«All’origine della guerra – o del seguito di guerre – che insanguinò il mondo greco per quasi trent’anni, e che la Storia chiama guerra del Peloponneso, vi fu un turbinio davvero notevole di passioni, tanto più violente perché a lungo frenate: mille forme diverse di gelosia, d’invidia e d’odio, ma tra tutte e che tutte superava in virulenza, gli odi partigiani, in ciascuna città il partito preso – senza pietà – pro o contro la democrazia. Il duello tra Sparta e Atene aveva al più alto grado questo senso passionale, giacché Sparta era, nella sua rudezza, l’incarnazione perfetta dell’ideale oligarchico, Atene dell’ideale democratico, al quale il suo splendore accordava un fascino senza pari».

Jules Isaac (1877-1963), storico e autore di storie universali per le scuole, scrisse nel 1942 questo «inno alla divina libertà perduta» mentre viveva alla macchia, durante l’occupazione nazista della Francia. «Originalissimo esperimento di storia parziale» lo definisce Luciano Canfora, nell’Introduzione al volume in cui passa in rassegna la adozione, da parte di storici novecenteschi, dell’Atene classica «come viva metafora del presente». L’autore, ebreo francese, antifascista, racconta, seguendo Tucidide e Senofonte, la eversione oligarchica che gettò Atene nella guerra civile alla fine del V secolo a.C., e traccia un parallelo con il tradimento antipatriottico dei collaborazionisti di Vichy. Più che mai il presente come storia e la storia come presente.