II
Erano circa le undici e mezza. Una notte senza luna. Ricordo che mi ha colpito come sul bordo strada la luce arancione dei lampioni scendesse a coni stretti, assediata dal buio. Avevo messo il CD di Nek – la Pausini non la ascolto mai in compagnia – e ci stavamo cantando sopra. Lele è stonatissimo ma insisteva, nonostante le pesanti manate di Michael. Mau rideva contento e si spingeva in grandi gorgheggi. Io guidavo a mezzo acceleratore seguendo le parole della canzone.
...Accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime...
Eravamo sazi, la pizza ci usciva dalle orecchie, ogni tanto la salutavamo con un rutto solenne. Stavo meglio, mi sentivo cullato dall’allegria degli altri. La testa restava vuota ma l’ansia per quel vuoto stava passando. Entro la fine della serata avrei compiuto un’azione risolutiva, lo sapevo con la stessa inesplicabile certezza con cui so di essere vivo. Dovevo cercare qualcuno che di fatto mi stava già aspettando. Non credo desiderassi andare a ballare, mi premeva solo scoprire chi fosse.
...soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo. Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio...
Dopo i versetti di san Giacomo, eccoci di nuovo in piedi, io e l’africano, uno vicino all’altro, gomito a gomito, come compagni di banco. Come fratelli, direbbe Pamela. Lui neroghana, io biancoveneto: non fosse una messa di paese potrebbe essere una pubblicità di Benetton. Prima o poi i nostri sguardi si dovranno incrociare.
...Dal Vangelo secondo Matteo... Gloria a te, o Signore...
Eravamo quasi arrivati al self Service, si vedeva l’insegna a bandiera da lontano. Anche il mio umore era alle stelle ormai. Ci caricavamo a vicenda, ma c’era un’energia strana, divorante, mi correva nelle ossa e sentivo che agli altri succedeva lo stesso. Correva e a ogni giro si moltiplicava, come nutrendosi della nostra forza.
Quando siamo entrati nell’area di servizio, lui stava dormendo appoggiato con la schiena sulla cassa automatica. Si è svegliato pressoché all’istante e ha bussato al mio finestrino. Michael è partito subito in quarta, dicendo che non ne poteva più di questi opportunisti. Sì, abusivi, clandestini e opportunisti. Non basta che paghi una cifra la benzina: no, devi dare anche la mancia a questo disgraziato perché ti faccia una cosa che sai farti benissimo da solo. La sua voce rimbombava nell’abitacolo e anche gli altri due gli davano corda. Bon dai, ho detto, come per lasciar cadere la questione. In realtà dava un enorme fastidio anche a me incentivare gli abusivi, sono le cattive abitudini contratte dalle grandi città. Come i lavavetri ai semafori, che dopo due giorni se ne sono tornati a Padova, visto che qui ci sono solo rotatorie.
...i farisei infatti e tutti i giudei non mangano se non si sono lavati le mani fino al gomito...
Se ti fai mettere il pieno da questo, la figuraccia te la rinfacceremo finché vivi, mi intimò Michael. E gli altri due: sì, ha ragione, non bisogna cedere. Intanto l’africano era sempre lì, fermo davanti al finestrino, che aspettava i soldi e la chiavetta. Ho aperto la portiera e lui si è spostato un poco. Non era marocchino, eppure stava lì a scroccare.
“Faccio io, dimmi quanti soldi, ventimila? Cinquantamila? Dà me soldi, io metto.”
“Si tolga, la prego.”
“Io metto benzina, tu seduto.”
La portiera era ancora aperta e lui con lievi movimenti di ostruzione mi ci spingeva dentro. Gli altri sentivano, prendevano le misure della mia autorità. Mi stavo giocando tutto.
“No, lei non mette benzina. Non vede cosa c’è scritto qua? Self Service. Vuol dire che mi devo servire da solo.”
“Sì, ma io...”
“Vuol dire che c’è un benzinaio che paga un sacco di tasse per avere la licenza di un self Service, a cui lei succhia il sangue. O forse lei è regolarmente assunto? Ce l’ha, lei, il libretto del lavoro? Ce l’ha, lei, il permesso di soggiorno?”
“No, io...”
“Allora vuole l’elemosina? Perché, guardi, io la mancia non la do per principio.”
...non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo...
“Faccio io, tu dà me soldi e chiave.”
