I genitori l’hanno mantenuto fino alla fine degli studi. Gli hanno comprato un monolocale a Lione e un’automobile, e preferivano trattare qualche partita di legname in più piuttosto che vedere il figlio sprecare il suo tempo a dare lezioni private o a fare il baby-sitter per racimolare un po’ di soldi. L’ora della verità sarebbe dovuta scoccare quando, dopo la laurea e il matrimonio, Jean-Claude è entrato nella vita attiva come ricercatore all’INSERM. Invece non è successo nulla. Ha continuato ad attingere al conto in banca dei suoi genitori, sul quale aveva una delega. Considerava suoi i loro averi, e loro lo incoraggiavano in tal senso, senza stupirsi dei prelievi eseguiti sistematicamente dal figlio, che pure guadagnava bene. Quando si è trasferito da Lione nella regione di Gex, ha venduto il monolocale per 300.000 franchi, tenendosi il ricavato. Una volta all’OMS, ha detto o lasciato capire che la sua posizione di funzionario internazionale gli permetteva di fare investimenti molto vantaggiosi, a un tasso del 18%, e che anche i suoi parenti potevano beneficiarne. I Romand, patriottici e contrari a qualsiasi intrallazzo, non erano certo il tipo di persone che deposita i risparmi in Svizzera, ma il fatto che l’idea venisse da Jean-Claude bastava ad allontanare qualunque obiezione. Vedendo il loro gruzzolo diminuire a ogni estratto conto, anziché preoccuparsi benedicevano il figlio che nonostante i suoi numerosi impegni trovava il tempo di gestire il loro piccolo portafoglio di pensionati. Questa fiducia era condivisa dallo zio Claude, che oltre all’officina possedeva alcune quote dell’impresa forestale amministrata dal fratello: anche lui ha affidato al nipote alcune decine di migliaia di franchi, convinto che, a patto di non toccarli, gli avrebbero fruttato dieci volte tanto.
Con quei soldi è riuscito a tirare avanti nei primi tempi del matrimonio. Florence dichiarava al fisco un reddito molto modesto, frutto delle sostituzioni che svolgeva nelle farmacie della zona, e lui zero spaccato perché diceva che lavorando in Svizzera non doveva pagare le tasse. Aspettava che lei avesse firmato, poi aggiungeva sulla comune dichiarazione dei redditi «professione: studente», e allegava copia della sua tessera universitaria. Andavano in giro su una vecchia Volvo, passavano le vacanze dai genitori, qualche volta una decina di giorni in Spagna o in Italia. Il loro appartamento, un bilocale di cinquanta metri quadrati da 2000 franchi al mese, ideale per una giovane coppia, era già meno ideale per una giovane coppia con un figlio e assolutamente inadeguato per una famiglia di quattro persone, tanto più che a volte la madre di Florence andava a trovarli per diverse settimane. I loro amici hanno cominciato a prenderli un po’ in giro. Ormai tutti si erano comprati o fatti costruire una casa, mentre i Romand si ostinavano a restare accampati sui divani letto come studenti fuori corso. «Ma scusa, tu quanto guadagni?» gli ha chiesto un giorno Luc a bruciapelo. «30, 40.000 franchi al mese?». Dava per scontato che la cifra fosse quella, e Jean-Claude ha annuito. «Potresti anche permetterti qualcosa di meglio. Altrimenti finiremo col credere che sei tirchio, oppure che hai un’amante che ti costa un occhio della testa!». Sono scoppiati tutti a ridere, Florence per prima, e lui ha alzato le spalle borbottando che non era sicuro di restare a lungo da quelle parti, che forse l’avrebbero trasferito all’estero e che gli rompeva le scatole dover traslocare due volte di fila. E poi tutto quel denaro facile che circolava nella regione di Gex lo nauseava: non aveva voglia di seguire quell’andazzo, di educare i suoi figli con quel tipo di valori, vivere modestamente costituiva per lui un punto d’onore. Queste due spiegazioni, indolenza e virtù, non erano contraddittorie, anzi contribuivano ad alimentare la sua immagine di intellettuale distaccato dalle cose materiali. Veniva da chiedersi però se Florence lo fosse altrettanto. In realtà, nonostante avesse gusti semplici e fiducia nel marito, alla lunga ha cominciato a trovare ragionevoli le critiche degli amici e a fare pressione perché traslocassero in una casa più grande. Lui rispondeva in modo evasivo, rimandava, non aveva tempo per pensarci. A stento sosteneva le spese correnti.
