XII

 

 

 

 

In caserma il maresciallo Rastaldi si sta cambiando per presenziare al rosario in alta uniforme. Da quando si è separato dalla moglie è tornato a vivere nella palazzina dove ha sede la stazione dei carabinieri. Al primo piano ci sono le stanze dei suoi uomini, mentre di sopra c'è il suo appartamento. Dopo esserci messo la giacca con le mostrine si osserva nello specchio grande, ma è sempre più inquieto.

Ha parlato al telefono con il pm Olivieri che pensava di avere convinto dell'innocenza di Giulia e invece quello è tornato alla carica. Qualcuno gli ha detto che la ragazza che le ha fornito l'alibi vive con lei in pianta stabile e forse è la sua amante. Sia lei che il fratello potrebbero averla aiutata a fare fuori la vecchia per via dei soldi dell'eredità, questo pensa il procuratore.

Non che lui non ci fosse arrivato anche prima a quella eventualità, visto il movente che avevano, ma la cosa continua a sembrargli impossibile. Quelle due preferisce immaginarsele nude a letto, mentre si divertono tra loro in maniera creativa, piuttosto che con un'ascia in mano a tagliare teste.

Il ragazzo poi, quel Roman, apparentemente grande e grosso, è solo uno sfigato che vorrebbe scoparsi Giulia e forse pure la sorella, anche se non ha le palle per farlo. Un perdente sotto tutti gli aspetti, come la maggior parte dei giovani del paese che vivono alle spalle dei genitori, facendo finta che magari in futuro un lavoro gli pioverà dal cielo.

E poi Olivieri se ne è uscito con la storia della scuola, allora Rastaldi ha capito che non era proprio giornata. Da qualche parte nell'universo qualcuno si è divertito a scompigliare i suoi piani.

“Quei due frequentavano sia la chiesa che la scuola, è possibile che sia successo qualcosa in passato in uno dei due luoghi, un fatto grave che magari li collega e di cui qualcuno vuole vendicarsi proprio ora” ha detto il pm e allora il maresciallo ha maledetto per la prima volta il momento in cui l'hanno trasferito in quel buco freddo del mondo.

Ha risposto che avrebbe controllato e ha riagganciato, ma nella sua testa già poteva sentire la voce del sindaco Moratti che squittiva di paura, ripetendo che avrebbero dovuto spifferare tutto e che lui non voleva insabbiare la cosa, nonostante sia stato il primo ad acconsentire a suo tempo a tenere la bocca chiusa.

“Il vecchio preside l'avrebbe fatto tacere, quello sì che aveva una lingua affilata, perfetta sia per convincere che per minacciare” pensa il maresciallo con un accenno di dispiacere, perché se ne è andato un paio di anni prima. Un infarto l'ha stroncato mentre svolgeva il compito che preferiva: stava testando la disponibilità di una nuova supplente, che aveva terrorizzato per più di un mese, prima di convincerla a finire nel suo letto.

Proprio nel momento di massima soddisfazione, in cui la poverina aveva ormai ceduto ogni residua resistenza, piegandosi ai biechi voleri del suo superiore, una strana forma di giustizia si era abbattuta su di lui, privandolo istantaneamente della vita, ma non della considerazione dei suoi compaesani, che avevano commentato a lungo con un mezzo sorriso le sue gesta eroiche, concludendo ogni volta che la sua era stata la morte migliore che un uomo potesse augurarsi.

Rastaldi è sempre stato una persona pragmatica e non ha nessun dubbio di avere agito per il meglio quella volta, se lo ripete, controlla per un'ultima volta come sta, poi s'infila il berretto ed esce per andare in chiesa.

 

Sono le sette e mezza e Laura, che fino a quel momento ha verificato alcuni dati al computer, decide di provare a chiamare il professor Ettore Tebaldi.

Risponde al quarto squillo una voce giovane, femminile, che diviene un po' meno sospettosa solo dopo che Laura si presenta come una giornalista. Il suo nome ad Asti è abbastanza conosciuto e infatti la donna dice:

«Mi scusi, dottoressa, ma mio marito riceve parecchie telefonate di persone che non conosce personalmente e ultimamente sono costretta a smistarle, per concedergli un po' di tregua. Glielo passo subito.»