Era un disco rotto e continuava a starmi attaccato, la testa bassa, i polpastrelli che spingevano piano sul braccio perché mi sedessi. Alle mie spalle i ragazzi erano al settimo cielo. Ridevano, già fuori di sé. C’era quell’energia che gli correva nelle ossa. Erano senza fiato, con le lacrime agli occhi. Ricordo di aver pensato per un attimo all’espressione ridere a crepapelle, la sua precisione mi ha spaventato. Sentivo che, cedendo io, il mondo mi sarebbe franato addosso, ma ormai non riuscivo più a sostenerne il peso.
“Va bene. E sia l’elemosina. Fammi cinquantamila” e sono rientrato in macchina.
...tutte queste cose cattive vengono dal di dentro e contaminano l’uomo...
Mau ha estratto dal portafoglio le mille lire che spettavano alla cameriera, se non mi fossi opposto. Prima di infilarmele nella canottiera me le ha strofinate sotto il naso. Il messaggio era chiaro: lui le avrebbe date a lei, invece io adesso ero costretto a darle a quello. Anzi, a questo.
L’allegria dei ragazzi era incontenibile. Mi sono messo a ridere anch’io, ma stavo morendo. In testa le risate diventavano correnti d’aria, mi facevano freddo e paura, nient’altro. E stato a quel punto che Lele ha visto l’africano avvicinarsi con la pompa rossa e ha gridato: ma che fa quello!
“Ma che fai!” sono balzato fuori dalla macchina. Anch’io ero passato al tu, ora. Un altro cedimento.
“Metto benzina.”
“Ma non vedi che questa va con la verde?” gli ho detto, indicando la Golf. Anche gli altri erano usciti dalla macchina.
“Senza piombo, cazzo, senza piombo!” gli ha urlato Mau nell’orecchio.
L’africano ci guardava frastornato con la pompa gocciolante in mano.
“E adesso c’è li ridai tu i soldi di questa merda?” gli ha ruggito in faccia Michael.
“Ma guardatelo, lo stronzo. Che aria da svenuto. Come ce le restituisci adesso le nostre cinquantamila?” gli ha urlato Lele, eccitato come non l’avevo mai visto.
Senza accorgerci stavamo tutti urlando, una schiera compatta di agitati. L’energia si moltiplicava in progressione geometrica, di lì a poco nessuno avrebbe saputo controllarla. L’africano teneva la testa rincagnata nelle spalle, lo sguardo basso. Io mi sentivo scavalcato dagli altri, umiliato dalla loro foga. Era mia la responsabilità di quella faccenda, dovevo riguadagnare l’iniziativa. Era tutta la sera che cercavo di recuperare posizioni. E finalmente, eccola, l’azione risolutiva, l’ho vista d’un tratto rischiararmi le pareti nude del cranio, un lampo in cui cera già tutto il film e io ero il protagonista. Una felicità improvvisa si è impadronita di me, mi si sono rizzati i peli sulle braccia. Dovevamo soltanto compiere l’azione.
...Parola del Signore... Lode a te, o Cristo...
Di nuovo seduti. Vorrei tanto seguire l’omelia di don Emilio. Chissà che non gli sia giunta voce, chissà che non ne accenni ora, nella sua predica settimanale. Scusami, don Emilio, con lui qui accanto non posso che continuare.
“Sai cosa facciamo di questa? Eh? Sai cosa facciamo?” ho urlato strappando la pompa di mano all’africano. “Sai cosa facciamo di questa?” continuavo a ripetere con tutta la voce che avevo in corpo. “Questa te la pompiamo nel culo!”
Non c’è stata la minima esitazione negli altri. Né Lele, né Michael, né tantomeno Mau hanno creduto un solo istante che stessi scherzando. Stupore? No, c’era piuttosto gratitudine nel loro sguardo. Era come se avessi proferito una verità, la nostra grande verità, che nessuno fino a quel momento aveva azzardato rivelare. “Nel culo!, nel culo!”, ripetevano, con la febbre negli occhi. Mischiavano risate e gridolini nervosi, non osavano più interrompermi. Mi sostenevano, anzi: “sì dai, fagliela vedere allo stronzo”.
...anche questa settimana si sono verificati dei fatti incresciosi per la nostra comunità...
“Adesso tu ti cali i jeans, prima che lo facciamo noi, e ti metti il pieno, da solo” gli ho detto indicando la scritta self Service, di nuovo calmo.
“No, aspetta, io pago!” e stava già frugandosi nelle tasche.
“Sentitelo, lui paga. Allora ce li hai i soldi?” gli ha detto Michael, che per un attimo deve aver temuto che mi riprendessi la banconota e li portassi in discoteca. Ormai Lugugnana era diventata per tutti una prospettiva remota e noiosissima.
