Uccello mannaro

di Jack Sharkey

 

 

Titolo originale: The Blackbird 

Traduzione di Maria Benedetta De Castiglione 

© 1966 Ultimate Publishing & Co. 

 

 

 

Mettete insieme uno strano orientale, una tranquilla cittadina della Nuova Inghilterra, una catena di decessi, un avvocato arrendevole e... un testimonio a sorpresa! Avrete il più strano e assurdo processo che sia mai stato celebrato a East Anchorville o in qualsiasi altro luogo!

 

Il Turco, fedele alla tradizione dei racconti di avventure arabe, era un gigante. Gli abitanti di East Anchorville (così chiamata per via della sua posizione geografica rispetto alla più grande città di Anchorville), si sentirono certi, fin dal primo momento che lui apparve sulla scena, che avrebbe portato sfortuna. Nessuno ammetteva di averne proprio paura, ma tutti erano del parere che bisognava trattarlo con grande prudenza. Così fu naturale che quando la serie di fatti orribili ebbe inizio, tutte le menti si volgessero verso il Turco misterioso, come limatura di ferro attratta da un magnete.

Gli orrori cominciarono in autunno, quando le foglie secche ingorgarono i canali di irrigazione del retroterra e la fredda polvere grigia si insinuò sotto i piedi sulle strade della cittadina, sporche e sconnesse; quando il tramonto bisognava vederlo tappati in casa, con la porta sprangata e un bel fuoco di ceppi nel camino.

 

Harriet Cord, la “bella” della cittadina (rovina di tutta la popolazione femminile locale), era uscita al tramonto per una gita in carrozza in compagnia di Marvin Sply, figlio del defunto fabbro del villaggio. I vecchi del luogo avevano stretto le labbra e fatto schioccare la lingua in segno di disapprovazione, quando i due erano passati sferragliando sul carro a quattro ruote che Marvin aveva ereditato dal padre; il giovane teneva con una mano le redini e posava l’altra, senza possibilità di dubbio, sulle spalle di Harriet! 

Due ore dopo, Marvin era tornato solo, con gli occhi sbarrati e gli abiti in disordine: dalle sue labbra scaturiva a getto continuo un racconto raccapricciante. Il rumore del carro che imboccava la strada principale, trainato dal cavallo lanciato in frenetico galoppo, aveva richiamato una folla di curiosi, tra cui lo sceriffo, il quale, dopo aver ascoltato l’isterico racconto di Marvin, si era precipitato al “Grogan Saloon” per reclutare degli uomini e non si era più fatto vedere per tutta la notte. 

Tutti gli abitanti, uomini e donne, erano saliti sui carri, sui cavalli e sulle poche auto di cui la cittadina andava fiera, ed erano partiti diretti al teatro del delitto poiché tale già lo ritenevano.

Una scena terribile si presentò ai loro occhi.

Harriet giaceva sul bordo della strada, fredda come il marmo, il volto irrigidito per sempre in una smorfia di orrore. Non c’era alcun segno sul suo corpo, ma, chiusa nella mano sinistra, trovarono una piuma nera, grande e lucente... 

Il rapporto del medico legale fu il seguente: “Morte dovuta a cause ignote e misteriose, per mano di persona o persone ignote”. 

I sospetti si addensarono immediatamente sul Turco.

La sua padrona di casa “che gestiva un luogo rispettabile”, avrebbe voluto metterlo alla porta senza por tempo in mezzo. La signora Balsam non voleva aver a che fare con “mostri”, nella sua pensione... Comunque si rese conto che salire, sola, i tre piani di scale che conducevano all’abbaino del misterioso pensionante non sarebbe stata un’impresa facile, e poiché non riuscì a trovare nessuno che l’accompagnasse (suo marito aveva deciso improvvisamente di falciare l’erba dell’aiuola in giardino, anche se questa non ne aveva affatto bisogno, e si era rifiutato di chiedere a quel tipaccio di lasciar libera la camera sui due piedi) pensò che era meglio prendersela con più calma e aspettare. 

Thelma Bracy, una vicina, era dell’opinione che la signora Balsam avrebbe dovuto drogare le vivande del Turco e poi chiamare la polizia perché venisse a prelevarlo. Proprio allora saltò fuori un fatto strano: lo strano personaggio non aveva mai preso un solo pasto nella pensione, sebbene pranzo e cena fossero compresi nel prezzo della camera. Un’ora dopo che Thelma aveva saputo ciò, il fatto era sulla bocca di tutti gli abitanti del villaggio e, cosa anche più sorprendente, tutti giuravano di non aver mai visto il Turco mangiare, in nessun luogo. 

