i tempi difficili né la miseria. Ma la debolezza che è nei nostri cuori può sopraffarci in un batter d'occhi. Non è soltanto la perdita di un essere caro, com'è stato nel caso del signor O'Hara. Ciascuno ha una molla diversa; ma voglio dirvi questo: per coloro la cui molla non funziona, è meglio esser morti; nel mondo d'oggi non vi è posto per loro. E vi dico ancora una cosa: che oggi non dovete affliggervi per il signor O'Hara. Ora il suo corpo è andato a raggiungere il suo cuore; quindi non vi è ragione di piangerlo, a meno di non essere egoisti... Ve lo dico io, che gli volevo bene come se fosse mio padre... Credo che non vi sia altro da dire. La famiglia è troppo depressa per ascoltare altre parole che non darebbero loro alcun conforto. -

Quindi si volse alla signora Tarleton e le disse sommessamente: - Vi dispiacerebbe, signora, accompagnare in casa Rossella? Non le fa bene rimanere tanto tempo in piedi e per di più al sole. E salvo il dovuto rispetto, consiglierei lo stesso alla nonna Fontaine. -

Rossella arrossì e tutti gli sguardi si volsero a lei. Ma perché Will faceva quella specie di pubblicità alla sua gravidanza? Gli lanciò un'occhiata piena di vergogna e d'indignazione; ma lo sguardo di Will sembrò risponderle senza turbarsi: "vi prego, ubbidite... Io so quello che faccio".

Era già il capo della famiglia; e volendo evitare scenate, Rossella si volse alla signora Tarleton. Questa, immediatamente distolta dal pensiero di Susele - come Will aveva preveduto dal fatto di una nuova nascita, sempre affascinante per lei, fosse umana o animale, prese il braccio di Rossella.

- Vieni in casa, cara. -

Aveva un'espressione di affettuoso interessamento e Rossella si lasciò condurre attraverso la folla che si aperse per lasciarla passare. Vi fu un mormorio di simpatia e parecchie mani si tesero ad accarezzarla. Quando giunse dinanzi alla nonna Fontaine, questa avanzò il mento e disse: - Dammi il braccio, bambina - e poi soggiunse guardando fieramente la nuora e Sally:- No, voialtre non venite. Non ho bisogno di voi.-

- Ma perché Will ha fatto questo?! - gridò Rossella appena furono fuori portata d'udito. - E' come se avesse detto a tutti: "Guardatela! Aspetta un bambino!" -

- E non è forse vero? - ribatté la signora Tarleton. - Will ha fatto benissimo. Era una pazzia per te rimanere lì al sole a rischio di cadere svenuta e magari provocare un aborto. -

- Will non ha affatto pensato a questo - interloquì la nonna, un po' ansimante mentre si avviava verso i gradini. Sul suo volto era un sorriso arcigno. - Soltanto non voleva che rimanessimo accanto alla tomba né io né voi, Beatrice. Temeva ciò che avremmo potuto dire; e sapeva che questo era il solo mezzo per liberarsi di noi... E poi non voleva che Rossella udisse le palate di terra sulla bara. Ha fatto bene. Ricorda, Rossella, che finché non senti quel rumore tremendo, le persone non sono veramente morte... E' il rumore più terribile del mondo... Aiutami a salire i gradini, bambina; e voi, Beatrice, datemi una mano. Rossella non ha bisogno del vostro braccio... Will sa che tu eri la beniamina di tuo padre e non ha voluto rendere anche peggiore la tua sofferenza. Per le tue sorelle è più facile. Susele ha la sua onta per sostenerla, e Carolene il suo Dio. Ma tu non hai nulla, non è vero, bambina? -

- No - rispose Rossella aiutandola a salire i gradini, un po' sorpresa della verità che la vecchia voce aveva pronunciata. - Non ho mai avuto nulla che mi sostenesse... eccetto la mamma. -

- Ma quando l'hai perduta, hai trovato che potevi anche vivere sola, non è vero? Ebbene, alcune persone non possono. Tuo padre era uno di questi. Will ha avuto ragione. Non addolorarti. Egli non poteva esistere senza Elena; ed ora, dove si trova, è più felice. Come io sarò felice quando raggiungerò il vecchio dottore.-

Parlava naturalmente come se suo marito fosse vivo e si fosse recato a Jonesboro, dove una breve corsa in carrozza le avrebbe permesso di ritrovarlo. La nonna era troppo vecchia e aveva visto troppe cose per temere la morte.

- Ma... anche voi potete vivere sola - replicò Rossella.

- Sì; ma a volte si prova non poca difficoltà.-

- Non dovreste parlare così a Rossella, nonna - interruppe la signora Tarleton. - E' già abbastanza sconvolta. Col viaggio da Atlanta, quell'abito stretto, il caldo e il dispiacere, ce n'è abbastanza per abortire senza che anche voi aggiungiate alla misura venendo a discorrere di dolori e di guai.-

- Per Giove! - esclamò Rossella irritata. - Non sono affatto sconvolta! E non sono una di quelle stupidine che abortiscono per nulla! -

- Non si può mai dire - ribatté la signora Tarleton onnisciente. - Io abortii del mio primo vedendo un toro che inseguiva uno dei nostri negri; e... ti ricordi la mia giumenta Nellie? Era la più sana e robusta che si potesse vedere; ma era nervosissima; e se io non fossi stata attenta...-

- Smettetela, Beatrice - interruppe la nonna. - Rossella non è tipo da abortire. Sediamoci qui nel vestibolo dove fa fresco; c'è un po' di corrente. E voi, Beatrice, andate in cucina a vedere se c'è un bicchiere di siero. Oppure guardate in dispensa se vi fosse un po' di vino. Staremo qui ad aspettare che tutti vengano ad accomiatarsi.-

- Rossella dovrebbe andare a letto - insisté la signora Tarleton.

- Suvvia, sbrigatevi. - E la nonna le diede un colpetto col suo bastone. La signora Tarleton si avviò verso la cucina gettando il suo cappello sulla credenza e lisciandosi i capelli con le mani.

Rossella si appoggiò alla spalliera della sedia e sbottonò i due primi bottoni del corpetto. Si stava bene, nell'alto vestibolo; il soffio d'aria fresca e fragrante che penetrava dalla porta posteriore era piacevole dopo il sole ardente. Guardò attraverso il vestibolo nel salotto dov'era stata la salma di Geraldo e distogliendo il pensiero da lui alzò gli occhi al ritratto della nonna Robillard che, con la sua pettinatura alta, il seno largamente esposto e la sua fredda insolenza, aveva sempre sopra di lei un effetto tonico.

- Non so che cosa ha colpito di più Beatrice, se la perdita dei suoi figli o quella dei suoi cavalli - cominciò la nonna Fontaine. - Come sai, non si è mai occupata molto di Giacomo né delle ragazze. È una di quelle persone di cui parlava dianzi Will: la sua molla non funziona. A volte penso che finirà ad essere com'era tuo padre... La sola cosa che le ha dato gioia è stata la venuta al mondo di esseri umani o di animali; e nessuna delle sue figlie si è sposata né ha probabilità di farlo; quindi ella non ha nulla che occupi la sua mente. Se non fosse una vera signora, si lascerebbe andare... Will ti ha detto la verità sul suo fidanzamento con Susele ? -

- Sì - rispose Rossella fissando la vecchia signora negli occhi. Era passato il tempo in cui la nonna Fontaine le faceva paura! E ora si sentiva anche disposta a dirle che andasse al diavolo, se quella voleva immischiarsi negli affari di Tara.

- Poteva trovare di meglio - riprese la vecchia candidamente.

- Davvero? - fece Rossella con alterigia. -

- Non darti tante arie, madamigella - ammonì aspramente la nonna Fontaine. - Non ho nessuna intenzione di attaccare la tua preziosa sorella; cosa che avrei fatto se fossi rimasta alla sepoltura. Voglio dire soltanto che con la scarsità di uomini nel nostro paese; Will avrebbe potuto sposare chiunque. Vi erano le quattro Tarleton, le Munroe, le McRae...-

- Invece sposerà Susele; e questo è quanto.-

- E' una fortuna per lei! -

- E' una fortuna per Tara.-

- Tu ami questo luogo, non è vero? -

- Sì.-

- E perciò non t'importa che tua sorella sposi uno che non è della sua classe, purché vi sia un uomo che si occupi di Tara? -

- La sua classe? E che importa la classe al giorno d'oggi, quando una ragazza trova un marito che può aver cura di lei? -

- Questo è discutibile. Alcuni direbbero che tu parli con buon senso. Altri direbbero che tu distruggi delle barriere che non avrebbero mai dovuto essere abbassate di un centimetro... Certamente Will non è dell'aristocrazia, mentre alcune persone della tua famiglia vi hanno appartenuto. -

I suoi occhi penetranti corsero al ritratto della nonna Robillard.

Rossella pensò a Will, scarno, incolore, dolce, con la sua eterna pagliuzza in bocca, il suo aspetto completamente privo di energia, come la maggior parte dei "crackers". Certo non aveva dietro di sé una lunga fila di antenati dotati di ricchezza, di autorità, di aristocrazia. Il primo della sua famiglia che aveva messo piede sul suolo di Georgia era stato probabilmente un bancarottiere o un servo. Will non era stato in collegio; come istruzione non aveva avuto che quattro anni di scuola rurale. Però era onesto e leale, paziente e lavoratore. Ma non era un signore; e secondo le idee dei Robillard, Susele faceva un matrimonio al disotto della sua condizione.

- Dunque tu approvi l'entrata di Will nella tua famiglia? -

- Sì - rispose Rossella brutalmente, pronta a rispondere male alla vecchia signora alla prima parola di biasimo.

- Dammi un bacio - disse invece con suo stupore la nonna, sorridendo con approvazione. - Non ti ho mai voluto bene come adesso, Rossella. Sei sempre stata aspra, anche da bambina, e a me non piacciono le donne aspre, dato che sono abbastanza dura anch'io. Ma mi piace il tuo modo di affrontare le cose. Non perdi il tempo in lamentele quando una cosa non si può evitare, anche se è sgradevole. Salti gli ostacoli coraggiosamente come un buon cavallerizzo. -

Rossella sorrise incerta e baciò ubbidiente la guancia grinzosa che le si presentava. Era piacevole udire delle parole di approvazione, anche se il loro significato era un po' oscuro.

- Molta gente troverà da ridire perché tu permetti a Susele di sposare un "cracker", benché tutti vogliano bene a Will. Ma tu non te ne curare.-

- Non mi sono mai curata di quello che dice la gente.-

- Lo so. - Nella voce della vecchia era una sfumatura di acidità.

- Dunque, lascia dire. Probabilmente sarà un matrimonio felice. Certamente, Will non muterà mai aspetto e anche se guadagnerà molto denaro non renderà mai Tara un luogo com'era ai tempi di tuo padre. Ma in fondo è un signore; per lo meno ne ha l'istinto. Solo un signore di nascita avrebbe potuto dire le cose che egli ha detto dianzi... E' vero; nessuno ci può sopraffare; ma noi possiamo essere prostrati dalla nostalgia di cose che non abbiamo più... e dal ricordo. Sì, Will farà del bene a Susele e a Tara. -

- Allora mi approvate perché permetto questo matrimonio? -

- Dio mio, no! Come potrei approvare l'entrata di un "cracker" in una vecchia famiglia? Ma Susele ha bisogno di un marito; e dove lo troverebbe? E tu dove troveresti un buon intendente per Tara? Questo però non vuol dire che la cosa mi piaccia più di quanto piaccia a te.-

"A me piace" pensò Rossella cercando di comprendere il significato di quanto la vecchia signora stava dicendo. "E sono contenta che Will la sposi. Perché dovrebbe dispiacermi?"

Era perplessa e un po' vergognosa come sempre quando le venivano attribuite emozioni e sentimenti che gli altri provavano e che lei non condivideva. La nonna si sventagliò con un ventaglio di palma e continuò:

- Non approvo il matrimonio; ma sono anch'io pratica come te. So anch'io che è inutile protestare e lamentarsi. Nella mia famiglia c'è un detto: "Sorridi e sopporta". E noi abbiamo sopportato sorridendo tante di quelle cose, perché era necessario. Siamo scappati dalla Francia con gli Ugonotti, dall'Inghilterra coi Cavalieri, dalla Scozia col principe Carlo, da Haiti davanti ai negri e ora siamo stati battuti dagli yankees. E sai perché? -

Drizzò la testa e Rossella pensò che somigliava a un vecchio pappagallo.

- Non lo so - rispose cortesemente ma profondamente annoiata.

- Te lo dico io. Perché noi ci pieghiamo dinanzi all'inevitabile. Noi non siamo come l'avena che quando è matura si irrigidisce e non si piega secondo il vento; siamo come il grano saraceno che ondeggia, e quando il vento è passato si rialza dritto e forte quasi come prima. Quando vengono le disgrazie, noi ci pieghiamo dinanzi all'inevitabile e sopportiamo sorridendo. E quando siamo nuovamente forti, diamo un calcio alle persone dinanzi alle quali ci siamo piegati. Questo è il segreto per sopravvivere. -

Fece una pausa come se attendesse un commento di Rossella; ma questa non sapeva che cosa dire e tacque. La vecchia riprese:

- Sì, i nostri rialzano la testa; mentre qui vi sono tante persone che ne sono incapaci. Guarda per esempio che cos'è diventata la povera Catina Calvert. Più abietta di suo marito! Guarda la famiglia McRae. Schiacciata, smarrita, senza saper che fare se non piagnucolare sui tempi passati. Guarda... sì, quasi tutti nella Contea, eccetto il mio Alex e la mia Sally, tu, Giacomo Tarleton, le sue figlie e pochi altri. Il resto è andato a fondo perché mancava di linfa, perché non è riuscito a risollevarsi. Gente che non ha capito mai altro che denaro e schiavi; e senza questi due elementi, fra un'altra generazione saranno diventati dei "proletari bianchi".-

- Dimenticate i Wilkes.-

- No, non li dimentico. Ho avuto la cortesia di non nominarli, perché Ashley è ospite di questa casa. Ma giacché sei stata tu a fare il loro nome... guardali! C'è Lydia che, da quanto mi hanno detto, è una zitellona rinsecchita con degli atteggiamenti di vedova perché Stuart Tarleton è stato ucciso; non fa nulla per dimenticarlo e cercare un altro uomo. Certo non è giovine; ma forse, se si desse un po' di pena, potrebbe trovare un vedovo magari con figli. La povera Gioia ha sempre avuto il cervello di un passerotto. E quanto ad Ashley... guardalo un po'! -

- Ashley è un bravissimo uomo! - lo difese Rossella con fervore.

- Non ho mai detto il contrario; ma è bisognoso di aiuto come una tartaruga coricata sul dorso. Se la famiglia Wilkes riesce a superare questo periodo difficile, è perché c'è Melania che vince le difficoltà; non Ashley.-

- Melly? Dio mio, nonna! Che dite? Io ho vissuto abbastanza con Melly per sapere che è timida e malaticcia e non ha il coraggio di fare "sciò" a una gallina! -

- E a che serve fare "sciò" a una gallina? Mi è sempre sembrata una vera perdita di tempo... Sarà incapace di fare "sciò" a una gallina, ma è capacissima di farlo a tutto il mondo, al governo yankee, o a chiunque minacci il suo Ashley o il suo bimbo o le sue nozioni di distinzione. Lei ha un modo di fare che non è il tuo, Rossella, né il mio. È la maniera che avrebbe usato tua madre. Sì, Melly mi ricorda la tua mamma quando era giovine... E forse riuscirà a rimettere in piedi la famiglia Wilkes.-

- Oh, Melly è piena di buon senso. Ma fate torto ad Ashley...-

- Smettila, via! Ashley era nato per leggere dei libri e nient'altro. Questo non aiuta un uomo a togliersi dagli impicci. Ho sentito dire che è il peggior aratore della Contea. Confrontalo al mio Alex! Prima della guerra, Alex era il giovinotto più inutile del mondo; non aveva mai pensato ad altro che ad aver delle belle cravatte, a ubriacarsi, a litigare e a stuzzicare le ragazze. Guardalo adesso! Ha imparato a fare il coltivatore perché altrimenti sarebbe morto di fame, e con lui tutti noi. Adesso coltiva il miglior cotone della Contea... sicuro! È meglio del cotone di Tara! E s'intende di porci e di pollame. E vedrai che quando tutto questo tremendo periodo della ricostruzione sarà finito, il mio Alex sarà ricco come suo padre e come suo nonno. Ma Ashley...-

- Tutto questo non mi fa né caldo né freddo.-

- Hai torto - disse la nonna fissandola con lo sguardo penetrante. - Questa è la via che hai seguito da quando sei andata ad Atlanta. Non credere che pure essendo seppelliti in provincia, non si sappiano le cose. Anche tu sei mutata col mutar dei tempi. Sappiamo che hai relazione con gli yankees e con tutti i nuovi ricchi per cercare di guadagnar denaro con loro. Fai pure. Ma quando avrai guadagnato tutto quello che potrai, prendili a calci perché non ti serviranno più. Sono sicura che lo farai come va fatto, altrimenti correrai il rischio di rovinarti. -

Rossella la guardò cercando di comprendere queste parole. Le sembravano arabo; inoltre ella era ancora irritata per aver sentito Ashley paragonato a una tartaruga rovesciata.

- Credo che abbiate torto a proposito di Ashley - disse bruscamente.

- Non sei abbastanza scaltra, Rossella. -

- Questa è la vostra opinione - ribatté Rossella seccamente, col desiderio di darle uno schiaffo.

- Oh, sei scaltra per quel che riguarda dollari e centesimi. Questa è una scaltrezza maschile. Ma non hai la furberia delle donne. Non hai abilità nel giudicare le persone. -

Gli occhi di Rossella cominciarono a lanciare fiamme mentre le sue mani si aprivano e si chiudevano con movimento convulso.

- Ti ho fatto arrabbiare, vero? - chiese la vecchia signora sorridendo. - E' proprio quello che volevo. -

- Davvero? E perché, se è lecito? -

- Avevo le mie buone ragioni.-

La nonna si appoggiò alla spalliera della poltrona e Rossella ebbe improvvisamente l'impressione che fosse stanca e incredibilmente vecchia. Le piccole mani che stringevano il ventaglio, erano gialle e ceree come quelle di un morto. La collera svanì dal cuore della giovane, la quale si curvò in avanti e prese fra le sue una di quelle mani.

- Siete una cara, vecchia bugiarda - disse. - Tutte queste storie le avete dette unicamente per distogliermi dal pensiero del babbo, non è vero? -

- Non fare la sciocca! - esclamò burberamente la vecchia signora ritraendo la mano. - In parte è stato per questo, in parte perché ti ho detto la verità; e tu sei troppo stupida per capirlo.-

Ma sorrise un poco, sicché il cuore di Rossella si vuotò di ogni pensiero di collera.

- Grazie lo stesso. Siete stata molto buona a parlare con me... e sono contenta che siate d'accordo per il matrimonio di Will con Susele, anche se... molta altra gente lo disapprova. -

La signora Tarleton rientrò nel vestibolo portando due bicchieri di siero. Non era molto abile nelle faccende domestiche, quindi i bicchieri traboccavano.

- Sono andata fino alla capanna del burro per prenderlo – disse. - Bevetelo subito, perché stanno tornando dalla sepoltura. Ma davvero, Rossella, permetti che Susele sposi Will? Magari è anche troppo buono per lei; ma è un campagnolo e...-

Gli occhi di Rossella incontrarono quelli della nonna. In questi era una scintilla di malizia in risposta al suo sguardo.

41

Quando gli ultimi intervenuti se ne furono andati e ogni strepito di ruote e di zoccoli fu svanito, Rossella si recò nello studiolo di Elena e trasse un oggetto lucente dal luogo ove l'aveva nascosto la sera prima, tra le carte ingiallite nel casellario della scrivania. Udendo un singulto di Pork che stava apparecchiando la tavola per il pranzo, lo chiamò. Il negro entrò; e il suo volto esprimeva desolazione come quello di un cane sperduto.

- Pork - disse Rossella severamente. - Se piangi ancora, piangerò anch'io. Devi smetterla. -

- Sì, badrona. Io cercare; ma pensare a Mister Geraldo e...-

- Va bene; ma non devi pensare. Sopporto le lacrime di chiunque altro, ma non le tue. Capisci perché? - e la sua voce ora era gentile. - Perché so quanto gli hai voluto bene. Soffiati il naso, Pork. Ho da farti un regalo. -

Un barlume d'interessamento apparve negli occhi di Pork mentre si soffiava il naso rumorosamente; ma fu più cortesia che vero interesse.

- Ti ricordi quella sera in cui ti hanno sparato perché eri andato a rubare in non so che pollaio? -

- Dio mio, miss Rossella! Io non avere mai...-

- E' inutile che tu mi dica bugie in questo momento. Ti ricordi che ti dissi che ti avrei dato un orologio perché eri stato fedele? -

- Sì, badrona, io ricordare. Ma pensare che tu avere dimenticato. -

- Non ho dimenticato. Eccolo. - Trasse un pesante orologio d'oro con la calotta lavorata a rilievo, da cui pendeva una catena con ciondoli e suggelli.

- Dio mio, miss Rossella - esclamò Pork. - Questo essere orologio di Mister Geraldo. Io averlo visto milioni di volte consultare questo orologio! -

- Sì, Pork; è l'orologio del babbo e io te lo do. Prendilo.-

- Oh, no, badrona! - e Pork si ritrasse inorridito. - Questo essere orologio di signore bianco. Come poterlo dare a me, miss Rossella? Questo appartenere di diritto a piccolo Wade Hamilton.-

- Appartiene a te. Che cos'ha mai fatto Wade Hamilton per il babbo? Lo ha mai curato quand'era ammalato? Gli ha fatto il bagno, gli ha raso la barba, lo ha vestito? Lo ha protetto dagli yankees o rubato per lui? Non fare lo sciocco, Pork. Se vi è qualcuno che ha meritato un orologio, sei tu; e io so che il babbo approverebbe. Tieni. -

Prese la mano nera e mise l'orologio nel palmo. Pork lo guardò con reverenza, e a poco a poco una gioia gli illuminò il volto.

- Proprio per me, miss Rossella? -

- Proprio per te. -

- Allora... grazie, badrona.-

- Vuoi che io lo porti ad Atlanta a farlo incidere? -

- Cosa voler dire incidere? - La voce di Pork era sospettosa.

- Vuol dire farci scrivere qualche cosa; per esempio "A Pork dalla famiglia O'Hara, perché egli è stato un buono e fedel servitore".-

- No, badrona... grazie. Non importare. - E Pork si ritrasse di un passo, stringendo l'orologio nel pugno. Un sorriso le torse le labbra.

- Che cos'è, Pork? Non ti fidi che io te lo riporti? -

- Sì, badrona. Io fidare. Soltanto tu poter cambiare idea. -

- Non farei mai una cosa simile. -

- Sì, badrona... se tu avere bisogno di denaro. -

- Meriteresti che io ti battessi, Pork; ho voglia di riprenderti l'orologio. -

- No, badrona, tu non pensare questo! - Un debole sorriso, il primo della giornata, apparve sul volto triste di Pork. - Io ti conoscere...-

- Ebbene? -

- Se tu essere con bianchi la metà così buona come essere con negri, io credo che gente trattare te meglio. -

- Mi trattano abbastanza bene. Ora vai a dire al signor Ashley che ho bisogno di parlargli e che venga qui subito. -

Mentre Rossella offriva ad Ashley la cointeressenza del cinquanta per cento nello stabilimento del legname, Ashley sedeva al posto di Elena, col suo lungo corpo rannicchiato sulla sedia troppo piccola. Non alzò gli occhi neppure una volta, né la interruppe. Sedeva osservandosi le mani, prima il palmo, poi il dorso, come se non le avesse mai viste prima d'allora. Malgrado l'aspro lavoro manuale, erano ancora sottili e notevolmente ben tenute, per essere le mani di un coltivatore.

Il suo capo chino e il suo silenzio, la turbavano alquanto. Ella raddoppiò di sforzi per far sì che la sua proposta sembrasse attraente; cercò anche di usare il fascino dei suoi sorrisi e dei suoi sguardi, ma fu fatica sprecata perché egli non alzò mai gli occhi. Non accennò all'informazione datale da Will sulle intenzioni di Ashley di recarsi nel Nord; e parlò come se fosse sicura che nulla avrebbe ostacolato il suo progetto. Ma egli continuò a tacere. Nelle sue spalle era una rigidità che la impressionò. Certo non rifiuterebbe! Perché diamine avrebbe dovuto rifiutare?

- Ashley... - ricominciò e si interruppe. Non aveva avuto l'intenzione di servirsi della sua gravidanza come argomento persuasivo; ma poiché tutti gli altri non avevano fatto effetto, decise di usarla come ultima carta.

- Dovete venire ad Atlanta. Avrò bisogno del vostro aiuto, perché non posso occuparmi degli stabilimenti. Ci vorranno dei mesi prima che io possa nuovamente... perché...-

- Vi prego, Rossella! - Ashley la interruppe con durezza. Si alzò e si avvicinò alla finestra dove rimase, volgendole il dorso e contemplando le anatre che sfilavano solennemente sull'aia.

- Forse non... forse non volete guardarmi? - lo interrogò con tristezza. - So benissimo che sono...-

Egli si volse in un lampo e i suoi occhi grigi incontrarono quelli di lei con un'intensità che le diede un senso di soffocazione.

- Macché siete e non siete! Sapete che siete sempre bella per me.-

La felicità la invase riempiendole gli occhi di lacrime.

