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Racconto di Colin Lamb
Da un pezzo non andavo a Whitehaven Mansions. Una volta, quel grande palazzo d'appartamenti, isolato tra le case più basse e vecchie, aveva fatto spicco. Ma ormai erano sorti intorno a esso degli edifici ancora più imponenti. Notai che nel palazzo avevano messo l'ascensore e ne approfittai.
George, l'impeccabile cameriere, venne a rispondere alla mia scampanellata e mi fece un grande sorriso di benvenuto.
- Signor Colin! Da un pezzo non vi vediamo!
- Lo so. Come state, George?
- Bene, signore.
Abbassai la voce.
- E lui come sta?
Anche la sua voce, già discretamente bassa, calò di un semitono.
- Piuttosto depresso, direi. Se volete seguirmi da questa parte
- Per favore, annunciatemi come Colin Lamb.
- Va bene. - Aprì una porta e disse con voce chiara: - Il signor Colin Lamb desidera vedervi, signore.
Il mio amico Hercule Poirot era sprofondato nella solita poltrona davanti al camino. Eravamo ai primi di settembre e la temperatura era ancora dolce e mite, ma Poirot era sensibilissimo alle prime avvisaglie dell'autunno, e si affrettava a prendere ogni precauzione. Sul pavimento, a entrambi i lati della sua poltrona, c'erano due grosse pile di libri. Altri volumi stavano sul tavolo accanto, insieme con una tazza fumante. Sospettai che si trattasse di una di quelle tisane che gli piacevano tanto e che sovente cercava di farmi bere senza successo. Erano nauseabonde e avevano un odore acre e sgradevole.
- Non alzatevi, per favore - mi affrettai a dirgli, ma lui era già balzato in piedi.
Mi venne incontro a mani tese.
- Siete voi, mio caro amico! Ma perché adesso vi fate chiamare Lamb? Lasciatemi pensare. C'è un proverbio o un detto, qui da voi "Un montone travestito da agnello"? (1) No, quello si dice delle signore un po' mature che cercano di sembrare più giovani, e non vi si adatta. Ah, ecco, "un lupo travestito da agnello"! E' così?
- No. Il fatto è che con il lavoro che faccio preferisco tacere il mio vero nome, perché ricorda troppo quello di mio padre ed è piuttosto famoso. Lamb invece è breve, semplice, facile da ricordare.
- E come sta il vostro caro padre?
- Bene. Occupatissimo con i suoi caprifogli. O sono crisantemi? Il tempo passa così in fretta che non so mai quali sono i fiori di stagione.
- Si occupa dunque di floricoltura?
- Pare che a un certo punto finiscano tutti per far questo.
- Non io, ve lo assicuro. Se voglio dei fiori vado a comprarli. Mi pareva che il bravo sovrintendente, vostro padre, stesse scrivendo le sue memorie.
- Aveva cominciato, infatti, ma poi si è accorto che la discrezione lo costringeva a tacere tanti di quegli episodi scandalistici, che quel che rimaneva di pubblicabile era ben poco interessante.
- Già, bisogna sempre pensare alla discrezione, purtroppo. E' un peccato, perché vostro padre ne avrebbe di belle da raccontare. Ho molta ammirazione per lui, l'ho sempre avuta. Aveva un sistema tutto suo di servirsi delle trappole pi- evidenti per cogliere le sue prede. E queste regolarmente osservavano: "E' così ingenua e trasparente che non può essere una trappola!" e finivano sempre col cascarci.
Risi.
- Oggi non è più di moda ammirare il proprio genitore. Ma per quanto mi riguarda ho un enorme rispetto per il mio vecchio, e mi auguro di riuscire a dimostrarmi in gamba quanto lui, anche se il mio lavoro è assai diverso dal suo.
- Ma c'è una certa affinità, comunque. Solo che voi dovete lavorare dietro le quinte. A proposito, debbo congratularmi per l'ultimo successo spettacolare che avete ottenuto con "l'affare Larkin".
- Purtroppo il successo non è completo, perché ci sono ancora molte cose e persone da scoprire prima di considerare chiuso il caso. Ma non è per questo che sono venuto.
- Lo immagino. - Mi pregò di accomodarmi e mi offrì una tisana che mi affrettai a rifiutare.