“Sì, io ho, io pago!”
“No caro, tu non paghi un bel niente” ho ripreso io, “da queste parti non si sprecano cinquantamila di benzina.”
In realtà qualcuno dopo di noi avrebbe potuto trovare un bel regalino, ma sarebbe stato uno di quelli che girano ancora con le Ritmo, con le Panda. Delinquenti, altro che senza piombo. E poi di là non passa mai anima viva, eravamo fermi già da un pezzo e non era arrivato nessuno.
...guardatevi dentro, fatevi un esame di coscienza, rafforzate la vostra tolleranza...
E poi l’azione andava compiuta.
“No, aspetta!” cercava di staccare la mia mano dalla pompa.
“Non aspetto un cazzo! Avanti, calati i jeans.”
Gli altri ammiravano la mia determinazione. Si guardavano in giro per essere sicuri che fossimo soli, ma restavano dietro di me a spalleggiarmi.
...Credo in un solo Dio... Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra...
D’un tratto mi sono trovato la pompa in mano. L’africano ha tentato di scappare ma Lele lo ha braccato in tempo. Gli altri due hanno cominciato a prenderlo a calci con grande entusiasmo, così, dal niente. Io ero rimasto dov’ero, la pompa mi gocciolava sulla scarpa. L’africano gemeva come un bambino e biascicava qualcosa, credo nella sua lingua.
...Per noi e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo...
Michael lo ha sollevato di peso – tra le sue braccia non sembrava più grande di un cane – per riportarmelo a tiro. Lele gli ha messo una mano sulla lampo, ma poi l’ha ritratta. La preda non smetteva di piagnucolare. Li ho guardati uno a uno, poi ho fissato Mau e gli ho detto:
“Aprigliela.”
Mau si è buttato sulla patta. L’africano si è messo a scalciare e sbraitare ma senza grossi risultati, divincolarsi dalla presa di Michael era impossibile. Sentivo finalmente che la testa si riempiva: era sangue, sangue che spruzzava nel cervello. Dovevo agire, mi si chiedeva solo questo.
...Credo la chiesa, una, santa, cattolica e apostolica...
Gli ho avvicinato la pompa tra le cosce. La posizione era sbagliata – era piegato al contrario – non avrei mai potuto penetrarlo in quel modo, eppure ho provato lo stesso. Il getto mi ha colto di sorpresa, non pensavo fosse così potente. Ho insistito per un po’ a casaccio in cerca dell’ano.
...aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà...
Eravamo fradici, noi due soprattutto. Ma c’era benzina anche sulla faccia di Michael, che imprecava e tossiva. La banchina era un’unica pozza rossastra che brillava alla luce del neon. Cinque litri e settantasei, sprecati.
Poi abbiamo sentito il rumore di una macchina e ci siamo nascosti dietro il gabbiotto del benzinaio, trascinandoci dietro la preda. Prima che si mettesse a gridare, mi sono tolto la canottiera e gliel’ho appallottolata in gola senza strizzarla. L’efficienza aumentava con la paura, dalle occhiate capivo che anche gli altri ne erano stupiti. L’africano era squassato dai conati, se ne stava in ginocchio, con le braccia strette nella presa di Michael.
...raccogliamoci in preghiera per presentare al Signore, con fede umile, le nostre richieste... Ascoltaci, o Signore...
Un tizio è sceso dalla sua Mondeo station wagon, ha dato un’occhiata alla mia Golf, alla pozza di benzina, ed è risalito in macchina bestemmiando.
L’avevamo scampata bella.
...Ascoltaci, o Signore...
Lele ha scaricato tutta l’adrenalina sull’africano, che ormai si limitava a subire piegandosi solo quel poco concessogli dalla presa di Michael. Anch’io e Mau ci siamo uniti. Lo abbiamo gonfiato finché le mani non hanno cominciato a far male.
...Ascoltaci, o Signore...
Michael gridava: “non in faccia!, attenti alla faccia!, solo allo stomaco!” Lui, con quel nasino, sembrava un maestro di pugilato. In effetti sono state indicazioni utili, non mi pare che l’africano abbia segni in faccia. Anzi, dopo l’omelia è scattato in piedi con una tale facilità da farmi pensare di aver smaltito del tutto i postumi della nostra lezione.
...concedici di lodarti soprattutto con il cuore e di vivere come piace a te. Per Cristo, nostro Signore...