- Come siete gentile a dirmi questo! Avevo tanta vergogna di farmi vedere da voi...-

- Vergogna? E perché? Sono io che debbo vergognarmi, e infatti mi vergogno. Se non fosse stato per la mia stupidità, voi non sareste in queste condizioni; non avreste mai sposato Franco. Non avrei dovuto permettervi di lasciare Tara l'inverno scorso. Imbecille che sono stato! Dovevo sapere che voi... che eravate disperata, talmente disperata che avreste... Avrei dovuto...- Il suo volto mostrò un'intensa sofferenza.

Rossella si sentì battere il cuore. Ecco che ora rimpiangeva di non essere fuggito con lei!

- Il meno che potevo fare sarebbe stato di andare a commettere un furto o un assassinio per procurare il denaro delle tasse per voi che ci avete accolto benché fossimo dei mendicanti! -

Il cuore di lei si contrasse di delusione; e la sua felicità si dileguò in parte, perché non erano queste le parole che aveva sperato di udire.

- Sarei sempre dovuta andare - disse con stanchezza. - Non vi avrei lasciato far nulla di questo genere. Comunque oramai è cosa fatta.-

- Sì, è cosa fatta - ripeté egli lentamente con amarezza. - Voi non mi avreste lasciato compiere un'azione disonorevole; ma vi siete venduta a un uomo che non amavate... e portate in grembo il suo figliolo; tutto questo per impedire che io muoia di fame con la mia famiglia. È stata una grande bontà la vostra nel difendere la mia debolezza. -

Il tono della sua voce rivelava una ferita interna che lo faceva soffrire; e queste parole fecero apparire negli occhi di Rossella lacrime di vergogna. Egli le scorse e l'espressione del suo volto mutò diventando dolce e gentile.

- Non crederete che io voglia biasimarvi? Dio mio, no, Rossella! Voi siete la donna più coraggiosa che io abbia mai conosciuto. Biasimo soltanto me stesso. -

Si volse nuovamente a guardare dalla finestra; e le sue spalle non erano più tanto rigide. Rossella attese un lungo momento in silenzio, sperando che Ashley tornasse ad essere nello stato d'animo in cui poteva parlare della sua bellezza; e augurandosi che egli dicesse ancora delle parole di cui ella farebbe tesoro. Era tanto tempo che non lo vedeva; e tutto quel tempo aveva vissuto di ricordi! Sapeva che egli l'amava ancora. Il fatto era evidente; anche nelle sue parole amare e nel suo risentimento perché ella portava in grembo il bimbo di Franco. Anelava di sentirselo ripetere; desiderava dire lei stessa qualche cosa che provocherebbe una confessione; ma non osò. Ricordò la promessa fattagli quel giorno nel frutteto: che mai più lo avrebbe provocato. E questa promessa doveva essere mantenuta, se voleva che Ashley le rimanesse accanto. Bastava un suo grido d'amore e di desiderio, o uno sguardo che chiedesse un abbraccio e tutto finirebbe per sempre. Ashley se ne andrebbe a Nuova York. E non doveva andare.

- Oh, Ashley, non disprezzatevi! Come può essere stata colpa vostra? Ma voi verrete ad Atlanta ad aiutarmi. Non è vero? -

- No. -

- Ma, Ashley... - e la voce cominciava a tremarle per l'angoscia e la delusione - ... io ho contato sopra di voi. Ne ho assoluto bisogno. Franco non può aiutarmi. Ha da fare per il negozio; e se voi non venite, non so proprio a chi rivolgermi... Ad Atlanta chiunque ha un po' di abilità è occupato a lavorare per proprio conto; e gli altri sono così incompetenti...-

- E' inutile, Rossella.-

- Volete dire che preferite andare a Nuova York a vivere con gli yankees piuttosto che venile ad Atlanta? -

- Chi ve lo ha detto? - Si volse a guardarla con la fronte aggrondata.

- Will.-

- Sì, ho deciso di andare nel Nord. Un vecchio amico che fece il giro d'Europa con me prima della guerra mi ha offerto un posto nella banca di suo padre. È meglio così, Rossella. Io non potrei esservi utile. Non mi intendo affatto di legnami. -

- Ma non vi intendete neanche di banca; ed è molto più difficile! Ed io avrei molta più indulgenza per la vostra incompetenza di quanta ne avrebbero gli yankees! -

Egli trasalì; e Rossella comprese di aver fatto un passo falso. Ashley si volse nuovamente a guardare dalla finestra.

- Non desidero l'indulgenza di nessuno. Voglio reggermi da solo e per quello che valgo. Che cosa ho fatto fino ad ora? È tempo oramai che io faccia qualche cosa... o vada a picco per colpa mia. Sono già stato troppo a lungo a farmi mantenere da voi. -

- Ma io vi offro la cointeressenza nello stabilimento, Ashley! Vi reggereste da solo, visto... che sarebbe un'azienda vostra. -

- Sarebbe lo stesso. Io non posso comprare metà dell'azienda; sarebbe un regalo. E ne ho accettati già troppi da voi: vitto e alloggio e perfino abiti per me e per i miei. E non vi ho dato nulla in cambio. -

- Questo non è vero! Avete...-

- Sì, ho imparato a spaccare la legna discretamente.-

- Oh, Ashley! - esclamò Rossella disperata, con le lacrime nella voce. - Che vi è successo da quando me ne sono andata? Siete diventato duro e amaro come non siete mai stato! -

- Che cosa è successo? Una cosa molto importante. Ho riflettuto. Credo che non avevo mai più veramente pensato da quando siamo stati sconfitti fino al momento della vostra partenza. Ero in uno stato di sospensione quasi animale; mi bastava aver da mangiare e da dormire. Ma quando siete andata ad Atlanta, caricandovi di un peso che sarebbe stato grave per un uomo, ho visto me stesso... inferiore non solo a un uomo ma perfino a una donna. Non sono pensieri piacevoli, e non voglio averli mai più. Altri uomini sono usciti dalla guerra in condizioni peggiori delle mie; guardateli adesso! Perciò me ne vado a Nuova York. -

- Ma... non vi capisco! Se volete lavorare, perché Atlanta non sarebbe lo stesso di Nuova York? E la mia segheria...-

- No, Rossella. Questa è la mia ultima probabilità. Andrò al Nord. Se vengo ad Atlanta a lavorare per voi, sono perduto per sempre. -

La parola "perduto... perduto... perduto..." risuonò nel cuore di Rossella come il rintocco di una campana a morte. Fissò gli occhi in quelli di lui; ma questi erano di grigio cristallo e guardavano attraverso lei, al di là, verso un destino che ella non poteva vedere né comprendere.

- Perduto? Forse... avete fatto qualche cosa per cui gli yankees di Atlanta potrebbero punirvi? Non so, forse perché avete aiutato la fuga di Toni o... Oh, Ashley, forse fate parte del Ku Klux Klan?! -

Il suo sguardo distante tornò rapidamente a lei; egli sorrise di un sorriso breve mentre i suoi occhi rimanevano seri.

- Avevo dimenticato che prendete le cose alla lettera. No, non è degli yankees che ho paura. Voglio dire che se accetto del lavoro da voi, vengo a seppellire ogni speranza di reggermi in piedi da solo.-

- Oh, se è solo per questo! - sospirò Rossella con sollievo.

- Solo per questo - e il suo sorriso fu ancora più cupo. - Solo per il mio orgoglio maschile, per il rispetto di me stesso e, se lo preferite, per la mia anima immortale.-

- Ma - obiettò Rossella tentando un altro argomento - poco a poco potreste acquistare da me l'azienda e allora...-

- Vi ho detto di no, Rossella! - la interruppe duramente. - Vi sono altre ragioni! -

- Quali? -

- Voi le conoscete meglio di chiunque altro. -

- Oh... per quello? Ma da quel lato, tutto andrà bene! - lo rassicurò vivamente. - Vi ricordate quello che vi promisi, nel frutteto; e manterrò la mia promessa...-

- Vuol dire che siete più sicura di voi di quanto io lo sia di me. Io non sono certo di poter mantenere tale promessa. Non avrei voluto dirvelo; ma bisogna pure che vi faccia comprendere. Non ne parliamo più, Rossella. È cosa finita. Dopo il matrimonio di Susele partirò per Nuova York.-

I suoi occhi, aggrondati e tempestosi, incontrarono per un attimo quelli di lei; quindi egli attraversò rapidamente la stanza. Rossella lo fissò con angoscia mentre posava la mano sulla maniglia dell'uscio. Il colloquio era finito; la partita era perduta. Improvvisamente la forza che l'aveva sostenuta fino allora le venne a mancare; il dolore e la delusione la sopraffecero ed ella si gettò sul logoro divano scoppiando in un pianto violento.

Udì il passo incerto di Ashley riavvicinarsi a lei; e udì pronunciare il proprio nome più volte. Poi un calpestio veloce proveniente dalla cucina attraverso il vestibolo; e Melania irruppe nella stanza con gli occhi sbarrati dallo spavento.

- Rossella... il bambino...-

Rossella si nascose il capo fra i cuscini polverosi e gridò ancora.

- Ashley... così cattivo... caparbio e cattivo... odioso! -

- Che le hai fatto, Ashley? - Melania si gettò a terra accanto al divano e circondò Rossella con le braccia. - Che le hai detto? Come hai potuto...?! A rischio di far nascere il bimbo prima del tempo! Tesoro, posa la testa sulla spalla di Melania... Che è successo? -

- Ashley... è così odiosamente cocciuto! -

- Ashley, non ti riconosco! Metterla in questo stato sapendo in che condizione si trova... e col babbo appena sepolto! -

- Non lo tormentare! - gridò Rossella illogicamente, sollevando il capo dalla spalla di Melania, coi capelli neri in disordine e il viso rigato di lacrime. - Ha il diritto di fare quello che gli pare! -

- Melania - fece Ashley pallidissimo - lascia che ti spieghi. Rossella ha avuto la bontà di offrirmi un impiego come direttore di una delle sue aziende ad Atlanta...-

- Direttore! - esclamò Rossella indignata. - Gli ho offerto di cointeressarlo per metà...-

- Ed io le ho risposto che ho già combinato che andremo nel Nord...-

- Oh! - ricominciò a singhiozzare Rossella - gli ho detto e ripetuto quanto ho bisogno di lui... perché non trovo nessuno per gestire lo stabilimento... ora che dovrò rimanere in casa per il bambino... e ha rifiutato di venire! E ora... sarò costretta a vendere la segheria Dio sa a che prezzo; perderò del denaro e forse moriremo di fame; ma a lui non importa nulla! Com'è iniquo, perverso! -

Nascose nuovamente il viso contro la spalla di Melania e in quel momento sentì diminuire l'angoscia mentre un barlume di speranza si levava in lei. Comprendeva di avere un alleato nel cuore affettuoso di Melania; sapeva che questa sarebbe profondamente indignata del fatto che qualcuno - fosse pure il suo adorato marito - faceva piangere Rossella. Infatti Melania si lanciò verso Ashley, come una colombella che vola dritta alla sua meta, e per la prima volta in vita sua lo percosse.

- Come hai potuto rifiutare, dopo tutto quello che lei ha fatto per noi? Ci fai apparire tutti quanti ingrati! Poverina, adesso che sta per avere... Come sei poco cavalleresco! Lei ci ha aiutati quando avevamo bisogno e ora che lei ha bisogno di te, tu le neghi il tuo aiuto! -

Rossella guardò di sottecchi Ashley e lo vide sorpreso e incerto di fronte all'attacco di sua moglie che stupì anche lei per la sua violenza, sapendo che Melania considerava suo marito superiore a qualsiasi rimprovero femminile e riteneva le sue decisioni sempre giustissime come se fossero ispirate da Dio.

- Melania... - cominciò Ashley e stese le mani senza sapere che altro dire.

- Ma come puoi esitare? Pensa che se non ci fosse stata lei ad Atlanta quando è nato Beau, io sarei morta! E poi... sì, ha ucciso uno yankee per difenderci! Lo sapevi? Ha ucciso, per noi! E ha lavorato come un negro prima che veniste tu e Will, per poterci dar da mangiare. Quando penso che ha arato la terra, raccolto il cotone... Tesoro! - Si curvò a baciare i capelli di Rossella con impeto e fervore. - E ora, la prima volta che ci chiede di fare qualche cosa per lei...-

- Non occorre che tu mi dica ciò che ha fatto per noi.-

- E poi, Ashley! Oltre al fatto di lavorare per lei, pensa che cosa sarebbe vivere ad Atlanta fra i nostri, invece che fra gli yankees! Con la zia, lo zio Enrico e tutti i nostri amici! Beau avrebbe tanti compagni e potrebbe andare a scuola; mentre se andiamo nel Nord non possiamo mandarlo a una scuola yankee e fargli fare amicizia con quei bambini e trovarsi in classe con dei piccoli negri! Dovremmo avere una governante e non so come potremmo...-

- Melania - interruppe Ashley; e la sua voce era mortalmente tranquilla - desideri proprio tanto di andare ad Atlanta? Non me lo hai mai detto quando si è parlato di andare a Nuova York. Non hai mai accennato...-

- Ma quando si è parlato di Nuova York credevo che per te non vi fosse alcuna possibilità ad Atlanta; e del resto non toccava a me fare obiezioni. La moglie deve seguire il marito. Ma ora che Rossella ha bisogno di noi ed ha un posto che solo tu puoi occupare, possiamo tornare a casa! A casa! - E la sua voce era estatica, mentre ella stringeva Rossella. - Rivedrò l'Albero di Pesco e i Cinque Punti.. Oh, come ho sentito la mancanza di tutto questo! E forse non potremo avere una casina tutta per noi! Piccola, modesta... ma tutta nostra! -

I suoi occhi brillavano di entusiasmo e di gioia; i due la fissarono, Ashley con un'espressione stranamente sbalordita, Rossella con sorpresa mista a vergogna. Non aveva mai pensato che Melania potesse avere tanta nostalgia di Atlanta, tanto desiderio di una casa propria. Le era sembrata così contenta di vivere a Tara che per Rossella quella nostalgia fu veramente inattesa.

- Come sei stata buona, Rossella, a pensare questa cosa per noi! Sapevi quanto desideravo la mia casa!-

Come sempre quando Melania le attribuiva dei motivi inesistenti, Rossella provò vergogna e irritazione, e si sentì nell'impossibilità di guardare in faccia marito e moglie.

- Avere una casina nostra... Pensa che siamo sposati da cinque anni e non abbiamo mai avuto una casa! -

- Puoi stare con noi da zia Pitty. È casa tua - borbottò Rossella giocherellando con un cuscino e tenendo gli occhi bassi per non mostrare la loro espressione di trionfo nel sentire che la corrente volgeva a suo vantaggio.

- No; ma grazie lo stesso, tesoro. Saremmo in troppi. Prenderemo in affitto... Oh, Ashley, acconsenti!-

- Guardatemi, Rossella - disse Ashley; la sua voce era senza timbro.

Sgomenta ella alzò gli occhi e incontrò quelli di lui pieni di amara stanchezza.

- Verrò ad Atlanta... Non posso lottare contro tutt'e due. -

Si volse e uscì dalla stanza. Nel cuore di lei il trionfo fu in parte offuscato da un vago senso di terrore. Gli occhi di Ashley avevano avuto la stessa espressione di quando egli aveva detto che se fosse andato ad Atlanta sarebbe stato perduto per sempre.

 

Dopo il matrimonio di Susele con Will e la partenza di Carolene per Charleston, Ashley andò ad Atlanta con la moglie e il bimbo, portando Dilcey come cuoca e bambinaia. Prissy e Pork rimasero a Tara in attesa che Will trovasse degli altri negri per aiutarlo nel lavoro dei campi; allora essi pure andrebbero ad Atlanta.

La piccola casa che Ashley prese in affitto per la sua famigliola era in via dell'Edera, dietro alla casa di zia Pitty: i due cortili posteriori erano limitrofi, divisi soltanto da una siepe sconquassata. Melania l'aveva scelta specialmente per questo motivo. Il primo giorno del suo arrivo, mentre rideva e abbracciava Rossella e zia Pitty, disse che era rimasta tanto tempo lontana da quelli che amava che le sembrava di non potere mai essere abbastanza vicina a loro con la nuova abitazione.

In origine la casa era a due piani; ma quello superiore era stato distrutto dalle cannonate; e il proprietario, al suo ritorno, non aveva avuto i mezzi per ricostruirlo. Si era contentato di rimettere un tetto al piano superstite; ciò che dava alla costruzione l'aria piatta e sproporzionata di un giocattolo. Sollevata dal suolo e costruita su alti scantinati, la casa aveva una grande scalinata di accesso che la faceva apparire un po' buffa. Ma l'aspetto tozzo e schiacciato dell'insieme era in parte modificato dalle due belle querce che l'ombreggiavano, e da una magnifica magnolia carica di candidi fiori che era proprio dinanzi alla scalinata. Il prato che si stendeva davanti alla casa era folto di verde trifoglio ed era limitato da una siepe di ligustri e di caprifoglio. Qua e là qualche vecchio arbusto di rosa metteva nuove gemme e il mirtillo bianco fioriva intrepido, come se non vi fosse stata la guerra e i cavalli yankee non avessero mangiato i suoi germogli.

Rossella pensò che era la casa più brutta che si potesse trovare, ma a Melania neanche le Dodici Querce, in tutta la loro grandezza, erano mai apparse più belle. Era casa sua, e finalmente si sentiva sotto un tetto proprio con Ashley e Beau.

Lydia Wilkes venne da Macon, dove abitava con sua sorella dal 1864, e si stabilì con suo fratello, rendendo così più angusta la piccola casa. Ma Melania e Ashley l'accolsero volentieri. I tempi erano cambiati, il denaro era scarso, ma nulla aveva alterato la regola delle famiglie meridionali che avevano sempre spazio sufficiente per ospitare le parenti povere o zitelle.

Gioia si era sposata e, secondo Lydia, aveva fatto un matrimonio al disotto della sua condizione, con un tale proveniente dal Mississippi: un uomo col viso rosso, che parlava a voce alta ed era sempre di umore chiassoso e giocondo. Lydia non aveva approvato quel matrimonio, perciò non abitava volentieri in casa di suo cognato; ed era stata ben lieta nell'apprendere che suo fratello aveva una casa sua, di guisa che ella poteva lasciare un ambiente che non le piaceva e non vedere più sua sorella scandalosamente felice con un uomo indegno di lei.

Il resto della famiglia pensò, invece, che la stupida Gioia non avrebbe potuto far niente di meglio; e si meravigliarono che fosse riuscita a trovare un marito. Questo era un gentiluomo e non era sprovvisto di mezzi; ma per Lydia, nata in Georgia ed educata in Virginia, chiunque non provenisse dalla costa non poteva essere che un villano e un barbaro. Probabilmente il marito di Gioia fu tanto lieto di esser liberato dalla sua compagnia quanto Lydia fu felice di andarsene.

Oramai era una vera e propria zitellona. Aveva venticinque anni e li dimostrava tutti; non vi era quindi più per lei alcun bisogno di tentare di essere attraente. I suoi occhi chiari e senza ciglia guardavano il mondo con indifferenza e le sue labbra sottili avevano sempre un atteggiamento altero e poco simpatico. Vi era però in lei una dignità e una fierezza che le si addicevano meglio della dolcezza giovanile che aveva quando stava alle Dodici Querce. La sua posizione era quasi quella di una vedova.

Tutti sapevano che Stuart Tarleton l'avrebbe sposata se non fosse stato ucciso a Gettysburg; quindi si aveva per lei il rispetto che si ha per una donna che è stata desiderata, se pure non è giunta al matrimonio.

Le sei camere della piccola casa furono modestamente arredate coi mobili più economici di pino e di quercia - che si trovarono nel negozio di Franco, perché Ashley era costretto a comprare a credito e, non volendo caricarsi di troppi debiti, acquistava soltanto il puro necessario. Questo mise in imbarazzo Franco, che voleva bene ad Ashley, e desolò Rossella. Entrambi avrebbero dato volentieri, senza aumento di prezzo, i più begli arredi di mogano e di legno di rosa; ma i Wilkes rifiutarono ostinatamente. La loro casa era veramente brutta e disadorna; e per Rossella era una pena vedere Ashley abitare in quelle stanze prive di tappeti e di tende. Ma egli aveva l'aria di non accorgersi della povertà dell'ambiente; e quanto a Melania, era così felice di avere una casa propria per la prima volta da quando si era sposata, che era addirittura orgogliosa della sua abitazione. Rossella avrebbe sofferto atroci umiliazioni se avesse dovuto ricevere le visite degli amici senza tappeti né cuscini e senza abbastanza sedie, tazze e cucchiaini. Ma Melania faceva gli onori di casa come se si trovasse fra tende di velluto e cuscini di broccato.

Malgrado la sua felicità, Melania non stava bene. La nascita di Beau le aveva rovinato la salute e il duro lavoro di Tara le aveva tolto ogni forza. Era così magra che le ossa sembravano uscirle dalla pelle sottile. Vista a distanza, quando giocava col piccino nel cortile, sembrava una bambina, priva com'era di seno e con le anche piallate come quelle di un giovinetto; e poiché non aveva il buon senso pensava Rossella - di mettere dei volantini nell'interno del corpetto e in fondo al busto, la sua magrezza eccessiva era visibilissima. Come il suo corpo, anche il volto era affilato e pallido e le sue ciglia di seta, delicate come antenne di farfalla, spiccavano troppo nere sulla pelle priva di colore. Gli occhi apparivano eccessivamente grandi, cerchiati da occhiaie profonde, ma la loro espressione era rimasta immutata dai giorni della spensierata adolescenza. La guerra, le pene, le fatiche non avevano avuto alcun potere sulla loro dolce serenità: erano gli occhi di una donna felice, una donna attorno alla quale tutte le tempeste potevano agitarsi senza scomporla minimamente.

"Come fa a conservare quello sguardo?" si domandava Rossella guardandola con invidia. Sapeva che i suoi occhi a volte sembravano quelli di un gatto affamato. Che cosa aveva detto una volta Rhett degli occhi di Melania? Ah sì, che avevano la luce tranquilla di due candele... Candele riparate dal vento, luci soavi che brillavano di felicità, ora che erano in una casa loro, fra persone amiche.

L'alloggio modesto era continuamente pieno di gente. Melania era sempre stata molto amata, quindi tutti si affrettavano a festeggiare il suo ritorno e ognuno le portava un regalino per la casa: ninnoli, quadretti, uno o due cucchiai d'argento, tovaglie, tappeti; oggetti che erano stati salvati dal saccheggio di Sherman e conservati con cura, ma che tutti oggi giuravano essere assolutamente inutili per loro.

Vecchi compagni d'armi di suo padre venivano a trovarla conducendole altri commilitoni per far loro conoscere "la cara figliuola del vecchio colonnello Hamilton". Le vecchie amiche di sua madre la circondavano volentieri, perché Melania aveva per le persone anziane una deferenza che la gioventù dei nuovi tempi sembrava aver dimenticata. Le sue coetanee, spose, madri e vedove, le volevano bene perché essa aveva sofferto come loro, ma il dolore non l'aveva inasprita e quindi era sempre disposta a prestare un orecchio simpatico ai loro sfoghi. E la gioventù andava da lei perché sapeva di incontrarvi altra gioventù e perché in quella casa si passava il tempo piacevolmente.

Attorno a Melania si compose quindi rapidamente un gruppo formato da ciò che era rimasto di meglio della società ante-guerra di Atlanta; tutti poveri quanto a denaro, ma pieni di fierezza e di orgoglio. Melania aveva in sé tutte le qualità che quei nobili decaduti apprezzavano: l'orgoglio della povertà, il coraggio che non si lamenta, la gaiezza, l'ospitalità e soprattutto, la fedeltà alle vecchie tradizioni. Melania rifiutava perfino di ammettere che vi fosse un motivo di cambiare in quel mondo così mutevole. Sotto il suo tetto sembrava che tornassero gli antichi giorni, e i suoi amici riprendevano cuore e provavano perfino minor disprezzo per la vita dei nuovi ricchi e dei repubblicani.

Guardando quel volto giovine che esprimeva una fedeltà inflessibile alle antiche idee, essi dimenticavano per un attimo i fedifraghi della loro casta, verso i quali provavano collera e timore. E ve n'erano molti. Uomini di buona famiglia che la povertà aveva trascinato alla disperazione, e che erano andati verso il nemico, accettando una posizione dai conquistatori perché la loro famiglia non morisse di fame. Vi erano giovani ex-combattenti cui mancava il coraggio di affrontare i lunghi anni occorrenti per costruire una fortuna. Questi giovani, seguendo la guida di Rhett Butler, marciavano di pari passo coi "Carpetbbaggers" nel trovare maniere poco pulite per guadagnar denaro.

Alcune figlie delle famiglie più in vista di Atlanta venivano considerate come le peggiori traditrici. Queste fanciulle erano ancora bambine durante la guerra e quindi mancava loro il rancore che animava i loro genitori. Non avevano perduto né mariti né fidanzati. Avevano scarsi ricordi di un passato di ricchezza e di splendore; e gli ufficiali yankee erano bei giovani, ben vestiti e spensierati. E davano dei magnifici balli, avevano splendidi cavalli e adoravano le ragazze dei paesi del Sud! Le trattavano come principesse; cercavano di non offendere le loro suscettibilità... Perché non fare amicizia con loro? Erano certamente più piacevoli dei giovinotti della città che erano malvestiti, troppo seri e che lavoravano continuamente, sicché non rimaneva loro più tempo per divertirsi. Vi erano quindi state parecchie fughe in compagnia di ufficiali yankee; e molte famiglie erano rimaste profondamente ferite. Vi erano fratelli che incontravano per istrada le sorelle e non le salutavano; madri e padri che non pronunciavano più il nome delle figliuole. Tristezze che la dolcezza di Melania dissipava. Le signore anziane dicevano che ella era un ottimo esempio per le fanciulle della città; e queste non la prendevano in uggia perché ella non faceva sfoggio delle proprie virtù.