George entrò al momento giusto con una bottiglia di whisky, un bicchiere e una bottiglietta di soda.
- E voi cosa fate di bello? - domandai al mio vecchio amico, poi indicando i libri soggiunsi: - Ricerche?
Poirot sospirò.
- In un certo senso. Ultimamente ho sentito un gran bisogno di risolvere qualche problema. Mi sono detto che la natura del problema non aveva alcuna importanza. Bastava che esistesse. Non sono i miei muscoli che hanno bisogno di esercizio, vedete, ma le mie piccole cellule grigie.
- Sì, capisco, volete tenervi in allenamento.
- Esatto. Ma i problemi, mio caro, non arrivano tanto facilmente. E' vero che la settimana scorsa m'è capitato di imbattermi in un piccolo mistero: ho trovato tre bucce d'arancia disseccate nel mio portaombrelli e non sono riuscito a capire di dove venissero. Io non mangio mai arance. George non si sognerebbe mai di mettere le bucce in un posto così poco adatto. E un visitatore non si porterebbe con sé quella roba per ficcarla nel mio portaombrelli. Sì, è stato un vero enigma.
- E l'avete risolto?
- Sì - rispose con un tono tutt'altro che entusiasta. - Non ne è uscita una faccenda molto interessante, alla fine. C'è stata una "sostituzione" della domestica a ore. Quella nuova, un giorno, si è portata dietro, a dispetto della proibizione, il suo bambino. Be', mi sono divertito a rimettere in esercizio le mie cellule grigie, ma la cosa era poco importante
- Deludente, direi.
- Alla fin fine - disse Poirot - uno non può pretendere di tagliare lo spago di un pacco con una scimitarra. Da qualche tempo passo il tempo a leggere alcune vicende misteriose veramente accadute che non sono mai state risolte, e mi diverto a sbrogliare la matassa per conto mio.
- Faccende come il caso Bravo, per esempio, o quello di Adelaide Bartlett?
- Sì, ma mi è stato anche troppo facile. Io sono certissimo dell'identità dell'assassino di Charles Bravo. La sua compagna poteva essere coinvolta, ma non era lei il "deus ex machina". Poi c'era quella sfortunata adolescente, Constance Kent. Nessuno ha mai capito perché avesse strangolato il fratellino che amava. Ma per me è stato chiaro. Quanto a Lizzie Borden, sarebbe necessario fare qualche domanda alle varie persone incriminate. E so già quali sarebbero le risposte; ma purtroppo sono tutti morti, ormai.
Ancora una volta mi dissi che la modestia non era davvero la virtù principale di Poirot.
- E dopo, sapete cos'ho fatto? - continuò. - Dalle storie vere sono passato ai romanzi. Guardate qui la mia raccolta di storie poliziesche. Ho cominciato da quelle vecchie, vedete? - E mi mostrò "Il mistero delle due cugine".
- E' vecchio davvero. Mio padre affermava di averlo letto da ragazzo. Anche a me sembra di averlo letto quasi un secolo fa. Chissà come suona antiquato adesso.
- E' ammirevole. L'atmosfera dell'epoca e quel suo tono deliberatamente melodrammatico sono decisamente gustosi. Senza contare la colorita descrizione della calda bellezza di Eleonor e di quella lunare di Mary.
- Dovrò rileggermelo. Avevo dimenticato la parte riguardante la bella ragazza.
- Poi c'è la domestica, Hannah, così aderente al personaggio, e l'assassino, un eccellente studio psicologico.
Intuii che Poirot avrebbe fatto una vera e propria conferenza, e mi rassegnai ad ascoltarlo.
- Prendiamo ad esempio le avventure di Arsenio Lupin. Fantastiche e inverosimili, d'accordo. Pure c'è tanta vitalità, tanto vigore! Sono pazzesche, ma geniali. E c'è anche una buona dose di umorismo.
Prese un altro libro.