Dopo il tizio in Mondeo, bisognava ricominciare. Ogni cosa va portata fino in fondo, dice sempre mio padre. L’africano fingeva di essere privo di sensi. Come una vera preda si dava per morto sperando che perdessimo ogni interesse per lui. Ma noi non siamo animali, non bastano questi trucchi per dissuaderci. Un impegno è un impegno.
...dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell'uomo...
Michael lo ha sistemato sotto il distributore. Noi lo abbiamo seguito, di colpo tutti molto seri. Era come se quella cosa l’avessimo già fatta un’infinità di volte e ora dovessimo soltanto attenerci alla procedura collaudata. Nessuno di noi aveva mai penetrato un uomo con una pompa di benzina, eppure, a vederci, chiunque avrebbe pensato il contrario.
...dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino, frutto della vite e del lavoro dell'uomo...
Non parlavamo, se non per darci indicazioni tecniche. Piegalo, allargagli le ginocchia, tienigli ferma la testa. Dovevamo sbrigarci. Se c’era ancora felicità in noi a quel punto, stava tutta nello spirito di collaborazione di cui ci scoprivamo capaci.
...Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la stia santa Chiesa... Santifica, Signore, l'offerta che ti presentiamo...
Dopo averlo messo a faccia in giù, Michael gli si era seduto sopra la nuca. Mau e Lele tenevano fermi rispettivamente piede e ginocchio sinistro e piede e ginocchio destro, così da bloccare il corpo con un angolo di quarantacinque gradi. A me toccava il resto. Ho staccato la pompa dal distributore e l’ho capovolta affinché l’inclinazione del tubo fosse verso l’alto. Ho guardato gli altri per raccogliere un ultimo segno di approvazione, ma avevano tutti gli occhi sul sedere che spuntava smilzo sotto di noi come se non appartenesse a nessuno, una specie di termitaio comparso dal pavé, l’ano stretto, poco più chiaro delle natiche, e sotto, la borsa dei testicoli. Stavo valutando con quanta forza avrei dovuto spingere per vincere la resistenza dello sfintere. L’africano si era rimesso a piangere, emetteva dei mugolii acuti e prolungati. Forse si chiedeva perché ci mettevamo tanto.
...Il Signore sia con voi... E con il tuo spinto...
I nostri sguardi finalmente si sono incrociati. Dentro non c’era niente: né paura, né furore, né desiderio, né aggressività. Due bulbi di gelatina ciascuno, solo questo.
Di colpo mi sono accorto che avevamo perso il momento, l’energia se ne era andata, l’azione conclusa. Non so darmi una spiegazione. Ogni cosa ha un suo momento, lo dice anche la Bibbia, e quella cosa il suo lo aveva superato. Dal petto mi è uscito un urlo rauco, una specie di raglio interminabile che ho accompagnato spruzzando benzina contro il cielo.
...In alto i nostri cuori... Sono rivolti al Signore...
Urlavo in apnea, come se tentassi di partorire me stesso, o almeno così credevo. Gli altri se ne stavano immobili in silenzio sotto quella pioggia rossa, aspettando solo che il mio urlo finisse. Non so quanto è durato, so che non ho smesso fino all’ultima goccia di benzina, un urlo lungo ventuno litri e rotti di super. Super rossa, altamente nociva per l’ambiente.
...Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio... È cosa buona e gusta...
L’africano si è inginocchiato ancora con i jeans abbassati per supplicarci – pitié! pitié! – temeva potessimo ricominciare. Ci supplicava quando ormai non serviva più, e nessuno di noi riusciva a dirglielo, nessuno di noi riusciva ad aprir bocca. Io in quella supplica vedevo Pamela e don Emilio e mio padre e l’umanità intera che mi guardavano con amore. Volevo soltanto tornare in fretta da loro.
Deve essere un segno divino se stamattina siamo qui, seduti uno vicino all’altro. Di tanto in tanto Pamela mi getta delle occhiate compiaciute credendomi assorto nel raccoglimento eucaristico; non sa, lei, che tengo il mento al petto per non farmi riconoscere. Eppure prima o poi accadrà, l’africano si girerà, dovrei prepararmi qualcosa.
...Dio onnipotente ed eterno, abbiamo riconosciuto il segno della tua immensa gloria quando hai mandato tuo Figlio a prendere su di sé la nostra debolezza...
Quella sera la preda ci ha fissati, ancora in ginocchio, incredula, mentre riportavamo in strada la Golf a spinta, allontanandoci da un possibile incendio e da quei quattro che ci assomigliavano così tanto e nessuno di noi aveva incontrato prima.