«A cosa devo il piacere, dottoressa Anselmi?» domanda un minuto dopo una voce squillante di uomo.

«Buongiorno, professore. Mi scuso per l'intrusione, ma avevo bisogno di parlarle di una sua ex studentessa. Sto scrivendo un articolo sulla morte di un'anziana...»

Tebaldi non le fa terminare la frase. «Immagino si tratti della Valenghi» dice precedendola.

«Sì, la morta è Maria Valenghi, la nonna di Giulia.»

«Chi le ha parlato di me?»

«Proprio la sua ex studentessa, ha grande stima di lei e, a quanto mi ha riferito, siete ancora in contatto tramite i social. Domani apparirà un mio articolo con una breve intervista riguardo al suo rapporto con la defunta. Mi ha detto che lei, durante le sue lezioni, parlava spesso dei metodi di tortura utilizzati nel Medioevo. Sembra che ne abbia preso spunto per il suo libro.»

«Sì, quell'argomento, per quanto macabro, è da sempre un mio piccolo vezzo, tanto che anni fa ho scritto anche un libro al riguardo.»

«La corruzione della carne» dice Laura.

«Vedo che è bene informata.»

«In realtà avrei voluto iniziare a leggerlo, ma non esiste la versione ebook.»

«Il mio editore è alquanto antiquato, se le fa piacere le invierò una copia cartacea al giornale.»

«La ringrazio, lo leggerò con attenzione.»

«Tornando al motivo della sua telefonata, sospetta una qualche connessione con l'omicidio di Maria Valenghi? Ho letto che è stata assalita in modo brutale.»

«Non sono state usate tecniche particolari di tortura, se è questo a cui allude, anche se è comunque stata picchiata selvaggiamente, prima di essere uccisa. Chi l'ha fatto, ha voluto farla soffrire.»

«Quindi potrebbe essere stata una faccenda strettamente personale» dice Tebaldi.

«Temo di sì.»

«Ed ecco che torniamo a Giulia, il cui profilo potrebbe combaciare con quello del killer.»

«La ragazza aveva un forte movente economico, inoltre ha mostrato in più occasioni un interesse quasi ossessivo per la violenza peggiore.»

«Immagino che non si riferisca alle mie lezioni, ma al libro che ha scritto.»

«Esattamente. Non riesco a capire se è stato un tentativo di esorcizzare il male, buttandolo definitivamente fuori, oppure una specie di fascinazione perversa, che fornisce la descrizione accurata di quello che voleva fare.»

«Ma lei propende per la seconda ipotesi.»

Laura rimane per un attimo in silenzio. È stupita dalla capacità intuitiva del professore.

«Non la conosco abbastanza per poterlo affermare» dice alla fine, poi aggiunge: «Magari potrebbe darmi la sua opinione al riguardo.»

«Siamo tutti capaci degli atti peggiori, se veniamo messi sotto pressione o provocati. Spesso dipende dal contesto in cui ci veniamo a trovare, è chiaro che difficilmente si commettono dei reati se si è sicuri di essere presi subito, ma negli omicidi credo dipenda anche da quanto odiamo l'altra persona.»

«Giulia odiava la nonna?»

«Posso dire che la detestava cordialmente, in quanto si riteneva vittima di un'ingiustizia. Non so altro.»

È evidente che il professore non vuole sbilanciarsi sulla sua ex alunna con cui è ancora in contatto.

«La ringrazio per la disponibilità e il tempo che mi ha dedicato, mi è stato di grande aiuto» dice Laura e dopo pochi altri convenevoli riaggancia.

Ha deciso all'improvviso di andare in chiesa al rosario, per osservare da vicino chi vi prenderà parte, per questo deve sbrigarsi.

Tebaldi controlla che la moglie si trovi ancora nell'altra stanza, poi apre il programma di messaggistica del suo cellulare e scrive velocemente poche righe: “L'Anselmi mi ha telefonato, è una donna in gamba e sospetta di te, fai attenzione”, le invia e torna in salotto.