Melania non si accorgeva che stava diventando il centro di una nuova società. Trovava che le altre persone erano molto gentili nel venire a farle visita e nel desiderare di averla nei loro piccoli circoli di lavoro e nei loro gruppi musicali. Atlanta aveva sempre amato la buona musica, ed ora vi era una rinascita di interesse per le arti che andava aumentando a misura che la vita diventava più aspra e difficile. Ascoltando una bella musica era più facile dimenticare le impudenti facce nere e le uniformi azzurre che affollavano le strade.

Melania fu abbastanza perplessa quando si trovò, senza averlo voluto, a capo del Circolo Musicale del Sabato, nuovamente formato. Le sembrava impossibile l'essere stata elevata a quella posizione semplicemente perché era in grado di accompagnare al pianoforte chiunque, perfino le signorine McLure che erano stonate ma insistevano nel cantare dei duetti.

La verità era questa: Melania aveva diplomaticamente fatto in modo da amalgamare le Dame Arpiste, il Circolo della Gaiezza e l'Associazione Signorine Mandoliniste e Chitarriste col Circolo Musicale del Sabato; sicché adesso ad Atlanta si poteva eseguire della musica che meritava di essere ascoltata. Infatti, si diceva che l'esecuzione della "Fanciulla di Boemia" fosse superiore a quella data a Nuova York e a Nuova Orleans da orchestre di professionisti. Fu dopo la fusione delle Dame Arpiste col nuovo circolo che la signora Merriwether disse alle signore Meade e Whiting che Melania doveva essere presidente del circolo, dichiarando che se era riuscita a venire a capo delle Dame Arpiste, sarebbe riuscita in ogni altra cosa.

Melania fu anche eletta segretaria dell'Associazione per l'Abbellimento delle Tombe dei Gloriosi Caduti e del Circolo di Lavoro per le Vedove e le Orfane dei Confederati. Questo nuovo onore le fu conferito dopo una seduta burrascosa che minacciò di terminare con la rottura di molte amicizie che datavano da anni. La disputa era sorta sulla questione se bisognava o no strappare le erbacce dalle tombe dei soldati dell'Unione che erano accanto a quelle dei Confederati. Quelle tombe maltenute rendevano inutili gli sforzi delle signore per abbellire quelle dei loro caduti. Il Circolo di Lavoro era favorevole; l'Associazione era contraria.

I due campi si infiammarono; le signore parlavano tutte insieme sicché era impossibile intendersi. La riunione aveva luogo nel salotto della signora Merriwether; e il nonno Merriwether che era stato relegato in cucina, raccontò in seguito che lo strepito gli ricordava le fucilate che avevano iniziato la battaglia di Franklin. E aggiunse che certamente si sarebbe sentito più sicuro alla battaglia di Franklin che a un'adunata di signore.

Non si sa come, Melania riuscì a spingersi nel centro della folla eccitata; e non si sa come riuscì a far udire la sua voce dolce al disopra del tumulto. Aveva il cuore in gola e la voce tremante nell'osare rivolgersi a quel gruppo indignato; ma continuò a gridare: - Vi prego, signore! - finché ottenne un po' di calma.

- Volevo dire... è un pezzo che ci penso... che non solo dovremmo strappare le erbacce, ma anche piantare dei fiori su... Io... non so quello che penserete; ma ogni volta che vado a portare dei fiori alla tomba del mio diletto Carlo, ne metto qualcuno sulla tomba di uno yankee sconosciuto che è accanto alla sua. Ha l'aria così abbandonata! -

Fu un nuovo clamore di voci eccitate; questa volta le due organizzazioni si trovarono d'accordo.

- Sulla tomba di uno yankee! - - Piuttosto dissotterrarlo e gettare al vento i suoi resti! - - Oh, Melly, come hai potuto...! Hanno ucciso tuo fratello! - - C'è mancato poco che non ti ammazzassero! - - E il tuo bambino! - - Hanno cercato di incendiare Tara! -

Melania si appoggiò alla spalliera della sedia per sorreggersi dinanzi a quell'ondata di biasimo.

- Lasciatemi finire, signore! - gridò supplichevole. - So che non ho il diritto di parlare in questa faccenda perché nessuno dei miei è stato ucciso, eccetto Carlo; e grazie a Dio so dov'è sepolto! Ma vi sono tante fra noi che non sanno dove sono sepolti i loro mariti, figli e fratelli, e...-

Si sentì soffocare; nella stanza fu un silenzio di tomba.

Gli occhi fiammeggianti della signora Meade si incupirono. Elia aveva fatto un viaggio lungo e penoso fino a Gettysburg, dopo la battaglia, per riportare a casa la salma di Darcy; ma nessuno le aveva saputo dire ove fosse stato sepolto. In qualche fossa scavata frettolosamente in terra nemica. E la bocca della signora Allan tremò: suo marito e suo fratello si erano trovati a Ohio durante l'incursione di Morgan e l'ultima cosa che aveva saputo sul loro conto era che erano caduti sulle rive del fiume quando la cavalleria yankee aveva fatto irruzione. Non sapeva dov'erano stati sepolti. Il figlio della signora Allison era morto in un campo di prigionieri nel Nord; e lei, più povera di tutte, non aveva avuto i mezzi per riportarne la salma a casa. Altre avevano letto sulle liste: "Disperso - probabilmente morto" e non avevano mai più saputo altro degli uomini che avevano visto partire.

La voce di Melania si levò nuovamente nel silenzio.

- Le loro tombe sono in qualche luogo, in paese yankee, come le tombe dei loro soldati sono qui... e sarebbe tremendo pensare che qualche donna yankee propone (come ho udito dire da qualcuna) di dissotterrarli per gettare ai vento i loro resti...-

Si udì nella sala un singhiozzo represso.

- Ma com'è tranquillizzante il pensare che qualche buona donna yankee... (deve esservene qualcuna, checché si dica!) strappa le erbacce dalle tombe dei nostri caduti e porta loro un fiore! Se Carlo fosse morto nel Nord, sarebbe un conforto per me il pensiero che qualcuno... E non m'importa di quello che voi, signore pensate di me... - la sua voce si spezzò... - ma darò le dimissioni da tutti e due i Circoli e... estirperò le erbacce da tutte le tombe yankee che troverò e vi pianterò dei fiori... Voglio vedere chi oserà impedirmelo! -

Con questa sfida finale, Melania scoppiò in lacrime e cercò di avviarsi vacillando verso la porta.

Il nonno Merriwether raccontò che dopo questo discorso tutte le signore piangevano abbracciando Melania; la riunione finì con un accordo generale e Melania fu eletta segretaria di tutt'e due le associazioni.

- E tutte quante hanno promesso di adoperarsi per le tombe yankee. Il male è che mia nuora voleva che andassi anch'io ad aiutare, visto che non ho nulla da fare. Io ritengo che miss Melly abbia avuto ragione e che le altre avessero torto; ma andare ad estirpare le erbacce alla mia età e con la mia lombaggine! -

Melania faceva parte del Comitato femminile dell'Orfanotrofio e aiutava a scegliere i libri per l'Associazione Libraria Maschile di recente formazione. Perfino i Tespiani che una volta al mese recitavano una commedia, reclamarono il suo aiuto. Melania era troppo timida per apparire alla ribalta; ma le toccò occuparsi dei costumi, fatti, si capisce, in grandissima economia. Fu lei che diede il voto decisivo nel Circolo di Lettura Shakespeariano perché le opere del poeta fossero alternate con quelle di Dickens e di Bulwer-Lytton piuttosto che coi poemi di Byron com'era stato suggerito da un giovine membro del Circolo che Melania, nel suo intimo, temeva fosse un tipo impertinente e sfacciato.

Nelle sere della tarda estate la sua piccola casa debolmente illuminata era sempre piena di ospiti. Non vi erano mai sedie sufficienti e spesso le signore sedevano sui gradini del porticato anteriore, con gli uomini appoggiati alla balaustra o seduti sul prato. A volte Rossella, vedendo gli ospiti che sedevano sull'erba sorseggiando il tè - l'unico rinfresco che i Wilkes potevano permettersi di offrire - si chiedeva come mai Melania potesse esporre la sua povertà così, senza vergogna. Ella si guarderebbe bene dal ricevere - specialmente persone di riguardo come quelle che andavano da Melania - finché non potesse arredare nuovamente la casa di zia Pitty com'era prima della guerra e non potesse offrire agli invitati vini scelti e sciroppi, prosciutto e pasticci di cacciagione.

Il generale John Gordon, l'eroe della Georgia, si recava spesso in casa Wilkes con la sua famiglia. Padre Ryan, il prete-poeta della Confederazione, non mancava mai di andare a salutare Melania quando si trovava di passaggio per Atlanta e in quelle serate deliziava gli altri invitati recitando loro qualcuno dei suoi poemi. Alew Stephens, l'ex-vice-presidente, era egli pure fra gli assidui e quando si sapeva della sua presenza preso i Wilkes, la casa si riempiva di gente che rimaneva per ore ed ore sotto l'incanto della voce squillante di quel debole invalido. Di solito vi erano dozzine di bambini col capo ciondoloni per il sonno fra le braccia dei genitori; non vi era famiglia che non desiderasse che i suoi figliuoli potessero più tardi raccontare di essere stati baciati dall'uomo che aveva tenuto le redini della Grande Causa. E tutti i personaggi eminenti che per una ragione o per l'altra giungevano in città, non mancavano di andare in casa Wilkes dove spesso passavano la notte. In queste occasioni Lydia era costretta a dormire su un materasso nella stanzetta di Beau e Dilcey correva da zia Pitty a farsi prestare le uova per la colazione della mattina seguente; ma Melania intratteneva gli ospiti graziosamente come se fosse stata la dama di un castello.

No, Melania non si accorgeva che la gente si riuniva attorno a lei come attorno a una logora e amata bandiera. Quindi fu stupita e imbarazzata una sera quando il dottor Meade, dopo aver passato in casa sua una piacevole serata durante la quale aveva letto il "Macbeth" con delizia dell'uditorio, le aveva baciato la mano dicendole con la stessa voce usata in altri tempi nei discorsi in pro della Causa Gloriosa:

- Cara miss Melly, e sempre un privilegio e un piacere venire in casa vostra, perché voi - e le donne come voi - siete il cuore di noi tutti; siete tutto ciò che ci è rimasto. Ci è stato tolto il fiore della nostra gioventù e il riso delle nostre donne. Ci hanno rovinato la salute, hanno distrutto le nostre abitudini, annichilito la nostra prosperità, ci hanno ricacciato indietro di cinquant'anni e hanno collocato un fardello troppo pesante sulle spalle dei nostri ragazzi che dovrebbero andare a scuola e dei nostri vecchi che dovrebbero godere il sole. Ma potremo ricostruire, perché abbiamo dei cuori come il vostro su cui posare le fondamenta. E fintanto che abbiamo questa ricchezza, si prendano pure tutto il resto, gli yankees! -

 

Finché la figura di Rossella non assunse tali proporzioni che neanche il grande scialle nero di zia Pitty poteva più nascondere il suo stato, lei e Franco si insinuavano spesso attraverso la siepe dietro alla casa per prender parte alle riunioni serali sotto il porticato di Melania. Rossella aveva cura di sedere sempre dove non giungeva la luce; rimanendo in ombra non solo evitava di essere vista, ma poteva contemplare inosservata il volto di Ashley.

Soltanto per lui andava in casa sua; ché la conversazione la annoiava e la rattristava. Si svolgeva sempre nella stessa maniera: prima i tempi difficili, poi la situazione politica e infine la guerra. Le signore deploravano gli alti prezzi dei commestibili e chiedevano agli uomini se credevano che gli antichi tempi tornerebbero. E gli uomini onniscienti rispondevano di sì; era solo questione di tempo. Non era vero, e le signore lo sapevano; ma fingevano di credere alla menzogna che veniva detta con gaiezza.

Poi si parlava della sempre crescente impudenza dei negri, degli oltraggi dei "Carpetbaggers" e dell'umiliazione di avere in ogni angolo dei soldati yankee. E le signore chiedevano se gli yankees non finirebbero mai di ricostruire la Georgia. I gentiluomini affermavano che anche questa era solo questione di tempo... cioè, fino a quando i democratici avessero nuovamente il diritto di votare. E dopo di questo, si cominciava a parlare della guerra. E il vocabolo "se" era quello che dominava la conversazione.

- Se l'Inghilterra ci avesse aiutati... - - Se Jeff Davis avesse ritirato tutto il cotone e lo avesse portato in Inghilterra prima che cominciasse il blocco... - - Se Longstreet avesse obbedito agli ordini a Gettysburg... - - Se non avessimo perduto Stonewall Jackson... - - Se Vicksburg non fosse caduta... - - Se avessimo potuto resistere ancora un anno... - E sempre: - Se non avessero sostituito Johnston con Hood...- oppure: - Se avessero messo Hood a comandare Dalton invece di Johnston...-

Se...! Se...! Le voci dolci si eccitavano parlando nell'oscurità: fanteria, cavalleggeri, artiglieri... E si evocavano antichi ricordi di quando la vita era nel suo pieno fervore, come un'estate gloriosa che si rievoca in un triste tramonto invernale.

"Non parlano d'altro!" pensava Rossella. "Solo la guerra. Sempre la guerra. E non parleranno mai d'altro che della guerra, finché morranno."

Vedeva i ragazzi fra le braccia dei loro padri che ascoltavano con occhi ardenti e respiro affannoso la narrazione di sortite notturne, di cariche di cavalleria, di bandiere piantate su parapetti di trincee nemiche. Ascoltavano rullar di tamburo e squilli di trombe e il grido dei Ribelli; vedevano uomini coi piedi dolenti che andavano sotto la pioggia con le bandiere lacere e sgocciolanti.

"E anche questi ragazzi non parleranno d'altro. Crederanno che sia stato meraviglioso e glorioso combattere gli yankees e tornare a casa cieco o mutilato... o non tornare affatto. Tutti amano ricordare la guerra, parlarne. Ma io no. Non vorrei neanche pensarvi. Vorrei dimenticarla se potessi... oh, se potessi!"

Ascoltava con raccapriccio quanto Melania narrava di Tara, facendo di Rossella un'eroina che aveva affrontato gli invasori, aveva salvato la spada di Carlo, aveva spento l'incendio. Questi ricordi non procuravano a Rossella né gioia né orgoglio. Avrebbe voluto non pensarvi più.

"Perché non dimenticano? Perché non guardano avanti piuttosto che indietro? Siamo stati pazzi a fare questa guerra. E più presto la dimenticheremo, meglio sarà."

Ma nessuno voleva dimenticare; sicché Rossella fu lieta di poter dire in confidenza a Melania che oramai, anche al buio, le dispiaceva farsi vedere. La spiegazione sembrò giustissima a Melania, la quale era ipersensibile per tutto quanto concerneva la maternità. Ella avrebbe ardentemente desiderato un altro bambino; ma i medici erano d'accordo nel dire che un altro parto le costerebbe la vita. Rassegnata a questo, godeva della gravidanza non sua; e Rossella, che non desiderava affatto quest'altro bimbo ed era irritata della sua intempestività, trovava che quell'atteggiamento era il colmo della stupidaggine sentimentale. Ma provava un malvagio senso di piacere all'idea che il decreto dei dottori rendeva impossibile qualsiasi vera intimità fra Ashley e sua moglie.

Rossella vedeva spesso Ashley adesso; ma mai sola. Egli passava ogni sera a darle il resoconto del lavoro della giornata; ma Franco e Pitty erano quasi sempre presenti; o - peggio ancora Melania e Lydia. Ella poteva parlargli solo di affari, dargli qualche suggerimento e poi concludere: - Siete stato gentile a venire. Buona notte. - Se non fosse stata incinta! Avrebbe avuto la possibilità di andare ogni mattina allo stabilimento con lui, attraverso i boschi solitari, lontani dagli occhi curiosi, in modo da potere immaginare di essere nuovamente nella loro Contea nell'epoca tranquilla dell'anteguerra.

No, non provocherebbe neppure una parola d'amore! Aveva giurato a se stessa che non lo farebbe mai più. Ma forse, se si trovasse nuovamente sola con lui, egli lascerebbe cadere quella maschera di cortesia impersonale che portava da quando era giunto ad Atlanta. Forse sarebbe ancora il vero Ashley, quello che ella aveva conosciuto prima del banchetto, prima che fra loro fosse stata detta una sola parola d'amore. Se non potevano essere amanti, potrebbero essere nuovamente amici; ed ella riscalderebbe il suo gelido cuore al calore di quell'amicizia.

"Se questo bimbo si sbrigasse a venire al mondo!" pensava con impazienza. "Andrei via con lui ogni giorno e potremmo parlare..."

Non era solo il desiderio di stare con lui che la faceva torcere di impazienza per la sua segregazione. Gli stabilimenti avevano bisogno di lei. Da quando si era ritirata in casa lasciando la direzione a Ugo e Ashley, le aziende perdevano denaro.

Ugo era assolutamente incapace, malgrado gli sforzi che faceva. Era un meschino commerciante e un meschino gestore. Qualsiasi acquirente poteva imbrogliarlo come voleva: bastava che gli dicesse che il legname non valeva il prezzo richiesto e Ugo si affrettava, da vero gentiluomo, a scusarsi e accettava un prezzo inferiore. Quando ella seppe il prezzo che egli aveva incassato per mille piedi di pavimento, scoppiò in lacrime irose. La miglior qualità di legname per impiantito, dato via quasi per niente! E non era capace di dirigere gli operai. I negri insistevano per esser pagati giorno per giorno e spesso si ubriacavano e l'indomani non si presentavano al lavoro. In queste occasioni Ugo era costretto ad assumere altri lavoranti e il lavoro subiva notevoli ritardi, e molte volte egli non poteva neanche andare in città per le vendite.

Vedendo che tra le mani di Ugo gli utili si dileguavano, Rossella cominciò a diventare frenetica contro la propria impotenza e la sua stupidità. Subito dopo la nascita del bimbo, licenzierebbe Ugo e prenderebbe un altro al suo posto. E mai più negri emancipati! Come si poteva lavorare seriamente con quella gente della cui presenza non si poteva mai esser sicuri?

Dopo un colloquio tempestoso avuto con Ugo a proposito degli operai che non erano venuti al lavoro, Rossella parlò seriamente con suo marito.

- Senti, Franco: ho pensato di prendere dei galeotti per lavorare negli stabilimenti. Tempo fa ho parlato con Johnnie Gallegher, il capomastro di Tommy Wellburn, delle difficoltà che abbiamo per far lavorare i negri; e mi disse perché non prendevo dei condannati. Dice che si pagano pochissimo e si nutrono a buon mercato. E dice che posso farli lavorare come voglio senza ingerenze dell'Ufficio per l'Emancipazione. Appena il contratto di Johnnie Gallegher con Wellburn sarà terminato, penso di prendere lui al posto di Ugo. Un uomo che è capace di far lavorare quel pugno di fannulloni irlandesi, otterrà il miglior rendimento possibile dai galeotti.-

Galeotti! Franco rimase senza parola. Assumere dei delinquenti era il peggior progetto che Rossella avesse mai avuto; anche peggiore di quello di costruire una bettola. Questo sistema di assumere dei criminali era venuto in uso a causa della povertà dello Stato dopo la guerra. Non potendo mantenerli, lo Stato li faceva assumere da chi aveva bisogno di un grande numero di braccianti per la costruzione di ferrovie, nelle foreste di terebinti e nell'industria del legname. Franco e i suoi amici comprendevano la necessità di questo sistema, ma lo deploravano, trovandolo assai peggiore della schiavitù.

E Rossella voleva assumere dei galeotti! Franco pensò che se lo avesse fatto, egli non avrebbe più potuto alzare la fronte. Peggio che essere proprietaria di stabilimenti; peggio che gestirli; peggio di tutto ciò che Rossella aveva fatto finora. Le sue precedenti obiezioni erano collegate con la frase: "Che ne dirà la gente?" Ma questo... questo era anche più grave del timore dell'opinione pubblica. Questo era un traffico di corpi umani simile alla prostituzione; un peccato che peserebbe sulla sua anima qualora egli le permettesse di farlo.

Da questa convinzione Franco trasse il coraggio di proibire a Rossella di fare una cosa simile: e le sue osservazioni furono così aspre da ridurla al silenzio. Finalmente per tranquillizzarlo, ella protestò dolcemente che non aveva avuto veramente l'intenzione di giungere a quell'estremo; ma era così esasperata contro Ugo e i negri che aveva perso il controllo di sé. Ma segretamente continuò a pensarvi con rimpianto. Il lavoro dei galeotti avrebbe risolto il problema più difficile; ma se Franco la prendeva in quel modo...

Sospirò. Se almeno uno degli stabilimenti rendesse, si potrebbe andare avanti. Ma Ashley non produceva gran che meglio di Ugo.

Da principio Rossella fu assai delusa che Ashley non riuscisse subito a far rendere all'azienda il doppio di quanto rendeva sotto la gestione di lei. Egli era così intelligente e aveva letto tanti libri che non vi era ragione che non avesse un brillantissimo successo. Ma la sua inesperienza, i suoi errori, la sua mancanza di senso degli affari e i suoi scrupoli nel concludere i contratti erano gli stessi di quelli di Ugo.

L'amore di Rossella non tardò a trovare delle scuse per lui; ed ella non considerò i due uomini sotto la stessa luce. Ugo era stupido senza speranza, mentre Ashley era soltanto nuovo agli affari. Però spontaneamente le venne il pensiero che Ashley non sarebbe mai stato capace di fare mentalmente una rapida stima e dire un prezzo esatto, come faceva lei. E chi sa se riuscirebbe mai a distinguere fra assicelle e tavole? Inoltre, siccome era onesto, credeva che anche gli altri lo fossero e si fidava di chiunque: più di una volta avrebbe perduto del denaro se lei non fosse intervenuta con tatto. E se qualcuno gli era simpatico e aveva simpatia per tante persone! - gli vendeva la merce a credito senza neppure informarsi se aveva denaro in banca o se era comunque solvibile. Da questo punto di vista era come Franco.

Ma certo imparerebbe! E frattanto, ella aveva un'affettuosa e materna indulgenza per i suoi errori. Ogni sera, quando egli veniva a casa stanco e scoraggiato, Rossella gli dava delicatamente una quantità di suggerimenti. Ma negli occhi di lui era sempre una strana espressione che ella non comprendeva e che la spaventava. Com'era diverso da quello di una volta! Forse, se potesse vederlo da solo, riuscirebbe a scoprirne la ragione...

La situazione le procurava molte notti insonni. Era preoccupata perché sapeva Ashley infelice e capiva che quest'infelicità non lo aiuterebbe a diventare un buon commerciante. Era un tormento aver le proprie aziende nelle mani di due incapaci; si sentiva spezzare il cuore nel vedere che i suoi concorrenti le toglievano i migliori clienti mentre lei aveva tanto faticato per assicurarseli. Se almeno avesse potuto tornar presto a lavorare! Sotto la sua guida, Ashley imparerebbe; e Johnnie Gallegher gestirebbe l'altro stabilimento, mentre lei si occuperebbe delle vendite e tutto andrebbe bene. Quanto a Ugo, se voleva ancora lavorare per lei, potrebbe interessarsi delle consegne. Tanto, non era capace di fare altro.

Senza dubbio, Gallegher, con tutta la sua abilità, sembrava un uomo privo di scrupoli; ma... a chi rivolgersi? Perché gli altri uomini, abili e onesti, non volevano lavorare per lei? Basterebbe averne uno, al posto di Ugo...

Tommy Wellburn, benché sciancato, passava per essere il costruttore più ricercato della città; si diceva che guadagnasse moltissimo denaro. La signora Merriwether e Renato prosperavano e avevano aperto una pasticceria; Renato la gestiva con abilità, e il nonno Merriwether portava in giro il carretto delle focacce. I ragazzi Simmon avevano tanto da fare che nella loro fornace erano costretti ad avere tre turni di lavoro al giorno. E Kells Whiting guadagnava bene col suo preparato per lisciare i capelli crespi, perché diceva ai negri che non sarebbe mai concesso il diritto di voto a chi aveva i capelli lanosi. Lo stesso era per tutti i giovani intelligenti di sua conoscenza: medici, avvocati, negozianti. L'apatia che li aveva immobilizzati nell'immediato dopoguerra era scomparsa; ed essi erano troppo occupati a ricostruire i propri patrimoni per poter aiutare lei a costruire il suo. I soli che non erano occupati erano gli uomini del tipo di Ugo... o di Ashley.

Che disastro aspettare un bambino mentre c'è bisogno di far progredire un'azienda!

"Non ne avrò mai più" decise fermamente. "Non voglio fare come le altre donne che hanno un figlio all'anno. Per carità: significherebbe rimanere sei mesi dell'anno lontana dagli stabilimenti! E vedo che non dovrei allontanarmene neanche per un giorno... Dirò semplicemente a Franco che non voglio più bambini.”

Franco desiderava una famiglia numerosa; ma ella lo convincerebbe. Ormai era decisa. Questo sarebbe il suo ultimo figlio. Gli stabilimenti erano molto più importanti.

42

Rossella ebbe una bimba, un esserino calvo, brutto come uno scimmiotto pelato, e assurdamente somigliante a Franco. Nessuno, eccettuato il padre completamente rimbecillito, riuscì a trovarla graziosa; ma i vicini furono tanto caritatevoli da affermare che tutti i bambini brutti erano suscettibili di diventar belli. Le fu dato il nome di Ella Lorena; Ella per ricordo della nonna Elena, e Lorena perché era il nome di moda per le bimbe, come Roberto Lee e Stonewall Jackson per i maschietti; per i bimbi negri usavano i nomi di Abramo Lincoln e Emancipazione.