Lo sceriffo (che aveva infine arrestato Marvin Sply in mancanza di altre persone sospette) fu subito informato della piega che avevano preso gli avvenimenti, o per lo meno ne fu informato non appena fu possibile rintracciarlo nel “Grogan Saloon”. Dichiarò alla signora Balsam che la cosa migliore da farsi in simili “circostanze” (il Turco era alto più di due metri e pesava in proporzione) era di aspettare e stare a vedere. 

 

Quando Marvin si svegliò il mattino seguente nella cella della prigione di East Anchorville, chiese di essere rilasciato subito, dichiarando di non sapere assolutamente nulla sulla morte di Harriet. Disse che avevano attraversato insieme a piedi un campo e che si era fatto troppo buio perché Harriet potesse riattraversarlo senza correre il rischio di slogarsi una delle ben tornite caviglie; così lui era andato da solo a prendere il carro e quando era tornato nel luogo dove aveva lasciato la ragazza non aveva trovato nessuno. Dapprima aveva pensato che se ne fosse andata, ma poi aveva scorto una manina bianca spuntare dal bordo del fosso che correva a lato della strada, e dalla mano era risalito ad Harriet.

Lo sceriffo fu esplicito. Marvin si trovava là al momento del delitto: lui soltanto. Perciò solo lui poteva aver ucciso. L’accusa era chiara e lo sceriffo era deciso a tenere in galera il giovane fino a lasciarlo marcire. E probabilmente lo avrebbe fatto, se un gruppo di suoi elettori, irritati perché i loro cavalli perdevano i ferri, perché le ruote dei carri andavano in pezzi e i parafanghi dovevano essere riparati, non avesse insistito perché Marvin venisse rilasciato e continuasse a svolgere le sue mansioni di fabbro ferraio. Lo sceriffo cedette, anche se a malincuore, ma fece promettere a Marvin che sarebbe tornato in prigione la notte stessa: l’altro promise prontamente. 

Quel pomeriggio, gli abitanti della cittadina rimasero colpiti nell’apprendere che Marvin, col pretesto di recarsi ad Anchorville per fare degli acquisti, era invece salito su di un treno espresso diretto a San Francisco, sicuramente per non tornare mai più. 

 

Lo sceriffo stava già per lanciare un allarme a tutta la nazione, quando un agricoltore terrorizzato si precipitò nel suo ufficio per annunciargli la seconda orribile scoperta. 

Abel Stanley, il principale allevatore della cittadina, era stato trovato morto nel recinto dei maiali, il nobile cuore fermo per sempre e gli occhi azzurri terrorizzati che fissavano, senza vedere, un truogolo pieno. E, ficcata nell’ala del suo cappello, stava una piuma nera e lucente. 

Mentre lo sceriffo si precipitava da “Grogan” in cerca dei suoi aiutanti, Toni il barista uscì correndo per informarlo dell’orrore numero tre. 

Edward Forbes, uno dei più emeriti ubriaconi di East Anchorville, era stato scoperto sotto il banco, nel “Grogan Saloon”, davanti al rubinetto di un barilotto di whisky vuoto, con una lucente penna nera infilata all’occhiello della giacca, e completamente defunto. Ma questa volta il barista (sotto l’illuminata direzione dello sceriffo che si teneva all’estremità opposta del locale) trovò un “segno” sul cadavere: una strana scoloritura a forma di stella, sotto l’ascella sinistra. Il rapporto del medico legale la definì però una comunissima voglia, e la gente si mise le mani nei capelli, disperata. 

Il panico cominciò a diffondersi nella cittadina, una volta così tranquilla. Le insinuazioni significative di Thelma Bracy nei riguardi del Turco incominciarono a fare presa sulla gente credulona. Le madri, sperando di scoraggiare l’assassino, apparentemente dotato di buon gusto, incominciarono a battere con la cinghia, a frustare, o addirittura a sfregiare i loro figli, come misura precauzionale. “Sfigurarli o perderli!” divenne il grido di battaglia. 

Il Turco (e ciò non fa meraviglia, dato che non aveva rapporti con nessuno) tre giorni dopo la morte di Harriet non aveva ancora udito nulla di quanto era accaduto. Così si mostrò come se niente fosse nella piazza della cittadina, dirigendosi a lunghi passi e in tutta la sua imponenza verso l’emporio Gulby. Gli sembrò strano che i bambini, i quali di solito lo seguivano cantando le loro insulse canzoncine a base di salsa di mirtilli e di gente che veniva dalla Turchia, quel giorno se ne stessero zitti. Scomparvero tutti nelle case, dietro agli alberi o dietro agli angoli delle strade, non appena il tonfo cadenzato dei suoi pesanti stivali annunciò il suo imminente arrivo. 

Quando curvò il prodigioso torace tanto da permettergli di introdurre la testa nella porta della bottega, tutti i clienti si voltarono a guardarlo, pallidi e muti.

