«Hermione!» tentò Harry. «Calmati...»
«No che non mi calmo!» urlò lei. Non l'aveva mai vista perdere così il controllo; sembrava pazza.
«Ridammi la bacchetta! Ridammela!»
«Hermione, per favore...»
«Non dirmi cosa devo fare, Harry Potter! Non ci provare! Ridammela subito! E TU!»
Puntò un dito accusatore contro Ron: sembrava quasi una maledizione, e Harry non poté biasimare l'amico che indietreggiò di parecchi passi.
«Ti sono corsa dietro! Ti ho chiamato! Ti ho supplicato!»
«Lo so» rispose Ron. «Hermione, mi spiace, davvero...»
«Ah, ti spiace!»
Rise, una risata acuta, incontrollata; Ron cercò con gli occhi l'aiuto di Harry, che si limitò a fare una smorfia impotente.
«Torni dopo settimane - settimane - e credi che dire 'mi spiace' basti a sistemare tutto?»
«Be', cos'altro posso dire?» urlò Ron. Harry fu lieto che reagisse.
«Ah, non so!» gridò Hermione, con spaventoso sarcasmo. «Frugati il cervello, Ron, non dovresti metterci più di un paio di secondi...»
«Hermione» intervenne Harry, che lo trovava un colpo basso, «mi ha appena salvato la...»
«Non m'importa!» strillò lei. «Non m'importa cosa ha fatto! Settimane e settimane, e per quello che ne sapeva potevamo essere morti...»
«Sapevo che non eravate morti!» mugghiò Ron, superando la voce di lei per la prima volta e avvicinandosi quanto gli permetteva il Sortilegio Scudo. «Harry è sempre sul Profeta e alla radio, vi cercano dappertutto, girano voci e storie pazzesche, l'avrei saputo subito se foste morti, voi non avete idea di com'è stato...»
«Com'è stato per te?»
La voce di Hermione ormai era così acuta che presto l'avrebbero percepita solo i pipistrelli, ma aveva raggiunto un livello di indignazione che la lasciò per un momento senza parole, e Ron colse al volo l'occasione.
«Volevo tornare un minuto dopo che mi ero Smaterializzato, ma sono finito dritto in una banda di Ghermidori, Hermione, e non sono riuscito ad andare da nessuna parte!»
«Una banda di cosa?» chiese Harry, mentre Hermione si abbandonava su una sedia con gambe e braccia incrociate così strette che probabilmente non le avrebbe districate prima di qualche anno.
«Ghermidori» ripeté Ron. «Sono dappertutto, bande che cercano di far soldi consegnando Nati Babbani e traditori del loro sangue, c'è una ricompensa del Ministero per ogni cattura. Io ero solo e si vede che ho un'età da studente, erano tutti eccitati, pensavano che fossi un Nato Babbano in clandestinità. Ho dovuto inventarmi qualcosa in fretta per non farmi portare al Ministero».
«Che cosa gli hai detto?»
«Che ero Stan Picchetto. La prima persona che mi è venuta in mente».
«E ti hanno creduto?»
«Non sembravano sveglissimi. Uno era sicuramente mezzo troll, a giudicare dal puzzo...»
Ron lanciò uno sguardo a Hermione, nella speranza che la battuta l'avesse ammorbidita, ma la sua faccia rimase di pietra sopra le braccia e gambe annodate.
«Comunque, si sono messi a discutere se ero Stan o no e hanno cominciato a litigare. Era un po' patetico a essere sincero, ma loro erano cinque e io ero da solo, e mi avevano preso la bacchetta. Poi due si sono azzuffati e mentre gli altri erano distratti sono riuscito a dare un pugno nello stomaco a quello che mi teneva fermo, gli ho strappato la bacchetta, ho Disarmato il tipo che aveva preso la mia e mi sono Smaterializzato. Non mi è venuto benissimo, mi sono Spaccato di nuovo...» Ron alzò la mano destra per mostrare due unghie mancanti; Hermione inarcò freddamente le sopracciglia
«... e sono finito a chilometri da dov'eravate voi. Quando sono riuscito a tornare al fiume... ve n'eravate andati».
«Cielo, che racconto avvincente» commentò Hermione con la voce altezzosa di quando voleva ferire. «Devi essere stato semplicemente terrorizzato. Intanto noi siamo andati a Godric's Hollow e, vediamo, cos'è successo là, Harry? Ah, sì, è arrivato il serpente di Tu-Sai-Chi, ci ha quasi uccisi tutti e due e poi è arrivato Tu-Sai-Chi in persona e ci ha mancati per qualche secondo».
«Cosa?» esclamò Ron, guardando lei e poi Harry a bocca aperta. Ma Hermione lo ignorò.
«Pensa, Harry, perdere le unghie! A confronto le nostre sofferenze impallidiscono, vero?»
«Hermione» mormorò Harry, «Ron mi ha appena salvato la vita». Lei non parve averlo sentito.
«Una cosa vorrei sapere, però» riprese, fissando un punto a una trentina di centimetri sopra la testa di Ron. «Come hai fatto di preciso a trovarci stanotte? È importante. Se lo sappiamo, saremo sicuri di non ricevere altre visite indesiderate».
Ron la guardò torvo, poi si sfilò un piccolo oggetto d'argento dalla tasca.
«Con questo».
Hermione dovette guardare Ron per capire che cosa le stava mostrando.
«Il Deluminatore?» chiese, così sorpresa da dimenticare la sua espressione fredda e rabbiosa.
«Non serve solo ad accendere e spegnere le luci» spiegò Ron. «Non so come funziona o come mai è successo proprio in quel momento e non pri-ma, perché è da quando me ne sono andato che volevo tornare. Ma stavo ascoltando la radio, la mattina di Natale, molto presto, e ho sentito... ho sentito te».
Guardò Hermione.
«Mi hai sentito alla radio?» chiese lei, incredula.
«No, ti ho sentito uscire dalla mia tasca. La tua voce» e mostrò di nuovo il Deluminatore «veniva da qui».
«E che cos'è che avrei detto?» chiese Hermione, con un tono di voce a metà tra lo scettico e il curioso.
«Il mio nome. 'Ron'. E hai detto... qualcosa a proposito di una bacchetta...»
Hermione diventò tutta rossa. Harry ricordava: era stata la prima volta che uno di loro aveva pronunciato a voce alta il nome di Ron da quando se n'era andato; Hermione l'aveva nominato quando parlavano di riparare la bacchetta di Harry.
«Così l'ho tirato fuori» continuò Ron, guardando il piccolo oggetto, «e non è che fosse diverso dal solito, ma ero sicuro di averti sentito. Allora l'ho fatto scattare. E nella mia stanza si è spenta la luce, ma ne è apparsa un'altra fuori dalla finestra».
Ron alzò la mano libera e la puntò davanti a sé, gli occhi concentrati su qualcosa che né Harry né Hermione potevano vedere.
«Era una sfera di luce, pulsava, tipo, ed era azzurrina, come l'alone attorno a una Passaporta, avete presente?»
«Sì» risposero insieme Harry e Hermione, meccanicamente.
«Ho capito che mi chiamava» proseguì Ron. «Ho preso la mia roba, mi son messo lo zaino in spalla e sono uscito in giardino.
«La pallina di luce era lì a mezz'aria, ad aspettarmi, e quando sono uscito è rimbalzata un po' e io l'ho seguita dietro il capanno e poi lei... be', mi è
entrata dentro».
«Scusa?» chiese Harry, certo di non aver sentito bene.
«Ha come galleggiato verso di me» spiegò Ron, mostrando il movimento con l'indice libero, «qui sul petto, e poi... è entrata. È finita qui» e toccò
un punto vicino al cuore, «l'ho sentita, era bollente. E quando ce l'ho avuta dentro ho capito cosa dovevo fare, ho capito che mi avrebbe portato dove dovevo andare. Così mi sono Smaterializzato e sono sbucato su una collina. C'era neve dappertutto...»
«Eravamo là» confermò Harry. «Ci abbiamo passato due notti, e la seconda mi sembrava di aver sentito qualcuno che si muoveva nel buio e chiamava!»
«Sì, be', probabilmente ero io» disse Ron. «I vostri incantesimi protettivi funzionano, tra parentesi, perché non vi vedevo e non vi sentivo. Ero sicuro che eravate da quelle parti, però, quindi alla fine mi sono ficcato nel sacco a pelo e ho aspettato che uno di voi sbucasse fuori. Pensavo che avreste dovuto farvi vedere quando smontavate la tenda».
«In realtà no» rispose Hermione. «Ci siamo Smaterializzati sotto il Mantello dell'Invisibilità, per maggiore prudenza. E ce ne siamo andati molto presto, perché, come ha detto Harry, avevamo sentito qualcuno».
«Be', sono rimasto su quella collina tutto il giorno» continuò Ron. «Speravo sempre che sareste comparsi. Ma quando è venuto buio ho capito che vi avevo mancato, così ho acceso di nuovo il Deluminatore, è uscita la luce azzurra ed è entrata dentro di me, mi sono Smaterializzato e sono arrivato qui, in questi boschi. Non vi ho visti neanche stavolta, perciò potevo solo sperare che uno di voi alla fine saltasse fuori, e Harry l'ha fatto. Be', prima ho visto la cerva, ovviamente».
«Hai visto cosa?» domandò Hermione brusca.
Raccontarono l'accaduto e durante la storia della cerva d'argento e della spada nella pozza Hermione spostava lo sguardo torvo dall'uno all'altro, così concentrata che si scordò di tenere braccia e gambe incrociate.
«Ma doveva essere un Patronus!» esclamò. «Non avete visto chi l'ha evocato? Non avete visto nessuno? E vi ha portati fino alla spada! Non ci posso credere! E poi cos'è successo?»
Ron spiegò che aveva visto Harry gettarsi nella pozza e aveva aspettato che tornasse su; quando aveva capito che qualcosa non andava, si era tuffato per salvarlo, poi era tornato a prendere la spada. Arrivò fino all'apertura del medaglione, poi esitò e s'inserì Harry.
«... e Ron l'ha trafitto con la spada».
«E... ed è andato? Così?» sussurrò lei.
«Be', ha... ha urlato» rispose Harry, gettando un'occhiata a Ron. «Guarda». Le tirò il medaglione in grembo; con cautela lei lo prese e osservò le finestrelle perforate. Harry, pensando che ormai fosse abbastanza sicuro, rimosse il Sortilegio Scudo con un tocco della bacchetta di Hermione e si rivolse a Ron.
«Hai detto che sei scappato dai Ghermidori con una bacchetta in più?»
«Cosa?» fece Ron, che stava guardando Hermione, che a sua volta osservava il ciondolo. «Oh... oh, sì». Aprì una fibbia dello zaino e dalla tasca sfilò una bacchetta corta e scura.
«Ecco, mi sono detto che è sempre utile averne una di riserva».
«Avevi ragione» replicò Harry, e tese la mano. «La mia si è rotta».
«Stai scherzando?» esclamò Ron, ma in quel momento Hermione si alzò
e lui la seguì con lo sguardo, preoccupato.
Hermione mise l'Horcrux distrutto nella borsetta di perline, poi si arrampicò di nuovo sul suo letto e si distese senza dire una parola. Ron passò a Harry la bacchetta nuova.
«Non potevi sperare che andasse molto meglio di così, credo» mormorò
Harry.
«Sì» rispose Ron. «Poteva finire peggio. Ti ricordi quando mi ha scatenato contro quegli uccelli?»
«Non è ancora escluso che lo rifaccia» arrivò la voce di Hermione soffocata da sotto le coperte, ma Harry vide Ron accennare un sorrisetto mentre prendeva il pigiama marrone dallo zaino.
CAPITOLO 20
XENOPHILIUS LOVEGOOD
Harry non si aspettava che l'ira di Hermione si placasse in una notte, quindi non si stupì che la mattina dopo comunicasse con sguardi torvi e silenzi ostinati. Ron reagì mantenendo un contegno innaturalmente grave in sua presenza, in segno evidente di costante rimorso. A dire il vero, quando si ritrovavano insieme tutti e tre Harry si sentiva come l'unica persona non in lutto a un funerale con pochi presenti. Ma nei rari momenti che passò da solo con Harry (a prendere l'acqua o a cercare funghi nel sottobosco), Ron fece mostra di uno sfrontato buonumore.
«Qualcuno ci ha aiutato» ripeteva. «Qualcuno ha mandato quella cerva. Qualcuno è dalla nostra. Un Horcrux in meno, Harry!»
Rinfrancati dalla distruzione del medaglione, ripresero a discutere di dove potessero trovarsi gli altri e, sebbene avessero già affrontato la questione, Harry era ottimista, certo che altre novità decisive sarebbero seguite alla prima. Il broncio di Hermione non riusciva a guastare il suo buonumore: l'improvvisa svolta della loro sorte, l'apparizione della cerva misteriosa, il recupero della spada di Grifondoro e soprattutto il ritorno di Ron lo rendevano così felice che faticava a restare serio. Nel tardo pomeriggio lui e Ron sfuggirono di nuovo alla presenza ostile di Hermione con la scusa di setacciare i cespugli nudi in cerca di more ine-sistenti e continuarono a scambiarsi informazioni. Harry era finalmente riuscito a raccontare a Ron tutta la storia dei vagabondaggi suoi e di Hermione, fino al resoconto completo di quanto era accaduto a Godric's Hollow; adesso toccava a Ron riferirgli tutto quello che aveva scoperto sul mondo magico nelle settimane trascorse da solo.
«... e come hai fatto a sapere del Tabù?» chiese a Harry, dopo avergli raccontato dei molti disperati tentativi dei Nati Babbani di sottrarsi al Ministero.
«Del che cosa?»
«Tu e Hermione avete smesso di pronunciare il nome di Tu-Sai-Chi!»
«Oh, sì. Be', è solo una brutta abitudine che abbiamo preso» spiegò
Harry. «Ma per me non è un problema chiamarlo V...»
«No!» ruggì Ron. Harry saltò dentro un cespuglio e Hermione, il naso immerso in un libro all'ingresso della tenda, li guardò accigliata. «Scusa»
disse Ron aiutando l'amico a districarsi dai rovi, «ma il nome è stato stregato, Harry: è così che scoprono la gente! Usare il suo nome infrange gli incantesimi di protezione, provoca una specie di interferenza magica... è
così che ci hanno trovati in Tottenham Court Road!»
«Perché abbiamo pronunciato il suo nome?»
«Esatto! Bisogna dargliene atto, è logico. Solo le persone che si opponevano seriamente a lui, come Silente, osavano pronunciarlo. Adesso che gli hanno imposto un Tabù, chiunque lo nomini è rintracciabile. Un modo rapido e semplice per trovare i membri dell'Ordine! Hanno quasi preso Kingsley...»
«Stai scherzando?»
«No, un manipolo di Mangiamorte l'ha accerchiato, ha detto Bill, ma è
riuscito a fuggire. Adesso è latitante, come noi». Ron si grattò pensieroso il mento con la punta della bacchetta. «Non credi che sia stato lui a mandarci quella cerva?»
«Il suo Patronus è una lince, l'abbiamo visto al matrimonio, ti ricordi?»
«Già, è vero...»
Camminarono lungo la siepe, più lontano dalla tenda e da Hermione.
«Harry... non pensi che possa essere stato Silente?»
«Silente cosa?»
Ron sembrava un po' imbarazzato, però aggiunse, a voce bassa: «Silente... la cerva. Insomma» e osservò Harry con la coda dell'occhio, «è stato lui ad avere la spada autentica per ultimo, no?»
Harry non rise di Ron, perché capiva fin troppo bene la nostalgia che stava dietro quella domanda. L'idea che Silente fosse riuscito a tornare, che vegliasse su di loro sarebbe stata di ineffabile consolazione. Scosse il capo.
«Silente è morto» disse. «Io c'ero, ho visto il cadavere. È andato via per sempre. E comunque il suo Patronus era una fenice, non una cerva».
«I Patroni possono cambiare, no?» obiettò Ron. «Quello di Tonks è
cambiato, no?»
«Sì, ma se Silente fosse vivo, perché non si mostrerebbe? Perché si limiterebbe a consegnarci la spada?»
«Non ne ho idea» rispose Ron. «Per lo stesso motivo per cui non te l'ha data quando era vivo. Per lo stesso motivo per cui ha lasciato a te un vecchio Boccino e a Hermione un libro di storie per bambini».
«Ossia?» incalzò Harry, voltandosi a fissare Ron, disperato di conoscere la risposta.
«Che ne so» borbottò Ron. «A volte, quando ero un po' abbattuto, mi sono detto che si stava facendo due risate o... o che voleva solo rendere tutto più difficile. Ma non lo penso più. Sapeva quello che faceva quando mi ha lasciato il Deluminatore, no? Lui...» Le orecchie di Ron s'imporporarono e lui si chinò tutto concentrato su un ciuffo d'erba, che saggiò con la punta del piede. «Be', si vede che lo sapeva, che vi avrei piantati in asso» .
«No» lo corresse Harry. «Si vede che sapeva che saresti voluto tornare». Ron parve rincuorato, ma ancora a disagio. Anche per cambiare discorso, Harry chiese: «A proposito di Silente, hai saputo cosa ha scritto la Skeeter?»
«Altro che» rispose subito Ron, «ne parlano un sacco. Certo, in un altro momento sarebbe una notizia pazzesca, che Silente è stato amico di Grindelwald, ma adesso è solo una cosa che fa ridere quelli che ce l'avevano con Silente e uno schiaffo in faccia a chi pensava che fosse tanto una brava persona. Non mi pare un granché, però. Era molto giovane quando...»
«Aveva la nostra età» puntualizzò Harry, come aveva ribattuto a Hermione, e qualcosa nella sua espressione persuase Ron a lasciar perdere. Un grosso ragno era posato al centro di una ragnatela gelata tra i rovi. Harry prese la mira con la bacchetta che Ron gli aveva dato la sera prima. Hermione aveva acconsentito a esaminarla, concludendo che era di prugnolo.
« Engorgio» .
Il ragno tremolò, rimbalzando nella tela. Harry ritentò. Questa volta il ragno diventò un po' più grande.
«Smettila» fece Ron secco. «Scusa se ho detto che Silente era giovane, d'accordo?»
Harry aveva dimenticato che Ron odiava i ragni.
