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La prima cosa che Laura vede nello spiazzo davanti alla casa è il coniglio, enorme, con le guance paffute di un colore grigio sporco. È appena saltato fuori dalla porta, la guarda e piega la testa almeno un paio di volte, come per valutarla. Lo immagina con un panciotto e l'orologio da tasca, sta per dirle che è arrivata in ritardo.

Lo capisce dalle impronte che ha lasciato sulla neve, di un rosso profondo, rosso sangue.

Succede sempre così, quando la stampa viene avvertita di solito tutto è già concluso da un bel pezzo e non nel migliore dei modi, è più vero il contrario.

«Non se lo lasci scappare» le urla l'uomo in uniforme, di guardia all'ingresso.

Il fatto che la porta resti spalancata non depone certo a suo favore, ma forse non sapeva dell'animale all'interno. Si sono presentati di mattina, appena è arrivata in paese, e le sfugge il suo nome, anche se le ha detto che è un appuntato. Dovrebbe ricontrollare le sue note, ma ora è più importante capire cosa sia successo.

«Questo di sicuro non è un suicidio» mormora una voce alle sue spalle e poi conclude la frase con un risolino semi isterico che fa sembrare chi ha appena parlato un mezzo cretino.

Le ricorda che non è arrivata da sola, purtroppo. Il suo stagista, Carlo Pioli, una laurea in giornalismo presa da poco a Milano e una passione inusitata per gli scrittori di libri gialli, la segue come un cane fedele da circa tre mesi. Il semplice fatto, per altri versi quasi irrilevante, ha contribuito a peggiorare il suo umore che è presto virato dal depresso all'incavolato perenne.

Per Laura scrivere di nera non è solamente un mestiere. È convinta che ti ci devi immergere con tutto te stesso, per dare una voce alle vittime di fatti così terribili che nella maggior parte dei casi sarebbe bene dimenticare. Non scrive per i curiosi, anche se sono quelli che ogni tanto incontra sui luoghi delle stragi, tutti eccitati e con gli occhi sgranati, in cerca di un'emozione forte che gli si appiccichi addosso.

Raccoglie il coniglio che si è acciottolato ai suoi piedi fiutando il terreno sporco di neve e fango. Se fosse un cane, direbbe che l'ha scelta come appoggio per fare i suoi bisogni, ma la verità è un'altra. È troppo impaurito per cercare di fare qualche passo verso il vicino bosco e provare così a fuggire. I conigli sono animali sensibili e possono anche morire di spavento.

«Ecco, brava, per ora lo tenga lei» le dice l'appuntato facendo qualche passo nella sua direzione.

«Cosa dovrei farne?» domanda stupita.

«Il maresciallo è lì dentro con il brigadiere e il medico legale. Quando esce glielo può chiedere, dottoressa.»

Ha lo sguardo divertito e forse gli ci voleva una pausa da quello che ha appena visto in salotto. Il carabiniere più giovane, quello che l'ha avvertita al telefono, è già  andato dietro a vomitare due volte.

«Era il suo animale domestico?» chiede mentre lo passa a Pioli che non gradisce, ma il suo ruolo subordinato è chiaro e deve fare finta di non essere infastidito.

«Parla della vecchia? No, direi piuttosto che era un suo vezzo. Lo sapevano tutti in paese. Ne prendeva uno, lo teneva per un po' e, quando si stufava di vederlo girare per casa, se lo mangiava.»

«In che senso, mi scusi?» chiede Pioli improvvisamente pallido, guardando il muso paffuto del coniglio, che sta quasi per svenire, come per chiedere conferma.

Il ragazzo non scrive male, ma non ha la stoffa per fare quel lavoro, Laura ne è sempre più convinta.

«Tagliava loro la testa, li scuoiava e poi se li cucinava, intendo gli altri, questo non ci è riuscita» dice il militare spiando la reazione di Pioli.