Gulby, il padrone del negozio, era un tipo piuttosto eccitabile. Si mise a gridare «È lui! Il demonio!» e rese memorabile il suo breve discorso precipitando sul banco dei dentifrici; il suo pancione fece crollare la merce sul pavimento, dove il peso del suo corpo fu tale da farlo sprofondare in un mare di pasta dentifricia al fluoro. 

«Il malocchio!» incominciarono a urlare tutti i clienti presenti nel negozio, e, coprendosi gli occhi con una mano, e con l’altra tesa in avanti, si accalcarono per uscire dal locale. 

Ora lo sceriffo si trovò veramente in imbarazzo. Una delegazione di cittadini furibondi si recò nel suo ufficio e chiese l’arresto immediato del mostro (infatti chi avrebbe potuto essere l’assassino se non il Turco?), minacciando, in caso contrario, di mettere in atto immediatamente i poteri di revoca e di eleggere un nuovo sceriffo. 

Fu questo a farlo decidere. Cercò di mettere insieme tutto il suo coraggio rimanendo per un’ora nel “Grogan Saloon”, poi si diresse alla pensione della signora Balsam, salì le scale, chiamò il Turco (che uscì abbastanza di buon grado) e lo scortò nella cella che Marvin Sply aveva appena lasciata vacante. Quando i fumi dell’alcool si diradarono abbastanza per lasciargli scorgere l’enormità di quanto aveva fatto, ritornò immediatamente da “Grogan” per cercare di cancellarne il ricordo. 

Ma ormai era in ballo. Se c’era stato un arresto ci doveva essere anche un processo. 

L’intera città si rianimò alla notizia. Le signore uscirono per comprarsi un abito nuovo, una cuffietta nuova, scarpe e giacche nuove, e gli uomini si recarono in massa da “Grogan” per discutere il caso. 

Lo sceriffo era là, come il solito, e, mentre gli uomini chiacchieravano, la conversazione cominciò a farsi vaga e si scoprì l’orribile verità: nessuno, in fondo, poteva portare prove concrete. 

Bisognava agire immediatamente.

Il fratello dello sceriffo, che era aiutante del Procuratore Distrettuale, era anche direttore del giornale locale. Un invito venne stampato sul primo numero dell’East Anchorville News. La parola d’ordine si diffuse in tutto il Massachusetts. 

Le risposte cominciarono a piovere da tutte le parti, per la maggior parte da donne.

TESTIMONIATE! Invitava il giornale. PRESENTATEVI TEMPESTIVAMENTE! 

I testimoni furono scelti basandosi sulla capacità intellettiva, sulla fantasia creativa e sulla conoscenza della lingua inglese dei vari concorrenti. Thelma Bracy era di gran lunga la teste più importante, avendo frequentato (lo ammetteva lei stessa) un corso per corrispondenza per scrittori di romanzi; la città vedeva in lei una super-testimone. 

L’eccitazione aveva raggiunto il culmine; era come se fossero tornati i bei tempi andati, quando si dava la caccia alle streghe... 

Il sole si levò, tramontò, poi sorse e tramontò di nuovo... e finalmente il giorno del processo arrivò.

 

Tutti gli abitanti di East Anchorville erano stipati nell’angusto palazzo del tribunale e quelli delle cittadine vicine avevano viaggiato tutta la notte per giungere in tempo all’eccezionale spettacolo. Granoturco soffiato, zucchero filato e birra ghiacciata (con grande irritazione del clero locale) venivano venduti sui gradini dell’edificio, e il giudice, proprietario della locale fabbrica di birra, rimase lì fuori a dare impulso alla vendita fino quasi al momento in cui il processo doveva iniziare. 

Le vedove delle vittime (Gulby era spirato in seguito al suo sensazionale capitombolo nella pasta dentifricia, lasciando la desolata vedova sola con i suoi ricordi, e trentamila dollari di un’assicurazione sulla vita) sedevano in prima fila, in attesa che fosse fatta giustizia. Per assicurare un veloce e colorito processo, nonché una sentenza di colpevolezza, si erano preoccupate che Ervin Burns, il Procuratore Distrettuale (il più brillante avvocato della cittadina, nonché cognato del direttore del foglio locale) mandasse a prendere ad Anchorville tre dei più giovani avvocati che si potessero trovare, appena usciti dalla facoltà di legge della città; tra questi, le vedove avevano scelto quello che sembrava il meno sveglio. 

Thomas Bit, il prescelto, sedeva ora accanto al Turco silenzioso, tormentandosi nervosamente il colletto con il dito e temperando la matita ogni cinque minuti. Gli occhi di tutta la regione erano fissi sul tribunale, quel giorno, e sarebbe stato un clamoroso successo se fosse riuscito a strappare una sentenza assolutoria. 