La piccina nacque alla metà di una settimana in cui gli animi erano eccitatissimi e l'atmosfera tesa nell'aspettativa di un disastro. Un negro che si era vantato di aver commesso un ratto era stato arrestato; ma prima del processo alcuni membri del Ku Klux Klan erano penetrati nel carcere e il colpevole era stato tranquillamente impiccato. Il Klan aveva agito per evitare alla vittima ancora sconosciuta di essere chiamata a deporre in tribunale. Piuttosto di render pubblica la sua vergogna, il padre e i fratelli l'avrebbero uccisa; quindi il linciaggio del negro sembrò ai cittadini una soluzione ragionevole: la sola possibile. Ma le autorità militari furono furibonde, non comprendendo perché la ragazza non avrebbe dovuto deporre pubblicamente.

Furono compiuti arresti a destra e a sinistra; i militari giuravano di distruggere il Klan, dovessero mettere in carcere tutti i bianchi di Atlanta! I negri, irritati e sgomenti, parlarono di incendiare per rappresaglia un certo numero di case. Si parlava di impiccagioni in massa se gli yankees avessero messo la mano sui colpevoli e di sorprese organizzate dai negri contro i bianchi. Si rimaneva in casa con le porte sprangate e le finestre chiuse; gli uomini non osavano recarsi al loro lavoro lasciando donne e fanciulli senza protezione.

Rossella, abbattuta ed esaurita, ringraziò Dio in cuor suo che Ashley avesse troppo buon senso per appartenere al Klan e che Franco fosse troppo vecchio e timido. Sarebbe stato spaventoso vivere sotto l'incubo che gli yankees potessero da un momento all'altro venire ad arrestarli. Non potevano rimaner tranquilli quei cervelli esaltati che formavano il Klan? Forse la ragazza non era neanche stata violata. Si era limitata ad avere un grande spavento; ed ecco che per colpa sua, molti uomini correvano rischio di perdere la vita.

In quell'atmosfera, coi nervi tesi come una miccia verso un bariletto di esplosivo, Rossella riprese forza rapidamente. Il vigore che l'aveva soccorsa durante l'aspro periodo di Tara le giovò enormemente; e due settimane dopo la nascita di Ella Lorena ella era già in grado di alzarsi a sedere e di crucciarsi per la propria inattività. Una settimana dopo era in piedi e dichiarava che voleva andare alle segherie. Il lavoro dei due stabilimenti era sospeso perché Ugo e Ashley avevano paura di lasciar sole le loro famiglie tutto il giorno.

E allora avvenne la catastrofe.

Franco, fiero della sua paternità, trovò il coraggio di proibire a Rossella di uscir di casa. Quest'ordine non avrebbe avuto nessun effetto, se egli non avesse fatto chiudere cavallo e carrozzino nella stalla, con l'ordine che non fosse consegnato ad altri che a lui. Per di più, mentre ella era a letto, Franco e Mammy avevano pazientemente frugato tutta la casa e avevano scoperto nei vari nascondigli il denaro; Franco lo aveva depositato in banca a proprio nome, sicché Rossella non poteva disporre di nulla.

Rossella montò su tutte le furie contro il marito e contro Mammy; quindi pregò e finalmente pianse tutta una mattinata come una bimba indispettita. Ma non ebbe altro risultato che di udire: -Smettila, tesoro! Sei proprio una bambina ammalata! e:- Miss Rossella, se tu continuare a piangere, far diventare cattivo tuo latte e bambina avere colica.-

Irritatissima, Rossella attraversò il cortile posteriore per andare da Melania a sfogarsi, dichiarando che sarebbe andata a piedi agli stabilimenti e che direbbe a tutta Atlanta che aveva sposato un mascalzone e che non voleva essere trattata come una ragazzina stupida e cattiva. Porterebbe una pistola e ucciderebbe chiunque la minacciasse: Aveva già ucciso un uomo e le piacerebbe, sì le piacerebbe molto ucciderne un altro! E...

Melania che non osava avventurarsi neanche sotto al proprio porticato fu terrorizzata da queste minacce.

- Non devi arrischiarti! Morirei se ti succedesse qualche cosa! -

- Voglio andare! Andrò a piedi! -

Melania la guardò e vide che non si trattava dell'isterismo di una donna indebolita dal parto recente. Sul volto di Rossella era la stessa caparbietà e risolutezza che Melania aveva visto tante volte sul viso di Geraldo O'Hara quando si era fitto in mente di fare una cosa. Abbracciò Rossella e la strinse a sé.

- E' colpa mia, perché non sono coraggiosa come te e trattengo Ashley in casa invece di farlo andare allo stabilimento! Dio mio! Sono così paurosa! Tesoro, dirò ad Ashley che non ho più paura e verrò a stare con te e zia Pitty; così egli potrà tornare al lavoro e...-

Nemmeno con se stessa Rossella volle ammettere che Ashley sarebbe incapace di risolvere la situazione da solo; e gridò: - Neanche per sogno! Come vuoi che possa lavorare Ashley essendo continuamente preoccupato per te? Dio, come sono odiosi tutti! Perfino zio Pietro rifiuta di venire con me! Ma non importa! Andrò sola! A piedi; e troverò una squadra di negri per lavorare...-

- No, no! Chi sa che cosa ti succederebbe! Ho sentito dire che la zona di Shantytown, sulla strada di Decatur, è piena di negri della peggior risma; e tu devi passare proprio di là. Lasciami pensare... Promettimi di non far nulla per oggi, tesoro; vai a casa e mettiti a letto. Io penserò qualche cosa. Prometti.-

Troppo esausta dalla collera per fare altrimenti, Rossella promise e tornò in casa, rifiutando alteramente ogni tentativo di pace da parte dei suoi. Nel pomeriggio una strana figura attraversò goffamente la siepe che divideva i due cortili. Evidentemente era uno di quegli uomini dei quali Mammy e Dilcey parlavano definendoli "quelle immondizie che miss Melly raccogliere nelle strade e far dormire nella sua cantina".

Nelle fondamenta della casa di Melania vi erano tre stanze che un tempo erano servite come camere per la servitù e deposito di vino. Dilcey ne occupava una; le altre due erano costantemente ingombrate da una ciurma di miserabili di passaggio. Solo Melania sapeva da dove venivano e dove andavano; e nessuno sapeva dove li raccoglieva. Forse quello che dicevano le due negre era vero. Ma nello stesso modo come le persone eminenti erano accolte nel suo salotto, i miseri trovavano alloggio nella sua cantina dove erano nutriti e dove trovavano un letto; ripartivano poi con un fardelletto di viveri. Di solito erano ex-soldati confederati, gente senza famiglia, che girava per il paese in cerca di lavoro.

Sovente, contadine brune e sfiorite accompagnate da una torma di bimbi taciturni, passavano quivi la notte: erano donne che la guerra aveva reso vedove e private delle loro piccole proprietà, ed ora andavano in cerca di parenti dispersi e perduti. A volte il vicinato era scandalizzato dalla presenza di stranieri che non parlavano, o quasi, l'inglese; gente attratta verso il Sud dal miraggio di una fortuna che si credeva poter facilmente raggiungere. E perfino a un repubblicano si diceva che Melania avesse dato ospitalità; ma la maggioranza si rifiutava a crederlo perché dicevano - anche la carità della signora Wilkes doveva avere un limite!

"Sicuro" pensò Rossella seduta sotto al porticato nel pallido sole di novembre, con la bimba in grembo "dev'essere uno dei poveracci di Melania."

L'uomo che stava attraversando il cortile aveva una gamba di legno, come Will Benteen. Era alto e magro, con la testa calva e la barba grigia così lunga che la ficcava nella cintura. Doveva avere più di sessant'anni, a giudicare dal volto grinzoso; ma il suo corpo non mostrava i segni dell'età. Sparuto e senza grazia, si muoveva peraltro, nonostante la sua gamba di legno, con la sveltezza di un serpente.

Salì i gradini e le si avvicinò; e anche prima che egli parlasse, Rossella si rese conto che era un montanaro. Malgrado gli abiti sporchi e laceri, era in lui, come in molti montanari, un aspetto di fiera dignità che non permetteva confidenza né tollerava scherzi. Aveva la barba macchiata di succo di tabacco, il naso sottile e ruvido, le sopracciglia cespugliose; anche dalle orecchie uscivano ciuffetti di peli che gli davano l'aspetto di orecchie di lince. Al posto di un occhio aveva un'infossatura da cui partiva una cicatrice che gli attraversava diagonalmente la guancia; l'altro occhio era piccolo, chiaro e freddo; un occhio immobile e spietato. Nella cintura portava infilata una pesante pistola e dal suo stivalone sporgeva il manico di un pugnale.

Rispose freddamente allo sguardo di Rossella e si appoggiò alla balaustra prima di aprir bocca. Nel suo unico occhio era un'espressione di disprezzo, non per lei ma per tutto il suo sesso.

- Miss Wilkes mi ha mandato da voi per lavorare - disse brevemente.

Parlava rozzamente, come persona abituata a parlar poco, a cui le parole vengono in bocca con difficoltà. - Mi chiamo Baldo.-

- Mi dispiace, ma non ho lavoro per voi, signor Baldo.-

- Baldo è il mio nome di battesimo.-

- Scusate. Qual è il cognome? -

Egli esitò un attimo. Poi:

- Reputo che questo sia affar mio. Basta chiamarmi Baldo. -

- Non tengo affatto a sapere come vi chiamate. Non ho lavoro per voi. -

- Ritengo che ne abbiate. Miss Wilkes era sconvolta al pensiero che voleste andare in giro sola come una pazza; mi ha mandato qui per accompagnarvi. -

- Davvero? - E Rossella era indignata tanto della sgarbatezza dell'uomo quando dell'intromissione di Melania.

Egli la guardò con animosità impersonale. - Sì. Una donna non deve creare preoccupazioni ai suoi uomini. Se non potete fare a meno di andare in giro, vi accompagnerò. Odio i negri... e anche gli yankees. -

Passò nell'altra guancia la cicca che stava masticando e, senza attendere di essere invitato, sedette sui gradini. - Non dirò che mi piaccia accompagnare le donne; ma miss Wilkes è stata buona con me, facendomi dormire nella sua cantina; e mi ha mandato perché io vi accompagni.-

- Ma... - cominciò Rossella incerta; ma si interruppe e lo guardò. Dopo un momento cominciò a sorridere. Non le piaceva quell'individuo; ma la sua presenza semplificherebbe le cose. Accompagnata da lui, potrebbe andare agli stabilimenti, recarsi in città, visitare i clienti. Nessuno poteva crederla in pericolo; e l'apparenza dell'uomo era tale da non dar luogo a pettegolezzi.

- D'accordo - disse. - Purché mio marita acconsenta. -

Dopo una conversazione privata con Baldo, Franco diede con riluttanza la sua approvazione e mandò un biglietto alla stalla per autorizzare la consegna del cavallo e del calessino. Era offeso e deluso che la maternità non avesse mutato Rossella com'egli aveva sperato; ma se sua moglie era decisa a tornare a quei maledetti stabilimenti, Baldo era il benvenuto.

Così ebbe inizio una specie di associazione che da principio sbalordì Atlanta. Baldo e Rossella erano una coppia stranamente assortita: il vecchio sporco e truculento con la sua gamba di legno, e la graziosa ed elegante donnina con la fronte aggrottata. Si vedevano a tutte le ore e dovunque; in città e fuori, scambiando raramente una parola, evidentemente non avendo alcuna simpatia reciproca ma legati da una reciproca necessità: lui di denaro, lei di protezione. Almeno - dissero le signore – è meglio che andare sfacciatamente in giro con quel tale Butler. Erano curiose di sapere dove fosse andato a finire Rhett, partito da tre mesi senza che nessuno, neanche Rossella, sapesse dove si era recato.

Baldo era un tipo taciturno; non parlava se non gli veniva rivolta la parola; e anche in questo caso, rispondeva generalmente con dei grugniti. Ogni mattina usciva dalla cantina di Melania e veniva a sedere sui gradini di Rossella dove rimaneva ciccando e sputando finché Pietro portava il calessino attaccato, e Rossella usciva di casa. Zio Pietro temeva quell'uomo poco meno del demonio o del Ku Klux Klan; e perfino Mammy gli passava accanto silenziosa e intimorita. Egli odiava i negri ed essi lo sapevano e lo temevano. Aveva aggiunto alle sue armi un'altra pistola e la sua fama era corsa fra la popolazione negra. Non ebbe mai bisogno di trarre un'arma e neanche di portare la mano alla cintura. L'effetto morale era stato sufficiente. I negri non osavano neanche ridere quando egli era nelle vicinanze.

Una volta Rossella gli chiese curiosamente perché odiava i negri e fu sorpresa di avere da lui una risposta, perché di solito egli si limitava a dire: "Ritengo che questo sia affar mio".

- Li odio come fanno tutti i montanari. Non abbiamo mai avuto simpatia per loro e non ne abbiamo mai posseduti. Sono stati loro che hanno cominciato la guerra. Li odio anche per questo.-

- Ma voi avete combattuto.-

- Ritengo che questo sia il privilegio di ogni uomo. Odio anche gli yankees, più di quanto odio i negri. Quasi quanto odio le donne chiacchierone. -

Queste villanie irritavano Rossella oltre ogni dire. Ma come avrebbe fatto senza di lui? Come le sarebbe stato possibile girare liberamente? Egli era sgarbato e sudicio, e a volte poco profumato; ma le serviva. La conduceva agli stabilimenti e a visitare i clienti, sputando e guardando nel vuoto mentre lei parlava e dava ordini. Se ella scendeva dal calessino, scendeva dietro di lei e la seguiva a passo a passo. Quando Rossella si trovava fra braccianti negri o soldati yankee, raramente rimaneva a più di un passo dal suo gomito.

Atlanta si abituò ben presto a vedere Rossella con la sua guardia del corpo; e in breve le signore cominciarono a invidiare la sua libertà di movimenti. Da quando il Ku Klux aveva cominciato i linciaggi, esse vivevano praticamente murate; non si recavano neanche a fare spese in città, se non erano almeno in gruppo di mezza dozzina. Socievoli di natura, la reclusione forzata le rendeva inquiete; quindi esse cominciarono a chiedere Baldo in prestito a Rossella. E questa, quando non ne aveva bisogno, era tanto gentile da concederlo alle sue conoscenti.

Così Baldo diventò un'istituzione ad Atlanta; e le signore si disputavano il suo tempo libero. Raramente passava una mattina senza che un bimbo o un servo negro giungesse con un biglietto che diceva: "Se nel pomeriggio non avete bisogno di Baldo, vi prego di mandarmelo. Vorrei andare a portare dei fiori al Camposanto". "Devo andare dalla modista." "Sarei lieta se Baldo potesse accompagnare zia Nelly a prendere un po' d'aria." "Debbo andare a fare una visita e il nonno non mi può accompagnare perché sta poco bene. Se Baldo potesse..."

Le accompagnava tutte, ragazze, maritate e vedove, avendo per tutte lo stesso inflessibile disprezzo. Era evidente che, ad eccezione di Melania, detestava le donne come detestava i negri e gli yankees. Da principio esse furono urtate dalla sua scortesia, ma finirono con l'abituarsi a lui e a considerarlo come i cavalli che guidava. Infatti, la signora Merriwether raccontò alla signora Meade tutti i particolari del puerperio di sua nipote, senza neanche ricordarsi che Baldo poteva udire ogni parola.

In nessun altro momento una simile situazione sarebbe stata possibile. Prima della guerra, egli non sarebbe stato ammesso neanche nelle cucine. Ma ora era il benvenuto. Rude, illetterato, sudicio, rappresentava un baluardo fra le signore e i terrori della Ricostruzione. Non era ne un amico né un servo. Era una guardia del corpo che proteggeva le donne quando i loro mariti lavoravano di giorno, o erano assenti di notte.

Rossella ebbe l'impressione che da quando c'era Baldo, Franco si assentasse spesso la sera. Diceva che bisognava mettere in ordine la contabilità del negozio e che di giorno vi era abbastanza da fare e quindi non aveva la possibilità di occuparsene. E vi erano degli amici ammalati che bisognava andare a visitare. Si era anche costituita un'associazione di democratici che si riunivano tutti i mercoledì per discutere sulla maniera di riacquistare i diritti politici, e Franco non mancava a nessuna riunione.

Anche Ashley andava a visitare gli ammalati e frequentava le sedute dei democratici, era quindi assente le stesse sere in cui mancava Franco. In quelle occasioni Baldo scortava zia Pitty, Rossella e i bambini attraverso il cortile fino alla casa di Melania e le due famiglie passavano la serata insieme. Le signore cucivano mentre Baldo sdraiato sul divano del salotto russava sonoramente. Nessuno lo aveva invitato ad occupare il divano che era il miglior mobile della casa e le signore gemevano nascostamente ogni volta che egli vi si adagiava, posando lo stivalone sul grazioso arazzo. Ma nessuna di loro osava protestare. Specialmente dopo che egli ebbe osservato che, grazie al cielo, si addormentava con facilità, altrimenti le chiacchiere delle donne, che sembravano un branco di galline, lo avrebbero fatto impazzire.

A volte Rossella si domandava da dove poteva esser venuto Baldo e quale era stata la sua vita prima di venire ad abitare nella cantina di Melly; ma non gli rivolse mai alcuna domanda. Vi era qualche cosa nel suo viso monocolo che disarmava ogni curiosità. Tutto ciò che sapeva era che il suo accento lo rivelava proveniente dalle montagne del nord; che aveva fatto la guerra ed aveva perduto l'occhio e la gamba poco tempo prima della resa. Furono certe parole pronunciate in uno scoppio di collera contro Ugo Elsing che portarono la luce sul passato di Baldo.

Una mattina in cui il vecchio monco l'aveva accompagnata alla segheria di Ugo, Rossella aveva trovato lo stabilimento silenzioso; i negri se n'erano andati e Ugo sedeva sconsolato sotto un albero. Nessuno si era presentato quella mattina al lavoro ed egli non sapeva che fare. Rossella andò su tutte le furie e non si fece scrupolo di rovesciare la sua ira su Ugo: ella aveva per l'appunto ricevuto una forte ordinazione per strappare la quale le erano occorsi tutta la sua energia e tutto il suo fascino. Ed ora ecco che lo stabilimento era fermo.

- Conducetemi all'altro stabilimento - disse a Baldo. - So che è lontano e che non riusciremo a pranzare; ma perché vi pago? Debbo dire al signor Wilkes che interrompa quello che sta facendo e prepari quest'altro legname. Purché i suoi operai non abbiano fatto lo stesso! Massa di fannulloni! Non ho mai visto un buono a nulla come Ugo Elsing! Me lo leverò di torno appena Johnnie Gallegher sarà libero. Che m'importa se ha servito nell'esercito yankee? Lavorerà. Non ho mai visto un irlandese pigro. E sono stufa di negri emancipati. Non ci si può fidare di loro. Dirò a Johnnie Gallegher che prenda dei galeotti. Sono sicura che li farà lavorare. -

Baldo volse verso di lei il suo occhio malevolo e parlò con una collera fredda nella voce aspra.

- Il giorno in cui prenderete dei galeotti sarà il giorno in cui vi lascerò. -

Rossella fu sbalordita. - Dio mio! E perché? -

- So che cos'è far lavorare i galeotti. Significa ucciderli. Trattarli come muli; anzi peggio. Batterli, farli morire di fame, ammazzarli. Che importa? Lo Stato se ne infischia. Prende i soldi delle paghe. E a chi li assume, non importa nulla. Tutto quello che si cerca, è di nutrirli spendendo poco e ottenere il massimo di lavoro possibile. Accidenti, signora! Non ho mai pensato molto bene delle donne; ma ora penserò anche peggio! -

- E che c'entrate voi? -

- C'entro - rispose laconicamente Baldo. E dopo una pausa soggiunse: - Sono stato galeotto per quarant'anni. -

Rossella sussultò e per un attimo si appoggiò indietro sui cuscini. Questa era dunque la soluzione dell'enigma rappresentato da Baldo, la ragione per cui non aveva voluto dire il suo cognome, il suo luogo di nascita o altro che riguardasse la sua vita passata; questo il motivo per cui parlava con difficoltà e per cui odiava tutto il mondo. Quarant'anni! Doveva essere andato in prigione molto giovine. Quarant'anni! Perché... Doveva essere stato condannato a vita; e i condannati a vita erano...

- E' stato per... omicidio ? -

- Sì - fu la breve risposta mentre Baldo percuoteva con le redini il dorso del cavallo. - Mia moglie. -

Le palpebre di Rossella batterono rapidamente. Parve che la bocca di lui nascosta tra la barba si muovesse, come se egli sorridesse del suo terrore. - Non ho l'intenzione di uccidervi, signora, se è di questo che avete paura. Non vi è che una ragione per uccidere una donna.-

- Avete ammazzato vostra moglie! -

- Andava a letto con mio fratello. Lui si salvò. Non sono affatto pentito di averla ammazzata. Le donnacce dovrebbero essere uccise. La legge non ha il diritto di mettere un uomo in prigione per questo; ma io fui condannato. -

- Ma... come siete uscito? Siete scappato? Avete avuto la grazia? -

- Chiamatela pure grazia! - Le folte sopracciglia si unirono come se il mettere assieme le parole fosse una difficoltà.

- Nel '64, quando venne Sherman, ero nel carcere di Milledgeville, dove sono stato per quarant'anni. Il governatore ci chiamò tutti e ci disse che stavano venendo gli yankees, i quali incendiavano e uccidevano. Ora, se vi è una cosa che odio più dei negri e delle donne, sono gli yankees.-

- Perché? Avevate... avete conosciuto degli yankees? -

- No, signora. Ma ho sentito parlare di loro. So che sono incapaci di pensare ai fatti loro. E io detesto le persone che non si occupano, dei loro affari. Che cosa venivano a fare in Georgia, a liberare i negri, e bruciare le nostre case, a uccidere la nostra gente? Dunque, il governatore disse che l'esercito aveva molto bisogno di soldati e che chi di noi voleva andare, sarebbe libero alla fine della guerra...se ne usciva vivo. Ma il governatore disse che noialtri condannati a vita... noi omicidi, non eravamo desiderati. Dovevamo essere mandati altrove, in un altro carcere. Ma io dissi al governatore che io non ero come tutti gli altri galeotti. Ero dentro perché avevo ucciso mia moglie, e questo era ben fatto. E volevo combattere contro gli yankees. Il governatore comprese e mi fece uscire con gli altri detenuti. -

Fece una pausa e grugnì.

- Hum... Una cosa buffa. Mi avevano messo in prigione perché avevo ucciso e mi liberavano dandomi un fucile perché andassi ad uccidere. Tutti noi di Milledgeville siamo stati buoni soldati e abbiamo ucciso una quantità di yankees; e molti di noi furono uccisi. Non ne ho mai conosciuto nessuno che abbia disertato. Dopo la resa, siamo rimasti liberi. Io ho perduto questa gamba e quest'occhio. Ma non li rimpiango. -

- Oh - fece Rossella debolmente.

Cercò di ricordarsi quello che aveva sentito dire a proposito della liberazione dei detenuti di Milledgeville nell'ultimo disperato sforzo di arginare l'invasione di Sherman. Ne aveva parlato Franco nel Natale del 1864. Che aveva detto? Ma i suoi ricordi di quel periodo erano troppo confusi. Sentì nuovamente lo spavento di quei giorni, udì il rombo dei cannoni, vide le file di carri che si lasciavano dietro una scia di sangue, la partenza della Guardia Nazionale, i cadetti e i ragazzi come Phil Meade e i vecchi come zio Enrico e il nonno Merriwether. E anche i galeotti avevano marciato, per morire nel tramonto della Confederazione, per basire dal freddo nella neve e nel gelo di quell'ultima campagna nel Tennessee.

Per un momento pensò che quell'uomo era stato un imbecille, recandosi a combattere per uno Stato che gli aveva preso quarant'anni di vita. La Georgia lo aveva privato della giovinezza e della maturità a cagion di un delitto che per lui non era tale; eppure egli aveva liberamente dato una gamba e un occhio alla Georgia. Le tornarono in mente le amare parole di Rhett nei primi giorni della guerra, quando egli aveva detto che non combatterebbe mai per una società che lo aveva bandito. Ma poi che era stato necessario, anche lui era andato a combattere, come Baldo. E pensò che tutti i meridionali erano dei pazzi sentimentali che davano meno importanza alla loro pelle che a parole senza significato.

Guardò le mani nocchiute di Baldo, le sue pistole e il suo pugnale e si sentì nuovamente presa dallo spavento. Dov'erano gli altri galeotti liberati, assassini, ladri, furfanti graziati per i loro delitti in nome della Confederazione? Chiunque si incontrava poteva essere un delinquente! Se Franco venisse a sapere la verità su Baldo, sarebbe l'inferno. E se zia Pitty... no; il colpo la ucciderebbe. Quanto a Melania... Rossella ebbe voglia di informarla. Vedrebbe così che cosa voleva dire raccogliere degli straccioni e poi introdurli presso i propri amici e parenti.

- Sono... sono contenta che mi abbiate raccontato questo, Baldo. Non... non lo dirò a nessuno. Alla signora Wilkes e alle altre signore farebbe impressione se lo sapessero. -

- Hum... Miss Wilkes lo sa. Glielo dissi la notte in cui mi diede da dormire nella sua cantina. Non penserete mica che avrei permesso che una signora come lei mi accogliesse in casa senza sapere! -

- Madonna Santissima! - esclamò Rossella atterrita.

Melania sapeva che quell'uomo era un omicida e non lo aveva messo alla porta! Gli aveva affidato suo figlio e poi sua zia, sua cognata e tutte le sue amiche. E lei, la più timida delle donne, non aveva paura di stare sola in casa con lui!

