VII
Laura si alza da tavola pronta a tornare in camera. Deve ancora scrivere il pezzo su Giulia Valenghi e vuole fare un buon lavoro, prima d'inviarle la bozza da approvare. Subito dopo averla intervistata, ha passato un paio di ore in giro per il paese, mentre Pioli ha preferito tornare in albergo a preparare le ultime cose.
Ad un certo punto ha ricevuto una telefonata telegrafica dal brigadiere Antinori. L'ha informata che Vitali è stato strangolato, ma le ha anche detto in modo deciso che era l'ultima informazione che le passava, vista l'importanza dell'indagine e di non nominare assolutamente la fonte.
L'ha ringraziato, assicurandogli che non l'avrebbe citato, e ha proseguito la passeggiata fino alla chiesa.
Il prete stava dicendo la messa in latino per una qualche decina di fedeli seduti su dei panchetti di legno posti ai due lati della navata. Le è parso molto più lucido nella celebrazione della funzione odierna di quanto è invece stato quando gli ha fatto delle domande su Marco Vitali, ma forse il giorno prima era ancora sotto shock. Sembra che i due fossero molto amici.
Laura vorrebbe risentirlo su Maria Valenghi, per sapere se anche su di lei ha solo buone parole, però la Pinuccia, la sua fida perpetua, non è sembrata essere dello stesso parere. Stava mettendo a posto un vaso di fiori vicino all'acquasantiera quando la giornalista è entrata.
Pina Sartori, questo è il suo vero nome non storpiato da anni di vita paesana, è una donna alta e robusta, sulla sessantina e dall'aspetto marziale, forse perché prima di accudire don Lino era una guardia carceraria.
Se ne è andata in pensione dopo che un intero braccio di detenute inferocite si è rivoltato contro di lei e ha quasi rischiato la pelle nei tafferugli che ne sono seguiti. Negli ultimi anni ha preso qualche chilo di troppo, a causa dei pranzi che cucina ogni giorno per il parroco.
Non appena ha visto Laura le si è avvicinata di soppiatto e l'ha accompagnata fuori, prendendola per un braccio, all'altezza del gomito, neanche fosse una delinquente o comunque una persona non gradita.
È riuscita solo a dirle che sarebbe passata di nuovo nel pomeriggio, questa volta alla casa del parroco. La donna l'ha guardata per un attimo dritta negli occhi, spiando le sue intenzioni, come faceva un tempo con le carcerate per fare confessare i propositi peggiori, poi ha risposto: “Venga alle quattro, prima lui riposa”.
In camera il coniglio è inquieto, appena Laura lo libera comincia a saltellare avanti e indietro, come se avesse improvvisamente fretta di partire. Sembra avere capito che oggi lascerà finalmente il paese e quindi mostra la sua contentezza nell'unico modo che conosce.
“Stai calmo che devo scrivere” gli dice passandogli una carota che lui prende tra le zampe, cominciando subito a rosicchiarla, poi Laura accende il computer.
La stanza è spoglia, alla luce del sole lo si nota ancora di più e appare perfino desolata. C'è un letto, l'armadio e la cassettiera, un televisore minuscolo.
Laura ha già il pezzo in testa, ora deve solo concentrarsi per fargli prendere forma, così che divenga omogeneo. Non le piace che la Valenghi abbia richiesto di leggerlo prima della pubblicazione, per decidere se approvarlo o meno, ma a volte succede che qualcuno s'impunti, allora scattano le modifiche.
Sono molte le persone che soffrono di un problema di eccesso di controllo su quello che le circonda, nel senso che vorrebbero avere sempre ragione. Pretendono anche che ogni cosa si svolga secondo quanto hanno stabilito a priori, desiderio di solito irrealizzabile nella vita reale, foriero di brutte sorprese.
Può darsi che sia questo il vero motivo per cui Giulia ha litigato con la nonna. In fondo poteva accontentarsi di quello che le aveva lasciato la madre, metà dell'intero patrimonio, invece voleva tutto e Maria Velenghi non ha ceduto, allora è diventata subito il nemico numero uno contro cui scontrarsi.
Mentre scrive la genesi sintetica ed edulcorata dai molti veleni di quella rottura familiare, Laura si chiede fino a che punto era disposta ad arrivare la ragazza, oppure gli amici con cui abita da tempo, la probabile amante e il fratello geloso, per tutelare i suoi presunti diritti. Entro poche settimane il tribunale di Asti avrebbe deliberato, quasi sicuramente a favore della nonna, e forse questo ha fatto scattare l'omicidio.
L'unica pecca del ragionamento rimane Marco Vitali e la sua morte che è avvenuta un giorno prima, con una modalità del tutto diversa, molto più soft, se così si può definire un omicidio per strangolamento.
L'uomo doveva conoscerla molto bene, non solo perché vivevano nello stesso posto perso tra i monti. Avevano lavorato tutti e due per parecchi anni a stretto contatto nell'unica scuola del paese, lui come bidello e lei come maestra, inoltre la Valenghi faceva la catechista, mentre Vitali era il sacrestano della chiesa.
Nonostante quello che ha detto la nipote sul fatto che il paese sarebbe un piccolo acquario in cui gli abitanti si scontrano inevitabilmente ogni giorno, per Laura sono un po' troppe le coincidenze, perfino per un posto così piccolo come San Quirico.
Ripensandoci, anche la morte di Vitali, per quanto meno cruenta, sembra essere un fatto personale. A meno che non si sia trattato di un raptus o di una discussione finita male, chi l'ha strangolato voleva vederlo spegnersi poco alla volta, altrimenti l'avrebbe gettato dalla torre, una soluzione molto più pulita e veloce.
