I rischi del mestiere
I.
Dopo i cappuccini e la lunga chiacchierata, Arianna e Guido sono costretti a separarsi. Guido torna alle sue riunioni e Arianna va in agenzia, dove trova un messaggio del vicedirettore che la invita alle 18:30 in punto nel suo ufficio.
La giovane giornalista pensa che finalmente qualcuno si congratulerà con lei per il lavoro che sta facendo. Comincia a leggere le notizie che scorrono sul suo computer, fantasticando sulle possibili offerte di carriera disponibili per il suo futuro.
“Certo, se me lo offrissero, il posto di corrispondente, non potrei rifiutarlo… Se potessi scegliere andrei a Beirut e mi iscriverei a un corso di arabo, o forse nello Yemen dove la pronuncia dell'arabo classico è decisamente migliore…” Poi le viene un sospetto: perché non mi ha informato del motivo per il quale vuole vedermi?
E allora prende le sue precauzioni. I suoi pensieri vengono interrotti dalla chiamata del vicedirettore, che la invita a raggiungerlo nel suo ufficio.
Ultimo piano, finestre su tre lati, moquette a terra, terrazzo con vista sul centro di Roma… Il suo superiore la riceve alla presenza di un uomo che Arianna non conosce. Il vice le presenta quindi il direttore, solo di passaggio e in partenza per alcuni incontri importanti. Scambiati i saluti di rito, chiude la porta, invita la ragazza ad accomodarsi sul divano e inizia a parlarle.
– Ci tenevo molto a incontrarla, Arianna, perché lei non solo è molto brava, ma con le sue sole forze ha fatto una carriera rapidissima. In questa azienda, come in tante altre, viene fatta solo dalle persone molto raccomandate.
– Io non conosco la carriera dei miei colleghi, vicedirettore, ma le assicuro che io non sono stata raccomandata da nessuno; e lei che è il mio superiore, se è a conoscenza di una raccomandazione che non sia una semplice referenza sulle mie qualità professionali, me lo dica subito.
– È proprio di questo che vorrei parlare con lei. Sono molti anni che faccio questo mestiere, e ho imparato che le notizie non nascono sotto gli alberi, non si trovano per caso passeggiando sul prato, ma affiorano quando qualcuno riesce a coltivarle, per una propria strategia o appoggio esterno. Per questo l'ho chiamata: lei è la più preparata e informata dei nostri giornalisti, e sono qua per chiederle apertamente: per chi lavora?
– Mi spiace che lei non se ne sia mai accorto prima – replica ironica Arianna – ma io lavoro per lei, e per l'azienda che lei dirige.
– Non faccia l'ingenua, Arianna. Lei ha troppe informazioni confidenziali e delicate. Raramente mi è successo di incontrare una persona così istruita, ad esempio, sui membri dell'Ordine militare costantiniano dei cavalieri di San Giorgio; tutte conoscenze veritiere, ma che i suoi colleghi non hanno mai, non dico saputo, ma nemmeno immaginato. Dunque, ripeto: mi dica per chi lavora.
– Quelle informazioni sull'Ordine le ho apprese sul campo la stessa notte degli attentati. Ho incontrato alcuni preti che alloggiavano accanto alla chiesa di San Giorgio al Velabro e sono scesi in strada appena hanno sentito il boato dell'esplosione avvenuta accanto al loro istituto, ho chiesto chi fossero e loro si sono presentati come appartenenti all'Ordine dei Padri Crocigeri; ho espresso loro la mia sorpresa per una bomba a una chiesa così poco conosciuta, e loro mi hanno spiegato che era sede dell'Ordine di San Giorgio; ho chiesto se si potesse sapere chi ne facesse parte, e ho pubblicato l'elenco che mi è stato dato. Le dico che non lavoro per nessun altro, e se lei continua con questi sospetti e queste illazioni campate per aria, mi rivolgerò al comitato di redazione perché garantisca la mia libertà professionale senza pregiudizi o sospetti.
Arianna si alza, visibilmente irritata, e si dirige alla porta.
– Aspetti, dottoressa Tagliaferri, questa era solo la prima parte del mio discorso. C'è una seconda parte…
– Dica pure, basta che la smetta di sospettarmi collusa chissà con chi.