- Miss Wilkes è molto ragionevole, per essere una donna. Ha ammesso che avevo ragione. Ha capito che un ladro continua a rubare e che un bugiardo continua a mentire tutta la vita; ma non si commette più di un omicidio nella vita. E ritiene che chi ha combattuto per la Confederazione ha spazzato con questo tutto il male che ha commesso prima. Benché io non creda di aver fatto male uccidendo mia moglie... Sì, miss Wilkes è molto ragionevole, per essere una donna... E vi ripeto che il giorno in cui assumerete dei galeotti, vi lascerò. -

Rossella non rispose, ma pensò: "Più presto mi lascerete e più sarò contenta. Un omicida!"

Come aveva potuto Melania essere così... così... No, non vi era parola per definire il modo di agire di Melania nell'accogliere quel vecchio delinquente e nel non dire ai suoi amici che era un ex-galeotto! Dunque, il servizio nell'esercito lavava le antiche colpe! Era troppo sciocca Melania per tutto ciò che concerneva la Confederazione e i suoi veterani. Silenziosamente Rossella maledisse gli yankees e aggiunse un nuovo motivo al suo rancore verso di loro. Erano essi i responsabili della situazione che costringeva una donna a tenersi accanto, per proteggerla, un assassino.

 

Tornando a casa con Baldo nel crepuscolo freddo, Rossella vide un assembramento di cavalli sellati, di carrozzini e di carri dinanzi alla bettola della "Ragazza del Giorno". Vi era Ashley a cavallo con una strana espressione di attesa; i ragazzi Simmons si sporgevano dal loro carrozzino facendo dei gesti enfatici, Ugo Elsing, con la sua ciocca di capelli neri ricadente sugli occhi, agitava le mani. Nel centro dell'assembramento era il carrettino delle focacce del nonno Merriwether; e nell'avvicinarsi, Rossella vide che Tommy Wellburn e lo zio Enrico Hamilton erano rannicchiati a cassetta accanto a lui.

"Preferirei" pensò Rossella irritata "che lo zio Enrico non tornasse a casa in quell'equipaggio. Dovrebbe vergognarsi. Come se non avesse un cavallo proprio. Ma fa così per poter andare tutte le sere alla bettola col nonno."

Nell'avvicinarsi alla folla ebbe la sensazione che vi fosse qualche cosa: malgrado la sua insensibilità si sentì stringere il cuore.

"Oh!" pensò. "Speriamo che non vi sia stato qualche altro ratto. Se il Ku Klux lincia ancora un negro, gli yankees ci massacreranno!" E disse a Baldo: - Fermatevi. È successo qualche cosa. -

- Non vorrete fermarvi davanti a una bettola?! - si oppose Baldo.

- Vi ho detto di fermare... Buona sera a tutti! Ashley... zio Enrico... E' successa una disgrazia? Sembrate tutti così... -

Si volsero a lei salutando e sorridendo; ma nei loro volti era una strana eccitazione.

- Disgrazia o fortuna secondo il punto di vista - rispose zio Enrico.

- A me pare che il Parlamento non avrebbe potuto agire in modo diverso.-

- Il Parlamento? - E Rossella pensò che la cosa non la interessava e respirò di sollievo. - Che diamine ha fatto? -

- Ha semplicemente rifiutato di ratificare l'emendamento - disse con orgoglio il nonno Merrivether. - Così la vedranno, gli yankees! -

- Oh, ma ce la faranno scontare! - esclamò Ashley.

- L'emendamento? - chiese Rossella cercando di sembrare intelligente.

Non aveva mai capito nulla di politica e non perdeva neanche il tempo a riflettere. Sapeva che poco tempo prima era stato ratificato il tredicesimo emendamento (o era il sedicesimo?) ma ignorava il significato della parola "ratifica". Il suo volto mostrò la sua mancanza di comprensione e Ashley sorrise.

- E' l'emendamento che permette il voto ai negri – spiegò. - È stato sottoposto al Parlamento che non ha voluto ratificarlo. -

- Bella sciocchezza! Sapete che gli yankees ce lo faranno inghiottire per forza! -

- Perciò ho detto che ce lo faranno scontare.-

- Io sono fiero del Parlamento, fiero della loro audacia! - gridò zio Enrico. - Gli yankees non possono costringerci a inghiottirlo se non vogliamo. -

- Lo possono e lo faranno. - La voce di Ashley era calma, ma i suoi occhi erano turbati. - E la nostra situazione diventerà anche peggiore. -

- E' impossibile, Ashley! Le cose non possono peggiorare. -

- Sicuro che lo possono. Supponete che ci diano un Parlamento negro? Un governatore negro? E se avessimo una legge militare anche più dura di quella che abbiamo oggi? -

Gli occhi di Rossella si spalancarono dal terrore, mentre ella cominciava a comprendere qualche cosa.

- Sto cercando di capire che cosa sarebbe meglio per la Georgia.- Il volto di Ashley aveva un'espressione irresoluta. - Se è più saggio combattere questa cosa come ha fatto il Parlamento, sollevando il nord contro di noi, e mettendo contro di noi tutto l'esercito yankee per costringerci ad accordare il voto ai negri. Oppure... reingoiare la nostra dignità meglio che possiamo, sottometterci e accettare l'emendamento senza proteste. Il risultato è lo stesso. Non possiamo far nulla. Dobbiamo prendere la medicina che hanno deciso di darci. Forse sarebbe meglio per noi prenderla senza recalcitrare. -

Rossella udì a malapena queste parole, e certo la loro importanza le sfuggì. Come sempre, Ashley vedeva i due lati della questione. Ella ne vedeva uno solo: fino a che punto questo schiaffo dato agli yankees poteva interessarla.

- Allora, secondo voi bisognerebbe diventare radicali e votare per i repubblicani? - schernì con voce rauca il nonno Merriwether.

Vi fu un silenzio pieno di tensione.

Rossella vide la mano di Baldo fare un rapido movimento verso la pistola e poi fermarsi. Baldo riteneva, e lo diceva spesso, che il nonno era un vecchio pallone gonfiato; e certo egli non avrebbe permesso che colui insultasse il marito di miss Melania, anche se questi parlava come un imbecille. La perplessità scomparve dagli occhi di Ashley, che arsero di collera. Ma prima che egli avesse aperto bocca, lo zio Enrico aveva investito il nonno.

- Perdio... Oh, scusa, Rossella!... Pezzo d'imbecille, come potete dire questo ad Ashley? -

- Ashley non ha bisogno di voi per prendere le sue difese - ribatté ii vecchio freddamente. - E sta parlando come un rinnegato... Sottomettersi, eh? Per l'inferno! (Scusate, vero, Rossella?) -

- Io non credo nella secessione - riprese con voce tremante di collera Ashley. - Ma quando la Georgia si è separata, io sono andato con lei. Non credevo nella guerra, ma ho combattuto. E non credo che si debba rendere gli yankees più furenti di quanto sono. Ma se il Parlamento ha deciso di farlo, io sono con lui. E...-

- Baldo - disse bruscamente zio Enrico - conducete miss Rossella a casa. Questo non è posto per lei. La politica non è per le donne. E qui a momenti vi sarà questione. Andate, Baldo. Buona notte, Rossella. -

Mentre si avviavano verso la Via dell'Albero di Pesco, il cuore di Rossella batteva per il nuovo spavento. Che effetto avrebbe sulla sua sicurezza quel pazzo gesto del Parlamento? Vi sarebbe pericolo che gli yankees, irritati, le portassero via gli stabilimenti?

- Beh! - borbottò Baldo. - Ho sentito parlare di conigli che sputano in faccia ai bulldogs, ma fino ad ora non ne avevo mai visti. Il Parlamento avrebbe potuto addirittura mettersi a urlare: "Viva Jeff Davis e la Confederazione!" e avrebbe avuto lo stesso risultato. Questi yankees che amano i negri si sono messi in mente di farli nostri padroni. Ma bisogna ammirare il coraggio del Parlamento! -

- Ammirarlo? Sono degli imbecilli! Spararli, bisognerebbe! Renderanno furibondi gli yankees. Non era meglio se radi... rati... come si dice? E tranquillizzare gli yankees invece di eccitarli maggiormente? Tanto, riusciranno lo stesso a sottometterci; e allora tanto vale arrenderci adesso. -

Baldo la fissò col suo occhio gelido.

- Arrendersi senza combattere? Le donne non hanno più dignità di quanto ne abbia una capra.-

 

Quando Rossella assunse dieci galeotti, cinque per ogni stabilimento, Baldo mantenne la sua minaccia e non volle avere più nulla a che fare con lei. Né le preghiere di Melania, né le promesse di Franco di un compenso maggiore riuscirono a indurlo a riprendere le redini. Egli scortava volentieri Melania, Pitty, Lydia e le loro amiche in città, ma non Rossella. Non guidava neppure la carrozza di altre signore, se per caso Rossella era invitata. Era imbarazzante essere giudicata dal vecchio delinquente; e più imbarazzante ancora sapere che famiglia e amici erano d'accordo con lui.

Franco discusse a lungo prima che ella assumesse gli uomini. Ashley dapprima rifiutò di dirigere i galeotti e, contro la sua volontà, si lasciò convincere soltanto dalle lacrime, dalle suppliche e dalla promessa che quando i tempi diventassero migliori, ella assumerebbe degli operai negri. I vicini manifestarono così apertamente il loro biasimo, che Franco, Pitty e Melania non osavano più alzare il capo. Perfino Pietro e Mammy dichiararono che far lavorare i galeotti portava disgrazia. Tutti dissero che non bisognava approfittare della miseria e della sventura altrui.

- Non avevate alcuna obiezione a far lavorare gli schiavi! - esclamò Rossella indignata.

Ah no, la cosa era diversa. Gli schiavi non erano né miserabili né disgraziati. I negri stavano assai meglio durante la schiavitù di adesso che erano liberti; e se non vi credeva, si guardasse attorno! Ma, secondo il solito, la contraddizione ebbe per effetto di rendere Rossella ancor più decisa. Ella tolse Ugo dalla direzione dello stabilimento, gli affidò un carretto per le consegne del legname, e finì con l'assumere Johnnie Gallegher.

Sembrava che fra quanti ella conosceva, costui fosse la sola persona che approvava l'assunzione dei galeotti. Guardando il piccolo exfantino fermamente piantato sulle sue corte gambe arcuate, e la sua faccia di gnomo dura e riflessiva, Rossella pensò: "Certamente, quando cavalcava non doveva avere molto riguardo per i cavalli. Non gli darei un cavallo mio".

Ma non aveva alcun rimorso ad affidargli quella squadra di galeotti.

"E avrò mano libera con questa gente?" chiese colui con gli occhi freddi come agate grige.

- Mano libera. Vi chiedo soltanto di far lavorare lo stabilimento e di consegnare il legname quando è necessario, nella quantità stabilita. -

- Sono l'uomo che ci vuole per voi - rispose Johnnie brevemente.- Dirò a Mister Wellburn che mi licenzio. -

Vedendolo allontanarsi tra la folla di muratori e di carpentieri, Rossella si sentì sollevata. Johnnie era proprio l'uomo che le serviva. Era duro, e solido. E non si occupava di sciocchezze. Ed ella si sentiva più affine a lui che a molti uomini della propria classe, perché Johnnie conosceva il valore del denaro.

La prima settimana egli giustificò tutte le sue speranze, perché con cinque galeotti ebbe un risultato assai maggiore di quanto Ugo aveva ottenuto col suo manipolo di dieci negri. Inoltre egli dava a Rossella un riposo che ella non aveva mai avuto da quando era venuta ad Atlanta l'anno prima, perché la presenza di lei allo stabilimento non gli piaceva; e glie lo disse francamente.

- Voi occupatevi delle vendite e lasciate fare a me per la produzione - le disse brevemente. - Un accampamento di galeotti non è luogo adatto per una giovine signora; e se non ve lo dice nessuno, ve lo dico io, Johnnie Gallegher. Debbo fornire il vostro legname, non è vero? Ebbene, non occorre che io sia stimolato ogni giorno, come il signor Wilkes. Lui ha bisogno di essere stimolato; io no. -

Benché riluttante, Rossella rimase lontana dallo stabilimento affidato a Johnnie, poiché temeva che se ella vi si fosse recata troppo spesso, il nuovo gestore si sarebbe licenziato; ciò che sarebbe stato rovinoso. La sua osservazione sulla necessità di uno stimolo per Ashley l'aveva punta, essendo più giusta di quanto ella non avrebbe voluto ammettere. Ashley otteneva poco più dai galeotti di quanto aveva ottenuto dai liberi braccianti; e non avrebbe saputo dire perché. Inoltre, sembrava che si vergognasse di avere ai suoi ordini dei delinquenti; e in quel periodo ebbe ben poco da riferirle.

Rossella era preoccupata dal mutamento che scorgeva in lui. Vi erano molti fili bianchi fra i suoi capelli d'oro; e le spalle si incurvavano leggermente. La sua bocca sorrideva raramente. Non aveva più nulla del grazioso e cortese giovinotto che aveva colpito la sua fantasia tanti anni fa; sembrava piuttosto un uomo torturato segretamente da una sofferenza difficile da sopportare; e la sua bocca aveva un'espressione torva e cupa che la stupiva e l'offendeva. Aveva voglia di fare appoggiare quella testa sulla propria spalla, e di accarezzargli i capelli grigi dicendogli: "Dimmi che cosa ti tormenta! Aggiusterò io ogni cosa!"

Ma il suo atteggiamento freddo e compassato la teneva a distanza.

 

43

Era una di quelle rare giornate di dicembre in cui il sole è caldo quasi come durante l'estate di San Martino. La quercia nel cortile di zia Pitty aveva ancora qualche foglia rossiccia, e l'erba moribonda del prato era di un verde giallastro. Rossella, con la bimba in braccio, uscì nel porticato e si sdraiò su di una sedia a dondolo. Indossava un abito nuovo di lanetta verde guarnito di metri e metri di trina nera; sul capo aveva una cuffietta di pizzo nero che le aveva regalato zia Pitty. Abito e cuffia le stavano molto bene ed ella lo sapeva e ne era lieta. Che piacere essere nuovamente graziosa dopo essere stata brutta per tanti mesi!

Sedeva cullando la bimba e cantarellando a bocca chiusa, quando udì rumor di zoccoli giungere dalla strada; guardando curiosamente attraverso i rampicanti che ornavano il porticato, scorse Rhett Butler che cavalcava verso la casa.

Da parecchi mesi era assente da Atlanta; era partito subito dopo la morte di Geraldo. Rossella ne aveva sentito la mancanza; ma ora avrebbe ardentemente desiderato di non vederlo. La vista del suo volto bruno le dava un senso di colpevolezza che la faceva tremare. Aveva sulla coscienza qualche cosa che concerneva Ashley e non voleva parlarne con Rhett; ma era sicura che egli l'avrebbe costretta alla discussione, anche contro la sua volontà.

Si fermò dinanzi al cancello e balzò a terra leggermente; guardandolo, già nervosa, ella pensò che assomigliava a un'illustrazione di un libro di cui Wade voleva sempre sentir la lettura.

"Gli mancano soltanto gli orecchini e un coltellaccio fra i denti. Ma pirata o no, oggi non mi taglierà la gola, se posso evitarlo!"

Quando lo vide nel viale d'accesso, lo salutò col più dolce dei sorrisi. Che fortuna avere indossato il bel vestito e quella cuffietta che le stava così bene! Il suo sguardo le disse che anch'egli la trovava graziosa.

- Un nuovo pupo? Che sorpresa, Rossella! - rise; e si chinò a scostare la coperta che nascondeva il brutto visino di Ella Lorena.

- Non fate lo sciocco! - esclamò la donna arrossendo. - Come state, Rhett? Siete stato via un pezzo! -

- Sì. Lasciatemi tenere il piccino, Rossella. So tenerlo benissimo; ho le più strane abilità! Somiglia tale e quale a Franco. Quando avrà i baffi...-

- Spero bene di no. È una bambina. -

- Una bimba? Tanto meglio. I maschietti sono guai. Cercate di non averne altri, Rossella! -

Stava per rispondergli duramente che non voleva più né maschi né femmine, ma si trattenne e sorrise, cercando rapidamente un argomento di conversazione che tenesse il più possibile lontana la temuta discussione.

- Avete fatto buon viaggio, Rhett? Dove siete stato? -

- Oh... a Cuba... Nuova Orleans... in altri luoghi. Tenete, Rossella, riprendete la pupa. Comincia a sbavare e non riesco a prendere il fazzoletto... Senza dubbio è carina, ma mi sta bagnando il davanti della camicia.-

Ella riprese la bimba e Rhett si appoggiò negligentemente alla balaustra tirando fuori un sigaro da un astuccio d'argento.

- Andate sempre a Nuova Orleans - riprese Rossella con un po' di broncio. - E non mi dite mai che cosa vi andate a fare! -

- Sono un lavoratore, Rossella; e forse il mio lavoro mi chiama in quella città.-

- Voi, un lavoratore! - Rise con impertinenza. - Non avete mai lavorato in vita vostra. Siete troppo indolente. Tutta la vostra attività consiste nel finanziare i "Carpetbaggers" nei loro ladrocini, prendendo la metà dei profitti, e corrompere gli ufficiali yankee perché vi lascino mettere in opera i vostri piani per derubare i poveri contribuenti. -

Egli gettò indietro la testa e rise.

- Come sareste contenta di avere abbastanza denaro per poter fare altrettanto. -

- Solo a pensarlo mi sento... - e cominciò ad arruffare il pelo.

- Ma forse riuscirete un giorno o l'altro ad essere in condizione da potervi dare alla corruzione su vasta scala. Forse diventerete ricca, facendo lavorare i galeotti! -

Ella rimase un po' sconcertata.

- Come avete fatto ad essere già al corrente di quanto riguarda le mie maestranze? -

- Sono arrivato ieri e ho passato la serata alla bettola della "Ragazza del Giorno", dove si apprendono tutte le notizie della città. Come pettegolezzi, vale la migliore riunione di dame. Mi è stato detto che avete assunto dei galeotti e avete incaricato quel piccolo aguzzino di Gallegher di ammazzarli di lavoro.-

- Non è vero - ribatté Rossella adirata. - Non li ammazzerà. Sorveglierò io. -

- Davvero? -

- Senza dubbio! Come potete insinuare una cosa simile? -

- Vi chiedo scusa, signora Kennedy! So che le vostre ragioni sono sempre al disopra di qualsiasi rimprovero. Ma Johnnie Gallegher è il più gelido sgherro che io abbia mai visto. Farete bene a sorvegliarlo davvero, altrimenti correte rischio di aver delle noie quando un ispettore capiterà da queste parti.-

- Occupatevi dei vostri affari e lasciatemi tranquilla - rispose indignata. - E non parliamo più dei galeotti. Tutti quanti si sono scagliati contro di me per questa faccenda. La mia maestranza riguarda me sola... Ma non mi avete ancora raccontato che cosa avete fatto a Nuova Orleans. Vi andate tanto spesso che tutti dicono... - Si interruppe. Non aveva avuto l'intenzione di parlar tanto.

- Che cosa dicono? -

- Che... insomma, che avete un amore laggiù. E che state per sposarvi. È vero, Rhett? -

Aveva da tanto tempo questa curiosità, che non si era potuta trattenere dal chiederglielo. E l'idea che Rhett prendesse moglie le diede una lieve puntura di gelosia incosciente. Egli la fissò, immediatamente all'erta, facendola arrossire alquanto.

- Ve ne importerebbe molto? -

- Oh Dio, mi dispiacerebbe perdere la vostra amicizia - rispose ella con affettazione; e cercando di avere l'aria indifferente, si chinò ad aggiustare meglio la copertina di Ella Lorena.

Egli rise; poi disse brevemente: - Guardatemi, Rossella. -

Rossella alzò gli occhi involontariamente; il suo rossore divenne più intenso.

- Dite pure alle vostre curiose amiche che quando mi sposerò sarà perché non ho potuto avere in altro modo la donna che desideravo. E non ho mai desiderato una donna tanto da sposarla. -

Rossella si sentì confusa e imbarazzata ricordando quella notte, durante l'assedio, quando egli le aveva detto: "Non sono un uomo che prende moglie"; e poi le aveva chiesto di diventare la sua amante; ricordò anche la terribile giornata in cui era andata a fargli visita in prigione, e questo ricordo le diede un intollerabile senso di vergogna. Sul volto di lui apparve lentamente un sorriso malizioso, mentre egli leggeva nei suoi occhi ciò che ella stava pensando.

- Ma soddisferò la vostra volgare curiosità - riprese. - Non è una donna che mi attira a Nuova Orleans, ma un bambino. Un maschietto. -

- Un bambino! - Questa inattesa informazione le fece dimenticare il suo imbarazzo di poco prima.

- Sì; è sotto la mia tutela ed io ho la responsabilità legale di lui. È in collegio a Nuova Orleans ed io vado spesso a vederlo. -

- E a portargli dei regali? - "Ecco" pensò "perché capisce così bene che cosa può far piacere a Wade!”

- Sì. -

- Ma guarda! Ed è carino? -

- Anche troppo. -

- Buono? -

- Al contrario. È insopportabile. Sarebbe meglio che non fosse mai nato. I ragazzi sono creature fastidiose. Volete sapere altro? -

Sembrava irritato, come se gli seccasse di aver parlato di questa faccenda.

- No, se non avete voglia di parlarne - replicò Rossella con alterigia, benché ardesse di curiosità. - Ma non riesco a vedervi nella parte di tutore. - E rise, sperando di sconcertarlo.

- Lo credo. Avete delle vedute troppo ristrette. -

Non disse altro e continuò a fumare in silenzio. Ella avrebbe voluto lanciargli qualche cosa di offensivo, ma non le venne in mente nulla.

- Vi sarei grato se non ne parlaste - riprese Rhett dopo un poco. - Benché chiedere a una donna di tacere è chiedere l'impossibile. -

- So conservare un segreto - ribatté Rossella con dignità offesa.

- Davvero? Non lo avrei mai creduto. Ora smettete codesto broncio, Rossella. Mi dispiace di essere stato sgarbato; ma ve lo siete meritato perché avete voluto ficcare il naso nelle cose che non vi riguardano. Fatemi un bel sorriso e siate carina per qualche minuto, prima che io abbordi un argomento spiacevole. -

"Oh Dio! Adesso parlerà di Ashley e dello stabilimento!" pensò.

Si affrettò a sorridere facendo le fossette. - Dove altro siete stato, Rhett? Non sarete rimasto tutto questo tempo a Nuova Orleans? -

- No. Quest'ultimo mese sono stato a Charleston. Mio padre è morto. -

- Oh, mi dispiace... -

- E' inutile. Sono certo che a lui non è dispiaciuto morire a me non dispiace che sia morto. -

- Dite delle cose atroci, Rhett! -

- Sarebbe più atroce se io fingessi di essere addolorato; non vi pare? Fra noi non vi è mai stato affetto. Io somigliavo troppo a suo padre che egli biasimava. Più tardi il suo biasimo per me divenne antipatia; ammetto che io non feci nulla per farlo mutare. Tutto ciò che egli pretendeva da me mi annoiava terribilmente. E finalmente mi mandò fuori di casa senza un centesimo e senza alcuna capacità. Ero semplicemente un signore di Charleston, buon tiratore di pistola e ottimo giocatore di poker. E per lui fu un'offesa personale il fatto che io non morii di fame ma misi a profitto la mia abilità di giocatore, sicché il poker mi diede da vivere. L'affronto di un Butler diventato giocatore fu così grave che la prima volta che tornai a Charleston egli proibì a mia madre di vedermi. E durante la guerra, quando le circostanze mi portavano a Charleston, mia madre era costretta a mentire e veniva a vedermi di nascosto. Questo non accrebbe il mio affetto per lui. -

- Oh, non sapevo tutto questo! -

- Era quello che si dice un gentiluomo di vecchia scuola, cioè ignorante, testardo, intollerante e incapace di pensare diversamente dagli altri gentiluomini di vecchia scuola. Tutti i suoi amici lo ammiravano perché mi aveva scacciato e mi considerava come morto. "Se il tuo occhio destro ti offende, strappalo." Io ero il suo occhio destro, il suo figlio primogenito ed egli mi strappò da sé. -

Sorrise un poco, quasi divertito.

- Avrei potuto perdonare tutto questo; ma non posso perdonare ciò che fece a mia madre e a mia sorella dopo la fine della guerra. Rimasero completamente prive di mezzi: la casa incendiata e i campi di riso ridiventati terre paludose. La casa di città andò all'asta perché non avevano da pagare le tasse e loro si ridussero a vivere in due stanzucce che non sarebbero state adatte neanche per dei negri. Mandai alla mamma un po' di denaro, ma il babbo lo rimandò indietro - denaro corrotto, capirete! - quindi andai parecchie volte a Charleston e diedi nascostamente del denaro a mia sorella. Ma il babbo lo trovava sempre e faceva l'inferno, sicché la vita era diventata insopportabile per quella povera figliuola. E il denaro mi veniva restituito. Non so come hanno vissuto... Cioè, lo so. Mio fratello dava quello che poteva, benché ne avesse pochi e neppure lui volesse accettar nulla da me. Il denaro degli speculatori è denaro maledetto! Hanno dunque vissuto della carità degli amici. Vostra zia Eulalia è stata molto buona. È una delle migliori amiche di mia madre. Le ha dato da vestire e... Dio mio! Mia madre vivere di carità!-

Era una delle rare volte in cui lo vedeva senza maschera, col volto indurito da un giusto odio verso suo padre e pieno di dolore per sua madre.

- Zia Eulalia! Ma non credo che abbia molto più di quanto le mando io! -

- Ah, è questa la provenienza! Siete poco delicata, mia cara, a dirmi questo aumentando la mia umiliazione! Permetterete che vi rimborsi! -

- Con piacere - rispose Rossella sorridendo; ed egli sorrise a sua volta.