«Abbiamo capito. A lei cosa hanno fatto?» gli domanda, sviando per un attimo la sua attenzione dallo stagista.

«Da quello che ho visto, si sono limitati alla prima cosa, le hanno tagliato di netto la testa, anche se prima l'hanno conciata abbastanza male.»

«È stata picchiata?»

«Selvaggiamente» dice l'uomo abbassando lo sguardo. Ora non sorride più.

«La testa l'hanno lasciata?»

«Su un tavolino, accanto al libro che stava leggendo, c'è ancora il segno della pagina. Abbastanza macabro, ma ci ha risparmiato di doverla cercare. Qui sta ricominciando a nevicare e tra qualche ora salirà pure il vento che farà precipitare le temperature.»

«Secondo lei è plausibile che nessuno dei vicini abbia sentito niente? Non sono nemmeno le otto di sera e non ci sono altri rumori» dice Laura guardandosi intorno.

La casa si trova in un terreno alla periferia del paese, ad un centinaio di metri da un'altra abitazione.

«Non so cosa dirle, controlleremo, ma qui la gente si fa i fatti suoi, a volte fin troppo» risponde l'appuntato che all'improvviso si ricorda fa di cognome Mannini.

«La telefonata che vi ha avvertito del cadavere potrebbe averla fatta uno di loro?» insiste.

«Io tenderei ad escluderlo, se qualcuno dei vicini fosse entrato in casa e avesse trovato quel macello, avremmo sentito le sue urla fino in caserma. Chi ha chiamato era calmo, è più probabile sia stato l'assassino. Il numero era di un prepagato non rintracciabile.»

Mannini si zittisce, forse ha paura di avere detto troppo, fa qualche passo indietro prima che lei possa chiedere altro e torna a fare la guardia alla porta.

 

«Pensa che c'entri con il caso dell'impiccato? Sarebbe una strana coincidenza avere due fatti simili in una sola giornata» le dice Pioli.

Come se non ci fosse già arrivata anche lei, non appena li hanno chiamati. Intanto il coniglio non si muove più tra le braccia del suo stagista, rimane immobile come se fosse già morto.

«Passami quel povero animale, gli fai paura» risponde, poi aggiunge: «Vedremo cosa dirà il medico legale della morte del sacrestano, per ora ne sappiamo troppo poco, anche se potrebbe esserci un collegamento.»

Pioli la guarda per un attimo con astio crescente, misto ad una pura rassegnazione. Sa che non c'è nessun modo di soppiantarla, anche se ha quindici anni meno di lei ed è un giovane abbastanza attraente, fornito inoltre di una buona parlantina.

Il caso poteva essere il giusto finale per il suo tirocinio, poi al giornale non se la sono sentita di affidarglielo e sta vivendo la cosa molto male.

Quando quella mattina verso le dieci li hanno avvertiti in redazione di un apparente suicidio, per un attimo ci ha sperato di andare da solo. Un uomo si era impiccato nel campanile di una chiesa, la notizia di per sé non era ghiotta, ma erano dei giorni che non succedeva quasi niente. Poi sono partiti tutti e due di corsa.

La maledizione del Natale, la chiamano così i cronisti di nera, o anche uno dei momenti più piatti dell'anno. Nel periodo festivo gli omicidi e in generale i fatti violenti di sangue calano drasticamente, a differenza dell'estate, quando le persone impazziscono per il caldo.

 

Il maresciallo Rastaldi esce dall'abitazione dieci minuti dopo, con dietro un codazzo di ben quattro persone. Tre sono in uniforme, il brigadiere insieme a due carabinieri scelti, praticamente tutti i militari in forza alla stazione, se si esclude l'appuntato alla porta. Chiude la fila un tipo alto e magro, con la faccia da becchino, di quelli che quando li vedi gli scongiuri diventano un obbligo. Deve essere per forza il medico legale, anche se Laura non lo conosce e se ne va prima che possa parlargli.