«Scusa... Reducio».
Il ragno non rimpicciolì. Harry fissò la bacchetta di prugnolo. Tutti gli incanti minori che aveva provato erano risultati meno potenti di quelli che eseguiva con la bacchetta di fenice. La nuova gli era fastidiosamente estranea, come se avesse la mano di un altro cucita all'estremità del braccio.
«Devi solo esercitarti» lo incoraggiò Hermione, che si era avvicinata in silenzio e aveva seguito preoccupata il tentativo di Harry di ingrandire e rimpicciolire il ragno. «È questione di fiducia, Harry».
Lui sapeva perché voleva che tutto fosse a posto: si sentiva ancora in colpa per avergli spezzato la bacchetta. Ingoiò la risposta che gli era salita alle labbra, cioè che poteva prendersi la bacchetta di prugnolo, se pensava che fosse lo stesso, e lui avrebbe preso la sua. Desideroso com'era che tornassero tutti amici, annuì, ma quando Ron rivolse a Hermione un sorriso incerto, lei si allontanò per sprofondare di nuovo nel suo libro. Al calar del buio erano di nuovo tutti e tre nella tenda e Harry si incaricò
del primo turno di guardia. Seduto all'ingresso, cercò di far levitare alcune piccole pietre: ma la sua magia fu ancora più goffa e meno potente di prima. Hermione era distesa sulla cuccetta a leggere e Ron, dopo averle rivolto varie occhiate nervose, aveva sfilato dallo zaino una piccola radio e cercava di sintonizzarla.
«C'è un solo programma» sussurrò a Harry «che dà le notizie come sono veramente. Tutti gli altri sono dalla parte di Tu-Sai-Chi e seguono la versione del Ministero, ma questo... aspetta di sentirlo, è grandioso. Solo che non possono trasmettere tutte le sere, devono continuare a spostarsi per non essere catturati, e ci vuole la parola d'ordine per sintonizzarsi... il guaio è che ho perso l'ultima...»
Tamburellò piano con la punta della bacchetta sulla radio, borbottando parole a caso sottovoce. Guardava di sottecchi Hermione, temendo uno scoppio d'ira, ma avrebbe anche potuto essere altrove, per quanto lei gli badava. Per una decina di minuti Ron continuò a picchiettare e borbottare, Hermione voltava le pagine del libro e Harry si esercitava con la bacchetta. Infine Hermione scese dal suo letto. Ron s'immobilizzò.
«Se ti dà fastidio, smetto!» le disse, teso.
Hermione non si degnò nemmeno di rispondere, ma si avvicinò a Harry.
«Dobbiamo parlare» dichiarò.
Harry guardò il libro che lei teneva stretto. Era Vita e Menzogne di Albus Silente.
«Cosa c'è?» chiese, preoccupato. Gli passò per la mente che forse c'era un capitolo su di lui; e non era sicuro di essere pronto per sentire la versione di Rita della sua relazione con Silente. La risposta di Hermione però fu del tutto inaspettata.
«Voglio andare a trovare Xenophilius Lovegood».
Lui la fissò sbalordito.
«Scusa?»
«Xenophilius Lovegood. Il padre di Luna. Voglio andare a parlare con lui!»
«Ehm... perché?»
Lei trasse un respiro profondo, come per farsi forza, e rispose: «È quel simbolo, il simbolo che c'è in Beda il Bardo. Guarda qui!»
Ficcò Vita e Menzogne di Albus Silente sotto gli occhi restii di Harry, che vide la copia della lettera originale scritta da Silente a Grindelwald, nella familiare grafia sottile e inclinata. Non voleva vedere la prova inoppugnabile che Silente aveva davvero scritto quelle parole, che non erano invenzione di Rita.
«La firma» disse Hermione. «Guarda la firma, Harry!»
Lui obbedì. Per un momento non capì di che cosa stesse parlando Hermione, poi, guardando meglio con l'aiuto della bacchetta accesa, notò che Silente aveva sostituito la 'A' di Albus con una minuscola versione dello stesso marchio triangolare disegnato sopra Le Fiabe di Beda il Bardo.
«Ehm... cosa state...» tentò Ron, ma Hermione lo bloccò con un'occhiata e si rivolse a Harry.
«Continua a saltar fuori, vero? So che Viktor ha detto che era il simbolo di Grindelwald, ma c'era anche su quella vecchia tomba a Godric's Hollow, e le date sulla lapide erano di molto precedenti alla nascita di Grindelwald!
E ora questo! Be', non possiamo chiedere a Silente o a Grindelwald che cosa significhi - non so nemmeno se Grindelwald è ancora vivo - ma possiamo chiederlo al signor Lovegood. Indossava il simbolo al matrimonio. Sono sicura che è importante, Harry!»
Harry non rispose subito. Guardò il volto concentrato e appassionato di lei, poi il buio tutto intorno, riflettendo. Dopo una lunga pausa disse:
«Hermione, non vogliamo un'altra Godric's Hollow. Ci siamo persuasi che dovevamo andarci e...»
«Ma compare di continuo, Harry! Silente mi ha lasciato Le Fiabe di Be- da il Bardo, come fai a sapere che non dobbiamo indagare su quel segno?»
«Ci risiamo!» Harry era esasperato. «Continuiamo a pensare che Silente ci abbia lasciato tracce segrete e indizi...»
«Il Deluminatore si è rivelato utile, dopotutto» osservò Ron. «Io sono d'accordo con Hermione, credo che dovremmo andare a trovare Lovegood». Harry gli rivolse uno sguardo torvo. Era sicuro che il suo sostegno a Hermione avesse poco a che fare con il desiderio di scoprire il significato della runa triangolare.
«Non sarà come a Godric's Hollow» insisté Ron. «Lovegood è dalla tua parte, Harry. Il Cavillo è sempre stato con te, continua a dire a tutti che devono aiutarti!»
«Sono certa che è importante!» aggiunse Hermione, impaziente.
«Ma non credi che allora Silente me l'avrebbe detto prima di morire?»
«Forse... forse è una cosa che devi scoprire da solo» suggerì Hermione con l'aria di chi si arrampica sugli specchi.
«Certo» convenne Ron, adulatore, «è logico».
«No che non lo è» scattò su Hermione, «ma credo lo stesso che dovremmo parlare col signor Lovegood. Un simbolo che lega Silente, Grindelwald e Godric's Hollow? Harry, ne dobbiamo sapere di più!»
«Votiamo» propose Ron. «Chi è d'accordo per andare da Lovegood...»
La sua mano scattò in aria prima di quella di Hermione. Le labbra di lei tremolarono in maniera sospetta quando alzò la propria.
«Due contro uno, Harry, mi spiace» proclamò Ron, dandogli una pacca sulla schiena.
«Bene» si arrese Harry, un po' divertito e un po' irritato. «Però dopo aver parlato con Lovegood ci mettiamo a cercare gli altri Horcrux, d'accordò?
Dove abitano i Lovegood? Qualcuno lo sa?»
«Sì, non stanno lontano da casa mia» rispose Ron. «Non so bene dove, ma i miei indicano sempre le colline quando parlano di loro. Non dovrebbe essere difficile trovarli».
Quando Hermione tornò nel suo letto, Harry abbassò la voce.
«Sei stato d'accordo con lei solo per riconquistarla».
«In guerra e in amore tutto è concesso» ribatté Ron allegramente, «e questo è un po' di tutti e due. Su con la vita, sono le vacanze di Natale, Luna sarà a casa!»
Dalla collina ventosa su cui si Materializzarono la mattina dopo, la vista sul villaggio di Ottery St Catchpole era magnifica. Dall'alto il villaggio sembrava una collezione di case in miniatura nelle larghe lame oblique di sole che arrivavano fino a terra tra una nube e l'altra. Rimasero per qualche minuto a contemplare la Tana, schermandosi gli occhi con le mani, ma non riuscirono a distinguere altro che le alte siepi e gli alberi del giardino, che proteggevano la casetta sghemba da occhi Babbani.
«È strano essere così vicini e non andare a trovarli» osservò Ron.
«Be', non è che tu non li veda da secoli. Sei stato a casa per Natale» sibilò Hermione gelida.
«Non sono andato alla Tana!» protestò Ron con una risata incredula.
«Secondo te potevo tornare da loro e dire che vi avevo mollato? M'immagino solo la reazione di Fred e George. E Ginny, pensa come sarebbe stata comprensiva».
«Ma allora dove sei stato?» chiese Hermione, sorpresa.
«Nella nuova casa di Bill e Fleur. Villa Conchiglia. Bill è sempre stato gentile con me. Lui... c'è rimasto male, quando ha sentito cos'avevo combinato, ma non ha infierito. Ha capito che mi dispiaceva sul serio. Nessun altro della famiglia sa che sono stato da loro. Bill ha detto alla mamma che lui e Fleur non andavano a casa per Natale perché volevano passarlo da soli. Sai, la prima vacanza dopo le nozze. Non credo che a Fleur sia dispiaciuto. Sai quanto odia Celestina Warbeck». Ron voltò le spalle alla Tana.
«Proviamo quassù» propose, e li guidò verso la cima della collina. Camminarono per qualche ora. Harry, su insistenza di Hermione, era nascosto sotto il Mantello dell'Invisibilità. Il gruppo di basse colline era disabitato, a parte una minuscola villetta che sembrava deserta.
«Credi che sia la loro e siano andati via per le vacanze?» chiese Hermione, spiando attraverso la finestra di una piccola cucina ordinata con i gerani sul davanzale. Ron sbuffò.
«Mah, secondo me se guardassi dentro casa Lovegood capiresti chi ci abita. Proviamo con le prossime colline».
E si Smaterializzarono qualche chilometro più a nord.
«Aha!» gridò Ron con il vento che gli frustava i capelli e gli abiti. Indicò
in alto, verso la cima della collina dove erano sbucati: una casa dall'aspetto molto stravagante si stagliava contro il cielo, un enorme cilindro nero con una luna spettrale sospesa alle sue spalle nel cielo del pomeriggio. «Quella dev'essere casa di Luna, chi altri abiterebbe in un posto del genere? Sembra una tuba gigante!»
«Non assomiglia affatto a un basso tuba» ribatté Hermione, guardando accigliata il torrione.
«Non stavo parlando dello strumento» precisò Ron. «Volevo dire un cappello a cilindro».
Ron aveva le gambe più lunghe e fu il primo ad arrivare in cima. Quando Harry e Hermione lo raggiunsero, ansanti, piegati in due dal dolore alla milza, aveva un gran sorriso stampato in faccia.
«È casa loro» disse. «Guardate».
Al cancello sgangherato erano appesi tre cartelli dipinti a mano. Il primo diceva 'Il Cavillo. Direttore: X. Lovegood' , il secondo 'Cogli il tuo vischio'
e il terzo 'Non Toccare le Prugne Dirigibili'.
Il cancello cigolò quando lo aprirono. Il sentiero a zigzag che conduceva alla porta d'ingresso era invaso da una serie di strane piante, fra cui un cespuglio pieno dei frutti arancioni simili a rapanelli che a volte Luna portava come orecchini. Harry credette di riconoscere un Pugnacio e si tenne alla larga dal ceppo raggrinzito. Due vecchi meli selvatici, curvati dal vento e privi di foglie ma ancora carichi di piccoli frutti rossi, e folte ghirlande di vischio con le palline bianche facevano la guardia ai lati del portone. Un piccolo gufo con la testa appiattita da falco li scrutò da un ramo.
«È meglio se ti togli il Mantello dell'Invisibilità, Harry» suggerì Hermione. «È te che il signor Lovegood vuole aiutare, non noi». Harry obbedì e le diede il Mantello da riporre nella borsetta. Poi Hermione bussò tre volte alla grossa porta nera, tempestata di borchie di ferro, con un battente a forma di aquila.
Dopo neanche una decina di secondi la porta si spalancò e apparve Xenophilius Lovegood, scalzo, con addosso una specie di camicia da notte tutta macchiata. I lunghi capelli bianchi simili a zucchero filato erano sporchi e spettinati. Al matrimonio di Bill e Fleur Xenophilius era elegante come un damerino, al confronto.
«Cosa? Cosa c'è? Chi siete? Cosa volete?» gridò con voce acuta e querula, guardando prima Hermione, poi Ron, e infine Harry, di fronte al quale la bocca gli si aprì in una perfetta, comica 'O'.
«Buonasera, signor Lovegood». Harry gli tese la mano. «Sono Harry, Harry Potter».
Xenophilius non gli strinse la mano, ma l'occhio che non guardava la punta del suo naso corse subito alla cicatrice sulla fronte.
«Possiamo entrare?» domandò Harry. «Vorremmo chiederle una cosa».
«Io... non sono sicuro che sia consigliabile» sussurrò Xenophilius. Deglutì e gettò uno sguardo rapido al giardino. «Che sorpresa... parola mia... io... Temo che non dovrei proprio...»
«Non ci vorrà molto» insisté Harry, un po' deluso dall'accoglienza così
fredda.
«Io... oh, allora va bene. Entrate, presto. Presto! »
Appena ebbero varcato la porta Xenophilius la chiuse dietro di loro. Si trovavano nella cucina più bizzarra che Harry avesse mai visto. La stanza era perfettamente circolare, così che sembrava di stare dentro un macinapepe gigante. Tutto era curvo per adattarsi alle pareti: i fornelli, il lavandino e gli armadietti, e tutto era stato dipinto a fiori, insetti e uccelli in vivaci colori primari. Harry riconobbe lo stile di Luna: l'effetto, in uno spazio così chiuso, era un po' opprimente. Al centro del pavimento, una scala a chiocciola di ferro battuto saliva ai piani superiori. Da sopra veniva un concerto di colpi e sferragliamenti: Harry si chiese che cosa stesse combinando Luna.
«Meglio salire» suggerì Xenophilius, sempre molto a disagio, e fece strada.
La stanza di sopra era una combinazione di salotto e laboratorio, e quindi ancora più ingombra della cucina. Benché molto più piccola e perfettamente circolare, assomigliava alla Stanza delle Necessità nell'indimenticabile circostanza in cui si era trasformata in un enorme labirinto contenente gli oggetti nascosti nel corso di secoli. C'erano pile e pile di libri e fogli su tutte le superfici. Dal soffitto pendevano modellini delicati di creature che Harry non riconobbe, ognuno dei quali sbatteva le ali o chiudeva le mascelle. Luna non c'era. La fonte di tutto quel fracasso era un oggetto di legno pieno di rotelle e ingranaggi che si muovevano magicamente. Sembrava il singolare incrocio tra un tavolo da lavoro e un mucchio di vecchi scaffali, ma dopo un attimo Harry capì che era una vecchia macchina tipografica, perché sputava copie del Cavillo.
«Scusate» disse Xenophilius. Si avvicinò alla macchina, sfilò una tovaglia sudicia da sotto un'immensa pila di libri e documenti che rovinarono tutti a terra e la gettò sulla pressa, soffocando in qualche modo il baccano. Poi si rivolse a Harry.
«Perché è venuto qui?»
Prima che Harry potesse rispondere, però, Hermione emise uno strillo spaventato.
«Signor Lovegood... cos'è quello?»
E indicò un enorme corno a spirale grigio, non dissimile da quello di un unicorno, che era stato appeso alla parete e si protendeva per almeno un metro nella stanza.
«È il corno di un Ricciocorno Schiattoso» rispose Xenophilius.
«No che non lo è!» esclamò Hermione.
«Hermione» mormorò Harry, imbarazzato, «non è il momento...»
«Ma Harry, è un corno di Erumpent! È Materiale Commerciabile Classe B, è estremamente pericoloso tenerlo in casa!»
«Come fai a sapere che è un corno di Erumpent?» chiese Ron, allontanandosi velocemente dall'oggetto, per quanto lo permettesse l'affollamento della stanza.
«È descritto negli Animali Fantastici: dove trovarli. Signor Lovegood, deve liberarsene subito, non sa che può esplodere al minimo tocco?»
«Il Ricciocorno Schiattoso» scandì Xenophilius con espressione ostinata
«è una creatura timida e altamente magica e il suo corno...»
«Signor Lovegood, riconosco i solchi alla base, è un corno di Erumpent ed è incredibilmente pericoloso... non so dove l'ha preso...»
«L'ho comprato» rispose Xenophilius perentorio «due settimane fa da un delizioso giovane mago che era al corrente del mio interesse per lo squisito Ricciocorno. Una sorpresa di Natale per la mia Luna. Ora» proseguì, rivolto a Harry, «di preciso perché è venuto qui, signor Potter?»
«Abbiamo bisogno di aiuto» rispose Harry prima che Hermione ricominciasse.
«Ah» fece Xenophilius. «Aiuto. Mmm». L'occhio buono si posò di nuovo sulla cicatrice. Pareva allo stesso tempo terrorizzato e ipnotizzato. «Sì. Il fatto è... aiutare Harry Potter... piuttosto pericoloso...»
«Non è lei che continua a dire a tutti che aiutare Harry è un dovere?» intervenne Ron. «Su quella sua rivista?»
Xenophilius scoccò un'occhiata alle sue spalle, alla pressa nascosta che continuava a sferragliare sotto la tovaglia.
«Ehm... sì, ho espresso questa opinione. Tuttavia...»
«... lo devono fare gli altri, e non lei personalmente?» concluse Ron. Xenophilius non rispose. Continuava a deglutire e il suo sguardo saettava fra i tre. Harry ebbe l'impressione che fosse in preda a una penosa lotta interiore.
«Dov'è Luna?» chiese Hermione. «Sentiamo cosa ne pensa lei». Xenophilius boccheggiò. Sembrava farsi forza. Infine disse, con voce tremula, quasi impercettibile sopra il fragore della pressa: «Luna è giù al ruscello che pesca Plimpi d'Acqua Dolce. Sarà... sarà contenta di vedervi. Vado a chiamarla e poi... sì, molto bene. Cercherò di aiutarvi». Sparì giù per la scala a chiocciola. Sentirono la porta aprirsi e richiudersi. Si guardarono.
«Vecchio foruncolo fifone» sbottò Ron. «Luna è dieci volte più coraggiosa».
«Sarà preoccupato per quello che possono fare i Mangiamorte a lui e a Luna se scoprono che sono stato qui» osservò Harry.