- Ricordate "Il mistero della camera gialla"? Questo sì che è un classico! Lo approvo incondizionatamente. E' così logico Ricordo che a suo tempo l'hanno criticato, accusandolo di essere ingiusto. Non è vero, caro Colin, proprio no! Magari si avvicina un po' all'ingiustizia, ma vi sfugge per un pelo. No, è una cosa molto vera, e la verità salta agli occhi anche se è mascherata da un attento e astuto uso delle parole. Tutto dovrebbe diventare comprensibile quando gli uomini si incontrano alla convergenza dei tre corridoi. Quello è il momento supremo. Ripeto che si tratta di un capolavoro, ma temo che ormai la gente l'abbia dimenticato.
Frugò di nuovo tra i libri, saltò con disinvoltura una ventina di anni e tirò fuori qualcosa di pi- recente.
- Ho letto pure qualcosa di Ariadne Oliver prima maniera. La conosco, e credo che la conosciate anche voi. Non che io la approvi del tutto, badate, perché c'è molta inverosimiglianza nei suoi intrecci, e le coincidenze vengono sfruttate con eccessiva liberalità. Poiché a quel tempo era giovane, ha creato un investigatore finlandese, mentre è evidente che non sapeva nulla di questa gente né della loro terra. E' già molto se conosceva un po' della musica di Sibelius. Tuttavia ha avuto delle trovate originali. Possiede una mente acuta e deduttiva, e negli ultimi anni ha imparato molte cose che prima non sapeva. La procedura della polizia, per esempio, e i particolari riguardanti le armi da fuoco. Forse ha fatto pure amicizia con qualche avvocato che l'ha edotta su certe questioni legali.
Mise da parte Ariadne Oliver e prese un altro libro.
- Ed ecco Cyril Quain. Questo è un maestro dell'alibi.
- Io l'ho sempre trovato un po' noioso.
- Sì, nei suoi libri non accade mai nulla di veramente eccitante. C'è un cadavere, e qualche volta pi- di uno. Ma la sua forza sta sempre nell'alibi: l'orario delle ferrovie, le partenze degli autobus, lo studio di determinati incroci stradali. Confesso che mi piace il suo uso così intricato ed elaborato degli alibi, e mi diverto un mondo a cercare di smantellarglieli.
- E scommetto che ci riuscite sempre.
- Non sempre, no, non sempre - ammise con sincerità. - Naturalmente dopo un po' ci si accorge che i suoi libri si assomigliano tutti, così come si assomigliano gli alibi, anche se non sono proprio identici. Sapete, mio caro Colin, io immagino Cyril Quain seduto alla scrivania, con la pipa in bocca, come appare nelle sue foto, e circondato dall'orario inglese, da quello continentale, dai depliants delle linee aeree e dai bollettini sul movimento portuale. Dite quel che volete, ma nel lavoro di Quain c'è ordine e metodo.
Ripose il maestro dell'alibi e afferrò un altro volume.
- Ed ecco Garry Gregson, un fecondissimo scrittore di storie poliziesche. Ne ha scritte almeno sessantaquattro, mi pare. E' esattamente l'opposto di Quain, perché nei suoi libri accadono sempre troppe cose. E sembrano poco probabili e descritte in modo confuso. Melodramma rimestato con un bastone. Spargimento di sangue, cadaveri, indizi, brivido, brivido, e ancora brivido che trabocca. Tutto molto brillante, ma poco credibile. Sembra uno di quei cocktail americani dagli ingredienti piuttosto sospetti. E, a proposito di America, vediamo un po' la produzione d'oltre Atlantico.
Cercò nella pila alla sua sinistra.
- Florence Elks, per esempio. Pure lei è metodica e ordinata come Quain, ma i fatti sono pieni di colore, e il suo modo di scrivere è allegro, vivace. Ha spirito quella donna, anche se ha la mania di parlare troppo del bere, come molti suoi compatrioti. Io sono un conoscitore di vini come sapete, caro amico. Trovo sempre piacevole l'inserimento di un po' di vino, di marca e annata ben definite, in un racconto. Ma la quantità di rye o di bourbon che un detective americano ingolla nel corso del romanzo non mi interessa proprio. Che ne tenga una pinta o una mezza pinta nel cassetto dei colletti, è indifferente. Non modifica affatto l'andamento della storia. E invece questo del bere è il leit-motiv di tutti i polizieschi americani.
- Che ne dite della scuola dei "duri"?
Spazzò via con una mano la mia domanda, come avrebbe fatto con una zanzara molesta.