L’anno della nascita di Antoine il padre di Florence è andato in pensione. In realtà la ditta di occhiali per cui lavorava ad Annecy lo aveva licenziato, dandogli una buonuscita di 400.000 franchi. È poco probabile che Jean-Claude si sia offerto direttamente di investirli: deve averne parlato con Florence, che ne ha parlato con sua madre, che a sua volta ne ha parlato col marito, così lui si è trovato nella comoda posizione di chi viene sollecitato e non di chi sollecita. Ha accettato di fare un piacere al suocero, investendo per lui 378.000 franchi all’UOB, banca ginevrina con sede in quai des Bergues. La somma ovviamente è stata versata su un conto a nome suo, perché soltanto la sua posizione gli permetteva simili investimenti. Il nome di Pierre Crolet non figurava da nessuna parte. In breve, né i Crolet né i Romand, suoi principali azionisti, hanno mai visto un documento bancario che attestasse il deposito del capitale o l’ammontare degli interessi. Ma cosa ci può essere di più sicuro di una banca svizzera se non una banca svizzera raccomandata da Jean-Claude Romand? Pensavano che i loro soldi fruttassero tranquillamente in quai des Bergues, e per nulla al mondo li avrebbero disturbati. Questo almeno era quello che credeva Jean-Claude, fino al giorno in cui suo suocero gli ha detto che voleva ritirare parte del suo capitale per comprarsi una Mercedes. A sua moglie aveva già pensato, i suoi figli volavano con le proprie ali, perché privarsi di quel piacere?
Poche settimane dopo, il 23 ottobre 1988, Pierre Crolet è caduto dalle scale di casa sua mentre era da solo con il genero, ed è morto in ospedale senza riprendere conoscenza.
Dopo la tragedia di Prévessin la famiglia Crolet ha chiesto un supplemento d’indagine, che ovviamente non ha portato a nulla. Al processo il sostituto procuratore ha ritenuto di non poter tacere l’atroce dubbio con cui i Crolet, come se non bastasse quello che stavano passando, erano costretti a vivere. Abad si è opposto con forza, accusando il pubblico ministero di deviare dal caso in esame per aggravare la posizione del suo cliente, e non ce n’era bisogno, visto quello che stava passando anche lui. Alla fine, prima che la Corte si ritirasse in Camera di consiglio, l’imputato ci ha tenuto a dire alla famiglia Crolet, chiamando Dio a testimone, che lui con la morte del suocero non aveva niente a che fare. Ha aggiunto di essere convinto che non esiste perdono per chi non confessa i propri peccati. Salvo future ammissioni di colpa da parte sua, non si saprà mai nient’altro su questa storia, e personalmente io non ho alcuna opinione. Voglio soltanto aggiungere che nel corso di uno dei primi interrogatori Romand ha affermato: «Se l’avessi ucciso lo direi. Al punto in cui sono, uno più uno meno...».
Se dichiara semplicemente di non aver ucciso il suocero, Romand può beneficiare del principio della presunzione d’innocenza. Se lo giura davanti a Dio chiama in causa una dimensione diversa, che può risultare più o meno convincente, a seconda della sensibilità individuale. Ma nel momento in cui dice che un morto in più non cambia niente e che se l’avesse ucciso lo confesserebbe, dimostra d’ignorare o di fingere d’ignorare l’enorme differenza che esiste fra una serie di delitti mostruosi ma irrazionali, e un delitto commesso a scopo di lucro. È vero che sotto il profilo penale non cambia granché, visto che la condanna a morte è stata abolita. Ma dal punto di vista morale o, se si preferisce, dal punto di vista dell’immagine pubblica, importantissima per Romand, la faccenda cambia eccome: è ben diverso essere l’artefice di una tragedia, spinto da un’oscura fatalità a commettere atti che suscitano terrore e pietà, o un piccolo imbroglione che per prudenza si sceglie le vittime, persone anziane e ingenue, nella cerchia familiare, e che per garantirsi l’impunità spinge il suocero giù dalle scale. Ora, anche se quest’omicidio non è dimostrato, una cosa è certa: Romand è anche quel piccolo imbroglione, e per lui è molto più difficile accettare questo aspetto, sordido e infamante, di se stesso che confessare una serie di omicidi la cui mostruosità gli conferisce una dimensione tragica. In un certo senso, questa immagine gli è servita a nascondere l’altra, anche se in modo parziale.