«Be', io sono d'accordo con Ron» ribatté Hermione. «È un vecchio ipocrita orrendo. Dice a tutti di aiutarti e poi lui cerca di tenersene fuori. E per l'amor del cielo, state lontani da quel corno».
Harry andò alla finestra all'altro capo della stanza. Si vedeva un ruscello, un sottile nastro lucente molto al di sotto di loro, alla base della collina. Erano davvero in alto; un uccello volò davanti al vetro mentre lui guardava verso la Tana, ora invisibile al di là di un'altra fila di colline. Ginny era da qualche parte laggiù. Erano più vicini di quanto fossero stati dalle nozze di Bill e Fleur, ma lei non poteva sapere che Harry stava guardando dalla sua parte, che stava pensando a lei. Probabilmente Harry avrebbe dovuto esserne contento; chiunque entrava in contatto con lui era in pericolo, il comportamento di Xenophilius lo dimostrava. Voltò le spalle alla finestra e il suo sguardo cadde su un altro oggetto bizzarro appoggiato sulla credenza panciuta e sovraccarica: il busto di pietra di una strega bella e austera con un copricapo assolutamente stravagante. Due oggetti che sembravano cornetti acustici d'oro uscivano ricurvi dai lati. Un minuscolo paio di scintillanti ali azzurre era fissato a una striscia di cuoio che passava sulla testa, mentre un rapanello arancione era stato attaccato a una seconda striscia legata sulla fronte.
«Guardate» disse.
«Carino» commentò Ron. «Strano che non se lo sia messo per il matrimonio». Sentirono la porta chiudersi e un attimo dopo Xenophilius tornò nella stanza, le gambe magre infilate in stivali di gomma, con un vassoio di tazze scompagnate e una teiera fumante.
«Ah, avete visto la mia invenzione preferita» cinguettò, piazzando il vassoio tra le braccia di Hermione e avvicinandosi a Harry accanto alla statua. «Modellato in modo piuttosto preciso sulla testa della bella Priscilla Corvonero. Un ingegno smisurato per il mago è dono grato! »
Indicò gli oggetti simili a cornetti acustici.
«Quelli sono sifoni di Gorgosprizzo... per rimuovere tutte le fonti di distrazione dalla zona attorno al pensatore. Questa» e indicò le alette «è un'e-lica di Celestino, per elevare la disposizione mentale. Infine» e indicò il rapanello arancione «la Prugna Dirigibile, per accrescere la capacità di accettare lo straordinario». Xenophilius tornò al vassoio, che Hermione era riuscita a posare in precario equilibrio su uno dei tavolini stracolmi di oggetti.
«Posso offrirvi un infuso di Radigorda?» propose. «Lo prepariamo noi». Cominciò a versare la bevanda, viola acceso come succo di barbabietola, e aggiunse: «Luna è giù oltre il Ponte Basso, è emozionatissima all'idea che voi siate qui. Non dovrebbe tardare, ha preso quasi abbastanza Plimpi per preparare la zuppa per tutti. Sedetevi e prendete dello zucchero.
«Ora» spostò da una poltrona una pericolante pila di carte e si sedette, accavallando le gambe avvolte negli stivali, «come posso aiutarla, signor Potter?»
«Be'» cominciò Harry scambiando un rapido sguardo con Hermione, che annuì incoraggiante, «è a proposito di quel simbolo che portava attorno al collo al matrimonio di Bill e Fleur, signor Lovegood. Ci chiedevamo che cosa significa».
Xenophilius inarcò le sopracciglia.
«Si riferisce al simbolo dei Doni della Morte?»
CAPITOLO 21
LA STORIA DEI TRE FRATELLI
Harry si voltò a guardare Ron e Hermione. Nemmeno loro, a giudicare dall'espressione, avevano capito.
«I Doni della Morte?»
«Precisamente» confermò Xenophilius. «Mai sentiti? Non mi sorprende. Pochi, pochissimi maghi ci credono. Ne è prova quella testa di rapa al matrimonio di suo fratello» e fece un cenno a Ron, «che mi ha aggredito perché secondo lui esibivo il simbolo di un noto Mago Oscuro! Quanta ignoranza. Non c'è nulla di Oscuro nei Doni, almeno non in senso letterale. Si usa il simbolo semplicemente per rivelarsi agli altri credenti, nella speranza di aiutarsi nella Ricerca». Mescolò parecchie zollette di zucchero nel suo infuso di Radigorda e ne bevve un po'.
«Mi spiace» mormorò Harry. «Continuo a non capire».
Per educazione, bevve anche lui un sorso e quasi soffocò: quella roba era disgustosa, come se qualcuno avesse liquefatto delle Gelatine Tuttigusti+1
alle caccole.
«Be', vede, i credenti ricercano i Doni della Morte» spiegò Xenophilius schioccando le labbra, deliziato dalla bevanda.
«Ma che cosa sono i Doni della Morte?» chiese Hermione.
Xenophilius posò la tazza vuota.
«Suppongo che conosciate tutti 'La Storia dei Tre Fratelli'». Harry rispose di no, ma Ron e Hermione dissero di sì.
«Bene bene, signor Potter, tutto comincia con 'La Storia dei Tre Fratelli'... devo averne una copia da qualche parte...»
Fece vagare lo sguardo nella stanza, tra le pile di libri e pergamene, ma Hermione intervenne: «Ho io una copia, signor Lovegood, eccola». E tirò fuori Le Fiabe di Beda il Bardo dalla borsetta di perline.
«L'originale?» domandò brusco il signor Lovegood, e quando lei annuì, continuò: «Be', allora perché non la legge ad alta voce? È il modo migliore per assicurarsi che capiamo tutti».
«Ehm... d'accordo» rispose Hermione, nervosa. Aprì il libro e Harry vide in cima alla pagina il simbolo su cui stavano indagando. Lei tossicchiò e cominciò.
« 'C'erano una volta tre fratelli che viaggiavano lungo una strada tor- tuosa e solitaria al calar del sole...' »
«Mezzanotte, diceva sempre la mamma» osservò Ron, che si era messo comodo, le braccia dietro la testa, per ascoltare. Hermione gli rivolse uno sguardo irritato.
«Scusa, è solo che se dici mezzanotte fa più paura» aggiunse lui.
«Già, perché abbiamo proprio bisogno di un po' più di terrore nella nostra vita» commentò Harry senza riuscire a trattenersi. Xenophilius non ci badò; fissava il cielo oltre la finestra. «Vai avanti, Hermione».
« 'Dopo qualche tempo, i fratelli giunsero a un fiume troppo profondo per guadarlo e troppo pericoloso per attraversarlo a nuoto. Tuttavia era- no versati nelle arti magiche, e così bastò loro agitare le bacchette per far comparire un ponte sopra le acque infide. Ne avevano percorso metà
quando si trovarono il passo sbarrato da una figura incappucciata.
« 'E la Morte parlò...' »
«Scusa» la interruppe Harry, «hai detto ' la Morte parlò'?»
«È una fiaba, Harry!»
«Sì, scusa. Vai avanti».
« 'E la Morte parlò a loro. Era arrabbiata perché tre nuove vittime l'ave- vano appena imbrogliata: di solito i viaggiatori annegavano nel fiume. Ma la Morte era astuta. Finse di congratularsi con i tre fratelli per la loro magia e disse che ciascuno di loro meritava un premio per essere stato tanto abile da sfuggirle.
« 'Così il fratello maggiore, che era un uomo bellicoso, chiese una bac- chetta più potente di qualunque altra al mondo: una bacchetta che facesse vincere al suo possessore ogni duello, una bacchetta degna di un mago che aveva battuto la Morte! Così la Morte si avvicinò a un albero di sam- buco sulla riva del fiume, prese un ramo e ne fece una bacchetta, che die- de al fratello maggiore.
« 'Il secondo fratello, che era un uomo arrogante, decise che voleva umi- liare ancora di più la Morte e chiese il potere di richiamare altri dalla Morte. Così la Morte raccolse un sasso dalla riva del fiume e lo diede al secondo fratello, dicendogli che quel sasso aveva il potere di riportare in vita i morti.
« 'Infine la Morte chiese al terzo fratello, il minore, che cosa desiderava. Il fratello più giovane era il più umile e anche il più saggio dei tre, e non si fidava della Morte. Perciò chiese qualcosa che gli permettesse di andar- sene senza essere seguito da lei. E la Morte, con estrema riluttanza, gli consegnò il proprio Mantello dell'Invisibilità' » .
«La Morte possiede un Mantello dell'Invisibilità?» intervenne di nuovo Harry.
«Così può sorprendere la gente» spiegò Ron. «A volte si stufa di correrle dietro, agitando le braccia e strillando... scusa, Hermione».
« 'Poi la Morte si scansò e consentì ai tre fratelli di continuare il loro cammino, e così essi fecero, discutendo con meraviglia dell'avventura che avevano vissuto e ammirando i premi che la Morte aveva loro elargito.
« 'A tempo debito i fratelli si separarono e ognuno andò per la sua stra- da.
« 'Il primo fratello viaggiò per un'altra settimana o più, e quando ebbe raggiunto un lontano villaggio andò a cercare un altro mago con cui ave- va da tempo una disputa. Armato della Bacchetta di Sambuco, non poté
mancare di vincere il duello che segui. Lasciò il nemico a terra, morto, ed entrò in una locanda, dove si vantò a gran voce della potente bacchetta che aveva sottratto alla Morte in persona e di come essa l'aveva reso in- vincibile.
« 'Quella stessa notte, un altro mago si avvicinò furtivo al giaciglio dove dormiva il primo fratello, ubriaco fradicio. Il ladro rubò la bacchetta e per buona misura tagliò la gola al fratello più anziano.
« 'E fu così che la Morte chiamò a sé il primo fratello.
« 'Nel frattempo, il secondo fratello era tornato a casa propria, dove vi- veva solo. Estrasse la pietra che aveva il potere di richiamare in vita i de- funti e la girò tre volte nella mano. Con sua gioia e stupore, la figura della fanciulla che aveva sperato di sposare prima della di lei prematura morte gli apparve subito davanti.
« 'Ma era triste e fredda, separata da lui come da un velo. Anche se era tornata nel mondo dei mortali, non ne faceva veramente parte e soffriva. Alla fine il secondo fratello, reso folle dal suo disperato desiderio, si tolse la vita per potersi davvero riunire a lei.
« 'E fu così che la Morte chiamò a sé il secondo fratello.
« 'Ma sebbene la Morte avesse cercato il terzo fratello per molti anni, non riuscì mai a trovarlo. Fu solo quando ebbe raggiunto una veneranda età che il fratello più giovane si tolse infine il Mantello dell'Invisibilità e lo regalò a suo figlio. Dopodiché salutò la Morte come una vecchia amica e andò lieto con lei, da pari a pari, congedandosi da questa vita' » . Hermione chiuse il libro. Passò qualche istante prima che Xenophilius si rendesse conto che aveva smesso di leggere. Distolse lo sguardo dalla finestra e commentò: «Be', ecco qua».
«Come, scusi?» chiese Hermione, disorientata.
«Questi sono i Doni della Morte» rispose Xenophilius.
Prese una piuma da un tavolo ingombro lì accanto e sfilò un pezzo di pergamena strappata che sbucava da una catasta di libri.
«La Bacchetta di Sambuco» disse, e disegnò una linea verticale. «La Pietra della Resurrezione» e aggiunse un cerchio sopra la linea. «Il Mantello dell'Invisibilità» e racchiuse linea e cerchio in un triangolo, a formare il simbolo che aveva tanto affascinato Hermione. «Insieme» concluse, «i Doni della Morte».
«Ma nella storia non compaiono mai le parole 'Doni della Morte'» obiettò Hermione.
«Be', certo che no» spiegò Xenophilius, fastidiosamente compiaciuto.
«È una fiaba per bambini, che si racconta per divertire più che per istruire. Chi comprende questi argomenti, tuttavia, riconosce che l'antica fiaba si riferisce ai tre oggetti, o Doni, che riuniti faranno del possessore il padrone della Morte».
Calò un breve silenzio. Xenophilius guardò di nuovo fuori dalla finestra. Il sole era già basso.
«Luna ormai dovrebbe aver preso abbastanza Plimpi» disse tranquilla-mente.
«Quando dice 'padrone della Morte'...» cominciò Ron.
«Padrone» ripeté Xenophilius, sventolando la mano con fare sprezzante.
«Conquistatore. Vincitore. Come preferisce».
«Ma allora... secondo lei...» Hermione cercava le parole e Harry capì che stava tentando di non far trasparire il minimo scetticismo «questi oggetti - questi Doni - esistono davvero?»
Xenophilius inarcò di nuovo le sopracciglia.
«Be', ma certo».
«Ma» riprese Hermione, e Harry avvertì che il suo autocontrollo cominciava a incrinarsi, «signor Lovegood, come è possibile che lei creda...»
«Luna mi ha raccontato tutto di lei, signorina» la interruppe Xenophilius. «Da quel che ho capito lei non è priva d'intelligenza, ma tristemente limitata. Chiusa. Di vedute ristrette».
«Forse dovresti provarti quel cappello, Hermione» suggerì Ron, accennando al ridicolo copricapo, la voce rotta nel tentativo di trattenere le risate.
«Signor Lovegood» ricominciò Hermione, «sappiamo tutti che esistono cose come i Mantelli dell'Invisibilità. Sono rari, ma esistono. Però...»
«Ah, però il terzo Dono è un vero Mantello dell'Invisibilità, signorina Granger! Voglio dire, non è un mantello da viaggio intriso di un Incantesimo di Disillusione, o rivestito da una Fattura Abbacinante, o tessuto con lana di Camuflone, che all'inizio riuscirà a celare chi lo indossa ma con gli anni sbiadirà fino a diventare opaco. Stiamo parlando di un mantello che rende chi lo indossa completamente, veramente invisibile, e dura in eterno, fornendo una dissimulazione costante e impenetrabile, quali che siano gli incantesimi che gli vengono scagliati contro. Quanti mantelli del genere ha mai visto, signorina Granger?»
Hermione aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse, più confusa che mai. Lei, Harry e Ron si scambiarono un'occhiata e Harry capì che stavano tutti pensando la stessa cosa. Si dava il caso che un mantello esattamente uguale alla descrizione di Xenophilius si trovasse in quella stanza in quel preciso istante.
«Già» continuò Xenophilius, come se li avesse sconfitti con un ragionamento stringente. «Nessuno di voi ha mai visto una cosa del genere. Il possessore sarebbe incommensurabilmente ricco, no?»
Guardò di nuovo fuori dalla finestra. Il cielo era venato di una debolissima traccia di rosa.
«D'accordo» concesse Hermione, turbata. «Diciamo che il Mantello è esistito... e la Pietra, signor Lovegood? Quella che lei chiama la Pietra della Resurrezione?»
«Cosa?»
«Be', come può essere vera?»
«Mi dimostri che non esiste» rispose Xenophilius.
Hermione parve offesa.
«Ma è... mi scusi, ma è assolutamente ridicolo! Com'è possibile dimostrare che qualcosa non esiste? Vuole che mi procuri tutti... tutti i sassi del mondo e li metta alla prova? Voglio dire, si può sostenere che qualunque cosa è vera se l'unica prova è che nessuno ha dimostrato che non esiste!»
«Ecco, ecco» gongolò Xenophilius. «Sono lieto di vedere che sta aprendo un po' la mente».
«E la Bacchetta di Sambuco» s'intromise Harry prima che Hermione potesse ribattere, «lei crede che esista anche quella?»
«Oh, be', in questo caso ci sono innumerevoli prove» rispose Xenophilius. «La Bacchetta di Sambuco è il Dono più facile da rintracciare, per come passa di mano in mano».
«Ovvero?» chiese Harry.
«Ovvero, il possessore della Bacchetta deve vincerla al proprietario precedente, se vuole esserne il vero padrone» spiegò Xenophilius. «Avrete certamente saputo di come la Bacchetta passò a Egbert l'Egregio, dopo che uccise Emeric il Maligno. E di come Godelot morì nelle proprie segrete dopo che il figlio Hereward gli ebbe tolto la Bacchetta. O del terribile Loxias, che prese la Bacchetta a Barnabas Deverill, dopo averlo assassinato. La scia di sangue della Bacchetta di Sambuco attraversa le pagine della storia magica».
Harry guardò Hermione. Lei stava fissando rabbuiata Xenophilius, ma non lo contraddisse.
«Allora, dove crede che si trovi la Bacchetta di Sambuco adesso?» chiese Ron.
«Ahimè, chi può dirlo?» sospirò Xenophilius, sempre rivolto alla finestra. «Chi sa dove si cela la Bacchetta di Sambuco? Le tracce si perdono con Arcus e Livius. Chi sa dire quale dei due sconfisse davvero Loxias e quale prese la Bacchetta? E chi può averli sconfitti? La storia, ahimè, non ce lo racconta».
Una pausa. Infine Hermione, ostinata, domandò: «Signor Lovegood, la famiglia Peverell ha per caso a che fare con i Doni della Morte?»
Xenophilius sembrò colto di sorpresa mentre qualcosa prese ad agitarsi nella memoria di Harry, qualcosa che non riusciva a focalizzare. Peverell... aveva già sentito quel nome...
«Ma allora lei mi ha tratto in inganno, signorina!» esclamò Xenophilius, raddrizzando la schiena e strabuzzando gli occhi. «Io credevo che lei fosse all'oscuro della Ricerca dei Doni! Molti di noi Ricercatori sono convinti che i Peverell abbiano tutto - tutto! - a che fare con i Doni!»
«Chi sono i Peverell?» chiese Ron.
«Era il nome sulla tomba con il simbolo, a Godric's Hollow» spiegò
Hermione, senza staccare gli occhi da Xenophilius. «Ignotus Peverell».
«Esatto!» Xenophilius alzò l'indice con pedanteria. «Il simbolo dei Doni della Morte sulla tomba di Ignotus è una prova lampante!»
«Di cosa?» domandò Ron.
«Be', del fatto che i tre fratelli della storia erano davvero i tre fratelli Peverell, Antioch, Cadmus e Ignotus! Che furono i primi possessori dei Doni!»
Con un'altra occhiata alla finestra si alzò, prese il vassoio e andò verso la scala a chiocciola.
«Vi fermate a cena?» gridò, e sparì di sotto. «Tutti ci chiedono sempre la nostra ricetta della zuppa di Plimpi d'Acqua Dolce».