Avrebbe desiderato che la cittadina fosse un po’ più grande, perché era stato davvero impossibile trovare un membro della giuria che non fosse parente degli uomini uccisi o buon amico di Harriet Cord. Sembrava che tutti avessero conosciuto Harriet Cord. Se lei fosse stata l’unica vittima e se lui fosse riuscito a scegliere una giuria di donne del posto... Thomas Bit sospirò. 

Vostro Onore, forbendosi uno schizzo di schiuma dal mento, attraversò frettolosamente il corridoio e scomparve nel suo gabinetto privato, poi il cancelliere richiamò tutti all’ordine, e il giudice apparve nel suo solenne manto nero, si arrampicò sui gradini dello scranno e sedette con un tonfo sordo, lo sguardo fisso e un vacuo sorriso sulla bocca. 

Thomas Bit lo notò e imprecò in cuor suo.

Vostro Onore batté per chiedere silenzio, ma lasciò cadere incidentalmente il martelletto sulla zucca pelata dello scrivano; qualcuno lo recuperò e glielo rese, lui batté di nuovo e il processo ebbe inizio!

Ervin Burns, il Procuratore Distrettuale, si avvicinò all’impaurita signora Balsam, con occhi freddi e severi e modi impeccabilmente ricalcati dal film di un infame processo che gli era capitato di vedere. La signora Balsam, che neppure con grande sforzo di immaginazione si sarebbe potuta prendere per un peso piuma, riuscì tuttavia a farsi più piccola quando l’uomo torreggiò sopra di lei con il pince-nez tra l’indice e il pollice. 

«Siete voi Nettie Balsam?» 

«Sì, sono Nettie Balsam» lei rispose, dopo una pausa di raccoglimento. 

«Siete voi la titolare della pensione in cui l’assassino viveva?» 

«Obiezione!» strillò Thomas Bit, balzando in piedi. «La colpevolezza di quest’uomo è ancora da dimostrarsi!» 

Nell’aula esplose una risata assordante, che si calmò soltanto quando Vostro Onore, alzando, tollerante, una mano, la ridusse a un gorgoglio basso e soffocato. «Per favore, signor Bit, non interrompete il signor Burns mentre svolge il suo lavoro, se desiderate avere la medesima considerazione quando interrogherete voi la testimone! Allora sarà il vostro momento.» 

Sconcertato, Bit si lasciò cadere sulla sua sedia. «Direi che c’è ben poca speranza» sussurrò al Turco. Questi si limitò a stringersi nelle spalle e non rispose. 

«Gestite la pensione dove il “preteso” assassino viveva?» chiese di nuovo Burns. 

Thomas Bit sospirò piano mordicchiandosi le unghie.

«Esattamente» disse la signora Balsam. «Gestisco una rispettabile pensione!» soggiunse. 

Si levarono alcuni applausi dalla prima fila, dove sedevano alcuni pensionanti della signora. Il marito non era presente al processo; era rimasto a casa a dormire.

«Avete mai notato qualcosa di... misterioso... riguardo a quest’uomo?» 

«Sì» disse la signora, severamente. «Non ha mai assaggiato i miei manicaretti.» 

«Non c’è proprio niente di misterioso in questo!» commentò qualcuno sottovoce, tra la folla. 

Burns si schiarì la gola e fissò l’impertinente che aveva parlato, fino a farlo diventare paonazzo. Poi sorrise alla signora Balsam. 

«E perché trovate strana la cosa?» 

«Perché i pasti sono compresi nel prezzo della camera. Mi sembra strano che un uomo spenda del denaro per qualcosa e poi non se ne serva...» 

Ervin Burns sorrise e annuì saggiamente. «Davvero curioso. E, secondo voi, qual è la ragione di questa stranezza?» 

«Obiezione!» Thomas Bit si era alzato di nuovo in piedi. «Siamo qui per discutere i fatti, non le opinioni!» 

Il giudice gli lanciò uno sguardo minaccioso. «Oh, insomma!» 

Bit ricadde sulla sua sedia scoraggiato. «È terribile» disse al Turco. 

L’imputato si strinse di nuovo nelle spalle, grattandosi la nuca. 

«Secondo me» riprese la donna rabbrividendo «non beveva, né mangiava perché si nutriva di sangue umano! O... peggio...! soggiunse cupa.» 

Thomas Bit nascose la faccia tra le mani, e virilmente trattenne le lacrime.

«Questo è tutto» sorrise Burns. «Ora tocca a voi.» 

Thomas Bit si ricompose come meglio poté e si diresse al banco dei testimoni. La signora Balsam lo guardò sospettosa, come un’anitra che vede una donna imbottire di piume un nuovo guanciale. 

«Signora Balsam...» incominciò. 

«Obiezione!» tuonò il Procuratore Distrettuale. 

«Obiezione accolta!» disse il giudice. 

