EPILOGO
L'aria in ospedale è quasi irrespirabile. Odora di farmaci e disinfettante e le luci nelle stanze sono sempre accese, anche in pieno giorno, forse per scacciare un'oscurità invisibile che aleggia disinvolta intorno ai corpi smarriti dei ricoverati, sempre in attesa, pronta a ghermirli non appena tornerà il buio.
Tommaso si sveglia all'improvviso, apre gli occhi che faticano ad abituarsi a tutto quel bianco, e per lui è come riemergere da un nulla che nel frattempo altri hanno riempito di gesti e parole.
La madre Grazia è al suo fianco, seduta su una poltrona che un'infermiera gentile le ha messo a disposizione. La sua prima reazione è un grido di gioia che trattiene a stento. Ha il viso stanco dopo le due notti passate a vegliarlo, ma non poteva lasciarlo.
«Mamma, ma cosa è successo?» le chiede come se fosse tornato bambino.
«Sei uscito di strada con l'automobile di Laura, non lo ricordi?»
Tommaso cerca di scavare nella memoria, poi fa cenno di no.
«Non preoccuparti, i dottori ce l'avevano detto che al risveglio avresti potuto essere confuso. Hai subito un forte trauma cranico.»
«Cos'ho al braccio?» dice indicando il gesso al braccio sinistro.
«Quello si è rotto nell'incidente e hai anche un paio di costole incrinate, così ci hanno detto. Comunque non è niente rispetto a quello che ti sarebbe potuto succedere, l'auto su cui viaggiavi è rimasta distrutta. Adesso vado a chiamare i medici, ti spiegheranno loro» dice la donna accarezzandogli il viso.
«Aspetta mamma» la trattiene Tommaso. «Quanto sono stato incosciente?»
«In tutto due giorni, oggi è Natale» gli risponde Grazia e poi scivola via dalla stanza.
Un'ora dopo Tommaso sa che le sue condizioni, ora che si è svegliato, non sono preoccupanti, ma dovrà restare in ospedale almeno un'altra settimana, se non di più, a causa dell'ematoma alla testa che deve ancora assorbirsi. Non ricorda il momento preciso dell'impatto, mentre ha memoria del caso che stava seguendo.
«Devo chiamare subito in procura» dice domandando il cellulare alla madre, anche se gli è chiaro che in quelle condizioni non potrà fare niente. Metteranno un altro al suo posto, nessuno è mai indispensabile.
Ha appena riagganciato quando arriva anche suo padre e dietro di lui c'è Laura che gli sorride.
«Hai già fatto colazione?» chiede avvicinandosi al letto, come se tutta la situazione fosse normale.
«Non credo di riuscire ad ingoiare niente.»
La schiena gli fa male, per via delle costole, per questo si è fatto mettere due cuscini in più, in modo da riuscire a stare quasi seduto.
«Abbiamo avuto paura per te, è bello rivederti.»
«Non ricordo cosa è successo.»
«Ne parliamo più tardi» dice Laura. «Il capitano Levati mi ha chiesto di tenerlo aggiornato sulle tue condizioni, dopo lo chiamo, verrà sicuramente a farti visita. La sera dell'incidente è arrivato con il brigadiere e il procuratore capo.»
«Ormai non ha importanza. Ho contattato la procura, mi hanno confermato che sono fuori dal caso. Lo capisco, non possono fare altro.»
Laura guarda la madre di Tommaso che alza le spalle e poi dice: «Ha voluto il telefono».
«L'importante è che sei qui con noi, il lavoro non è tutto e può aspettare. Adesso ti lascio con i tuoi genitori, io torno nel pomeriggio.»
«È una brava ragazza, cerca di non lasciartela scappare di nuovo» commenta Grazia non appena lei si allontana. «L'ho avvertita dall'ospedale, poco dopo l'incidente. Si è precipitata qui e poi ha fatto la notte con me, non mi ha voluto lasciare sola.»
Laura fa ritorno alle cinque, con lei c'è anche il capitano Levati.
«Sono felice di vedere che è finalmente tornato tra noi. Il brigadiere Antinori le manda i suoi saluti, purtroppo non è potuto venire» dice l'ufficiale.
«La ringrazio e contraccambio, anche se in realtà non ho ancora capito cosa mi è successo.»
«Ha avuto un incidente con l'auto.»
«Sì, questo me l'hanno detto un po' tutti, ma non riesco a rammentare il momento. I miei ricordi finiscono quando ho lasciato la caserma, subito dopo gli interrogatori dei ragazzi.»
«Se la può far stare meglio, abbiamo ricostruito l'esatta dinamica. Una vettura le ha tagliato la strada, rientrando dalla corsia di sorpasso, lei l'ha tamponata, poi ha perso il controllo del mezzo.»
«È stato a causa del ghiaccio?»
