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Racconto di Colin Lamb

Aspettai un minuto o due, poi la porta mi venne aperta da una scandinava alta e bionda dal volto un po' arrossato. Doveva essersi ripulita le mani in fretta, ma si notava ancora qualche traccia di farina bianca.

- Scusate, c'è una bambina in questa casa? Ha fatto cadere qualcosa dalla finestra.

Mi guardò con l'aria di non capire. Il suo inglese non doveva essere molto buono. Poi mi domandò: - Prego? Non avere capito.

- Bambina, qui? - insistei.

- Sì, sì.

- Caduto qualcosa, da finestra - le spiegai gesticolando in modo che mi augurai espressivo, e le mostrai un coltellino pieghevole d'argento. Lo guardò senza riconoscerlo, poi scosse la testa.

- Io non visto.

- Eravate in cucina, vero?

- Sì, sì, io cucina - assentì vigorosamente.

- Scusate il disturbo. Posso parlare con bambina?

- Prego?

Finalmente riuscii a farmi capire. Mi permise di entrare e mi accompagnò in una stanza di soggiorno abbastanza simpatica. Accanto alla finestra era stato sistemato un divano-letto sul quale vidi una ragazzina d'una decina d'anni dalla gamba ingessata.

- Signore dice tu caduto - cominciò la nordica, ma per fortuna in quel momento pervenne dalla cucina un forte odore di bruciato, e la ragazza lanciò un'esclamazione di sgomento.

- Andate pure, non occorre che vi tratteniate - le concessi con magnanimità.

Scappò via, e io domandai alla piccola: - Come va?

Quella mi guardò attentamente, tanto attentamente da innervosirmi. Era una bimbetta non troppo graziosa, dalle trecce biondo-cenere. Aveva la fronte un po' sporgente e il mento aguzzo. Ma gli occhi

erano belli e svegli.

- Mi chiamo Colin Lamb - le dissi. - E tu?

Mi rispose prontamente: - Geraldine Mary Alexandra Brown.

Pensai che con quei tre nomi importanti avessero voluto rimediare alla piatta anonimità di quel "Brown". Esclamai: - Mmm, quanti bei nomi! E come ti chiamano di solito?

- Geraldine, a volte Gerry, ma non mi piace. E papà non approva le "abbreviazioni".

Grazie a Dio, i bambini hanno una loro logica tutta particolare. Un adulto mi avrebbe subito domandato cosa volevo, ma Geraldine era dispostissima a conversare con me anche senza convenevoli. Era sola, si annoiava, e un visitatore, per quanto sconosciuto, rappresentava una piacevole novità per lei. Avrebbe chiacchierato sino a quando non m'avesse trovato noioso.

- Il tuo papà è fuori, immagino.

Mi spiegò con la prontezza di prima: - Lavora alle Officine Cartinghaven, a Beaverbridge. Sono ventitré chilometri e mezzo lontane da qui.

- E la tua mamma?

- La mamma è morta - mi spiegò senza perdere l'allegria. - E' morta quando ero piccola. Era su un aereo che veniva dalla Francia. L'apparecchio è caduto e tutti sono rimasti uccisi.

Me lo disse quasi con soddisfazione. Per i bambini un incidente del genere rappresentava sempre un importante argomento di conversazione, qualcosa di cui vantarsi un po'.

- Capisco. Allora quella...

- Oh, quella è Ingrid. E' venuta dalla Norvegia. Sono appena quindici giorni che l'abbiamo, e non parla ancora l'inglese. Glielo sto insegnando io.

- E lei ti insegna il norvegese?

- Non molto.

- Ti piace Ingrid?

- Sì, abbastanza. Cucina in modo un po' strano, a volte. Le piace il pesce crudo, figurati!

- Ho mangiato anch'io il pesce crudo, in Norvegia. Là si usa, ma non è mica male.

Geraldine mi guardò con aria dubbiosa.

- Oggi sta tentando di fare una torta.

- Lodevole tentativo.

- Sì, speriamo che ci riesca. Sei venuto qui a mangiare?

- No. Ho trovato una cosa sotto la tua finestra, e credo che sia caduta a te. Guarda un po'.