Più o meno allo stesso periodo risale un’altra storia imbarazzante. La sorella di Pierre Crolet, la zia di Florence, aveva un marito malato di un cancro incurabile. Ha testimoniato al processo. Secondo la sua versione dei fatti, un giorno Jean-Claude le avrebbe parlato di un rimedio che stava mettendo a punto insieme al suo capo dell’OMS: si trattava di un nuovo farmaco ottenuto utilizzando cellule di embrioni umani forniti da una clinica dove si praticavano aborti. Purtroppo quel rimedio, che poteva arrestare il processo della malattia ed eventualmente causarne la remissione, non era ancora in commercio, ed era assai probabile che lo zio morisse prima che la cura fosse disponibile. Dopo aver gettato l’esca, Jean-Claude avrebbe aggiunto che forse poteva procurarsene un paio di dosi, ma i costi di produzione a quello stadio della ricerca erano estremamente elevati, 15.000 franchi a capsula, e che per iniziare il trattamento ce ne volevano due. Nonostante il prezzo, hanno deciso di tentare. Qualche mese più tardi, dopo un grave intervento chirurgico subìto dallo zio, si è resa necessaria un’altra doppia dose, così il costo della cura è salito a 60.000 franchi in contanti. In un primo momento il malato si è opposto, non volendo intaccare per un risultato così incerto i risparmi destinati alla vedova, poi si è lasciato convincere. È morto l’anno successivo.
Di fronte a quella testimonianza schiacciante, fornita – cosa rara in quel processo – da una persona viva, fisicamente presente e in grado di contraddirlo, Romand ha risposto, in preda a una crescente agitazione: 1) che l’idea della cura miracolosa non era stata sua ma di Florence che ne aveva sentito parlare (dove? da chi?); 2) che non l’aveva presentata come una cura miracolosa, ma come un placebo, il quale, se non faceva bene, certo non avrebbe fatto male (ma perché allora costava tanto?); 3) che non aveva mai sostenuto di partecipare alle ricerche sul farmaco, e non si era mai appellato all’autorevolezza del suo capo dell’OMS, tanto più che una donna informata come Florence non avrebbe creduto nemmeno per un attimo che uno scienziato di alto livello commercializzasse sottobanco prodotti in via di sperimentazione sul cancro (quella donna informata ha creduto cose ancor meno credibili); 4) che si era limitato a fare da intermediario: lui incontrava un ricercatore alla stazione Cornavin e gli consegnava il denaro in cambio delle capsule. Invitato a fornire precisazioni su questo ricercatore, ha risposto che non ne ricordava il nome, doveva averlo annotato nell’agenda di quel periodo, agenda che purtroppo era andata bruciata nell’incendio. Di fronte all’evidenza, si è difeso come l’uomo che aveva preso a prestito un paiolo nella storia cara a Freud: al proprietario che lo rimprovera di averlo restituito bucato, lui prima ribatte che quando l’ha riportato il paiolo non era ancora bucato, poi che lo era già quando glielo aveva prestato e infine di non aver mai preso a prestito un paiolo in vita sua.
Non si può negare, comunque, che la morte del suocero è stata provvidenziale per lui. Tanto per cominciare, nessuno ha più parlato di toccare le somme investite in Svizzera. Inoltre la signora Crolet ha deciso di vendere la casa, troppo grande per una persona sola, e gli ha affidato i proventi della vendita, che ammontavano a 1.300.000 franchi. Nei mesi successivi all’incidente, Romand è stato un grande sostegno per la famiglia, di cui ormai era diventato il capo. Aveva solo trentaquattro anni, ma la sua matura e serena assennatezza l’aveva preparato al momento in cui si smette di essere figli per diventare padri, non soltanto dei propri figli ma anche dei propri genitori che pian piano scivolano verso l’estrema infanzia. Svolgeva quel ruolo per i suoi e ora anche per la suocera, sprofondata nella depressione a causa del lutto. Anche Florence era molto provata. Così, sperando di distrarla, Jean-Claude ha deciso di lasciare il loro piccolo appartamento e prendere in affitto una fattoria ristrutturata a Prévessin, nelle immediate vicinanze di Ferney, più consona al loro status sociale, che lei si sarebbe divertita ad arredare.
Poi c’è stata una brusca accelerazione. Si è innamorato.