– Se è vero che lei non “lavora” per nessuno, allora posso farle la mia proposta: vuole lavorare per noi?
La sincera confusione di Arianna, ora, la si può leggere sulla sua espressione:
– Ma io già lavoro per voi…
– Non faccia finta di non capire. Lei non è un tipo che ha bisogno di troppo parole per comprendere che cosa le sto offrendo.
La giovane, dopo la doccia fredda, fa in tempo a riprendersi dallo sbalordimento per rispondere a tono e dimostrarsi all'altezza della situazione.
– Mettiamola così: qualsiasi cosa lei mi offra, non mi interessa. L'unica attività che mi interessa è il mio lavoro. Non voglio essere pagata per niente altro; non sono una prostituta né del mio corpo né della mia mente. Lei lo deve sapere che un giornalista, se si presta a lavorare per altri fini che non siano quelli della pubblicazione di notizie, può essere espulso dall'ordine e subire conseguenze anche penali. Non posso credere che lei sia stato così ingenuo da offrirmi di commettere un reato. Lei ha di fronte una persona onesta, ma non stupida. Il suo invito a parlare con lei, senza che indicasse almeno l'argomento della nostra conversazione, mi aveva insospettito, quindi ho acceso un registratore dentro la tasca della mia giacca per registrare quello che mi avrebbe detto. Ora lo spengo, ma lei sappia che se mai commetterà qualche ingiustizia nei miei confronti o anche nei confronti di qualche mio collega, proponendo questi inaccettabili doppi lavori, sappia che sarà con grande gioia che spedirò questo nastro al suo direttore.
– Quello non conta un cazzo. Sono io che decido qui.
– A maggior ragione eviti di aprire anche quel fronte, e si comporti bene. Dimenticavo: grazie dei complimenti e degli apprezzamenti positivi sul mio lavoro.
Il vicedirettore la osserva andarsene senza riuscire a replicare.
Arianna è rimasta molto impressionata dalla proposta che le è stata fatta, e anche dal coraggio delle proprie risposte; ma appunto per questo non è in grado di valutare quali potrebbero essere le conseguenze che dovrà affrontare. Decide allora di chiedere consiglio a un suo collega anziano che ha degli incarichi alla Federazione della Stampa.
– Sei stata brava a registrare il suo discorso e a minacciare di renderlo pubblico nel caso cercasse di mettere in difficoltà te o qualche tuo collega, ma il vero problema nasce da questa fortissima competizione che si vive nelle redazioni. Di idee originali ce ne sono sempre meno; se non esci come inviato, di nuovi spunti ne trovi pochi; e allora, influenzati dai polizieschi americani, sono tutti alla ricerca della “gola profonda” che gli riveli i segreti dell'universo. E si finisce spesso nelle mani di quei personaggi ridicoli, metà imbonitori, come il famoso Gola Profonda, che al telefono si presenta come tale, e metà truffatori, come quell'altro che si presenta con il soprannome di Pinocchio e che pretende di essere un ex gladiatore. Ma tu ti fideresti di uno che si presenta come Gola Profonda o come Pinocchio? Non ti viene il dubbio che se gli hanno dato quel soprannome ci sarà un motivo? Eppure ogni due o tre anni esce un nuovo servizio raccolto da una fonte segreta, dietro la quale riconosci subito l'accento di La Spezia di Pinocchio. Poi ci sono i prezzolati: si comincia con i biglietti dello stadio gratis, poi con delle notizie spacciate per esclusive, e poi con gli scoop organizzati all'estero con il viaggio tutto pagato, e poi si finisce direttamente con i soldi; e più un giornalista diventa famoso, più si fa pagare. Lo scandalo del Sisde ha fatto emergere delle liste di giornalisti prezzolati che non finivano più, e alla fine ti trovi il collega che ti copia l'articolo dal server e lo fa avere ai servizi prima che al suo caporedattore. Poi ci sono le cordate politiche che sono ancora peggio. Tu comunque devi stare tranquilla: non correranno il rischio di essere sputtanati dalla tua registrazione. Comunque hai fatto bene a parlarmene subito, perché se ti succede qualcosa, avere qualcuno della Federazione della Stampa che ti difende, blocca subito le operazioni di discredito.
– Ti ringrazio. Fa piacere sentirsi meno soli a combattere in questa battaglia.
II.