Le porsi il coltellino, e lei lo esaminò con una curiosità piuttosto compiaciuta.

- E' bello - disse infine. - Cosa sarebbe?

- Un coltellino da frutta. Non è tuo?

Sospirò e ammise con un certo rimpianto: - No, non è mio. Perché hai pensato che fosse caduto a me?

- Stavi affacciata, e tutte le altre finestre erano chiuse...

- Sto sempre affacciata, da quando mi sono rotta la gamba. Non so cosa fare

- Come hai fatto a romperti una gamba?

- Sono caduta.

- Peccato davvero.

- Ma adesso non mi fa più male.

- Certo che ti annoierai a star sempre qui ferma.

- Sì, ma papà mi porta sempre qualche cosa per farmi passare il tempo. La plastilina, libri, matite colorate, giochi di pazienza. Ma ci si stufa a fare queste cose. Allora passo un mucchio di tempo a guardar fuori della finestra, con questo - e mi mostrò orgogliosamente il binocolo da teatro.

- Oh, fammi un po' vedere.

Lo presi, lo regolai sulla mia vista e mi affacciai per guardar fuori.

- E' un binocolo formidabile - dissi.

Era eccellente davvero. Il babbo di Geraldine non aveva badato a spese. Avevo visto con perfetta chiarezza il villino numero 19 e gli altri.

- Roba di prima classe - incalzai.

- E' vero, sai? Non roba da bambini - mi spiegò lei con una nota di soddisfatto orgoglio.

- Ho visto.

- Ho anche un quaderno e ci scrivo quello che vedo. Avevo cominciato, con un mio cugino, a segnarmi tutte le targhe delle macchine; ma ne passano così poche che, dopo un po', mi sono stancata.

- E immagino che a quest'ora conoscerai tutti gli abitanti di quei villini e le loro abitudini - buttai lì in tono differente.

- Oh, sì. Certo non li conosco per nome, così li ho inventati.

- Divertente. Dimmene qualcuno.

- Là c'è la marchesa di Carrabas - e mi indicò col dito "Diana Lodge". - Ti ricordi "Il gatto con gli stivali"? Ha un'infinità di gatti.

- Ne ho visto uno proprio adesso e gli ho parlato. Un bel micione color arancione.

- Sì, ti ho visto.

- Devi essere una buona osservatrice. Scommetto che non ti sfugge nulla.

Mi sorrise compiaciuta. In quel momento Ingrid riapparve un po' ansante.

- Voi bene, sì?

- Perfettamente - rispose Geraldine. - Non preoccuparti. Torna pure in cucina.

La ragazza scomparve di nuovo e Geraldine mi spiegò: - E' sempre agitata quando fa da mangiare, specialmente quando prova qualcosa di nuovo. E spesso mangiamo tardissimo, per colpa dei suoi esperimenti. Sono contenta che sei venuto, così, intanto che ti parlo, dimentico la fame.

- Bene. Parlami ancora di quella gente laggiù. Sai chi c'è nella casa accanto?

- Una cieca. Ma cammina bene, sai? Me l'ha detto il portinaio che è cieca. Mi racconta tante cose. Mi ha parlato anche del delitto.

- Davvero?

- Sì, c'è stato un delitto in quella casa. Quasi l'ho visto.

- Molto interessante!

- Vero?

- E cos'hai visto?

- Veramente non c'era niente da vedere. A quell'ora non c'è mai nessuno in giro. La sola cosa interessante è stata una ragazza che è scappata fuori di là gridando. Allora ho capito che era successo qualcosa.

- E chi era che gridava?

- Una donna, giovane. E' corsa fuori e gridava come una matta. Poi ha preso per il bavero uno che passava. Uno che assomigliava a te.

- Devo avere un sosia. E dopo, cos'è successo?

- Lui l'ha messa a sedere sul marciapiede ed è corso in casa.

L'imperatore - è il gatto arancione, lo chiamo così perché si dà tante arie - ha smesso di lavarsi il muso ed è scappato via spaventato. Poi Manico-di-Scopa è uscita dall'altra casa.

