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Alcuni dei nostri dipendenti, più Luis e Jeremiah, stanno smontando il tendone. Altri staccano le lucine a forma di fiocco di neve e avvolgono i fili. Io aiuto i clienti che vengono ad acquistare gli ultimi alberi rimasti: per pochi dollari ciascuno possono portarseli a casa e lasciarli essiccare per farne legna da ardere. Gli addetti del parco comunale arrivano con i loro furgoni per caricare gli abeti che verranno immersi nei laghi della zona creando degli habitat artificiali per i pesci.

Mi sorprendo a toccare la catenina con il ciondolo per tutta la mattina e buona parte del pomeriggio. Io e i miei genitori mangiamo un take-away cinese nella roulotte, e un gruppo di aiutanti torna al lavoro dopo la cena in famiglia. Come ogni anno, accendiamo un falò nel vivaio quasi vuoto. Ci sediamo sulle panche di legno e sulle sedie pieghevoli intorno al fuoco e arrostiamo i marshmallow. Luis fa girare una scatola di biscotti di farina integrale e distribuisce la cioccolata per preparare uno s’more. Heather e Devon si sono uniti a noi e stanno già battibeccando su cosa fare a Capodanno. Lui vorrebbe guardare la partita in TV, lei invece preferirebbe iniziare l’anno con un’escursione.

Jeremiah si siede accanto a me. «Hai l’aria troppo triste, Sierra. In fondo è Natale.»

«Ho sempre detestato la depressione che mi prende la sera del 25. Quest’anno è stato particolarmente duro.»

«Per via di Caleb?» chiede.

«Per Caleb. Per questa città. Per tutto.» Osservo le persone sedute intorno al fuoco. «È come se mi fossi innamorata del periodo trascorso qui come mai mi era capitato prima.»

«Posso darti un consiglio?»

«Dipende dal consiglio» rispondo, guardandolo dritto negli occhi.

«Ti parla uno che ha perso un sacco di tempo con Caleb e che dovrà lottare per recuperarlo. Posso solo consigliarti di fare tutto ciò che puoi per tenertelo stretto. Sei veramente la persona giusta per lui, e lui è la persona giusta per te.»

Io annuisco, ingoiando il nodo che mi serra la gola. «È la persona giusta per me, lo so. Ma sul piano logico, come può...»

«Al diavolo la logica» ribatte Jeremiah. «La logica non sa quello che desideri.»

«E il mio non è solo un desiderio» dico fissando le fiamme. «È più di questo.»

«Allora sei fortunata, perché qualcuno cui teniamo molto entrambi vuole esattamente la stessa cosa.»

Mi dà un colpetto sulla spalla e mi indica la sagoma scura di Cardinals Peak.

Quasi in cima c’è una miriade di lucine colorate.

Mi metto la mano sul cuore. «Quelli sono i miei alberi?»

«Si sono appena accesi.»

Avverto la vibrazione del telefono in tasca. Guardo Jeremiah e lui si stringe nelle spalle. Tiro fuori il cellulare e leggo un messaggio di Caleb:

Io e la tua famigliola di alberi sentiamo già la tua mancanza.

Balzo in piedi. «È lassù! Devo vederlo.»

I miei genitori sono seduti dalla parte opposta del falò, avvolti in un’unica lunga sciarpa che li scalda entrambi.

«Vi dispiace se...? Io devo...» Indico Cardinals Peak. «Lui...»

Mi sorridono. «Dobbiamo alzarci presto domattina. Non fare tardi» si raccomanda mia madre.

«Fai la brava» aggiunge papà, e io e la mamma ridiamo.

Guardo Heather e Devon. Lui le tiene un braccio intorno alle spalle e lei è rannicchiata sul suo petto. Prima di andare, stringo i miei amici in un doppio abbraccio.

Dopo essersi assicurata che i miei genitori non possano sentire, Heather mi sussurra all’orecchio: «Sapete come scaldarvi, no?».

Guardo Jeremiah. «Puoi darmi uno strappo?»

«Con piacere» risponde.

«Okay, ma prima devo passare a prendere una cosa.»