Redazione dell'Agenzia di informazioni.
Questo è uno dei rari momenti in cui Arianna prova disgusto nel fare il suo lavoro. Ha dovuto scrivere tre brevi articoli sulla morte di un mafioso che aveva deciso di proporre allo Stato la sua collaborazione per arrestare Provenzano: non aveva capito che qualcuno, in quello stesso Stato, si era già accordato con il boss di Cosa Nostra per catturare Riina. Per questo era stato ucciso. Consegnati i pezzi, Arianna esce a passo spedito dall'ufficio senza una meta precisa, ma non riesce a rilassarsi, è disturbata da tutto quello che vede e sente. Roma, città della falsità e degli intrighi, dove tutto è l'opposto di quello che sembra. Si ferma a comprare un gelato per ritrovare un poco della perduta innocenza e rimane delusa dall'intruglio ghiacciato e insapore che le hanno servito. Le suona il telefono cellulare e ne approfitta per buttare il gelato in un cestino della spazzatura.
– Chi parla?
– Sono la tua Gola Profonda e voglio darti qualche notizia che potrebbe tornarti utile.
– Senti, Gola Profonda, hai scelto il giorno sbagliato per presentarti. Non ho nessuna intenzione di incontrare te, né nessun altro, per nessun motivo.
– Ti segnalo solo un processo a cinque italiani accusati di aver commerciato materiale radioattivo e mercurio rosso. L'udienza è fissata per domani mattina al Tribunale di Como.
– Guarda, ti do il telefono della nostra sede di Milano e ne parli con loro: 02…
– Voi giornalisti quando cercate le notizie ve ne infischiate degli ostacoli, della dignità o della buona educazione, poi quando qualcuno ve le offre fate gli schizzinosi.
– Su questo sono d'accordo, ma credimi, Gola Profonda o come cavolo ti chiami, oggi non è proprio giornata; poi non mi piace parlare di cose serie con degli sconosciuti, mi piace vedere la gente in faccia, e allora quando passi da Roma dammi un colpo e ci vediamo. Ora ti saluto e ti suggerisco di trovarti un nome meno ridicolo e abusato, perché davvero quello che hai scelto non invoglia all'incontro.
– D'accordo, mi presenterò come il tuo bisbigliatore di notizie.
– A' Gola, fa un po' come cavolo ti pare. Ci si sente più avanti.
Arianna lo sa che non è sano e nemmeno corretto usare il proprio uomo per sfogarsi delle frustrazioni della vita, ma in quel giorno ne ha proprio bisogno.
– Pronto, posso parlare con Guido Monti?
– È lei, Arianna?
Senza fare nemmeno un piccolo sforzo per trasformare la voce:
– Non sono Arianna, mi chiamo Elena.
– Guido, è per te. Una che parla come Arianna, ma che dice di chiamarsi Elena…
– Ciao, Elena carissima, come va?
– Ci possiamo vedere stasera?
– Ok, alle otto al solito ristorante.
Al ristorante La Luna Rossa, dopo il secondo bicchiere di vino, Arianna racconta gli sgradevoli incontri della sua giornata e Guido commenta:
– Era prevedibile che succedesse. Il tuo vicedirettore lo conosco. È un vecchio massone che pretende di lavorare con i servizi, ma non credo che siano quelli italiani; o se lo sono, sono di quelli che collaborano con la Cia. Hai fatto bene a comportarti così, hai fatto salire la tua quotazione, ma non smetteranno di romperti le scatole. Il secondo, la tua Gola Profonda, dalla citazione che ha fatto sul mercurio rosso non può che essere quel contaballe del dottor Campari, alias il signor Aldino. So già cosa ti racconterà: il progetto Urano, i fantomatici accordi per seppellire nel deserto del Sahara un'enorme quantità di rifiuti tossici radioattivi, che senza sforzo verrebbero sepolti sotto l'acqua del mare una volta fatto esplodere il tratto che permetterebbe all'oceano allagare tutta l'area sotto il livello del mare. È un progetto creato per gli allocchi. In realtà, le scorie radioattive vengono già portate in Somalia e in Mozambico. La faccenda del mercurio rosso, poi, è una vera e propria favola inventata alla fine degli anni Ottanta per individuare le reti di acquisto clandestino di ordigni e munizioni nucleari. Molti hanno sborsato cifre astronomiche per comprare una sostanza che non esisteva, ma che eccitava la fantasia dei peggiori trafficanti di armi. A far circolare questa bufala è stato lo scienziato che l'ha inventata, Samuel Cohen, che è anche l'inventore della bomba al neutrone, questa vera, però. Se vuoi un consiglio, stai lontana da spioni e “gole profonde”: se ti contattano è perché vogliono controllarti; se vogliono controllarti, è perché non stai andando nella direzione che vorrebbero.