L'ambulanza, arrivata direttamente dall'ospedale di Asti, attende ferma ad una certa distanza, convenientemente parcheggiata ad un lato della prima stradina asfaltata. I due infermieri che dovranno recuperare e poi trasportare il corpo stanno in piedi lì fuori e hanno già raccolto una piccola folla. Pur di sapere cosa è successo nel dettaglio, i paesani hanno portato qualche bicchiere di vin brulé e un pacchetto di sigarette.

Loro fumano senza nemmeno ringraziare e tengono la bocca cucita, un po' perché non sanno niente, a parte che c'è un morto da prelevare, un po' perché sono dei tipi di città e con i montanari che abitano la vallata non si sono mai presi troppo bene.

Matteo Rastaldi è un sessantenne ormai quasi prossimo alla pensione, dal fisico alquanto corpulento, soprattutto nella zona dell'addome, e una massa di capelli scuri gli esce da sotto il berretto. Laura sospetta che se li tinga e che sia anche un uomo molto vanesio, nonostante faccia parte dell'Arma.

Quando l'ha incontrato nel suo ufficio in caserma, le ha chiesto per ben due volte se il proprio cognome sarebbe apparso nell'articolo. La sua non era semplice curiosità, ma una vera richiesta. Dopo avere appurato con precisa certezza che l'avrebbe citato, ha cominciato a parlare.

«Dottoressa Anselmi» dice venendole incontro con un sorriso finto, che dovrebbe sembrare triste a causa della circostanza «Purtroppo stasera ci troviamo di fronte ad un brutale omicidio, cose mai viste da queste parti.»

«So che il paese è sempre stato tranquillo, mai un fatto di sangue» concede la giornalista.

«Ecco, lo scriva nel suo articolo. Qui ci vivono persone perbene e non mi andrebbe di vedere che venga dipinto come un covo di pazzi.»

Forse il suo non è un avvertimento, ma suona tale.

«Certamente, neanche a me piacciono i titoli che fanno scalpore, creati ad arte solo per vendere qualche copia in più. Adesso potrei vedere l'interno della casa? So che la procedura non lo permetterebbe, ma non toccherò niente e non descriverò la scena» gli risponde.

«Sono consapevole che lei è una vera esperta. Mi sono informato, laurea in giurisprudenza con il massimo dei voti in un'università prestigiosa, una brillante carriera in magistratura, poi all'improvviso la decisione di lasciare tutto. È diventata giornalista e si è messa a scrivere di nera. Quando è stato? Sette anni fa?»

È chiaro che Rastaldi lo sa perfettamente, eppure aspetta che lei glielo confermi.

«Più o meno» ribatte guardandolo dritto negli occhi.

«Deve essere stato quantomeno indolore, visto che suo zio è il direttore del quotidiano dove lavora.»

«In realtà non è del tutto esatto, perché, oltre ad esserne il direttore, è anche uno dei proprietari.»

«Questo non lo sapevo» dice sorpreso guardando prima la donna e poi il suo apprendista. Laura capisce subito di essere appena salita nella sua stima personale, mentre Pioli è precipitato rovinosamente in basso. Si aggiusta il cappello e continua: «Antinori, accompagnala dentro, io torno in caserma ad aspettare il sostituto procuratore. Si è messo in viaggio anche con questo tempo, due morti in un giorno l'hanno fatto decidere. Arriverà pure il Ris per i rilievi, piantonate la zona.»

«Cosa facciamo con il corpo?» chiede il brigadiere.

Ha una decina di anni in meno del suo comandante e il fisico più atletico, ma sembra altrettanto indolente.

«Non muovetela fino a quando il pm non vi autorizza, dobbiamo fare le cose per bene.»

«Comandi» dice Antinori e le fa cenno di seguirlo.

«Tu, Pioli, recupera i dati della donna dai militari e tutto quello che la riguarda» sussurra prima di raggiungere il brigadiere.