In fondo alla sala il redattore del giornale sorrideva felice, scrivendo furiosamente in una piccola cartella che teneva sulle ginocchia. Le cose andavano a gonfie vele, e si era in anno di elezioni, per di più.

«Ehm...» balbettò Bit, poi riprese: «Voi siete Nettie Balsam?» 

«Sì» disse lei. 

«L’accusato vi ha mai dato disturbo, come pensionante?» 

«Ebbene, no... ma...» 

«Ha fatto mai niente di palesemente insolito?» 

«Non ha mai mangiato quello che cucinavo io!» 

«E allora, perché...» esclamò Bit sporgendosi in avanti e socchiudendo gli occhi «glielo avete messo in conto?» 

Nettie Balsam vacillò. Questo era un colpo basso che Burns non aveva previsto durante le prove. «Perché... perché con quel denaro potevo comprare più cibo per gli altri pensionanti!» 

«Allora» disse Thomas Bit, andando al sodo «non avete mai preparato alcun pasto per il Turco. Scommetto che se chiamassi a testimoniare qualcuno dei vostri ospiti, salterebbe fuori che non avete mai neppure preparato il posto a tavola per il mio cliente! Vi sembra corretto?» 

Nettie scoppiò in lacrime. «L’ho fatto, la prima settimana che si era stabilito da me... ma quando ho visto che non aveva intenzione di mangiare, ho... ho... usato i suoi soldi...» A questo punto non riuscì più ad arrestare i singhiozzi e non poté proseguire. Thomas Bit attese che si fosse un po’ calmata, poi disse in tono più cortese: «Allora la perdita di questo pensionante, se riconosciuto colpevole, vi toglierà di tasca del denaro?» 

Gli occhi di Nettie, velati di lacrime si allargarono a questo insidioso aspetto della faccenda, che fino ad allora non aveva considerato. «Diamine... avete ragione!» 

Bit indietreggiò di un passo e indicò il Turco, che sedeva imperturbabile nel banco degli imputati. «Allora siete ancora convinta che questo uomo abbia qualcosa a che fare con i fatti delittuosi?» 

Prima che lo stupefatto Burns potesse sollevare obiezioni, Nettie Balsam urlò: «No! Mille volte no! È innocente come un neonato e quando tutta questa storia sarà terminata, troverà la sua stanzetta ad aspettarlo come sempre...» esitò un attimo. «Alle stesse condizioni, naturalmente!» 

«Naturalmente» disse Thomas Bit. «Potete andare.» 

Nettie Balsam si affrettò a ubbidire, soddisfatta di sé. Nell’ultima fila, il redattore digrignò i denti con furia impotente. E le tre vedove sembravano pietrificate dall’odio. Chi credeva dunque di essere quel pivellino? Il primo vero assassinio che fosse accaduto da molti anni a quella parte, e lui scopre che l’imputato è innocente! Una di loro desiderò perfino, ma solo per un attimo, che suo marito fosse ancora vivo. 

 

Quando Burns si fu sufficientemente ripreso dal colpo quasi mortale che gli era stato inferto, chiamò Thelma Bracy. Un silenzio solenne calò nell’aula, mentre la donna avanzava orgogliosa verso il banco dei testimoni, circondato da una cancellata. Dopo tutto, era una celebrità, la testimone chiave, il cui ritratto, dall’espressione saggia e compresa, campeggiava sulla prima pagina nel giornale locale. 

Si sedette e accavallò immediatamente le gambe. Le sue ginocchia non erano visibili, per via della fitta cancellata, ma lei accavallò le gambe ugualmente.

«Il vostro nome?» Il tono di Burns era untuoso e sdolcinato. 

«Thelma. Thelma Bracy.» Guardò verso il gruppo dei giornalisti provenienti dalle cittadine vicine, le matite alzate sui notes. «T-h-e-l-m-a B-r-a-...» 

«Signora Bracy» la interruppe Burns rapidamente «volete per favore dire alla corte dove abitate?» 

«Vivo al numero 115 di West Pike... P-i-k-e... proprio accanto alla casa dove viveva “l’assassino”!» 

Gli occhi di tutti si volsero verso Thomas Bit, ma questi sospirò, si strinse nelle spalle e scrollò il capo. Un mormorio di sollievo si levò e una delle vedove perfino sorrise. Le cose incominciavano a mettersi meglio.

«Vorreste dirci, per favore» continuò Burns «esattamente quello che avete visto la notte del decesso della compianta Harriet Cord?» 

Un profondo silenzio cadde nella stanza e tutti gli occhi si puntarono su Thelma, che si schiarì la gola accuratamente e incominciò a raccontare.