«No, la causa è da attribuirsi ai freni, o meglio alla loro assenza. I nostri tecnici hanno verificato che erano stati manomessi, quando lei ha provato a frenare non hanno funzionato» gli spiega l'ufficiale, dopo essersi scambiato uno sguardo con l'Anselmi che si è appena seduta vicino alla sponda del letto.
«Ma come è possibile? Nessuno sapeva che avrei preso l'auto di Laura. Non può proprio essere stata una cosa voluta» dice Olivieri.
«Evidentemente non era lei il bersaglio.»
«Cosa vuole dire?»
«Ero io quella che avrebbe dovuto fare un incidente con l'auto, non tu, Tommaso» dice Laura. «Per uno scherzo del destino non me la sono sentita di rientrare in città in macchina e l'ho lasciata proprio a te. Mi dispiace.»
Olivieri la guarda senza parlare per un lungo istante, poi chiede al capitano: «Avete capito chi è stato?»
«La dottoressa ci ha messo sulla strada giusta, è bastato controllare chi poteva avercela con lei. Non pensavo che la redazione di un giornale potesse essere un ambiente così pericoloso.»
«In che senso?»
«Ti ricordi che ti avevo accennato al mio stagista, Carlo Piani?» dice Laura.
«Quello che avrebbe voluto farti le scarpe?»
«Esattamente, in senso letterale.»
«Non dirmi che è stato lui.»
«Abbiamo trovato alcune sue impronte parziali sul tubo dell'olio, per manomettere i freni ha dovuto togliersi i guanti. Messo alle strette, ha confessato» gli conferma Levati. «Pensava che nessuno avrebbe controllato l'auto e che la causa sarebbe stata per tutti il ghiaccio presente sulla strada. Forse, se l'incidente non avesse coinvolto un magistrato, sarebbe andata così.»
«Non riesco a crederci.»
«Purtroppo le persone sono capaci di tutto. Se lo tenga a mente, Olivieri. Basta che siano certe di potere ottenere un vantaggio e non riflettono sulle conseguenze penali dei loro gesti. Il problema è che si credono furbe. Ora vi lascio. Mi dispiace di non potere più lavorare con lei, anche se la nostra collaborazione è stata breve, lei ha la mia stima.»
«È reciproca» risponde il pm stringendogli la mano con forza.
«Un'ultima cosa. Pina Sartori ha ripreso coscienza ieri e ha subito cominciato ad urlare con tanto fiato aveva in corpo che è stata Giulia Valenghi ad aggredirla, aiutata da un ragazzo che non aveva mai visto. Dalle foto che le abbiamo mostrato, ha riconosciuto Saccani. Pare che i due siano entrati con le chiavi sottratte al parroco e poi che Saccani abbia finto in qualche modo di essere Don Torelli appena rientrato dalla chiesa. Così sono riusciti ad attirarla fuori dalla sua camera. La Valenghi va ormai incontro ad una dura condanna.»
«Ne sono davvero contento, deve pagare per il male che ha fatto.»
«Non ne dubiti» dice Levati, poi saluta anche Laura ed esce dalla stanza.
«Quindi è colpa tua se mi trovo ridotto in questo stato» commenta Tommaso dopo un paio di minuti in silenzio, con un mezzo sorriso sul viso.
Per la prima volta sembra quasi divertito e in realtà è sollevato di essere finito lui in quell'auto. Non avrebbe sopportato che succedesse niente a Laura.
«Immagino di dovere pagare pegno.»
«Ecco, l'hai detto. Per i prossimi giorni avrò bisogno di un'infermiera personale, una molto accondiscendente, se mi capisci.»
«Tieni a freno quei tentacoli, quando vuoi sei peggio di una piovra» gli risponde Laura scoppiando a ridere, poi aggiunge in tono più serio: «Vedremo come fare, intanto tu stai buono. Oggi è Natale».
Fuori in città la neve ha cominciato a cadere dalla prima mattina, imbiancando alla svelta i tetti delle case ed ogni cosa all'esterno. I bambini sono scesi per strada ridendo, sono gli unici che apprezzano la neve davvero, non gli adulti che sbuffano pensando che poi dovranno spalarla. Ancora non sanno, i più piccoli, che non tutte le storie finiscono bene e che la bontà esibita è spesso un pacco dorato che nasconde infinite insidie da cui un giorno dovranno guardarsi.
Per loro oggi è Natale e la neve che cade dal cielo rende i visi paffuti ancora più felici.
Laura si avvicina alla finestra per osservare la notte che scende veloce, unita alla neve, e si scopre a sorridere al pensiero che a volte il destino rallenta, si prende una pausa, smette per un istante di ripetere le storie terribili che gli uomini s'inventano per riuscire a risvegliare il male e rimane in silenzio, appagato da quello che vede.