- Manico-di-Scopa?

- Io la chiamo così perché è lunga, secca e legnosa. Ha un fratello, che comanda a bacchetta.

- Continua.

- Dopo, sono successe tante cose. L'uomo è uscito ancora dalla casa sei sicuro che non eri tu?

- Sono un tipo piuttosto comune, purtroppo, e chissà quanta gente mi assomiglia.

- Sì, questo è vero - ammise senza troppo tatto. - Insomma, l'uomo è andato a telefonare in quella cabina là, vedi? Poi sono arrivate le macchine della polizia. Un sacco di agenti, sai? E la gente ha cominciato ad arrivare. Anche il portinaio ci è andato, e dopo mi ha raccontato che avevano ammazzato un uomo.

- Ti ha detto pure chi era, quell'uomo?

- No, dice che era uno sconosciuto.

- E' molto, molto interessante. Ma dimmi un po': e prima? Voglio dire, prima che la ragazza urlasse, avevi visto quell'uomo che hanno ucciso entrare in casa della cieca?

- No, doveva già essere dentro da un pezzo.

- Abitava lì, secondo te?

- No, lì ci sta soltanto la signorina Pebmarsh.

- Conosci il suo nome, dunque?

- Sì, l'ho letto dopo sui giornali. E la ragazza che gridava si chiama Sheila Webb. E Harry mi ha detto che l'uomo ucciso si chiamava Curry. E' un nome buffo, non trovi? Come quella polvere che si mette nel riso. E dopo c'è stato un altro delitto, sai? Non quel giorno là, un'altra volta. Ma non guardavo fuori in quel momento, così non ho visto niente. Non potevo mica immaginare - sospirò.

Ingrid riapparve e promise, con parole spezzate, che sarebbe stata pronta tra poco. Poi tornò in cucina e Geraldine disse: - Non abbiamo bisogno di lei. Si preoccupa tanto per quel mangiare! Deve fare soltanto quello di mezzogiorno. Papà la sera cena al ristorante e mi fa sempre mandare su qualcosa.

- E il pranzo, a che ora lo fai di solito?

- Quando Ingrid ha finito di prepararlo. Ma sembra che non sappia leggere l'ora, perché, a volte, mi porta da mangiare a mezzogiorno e, a volte, aspetto sino alle due.

- Si vede che non è molto ligia alle regole. O se la prende comoda.

Ricordi a che ora hai mangiato quel giorno, quello del delitto?

- Sì, a mezzogiorno, perché Ingrid doveva andare al cinema nel pomeriggio. Era la sua mezza giornata di libertà e, quando lei esce, manda sempre qui la signora Perry a farmi compagnia. E' asfissiante, la signora Perry, e fa un sacco di moine inutili. Non si può discorrere con lei. Crede che abbia due anni e mi porta i dolcini.

- Quanti anni hai?

- Quasi undici.

- Mi sembri una ragazzina molto sveglia e intelligente.

- Perché parlo tanto con papà - mi spiegò lei seria seria.

- Così quel giorno hai mangiato presto? Immagino che la mattina avrai guardato fuori, eh?

- Sì.

- E non hai visto il signor Curry entrare in quella casa?

- No. E' strano, vero? Se fosse andato a suonare il campanello me ne sarei accorta.

- Che sia passato dal giardino posteriore?

- E' impossibile, non poteva passare di là. Il giardino dietro è chiuso, perché guarda sui giardini degli altri.

- Capisco.

- Mi piacerebbe sapere che tipo era.

- Piuttosto vecchio, dicono. Sui sessant'anni. Senza barba né baffi, ed era vestito di grigio.

- Niente di straordinario - osservò con aria di disapprovazione.

- D'altra parte penso che ti sarà difficile distinguere un giorno dall'altro, visto che ti affacci sempre a questa finestra.

Accettò la sfida.

- No, che non è difficile! Posso dirti tutto quello che è successo quella mattina. So quando è arrivato il Gambero e quando se n'è andato.

- Il Gambero?