«Mancava poco alla mezzanotte» disse in un sussurro. Perfino Thomas Bit sembrava ipnotizzato dal tono della sua voce. «Fredda era la sera, tuttavia io bramavo un po’ di corrente d’aria che alleviasse la spiacevole pesantezza della mia camera da letto. Mi diressi quindi verso la mia finestra, per aprire la stanza all’aria notturna...» Fece una pausa e soggiunse, in tono meno lirico: «La mia finestra dà proprio sul fianco della pensione di Nettie...» 

Il silenzio divenne anche più profondo.

«La finestra della stanza di quell’uomo!» Puntò teatralmente un dito verso il Turco, in segno di accusa. «Era chiusa, ma ecco! una luce tremolò dietro i vetri. Poiché non è mia abitudine guardare le finestre degli uomini che non conosco, stavo per tornarmene a letto, quando improvvisamente...» La sua faccia impallidì. «Quando improvvisamente...» ripeté desolata, guardando Burns, che aveva chiuso gli occhi, esasperato. 

Thelma fece un passo indietro nel suo monologo, e tentò una partenza veloce per meglio superare l’ostacolo. «Stavo per tornarmene a letto quando improvvisamente...» la sua faccia si illuminò. «Quando improvvisamente la finestra si spalancò rumorosamente, e quell’uomo...» alcuni dei presenti, che si trovavano accanto al Turco, si scostarono da lui furtivamente. «... sbirciò fuori con fare sospettoso, e subito dopo si allontanò di nuovo. Inchiodata da un terrore senza nome, rimasi ad attendere e poi... Qualcosa di grosso, nero, orribile saltò sul davanzale, proveniente dall’interno della stanza.» 

Benché Burns avesse già sentito il racconto durante le prove, dovette inumidirsi ancora le labbra aride, prima di parlare. «Che cos’era?» chiese con voce rotta. 

«Un merlo gigantesco!» disse Thelma. 

(Accurate ricerche condotte da Thelma sui costumi degli arabi e sulla loro storia avevano messo in luce che arabi e turchi consideravano il corvo come un sacro messaggero di eventi disastrosi, così lei aveva trasformato il nome dell’uccello in quello di una specie adatta alla mentalità dei suoi ascoltatori...) 

«L’uccello batté le sue enormi ali nere» continuò la testimone «si librò nell’aria, e poi, quasi presentendo qualcosa, volò via.» 

«Da che parte...» Burns, con un particolare tono di voce, sottolineò la domanda. «... Da che parte volò?» 

Thelma tacque un attimo, per rendere la risposta più drammatica, poi guardò il Turco con l’occhio di un basilisco, si alzò in piedi e disse: «Dritto verso oriente!» 

La folla rumoreggiò nell’aula, furibonda. Il corpo di Harriet Cord era stato trovato a est della città; nella mente dei cittadini, la colpevolezza dell’imputato era ormai assolutamente provata. 

Thomas Bit scosse il capo. Non c’era altro da fare che starsene seduto rigidamente, e attendere il proprio turno per interrogare Thelma. 

La donna non aveva ancora finito. «Qualcosa mi obbligò a rimanere lì, con gli occhi sbarrati, per circa un quarto d’ora. Poi divenne troppo freddo per restare ancora alla finestra e la chiusi. Proprio mentre stavo per farlo, il merlo ritornò; udì certamente la finestra che si chiudeva, perché si volse e mi guardò. Improvvisamente mi sentii terribilmente spaventata, mi gettai sul letto e mi nascosi sotto le coperte!» 

«E poi?» chiese Burns. 

«Mi addormentai» concluse la donna debolmente. 

«A voi, ora» disse Burns a Thomas Bit. 

L’avvocato respirò profondamente per distendere i nervi e si avvicinò al banco. «Signora Bracy» disse «sapete che era appena il crepuscolo quando Marvin Sply uscì con Harriet per la fatale passeggiata?» 

«Naturalmente» disse lei. «Lo sanno tutti.» 

«E sapete anche che dopo poche ore era già tornato?» 

«Certo.» 

«Allora come può esserci qualche relazione tra il merlo che affermate di aver visto e la morte di Harriet Cord, se il volo notturno dell’uccello avvenne dopo la mezzanotte?» 

Thelma si raddrizzò, piena di orgoglio e di sicurezza. «Una creatura soprannaturale non è soggetta alle comuni leggi del tempo e dello spazio!» rispose. 

Dal pubblico si levò un applauso, che il giudice, indulgente, evitò di interrompere, mentre Bit stringeva i denti per non scoppiare in singhiozzi.

«Soprannaturale!» disse ferocemente. «Vi aspettate che un tribunale riconosca una dichiarazione del genere?» 

«Figliolo» disse il giudice paternamente «qui siamo nello Stato del Massachusetts...» 

Prossimo alla disperazione, Bit tentò un’altra domanda: «Volete gentilmente dire alla corte in che modo ritenete che questo vostro “merlo” abbia causato la morte della signorina Cord e di tre uomini: Stanley, Forbes e Guilby?» 