- La violenza per amore della violenza? Ma quando mai roba simile ha interessato? Da giovane, quando facevo il poliziotto, di violenza ne ho vista abbastanza. Bah, tanto varrebbe leggere un testo di medicina. Tuttavia, ammetto che la letteratura poliziesca americana nel complesso occupa un posto importante. E' più ingegnosa e fantasiosa di quella inglese. Non è densa di atmosfera come quella francese. Prendiamo per esempio Louisa O'Malley.
La prese.
- Scrive bene, ha dei veri pregi letterari. E nel contempo suscita nel lettore una certa curiosità ed ha il senso del suspense. Quelle case di New York, in arenaria scura Non ho mai saputo cosa fosse esattamente l'arenaria scura, ma che importa! Quegli snobismi così radicati e quella continua corrente sotterranea di criminalità. E' probabile che una determinata cosa accada, e infatti accade. Sì, Louisa O'Malley è molto brava.
Sospirò, scosse il capo e terminò di bere la sua tisana.
- Poi ci sono sempre i vecchi preferiti Le avventure di Sherlock Holmes, per esempio. - Afferrò un libro, lo guardò con reverenza ed esclamò: - Maestro!
- Chi, Sherlock Holmes?
- No, il suo creatore, Conan Doyle, davanti al quale mi tolgo il cappello. I racconti di Sherlock Holmes possono avere i loro difetti e sembrare un po' artificiosi. Ma il modo di scrivere di Sir Conan, la piacevolezza del linguaggio che usa, la creazione di quel magnifico personaggio che è il dottor Watson Oh! - Watson gli suggerì una facile associazione di idee, perché d'un tratto mormorò: - Quel caro Hastings. Il mio amico Hastings, di cui vi ho parlato così spesso. E' tanto che non ho sue notizie. Cosa gli è venuto in mente di andare a seppellirsi in Sudamerica, dove ci sono sempre delle rivoluzioni...
- Ormai le rivoluzioni scoppiano dappertutto, direi.
- Non facciamo discussioni sulla bomba atomica, per favore. Se è necessario che ci sia, pazienza, ma almeno non parliamone.
- In verità io ero venuto qui per parlare di ben altro con voi.
- Ah! Scommetto che state per prender moglie. Ne sono felice, mio caro, felicissimo.
- Ma cosa mai vi viene in mente, Poirot? Non me lo sogno neppure.
- Accade ogni giorno, sapete?
- Può darsi, ma non a me. Tanto per venire al dunque, sono qui perché mi è accaduto di imbattermi in un omicidio piuttosto strano.
- Davvero? E volete sottopormi il vostro problema? Come mai?
- Be', ho pensato che vi avrebbe divertito risolverlo.
- Spesso - osservò lui in tono pensoso - un padrone è gentile con il suo cane. Esce con lui e gli lancia la palla per farlo giocare. Ma anche un cane è capace di gentilezza verso il padrone. Magari ammazza un coniglio o un topo e va a deporlo ai suoi piedi. E sapete cosa fa? Scodinzola.
- Sto scodinzolando? - gli domandai con un sogghigno.
- Sì, amico mio, credo proprio di sì.
- Va bene, e che dice il padrone? Vuol vedere il topo del suo cagnolino? Gli interessa?
- Certo. Se siete venuto a parlarmene, vuol dire che lo giudicate interessante.
- Il fatto è che sino a questo momento la faccenda ha l'aria piuttosto insensata.
- Questo è impossibile. Non c'è mai nulla di insensato.
- Be', provate un po' voi a vedere se ci capite qualcosa. Io non ci riesco. Non che sia affar mio, badate. Ci sono capitato sopra per caso, come si dice. E può darsi che quando la vittima sarà stata identificata tutto appaia semplice.
- State parlando senza metodo né ordine - mi redarguì severamente.
- Vi prego di raccontarmi i fatti.
Gli descrissi, con tutti i particolari, quel che era avvenuto al numero 19 di Wilbraham Crescent, ed egli mi ascoltò a occhi chiusi sino alla fine. Poi domandò: - Proprio così è stato?
- Oh, assolutamente.
- Stupefacente - disse lui. Assaporò la parola sulla lingua e la ripeté sillabandola: stu-pe-fa-cen-te.