«Probabilmente per portarla al Reparto Avvelenamento del San Mungo»
bisbigliò Ron.
Harry aspettò di sentire Xenophilius muoversi in cucina prima di parlare.
«Cosa ne pensi?» chiese a Hermione.
«Oh, Harry» rispose lei stancamente, «è solo un gran mucchio di sciocchezze. Non può essere il vero significato del simbolo. È solo la sua stravagante opinione. Che perdita di tempo».
«In effetti, questo è l'uomo che ha rivelato al mondo l'esistenza dei Ricciocorni Schiattosi» commentò Ron.
«Neanche tu ci credi?» gli domandò Harry.
«Ma va', è una di quelle fiabe che si raccontano ai bambini per fargli la predica, no? 'Non cacciarti nei guai, non attaccar briga, non impicciarti di cose che è meglio lasciar stare! Giù la testa, fatti i fatti tuoi e andrà tutto bene'. Adesso che ci penso» aggiunse Ron, «forse è la ragione per cui si dice che le bacchette di sambuco portano sfortuna».
«Come sarebbe?»
«Una di quelle superstizioni, sai. 'Le streghe di maggio sposano Babba-ni'. 'Sortilegio al tramonto, a mezzanotte è infranto'. 'Bacchetta di sambuco, non cavi un ragno dal buco'. Le avrete sentite, queste cose. Mia mamma ne sa un milione».
«Io e Harry siamo stati cresciuti da Babbani» gli ricordò Hermione, «ci hanno insegnato proverbi diversi». Sospirò, mentre un odore pungente saliva dalla cucina. La sola cosa buona della sua irritazione verso Xenophilius era che le aveva fatto dimenticare di essere arrabbiata con Ron. «Hai ragione» gli disse. «È solo una favola morale, è chiaro qual era il Dono migliore, quello che bisognava scegliere...»
I tre finirono la frase nello stesso momento; Hermione disse «il Mantello», Ron «la Bacchetta» e Harry «la Pietra». Si guardarono, a metà tra il sorpreso e il divertito.
«La fiaba vuole farti dire il Mantello» spiegò Ron a Hermione, «ma non c'è bisogno di essere invisibili se si possiede la Bacchetta. Una bacchetta invincibile, Hermione, dai!»
«Ce l'abbiamo già, un Mantello dell'Invisibilità» commentò Harry.
«E ci ha aiutato parecchio, nel caso non l'avessi notato!» puntualizzò
Hermione. «Mentre la Bacchetta non farebbe che attirare guai...»
«... solo se vai in giro a parlarne» obiettò Ron. «Solo se sei così idiota da ballare sventolandola sopra la testa e cantando 'Io ho una bacchetta invin- cibile, venite a provare se avete il coraggio'. Ma se tieni la bocca chiusa...»
«Sì, ma tu sapresti tenere la bocca chiusa?» gli chiese Hermione, scettica. «Sai, la sola cosa vera che ci ha detto è che le storie di bacchette superpotenti circolano da centinaia di anni».
«Davvero?» chiese Harry.
Hermione era esasperata: la sua espressione era così irresistibilmente familiare che Harry e Ron si scambiarono un sorriso.
«La Stecca della Morte, la Bacchetta del Destino saltano fuori con nomi diversi da secoli. Di solito sono proprietà di un Mago Oscuro che se ne vanta. Il professor Rüf ne ha citate un po', ma... insomma, sono tutte stupidaggini. Le bacchette sono potenti quanto i maghi che le usano e basta. Ad alcuni maghi piace vantarsi che la loro è più grande e migliore di quelle degli altri».
«Ma come fai a dire» insisté Harry «che quelle bacchette - la Stecca della Morte e la Bacchetta del Destino - non sono la stessa bacchetta che rispunta da un secolo all'altro con un nome diverso?»
«E alla fine sarebbero tutte la Bacchetta di Sambuco fatta dalla Morte?»
chiese Ron.
Harry rise: la strana idea che gli era venuta in mente era assurda. La sua bacchetta, ricordò a se stesso, era di agrifoglio, non di sambuco, ed era stata fabbricata da Olivander, qualunque cosa avesse compiuto la notte che Voldemort l'aveva inseguito. E se fosse stata invincibile, come avrebbe potuto spezzarsi?
«Allora perché tu sceglieresti la Pietra?» gli domandò Ron.
«Be', se si potessero riportare indietro le persone, potremmo riavere Sirius, Malocchio... Silente... i miei genitori...»
Né Ron né Hermione sorrisero.
«Ma, secondo Beda il Bardo, non vorrebbero tornare, no?» continuò
Harry, ripensando al racconto che avevano appena ascoltato. «Non credo che esistano molte altre storie che parlano di una pietra che risveglia i morti, vero?» chiese a Hermione.
«No» rispose lei, triste. «Credo che nessun altro a parte il signor Lovegood possa illudersi che sia possibile. Beda probabilmente ha preso l'ispirazione dalla Pietra Filosofale; cioè, invece di una pietra che ti rende immortale, una pietra che revoca la morte». L'odore proveniente dalla cucina si fece più intenso: faceva pensare a mutande bruciate. Harry si chiese se sarebbe riuscito a mangiare abbastanza del piatto che Xenophilius stava preparando per non offenderlo.
«E il Mantello, allora?» riprese Ron. «Ha ragione, no? Io mi sono così
abituato al Mantello di Harry e al suo potere che non ci ho mai pensato. Non ho mai sentito parlare di un Mantello come quello di Harry. È infallibile. Non ci hanno mai beccati quando ce l'avevamo addosso...»
«Ovvio. Siamo invisibili quando lo indossiamo, Ron!»
«Ma le cose che ha detto sugli altri mantelli, e non è che li vendono a dieci per uno zellino, be', sono vere! Non mi era mai venuto in mente, ma ho sentito parlare degli incantesimi che evaporano dai mantelli quando invecchiano, o di certe maledizioni che li strappano e ci fanno dei buchi. Quello di Harry era di suo padre, quindi non è proprio nuovissimo, ma è... perfetto!»
«Sì, va bene, Ron, ma la Pietra... »
Mentre i due discutevano sottovoce, Harry vagava per la stanza, ascoltando solo distrattamente. Andò alla scala a chiocciola, alzò lo sguardo e sussultò. La sua faccia lo guardava dal soffitto della stanza di sopra. Dopo un attimo di smarrimento, capì che non era uno specchio, ma un dipinto. Incuriosito, salì per le scale.
«Harry, cosa fai? Non credo che dovresti guardare in giro se lui non è
qui!»
Ma Harry era già al piano superiore.
Luna aveva affrescato il soffitto della sua stanza con cinque ritratti, dipinti con cura e talento: Harry, Ron, Hermione, Ginny e Neville. Non si muovevano come quelli di Hogwarts, ma possedevano comunque una certa magia: pareva che respirassero. Attorno ai volti s'intrecciavano quelle che a prima vista sembravano sottili catene d'oro, ma guardando meglio Harry si rese conto che si trattava di una sola parola, ripetuta un migliaio di volte in vernice dorata: amici... amici... amici... Harry provò un gran moto di affetto per Luna. Osservò la stanza. Accanto al letto c'era una grande foto che ritraeva Luna da piccola con una donna che le somigliava molto. Erano abbracciate. Harry non aveva mai visto Luna così curata. La foto era coperta di polvere. La cosa gli parve strana. Si guardò intorno.
Qualcosa non andava. Anche la moquette azzurro chiaro era impolverata. L'armadio aveva le ante socchiuse e al suo interno non c'erano vestiti. Il letto aveva un'aria fredda, come se non fosse stato usato da settimane. Una sola ragnatela era tesa sulla finestra più vicina, sullo sfondo di un cielo rosso sangue.
«Cosa c'è che non va?» gli chiese Hermione quando lui scese le scale, ma prima che potesse rispondere, Xenophilius risalì dalla cucina, reggendo un vassoio questa volta carico di ciotole.
«Signor Lovegood» gli domandò Harry, «dov'è Luna?»
«Prego?»
«Dov'è Luna?»
Xenophilius si bloccò sull'ultimo gradino.
«Ve... ve l'ho già detto. È giù al Ponte Basso a pescare Plimpi».
«Allora come mai ha preparato solo per quattro?»
Xenophilius tentò di parlare, ma non ci riuscì. Gli unici rumori erano il clangore continuo della pressa e il tintinnio del vassoio tra le sue mani tremanti.
«Secondo me Luna manca da settimane» dichiarò Harry. «I suoi vestiti non ci sono, il letto è intatto. Dov'è? E perché continua a guardare fuori dalla finestra?»
Xenophilius lasciò cadere il vassoio; le ciotole s'infransero. Harry, Ron e Hermione sfoderarono le bacchette: Xenophilius si immobilizzò, la mano pronta a infilarsi in tasca. In quel momento la pressa sparò un botto frago-roso e varie copie del Cavillo scivolarono sul pavimento da sotto la tovaglia; la macchina finalmente tacque. Hermione si chinò a prendere una rivista, la bacchetta ancora puntata contro il signor Lovegood.
«Harry, guarda qui».
Harry si fece largo tra il disordine più veloce che poté. In prima pagina c'era la sua foto, sormontata dalle parole 'Indesiderabile Numero Uno' , e la didascalia riportava l'esatto ammontare della taglia.
« Il Cavillo ha cambiato linea editoriale, allora?» chiese Harry gelido. La sua mente lavorava veloce. «È questo che ha fatto quando è sceso in giardino, signor Lovegood? Ha spedito un gufo al Ministero?»
Xenophilius si passò la lingua sulle labbra.
«Hanno preso la mia Luna» sussurrò. «Per quello che ho pubblicato. Hanno preso la mia Luna e io non so dov'è, che cosa le hanno fatto. Ma forse me la restituiranno se io... se io...»
«Consegna Harry?» concluse per lui Hermione.
«Non se ne parla» tagliò corto Ron. «Si tolga di mezzo, ce ne andiamo». Xenophilius aveva un aspetto spaventoso, era invecchiato di un secolo, la bocca contratta in un sorrisetto orrendo.
«Saranno qui da un momento all'altro. Devo salvare Luna. Non posso perdere Luna. Non dovete andar via».
Allargò le braccia davanti alla scala e Harry ebbe la visione improvvisa di sua madre che faceva lo stesso gesto davanti a un lettino.
«Non ci costringa a farle del male» disse. «Si sposti, signor Lovegood».
«HARRY!» urlò Hermione.
Al di là delle finestre sfrecciavano sagome in sella a manici di scopa. Mentre i tre amici non lo guardavano, Xenophilius estrasse la bacchetta. Harry si accorse del loro errore appena in tempo: si lanciò di lato, spingendo Ron e Hermione al sicuro mentre lo Schiantesimo di Xenophilius attraversava la stanza e colpiva il corno di Erumpent. Ci fu un'esplosione colossale. Il fragore squassò la stanza: frammenti di legno e carta e detriti schizzarono ovunque, in una nube impenetrabile di densa polvere bianca. Harry volò per aria, poi cadde a terra, accecato dalla pioggia di calcinacci, le braccia sopra la testa. Sentì lo strillo di Hermione, l'urlo di Ron e una serie di orribili rumori metallici, che gli dissero che Xenophilius era stato scagliato giù per la scala a chiocciola. Semisepolto dai detriti, cercò di alzarsi: riusciva a stento a respirare e a vedere per via della polvere. Il soffitto era crollato in gran parte e dal buco penzolavano i piedi del letto di Luna. Il busto di Priscilla Corvonero, senza metà del volto, giaceva accanto a lui; foglietti di pergamena strappata svolazzavano nell'aria e la macchina tipografica era rovesciata su un fianco, bloccando l'apertura delle scale che scendevano in cucina. Poi un'altra figura bianca si mosse lì vicino e Hermione, ricoperta di polvere come una seconda statua, si premette un dito sulle labbra.
La porta di sotto si aprì con uno schianto.
«Non te l'avevo detto che non c'era fretta, Travers?» disse una voce aspra. «Che questo svitato farneticava come al solito?»
Un colpo e un urlo di dolore. Era di Xenophilius.
«No... no... di sopra... Potter!»
«Te l'ho detto la settimana scorsa, Lovegood, che dovevi chiamarci solo se avevi informazioni fondate! Ti ricordi la settimana scorsa? Quando volevi scambiare tua figlia con quello stupido copricapo? E la settimana prima...» un altro colpo, un altro gemito «... quando pensavi che te l'avremmo restituita se ci avessi dimostrato che i Ricciocomi...» bang «Schiattosi»
bang «esistono?»
«No... no... vi supplico!» piagnucolò Xenophilius. «È davvero Potter!
Davvero!»
«E adesso salta fuori che ci hai chiamato solo per farci saltare in aria!»
ruggì il Mangiamorte. Seguì una raffica di colpi intercalati dagli urli di dolore di Xenophilius.
«Questo posto sta per crollare, Selwyn» osservò una seconda voce glaciale, che rimbombò su per la scala semidistrutta. «La scala è bloccata. Provo a sgombrarla? Potrebbe tirar giù tutto».
«Tu, pezzo di bugiardo» urlò Selwyn. «Non hai mai visto Potter in vita tua, vero? Pensavi di attirarci qui per ucciderci, eh? E credi di riavere tua figlia, così?»
«Giuro... giuro... Potter è di sopra!»
« Homenum revelio» disse la voce ai piedi delle scale. Harry udì Hermione trattenere il fiato ed ebbe la strana sensazione che qualcosa gli volasse addosso, avvolgendo il suo corpo nella propria ombra.
«C'è davvero qualcuno lassù, Selwyn» osservò il secondo uomo in tono brusco.
«È Potter, vi dico che è Potter!» singhiozzò Xenophilius. «Vi prego... vi prego... ridatemi Luna, lasciatemi Luna...»
«Potrai riavere la tua ragazzina, Lovegood» ribatté Selwyn, «se sali e mi riporti giù Harry Potter. Ma se è una trappola, se è un trucco, se hai un complice che ci aspetta di sopra, vedremo se riusciremo a risparmiare un pezzetto di tua figlia perché tu possa seppellirla».
Xenophilius lanciò un ululato di paura e disperazione. Si udirono dei passi e un raschiare frenetico; Xenophilius cercava di arrampicarsi su per la scala fra i detriti.
«Andiamo» bisbigliò Harry, «dobbiamo uscire di qui».
Cominciò a togliersi di dosso i calcinacci approfittando del rumore che faceva Xenophilius. Ron era più incastrato e cercava di sollevare un pesante cassettone che gli bloccava le gambe. Harry e Hermione si mossero più
piano che poterono sulle rovine per avvicinarsi a lui. Mentre i colpi e i raschi di Xenophilius si avvicinavano sempre più, Hermione riuscì a liberare Ron con un Incantesimo di Librazione.
«Bene» sussurrò. La pressa rotta che bloccava la cima delle scale cominciò a vibrare: Xenophilius era a pochi metri da loro. Hermione era ancora tutta bianca di polvere. «Ti fidi di me, Harry?»
Harry annuì.
«Allora d'accordo» mormorò lei, «dammi il Mantello dell'Invisibilità. Ron, mettitelo».
«Io? Ma Harry...»
« Ti prego, Ron! Harry, stringi forte la mia mano. Ron, attaccati alla mia spalla».
Harry tese la mano sinistra. Ron svanì sotto il Mantello. La pressa che ostruiva le scale traballava: Xenophilius cercava di spostarla con un Incantesimo di Librazione. Harry non capiva che cosa stesse aspettando Hermione.
«Tenetevi forte» sussurrò lei. «Tenetevi forte... ci siamo quasi...»
Il volto pallidissimo di Xenophilius apparve sopra la credenza.
« Oblivion! » gridò Hermione, puntando la bacchetta prima sul suo viso, poi sul pavimento: « Deprimo! »
Nel pavimento del salotto si aprì un buco. Caddero come massi, Harry sempre aggrappato alla mano di Hermione. Un urlo dal basso, e lui intravide due uomini che tentavano di fuggire da una frana di detriti e mobili rotti. Hermione si avvitò a mezz'aria e il rombo della casa che crollava echeggiò nelle orecchie di Harry mentre lei lo trascinava di nuovo nel buio.
CAPITOLO 22
I DONI DELLA MORTE
Harry cadde ansimando sull'erba e si rialzò subito. Erano atterrati nell'angolo di un campo al crepuscolo; Hermione già correva in cerchio attorno a loro, agitando la bacchetta.
« Protego totalum... Salvio hexia... »
«Quella vecchia canaglia, quel traditore!» borbottò Ron col fiato corto. Sbucò da sotto il Mantello dell'Invisibilità e lo gettò a Harry. «Hermione, sei un genio, un genio assoluto, non posso credere che ne siamo usciti!»
« Cave inimicum... non avevo detto che era un corno di Erumpent?
Gliel'avevo detto. E adesso gli è saltata in aria la casa!»
«Ben gli sta» sentenziò Ron, guardandosi i jeans laceri e i tagli alle gambe. «Secondo te cosa gli faranno?»
«Oh, spero che non lo uccidano!» gemette Hermione. «È per quello che ho voluto che i Mangiamorte vedessero Harry prima di venir via, così almeno sapevano che Xenophilius non aveva mentito!»
«E perché hai nascosto me, però?» chiese Ron.
«Tu dovresti essere a letto con la spruzzolosi, Ron! Hanno rapito Luna perché suo padre sosteneva Harry! Che cosa farebbero alla tua famiglia se sapessero che sei con lui?»
«E i tuoi, allora?»
«Sono in Australia» rispose Hermione. «Dovrebbero essere al sicuro. Non sanno nulla».
«Sei un genio» ripeté Ron, in soggezione.
«Sì, davvero, Hermione» concordò Harry convinto, «non so come faremmo senza di te». Lei fece un gran sorriso, ma tornò subito seria.
«E Luna?»
«Be', se hanno detto la verità ed è ancora viva...» cominciò Ron.
«Non dirlo nemmeno!» squittì Hermione. «Deve essere viva, deve!»
«Allora sarà ad Azkaban, suppongo» continuò Ron. «Se sopravviverà a quel posto, però... in tanti non ce la fanno...»
«Lei sì» tagliò corto Harry. Non sopportava nemmeno l'idea del contrario. «È forte, Luna, molto più forte di quanto sembri. Probabilmente sta insegnando ai compagni di cella tutto quello che sa su Gorgosprizzi e Nargilli».