«Certo» disse Thelma. Quell’uomo è un uccello mannaro! 

«Un “uccello mannaro”?» 

Thelma annuì. «Uomo di giorno, demonio piumato di notte. Vola per la campagna dopo il tramonto, in quello spaventoso travestimento, succhiando l’anima alla gente indifesa che incontra sulla strada!» 

«Vostro Onore» disse Thomas Bit «chiedo che questa testimonianza sia tolta dalla documentazione, in quanto chiaramente irrilevante, fantasiosa e semplicemente ridicola.» 

«Richiesta respinta!» sentenziò Vostro Onore. 

Curvo sotto il peso della delusione, Bit mormorò: «Non ho altre domande da fare.» E ritornò al posto, accanto al suo cliente. 

«Herbert Hoskin, dottore in medicina, al banco dei testimoni» annunciò Burns. Il medico legale della cittadina si alzò e si diresse al banco dei testimoni. 

 

Mentre Thomas Bit, ormai senza speranza, disegnava ghirigori su un foglio di carta, ascoltando appena la testimonianza del medico legale, una mano gli si posò leggera sulla spalla. Alzò gli occhi, e si ritrovò a fissare la faccia di uno sconosciuto, un tipo dall’apparenza sportiva, con la punta del naso rosea, e folti favoriti. Lo sconosciuto ammiccò. 

«In difficoltà, eh?» disse sorridendo. 

«Chi siete voi?» chiese l’avvocato. 

«Mi chiamo Wallen, figliolo. Wilbert Wallen. Sono uno specialista in malattie rare. Ecco perché mi trovo qui.» 

Thomas Bit inarcò un sopracciglio. «Temo di non capire...» 

«Capirete, figliolo, capirete...» disse l’altro, sedendoglisi a fianco. «Io sono il vostro super-testimone.» 

«Il mio... cosa?» disse il giovane avvocato. 

Wallen incominciò a spiegare, in un basso, fitto sussurro. Man mano che le intenzioni dell’altro diventavano chiare, gli occhi di Bit si facevano tondi, finché un accenno di sorriso apparve sulle sue labbra, per la prima volta, quel giorno. 

«State prendendovi gioco di me!» disse a Wallen. 

«Parola d’onore» assicurò lo specialista. «Non appena ho letto il resoconto del caso nei giornali, mi sono precipitato ad East Anchorville.» 

«Caspita!» mormorò Bit pieno di rispetto. 

 

Quando Burns ebbe terminato di ascoltare Hoskins, si volse a Bit e disse: «Tocca a voi, ora.» 

«Nessuna domanda» dichiarò l’avvocato. 

«Non avrete rinunciato alla difesa, spero?» chiese Burns con un piccolo sorriso affrettato. 

«Chiamo al banco dei testimoni Wilbert Wallen, dottore in medicina» disse il legale. L’aula fu percorsa da un mormorio; Burns e il giudice si scambiarono uno sguardo interrogativo, mentre Wallen prendeva il suo posto. 

«Come vi chiamate?» chiese Thomas Bit. 

«Wilbert Wallen.» 

«Professione?» 

«Patologo. La mia specialità sono le malattie rare.» 

L’aula divenne stranamente silenziosa. 

«Siete forse in grado di gettare un po’ di luce su questi quattro decessi, che si suppongono causati dall’imputato?» 

«Luce?» ridacchiò Wallen. «Posso dirvi con esattezza che cosa li ha causati!» 

«Vorreste farlo, per favore...?» 

«Ebbene...» Wallen si schiarì la gola, rumorosamente. «Vengo proprio dall’obitorio, dove giacciono i corpi della signorina Cord, e dei signori Gulby, Forbes e Stanley. Si direbbe che tutti gli addetti siano venuti qui, ad assistere al processo: sembra una città fantasma, questa, oggi. Così ho approfittato dell’occasione per esaminare i cadaveri.» 

«Ma è contro la legge!» tuonò il giudice. «Senza un ordine della Corte i corpi delle persone decedute non possono essere soggetti a...» 

«Vostro Onore» interruppe Thomas Bit pacatamente «in questo caso non c’era tempo di aspettare un ordine della Corte.» 

«Non c’era tempo?» disse il giudice. «Che significa “non c’era tempo”?» 

«Per il bene della città, di cui naturalmente fa parte anche Vostro Onore, il dottor Wallen ha dovuto fare molto in fretta.» 

Il pubblico rumoreggiò sempre più forte, finché il giudice batté col martelletto per ordinare il silenzio. «Signor Bit! Volete spiegarci... C’è qualcosa di minaccioso nel vostro tono...» 

«Se Vostro Onore vuol ascoltare il dottor Wallen...» 

«È assolutamente irregolare...» esitò Vostro Onore. Ma poi la sua curiosità ebbe la meglio e acconsentì. «Va bene» disse finalmente. 