Ci vuole una certa pazzia nello stringere la gola di un uomo fino a quando non muore strabuzzando gli occhi, implorando silenziosamente pietà. Non è una cosa che succede in un istante, sono alcuni interminabili minuti. Pazzia e determinazione, unite ad un motivo granitico. Forse l'assassino l'ha appeso al campanile non solo per provare ad inscenare in modo inutile un suicidio, ma perché gli altri lo vedessero.
Laura è immersa in questi pensieri quando bussano alla porta. È Bertani, di ritorno dal tour fotografico in paese, pronto a tornare ad Asti.
«Ti disturbo?» dice nel solito modo gentile.
«No, vieni dentro. Pioli dov'è?»
«Il ragazzo aspetta di sotto. Mi ha detto di salutarti e di ricordarti di scrivere, non appena hai un minuto libero, le sue referenze. Credo sia molto amareggiato per come sono andate le cose.»
«In che senso?»
«Pensava di poter restare, lo sai anche tu.»
Laura guarda Bertani per la prima volta irritata. Non si aspettava quel rigurgito di complicità maschile su una questione già assodata, su cui il fotografo non ha alcuna competenza, per questo gli risponde secca:
«Ti prego, Luca. Se riesci, cerca di essere obiettivo. Io e Sapelli glielo abbiamo detto dall'inizio che in redazione non si sarebbe assunto nessuno, questo per il semplice fatto che di nera si occupa un solo giornalista, che poi sarei io. Lo stage gli varrà come esperienza lavorativa, abbiamo sempre fatto così con tutti gli apprendisti, mai nessuna preferenza né trattamento discorde.»
«Lo so, ma si è sentito messo alla porta.»
«È colpa mia se sono passati i tre mesi dello stage? Gli dovevamo dare un preavviso scritto?»
«Hai ragione, scusami» dice Bertani a disagio.
«Adesso ti prendo il coniglio.»
«Dove lo metti?»
«In una gabbietta per gatti, me l'ha data ieri la figlia del proprietario del locale.»
«Meno male, pensavo di dovermi fare il viaggio con il coniglio libero in macchina.»
«Sei il solito esagerato e non ti fidi mai» risponde Laura mettendolo dentro con cura.
Quasi le dispiace che vada via, ormai ci si è affezionata e l'ha fatta anche sentire meno sola. Gli accarezza il pelo morbido, passandogli altre due carote per il viaggio che prende subito tra le zampette.
«A questo proposito, sei proprio sicura che tua madre lo aspetti?»
«Gli ha comprato perfino la cuccia imbottita, comunque quando arrivi in città chiamala. Il numero lo hai.»
Bertani prende la gabbia e si avvicina alla porta.
«Non scendi?» le chiede prima di andare.
«Sto finendo l'articolo e poi ho un'intervista. Trattamelo bene. Ti devo un favore.»
«Non dirlo neanche per scherzo e soprattutto non stare a preoccuparti, andrà tutto per il meglio. Tornerai anche tu a casa entro un paio di giorni.»
Laura abbozza un sorriso e chiude la porta. Il suo istinto le dice che la faccenda non è per niente conclusa, ma nulla le vieta di sperare invece in una soluzione veloce. Purtroppo una vocina fastidiosa, interna alla sua mente, le ripete dal giorno prima che sono solo all'inizio.
Quando si comincia ad uccidere in un modo così feroce è difficile fermarsi, se non ti prendono gli altri. Diventa una fame continua, sempre più pressante.
Smette per un attimo di digitare sulla tastiera e si chiede se sia giusto ventilare nel suo pezzo l'ipotesi di un serial killer in azione, proprio sotto Natale, in una vallata semi sconosciuta del Piemonte settentrionale. Nonostante la maggior parte dei casi siano avvenuti negli Stati Uniti, anche in Italia ci sono stati degli assassini seriali, casi famosi su cui l'opinione pubblica si è dibattuta a lungo, quasi affascinata dalle loro imprese.
Se la nipote è innocente, qualcun altro si è preso la briga di uccidere Vitali e la Valenghi, per un motivo ancora sconosciuto, e non è detto che abbia finito il lavoro.
Laura decide di accennare in maniera molto discreta al fatto che i due delitti potrebbero anche essere collegati e termina l'articolo in pochi minuti. Subito dopo ne manda una copia alla scrittrice e un'altra a Sapelli, aggiungendo in una postilla che gli confermerà al massimo entro un paio di ore via sms se l'articolo è approvato dalla diretta interessata.
Questo le permetterà di andare a casa del parroco senza portare con sé anche il portatile. Prima di spegnerlo fa però un'ultima ricerca, controlla se i dati di contatto del professor Ettore Tebaldi, il docente di storia medioevale di cui le ha parlato la Valenghi, sono reperibili sul sito dell'università di Asti.
È presente solo una mail ufficiale, per questo scorre la sua rubrica e digita il numero di una delle segretarie amministrative. È un suo vecchio contatto che utilizza a volte per lavoro. Si sono incontrate qualche anno prima durante un'indagine per un presunto pestaggio ai danni di uno studente. Da allora la contatta per piccoli favori, in cambio tutti i Natali si ricorda di spedirle un pacco gigantesco all'indirizzo della madre. Do ut des, nel suo ambiente funziona così.
In una manciata di minuti ha già trascritto il cellulare, ringrazia e riaggancia. Sono solo le tre, è in anticipo, ma decide di uscire subito lo stesso e di provare a chiamare Tebaldi più tardi, verso sera.