– È sempre rassicurante parlare con te, perché sei sempre tre passi avanti agli altri e puoi dare buoni consigli a chi, come me, ha sempre la sensazione di non essere preparata a sufficienza.
– I giornalisti sono impreparati per definizione, vengono mandati a seguire le cose più disparate, in ogni parte del mondo, con l'obbligo di dare le informazioni in modo più veloce e più approfondito dei colleghi… Una missione impossibile; per questo appena vanno in pensione, senza l'adrenalina del lavoro, spesso si beccano l'infarto. Ma attenzione, perché non tutti gli infarti sono infarti. Sai, c'è un'erba, la digitalis purpurea, le cui foglie hanno la proprietà di alterare profondamente le contrazioni del cuore producendo arresti cardiaci che sembrano assolutamente naturali. Questo è uno dei sistemi più usati per fare morire le persone al momento opportuno.
– Dai! Questa mi sembra un po' troppo fantascientifica!
– Hai mai sentito la storia del generale Manes o quella del banchiere Sindona?
– Chi è?
– Chi era, vuoi dire. Il generale Giorgio Manes era il vicecomandante dei carabinieri. Fu lui che fece fallire il piano Solo e il golpe De Lorenzo. Venne chiamato a testimoniare su quelle vicende davanti alla commissione parlamentare sulle stragi, e fece l'errore di accettare un caffè prima della deposizione. Non riuscì nemmeno a terminare il suo racconto che ebbe un arresto cardiaco. Pensa che era arrivato in parlamento in borghese, e quando la moglie passò a riprenderlo dopo quaranta minuti, lo trovò all'obitorio dell'ospedale in una bara, in divisa e con tutte le medaglie addosso; un eccesso di zelo che avrebbe dovuto insospettire i magistrati, ma nessuno chiese l'autopsia. E così fecero tacere la parte migliore dell'Arma dei carabinieri. Un altro dei sistemi più comuni per procurare una morte apparentemente casuale è quello di introdursi nel garage della vittima e bucare impercettibilmente la scatola dell'olio del cambio e dell'olio dei freni. Se il guidatore dovrà fare un certo numero di chilometri, si troverà alla guida di una macchina che non frena e non risponde al volante, e si schianterà in modo insospettabile lungo la strada. C'era un bravissimo ispettore della Digos bolognese, che stava facendo indagini su Ronald Starks, il cosiddetto “spacciatore Alfa”, il numero uno tra gli spacciatori di eroina, la droga che improvvisamente, negli anni Settanta, invase il nostro Paese in quantitativi enormi. Starks aveva un vantaggio: era un trafficante che lavorava per la Cia e non voleva avere segugi che lo seguissero. Il dirigente della Digos, durante un pedinamento di Starks, fu ritrovato senza pistola, senza portafoglio e senza documenti nella sua macchina, misteriosamente uscita di strada. Anche in quel caso nessuno osò richiedere l'autopsia.
Guarda caso morì nello stesso modo l'unico carabiniere che collaborava con il procuratore che indagava sulla correttezza degli investimenti del Dipartimento della cooperazione, uno dei settori più chiacchierati del Ministero degli Esteri. Portò la sua famiglia a sciare uno domenica e casualmente incontrò un collega sulle piste di sci che gli suggerì, nel ritorno, di non fare la stessa strada che aveva fatto all'andata. Fu trovato schiantato contro un albero. La famiglia si salvò, lui no.
Arianna ascolta affascinata questi racconti, frutto di una lunga esperienza e di conoscenze approfondite che a lei ancora fanno difetto. Esperienze e conoscenze fondamentali per l'inchiesta che sta seguendo sulla Falange Armata. “Con un uomo così alle spalle dovrei sentirmi più sicura”, pensa, ma non sa ancora quanto si stia sbagliando.