«Speriamo» sospirò Hermione. Si passò una mano sugli occhi. «Mi dispiacerebbe tanto per Xenophilius se...»
«... se non avesse appena tentato di venderci ai Mangiamorte, certo»
concluse Ron.
Montarono la tenda e vi entrarono. Ron preparò il tè. Dopo la miracolosa fuga, quel vecchio riparo muffo e pieno di spifferi sapeva di casa, era sicuro, familiare e confortevole.
«Oh, perché ci siamo andati?» piagnucolò Hermione dopo qualche istante di silenzio. «Harry, avevi ragione, è stata un'altra Godric's Hollow, una totale perdita di tempo! I Doni della Morte... tutte sciocchezze... anche se»
un pensiero improvviso la colpì «potrebbe essersi inventato tutto, no? Probabilmente non crede nemmeno ai Doni della Morte, voleva solo trattenerci fino all'arrivo dei Mangiamorte!»
«Non penso» obiettò Ron. «Inventarsi le cose sotto stress è molto più
difficile di quanto si immagini. Me ne sono accorto quando mi hanno beccato quei Ghermidori. È stato molto più facile fingere di essere Stan, perché sapevo qualcosa di lui, che inventarmi un'identità dal nulla. Il vecchio Lovegood era molto teso. Secondo me ci ha detto la verità, o quella che crede la verità, per trattenerci».
«Be', non è importante» sospirò Hermione. «Anche se era sincero, non ho mai sentito tante stupidaggini in vita mia».
«Aspetta, però» ribatté Ron. «Anche la Camera dei Segreti doveva essere una leggenda, no?»
«Ma i Doni della Morte non possono esistere, Ron!»
«Continui a ripeterlo, ma uno esiste» insisté Ron. «Il Mantello dell'Invisibilità di Harry...»
«'La Storia dei Tre Fratelli' è una fiaba» sentenziò Hermione. «Una fiaba sulla paura della morte. Se per sopravvivere bastasse nascondersi sotto il Mantello dell'Invisibilità, avremmo già tutto quello che ci occorre!»
«Non so. Una bacchetta invincibile potrebbe farci comodo» mormorò
Harry, rigirandosi tra le dita quella di prugnolo che gli piaceva così poco.
«Ma non esiste, Harry!»
«Hai detto che ci sono state un mucchio di bacchette, la Stecca della Morte e tutte le altre...»
«Va bene, anche se vuoi convincerti che la Bacchetta di Sambuco esiste, come la mettiamo con la Pietra della Resurrezione?» Le dita di Hermione disegnarono virgolette attorno al nome e il suo tono trasudava sarcasmo.
«Non c'è magia che possa destare i morti, e questo è quanto!»
«Quando la mia bacchetta si è connessa con quella di Tu-Sai-Chi, ha fatto apparire mia mamma e mio papà... e Cedric...»
«Ma non sono veramente tornati» obiettò Hermione. «Quelle specie di... di pallide imitazioni non sono come riportare veramente in vita qualcuno».
«Ma nemmeno lei, la ragazza del racconto, è tornata davvero. La storia dice che quando una persona è morta, appartiene ai morti. Il secondo fratello però è riuscito lo stesso a vederla e a parlare con lei. È perfino vissuto con lei per un po'...»
Sul volto di Hermione vide preoccupazione unita a qualcosa di più indefinibile. Poi, quando lei guardò Ron, Harry capì che era paura: quei discorsi sul vivere assieme ai morti l'avevano spaventata.
«E quel Peverell che è sepolto a Godric's Hollow?» aggiunse in fretta, cercando di assumere il tono più razionale possibile. «Non sai niente di lui, vero?»
«No» rispose lei, sollevata di cambiare argomento. «Ho cercato informazioni dopo aver visto il simbolo sulla tomba; se fosse stato famoso o avesse compiuto qualcosa di importante, sono sicura che uno dei nostri libri ne parlerebbe. Sono riuscita a trovare il nome 'Peverell' solo in Nobiltà
di Natura: Genealogia Magica. L'ho preso in prestito da Kreacher» spiegò, quando Ron inarcò le sopracciglia. «Elenca le famiglie Purosangue che si sono estinte nella linea maschile. A quanto pare i Peverell furono una delle prime famiglie a sparire».
«'Estinte nella linea maschile'?» ripeté Ron.
«Vuol dire che il nome è scomparso» spiegò Hermione, «secoli fa, nel caso dei Peverell. Potrebbero ancora avere dei discendenti, solo che avrebbero un altro cognome». E di colpo Harry vide chiarissimo, scintillante, il ricordo che si era ridestato ascoltando il nome di Peverell: un sudicio vecchio che brandiva un brutto anello in faccia a un funzionario del Ministero. E gridò: «Orvoloson Gaunt!»
«Come?» domandarono in coro Ron e Hermione.
«Orvoloson Gaunt! Il nonno di Voi-Sapete-Chi! Nel Pensatoio! Con Silente! Orvoloson Gaunt sosteneva di discendere dai Peverell!»
Ron e Hermione lo guardarono sconvolti.
«Quell'anello, l'anello che diventò l'Horcrux, Orvoloson Gaunt aveva detto che portava lo stemma dei Peverell! L'ho visto che lo agitava davanti alla faccia del tipo del Ministero, per poco non glielo ficcava su per il naso!»
«Lo stemma dei Peverell?» chiese Hermione bruscamente. «Hai visto com'era?»
«Non proprio» rispose Harry, tentando di ricordare. «Non c'era niente di elaborato sopra; forse qualche graffio. L'ho visto da vicino solo dopo che era stato spaccato e aperto».
Harry vide gli occhi di Hermione dilatarsi: aveva capito. Ron spostava lo sguardo dall'uno all'altra, esterrefatto.
«Cavoli... pensi che fosse di nuovo quel simbolo? Il simbolo dei Doni?»
«Perché no?» balbettò Harry, eccitato. «Orvoloson Gaunt era un vecchio imbecille ignorante che viveva come un maiale, l'unica cosa a cui teneva erano i suoi antenati. Se quell'anello era stato tramandato attraverso i secoli, forse non sapeva cos'era veramente. Non c'erano libri in quella casa, e credetemi, non era tipo da leggere le fiabe ai suoi bambini. Gli piaceva pensare che i graffi sulla pietra fossero un blasone, perché secondo lui essere Purosangue ti rendeva praticamente un reale».
«Sì... è tutto molto interessante» commentò Hermione guardinga, «ma Harry, se stai pensando quello che credo che tu stia pensando...»
«Be', perché no? Perché no? » ribatté Harry, abbandonando ogni ritegno.
«Era una pietra, no?» Guardò Ron in cerca di sostegno. «E se fosse stata la Pietra della Resurrezione?»
Ron rimase a bocca aperta. «Cavoli... ma funzionerà ancora, dopo che Silente ha spaccato...»
«Funzionare? Funzionare? Ron, non ha mai funzionato! Non esiste nes- suna Pietra della Resurrezione! » Hermione balzò in piedi, esasperata e furente. «Harry, stai cercando di far quadrare tutto con la storia dei Doni...»
«Far quadrare tutto?» ripeté lui. «Hermione, ma tutto quadra da solo! Su quella pietra c'era il simbolo dei Doni della Morte, lo so! Gaunt ha detto che discendeva dai Peverell!»
«Un minuto fa ci hai detto di non aver mai visto bene il simbolo!»
«Secondo te, dov'è adesso quell'anello?» chiese Ron a Harry. «Cosa ne ha fatto Silente dopo averlo rotto?»
Ma l'immaginazione di Harry era scattata avanti, molto più avanti di quella di Ron e Hermione...
Tre oggetti, o Doni, che riuniti faranno del possessore il padrone della Morte... il padrone... il conquistatore... il vincitore... l'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte...
E vide se stesso, padrone dei Doni, affrontare Voldemort, i cui Horcrux non avevano speranza al confronto... nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive... era quella la risposta? Doni contro Horcrux? Esisteva un modo, dopotutto, per garantire che fosse lui a trionfare? Se avesse avuto i Doni della Morte, sarebbe stato al sicuro?
«Harry?»
Quasi non sentì Hermione: aveva tirato fuori il Mantello dell'Invisibilità
e lo faceva scorrere tra le dita, il tessuto liscio come l'acqua, lieve come l'aria. Nei quasi sette anni trascorsi nel mondo magico non aveva mai visto nulla di simile. Il Mantello era esattamente quello che Xenophilius aveva descritto: un mantello che rende chi lo indossa completamente, veramente invisibile, e dura in eterno, fornendo una dissimulazione costante e impe- netrabile, quali che siano gli incantesimi che gli vengono scagliati con- tro...
E poi, con un sussulto, ricordò...
«Silente aveva il mio Mantello la notte che morirono i miei genitori!»
Gli tremava la voce e si sentì arrossire; ma non ci badò. «Mia madre ha scritto a Sirius che Silente aveva preso in prestito il Mantello! Ecco perché! Voleva esaminarlo, pensava che fosse il terzo Dono! Ignotus Peverell è sepolto a Godric's Hollow...» Harry marciava alla cieca nella tenda, con la sensazione che nuovi, immensi scorci di verità gli si spalancassero davanti. «È il mio antenato! Io discendo dal terzo fratello! Torna tutto!»
Si sentiva armato dalla certezza, dalla sua fede nei Doni, come se la sola idea di poterli possedere lo stesse proteggendo, e tornò a guardare gli amici pieno di gioia.
«Harry» tentò di nuovo Hermione, ma lui era impegnato a slegare con dita tremanti la saccoccia che portava attorno al collo.
«Leggi» le disse, mettendole in mano la lettera di sua madre. «Leggi! Silente aveva il Mantello, Hermione! Perché l'avrebbe voluto, se no? Non ne aveva bisogno, era in grado di produrre un Incantesimo di Disillusione così
potente da rendersi perfettamente invisibile senza!»
Qualcosa cadde a terra e rotolò scintillando sotto una sedia: prendendo la lettera aveva fatto cadere il Boccino. Si chinò a raccoglierlo e poi la fonte di favolose scoperte appena dischiusa gli offrì un nuovo regalo, e spavento e meraviglia scoppiarono dentro di lui, tanto che urlò.
«È QUI DENTRO! Mi ha lasciato l'anello... è nel Boccino!»
«Tu... tu credi?»
Non riusciva a capire perché Ron fosse così stupito. Per lui era così ovvio, così evidente: tutto tornava, tutto... il suo Mantello era il terzo Dono, e quando avesse scoperto come aprire il Boccino avrebbe avuto il secondo, e poi non gli restava che trovare il primo, la Bacchetta di Sambuco, e poi... Ma fu come se un sipario calasse su un palcoscenico illuminato: tutta l'eccitazione, tutta la speranza e la gioia si spensero di botto e lui rimase solo nell'oscurità, il glorioso incantesimo si infranse.
«Ecco cosa sta cercando».
Il cambiamento nel suo tono accrebbe lo spavento di Ron e Hermione.
«Voi-Sapete-Chi sta cercando la Bacchetta di Sambuco».
Voltò le spalle ai loro volti tesi e increduli. Ne era certo. Tutto tornava. Voldemort non cercava una bacchetta nuova; cercava una bacchetta vecchia, una bacchetta davvero molto vecchia. Harry andò all'ingresso della tenda, dimentico di Ron e Hermione, e scrutò nella notte, pensieroso... Voldemort era stato allevato in un orfanotrofio Babbano. Di sicuro nessuno gli aveva raccontato Le Fiabe di Beda il Bardo da bambino, come non aveva potuto ascoltarle Harry. Pochissimi maghi credevano nei Doni della Morte. Era possibile che Voldemort sapesse della loro esistenza?
Harry affondò lo sguardo nel buio... se Voldemort avesse saputo dei Doni della Morte, di sicuro li avrebbe cercati, avrebbe fatto qualunque cosa per possederli: tre oggetti che rendono padroni della Morte? Se avesse saputo dei Doni, forse non gli sarebbero nemmeno serviti gli Horcrux. Il semplice fatto che avesse preso un Dono e l'avesse trasformato in un Horcrux non dimostrava che era all'oscuro di quest'ultimo grande segreto magico?
Quindi Voldemort era in cerca della Bacchetta di Sambuco senza conoscerne il vero potere, senza aver capito che era una serie di tre elementi... perché era il Dono che non si poteva nascondere, la cui esistenza era più
nota... la scia di sangue della Bacchetta di Sambuco attraversa le pagine della storia magica...
Harry guardò il cielo. Nubi grigio fumo e argento scivolavano davanti alla luna bianca. Era stordito dalla meraviglia per le sue nuove scoperte. Tornò nella tenda. Si sorprese nel trovare Ron e Hermione fermi dove li aveva lasciati. Hermione aveva ancora in mano la lettera di Lily, e Ron, al suo fianco, sembrava preoccupato. Non capivano quanta strada avevano percorso nell'ultima manciata di minuti?
«È così» disse, cercando di trascinarli nell'alone della sua stupefatta certezza. «Tutto si spiega. I Doni della Morte sono veri e io ne possiedo uno... forse due...»
Alzò il Boccino.
«... e Voi-Sapete-Chi sta cercando il terzo, ma non sa... crede che sia solo una bacchetta molto potente...»
«Harry» mormorò Hermione, avvicinandosi per restituirgli la lettera di Lily. «Mi dispiace, ma io credo che tu ti sia fatto un'idea completamente sbagliata».
«Ma non vedi? Tutto coincide...»
«No che non coincide» ribatté lei. «Non coincide, Harry, ti stai solo facendo trasportare. Per favore» aggiunse, impedendogli di replicare, «per favore, dimmi solo questo. Se i Doni della Morte esistessero veramente e Silente avesse saputo della loro esistenza, se avesse saputo che la persona che li possiede tutti e tre diventa padrona della Morte... Harry, perché non te l'ha detto? Perché?»
Lui aveva la risposta pronta.
«L'hai detto tu, Hermione! Bisogna scoprirlo da soli! È una Ricerca!»
«Ma io l'ho detto solo per convincerti a venire da Lovegood! Non lo pensavo sul serio!»
Harry non la sentì nemmeno.
«Silente mi ha sempre fatto scoprire le cose da solo. Voleva che sperimentassi le mie forze, che corressi rischi. Questo è un suo comportamento tipico».
«Harry, questo non è un gioco, non è un addestramento! Questa è la realtà, e Silente ti ha lasciato istruzioni molto chiare: trovare e distruggere gli Horcrux! Quel simbolo non significa nulla, lascia stare i Doni della Morte, non possiamo permetterci distrazioni...»
Ma Harry non stava ascoltando. Si rigirava il Boccino tra le mani, quasi si aspettasse di vederlo aprirsi e rivelare la Pietra della Resurrezione, per dimostrare a Hermione che lui era nel giusto, che i Doni della Morte esistevano davvero. Hermione chiamò Ron in aiuto.
«Tu non ci credi, vero?»
Harry alzò lo sguardo. Ron esitò.
«Non saprei... cioè... ci sono dei pezzi che combaciano» tentennò, a disagio. «Ma se guardi la cosa nel suo insieme...» Sospirò. «Secondo me dobbiamo far fuori gli Horcrux, Harry. È quello che Silente ci ha detto di fare. Forse... forse dovremmo dimenticare questa storia dei Doni».
«Grazie, Ron» disse Hermione. «Faccio io il primo turno». Oltrepassò Harry e si sedette all'ingresso della tenda, come se questo gesto fosse un punto fermo su tutta la questione. Ma Harry quella notte non riuscì a dormire. L'idea dei Doni della Morte si era impossessata di lui, e non poteva riposare quando pensieri inquietanti gli vorticavano nella mente: la Bacchetta, la Pietra e il Mantello, se solo li avesse avuti tutti e tre...
Mi apro alla chiusura... ma quale chiusura? Perché non poteva avere su-bito la Pietra? Se solo l'avesse avuta, avrebbe potuto rivolgere a Silente in persona tutte quelle domande... mormorò parole al Boccino, nel buio, tentando di tutto, anche il Serpentese, ma la pallina d'oro non voleva saperne di aprirsi...
E la Bacchetta, la Bacchetta di Sambuco, dov'era nascosta? Dove la stava cercando Voldemort? Harry desiderò che la cicatrice ardesse e gli mostrasse i pensieri di Voldemort, perché per la prima volta in vita sua condivideva con il nemico lo stesso desiderio... a Hermione quell'idea non sarebbe piaciuta, ovvio... ma lei non credeva... Xenophilius aveva ragione, in un certo senso... Limitata. Chiusa. Di vedute ristrette. La verità era che l'idea dei Doni della Morte la spaventava, soprattutto la Pietra della Resurrezione... Harry premette di nuovo le labbra sul Boccino, lo baciò, quasi lo inghiottì, ma il freddo metallo non si mosse...
Era quasi l'alba quando si ricordò di Luna, sola in una cella di Azkaban, circondata dai Dissennatori, e all'improvviso si vergognò. Si era completamente dimenticato di lei nella sua febbrile riflessione sui Doni. Se solo avessero potuto salvarla. Ma un tale numero di Dissennatori era inattaccabile. Adesso che ci pensava, non aveva ancora provato a evocare un Patronus con la bacchetta di prugnolo... doveva farlo, il mattino dopo... Se solo ci fosse stato un modo per avere una bacchetta migliore... E il desiderio della Bacchetta di Sambuco, della Stecca della Morte, imbattibile, invincibile, lo inghiottì di nuovo... La mattina dopo, disfarono la tenda e partirono sotto un terribile acquazzone. La pioggia li seguì fino alla costa, dove si accamparono quella notte, e non cessò per tutta la settimana, attraverso paesaggi fradici che Harry trovava squallidi e deprimenti. Riusciva a pensare solo ai Doni della Morte. Era come se dentro di lui si fosse accesa una fiamma che nulla, né l'aperto scetticismo di Hermione né i dubbi insistenti di Ron, poteva estinguere. Eppure più il desiderio dei Doni ardeva dentro di lui, meno gioia gli dava. Lui ne attribuiva la colpa a Ron e Hermione: la loro risoluta indifferenza smorzava il suo morale quanto la pioggia incessante, ma nessuna delle due poteva erodere la sua sicurezza, che restava assoluta. La fiducia nei Doni e il desiderio di trovarli lo consumavano al punto da farlo sentire isolato dagli altri due e dalla loro ossessione per gli Horcrux.