Il tragitto dal vivaio al cancelletto alla base di Cardinals Peak sembra durare un’eternità. Quando arriviamo sul sentiero sterrato, Jeremiah mi dice: «Ti lascio sola, ragazza del vivaio. Non ho intenzione di fare il terzo incomodo». Entrambi alziamo lo sguardo verso la collina, verso le luci distanti del mio boschetto di conifere. Apre il cassetto portaoggetti e mi passa una piccola torcia.

Lo abbraccio. «Grazie.»

La torcia si accende senza problemi. Salto giù dall’auto e chiudo la portiera. Lui fa inversione e riparte. Quando i fanalini di coda scompaiono nell’oscurità, rimango solo io, con un esile fascio di luce e una collina che incombe su di me. Cardinals Peak è immersa nel buio, rischiarato soltanto dalla luminosa macchia colorata dei miei alberi, e c’è una persona molto speciale lassù ad attendermi.

Percorro il breve tratto prima dell’ultima curva come se avessi le ali ai piedi. Quando svolto, mi ritrovo il furgone di Caleb davanti. Il finestrino del passeggero è aperto e un lungo cavo elettrico scende dalla porta e si snoda attraverso le sterpaglie. Caleb mi dà le spalle, il viso rivolto verso la città. Le lucine natalizie sui miei alberi sono abbastanza intense da consentirmi di spegnere la torcia e di trovare da sola la strada per raggiungerlo. Sta controllando il cellulare, probabilmente in attesa di una mia risposta.

«Sei straordinario» esclamo.

Lui si volta e mi rivolge un sorriso smagliante.

«Pensavo che fossi a cena con la tua famiglia» aggiungo avvicinandomi.

«Lo so, ma a quanto pare ero un po’ assente. Abby mi ha ordinato di smettere di vagare per casa con quell’aria depressa e di venirti a cercare. Ho pensato che questo fosse il modo migliore per farti correre da me.»

«Mi hai decisamente trascinato qui.»

Fa un passo verso di me mentre le luci gli danzano sul viso. Ci cerchiamo le mani e ci avviciniamo. Ci scambiamo un bacio, e quell’unico bacio basta per sciogliere tutte le mie insicurezze. Lo voglio. Voglio noi.

«Anch’io ho qualcosa per te» gli sussurro. Infilo la mano nella tasca posteriore dei jeans e prendo una busta piegata.

Indirizzo la torcia sulle sue mani. Le sue dita tremano per il freddo, o forse per la trepida attesa. Mi consola sapere di non essere l’unica su questa collina a essere nervosa. Tira fuori i biglietti per il gran ballo d’inverno, con l’immagine della coppia che danza nella sfera di vetro sotto una cascata di fiocchi di neve. Mi guarda, e so che entrambi abbiamo lo stesso sorriso stampato sul volto.

«Caleb, vuoi essere il mio accompagnatore al ballo?» gli chiedo. «Non ci andrò con nessun altro.»

«Io ti accompagnerei ovunque» dichiara lui con aria solenne.

Ci stringiamo in un abbraccio appassionato.

«Verrai davvero?»

Caleb butta indietro la testa e mi sorride. «Per cos’altro sto risparmiando le mie mance, allora?»

Lo guardo intensamente, e le mie parole suonano come un’affermazione. «Sai che ti amo.»

Lui si china e mi sussurra all’orecchio: «E tu sai che ti amo anch’io».

Mi bacia sul collo e poi si avvicina al furgone. Fa capolino dentro attraverso il finestrino aperto, gira la chiave e accende lo stereo. Le note di It’s the Most Wonderful Time of the Year risuonano nella fredda notte che ci circonda. Trattengo una risata e Caleb mi sorride.

«Coraggio, dimmi che sono un inguaribile sentimentale.»

«Ricordi? La mia famiglia vive di questo sentimentalismo.»

Osservando la città ai nostri piedi, vedo le fiamme tremolanti del falò intorno al quale si stanno riscaldando i miei genitori e alcuni dei miei amici più cari. Forse in questo stesso istante stanno guardando quassù. Se è così, spero che stiano sorridendo, perché sto sorridendo anch’io.

«Mi concedi un ballo?» chiede Caleb.

«Be’, tanto vale cominciare a fare un po’ di pratica» dico tendendogli la mano.

Lui me la prende dolcemente e mi fa fare una giravolta, poi iniziamo a ondeggiare insieme. Le luci di Natale brillano sui miei alberi, che danzano con noi nella brezza leggera.