- Come brillano i vostri occhi, Rossella, all'idea di un dollaro! Siete sicura di non avere nelle vene del sangue scozzese o ebraico, oltre al vostro buon sangue irlandese? -

- Non siate odioso! Non ho avuto affatto l'intenzione di rinfacciarvi quello che passa attraverso zia Eulalia. Ma veramente, quella zia crede che io il denaro lo fabbrichi. Mi scrive sempre per averne di più; e davvero io non sono in condizione di mantenere mezza Charleston! Di che cosa è morto vostro padre? -

- Di nobile inedia, credo... e spero. Gli sta bene. Voleva far morir di fame la mamma e Rosa Maria. Ora che è morto, potrò aiutarle. Ho comprato una casa per loro presso la Batteria e avranno delle persone di servizio; ma non dovranno far sapere che il denaro viene da me. -

- Perché no? -

- Voi non conoscete Charleston, mia cara! Vi siete stata soltanto in visita. La mia famiglia può esser povera, ma ha una posizione da salvaguardare. E non potrebbe conservarla se si sapesse che dietro ad essa è denaro che proviene dal gioco, dalla speculazione, dai "Carpetbaggers". No; hanno già raccontato che mio padre aveva fatto una forte assicurazione sulla vita e si è privato ed ha privato loro perfino del necessario per poter continuare nei pagamenti, in modo che dopo la sua morte esse fossero al sicuro. Così egli fa anche una bellissima figura... Martire della sua famiglia. Spero che si rivolterà nella sua tomba sapendo che la mamma e Rosa Maria vivono comodamente malgrado i suoi sforzi... E mi dispiace un poco che sia morto, perché so che desiderava di morire...-

- Perché? -

- In verità, egli morì il giorno in cui Lee si arrese. Non si è mai potuto adattare ai nuovi tempi ed ha passato questi ultimi anni a parlare dei tempi andati.-

- Ma ditemi, Rhett, sono tutti così i vecchi? - Pensava a Geraldo e a quello che aveva detto di lui Will.

- Dio mio, no! Guardate vostro zio Enrico e quel vecchio gatto selvatico del signor Merriwether, per non nominare altri. Hanno cominciato una vita nuova il giorno in cui sono partiti con la Guardia Nazionale e mi pare che siano tornati a casa ringiovaniti e vadano diventando sempre più vivaci. Ho incontrato il nonno Merriwether col carretto delle focacce; frustava il cavallo bestemmiando come un vecchio soldataccio. E mi ha detto che si sente ringiovanito di dieci anni da quando non è più sotto gli artigli della nuora e va in giro col carretto. E zio Enrico si diverte a combattere gli yankees in tribunale, difendendo la vedova - credo gratuitamente - contro i "Carpetbaggers". Se non vi fosse stata la guerra, si sarebbero ritirati da un pezzo a curarsi i reumatismi. Sono nuovamente giovani perché sono utili e sentono che sono necessari. E amano quest'epoca che dà nuove possibilità ai vecchi. Ma vi sono tante persone, anche giovani, che sentono come mio padre e vostro padre. Non sanno e non vogliono adattarsi; e questo mi conduce all'argomento spiacevole che voglio discutere con voi, Rossella.-

- Dio mio! - fece Rossella fra sé a quell'attacco così improvviso. -Ci siamo. Come farò a cavarmela? -

- Conoscendovi come vi conosco, non mi sarei dovuto aspettare da voi né lealtà né onestà. Ma, come uno sciocco, mi sono fidato di voi.-

- Non vi capisco.-

- Può darsi. Ad ogni modo, avete l'aria molto imbarazzata. Poco fa, mentre percorrevo Via dell'Edera per venire da voi, mi sento chiamare da dietro una siepe: era la signora Melania Wilkes! Naturalmente mi sono fermato e abbiamo chiacchierato.-

- Davvero? -

- Sì; abbiamo avuto una piacevole conversazione. Mi ha detto che aveva sempre desiderato esprimermi la sua ammirazione per il fatto che anch'io mi sono unito a combattenti, sia pure nell'ultima ora.-

- Che stupidaggine! Melly è una sciocca. Quella notte c'è mancato poco che morisse, a causa della vostra eroica condotta. -

- Probabilmente avrebbe pensato che sacrificava la sua vita per la buona causa. Quando le ho chiesto che cosa faceva ad Atlanta, è rimasta sorpresa della mia ignoranza e mi ha raccontato che adesso abita qui e che voi siete stata tanto buona da associarvi il signor Wilkes nella vostra azienda -

- Ebbene? -

- Quando vi prestai il denaro per acquistare la segheria feci un patto espresso che voi accettaste; e cioè che lo stabilimento non doveva servire per mantenere Ashley Wilkes. -

- State diventando insolente. Vi ho restituito il denaro; lo stabilimento è mio e ne faccio quello che mi pare. -

- Vorreste dirmi come avete guadagnato il denaro che mi avete restituito? -

- Vendendo il legname, naturalmente. -

- Col denaro che vi ho prestato io perché poteste cominciare. Dunque il mio denaro è stato adoperato per il mantenimento di Ashley. Siete una donna senza onore e se non mi aveste restituito quello che vi prestai, sarebbe per me una gioia richiedervelo adesso e mettere il vostro stabilimento all'asta se non poteste pagarmi. -

Parlava piano ma i suoi occhi ardevano di collera.

Rossella si affrettò a portare le ostilità nel territorio nemico.

- Perché odiate tanto Ashley? Siete geloso di lui? -

Si sarebbe morsa la lingua dopo queste parole, perché egli gettò indietro la testa e rise clamorosamente facendola arrossire di mortificazione .

- Aggiungete la presunzione alla disonestà - disse poi. - Non la finirete mai di sentirvi la bella della Contea? Crederete sempre di essere la più graziosa delle birichine, e che tutti gli uomini muoiono d'amore per voi. -

- Neanche per sogno! - ella esclamò con calore. - Ma non capisco perché odiate tanto Ashley; e questa è la sola spiegazione a cui posso pensare. -

- Bene; pensate qualche altra cosa, deliziosa incantatrice, perché questa è una spiegazione sbagliata. Quanto a odiare Ashley... non lo odio come non lo amo. Il mio solo sentimento verso di lui e verso quelli che sono come lui è la pietà. -

- Pietà? -

- Sì; e anche un po' di disprezzo. Suvvia, gonfiatevi di rabbia come un tacchino e ditemi che egli vale mille mascalzoni come me, e che io non dovrei essere presuntuoso da provare per lui pietà o disprezzo. E quando avrete finito di bollire, vi dirò il mio pensiero, se vi interessa. -

- Non mi interessa affatto. -

- Ve lo dirò lo stesso, perché non posso permettere che voi continuiate ad alimentare la vostra buffa illusione sulla mia gelosia. Ho pietà di lui perché avrebbe dovuto morire e non è morto. E lo disprezzo perché non sa che cosa fare di se stesso ora che il suo mondo è crollato. - Nell'idea che egli esprimeva era qualche cosa che non le riusciva nuovo. Ricordava confusamente di aver udito delle parole simili, ma non sapeva né dove né quando. Ma la collera le impedì di fermarsi a riflettere.

- Se aveste libertà d'azione, tutte le persone per bene negli Stati del Sud sarebbero morte. -

- E se avessero loro libertà d'azione, credo che tutti quelli come Ashley preferirebbero essere morti. Morti e collocati sotto una bella pietra su cui è scritto: "Qui giace un soldato della Confederazione morto per il suo paese" oppure "Dulce et decorum est" o qualche altro epitaffio del genere. -

- Non vedo il perché! -

- Voi non vedete mai nulla se non è scritto a lettere di scatola e a distanza del vostro naso! Se fossero morti non avrebbero pensieri, e non vi sarebbero per loro problemi insolubili. E le loro famiglie sarebbero fiere di loro per molte generazioni. Per soprappiù, ho sempre sentito dire che i morti sono felici. Voi credete che Ashley Wilkes sia felice? -

- Ma, certamente... - Ricordò l'espressione degli occhi di Ashley e s'interruppe.

- E Ugo Elsing o il dottor Meade sono felici? Come erano felici mio padre e vostro padre? -

- Forse non son felici come potrebbero perché hanno perduto tutto il loro denaro.-

Egli rise.

- Non si tratta del denaro, mia cara. Vi dico che hanno perduto il loro mondo, il mondo in cui erano cresciuti, e sono come pesci fuor d'acqua o gatti con le ali. Avrebbero dovuto fare certe date cose, occupare certe date posizioni, e così via. Cose, posizioni e tutto scomparvero per sempre quando il generale Lee giunse ad Appomattox. Oh, non abbiate quell'aria stupida, Rossella. Che cosa volete che faccia Ashley Wilkes, ora che la sua casa è scomparsa, la sua piantagione è stata sequestrata per via delle tasse e i gentiluomini vanno a venti per un penny? Può forse lavorare con la testa o con le mani? Scommetto che avete perduto una quantità di denaro da quando egli gestisce l'azienda. -

- Non è vero. -

- Siete molto carina. Posso venire a vedere i vostri libri qualche domenica sera quando non avete da fare? -

- Potete andare al diavolo. E anche adesso, per far più presto. -

- Tesoro, sono stato dal diavolo ed è un compagno malinconico. Non ho affatto l'intenzione di tornarvi, neanche per voi... Dunque: voi avete preso il mio denaro perché ne avevate disperatamente bisogno. Abbiamo fatto un accordo per lo scopo a cui doveva servirvi e voi non avete mantenuto questo accordo. Ricordatevi, deliziosa creatura, che verrà il tempo in cui avrete ancora bisogno di farvi prestare da me del denaro. Mi chiederete di finanziarvi, ad interesse incredibilmente basso, per poter comprare altre aziende ed altre mule. E potete contarci poco su quei quattrini. -

- Quando avrò bisogno di denaro me lo farò prestare dalla banca, - ribatté Rossella freddamente, mentre dentro di sé ardeva di collera.

- Davvero? Provateci. Io ho molti capitali in banca.-

- Proprio? -

- Sì; sono cointeressato in parecchie imprese.-

- Vi sono delle altre banche...-

- Oh, una quantità. E se vi riesco, farò in modo che non possiate avere un centesima da nessuno. Se avete bisogno di denaro potrete andare dagli usurai "Carpetbaggers".-

- Ci andrò con piacere.-

- Ci andrete, ma con poco piacere quando sentirete il loro tasso d'interesse. Tesoro mio, nel mondo degli affari si paga il fio delle azioni poco oneste. Avreste dovuto giocare con me a carte scoperte. -

- Siete proprio un gentiluomo! Così ricco e potente andate a stuzzicare dei poveri diavoli come siamo Ashley ed io! -

- Non mettetevi al suo livello. Voi non siete ancora vinta. Nessuno può vincervi. Ma lui è completamente a terra e vi resterà finché non avrà dietro di sé una persona energica che lo guidi e lo protegga. E io non intendo che il mio denaro vada a beneficio di un simile individuo. -

- Eppure avete aiutato me, mentre anch'io ero a terra. -

- Ma voi, mia cara, eravate un rischio interessante. Perché non vi appoggiavate ai vostri parenti maschi singhiozzando nel rimpianto degli antichi tempi. Vi siete drizzata e vi siete fatta avanti a gomitate; la vostra fortuna è stata solidamente fondata sul denaro rubato dal portamonete di un morto e quello rubato alla Confederazione. Avete al vostro attivo un omicidio, il furto di un marito, un tentativo di prostituzione, e poi menzogne e durezze e altre cose che richiederebbero esame più accurato. Tutto ciò mostra che voi siete una persona energica e risoluta; valeva la pena di arrischiare del denaro per voi, perché è divertente aiutare chi si aiuta. Presterei diecimila dollari senza neanche una ricevuta, a quella vecchia matrona romana che è la signora Merriwether. Ha cominciato con un cestello di focaccine, e guardatela adesso! Ha una pasticceria che dà lavoro a mezza dozzina di persone; il vecchio nonno è felice col suo carretto delle consegne e quel piccolo creolo indolente, Renato, lavora indefesso e con piacere... Guardate anche quel povero Tommy Wellburn, che fa il lavoro di due uomini, avendo il corpo di mezzo uomo e lo fa bene; oppure... ma non voglio continuare ad annoiarvi. -

- Sì, mi annoiate. Ma mi distraete - disse Rossella freddamente, sperando di irritarlo e di sviarlo dall'argomento di Ashley. Ma egli rise brevemente e rifiutò di raccogliere il guanto.

- Gente come quella merita di essere aiutata. Ma Ashley Wilkes... Bah! La sua razza non ha utilità né valore in un mondo sconvolto come il nostro. In un mondo rinnovato, quelli come lui sarebbero i primi a morire. È gente che non merita di sopravvivere perché incapace di lottare. Questa non è la prima volta che il mondo è stato messo a soqquadro e non sarà l'ultima. E quando accadrà nuovamente, ciascuno perderà ogni cosa, e tutti saranno uguali: allora tutti ricominceranno dal principio senza aver nulla se non la loro scaltrezza e la forza delle loro mani. Ma vi sono di quelli, come Ashley, che non posseggono né astuzia né forza, o, se ne posseggono, hanno scrupolo ad adoperarla. E così vanno a fondo e meritano di andarvi. È una legge naturale e il mondo cammina meglio senza di loro. Ma vi sono sempre quei pochi che si salvano e col tempo ritornano ad essere ciò che erano prima che il mondo andasse sottosopra. -

- Anche voi siete stato povero; avete detto voi stesso che vostro padre vi ha messo fuori casa senza un centesimo! - disse Rossella furibonda. - Dovreste dunque comprendere Ashley e simpatizzare con lui! -

- Comprendo ma non simpatizzo. Dopo la resa, Ashley aveva molto di più di quanto avevo io quando sono stato scacciato di casa. Per lo meno ha avuto molti amici che lo hanno aiutato, mentre io ero "Ismaele". Ma che cosa ha fatto Ashley? -

- E osate paragonarvi a lui, presuntuoso che non siete altro! Grazie a Dio, egli non vi somiglia! Non s'insudicerebbe le mani come voi, guadagnando denaro coi "Carpetbaggers" e con gli yankees! È scrupoloso e onesto. -

- Ma non tanto scrupoloso e onesto da non accettare denaro e aiuto da una donna. -

- Che altro avrebbe potuto fare? -

- Debbo dirlo io? Io so soltanto ciò che ho fatto io, tanto quando sono stato scacciato da mio padre, quanto oggi. E so ciò che hanno fatto altri uomini. Nella rovina di una civiltà abbiamo visto l'opportunità di fare qualche cosa e ne abbiamo approfittato: alcuni onestamente, altri sott'acqua; e lo stiamo ancora facendo. Ma gli Ashley hanno avuto le stesse possibilità e non ne hanno approfittato. Non sono abili, Rossella, e solo chi è abile merita di sopravvivere. -

Ella udiva vagamente le sue parole perché ora le stava tornando preciso il ricordo che le era appena balenato, quando egli aveva cominciato a parlare. Rivide il frutteto di Tara battuto dal freddo vento invernale, e Ashley dinanzi a un mucchio di legna con lo sguardo fisso lontano. Aveva detto... che cosa? Qualche parola straniera che poi aveva spiegato e aveva parlato della fine del mondo. Allora non aveva compreso ciò che egli aveva voluto dire, ma ora cominciava a vederlo chiaramente, con un senso di sbalordimento e di stanchezza.

- Eppure Ashley disse...-

- Che cosa? -

- Sì, una volta a Tara disse qualche cosa di... non so... tramonto di dèi e della fine del mondo e altre sciocchezze di questo genere.-

- Ah, il Götterdammerung! - Gli occhi di Rhett brillarono d'interessamento. - E che altro ?-

- Oh, non ricordo bene. Non stavo molto attenta. Ma... sì, qualche cosa a proposito dei forti che rimangono in piedi e dei deboli che vengono stroncati. -

- Ah, dunque lo sa! Quindi la cosa è ancor più penosa per lui. Molti di loro non lo sanno e non lo sapranno mai. E per tutta la vita si chiederanno come mai l'antico incanto è svanito. Lui invece sa di essere stato stroncato. -

- No, non lo è! E non lo sarà finché io avrò respiro! -

Rhett la guardò tranquillamente; il suo volto bruno era raddolcito.

- Come avete fatto, Rossella, a fargli acconsentire a venire ad Atlanta a impiegarsi nella vostra azienda? Ha resistito molto? -

Come in un lampo ella rivide la scena dopo i funerali di Geraldo ma la ricacciò dalla sua mente.

- No davvero - rispose indignata. - Gli spiegai che avevo bisogno del suo aiuto perché non mi fidavo di quel furfante che gestiva la segheria e Franco era troppo occupato... e io aspettavo Ella Lorena... Fu ben contento di venire in mio soccorso. -

- Com'è comoda la maternità! Vi siete dunque servita di questo... E così siete riuscita a condurlo, povero diavolo, dove volevate; ed eccolo lì legato a voi dalla gratitudine come i galeotti lo sono dalle loro catene. Tanti auguri a tutti e due. Ma, come vi ho detto al principio di questa discussione, non avrete mai più un centesimo da me per nessuno dei vostri progettini così poco signorili, mia piccola ingannatrice. -

Ella si sentiva punta dalla collera e dalla delusione. Infatti, da qualche tempo meditava di farsi prestare ancora del denaro da Rhett per comprare un terreno in città e installarvi un deposito di legname.

- Non ho bisogno del vostro denaro - esclamò; - ne guadagno abbastanza con lo stabilimento gestito da Johnnie Gallegher, ora che non mi servo più di operai negri. E poi ho dato del denaro contro ipoteche e anche il negozio rende bene, adesso. -

- Sicuro, l'ho sentito dire. Avete una bell'abilità nell'imbrogliare l'innocente, la vedova e l'orfano, e l'ignorante! Ma dal momento che dovete rubare, perché non derubate il ricco e forte anziché il povero e debole? Da Robin Hood in poi, questo è stato considerato altamente morale! -

- Perché è molto più facile e sicuro derubare, come dite voi, i poveri. -

Egli rise silenziosamente, stringendosi nelle spalle.

- Siete un'elegante delinquente, Rossella! -

Una delinquente! Strano che quel termine la offendesse. Non era una delinquente, disse fra sé con ira. Almeno, non aveva l'intenzione di esserlo. Voleva essere una gran signora. Per un attimo la sua mente tornò indietro negli anni ed ella rivide la madre col suo lieve ondeggiar di gonne e il soave profumo di verbena, le sue manine instancabili sempre occupate al servizio degli altri, amata e rispettata. E a un tratto sentì male al cuore.

- E' inutile che cerchiate di tormentarmi - disse stancamente. - So che non sono... scrupolosa come dovrei. E non sono buona e dolce come mi è stato insegnato ad essere. Ma non posso farne a meno, Rhett. Sinceramente, non posso. Che altro avrei potuto fare? Che sarebbe avvenuto di me, di Wade, di Tara, di tutti noi se io fossi stata..gentile quando quello yankee venne in casa? Avrei dovuto... non voglio neanche pensarlo! E se io fossi stata buona e scrupolosa quando...quando Giona Wilkerson voleva metterci in mezzo alla strada? Dove saremmo adesso? E se fossi stata semplice e tranquilla e non avessi tormentato Franco a proposito di tutti quei debitori... Beh, lasciamo andare. Può darsi che io sia una delinquente; però non lo sarò sempre, Rhett. Ma in questi ultimi anni... che avrei dovuto e potuto fare? Ho cercato di dirigere attraverso la burrasca un battello con un carico pesante. E ho avuto tanto da fare per tenerlo a galla che non potevo preoccuparmi di molte cose che non erano importanti, come buone maniere, signorilità e... sì, insomma cose di questo genere. Ho avuto troppa paura che la mia navicella andasse a fondo; quindi ho gettato a mare quello che mi sembrava peso inutile. -

- Cioè orgoglio, onorabilità, onestà, virtù e bontà - enumerò egli. - Avete ragione, Rossella. Non sono cose importanti quando una nave sta per affondare. Ma guardatevi attorno; osservate i vostri amici. O riescono a portare i loro battelli in porto col carico intatto, oppure preferiscono affondare con le bandiere al vento.-

- Sono una massa di imbecilli - replicò ella brevemente. - C'è tempo per tutto. Quando avrò messo assieme molto denaro, sarò gentile e dolce quanto vorrete. Allora me lo potrò permettere. -

- Vorrete permettervelo, ma non vi riuscirete. È difficile ripescare un carico gettato a mare; e quando vi si riesce, di solito lo si ritrova irreparabilmente danneggiato. E temo che quando potrete darvi il lusso di ripescare l'onore, la virtù e la bontà che avete gettato a mare, troverete che si sono mutati non precisamente in qualche cosa di bello e di strano...-

Si alzò improvvisamente e prese il suo cappello.

- Ve ne andate? -

- Sì. Non siete contenta? Vi lascio coi rimasugli della vostra coscienza. -

Fece una pausa e guardò la bimba, tendendole un dito perché lo afferrasse.

- Immagino che Franco sia gonfio di orgoglio.-

- Oh, senza dubbio! -

- Ed ha un sacco di progetti per la piccina, no? -

- Sapete bene come sono sciocchi gli uomini quando si tratta dei loro bimbi...-

- E allora ditegli... - Si interruppe bruscamente, con una strana espressione sul volto. - ... ditegli che se vuole realizzare i suoi progetti per la bambina, farà bene a rimanere più spesso a casa la sera.-

- Che volete dire? -

- Quello che ho detto. Ditegli di restare in casa. -

- Oh, infame creatura!...Vorreste insinuare che il povero Franco...-

- Oh Dio! - Rhett scoppiò in una risata clamorosa. - Non ho affatto voluto dire che va in giro con delle donne! Franco! -

E scese i gradini continuando a ridere.

44

Il pomeriggio di marzo era freddo e ventoso; Rossella si strinse con un brivido nel vestito mentre percorreva la via Decatur verso lo stabilimento gestito da Johnnie Gallegher. Andar sola in quei giorni costituiva un vero pericolo ed ella lo sapeva, perché i negri erano diventati assolutamente senza freno. Come Ashley aveva profetizzato, si erano avute molte noie da quando il Parlamento aveva rifiutato di ratificare l'emendamento. Il rigido rifiuto era stato uno schiaffo per il Nord furibondo, e le rappresaglie non avevano tardato. Il Nord era deciso ad ottenere il voto per i negri, e a questo scopo la Georgia era stata dichiarata ribelle e posta sotto la legge marziale. L'esistenza della Georgia come Stato non era più riconosciuta; come la Florida e l'Alabama essa era diventata "Distretto Militare n. 3", sotto il comando di un generale federale.

Se fino allora la vita era stata incerta e piena di apprensioni, ora lo era doppiamente. I regolamenti militari che erano sembrati così severi un anno prima, erano dolci in confronto di quelli emessi dal generale Pope. Con la prospettiva di un governo negro, l'avvenire appariva oscuro e senza speranza. Quanto ai negri, la loro nuova importanza li ubriacava; comprendendo di essere spalleggiati dall'esercito yankee, essi diventavano sempre più insultanti. Nessuno si poteva salvare dai loro oltraggi.

In un periodo così spaventoso, Rossella era terrorizzata ma risoluta; andava ancora in giro sola, con la pistola di Franco nascosta sotto i cuscini del carrozzino. Ella malediva silenziosamente il Parlamento perché aveva attirato sul loro capo questo nuovo disastro. Che vantaggio aveva avuto questo gesto che tutti chiamavano spavaldo? Non aveva fatto che peggiorare le cose.

Avvicinandosi al viale che, attraverso gli alberi nudi, conduceva al fondo valle dove sorgeva l'accampamento di Shantytown, Rossella diede voce al cavallo per farlo andare più presto. Si sentiva sempre a disagio quando doveva passare dinanzi a quel sordido e sudicio gruppo di vecchie tende dell'esercito e di casupole di fango. Era il luogo che aveva la peggiore reputazione nelle vicinanze di Atlanta, perché vi abitavano in una sozza promiscuità negri, prostitute negre e un gruppo di straccioni bianchi di infimo ordine. Si diceva che fosse il rifugio dei criminali negri e bianchi, ed era il primo luogo che i soldati yankee andavano a frugare quando cercavano un delinquente.

Sparatorie e risse erano così frequenti che le autorità si prendevano raramente il fastidio d'investigare, e di solito lasciavano che quella gente regolasse da sé le proprie losche questioni. Nel bosco retrostante era nascosta una fabbrichetta clandestina di whisky di infima qualità; la sera le capanne risuonavano di urla briache e di bestemmie.

Perfino gli yankees riconoscevano che quella era una piaga pestifera che si sarebbe dovuto sgombrare; ma non facevano alcun passo in questo senso. Gli abitanti di Atlanta e di Decatur, che erano costretti a passare per quella strada, erano indignati. Gli uomini portavano le pistole alla cintola, le donne non transitavano volentieri di là, neanche sotto la protezione dei loro mariti, perché di solito vi erano file di negri ubriachi seduti lungo la via, che urlavano insulti e bestemmie contro di loro.

Finché aveva avuto la scorta di Baldo, Rossella non si era preoccupata di nulla, perché neanche la negra più impudente osava ridere in sua presenza. Ma da quando ella era stata costretta ad andar sola, si erano verificati parecchi incidenti noiosi e irritanti. Le prostitute negre sembrava facessero il possibile per cimentarla ovunque ella si recasse. Non vi era da fare altro che fingere di non accorgersene. Non poteva nemmeno sfogarsi con la propria famiglia o con gli amici perché era sicura di sentirsi dire: - Che altro volevi che ti capitasse? - E avrebbero ancora tentato di impedirle queste gite a cui ella non voleva rinunciare.

Grazie a Dio, oggi non vi era nessuna donna sui margini della strada! Nel passare dinanzi al viottolo che conduceva all'accampamento, ella guardò con disgusto il gruppo di abitazioni agglomerate nel piccolo avvallamento, sotto ai raggi obliqui del sole pomeridiano. Soffiava un vento freddo che portò alle sue nari un odore misto di fumo di legna, di grasso di porco e di latrine. Percosse con le redini il dorso del cavallo e si affrettò verso la svolta della strada.