«Ossessione?» sibilò ferocemente Hermione la sera che Harry fu tanto incauto da usare quella parola, dopo che lei l'aveva rimproverato per la sua mancanza di interesse nella ricerca degli altri Horcrux. «Non siamo noi che abbiamo un'ossessione, Harry! Noi cerchiamo di fare quello che vole-va Silente!»
Ma la velata critica non scalfì la certezza di Harry. Silente aveva lasciato a Hermione il simbolo dei Doni da decifrare e anche, Harry ne era convinto, la Pietra della Resurrezione nascosta nel Boccino d'Oro. Nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive... padrone della Morte... perché non capivano?
« 'L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte' » citò Harry tranquillamente.
«Credevo che noi combattessimo contro Tu-Sai-Chi» ribatté Hermione, e Harry decise di lasciar perdere.
Perfino il mistero della cerva d'argento, che gli altri due continuavano a discutere, gli sembrava meno importante ora, un'attrazione secondaria, di relativo interesse. La sola altra cosa che gli premeva era che la cicatrice aveva ripreso a pizzicare, anche se si sforzava di tenerlo nascosto ai suoi amici. Quando succedeva, cercava scuse per stare da solo, ma era deluso da ciò che vedeva. Le visioni che condivideva con Voldemort avevano cambiato di qualità; adesso erano sfocate, sfuggenti; un momento erano nitide e quello dopo non lo erano più. Harry riusciva a stento a riconoscere i tratti indistinti di un oggetto che poteva assomigliare a un teschio, e qualcosa come una montagna, più ombra che sostanza. Abituato a immagini precise quanto la realtà, era sconcertato dal mutamento. Era preoccupato che la connessione tra lui e Voldemort fosse stata danneggiata, quella connessione che insieme paventava e teneva in gran conto, qualunque cosa avesse detto a Hermione. Collegava quelle immagini vaghe e deludenti alla distruzione della propria bacchetta, come se fosse colpa di quella nuova se non vedeva più bene come prima nella mente di Voldemort. Con il lento trascorrere delle settimane, Harry non poté fare a meno di notare, per quanto fosse così concentrato su se stesso, che Ron aveva preso la situazione in pugno. Forse perché voleva farsi perdonare di averli abbandonati, forse perché la crescente indifferenza di Harry sollecitava le sue sopite qualità di leader, adesso era Ron a incoraggiare ed esortare gli altri due all'azione.
«Restano tre Horcrux» continuava a ripetere. «Ci serve un piano, avanti!
Dov'è che non abbiamo guardato? Ricominciamo. L'orfanotrofio...»
Diagon Alley, Hogwarts, Casa Riddle, Magie Sinister, l'Albania, tutti i luoghi in cui sapevano che Tom Riddle era vissuto, aveva lavorato o aveva ucciso, Ron e Hermione li ripassarono al setaccio. Harry si univa a loro solo per far smettere Hermione di tormentarlo. Sarebbe stato felice di restare da solo, in silenzio, cercando di leggere i pensieri di Voldemort, di saperne di più sulla Bacchetta di Sambuco, ma Ron insisteva per farli spostare in luoghi sempre più improbabili soltanto, Harry lo capiva, per tenerli in movimento.
«Non si sa mai» era il suo ritornello. «Upper Flagley è un villaggio magico, magari ci ha abitato. Andiamo a dare un'occhiata». Durante queste frequenti scorrerie in territorio magico ogni tanto avvistavano dei Ghermidori.
«Alcuni sono cattivi quanto i Mangiamorte» li mise in guardia Ron.
«Quelli che avevano preso me erano un po' sfigati, ma secondo Bill ce ne sono di molto pericolosi. A Radio Potter hanno detto...»
«Dove?» chiese Harry.
«A Radio Potter, non ti ho detto che si chiama così? Quel programma che cerco sempre, l'unico che racconta la verità! Quasi tutti i programmi sostengono Tu-Sai-Chi, tranne Radio Potter. Vorrei proprio fartelo ascoltare, ma è complicato sintonizzarsi...»
Ron passava tutte le sere con la bacchetta in mano, tamburellando ritmi diversi sopra la radiolina, mentre le manopole giravano. Ogni tanto intercettava consigli su come curare il vaiolo di drago, e una volta un brano di Un calderone pieno di forte amor bollente. Ron picchiettava e intanto cercava di indovinare la parola d'ordine giusta, borbottandone sfilze a caso.
«Di solito c'entrano con l'Ordine» spiegò. «Bill era un asso a beccarle. Prima o poi la trovo...»
Ma dovettero aspettare fino a marzo perché Ron avesse fortuna. Harry era seduto all'ingresso della tenda, di guardia. Stava contemplando annoiato un cespo di giacinti che erano riusciti a sbucare dal suolo gelato quando Ron urlò da dentro.
«L'ho trovata! L'ho trovata! La parola d'ordine è 'Albus'! Vieni, Harry!»
Distolto per la prima volta dopo giorni dalle sue riflessioni sui Doni della Morte, Harry corse dentro e vide Ron e Hermione inginocchiati accanto alla radiolina. Hermione, che tanto per fare qualcosa stava lucidando la spada di Grifondoro, fissava a bocca aperta il minuscolo altoparlante da cui usciva una voce molto familiare.
«... ci scusiamo per la temporanea assenza dalle frequenze radio, dovuta a qualche visitina di quei simpaticoni di Mangiamorte nella nostra zona».
«Ma è Lee Jordan!» esclamò Hermione.
«Lo so!» Ron fece un gran sorriso. «Ganzo, eh?»
«... Adesso ci siamo trovati un altro posto sicuro» stava dicendo Lee, «e ho il piacere di annunciarvi che due dei nostri collaboratori fissi sono qui con noi stasera. Buonasera, ragazzi!»
«Salve».
«'Sera, River».
«River è Lee» spiegò Ron. «Hanno tutti nomi in codice, ma di solito si riesce a...»
«Ssst!» fece Hermione.
«Ma prima di ascoltare Royal e Romulus» riprese Lee, «dedichiamo un istante all'elenco dei caduti che Radio Strega Network e La Gazzetta del Profeta non ritengono importante divulgare. È con enorme dolore che informiamo i nostri ascoltatori dell'assassinio di Ted Tonks e Dirk Cresswell». Harry sentì un vuoto nello stomaco. Lui, Ron e Hermione si guardarono terrorizzati.
«È stato ucciso anche un folletto di nome Gonci. Si pensa che il Nato Babbano Dean Thomas e un secondo folletto, entrambi presumibilmente in viaggio con Tonks, Cresswell e Gonci, siano sfuggiti alla morte. Se Dean è
in ascolto, o se qualcuno sa dove si trova, i genitori e le sorelle cercano disperatamente sue notizie.
«Nel frattempo a Gaddley una famiglia Babbana di cinque persone è stata trovata morta in casa. Le autorità Babbane attribuiscono i decessi a una fuga di gas, ma alcuni membri dell'Ordine della Fenice mi informano che è
stato un Anatema che Uccide: una prova ulteriore, se ce ne fosse bisogno, del fatto che le stragi di Babbani stanno diventando qualcosa di più che un'attività ricreativa sotto il nuovo regime.
«Infine siamo dolenti di informare i nostri ascoltatori che i resti di Bathilda Bath sono stati scoperti a Godric's Hollow. A quanto pare la morte risale a diversi mesi fa. L'Ordine della Fenice ci informa che il suo corpo mostrava inconfondibili tracce di ferite da Magia Oscura.
«Cari ascoltatori, vi invito ora a unirvi a noi nell'osservare un minuto di silenzio in memoria di Ted Tonks, Dirk Cresswell, Bathilda Bath, Gonci e degli sconosciuti, ma non meno rimpianti, Babbani assassinati dai Mangiamorte». Calò il silenzio. Harry, Ron e Hermione tacquero. Una metà di Harry era avida di saperne di più, una metà temeva le possibili novità. Era la prima volta da molto tempo che si sentiva in contatto con il mondo esterno.
«Grazie» riprese la voce di Lee. «E ora rivolgiamoci al nostro collaboratore, Royal, per un aggiornamento sugli effetti del nuovo ordine magico sul mondo Babbano».
«Grazie, River» rispose una voce inconfondibile, profonda, misurata, rassicurante.
«Kingsley!» sbottò Ron.
«Lo sappiamo!» lo zittì Hermione.
«I Babbani continuano a ignorare la causa delle loro sofferenze ma stanno subendo ripetute, pesanti perdite» cominciò Kingsley. «Tuttavia, continuiamo a sentire storie profondamente significative di maghi e streghe che rischiano la propria incolumità per proteggere amici e vicini Babbani, spesso a insaputa dei Babbani stessi. Vorrei fare un appello a tutti gli ascoltatori perché seguano il loro esempio, magari imponendo un incantesimo di protezione sulle abitazioni Babbane della loro strada. Molte vite potrebbero essere salvate adottando queste semplici misure».
«E che cosa diresti, Royal, a quegli ascoltatori che obiettano che in tempi così pericolosi dovrebbe valere il motto 'prima i maghi'?» gli chiese Lee.
«Direi che da 'prima i maghi' a 'prima i Purosangue', e infine a 'prima i Mangiamorte' il passo è breve» rispose Kingsley. «Siamo tutti esseri umani, no? Ogni vita umana ha lo stesso valore e merita di essere salvata».
«Ben detto, Royal, ti garantisco il mio voto per il Ministero della Magia non appena saremo usciti da questo disastro» continuò Lee. «E ora passiamo la parola a Romulus per la nostra popolare rubrica: 'Amici di Potter'».
«Grazie, River» replicò un'altra voce molto familiare; Ron fece per parlare, ma Hermione lo anticipò con un sussurro.
«Lo sappiamo, è Lupin!»
«Romulus, tu continui a sostenere, come hai fatto tutte le volte che hai partecipato al nostro programma, che Harry Potter è ancora vivo?»
«Certamente» rispose Lupin con decisione. «Non ho alcun dubbio che la notizia della sua morte sarebbe stata diffusa con la massima sollecitudine dai Mangiamorte, perché sarebbe un colpo fatale per il morale di coloro che si oppongono al nuovo regime. Il Ragazzo Che È Sopravvissuto resta il simbolo di tutto ciò per cui stiamo lottando: il trionfo del bene, il potere dell'innocenza, il bisogno di continuare a resistere».
Un misto di gratitudine e vergogna pervase Harry. Lupin allora l'aveva perdonato per le cose terribili che gli aveva detto?
«E cosa diresti a Harry se fosse in ascolto, Romulus?»
«Gli direi che siamo tutti con lui». Lupin esitò e riprese. «E gli direi di seguire il suo istinto, che è affidabile e quasi sempre nel giusto». Harry guardò Hermione: aveva gli occhi pieni di lacrime.
«Quasi sempre nel giusto» ripeté lei.
«Ah, non ve l'avevo detto?» intervenne Ron, sorpreso. «Bill mi ha raccontato che Lupin è tornato a vivere con Tonks! E a quanto pare lei sta diventando bella grossa».
«... e il consueto aggiornamento sugli amici di Harry Potter che stanno soffrendo per la loro lealtà?» stava chiedendo Lee.
«Be', come i nostri ascoltatori sapranno, molti dei più aperti sostenitori di Harry Potter sono stati imprigionati, tra cui Xenophilius Lovegood, già
direttore del Cavino...» disse Lupin.
«Almeno è ancora vivo!» borbottò Ron.
«Abbiamo anche saputo nelle ultime ore che Rubeus Hagrid...» e tutti e tre trattennero rumorosamente il respiro, rischiando di perdersi il resto della frase «... noto guardiacaccia alla Scuola di Hogwarts, è sfuggito per un soffio all'arresto nel territorio della Scuola, dove corre voce che abbia ospitato una festa 'Pro Harry Potter'. Tuttavia Hagrid non è stato fatto prigioniero e pensiamo che si sia dato alla macchia».
«Immagino che avere un fratellastro alto cinque metri sia d'aiuto se vuoi sfuggire ai Mangiamorte» commentò Lee.
«Diciamo che ti dà un certo vantaggio» convenne Lupin serio. «Vorrei solo aggiungere che anche se noi qui a Radio Potter applaudiamo Hagrid per il suo coraggio, consigliamo anche i più fedeli sostenitori di Harry di non seguirne l'esempio. Le feste 'Pro Harry Potter' sono poco prudenti nel clima attuale» .
«Senza dubbio, Romulus» convenne Lee, «perciò vi suggeriamo di continuare a dimostrare la vostra dedizione all'uomo con la cicatrice a saetta ascoltando Radio Potter! E ora passiamo al mago che si sta dimostrando elusivo quanto Harry Potter. Ci piace riferirci a lui come al Mangiamorte Capo. Qui con noi, per commentare alcune delle voci più deliranti che circolano sul suo conto, ho il piacere di presentarvi il nostro nuovo collaboratore: Rodente».
« Rodente? » ripeté un'altra voce familiare, e Harry, Ron e Hermione gridarono in coro: «Fred!»
«No... è George?»
«È Fred, credo» confermò Ron, avvicinandosi alla radiolina, mentre il gemello, quale che fosse, diceva: «Niente 'Rodente', non se ne parla, ti avevo detto che volevo chiamarmi 'Mordente'!»
«Oh, d'accordo, allora. Mordente, puoi dirci il tuo punto di vista sulle varie storie che circolano sul Mangiamorte Capo?»
«Sì, certo, River» rispose Fred. «Come i nostri ascoltatori sapranno, a meno che non si siano rifugiati in fondo allo stagno di un giardino o in un posto del genere, la strategia di Voi-Sapete-Chi di restare nell'ombra sta diffondendo un piacevole clima di panico. Badate, se tutti i presunti avvistamenti fossero autentici, dovrebbero esserci in giro almeno diciannove Voi-Sapete-Chi».
«Il che gli sta benissimo, naturalmente» intervenne Kingsley. «Il mistero crea più terrore che se si facesse veramente vedere».
«Esatto» continuò Fred. «Quindi, gente, cerchiamo di darci una calmata. Va già abbastanza male senza che ci inventiamo le cose. Per esempio, questa nuova idea che Voi-Sapete-Chi sia in grado di uccidere solo con lo sguardo. Quello è il Basilisco, gentile pubblico. Una semplice prova: se la cosa che vi sta lumando ha le gambe, potete guardarla tranquillamente negli occhi. Naturalmente, se è davvero Voi-Sapete-Chi è comunque molto probabile che sia l'ultima cosa che farete».
Per la prima volta in settimane e settimane, Harry rideva: sentì il peso della tensione scivolargli di dosso.
«E le voci di avvistamenti all'estero?» chiese Lee.
«Be', chi non vorrebbe farsi una bella vacanza dopo mesi di duro lavoro?» rispose Fred. «Il punto è, gente, non cullatevi in un falso senso di sicurezza, solo perché pensate che sia fuori dal nostro paese. Forse lo è, forse no, ma resta il fatto che se vuole è in grado di spostarsi più in fretta di Severus Piton davanti a un flacone di shampoo, quindi non contate sul fatto che sia molto lontano, se avete in mente di correre dei rischi. Non avrei mai immaginato di dire una cosa del genere, ma la prudenza viene prima di tutto!»
«Grazie infinite per queste sagge parole, Mordente» concluse Lee.
«Gentili ascoltatori, con questo siamo giunti alla fine di un'altra puntata di Radio Potter. Non sappiamo quando potremo essere di nuovo in onda; ma state certi che torneremo. Continuate a girare quelle manopole: la prossima parola d'ordine sarà 'Malocchio'. Proteggetevi a vicenda; abbiate fede. Buonanotte».
La manopola della radio ruotò e le luci dietro il pannello si spensero. Harry, Ron e Hermione sorridevano ancora. Sentire quelle voci familiari e amiche era stato un tonico straordinario; Harry si era così abituato all'isolamento da aver quasi dimenticato che anche altri resistevano a Voldemort. Era come svegliarsi da un lungo sonno.
«Bello, eh?» domandò Ron allegramente.
«Geniale» commentò Harry.
«Sono così coraggiosi» sospirò Hermione ammirata. «Se li trovano...»
«Be', non stanno mai fermi» ribatté Ron. «Come noi».
«Ma avete sentito cos'ha detto Fred?» chiese Harry eccitato; ora che la trasmissione era finita, i suoi pensieri ritornarono sull'ossessione che lo consumava. «È all'estero! Sta ancora cercando la Bacchetta, lo sapevo!»
«Harry...»
«Andiamo, Hermione, perché non vuoi ammetterlo? Vol...»
«HARRY, NO!»
«... demort sta cercando la Bacchetta di Sambuco!»
«Il suo nome è Tabù!» mugghiò Ron, e balzò in piedi perché un sonoro crac tra risuonato fuori dalla tenda. «Te l'avevo detto, Harry, te l'avevo detto, non possiamo più pronunciarlo... dobbiamo imporre di nuovo la protezione... presto... è così che trovano...»
Ma Ron tacque, e Harry capì perché. Lo Spioscopio sul tavolo si era acceso e aveva cominciato a girare; udirono voci, sempre più vicine: voci aspre, eccitate. Ron si sfilò di tasca il Deluminatore e lo fece scattare: le luci si spensero.
«Venite fuori con le mani in alto!» urlò una voce stridula nel buio.
«Sappiamo che siete lì dentro! Avete sei bacchette puntate addosso e non ci importa chi colpiamo!»
CAPITOLO 23
VILLA MALFOY
Harry si voltò a guardare i due amici, di cui vedeva solo i contorni nell'oscurità. Vide Hermione puntare la bacchetta, non verso l'esterno, ma contro di lui; un'esplosione, un lampo di luce bianca, e si accasciò dolorante, accecato. Sentì il volto gonfiarsi rapidamente sotto le dita, mentre passi pesanti li circondavano.
«Alzati, feccia».
Mani ignote lo tirarono brutalmente in piedi. Prima che potesse impedirlo, qualcuno gli aveva frugato nelle tasche e tolto la bacchetta di prugnolo. Harry si tastò la faccia che gli faceva un male terribile ed era irriconoscibile al tatto: tesa, gonfia e dilatata come per una violenta reazione allergica. Gli occhi erano ridotti a fessure attraverso cui vedeva a stento; perse gli occhiali quando lo spinsero fuori dalla tenda; riuscì a distinguere solo le forme sfocate di quattro o cinque persone che trascinavano fuori anche Ron e Hermione.