«Ho scoperto» proseguì Wallen «che la signorina Harriet Cord era una “portatrice”.» 

Il giudice impallidì. «Una portatrice di che cosa?» chiese in un sibilo. 

«Di una malattia rarissima, chiamata Leprosis arboris, una specie di incrocio tra la Carie della Giungla e il Carbonchio del Castagno. Le viscere della vittima si trasformano in segatura. Non è molto doloroso; si tratta di una malattia che non presenta sintomi premonitori: l’individuo è nel pieno del suo vigore e un attimo dopo... trac!» 

«“Trac”?» chiese il giudice. 

Wallen annuì. «Tutti gli organi interni si sbriciolano, trasformandosi in segatura!» sospirò grattandosi il naso. «Quanto è accaduto appare dolorosamente chiaro. Quegli sfortunati signori sono venuti, chissà come, a contatto con la signorina Cord...» 

All’unisono, le tre vedove si irrigidirono e spalancarono la bocca. 

«... e sono passati nel mondo dei più.» 

In tutta l’aula, si videro uomini impallidire e mogli socchiudere gli occhi. Il giudice, la faccia color crema, chiese con voce rotta: «C’è... c’è nessuna cura?» 

«Sì, certo» sorrise Wallen. «Petali di rosa.» 

Un barlume di speranza brillò negli occhi del giudice: c’era una pianta di rose nella sua proprietà, ed era certo che i freddi autunnali ne avevano risparmiato alcuni boccioli. 

«Proprio così» disse Wallen. «E nessuna manipolazione. Ficcarne una in bocca come una caramella, masticare e inghiottire rapidamente. E si ritorna come nuovi!» 

In fondo all’aula, un uomo scivolò verso la porta, seguito a ruota da un altro e da un altro ancora. Vostro Onore afferrò il movimento con la coda dell’occhio e si ricordò che il suo alberello di rose era vicino al bordo della strada dove tutti gli abitanti della città potevano ammirarlo... 

Alcuni secondi dopo, il giudice, il Procuratore Distrettuale, il medico legale, lo sceriffo, il redattore e tutti gli altri abitanti maschi della città presenti nell’aula si facevano strada verso la porta a pugni, calci e spintoni. 

Quando il trambusto si fu calmato e la polvere cominciò a depositarsi, Bit strinse la mano a Wallen.

«Direi che il caso è risolto» disse. «Grazie a voi ne sono uscito vittorioso. Ho vinto la mia prima causa! C’è nulla che possa fare per voi? Posso offrirvi una birra, la colazione, rifondervi le spese del viaggio di ritorno?» 

Wallen rise e gli batté una mano sulla spalla, scrollando il capo. «No, grazie, figliolo. Non bevo birra, mi sono portato con me la colazione e il biglietto di ritorno è già pagato.» 

Raccolse una piccola borsa legata con lo spago e incominciò a sciogliere i nodi. Il Turco, ridendo soddisfatto, gli si sedette accanto. «Grazie, zio Wilbert!» disse affettuosamente. 

«Era il meno che potevo fare...» disse Wallen sorridendo. «Sei il figlio di mia sorella!» 

«Siete parenti?» Thomas Bit era rimasto a bocca aperta. 

«Ma certo!» Poi Wallen aggrottò la fronte. «Santo Cielo, figliolo, non ditemi che vi siete lasciato ingannare da quella specie di feticcio che stava là sul seggio!» 

«Io...» Thomas Bit si lasciò cadere debolmente su di un banco. «Volete dire che non era vero? La malattia e tutto il resto?» 

«Certo che no!» disse Wallen. «Ho inventato tutto di sana pianta. Ingegnoso, vero?... Perdinci, ragazzo mio, non sono neppure dottore!» 

Il cuore di Bit sprofondò lentamente nelle sabbie mobili della paura, che aveva invaso il suo petto. «Ma tutta quella gente... fuori al gelo... a mangiare rose...!» 

«Non farà male a nessuno!» disse Wallen sorridendo. «L’aria fresca farà loro bene.» 

«Ma perché l’avete fatto?» chiese Bit. 

Wallen terminò di svolgere dalla carta la sua colazione e indicò il Turco, inclinando leggermente il capo. «Non potevo abbandonarlo... È l’unico figlio di mia sorella, sapete. Lei è morta e l’ho allevato io.» 

«L’avete allevato voi...» balbettò l’avvocato, senza espressione. 

«Certamente» disse zio Wilbert. «L’ho fatto uscire io dall’uovo.» 

Mentre un gelido orrore incominciava a far vibrare le logore fibre nervose di Thomas Bit, zio Wilbert si chinò su di lui con fare amichevole e gli tese la scatola della colazione.

«Posso offrirvi un verme?» chiese, affabile.