Proprio mentre cominciava a trarre un respiro di sollievo, si sentì balzare il cuore in gola dallo spavento, vedendo scivolare silenziosamente da dietro a una grossa quercia un negro enorme. Fu terrorizzata ma non tanto da perdere la presenza di spirito. In un attimo il negro affrontò il cavallo, mentre ella afferrava la pistola.

- Che vuoi? - gridò Rossella con tutta l'energia di cui era capace.

Il grosso negro si rifugiò dietro la quercia e la voce che le rispose era piena di spavento.

- Per carità, miss Rossella, non uccidere grosso Sam! -

Il grosso Sam! Per un attimo rimase ammutolita. Il grosso Sam, il capoccia di Tara, che ella aveva visto per l'ultima volta durante l'assedio...Che diamine...

- Vieni fuori e fammi vedere se sei davvero Sam. -

Egli uscì riluttante dal suo nascondiglio: era una figura gigantesca; aveva i piedi nudi, i calzoni di cotonina rossa e una giacchetta azzurra di uniforme, troppo corta e troppo stretta per lui. Vedendo che era veramente il grosso Sam ella rimise la pistola sotto ai cuscini e sorrise.

- Oh, Sam! Che piacere di vederti! -

Sam galoppò verso il carrozzino, roteando gli occhi dalla gioia e facendo brillare i suoi denti bianchi; con due zampone nere grosse come prosciutti afferrò la mano che ella gli tendeva. La sua lingua rosa si agitava come quella di un cane assetato; era tutto vibrante, e le sue allegre contorsioni erano comiche come le capriole di un mastino.

- Mio Dio, essere troppo bello vedere qualcuno della famiglia! - esclamò stringendole la mano in modo da stritolarle le ossa. - E come mai tu andare in giro con pistola, miss Rossella? -

- Non posso farne a meno, Sam, con tutta la gentaglia che c'è in giro. Ma che diamine fai in un posto così ignobile come Shantytown, tu che sei un negro rispettabile? E perché non sei venuto in città a vedermi? -

- Per fortuna, miss Rossella, io non abitare a Shantytown. Essere qui solo di passaggio. Per niente al mondo io vivere in questo posto. Non aver mai visto simile gentaglia negra. E non sapere che tu essere a 'Tlanta. Credere che tu essere a Tara. E volere andare a Tara appena possibile. -

- Sei rimasto ad Atlanta dall'epoca dell'assedio? -

- No, badrona! Io aver viaggiato! - Le lasciò la mano e Rossella agitò a stento le dita per vedere se le ossa erano intatte. - Tu ricordare quando avere visto me l'ultima volta? -

Rossella ricordò la giornata ardente prima dell'assedio, quando essendo in carrozzino con Rhett aveva incontrato la squadra di negri che marciava verso le fortificazioni cantando "Discendi Mosè!". Accennò di sì.

- Bene. Allora io avere lavorato come una bestia per scavare trincee e riempire sacchi di terra finché Confederati lasciare 'Tlanta. Il capitano che comandare me essere stato ammazzato e non essere più nessuno per dire a grosso Sam cosa dover fare; e allora io rimanere sdraiato fra cespugli. E poi pensare di andare a casa, a Tara, ma sentir dire che tutto paese intorno a Tara essere bruciato. E poi non saper come fare per tornare perché avere paura che pattuglie prendermi perché io non avere passaporto. Allora arrivare yankees; e un militare colonnello, avere visto me e avermi preso per badare a sua casa e pulire sue scarpe. Sì, badrona! E io diventare domestico come Pork, mentre io essere soltanto negro contadino. Io dire a colonnello che io essere negro contadino e lui... Oh, miss Rossella, yankees essere gente molto ignorante! Lui non sapere differenza! E io restare con lui e andare a Savannah insieme quando generale Sherman conquistare e, Dio mio miss Rossella, io non avere mai visto cose così orribili! Rubare e incendiare e.. Avere bruciato Tara, miss Rossella? -

- Vi avevano dato fuoco, ma noi riuscimmo a spegnerlo.-

- Bene; io essere molto contento di sapere questo. Tara essere mia casa e io voler tornare. E quando guerra essere finita, colonnello dire: "Tu, Sam, tornare al Nord con me. Io pagare buon salario". Come tutti negri, badrona, io volere provare questa famosa libertà prima di tornare a casa, e io andare nel Nord con colonnello. Sissignora, noi andare a Washington e Nuova York e Boston e dove colonnello abitare. Io essere negro viaggiatore! Essere tante case e tante carrozze nelle strade di yankees che tu non potere immaginare! Io avere sempre paura di essere investito! -

- Ti piaceva il Nord, Sam? -

Sam si grattò la testa lanosa

- No... non piacere. Colonnello essere molto brav'uomo e capire negri. Ma sua moglie essere diversa. Sua moglie prima volta che vedere me, avermi chiamato "mister". Sì, davvero e io credere di cadere all'indietro quando lei avere detto così. Poi colonnello dire a lei di chiamarmi "Sam" e lei chiamarmi così. Ma tutti yankees prima volta che mi vedere, chiamare me "mist' O'Hara". E dirmi di sedere con loro come se io essere come loro. Ma io non essermi mai seduto con bianchi ed essere troppo vecchio per imparare. E trattare me come loro, ma dentro loro cuore, miss Rossella, non avere simpatia; loro non amare negri. E avere paura perché io essere cosi grande. E tutti chiedere come essere cani sanguinari e domandare particolari di battiture che lo avere ricevute. E io, miss Rossella, non essere mai stato battuto, se Dio vuole! Tu sapere che "mist" Geraldo non avere mai permesso di battere negro costoso come me! Quando io avere detto questo e avere raccontato come era buona miss Elena e che avermi curato per una settimana quando io avere polmonite, loro non credere. E io avere tanto desiderio di rivedere miss Elena e Tara, finché non potere più resistere e una notte scappare e chiedere a tutti i carri che passare la strada per 'Tlanta. Finché arrivare qui; e se tu essere tanto buona di comprarmi biglietto ferrovia, io essere tanto contento di tornare a casa. E rivedere miss Elena e mist' Geraldo! Io avere abbastanza di libertà. Avere bisogno di qualcuno che pensare darmi da mangiare tutti giorni, e dirmi cosa dovere fare e non fare e curarmi quando essere ammalato. Se mi tornasse polmonite, come fare? No, badrona! Loro chiamare me "mist' O'Hara", ma non essere capaci curarmi. E miss Elena curarmi se io essere ammalato e... Che cosa avere, miss Rossella? -

- Il babbo e la mamma sono morti, Sam.-

- Morti? Tu non dire la verità, miss Rossella?! Questo non essere modo di trattare povero Sam! -

- E' la verità. La mamma morì quando gli uomini di Sherman vennero a Tara, e il babbo... è finito nel giugno scorso. Non piangere, Sam! Ti prego, altrimenti piango anch'io! No, non piangere! Non posso sopportarlo. Non parliamo di questo adesso. Ti racconterò un'altra volta... Miss Susele è a Tara e ha sposato un bravuomo. il signor Will Benteen. E miss Carolene è in un... - Rossella fece una pausa. Non avrebbe mai potuto spiegare a quel gigante piangente che cos'era un convento. - È andata ad abitare a Charleston. Ma Pork e Prissy sono a Tara... Andiamo, Sam, soffiati il naso. Hai proprio desiderio di andare a casa? -

- Sì; ma non essere come credevo, con miss Elena e...-

- E non ti piacerebbe restare ad Atlanta e lavorare per me? A me occorre un cocchiere e bisogna che sia uno che possa incutere timore a tutti i mascalzoni che vi sono in giro.-

- Sì, badrona. Questo essere vero. E io dire a te che non fare bene ad andare in giro sola. Tu non sapere che canaglie essere negri in questi tempi, specialmente quelli che stare qui a Shantytown. Non essere sicuro per te. Io essere qui da due giorni, ma avere sentito loro parlare di te. E ieri, quando tu essere passata e quelle donnacce negre averti detto brutte parole, io avere riconosciuta te, ma tu andare troppo presto e io non potere raggiungerti. Ma io pensare a questa gente! Sicuro! Avere visto che oggi non essere qui attorno nessuno di loro? -

- L'ho notato; e certo debbo esserne grata a te, Sam. Dunque, che ne dici dell'idea di venire a farmi da cocchiere? -

- Miss Rossella, grazie, badrona. Ma credere che essere meglio io andare a Tara. -

Il grosso Sam chinò gli occhi; il suo alluce nudo tracciò inutili segni nella polvere della strada. Sembrava inquieto.

- Perché? Ti darò un buon salario. Devi rimanere con me. -

Il grosso e stupido viso nero sul quale si poteva leggere come su quello di un bimbo, si rialzò a guardarla; vi era un'espressione di timore scritta su quei lineamenti. Si avvicinò e appoggiandosi a un lato del carrozzino, sussurrò: - Miss Rossella, io dovere andare via da 'Tlanta. Dovere andare a Tara dove non potermi trovare. Io... io avere ucciso un uomo. -

- Un negro? -

- No, badrona. Un bianco. Un soldato yankee; e loro stare cercando me. Perciò io essere qui a Shantytown. -

- Com'è stato? -

- Lui essere ubriaco e avere detto qualche cosa che io non poter sentire e io avergli messo mani sul collo... Non avere avuto intenzione di ammazzarlo, miss Rossella, ma mia mano essere molto forte e prima che io essermi accorto, lui già morto. E io avere tanta paura che non sapere cosa fare! Allora essere venuto a nascondermi qui e quando ieri averti visto passare, avere detto: "Mio Dio! Quella miss Rossella! Lei pensare a me. Non farmi prendere dagli yankees. Lei rimandare me a Tara".-

- Dici che ti cercano? Sanno che sei stato tu? -

- Sì, badrona. Io essere così alto che non potere essere scambiato con altro. Credo che essere il negro più alto di 'Tlanta. Essere già venuti a cercarmi qui ieri sera, ma una donna negra avermi nascosto in una capanna nei boschi finché loro essere andati via. -

Rossella aggrottò le ciglia riflettendo. Non era affatto spaventata o spiacente che Sam avesse commesso un delitto; soltanto era delusa di non poterlo avere come cocchiere. Un negro grande come Sam sarebbe stato una guardia del corpo non meno sicura di Baldo. Pazienza; bisognava trovar modo di farlo andare a Tara, perché non cadesse in mano delle autorità. Valeva troppo per lasciarlo impiccare! Era stato il miglior capoccia che Tara avesse mai avuto! Rossella non riusciva a concepire che adesso era libero. Apparteneva ancora a lei, come Pork, Mammy, Pietro, la cuoca e Prissy. Era ancora "uno della famiglia"; e come tale doveva essere protetto.

- Ti manderò a Tara stasera - disse finalmente. - Ora, Sam, io devo andare ancora avanti un tratto; ma sarò di ritorno prima del calar del sole. Tu mi aspetterai qui. Non dire a nessuno dove vai; e cerca se puoi procurarti un cappello per nasconderti il viso. -

- Io non avere cappello.-

- Tieni, eccoti un quarto di dollaro. Compra un cappello da uno di questi luridi negri e aspettami qui.-

- Sì, badrona. - Il suo viso brillava per il sollievo di avere qualcuno che gli diceva che cosa doveva fare.

Rossella proseguì pensierosa. Certamente per Will un buon coltivatore sarebbe il benvenuto a Tara. Pork non era mai stato un grande aiuto, come contadino, e non lo sarebbe mai. Con l'andata di Sam a casa, Pork potrebbe venire a raggiungere Dilcey ad Atlanta, come gli era stato promesso alla morte di Geraldo.

Raggiunse lo stabilimento che il sole era già al tramonto; più tardi di quanto aveva creduto. Johnnie Gallegher era sulla soglia della miserabile baracca che serviva da cucina per il piccolo accampamento. Su un tronco dinanzi alla casupola di pietra che serviva da dormitorio sedevano quattro dei cinque galeotti che rappresentavano il personale dello stabilimento. Le loro uniformi erano sporche e bagnate di sudore; ad ogni movimento si udiva ii tintinnare delle loro catene, ed essi avevano un'aria di apatia e di disperazione. "Come sono macilenti e malsani" pensò Rossella guardandoli duramente; eppure quando li aveva presi, poco tempo prima, erano in migliori condizioni! Non alzarono neanche gli occhi quando ella scese dal carrozzino, ma Johnnie si volse verso di lei sollevando incurantemente il cappello. Il suo piccolo viso bruno era duro come una noce.

- Non mi piace l'aspetto di quegli uomini - disse Rossella bruscamente. - Sembra che stiano poco bene. Dov'è l'altro? -

- Dice che è ammalato - rispose laconicamente Johnnie. - E' nella sua amaca.-

- Che cos'ha? -

- Soprattutto pigrizia.-

- Vado a vederlo.-

- Non ci andate. Probabilmente è nudo. Ci penso io. Domani tornerà al lavoro. -

Rossella esitò; in quel momento vide uno dei forzati alzare stancamente il capo e lanciare a Johnnie un'occhiata carica d'odio prima di riabbassarlo.

- Li avete frustati? -

- Scusate, signora Kennedy, chi è che dirige lo stabilimento? Voi mi avete messo a questo posto e mi avete affidato la direzione. Mi avete dato libertà d'azione. Avete da lamentarvi di me? Non ho fatto per voi il doppio di quello che faceva il signor Elsing? -

- Sì, questo è vero. - Ma un brivido percorse Rossella da capo a piedi.

Vi era qualche cosa di sinistro in quel baraccamento; qualche cosa che ai tempi di Ugo Elsing non vi era. Un senso di solitudine, di abbandono che la fece raccapricciare. Quei forzati erano lontani da tutto e da tutti, e così completamente alla mercé di Johnnie Gallegher, che se egli li avesse frustati o comunque maltrattati, probabilmente lei non lo avrebbe mai saputo. E coloro non oserebbero lagnarsi con lei, per timore di peggiori punizioni dopo la sua partenza.

- Sono smunti. Date loro abbastanza da mangiare? Eppure Dio sa che per il loro vitto spendo tanto che potrebbero essere grassi come porcelli. Soltanto la farina e la carne di maiale sono costate trenta dollari il mese scorso. Che cosa date loro per cena stasera? -

Si avvicinò alla baracca e guardò dentro. Una grassa mulatta, che era curva su un vecchio fornello arrugginito, si volse abbozzando un saluto e continuò a mescolare in una casseruola dove cuocevano dei fagioli. Rossella sapeva che Johnnie Gallegher viveva con quella donna; ma ritenne che fosse meglio fingere di ignorarlo. Vide che eccettuato i fagioli e un pane di granturco non vi erano altri preparativi per la cena.

- Non fate altro per questi uomini? -

- No, signora.-

- C'è della carne a cuocere insieme a quei fagioli? -

- No, signora.-

- Non c'è lardo? Ma i fagioli non valgono nulla senza lardo. Non nutrono abbastanza. Perché non c'è lardo? -

- Mist' Johnnie dice che è inutile.-

- Dovete mettercelo. Dove tenete le provviste? -

La negra volse gli occhi spaventati verso un piccolo armadio a muro che serviva da dispensa e che Rossella spalancò. Vi era a terra un bariletto aperto di farina di granturco, un sacchetto di farina di frumento, una libbra di caffè, un poco di zucchero, un barattolo di sorgo e due prosciutti. Uno di questi, posato sulla scansia, era stato cotto da poco e ne erano state tagliate un paio di fettine. Rossella si voltò verso Johnnie come una furia e incontrò il suo sguardo incollerito.

- Dove sono i cinque sacchi di farina di frumento che vi ho mandato la settimana scorsa? E il sacco di zucchero e quello di caffè? Ho mandato cinque prosciutti e dieci libbre di lardo e non so quanti sacchi di ignami e di patate... Dove sono? Non potete averle consumate in una settimana, anche dando agli uomini cinque pasti al giorno. Avete venduto tutto, ladro che siete! Venduto i miei viveri e vi siete messo in tasca il denaro; e a questi uomini date fagioli e pane di granturco! Sfido che sono cosi magri! Levatevi di lì. -

Gli passò davanti impetuosamente e andò alla porta.

- Ehi, voi lì in fondo! Sì, voi..! Venite qui! -

L'uomo si alzò e andò prontamente verso di lei, facendo tintinnare le catene; ella vide che i suoi malleoli nudi erano rossi e irritati per lo strofinare del ferro.

- Quando avete avuto del prosciutto l'ultima volta? -

L'uomo guardò a terra.

- Parlate! -

L'uomo continuò a tacere, avvilito. Finalmente alzò gli occhi, guardò Rossella implorando e li riabbassò.

- Paura di parlare, eh? Bene, andate in dispensa e prendete quel prosciutto sulla scansia. Rebecca, dagli il tuo coltello. Voi, portate il prosciutto a quegli uomini e dividetelo con loro. E tu, Rebecca, prepara delle focacce e del caffè per costoro. E dagli del sorgo in abbondanza. Subito, così vedo mentre glielo dai. -

- Questo essere caffè privato e farina di mist' Johnnie azzardò Rebecca sgomentata. -

- Di mister Johnnie, proprio?! Suppongo che anche il prosciutto sia suo. Fai quello che ti dico. Sbrigati. Johnnie Gallegher, venite con me fino al carrozzino.-

Attraversò lo spiazzo in disordine e si arrampicò nel veicolo, osservando con cupa soddisfazione che gli uomini strappavano il prosciutto a brandelli che ficcavano voracemente in bocca. Sembrava che temessero che qualcuno potesse da un momento all'altro rapir loro quel cibo.

- Siete un vero furfante! - gridò furibonda a Johnnie che era accanto alla ruota, col cappello ricacciato indietro sulla fronte aggrottata.

- E mi consegnerete il prezzo dei miei viveri. Per l'avvenire vi porterò le provviste giorno per giorno invece di mandarvi il necessario per un mese. Così non potrete truffarmi. -

- Per l'avvenire io non ci sarò. -

- Vi licenziate?! -

Ebbe l'impulso di gridare: "Tanto meglio!" ma la fredda mano della prudenza la trattenne. Che farebbe, se Johnnie se ne andasse? Con lui, era stato prodotto il doppio di legname di quanto se ne produceva sotto la gestione di Ugo. E proprio adesso ella aveva ricevuto una grande ordinazione, la più grossa che avesse mai avuta; ed era urgente. Se Johnnie se ne andava, chi provvederebbe alla gestione dello stabilimento?

- Sì, mi licenzio. Voi mi avete dato qui pieni poteri, e mi avete detto che da me non volevate altro se non la maggior quantità possibile di legname. Non mi avete detto allora che sistemi dovevo usare; e non intendo che veniate a dirmelo adesso. Non potete lagnarvi che io non abbia rispettato il contratto. Come ottengo il risultato, è cosa che non vi riguarda. Vi ho fatto guadagnare del denaro e ho ben guadagnato il mio salario... e quello che ho potuto arrangiare in più. E adesso voi venite qui a immischiarvi, a rivolgere delle domande agli uomini, a distruggere la mia autorità. Come volete che, dopo questo, io possa conservare la disciplina? Che vi importa se occasionalmente qualcuno riceve un colpo di frusta? Sono degli indolenti che meritano anche di peggio. E se anche non sono rimpinzati?... Non meritano di meglio. O vi occupate degli affari vostri e lasciate che io mi occupi dei miei, o me ne vado stasera stessa. -

Il suo viso duro era più spietato che mai; e Rossella si sentì incerta sul da farsi. "Che farò, se se ne va stasera? Non posso rimanere tutta la notte a guardia dei galeotti!"

Evidentemente il suo volto rivelò il suo pensiero, perché l'espressione di Johnnie mutò alquanto e i suoi occhi sembravano meno crudeli. Anche la sua voce suonò meno aspra.

- Si fa tardi, signora Kennedy; è meglio che andiate a casa. Non ci guasteremo per una piccola cosa come questa; vi pare? Potete trattenere dieci dollari sul mio stipendio del mese prossimo e siamo pari.-

Gli sguardi di Rossella andarono involontariamente al miserabile gruppo che stava divorando il prosciutto; poi pensò al malato.. Avrebbe dovuto liberarsi di Johnnie Gallegher che era un ladro e un aguzzino. Chi sa che cosa faceva a quei disgraziati quando lei non c'era... Ma, d'altra parte era abile; e lei aveva bisogno di un uomo che sapesse il fatto suo. Inutile: ora non poteva mandarlo via. Soltanto, in avvenire sorveglierebbe che i forzati avessero le giuste razioni di vitto.

- Vi tratterrò venti dollari - disse brevemente - e tornerò a discutere su questa faccenda di mattina. -

Raccolse le redini. Ma sapeva che non se ne sarebbe più parlato. Era un affar finito; e anche Johnnie lo sapeva.

Mentre percorreva il viottolo verso la strada di Decatur, la sua coscienza e il suo desiderio di guadagno combatterono un'aspra battaglia. Non vi era scopo ad esporre delle vite umane alla brutalità di quel piccolo uomo. Se uno di quei disgraziati moriva, ella sarebbe colpevole quanto lui, perché lo aveva lasciato a quel posto conoscendo i suoi mali trattamenti. Ma d'altra parte... d'altra parte, quegli uomini avevano il torto di essere dei forzati. Se avevano commesso dei delitti ed erano stati arrestati, meritavano ciò che loro capitava. Ciò in parte sollevò la sua coscienza; ma mentre percorreva la strada, i visi smunti dei forzati le tornarono dinanzi agli occhi.

“Oh, ci penserò dopo!” si disse; e ricacciando il pensiero nel fondo più recondito della sua mente, richiuse la porta del ripostiglio in cui nascondeva le immagini più segrete.

 

Il sole era completamente scomparso quando ella raggiunse la curva della strada poco prima di Shantytown; i boschi dietro a lei erano oscuri. Con la caduta dell'ultimo raggio, una brezza fredda si era messa a soffiare tra i rami, facendo scricchiolare i tronchi nudi e frusciare le foglie secche. Non si era mai trovata fuori a quell'ora sola; era un po' inquieta e avrebbe voluto essere a casa.

Non vide il grosso Sam; e nel fermare il cavallo per attenderlo si sentì preoccupata della sua assenza, temendo che gli yankees lo avessero già raggiunto. Udì un passo che veniva dal sentiero che conduceva all'accampamento ed emise un sospiro di sollievo. Sgriderebbe ben bene Sam perché l'aveva fatta aspettare.

Ma non era lui. Alla curva apparve un bianco alto e cencioso, accompagnato da un negro tozzo e tarchiato che aveva le spalle e il petto di un gorilla. Ella percosse rapidamente il dorso del cavallo con le briglie e afferrò la pistola. La bestia si mosse per prendere il trotto, ma improvvisamente scartò vedendo il bianco che tendeva la mano.

- Signora, potete darmi qualche cosa? Ho fame.-

- Levati davanti - rispose cercando di parlare con voce ferma. - Non ho denaro. Ehi là! - fece poi al cavallo.

Con un movimento subitaneo la mano dell'uomo fu sulla briglia.

- Afferrala - gridò al negro. - Probabilmente ha il denaro nascosto in seno.-

Ciò che avvenne dopo fu per Rossella come un incubo rapidissimo. Ella sollevò la pistola ma l'istinto le disse di non sparare contro il bianco, per timore di colpire il cavallo. Quando il negro fece per balzare sul carrozzino, con un sogghigno lascivo che gli spalancava la bocca sino alle orecchie, ella sparò a bruciapelo. Non seppe mai se lo aveva colpito o no, perché nell'attimo seguente la pistola le fu strappata di mano con una stretta che quasi le spezzò il polso. Il negro era accanto a lei, tanto che se ne sentiva il fetore, e cercava di trarla giù dal veicolo. Con la mano libera ella si difese ferocemente, graffiandogli il viso; quindi sentì la grossa mano di lui sulla gola e, con un rumore di stoffa lacerata, il suo corpetto fu aperto dal collo alla cintura. Quindi la mano nera frugò tra i suoi seni; ella provò un terrore e una repulsione inimmaginabile e si mise a urlare come una pazza.

- Falla tacere! Buttala giù! - gridò ancora il bianco; e la mano nera cercò la bocca di Rossella. Ella la morse con tutta la violenza di cui fu capace e attraverso le grida sentì il bianco bestemmiare e comprese che sulla strada buia era giunto un terzo uomo. La mano nera si staccò dalla sua bocca e il negro fece un salto indietro mentre il grosso Sam gli si lanciava addosso.

- Correre, miss Rossella! - gridò Sam lottando col negro; e Rossella, urlante e tremante, afferrò redini e frusta e percosse con entrambi il cavallo. Questo fece un balzo, ed ella sentì che la ruota passava su qualche cosa di soffice e di resistente. Era il bianco che giaceva sulla strada dove lo aveva gettato un pugno di Sam.

Impazzita dal terrore, ella percosse ancora il cavallo il quale prese un'andatura folle che faceva ondeggiare e saltare il calessino. Nel suo terrore, sentendo un passo che la inseguiva ella incitava il cavallo perché andasse più veloce. Se quello scimmione nero la raggiungeva, era sicura che morrebbe prima che egli la toccasse.

Una voce gridò dietro a lei:

- Miss Rossella! Ferma! -

Senza rallentare, si voltò tremando e vide il grosso Sam che galoppava dietro a lei, con le sue lunghe gambe che battevano regolarmente il terreno come due stantuffi. Ella trattenne un attimo il cavallo quando Sam le giunse accanto; il negro si lanciò sul carrozzino accoccolandosi accanto a lei. Aveva il viso bagnato di sudore e di sangue; le chiese ansimando:

- Tu essere ferita? Averti ferita? -

Non riuscì a rispondere; ma vedendo la direzione del suo sguardo si accorse che il suo corpetto era aperto fino alla cintura lasciando scorgere il suo seno nudo e il suo copribusto. Con mano tremante avvicinò i due lati e cominciò a piangere tenendo il capo chino, con singhiozzi pieni di spavento.