«Giù... le mani... da lei!» urlò Ron. Si udì il suono inconfondibile di nocche contro la carne. Ron gemette di dolore e Hermione gridò: «No! Lascialo stare, lascialo stare!»
«Il tuo fidanzato subirà anche di peggio se si trova sulla mia lista» ghignò una voce stridula, orrendamente familiare. «Ragazza deliziosa... che bocconcino... adoro la pelle morbida...»
A Harry si rivoltò lo stomaco. L'aveva riconosciuto: Fenrir Greyback, il lupo mannaro che aveva il permesso di indossare vesti di Mangiamorte in cambio della sua mercenaria ferocia.
«Perquisite la tenda!» ordinò un'altra voce.
Harry fu buttato a terra a faccia in giù. Un tonfo gli disse che Ron era stato gettato accanto a lui. Udirono passi e un gran fragore; gli uomini rovesciavano le sedie setacciando la tenda.
«Adesso vediamo un po' chi abbiamo preso» gongolò dall'alto la voce di Greyback, e Harry fu rivoltato sulla schiena. Un raggio di luce di bacchetta lo colpì in volto e Greyback rise.
«Mi ci vorrà un bel po' di Burrobirra per mandare giù questo. Cosa ti è
successo, mostro?»
Harry non rispose subito.
«Ti ho chiesto» ripeté Greyback, accompagnando la domanda con un colpo al diaframma che fece piegare in due Harry, «cosa ti è successo?»
«Punto» mugolò Harry. «Qualcosa mi ha punto».
«Così pare» osservò una seconda voce.
«Come ti chiami?» ringhiò Greyback.
«Dudley» rispose Harry.
«E di nome?»
«Io... Vernon, Vernon Dudley».
«Controlla la lista, Scabior» comandò Greyback, e Harry sentì che si spostava per osservare Ron. «E tu, Rosso?»
«Stan Picchetto» rispose Ron.
«Col cavolo» replicò Scabior. «Lo conosciamo bene, Stan Picchetto, ci ha passato un mucchio di lavoro».
Un altro colpo.
«Sodo Bardy» disse Ron, e Harry capì che aveva la bocca piena di sangue. «Bardy Weadley».
«Un Weasley?» domandò Greyback con la sua voce aspra. «Quindi sei imparentato con traditori del proprio sangue anche se non sei un Nato Babbano. E infine, la tua graziosa amichetta...» Il piacere con cui lo disse fece accapponare la pelle a Harry.
«Calma, Greyback» intervenne Scabior sopra le risatine degli altri.
«Oh, non morderò subito. Vediamo se è più svelta di Barny a ricordare il suo nome. Chi sei, ragazzina?»
«Penelope Light» rispose Hermione, terrorizzata ma convincente.
«Qual è il tuo Stato di Sangue?»
«Mezzosangue» rispose Hermione.
«Ci vuole un attimo a controllare» disse Scabior. «Ma sembrano tutti in età da Hogwarts...»
«Abbiabo bollado» spiegò Ron.
«Avete mollato, Rosso?» chiese Scabior. «E avete deciso di andare un po' in campeggio? E tanto per farvi due risate avete pensato di usare il nome del Signore Oscuro?»
«Dod per ridere» precisò Ron. «Idcidedde».
«Un incidente?» Altre risate di scherno.
«Lo sai a chi piaceva pronunciare il nome del Signore Oscuro, Weasley?» ringhiò Greyback. «A quelli dell'Ordine della Fenice. Ti dice niente?»
«Do».
«Be', siccome non portano il dovuto rispetto al Signore Oscuro, il suo nome è diventato Tabù. Ne sono stati trovati un po', in questo modo. Vedremo. Legateli con gli altri due prigionieri!»
Qualcuno tirò su Harry per i capelli, lo trascinò, lo mise a sedere e cominciò a legarlo ad altri, schiena contro schiena. Era ancora semicieco; con gli occhi così gonfi non riusciva a vedere quasi nulla. Quando l'uomo che li aveva legati si fu allontanato, sussurrò agli altri prigionieri: «Qualcuno ha una bacchetta?»
«No» risposero Ron e Hermione ai suoi lati.
«Tutta colpa mia. Ho detto il nome, mi spiace...»
«Harry?»
Era una voce nuova, ma nota, e veniva dalle spalle di Harry, dalla persona legata alla sinistra di Hermione.
« Dean? »
«Sei proprio tu! Se scoprono cos'hanno per le mani...! Sono Ghermidori, cercano solo dei vagabondi da vendere per denaro...»
«Un bottino niente male per una sola notte» commentò Greyback, men-tre un paio di stivali chiodati marciava accanto a Harry. Udirono altri rumori da dentro la tenda. «Una Mezzosangue, un folletto fuggiasco e tre ragazzi che marinano la scuola. Hai controllato la lista, Scabior?» ruggì.
«Sì. Qui non c'è nessun Vernon Dudley, Greyback».
«Interessante» fece Greyback. «Proprio interessante».
Si accovacciò vicino a Harry, che dalla sottile fessura tra le palpebre gonfie vide una faccia coperta di peli grigi impastati, con denti marroni affilati e piaghe ai lati della bocca. Greyback puzzava come in cima alla Torre dov'era morto Silente: di polvere, sudore e sangue.
«Quindi non sei ricercato, Vernon? O sei su quella lista sotto un altro nome? A che casa appartenevi a Hogwarts?»
«Serpeverde» rispose Harry senza pensare.
«Buffo, sono tutti convinti che è quello che vogliamo sentire, eh?» sogghignò Scabior nell'ombra. «Ma nessuno che sappia dirci dov'è la sala comune».
«Nei sotterranei» rispose Harry. «Si entra attraverso il muro. È piena di teschi e cose del genere ed è sotto il lago, perciò la luce è verde». Ci fu una breve pausa.
«Bene bene, pare che abbiamo preso davvero un piccolo Serpeverde»
osservò Scabior. «Buon per te, Vernon, perché non ci sono tanti Serpeverde impuri. Chi è tuo padre?»
«Lavora al Ministero» mentì Harry. Sapeva che tutta la sua storia sarebbe crollata alla minima indagine, ma d'altra parte aveva tempo solo finché
il suo volto non fosse tornato normale e il gioco sarebbe finito comunque.
«Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici».
«Sai, Greyback» commentò Scabior. «Mi pare che c'è un Dudley là». A Harry mancò il respiro: possibile che la fortuna, un puro colpo di fortuna, li tirasse fuori da quel guaio?
«Bene bene» fece Greyback, e Harry avvertì una lievissima nota di trepidazione in quella voce spietata. Capì che il lupo mannaro si stava chiedendo se aveva davvero aggredito e legato il figlio di un funzionario del Ministero. Il cuore gli batteva contro le corde che gli serravano le costole; non si sarebbe stupito se Greyback l'avesse notato. «Se dici la verità, mostro, non hai niente da temere da un giretto al Ministero. Immagino che tuo padre ci ricompenserà solo perché ti abbiamo trovato».
«Ma» tentò Harry, la bocca arida «se voi ci lasciate...»
«Ehi!» Un urlo si levò dalla tenda. «Guarda qui, Greyback!»
Una sagoma scura corse verso di loro e Harry vide un bagliore argentato alla luce delle bacchette. Avevano trovato la spada di Grifondoro.
«Moooolto carina» commentò Greyback in tono ammirato, prendendola dal compagno. «Oh, davvero molto carina. Sembra opera di folletti, quella. Dove avete trovato una cosa del genere?»
«È di mio padre» mentì Harry, sperando con tutta l'anima che fosse troppo buio perché Greyback notasse il nome inciso sotto l'elsa. «L'abbiamo presa in prestito per tagliare la legna...»
«Un momento, Greyback! Guarda qua, sul Profeta!»
Mentre Scabior parlava, la cicatrice di Harry, che era tirata sulla fronte gonfia, arse dolorosamente. Più nitida di qualunque altra cosa attorno a lui, vide una torre. Una cupa fortezza, minacciosa e nera come la pece. I pensieri di Voldemort erano improvvisamente tornati chiarissimi; avanzava scivolando verso la gigantesca costruzione con serena e gioiosa determinazione... Così vicino... così vicino...
Con un enorme sforzo di volontà, Harry chiuse la mente ai pensieri di Voldemort e tornò dov'era, legato a Ron, Hermione, Dean e Unci-unci nel buio, ad ascoltare Greyback e Scabior.
« 'Hermione Granger' » lesse Scabior, « 'la Nata Babbana nota per essere in viaggio con Harry Potter' ».
La cicatrice bruciò nel silenzio e Harry fece una grande fatica per restare lucido, per non scivolare dentro la testa di Voldemort. Udì lo scricchiolio degli stivali di Greyback che si stava accucciando accanto a Hermione.
«La sai una cosa, ragazzina? Questa qui nella foto ti assomiglia da morire».
«No! Non sono io!»
Il suo squittio terrorizzato equivaleva a una confessione.
« '... nota per essere in viaggio con Harry Potter' » ripeté piano Greyback. Sulla scena calò il silenzio. La cicatrice bruciava, il dolore era intensissimo, ma Harry si oppose con tutte le sue forze all'attrazione dei pensieri di Voldemort: restare presente a se stesso non era mai stato tanto importante.
«Be', questo cambia le cose, vero?» mormorò il lupo mannaro. Nessuno parlò; Harry avvertì la banda di Ghermidori attoniti e paralizzati, e il braccio di Hermione tremare contro il suo. Greyback si alzò e fece qualche passo verso di lui, poi si accovacciò di nuovo per osservare da vicino i suoi tratti deformi.
«Che cos'è quella cosa che hai sulla fronte, Vernon?» chiese con voce suadente, e premette un dito sudicio sulla cicatrice tesa; il suo alito fetido investì le narici di Harry.
«Non toccarla!» gridò Harry; non riuscì a trattenersi; stava per vomitare dal dolore.
«Pensavo che portassi gli occhiali, Potter» sussurrò Greyback.
«Ho trovato gli occhiali!» uggiolò uno dei Ghermidori sullo sfondo.
«C'erano degli occhiali dentro la tenda, Greyback, aspetta...»
E un attimo dopo Harry si ritrovò gli occhiali spiaccicati sulla faccia. I Ghermidori si avvicinarono, sogguardandolo.
«È lui!» ululò Greyback. «Abbiamo preso Potter!»
Indietreggiarono tutti, storditi dalla loro impresa. Harry, che ancora lottava per restare dentro la propria mente divisa in due, non riuscì a dire nulla: visioni frammentarie gli attraversavano il cervello...
... scivolava attorno alle alte mura della fortezza nera... No, era Harry, legato e disarmato, in grave pericolo...
... guardò in su, verso la finestra più alta, la torre più alta... Era Harry, e stavano discutendo della sua sorte...
... ora di volare...
«... al Ministero?»
«Al diavolo il Ministero» ringhiò Greyback. «Si prenderanno tutto il merito e non ci degneranno di uno sguardo. Io dico di portarlo dritto da Voi-Sapete-Chi».
«Lo vuoi chiamare? Qui?» domandò Scabior, sgomento.
«No» abbaiò Greyback. «Io non ho... dicono che usa Villa Malfoy come base. Porteremo là il ragazzo».
Harry immaginò di sapere perché Greyback non chiamava Voldemort. Il lupo mannaro poteva anche avere il permesso di indossare un abito da Mangiamorte quando volevano servirsi di lui, ma solo la cerchia più intima di Voldemort portava il Marchio Nero: questo sommo onore a Greyback non era stato concesso.
La cicatrice arse di nuovo.
... e si sollevò nella notte e volò fino alla finestra in cima alla torre...
«... sicuro che è lui? Perché se ti sbagli, Greyback, siamo morti».
«Chi comanda qui?» ruggì Greyback, celando il proprio momento di inadeguatezza. «Io dico che è Potter, e lui più la sua bacchetta fanno duecentomila galeoni tondi tondi! Ma se non avete il fegato di seguirmi, mi terrò tutto io, e con un po' di fortuna mi daranno anche la ragazza!»
... la finestra era una strettissima fessura nella pietra nera, non grande abbastanza da far passare un uomo... dentro si vedeva una sagoma schele- trica, rannicchiata sotto una coperta... morta, o addormentata...?
«D'accordo!» sbottò Scabior. «D'accordo, ci stiamo! E gli altri, Greyback, cosa ne facciamo?»
«Tanto vale portarli tutti. Abbiamo due Nati Babbani, e fanno dieci galeoni in più. Dammi anche la spada. Se sono rubini, è un'altra piccola fortuna». I prigionieri furono tirati in piedi. Harry udì il respiro di Hermione, affannato e terrorizzato.
«Teneteli ben stretti. Io penso a Potter!» comandò Greyback, afferrando i capelli di Harry, che avvertì le lunghe unghie gialle graffiargli la cute.
«Al mio tre! Uno... due... tre...»
Si Smaterializzarono, trascinando con sé i prigionieri. Harry cercò di liberarsi dalla presa di Greyback, ma fu inutile: aveva Ron e Hermione appiccicati ai suoi fianchi, non poteva separarsi dal gruppo, e mentre il fiato gli veniva schiacciato fuori dai polmoni, la cicatrice arse ancora più dolorosa...
...si insinuava come un serpente nella fessura della finestra e calava, lieve come vapore, nella stanza simile a una cella... I prigionieri barcollarono e si urtarono atterrando su un viottolo di campagna. Agli occhi di Harry, ancora gonfi, occorse qualche istante per adattarsi, poi vide un grande cancello di ferro all'ingresso di un lungo viale. Provò un infinitesimo moto di sollievo. Il peggio non era ancora accaduto: Voldemort non era lì. Harry, che stava lottando per resistere alla visione, sapeva che lui si trovava in un luogo strano, simile a una fortezza, sulla vetta di una torre. Quanto avrebbe impiegato a tornare, una volta scoperto che Harry era lì, era un'altra faccenda...
Uno dei Ghermidori andò al cancello e lo scosse.
«Come facciamo a entrare? È chiuso, Greyback, non so... che cavolo!»
Ritrasse le mani, terrorizzato. Il ferro si contorceva, i ricci e le curve si scomposero per mutarsi in un volto spaventoso che parlò con voce metallica e roboante: «Dichiarate il vostro intento!»
«Abbiamo Potter!» latrò Greyback trionfante. «Abbiamo catturato Harry Potter!»
Il cancello si spalancò.
«Andiamo!» ordinò Greyback ai suoi uomini, e i prigionieri furono spinti oltre i battenti, lungo il viale, tra alte siepi che attutivano i loro passi. Harry vide una spettrale sagoma bianca sopra di lui e riconobbe un pavone albino. Inciampò e fu strattonato in piedi da Greyback; barcollò sghembo, legato schiena contro schiena agli altri quattro prigionieri. Chiuse gli occhi gonfi e decise di cedere al dolore per un istante: voleva capire che cosa stava facendo Voldemort, se sapeva già che Harry era stato catturato...
... la figura emaciata si mosse sotto la coperta sottile e rotolò verso di lui, gli occhi si aprirono in un volto scheletrico... l'uomo gracile si alzò a sedere, i grandi occhi infossati fissi su di lui, Voldemort, e poi sorrise. A- veva perso quasi tutti i denti...
«E così sei venuto. Sapevo che saresti arrivato... un giorno. Ma il tuo viaggio è stato inutile. Io non l'ho mai avuta».
«Tu menti!»
L'ira di Voldemort pulsava dentro di lui, Harry sentì la cicatrice quasi esplodere dal dolore e riportò la mente al proprio corpo, là dove i prigionieri venivano spintonati sulla ghiaia. Una luce li investì.
«Che c'è?» domandò una fredda voce femminile.
«Siamo qui per vedere Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato» rispose Greyback.
«Chi sei?»
«Tu mi conosci!» C'era risentimento nella voce del lupo mannaro. «Sono Fenrir Greyback! Abbiamo preso Harry Potter!»
Greyback afferrò Harry e lo rigirò verso la luce, costringendo anche gli altri prigionieri a girare.
«Lo so che è gonfio, signora, ma è lui!» s'intromise Scabior. «Se lo guarda da vicino, si vede la cicatrice. E questa qua, vede la ragazza? È la Nata Babbana che va in giro con lui, signora. È lui, abbiamo preso anche la sua bacchetta! Ecco, signora...»
Narcissa Malfoy osservò il volto gonfio di Harry. Scabior le consegnò la bacchetta di prugnolo e lei inarcò le sopracciglia.
«Portali dentro» disse.
Harry e gli altri salirono i larghi gradini di pietra a suon di spinte e calci ed entrarono nell'ingresso tappezzato di ritratti.
«Seguitemi» continuò Narcissa, facendo loro strada. «Mio figlio Draco è
a casa per le vacanze di Pasqua. Se quello è Harry Potter, lo riconoscerà». Il salotto era accecante dopo tutto quel buio; anche con gli occhi semichiusi Harry si rese conto della vastità della stanza. Un lampadario di cristallo pendeva dal soffitto, altri ritratti erano allineati sulle pareti viola scuro. Due figure si alzarono dalle poltrone davanti a un camino di marmo quando i Ghermidori spinsero dentro i prigionieri.
«Cosa succede?»
Era la voce strascicata, spaventosamente familiare di Lucius Malfoy. Harry fu preso dal panico: non vedeva una via d'uscita e adesso era più
semplice, con il montare della paura, ignorare i pensieri di Voldemort. Ma la cicatrice continuava a bruciare.
«Dicono che hanno preso Potter» riferì la voce fredda di Narcissa.
«Draco, vieni qui».
Harry non osò guardare negli occhi Draco, ma lo vide di sghembo: un po' più alto di lui, la macchia pallida e affilata del volto sotto i capelli di un biondo quasi bianco.
Greyback costrinse i prigionieri a girarsi di nuovo in modo che Harry si trovasse proprio sotto il lampadario.
«Allora, ragazzo?» abbaiò il lupo mannaro.
Harry era davanti allo specchio sopra il camino, uno specchio grande, con una cornice dorata a volute. Attraverso le palpebre semichiuse vide il proprio riflesso per la prima volta da quando aveva lasciato Grimmauld Place.