- E' la domestica a ore della signorina Pebmarsh. Cammina di traverso come un gambero. Ha un figlio. A volte lo porta con lei, a volte no. Quella mattina il figlio non c'era. La signorina Pebmarsh è uscita un po' prima che lei arrivasse. Sai, insegna in una scuola per i ciechi. Il Gambero di solito va via a mezzogiorno, e qualche volta si porta via un pacchetto. Forse gratta un po' di burro o di formaggio alla padrona che non ci vede. Quel giorno, poi, sono sempre stata sola perché Ingrid era in collera con me e non è venuta a farmi compagnia. Sai, mi aveva domandato come si dice "arrivederci" in inglese, ed io per farle uno scherzo le ho insegnato a dire: "Va' all'inferno!". Lei l'ha detto alla signora Bulstrode, e quella si è arrabbiata moltissimo. Quando Ingrid si è accorta che l'avevo presa in giro è andata in collera e non mi ha più parlato sino al giorno dopo.

- Così ti sei concentrata sul tuo binocolo.

- Certo. Per questo so che quel Curry non è andato a suonare il campanello di quella casa. Forse ci sarà entrato di notte e si sarà nascosto in soffitta.

- Tutto è possibile. E nessun altro è arrivato davanti a quella casa? Neanche il postino, neanche, che so io, una macchina?

- Dunque, il ragazzo del droghiere ci va il lunedì e il giovedì. Il lattaio ci va la mattina alle otto e mezzo. Le verdure se le compera la signorina personalmente. No, non è venuto nessuno, a parte il furgoncino della lavanderia. Era una lavanderia nuova, ricordo.

- Una lavanderia nuova?

- Sì, di solito vedo la macchina della Southern Downs Laundry. Molta gente se ne serve in Wilbraham Crescent. Ma su quel furgoncino c'era la scritta: "Snow-flake Laundry". Non l'avevo mai visto prima.

Cercai di non mostrarmi troppo ansioso.

- E veniva a prendere la biancheria o la consegnava?

- La consegnava. E in un cesto enorme, molto più grande del solito.

- L'ha ritirato la signorina Pebmarsh?

- No, era uscita un'altra volta.

- Ricordi l'ora?

- L'una e trentacinque. L'ho scritto sul mio diario - mi mostrò il quaderno e lessi ad un certo punto: "1,35 - venuto il lavandaio".

- Dovresti lavorare a Scotland Yard - dissi ammirato.

- Hanno delle donne-investigatrici? Mi piacerebbe davvero. Ma non le donne-poliziotto. Quelle sono stupide.

- Bene, e cos'è successo, quando è arrivato il furgone?

- Niente. L'uomo che lo guidava è sceso, ha aperto le due portiere posteriori, ha tirato fuori il cesto e si è incamminato verso l'entrata di servizio, quella che c'è di fianco. Poi è tornato indietro e se n'è andato.

- Hai visto che tipo era?

- Oh, uno qualunque.

- Come me?

- No, molto più vecchio. Non l'ho visto bene perché andava di traverso, con quel peso in mano, e mi voltava quasi sempre le spalle. Quando è uscito si stava asciugando il sudore con un fazzoletto, così

non ho potuto vederlo in faccia. Ma mi è sembrato un po' vecchio.

- Poi il furgone si è allontanato senza fermarsi davanti alle altre case?

- Sì. Ti sembra tanto interessante?

- Non lo so. Ma quell'uomo potrebbe aver visto qualcosa.

Ingrid spalancò la porta e introdusse un carrello.

- Pronto adesso - annunciò trionfante.

- Bene, stavo morendo di fame.

Mi alzai.

- Ora scappo. Arrivederci, Geraldine. E' stato divertente parlare con te.

- Arrivederci. E questo? - mi domandò, prendendo in mano il coltellino. - Non è mio, ma mi piacerebbe che lo fosse.

- Be', perché non te lo tieni? Dopotutto non l'hai mica rubato, te l'ho portato io. Lo restituirai se qualcuno lo reclamerà. Ma non credo che verranno a reclamarlo proprio qui.

- Ingrid, dammi una mela che provo a sbucciarla.

- Mela?

La lasciai intenta a spiegare alla tarda scandinava quel che voleva.