- Dare a me redini - disse Sam strappandogliele. - Avanti, cavallo! -

La frusta schioccò e il cavallo spaventato prese nuovamente un galoppo furioso che minacciò di rovesciare il calessino nel fosso.

- Io sperare di non avere ucciso babbuino nero. Ma non avere aspettato per accertarmi - ansimò ancora. - Ma se averti fatto male, miss Rossella, io tornare indietro a finirlo. -

- No... no... vai avanti, presto! - singhiozzò Rossella.

45

Franco accompagnò Rossella, zia Pitty e i bambini a casa di Melania e poi si avviò con Ashley, lasciando sua moglie irritata e offesa. Come faceva quell'uomo ad aver voglia, proprio quella sera, di andare a una riunione politica? La stessa sera in cui lei era stata attaccata in quel modo, e Dio sa che cosa avrebbe potuto accaderle! Era insensibile ed egoista. Aveva preso la cosa con una calma da fare impazzire, fin dal primo momento, quando Sam l'aveva portata in casa scossa dai singhiozzi, col corpetto aperto e lacerato. Non si era neanche stiracchiato la barba quando lei aveva raccontato tutta la storia. Si era limitato a chiederle dolcemente:

- Sei ferita, tesoro... o solo spaventata? -

La collera e le lacrime le avevano impedito di rispondere; era stato Sam che aveva detto:

- Io essere arrivato in tempo; non avere fatto altro che strappare vestito. -

- Sei un bravo ragazzo, Sam; e io non dimenticherò quello che hai fatto. Se anch'io posso fare qualche cosa per te...-

- Sì, badrone; tu potermi mandare a Tara più presto possibile. Yankees essere in cerca di me. -

Franco aveva ascoltato anche questo con calma e non aveva chiesto altro. Era come quella notte in cui Toni era venuto a battere alla loro porta; come se fosse un affare che bisognava definire con un minimo di parole e di emozione.

- Prendi pure il calessino. Pietro ti accompagnerà stasera stessa fino a "Rough and Ready"; potrai nasconderti nei boschi fino a domattina, e di là prendere il treno per Jonesboro. È più sicuro... Smetti di piangere, tesoro. Ora è tutto passato e dal momento che non sei ferita... Volete favorirmi i vostri sali, miss Pitty? E tu, Mammy, vai a prendere un bicchiere di vino per miss Rossella. -

Rossella era scoppiata nuovamente in lacrime; questa volta erano lacrime d'ira. Aveva bisogno di conforto, di indignazione, di minacce di vendetta. Avrebbe preferito che si fosse adirato con lei, dicendole che l'aveva avvertita... qualsiasi cosa, piuttosto che sentirlo parlare con tanta indifferenza e considerare il pericolo corso come cosa da poco. Senza dubbio era buono e gentile, ma con un fare distratto, come se avesse avuto cose assai più importanti a cui pensare.

E la cosa importante non era altro se non una piccola riunione politica!

Stentò a credere alle sue orecchie quando egli le disse di cambiare abito e di prepararsi perché egli l'avrebbe accompagnata a casa di Melania per passarvi la sera. Eppure doveva immaginare com'era stata orribile la sua esperienza; doveva capire che non poteva aver desiderio di passare la serata da Melania, mentre era stanchissima e i suoi nervi tesi chiedevano il riposo di un letto soffice e caldo... con un mattone arroventato per richiamare il sangue ai piedi gelati e una bevanda alcoolica e bollente per calmare i suoi terrori. Se le avesse voluto bene davvero, nulla avrebbe potuto staccarlo dal suo fianco quella sera. Sarebbe rimasto in casa, le avrebbe accarezzato la mano dicendole e ripetendole che sarebbe morto se le fosse accaduto qualche cosa. Ma al suo ritorno a casa, non mancherebbe di dirglielo, oh no!

Il salottino di Melania era tranquillo come sempre, le sere in cui Ashley e Franco uscivano e le donne si riunivano a cucire. Era una stanza calda e allegra, illuminata dal fuoco del caminetto. La lampada spandeva una luce gialla sopra le quattro teste chine su lavori d'ago. Quattro sottane si gonfiavano senza esagerazione, otto piedini posavano su sgabelli di legno. Dalla stanza accanto giungeva il respiro uguale e tranquillo di Wade, di Beau e di Ella. Baldo sedeva su una sedia accanto al camino, col dorso alla fiamma, la guancia piena di tabacco e intagliava industriosamente un pezzetto di legno. Il contrasto fra quell'uomo sporco e setoloso e le quattro donnine linde e schifiltose era violento come se egli fosse stato un vecchio e ispido cane da guardia e loro quattro gattine.

La dolce voce di Melania raccontava con indignazione le recenti esplosioni di malumore che si erano verificate in seno alle Dame Arpiste. Non essendo riuscite a mettersi d'accordo con l'Allegro Circolo Giovanile sul programma della prossima serata, le signore avevano atteso Melania in quel pomeriggio e le avevano significato la loro intenzione di ritirarsi completamente dal Circolo Musicale. C'era voluta la diplomazia di Melania per ottenere che rimandassero la loro decisione.

Rossella era così stufa che aveva voglia di gridare: - Vadano al diavolo, le Dame Arpiste! - Desiderava parlare dell'episodio di cui era stata vittima. Moriva dal desiderio di narrare tutti i particolari, per alleviare il proprio spavento, spaventando gli altri. Voleva raccontare com'era stata coraggiosa, solo per assicurarsi, col suono delle proprie parole, che era stata coraggiosa davvero. Ma ogni volta che tornava sull'argomento, Melania deviava abilmente la conversazione su altro soggetto. Questo irritò infinitamente Rossella. Erano tutti vili e malvagi come Franco! Come potevano essere tanto calmi mentre lei aveva rasentato un tremendo pericolo? Non davano neanche prova della più normale cortesia, negandole il sollievo di parlarne!

Gli eventi di quel pomeriggio l'avevano scossa più di quanto ella non volesse confessare a se stessa. Ogni volta che ripensava a quella maligna faccia nera che la scrutava dalle ombre della foresta, ricominciava a tremare. E quando pensava a quella mano nera nel suo seno e a ciò che sarebbe accaduto se non fosse apparso il grosso Sam, chinava la testa e chiudeva gli occhi terrorizzata. E si sentiva i nervi sempre più tesi; le sembrava che da un momento all'altro stessero per spezzarsi come le corde troppo tirate di un banjo, con lo stesso rumore fischiante.

Le dava noia Baldo che intagliava il legno, e aggrottò la fronte guardandolo. E a un tratto le sembrò strano che egli fosse lì seduto con quel pezzetto di legno in mano. Di solito quando era di guardia, stava sdraiato sul divano e dormiva russando così violentemente che la sua lunga barba si levava in aria ad ogni respiro. Ed era strano che né Melania né Lydia gli avessero ancora detto di mettere sul pavimento un foglio di carta per raccogliere i trucioli. Il tappeto era già ridotto un vero sudiciume; ma sembrava che nessuno se ne accorgesse.

Mentre ella lo osservava, Baldo si voltò verso il fuoco e lanciò un getto di saliva mista a succo di tabacco con tale veemenza che Melania, Lydia e Pitt sussultarono come per lo scoppio di una bomba.

- Ma avete proprio bisogno di espettorare così forte? - esclamò Lydia aspramente e irritata. Rossella la guardò stupita, perché Lydia era sempre contegnosa.

Baldo rispose al suo sguardo.

- Credo di sì - rispose freddamente; e sputò di nuovo. Melania lanciò un'occhiata a sua cognata, aggrottando le ciglia.

- Mi ha sempre fatto piacere che il mio caro babbo non ciccasse... cominciò Pitty; ma Melania, con lo sguardo ancor più severo, la interruppe con un'asprezza che Rossella non aveva mai udita in lei.

- Taci, zia! Che mancanza di tatto! -

- Oh Dio! - fece Pitty offesa lasciando cadere in grembo il lavoro. - Non so proprio che cosa avete tutti stasera. Tu e Lydia siete nervose e sgarbate come due istrici. -

Nessuna rispose. Melania non si scusò neppure per la sua scortesia ma continuò a cucire con lieve impazienza.

- Fai dei punti di un centimetro - dichiarò Pitty dopo un momento. - Dovrai disfare il tuo lavoro. Si può sapere che cos'hai? -

Melania tacque ancora.

"Che diamine hanno?" si chiese Rossella. Era stata forse troppo assorta dalla sua paura per accorgersi di qualche cosa? Sì; malgrado i tentativi di Melania di fare apparire quella serata uguale a tutte le altre che avevano passate insieme, vi era nell'atmosfera qualcosa di diverso, un nervosismo che non poteva esser dovuto allo spavento di ciò che era accaduto nel pomeriggio. Rossella le guardò e intercettò un'occhiata di Lydia. Uno sguardo che la turbò perché conteneva nella sua fredda profondità qualche cosa di più forte dell'odio, di più insultante del disprezzo.

"Come se avesse idea che quello che è successo è colpa mia" pensò Rossella indignata.

Lydia si volse a Baldo e, non più irritata, ebbe un'espressione di ansiosa interrogazione. Ma non incontrò gli occhi di lui. Anche lui fissava Rossella con la stessa fredda durezza di Lydia.

Vi fu un silenzio; e poiché Melania non tentò più di risollevare la conversazione, Rossella udì il soffiare del vento. La serata cominciava ad essere spiacevole. Ora sentiva ella pure che vi era una strana tensione, e si chiese se vi fosse stata tutta la sera. Nel volto di Baldo era un'espressione di attesa vigilante; e le sue orecchie pelose sembravano drizzate come quelle di una lince. Melania e Lydia reprimevano evidentemente la loro inquietudine; ma ogni rumor di zoccoli sulla strada faceva alzar loro le teste dal lavoro; lo stesso accadeva ad ogni scricchiolar di rami nudi sotto il soffio del vento, ad ogni fruscio di foglie secche che facevano mulinello sul prato. E sussultavano ad ogni crollar di tronchi bruciati nel camino, come se fosse rumor di passi.

Vi era qualche cosa d'insolito, e Rossella ignorava che cosa fosse. Qualche cosa in via d'esecuzione, di cui ella era all'oscuro. Un'occhiata al viso paffuto di Pitty, un po' imbronciato, le disse che la vecchia signora ne sapeva quanto lei. Ma Baldo, Lydia e Melania sapevano. Nel silenzio le sembrava quasi di udire i pensieri delle due donne agitarsi follemente come scoiattoli in gabbia. Esse sapevano qualche cosa, attendevano qualche cosa, malgrado i loro sforzi di apparire normali. E la loro interna inquietudine si comunicò a Rossella, rendendola più nervosa di prima. Teneva l'ago così malamente che se lo infilò nel pollice e con un piccolo grido di dolore e di irritazione che fece sussultare tutte quante, premette il dito sino a fare apparire una gocciolina rossa.

- Sono troppo nervosa per cucire - dichiarò gettando a terra il lavoro. - Così nervosa che urlerei. Vorrei andare a casa e coricarmi. E Franco lo sapeva e poteva fare a meno di uscire. Parla parla, parla di proteggere le donne contro i negri e i "Carpetbaggers", ma quando viene il momento della protezione, dov'è? A casa a occuparsi di me? No davvero; è in giro con tanti altri uomini che essi pure non fanno altro che parlare e...-

Il suo sguardo irritato si posò sul volto di Lydia. Questa respirava affannosamente e i suoi pallidi occhi senza ciglia erano fissi sul volto di Rossella con freddezza mortale.

- Se non ti dispiace troppo, Lydia - disse Rossella sarcastica - ti sarei grata se mi dicessi perché è tutta la sera che mi fissi in quel modo. Sono forse diventata verde? O qualche cosa del genere? -

- Non mi dispiace affatto, anzi te lo dirò volentieri. - E gli occhi di Lydia scintillarono. - Mi fa rabbia vedere che tu non apprezzi un uomo come il signor Kennedy, mentre se sapessi...-

- Lydia! - ammonì Melania mentre le sue mani spiegazzavano il lavoro.

- Credo di conoscere mio marito meglio di te - ribatté Rossella a cui la prospettiva di una lite, la prima che avesse apertamente con Lydia, risollevava lo spirito, facendo dileguare il suo nervosismo. Gli sguardi di Melania incontravano gli occhi di Lydia, la quale chiuse la bocca con riluttanza. Ma quasi subito la riaperse; la sua voce era piena di odio freddo.

- Mi disgusti, Rossella, con le tue smanie di essere protetta! A te non importa di avere chi ti protegge! Se t'importasse non ti saresti esposta come fai da tanti mesi andando in giro per la città, e mettendoti in mostra con la speranza che ti ammirino! Quello che ti è successo oggi è semplicemente ciò che ti meriti; e se vi fosse giustizia ti sarebbe dovuto accadere di peggio. -

- Taci, Lydia! - esclamò Melania.

- Lasciala parlare - gridò Rossella. - Mi diverte. Ho sempre saputo che mi odiava ma che era troppo ipocrita per ammetterlo. Lei, se credesse di poter essere ammirata, andrebbe nuda per istrada dall'alba al tramonto. -

Lydia era già in piedi, tremante d'ira.

- Ti odio - disse con voce chiara ma tremante. - Ma non è stato per ipocrisia che ho sempre taciuto. È per qualche cosa che tu non puoi capire perché ne sei priva... E' per quel tanto di normale cortesia, di buona educazione. Ed è per la convinzione che se noi tutti non ci stringiamo l'uno con l'altro e non reprimiamo i nostri piccoli rancori, non possiamo sperare di battere gli yankees. Ma tu,... tu hai fatto tutto il possibile per diminuire il prestigio delle persone per bene... lavorando, gettando l'onta su un buon marito, dando agli yankees e alla marmaglia motivo di ridere di noi e di fare osservazioni insultanti sulla nostra mancanza di signorilità. E quando sei andata per le strade solitarie esponendoti alle aggressioni, hai esposto ogni donna di Atlanta alla stessa possibilità, mettendo la tentazione sotto agli occhi dei negri e degli straccioni bianchi. E hai messo in pericolo la vita dei nostri uomini perché essi...-

- Dio mio, Lydia! - esclamò Melania; e anche nella sua collera Rossella fu stupita di udire Melania pronunciare il nome di Dio invano. - Devi tacere! Ella non sa e... taci! Hai promesso...-

- Via, ragazze - supplicò Pittypatt con le labbra tremanti.

- Che cosa, non so? - Rossella era balzata in piedi furibonda di fronte alla collera fredda di Lydia e alle suppliche di Melania.

- Galline faraone - disse improvvisamente Baldo con tono sprezzante. Prima che qualcuna potesse rispondergli, egli levò impetuosamente la testa e si alzò in piedi. - C'è qualcuno che viene per il vialetto. Non è il signor Wilkes. Smettete di schiamazzare. -

Vi era una maschia autorità nella sua voce e le donne tacquero di colpo; la collera scomparve dai loro volti mentre egli attraversava la camera zoppicando.

- Chi è? - chiese prima ancora che il visitatore avesse bussato.

- Il capitano Butler. Fatemi entrare. -

Melania scivolò così velocemente sul pavimento della stanza che la sua crinolina si sollevò mostrando i suoi calzoncini fino ai ginocchi; e prima che Baldo avesse messo la mano sulla maniglia, ella stessa spalancò la porta. Sulla soglia tra Rhett Butler col cappello nero calato sugli occhi; il vento, violentissimo, gli drappeggiava attorno al corpo il mantello. Per una volta tanto, egli non fece sfoggio di cortesia. Non si tolse il cappello né guardò alcuno nella stanza. Fissò solamente Melania, alla quale parlò brusco, senza salutarla.

- Dove sono andati? Ditemi presto. Si tratta di vita o di morte. -

Rossella e Pitty sbalordite e sgomente, si guardarono meravigliate; Lydia balzò accanto a Melania come una vecchia gatta sparuta.

- Non dirgli nulla - gridò in fretta. - E' una spia, un rinnegato! -

Rhett non la degnò neanche di uno sguardo.

- Presto, signora Wilkes; forse c'è ancora tempo! -

Melania, paralizzata dal terrore, non era capace d'altro che di fissarlo.

- Che diamine... - cominciò Rossella.

- Tacete - ordinò brevemente Baldo. - E anche voi, miss Melly. Fuori di qui, voi, maledetto rinnegato.-

- No, Baldo, no! - gridò Melania posando una mano tremante sul braccio di Rhett, come per proteggerlo da Baldo. - Che è successo? Come...Come avete saputo? -

Sul volto scuro di Rhett l'impazienza lottava con la cortesia.

- Dio buono, signora Wilkes, si è sospettato di loro fin da principio... solamente sono stati abbastanza abili... fino a stasera! Come lo so? Ho giocato a poker fino a poco fa con due capitani yankee ubriachi, e questi se lo sono lasciato uscir di bocca. Sapevano che stasera vi sarebbe stato qualche cosa e si sono preparati. Quei pazzi sono andati a gettarsi in trappola.-

Per un momento sembrò che Melania stesse per cadere sotto la violenza del colpo; e il braccio di Rhett fu svelto a sorreggerla.

- Non glielo dire! È lui che cerca di prenderti in trappola! - gridò Lydia fissando Rhett. - Non hai sentito che è stato con gli ufficiali yankee? -

Rhett continuò a non guardarla. I suoi occhi erano fissi sul viso di Melania.

- Ditemelo: dove sono andati? Hanno un luogo di ritrovo? -

Malgrado il suo terrore e la sua incomprensione, Rossella pensò che non aveva mai visto un viso più impassibile e privo di espressione di quello di Rhett; ma evidentemente Melania vi scorse qualche altra cosa che le ispirò fiducia. Drizzò il suo corpicino e disse tranquilla, ma con voce che tremava:

- Sulla via di Decatur, presso Shantytown. Il ritrovo è nella cantina della vecchia piantagione Sullivan... Quella che è mezza bruciata. -

- Grazie. Vado al galoppo. Se gli yankees vengono qui, nessuno di voi sa nulla. -

Si allontanò così velocemente scomparendo nella notte, che esse avrebbero quasi potuto credere di averlo sognato, se non avessero udito lo scricchiolar della ghiaia sotto la folle corsa di un cavallo che si allontanava al galoppo.

- Gli yankees qui? - esclamò Pitty; e crollò sul divano troppo spaventata per piangere.

- Ma che cos'è tutto questo? Che ha voluto dire? Se non mi spiegate, impazzirò! - Rossella aveva afferrato Melania e la scrollava violentemente come se avesse potuto in tal modo trarle di bocca una risposta.

- Che significa? Significa che probabilmente tu sei la causa della morte di Ashley e del signor Kennedy! - Malgrado il terrore, vi era nella voce di Lydia una nota di trionfo. - Smettila di scrollare Melly; non vedi che sta per svenire? -

- No, non svengo - bisbigliò Melania afferrandosi alla spalliera di una sedia.

- Dio mio, Dio mio! Non capisco! Uccidere Ashley? Vi prego, ditemi...-

La voce di Baldo, simile a una carrucola arrugginita, interruppe le parole di Rossella.

- Sedete - ordinò brevemente. - Prendete il vostro lavoro. Cucite come se non fosse accaduto nulla. Probabilmente gli yankees sorvegliano questa casa fin dal tramonto del sole. Sedete, vi dico; e cucite. -

Obbedirono tremando; perfino Pitty prese una calza da rammendare e la tenne fra le dita tremanti, mentre i suoi occhi, spalancati come quelli di un bimbo spaurito, giravano attorno in cerca di una spiegazione.

- Dov'è Ashley? Che gli è successo, Melly? - gridò Rossella.

- E dov'è tuo marito? Non t'interessa? - Gli occhi chiari di Lydia brillavano di malignità mentre ella torceva e tirava il tovagliolo lacero che stava rammendando.

- Ti prego, Lydia! - Melania aveva dominato la sua voce, ma il suo viso bianco e gli occhi tormentati mostravano lo sforzo a cui si sottoponeva. - Forse, Rossella, avremmo dovuto dirtelo, ma... ma, avevi già avuto una tale emozione oggi, che noi... che Franco non ha creduto... e poi sei stata sempre così ostile al Klan...-

- Il Klan...-

Rossella pronunziò la parola come se non l'avesse mai udita e non ne comprendesse il significato; ma subito dopo gridò:

- Il Klan! Ashley non è nel Klan, e nemmeno Franco! Me l'aveva promesso! -

- Ma sì, il signor Kennedy è nel Klan, come Ashley e come tutti gli uomini che conosciamo - esclamò Lydia. - Sono uomini, non è vero? Sono bianchi e meridionali. Avresti dovuto essere orgogliosa di lui, invece di costringerlo a nascondersi come se fosse una cosa vergognosa.-

- Voi altre sapevate, ed io...-

- Avevamo paura che ti impressionassi troppo - disse Melania dolorosamente.

- Allora è lì che vanno quando dicono che si recano alle riunioni politiche? Eppure mi aveva promesso! Ora verranno gli yankees e mi toglieranno gli stabilimenti e la bottega e lo metteranno in prigione... Ma che voleva dire Rhett Butler? -

Gli occhi di Lydia incontrarono quelli di Melania con un'espressione di selvaggio terrore.

Rossella si alzò lasciando cadere il suo lavoro.

- Se non me lo dite, andrò in città e verrò a saperlo. Chiederò a tutti quelli che vedo, finché...-

- Sedete - disse Baldo fissandola col suo umido occhio. - Ve lo dirò io. Siccome nel pomeriggio di oggi siete andata in giro e vi siete messa nei guai per colpa vostra, il signor Wilkes, il signor Kennedy e gli altri uomini sono usciti stasera per uccidere quel negro e quel bianco che vi hanno aggredita, se riescono a trovarli; e spazzar via tutto quell'accampamento di Shantytown. E se quello che ha detto quel rinnegato risponde a verità, gli yankees hanno sospettato o sono venuti a sapere qualche cosa e hanno mandato dei soldati per prenderli. E i nostri sono andati a cadere in una trappola. Se invece Butler non ha detto la verità, vuol dire che è una spia e che li consegnerà agli yankees; e saranno uccisi ugualmente. Ma se li consegna, io lo ammazzerò, dovesse essere l'ultimo gesto della mia vita. E se non sono uccisi dovranno fuggire nel Texas e rimanere nascosti; e forse non torneranno mai più. È tutta colpa vostra; e sulle vostre mani è il loro sangue. -

La collera fece dileguare lo spavento dal volto di Melania, la quale vide che Rossella a poco a poco comprendeva ed era invasa dall'orrore. Si alzò e pose la mano sulla spalla di Rossella.

- Ancora una parola come queste, e uscirete da casa mia, Baldo - disse severamente. - Non è colpa sua. Ella ha fatto soltanto... ciò che sentiva di dover fare. E i nostri uomini hanno fatto anch'essi ciò che sentivano di dover fare. La gente fa sempre ciò che deve. Nessuno di noi pensa o agisce come un altro; e si ha torto a... a giudicare gli altri da noi stessi. Come potete voi e Lydia dire delle cose tanto crudeli quando suo marito e il mio... forse... forse... -

- Silenzio! - interruppe Baldo sottovoce. - Sedete, signore. Sono cavalli. -

Melania piombò in una poltrona, prese in mano una camicia di Ashley, vi chinò sopra la testa e incominciò incoscientemente a lacerare le gale in tante striscioline.

Lo scalpitare di zoccoli si udì più forte. Si sentiva anche tintinnar di finimenti, rumor di briglie e suono di voci. Quando i cavalli si fermarono dinanzi alla casa, si udì un comando militare. Gli ascoltatori udirono dei passi attraverso il cortile posteriore, verso il porticato; sentirono che migliaia di occhi nemici guardavano attraverso la finestra le cui imposte erano aperte: e le quattro donne, col terrore nel cuore, chinarono il capo e infilarono l'ago nel lavoro. Nel suo cuore Rossella gridava: "Ho ucciso Ashley! L'ho ucciso!" senza pensare, in quell'attimo di angoscia, che poteva avere ucciso anche Franco. Non riusciva a vedere che Ashley, ai piedi di un cavalleggero yankee, coi biondi capelli inzuppati di sangue.

Nell'udire bussare ripetutamente alla porta, ella guardò Melania e vide sul visino teso una nuova espressione; un'impassibilità come quella che aveva visto sul volto di Butler, lo sguardo indifferente di un giocatore di poker che "bluffa" avendo in mano soltanto due assi.

- Aprite, Baldo - disse con tranquillità.

Dopo aver tratto fuori quasi completamente il coltellaccio che aveva nello stivalone e aver liberato la pistola che teneva nella fascia dei calzoni, Baldo zoppicò verso la porta e la spalancò Pitty emise un piccolo gemito, come un topo che sente richiudersi la trappola, vedendo ammassate dietro a un capitano yankee, un certo numero di uniformi azzurre. Ma le altre donne non parlarono. Rossella respirò con un barlume di sollievo riconoscendo l'ufficiale: il capitano Tom Jaffery, un amico di Rhett a cui ella aveva venduto del legname per costruirsi la casa. Sapeva che era un gentiluomo; e forse, come tale, non le trascinerebbe in prigione. Egli pure la riconobbe immediatamente e, togliendo il cappello, si inchinò, un po' imbarazzato.

- Buona sera, signora Kennedy. E quale di voi, signore, è la signora Wilkes? -

- Sono io - rispose Melania alzandosi; e malgrado la sua piccola statura, la sua figura era piena di dignità. - A che cosa debbo quest'intrusione? -

Gli occhi del capitano percorsero velocemente la stanza, posando per un attimo su ogni volto, passando da questi alla tavola e all'attaccapanni come per scorgere tracce di una presenza maschile.

- Vorrei parlare col signor Wilkes e col signor Kennedy, se non Vi dispiace.-

- Non sono in casa - e la dolce voce di Melania era gelida.