Il suo volto era grosso, lucido e roseo, ogni lineamento deformato dalla fattura di Hermione. I capelli neri gli arrivavano alle spalle e aveva un'ombra scura attorno alla mascella. Se non avesse saputo che era proprio lui, si sarebbe chiesto chi si era messo i suoi occhiali. Decise di tacere, perché di certo la voce l'avrebbe tradito, e continuò a evitare il contatto visivo con Draco che si avvicinava.
«Allora, Draco» lo incitò Lucius Malfoy. Sembrava molto ansioso. «È
lui? È Harry Potter?»
«Io non... io non sono sicuro» rispose Draco. Si teneva a distanza da Greyback e pareva aver paura di guardare Harry quanta Harry ne aveva di guardare lui.
«Ma osservalo bene, dai! Avvicinati!»
Harry non aveva mai sentito Lucius Malfoy così eccitato.
«Draco, se saremo noi a consegnare Potter al Signore Oscuro, tutto sarà
per...»
«Non ci vorremo dimenticare chi è stato a catturarlo, spero, signor Malfoy» lo interruppe Greyback minaccioso.
«Certo che no, certo che no!» ribatté Lucius con impazienza. Si avvicinò
lui stesso, tanto che Harry riuscì a vedere il suo volto languido e pallido nei minimi dettagli, nonostante le palpebre gonfie. Con la faccia ridotta a una maschera, Harry aveva l'impressione di spiare tra le sbarre di una gabbia.
«Che cosa gli avete fatto?» chiese Lucius a Greyback. «Come si è ridotto così?»
«Non siamo stati noi».
«A me pare più che altro una Fattura Pungente» commentò Lucius. I suoi occhi grigi percorsero la fronte di Harry.
«C'è qualcosa lì» sussurrò, «potrebbe essere la cicatrice, molto tirata... Draco, vieni qui, guarda bene! Che cosa ne dici?»
Harry vide il volto di Draco avvicinarsi, adesso, accanto a quello del padre. Erano straordinariamente simili, ma Lucius era fuori di sé dall'esaltazione, mentre l'espressione di Draco era piena di riluttanza, perfino di spavento.
«Non so» dichiarò infine il ragazzo, e se ne andò verso il camino dove sua madre, in piedi, osservava la scena.
«È meglio esserne sicuri, Lucius» disse Narcissa al marito con la sua voce fredda e chiara. «Completamente sicuri che sia Potter, prima di convocare il Signore Oscuro... Dicono che questa è sua» continuò, studiando la bacchetta di prugnolo, «ma non corrisponde alla descrizione di Olivander... Se ci sbagliamo, se chiamiamo il Signore Oscuro per niente... ti ricordi cos'ha fatto a Rowle e Dolohov?»
«E la Nata Babbana, allora?» ringhiò Greyback. Harry sentì i piedi sollevarsi da terra quando i Ghermidori costrinsero i prigionieri a girarsi di nuovo, in modo che questa volta la luce investisse Hermione.
«Un momento» fece Narcissa brusca. «Sì... sì, era da Madama McClan con Potter! Ho visto la sua foto sul Profeta! Guarda, Draco, non è quella Granger?»
«Io... forse... sì».
«Ma allora quello è il ragazzo Weasley!» gridò Lucius, girando attorno ai prigionieri per mettersi davanti a Ron. «Sono loro, gli amici di Potter... Draco, guardalo, non è il figlio di Arthur Weasley, com'è che si chiama...?»
«Sì» ripeté Draco, dando le spalle ai prigionieri. «Può darsi». La porta del salotto si aprì dietro Harry. Una donna parlò e il suono della sua voce portò il livello della paura di Harry ancora più in alto.
«Cosa c'è? Che cos'è successo, Cissy?»
Bellatrix Lestrange passeggiò lentamente attorno ai prigionieri e si fermò alla destra di Harry per osservare Hermione attraverso le palpebre pe-santi.
«Ma questa» mormorò «è la ragazza Mezzosangue... la Granger?»
«Sì, sì, è la Granger!» gridò Lucius. «E quello vicino, pensiamo, è Potter! Potter e i suoi amici prigionieri, finalmente!»
«Potter?» strillò Bellatrix, e arretrò per guardarlo meglio. «Sei sicuro? Il Signore Oscuro dev'essere immediatamente informato!»
Si tirò su la manica sinistra: Harry vide il Marchio Nero impresso a fuoco nel braccio e capì che stava per toccarlo, per convocare l'amato padrone...
«Stavo per chiamarlo io!» esclamò Lucius, afferrando il polso di Bellatrix e impedendole di toccare il Marchio. «Lo chiamerò io, Bella, Potter è
stato portato in casa mia, e si trova quindi sotto la mia autorità...»
«La tua autorità!» rise lei, cercando di liberarsi dalla stretta. «Tu hai perso l'autorità insieme alla bacchetta, Lucius! Come osi? Toglimi le mani di dosso!»
«Questo non ha nulla a che vedere con te, non sei stata tu a catturare il ragazzo...»
«Chiedo perdono, signor Malfoy» li interruppe Greyback, «ma siamo stati noi a catturare Potter, e spetta a noi l'oro...»
«L'oro!» sghignazzò Bellatrix. Era ancora in lotta con il cognato e con la mano libera cercava nella tasca la bacchetta. «Prenditi pure il tuo oro, sudicio avvoltoio, a me non serve l'oro! Io cerco solo l'onore della sua... della...»
Cessò di lottare, gli occhi scuri puntati su qualcosa che Harry non poteva vedere. Esultante per la sua resa, Lucius le lasciò andare la mano e alzò la manica...
«FERMO!» strillò Bellatrix. «Non toccarlo, moriremo tutti se il Signore Oscuro arriva adesso!»
Lucius s'immobilizzò, l'indice sospeso sopra il Marchio. Bellatrix uscì
dal limitato campo visivo di Harry.
«Cos'è quella?» la udì chiedere.
«Spada» grugnì uno dei Ghermidori fuori campo.
«Dammela».
«Non è sua, signorina, è mia, l'ho trovata io».
Un'esplosione e un lampo di luce rossa: Harry capì che il Ghermidore era stato Schiantato. I suoi compagni proruppero in ruggiti di rabbia e Scabior sfoderò la bacchetta.
«A che gioco vuole giocare, donna?»
« Stupeficium» urlò lei. « Stupeficium! »
Non erano alla sua altezza, anche se erano quattro contro una: lei era una strega, come Harry ben sapeva, straordinariamente dotata e del tutto priva di coscienza. Crollarono a terra tutti, tranne Greyback, che però fu costretto in ginocchio a braccia aperte. Con la coda dell'occhio, Harry vide Bellatrix china sul lupo mannaro, la spada di Grifondoro stretta in pugno, il volto cereo.
«Dove hai preso questa spada?» sussurrò a Greyback sfilandogli la bacchetta dalla presa ormai allentata.
«Come osi?» ringhiò lui. La bocca era la sola cosa che potesse ancora muovere ed era costretto a guardarla dal basso in alto. Scoprì i denti affilati. «Lasciami andare, donna!»
«Dove hai trovato questa spada?» ripeté lei, brandendogliela davanti al muso. «Piton l'ha rinchiusa nella mia camera blindata alla Gringott!»
«Era nella loro tenda» rispose Greyback. «Lasciami, ho detto!»
Lei mosse la bacchetta e il lupo mannaro balzò in piedi, ma sembrava troppo spaventato per avvicinarsi. Andò a rannicchiarsi dietro una poltrona, le sudicie unghie ricurve sullo schienale.
«Draco, porta fuori questa feccia» ordinò Bellatrix indicando gli uomini svenuti. «Se non hai il coraggio di finirli, lasciali in cortile, ci penserò io».
«Non osare parlare a Draco in...» intervenne Narcissa furiosa, ma Bellatrix urlò: «Zitta! La situazione è più grave di quanto tu possa immaginare, Cissy! Abbiamo un problema molto serio!»
Osservò la spada, col respiro accelerato, studiando l'elsa. Poi si voltò a guardare i prigionieri silenziosi.
«Se è davvero Potter non bisogna ferirlo» borbottò, più a se stessa che agli altri. «Il Signore Oscuro desidera provvedere di persona a Potter... ma se scopre... devo... devo sapere...»
Si rivolse di nuovo alla sorella.
«Rinchiudete i prigionieri nel sotterraneo mentre rifletto sul da farsi!»
«Questa è casa mia, Bella, tu non dai ordini in casa...»
«Fai come ti dico! Non hai idea del pericolo in cui ci troviamo!» strillò
Bellatrix: era spaventosa, folle; una striscia di fuoco scaturì dalla sua bacchetta e fece un buco nel tappeto. Narcissa esitò un momento, poi si rivolse al lupo mannaro.
«Porta questi prigionieri nel sotterraneo, Greyback».
«Aspetta» fece Bellatrix brusca. «Tutti tranne... tranne la Mezzosangue». Greyback emise un grugnito soddisfatto.
«No» gridò Ron. «Prendete me, tenete me!»
Bellatrix lo schiaffeggiò; il colpo rimbombò nella stanza.
«Se muore durante l'interrogatorio, tu sarai il prossimo» disse. «Un traditore del proprio sangue per me viene subito dopo un Mezzosangue. Portali di sotto, Greyback, e controlla che siano ben rinchiusi, ma non fare altro... non ancora». Gli restituì la bacchetta, poi estrasse dalla veste un piccolo pugnale d'argento. Separò Hermione dagli altri prigionieri tagliando le corde, poi la trascinò per i capelli al centro della stanza mentre Greyback sospingeva gli altri oltre una porta, lungo un corridoio buio, proiettando con la bacchetta una forza invisibile e irresistibile davanti a sé.
«Chissà se mi lascerà un pezzetto di ragazza quando avrà finito» canticchiò Greyback sospingendoli lungo il corridoio. «Secondo me un bocconcino o due me ne avanzano, tu che dici, Rosso?»
Harry sentì Ron tremare. Furono costretti a scendere per una ripida rampa di scale, ancora legati schiena contro schiena, rischiando di scivolare e spezzarsi il collo. In fondo c'era una porta pesante. Greyback la aprì con un tocco della bacchetta, poi li buttò in una stanza umida e muffa e li lasciò al buio. Il rimbombo della porta non era ancora svanito quando sopra di loro si levò un terribile urlo.
«HERMIONE!» gridò Ron, e prese a contorcersi e a lottare contro le funi che li tenevano legati, facendo barcollare Harry. «HERMIONE!»
«Zitto!» disse Harry. «Taci, Ron, dobbiamo trovare il modo...»
«HERMIONE! HERMIONE!»
«Ci serve un piano, piantala di urlare... dobbiamo liberarci di queste corde...»
«Harry?» qualcuno sussurrò nel buio. «Ron? Siete voi?»
Ron tacque. Un movimento accanto a loro, poi Harry vide un'ombra avvicinarsi.
«Harry? Ron?»
«Luna?»
«Sì, sono io! Oh, no, non volevo che vi prendessero!»
«Luna, puoi far qualcosa per liberarci di queste corde?» chiese Harry.
«Oh, sì, penso di sì... c'è un vecchio chiodo che usiamo se dobbiamo rompere qualcosa... un momento solo...»
Hermione urlò di nuovo sopra di loro, e anche Bellatrix gridava, ma non afferrarono le sue parole perché Ron gridò di nuovo: «HERMIONE!
HERMIONE!»
«Signor Olivander» mormorò Luna. «Signor Olivander, ce l'ha lei il chiodo? Se può solo spostarsi un pochino... credo che sia vicino alla caraffa dell'acqua...»
Tornò dopo pochi secondi.
«Adesso state fermi» disse.
Harry la sentì scavare nelle fibre compatte della corda per sciogliere i nodi. Dall'alto udirono la voce di Bellatrix.
«Te lo chiedo un'altra volta! Dove avete preso quella spada? Dove?»
«L'abbiamo trovata... l'abbiamo trovata... PER FAVORE!» Hermione urlò di nuovo; Ron si divincolò e il chiodo arrugginito scivolò sul polso di Harry.
«Ron, ti prego, stai fermo!» sussurrò Luna. «Non vedo quello che faccio...»
«In tasca!» esclamò Ron. «Nella mia tasca c'è un Deluminatore, è pieno di luce!»
Qualche istante dopo, si udì uno scatto e le sfere luminescenti che il Deluminatore aveva risucchiato dalle lampade della tenda volarono nella cantina: non potendo tornare alla loro fonte rimasero sospese come piccoli soli, inondando di luce la stanza sotterranea. Harry vide Luna, tutta occhi, il volto pallido, e la sagoma immobile di Olivander, il fabbricante di bacchette, rannicchiato sul pavimento nell'angolo. Tese il collo e scorse gli altri prigionieri: Dean e Unci-unci il folletto, che sembrava semisvenuto, tenuto in piedi dalle corde che lo legavano agli umani.
«Oh, così è molto più facile, grazie, Ron» e Luna ricominciò a tagliare i loro legacci. «Ciao, Dean!»
Dall'alto tornò la voce di Bellatrix.
«Stai mentendo, sudicia Mezzosangue, lo so! Siete stati nella mia camera blindata alla Gringott! Dimmi la verità, la verità!»
Un altro urlo terribile...
«HERMIONE!»
«Che cos'altro avete rubato? Che cos'altro avete? Dimmi la verità o giuro che ti trapasso con questo pugnale!»
«Ecco!»
Harry sentì le corde cadere e si voltò, massaggiandosi i polsi. Vide Ron esplorare di corsa la cella, guardare il basso soffitto, cercare una botola. Dean, ammaccato e sporco di sangue, ringraziò Luna e rimase in piedi, tremante, ma Unci-unci scivolò a terra, stordito e disorientato, il volto scuro solcato da profondi tagli. Ron stava cercando di Smaterializzarsi senza bacchetta.
«Non c'è modo di uscire, Ron» gli disse Luna, osservando i suoi vani tentativi. «La cantina è a prova di fuga. Ho cercato anch'io, all'inizio. Il signor Olivander è qui da molto tempo, ha tentato in tutti i modi». Hermione urlò di nuovo; il suono attraversò Harry come un dolore fisico. Senza quasi far caso alla cicatrice che bruciava, anche lui si mise a correre attorno alla cella, tastando le pareti in cerca di non sapeva cosa, sapeva solo, nell'intimo, che era inutile.
«Che altro avete preso, che altro? RISPONDIMI! CRUCIO! »
Le urla di Hermione echeggiarono dalle pareti di sopra. Ron, quasi in singhiozzi, prese a pugni i muri e Harry, per pura disperazione, si sfilò dal collo la saccoccia di Hagrid e cercò a casaccio: estrasse il Boccino di Silente e lo scosse, sperando in qualunque cosa, ma non successe nulla; agitò
le due metà spezzate della bacchetta di fenice, ma erano inerti; il frammento di specchio cadde a terra scintillando e Harry vide un bagliore di un azzurro chiarissimo... L'occhio di Silente lo guardava dallo specchio.
«Aiutaci!» gli gridò, in preda a una folle angoscia. «Siamo nella cantina di Villa Malfoy, aiutaci!»
L'occhio ammiccò e sparì.
Harry non era nemmeno sicuro di averlo visto. Inclinò la scheggia di specchio di qua e di là e non vide riflesso altro che le pareti e il soffitto della loro prigione, e intanto di sopra Hermione urlava forte come non mai e vicino a lui Ron strepitava: «HERMIONE! HERMIONE!»
«Come avete fatto a entrare nella mia camera blindata?» udirono Bellatrix strillare. «Quel sudicio piccolo folletto che c'è giù in cantina vi ha aiutato?»
«L'abbiamo incontrato solo stasera» singhiozzò Hermione. «Non siamo mai stati nella sua camera... quella non è la vera spada! È una copia, solo una copia!»
«Una copia?» strillò Bellatrix. «Ah, questa è buona!»
«Ma possiamo scoprirlo facilmente!» suggerì Lucius. «Draco, va' a prendere il folletto, lui saprà dirci se la spada è vera o no!»
Harry scattò verso Unci-unci rannicchiato a terra.
«Unci-unci» sussurrò all'orecchio a punta del folletto, «devi dirle che quella spada è falsa, non deve scoprire che è quella vera, Unci-unci, per favore...»
Sentì qualcuno scendere la scala del sotterraneo e un attimo dopo la voce tremante di Draco parlò dall'altro lato della porta.
«State indietro. Mettetevi in fila contro il muro in fondo. E state fermi, o vi uccido!»
Obbedirono; quando la serratura scattò, Ron spense il Deluminatore e le luci tornarono nella sua tasca, riportando la stanza nell'oscurità. La porta si spalancò; Malfoy entrò, la bacchetta tesa davanti a sé, pallido e deciso. Afferrò il piccolo folletto per un braccio e indietreggiò, trascinandolo con sé. La porta si richiuse e nello stesso istante un sonoro crac echeggiò dentro la cella.
Ron fece scattare il Deluminatore. Tre sfere di luce volarono di nuovo a mezz'aria, rivelando Dobby l'elfo domestico, che si era appena Materializzato tra loro.
«DOB...!» stava per urlare Ron.
Ma Harry lo colpì sul braccio e Ron si zittì, agghiacciato dal proprio errore. Dei passi attraversarono il soffitto sopra di loro: era Draco che scortava Unci-unci da Bellatrix. Gli occhi grandi come palle da tennis di Dobby erano sgranati; tremava dalla punta dei piedi a quella delle orecchie. Era di nuovo nella casa dei suoi vecchi padroni ed era pietrificato dalla paura.
«Harry Potter» squittì con la vocina tremula, «Dobby è venuto a salvarti».
«Ma come hai...?»
Un grido terribile soffocò le parole di Harry: la tortura di Hermione era ripresa. Andò al sodo.
«Puoi Smaterializzarti fuori dalla cantina?» chiese a Dobby, che annuì, facendo sbatacchiare le orecchie.
«E puoi portare con te degli esseri umani?»
Dobby annuì di nuovo.
«Bene, Dobby, voglio che tu prenda Luna, Dean e il signor Olivander, e li porti... li porti da...»
«Da Bill e Fleur» concluse Ron. «A Villa Conchiglia, vicino a Tinworth!»
L'elfo annuì per la terza volta.
«E poi torna» continuò Harry. «Puoi farlo, Dobby?»