- E' tutto quel che avete da commentare?
- E cosa volete che vi dica?
- Perché non mi offrite la soluzione del mistero? Dite sempre che risolvete tutto standovene qui in poltrona e mettendo in moto solo le cellule grigie. Dite che non sono necessari gli interrogatori né le corse alla ricerca di indizi...
- E' vero.
- E allora coraggio, ditemi chi è l'assassino.
- Amico mio, ci sono ancora parecchie cose che dovete raccontarmi. Non mi avete detto che il principio. Non è così?
- D'accordo, ma desidero il vostro parere.
Rifletté un istante.
- Una cosa è certa - disse infine
- dev'essere un delitto molto semplice.
- Semplice? - ripetei in tono stupito.
- Naturalmente.
- E perché?
- Perché sembra così complicato. E se si sono preoccupati di farlo
apparire complicato, deve essere semplice. Capite quel che voglio dire?
- Non credo.
- Strano, in quel che mi avete raccontato c'è qualcosa di familiare. Quando e dove mi sono imbattuto in una vicenda del genere?
- Il vostro cervello dev'essere una specie di ripostiglio pieno di crimini. Ma non è possibile che li ricordiate tutti.
- Sfortunatamente no. Ma di tanto in tanto certe reminiscenze mi sono utili. Una volta c'era un saponificatore a Liegi. Fece bollire sua moglie nel calderone per sposare una stenografa bionda. Il suo delitto fece scuola, e qualche tempo dopo accadde un altro fattaccio del genere e io riconobbi il modello. Il fattaccio, in verità, era diverso, ma il modello era lo stesso. E ora in quello che mi avete raccontato mi è parso di ravvisare un'altra storia simile.
- In quali particolari? Quello degli orologi? O quello del finto assicuratore?
- No.
- Quello della cieca?
- Nemmeno. Non confondetemi le idee.
- Mi deludete, Poirot. Speravo che mi deste subito la vostra risposta.
- Amico mio, per il momento mi avete prospettato soltanto un tipo di delitto. Abbiamo ancora parecchie cose da scoprire. Forse quell'uomo verrà identificato. In queste cose la polizia è molto abile. Ha un'organizzazione perfetta, diffonde le fotografie della vittima, può esaminare le liste delle persone scomparse, ha dei laboratori scientifici a cui sottopone gli indumenti del morto, eccetera, eccetera. Sì, lo identificheranno, perché ne hanno la possibilità.
- Allora per il momento non c'è nulla da fare?
- C'è sempre qualcosa da fare - ribatté in tono severo.
- Per esempio?
- Parlare con i vicini.
- Già fatto. Sono andato anch'io con l'ispettore Hardcastle ad interrogarli, ma non ci hanno rivelato alcunché di utile.
- Questo lo credete voi. Ma io vi assicuro che non può essere così. Andate a domandare se hanno veduto nulla di sospetto, e loro dicono di no. Voi credete che sia tutto. Ma non è questo che io intendo per "parlare con i vicini". Dovete incoraggiarli a chiacchierare di qualsiasi cosa, e state pur certo che dai loro discorsi scappa sempre fuori qualche indizio. Magari discorrono di fiori, di gatti, della sarta o del parrucchiere, o dei loro amici o del cibo che preferiscono. Tra le loro parole ce n'è sempre una che apre uno spiraglio di luce. Dite che in quei colloqui non avete trovato alcunché di utile, e io ripeto che non è possibile. Se conoscessi parola per parola le conversazioni che vi siete scambiati, sarei in grado...
- Questo lo posso fare. - Mi tolsi di tasca gli appunti stenografici che avevo trascritto.
- Ma siete proprio un bravo ragazzo! Avete fatto benissimo. Perfetto. Vi ringrazio molto.
- Altri suggerimenti? - gli domandai, imbarazzato.
- Sì. C'è questa ragazza. Potete parlare con questa ragazza. Andate a trovarla. Siete già amici, no? Non l'avete accolta tra le vostre braccia quando è scappata fuori terrorizzata da quella casa?
- Ora non fatevi influenzare dalla lettura di troppi Garry Gregson. Ne avete ereditato lo stile melodrammatico.
- Forse avete ragione, si resta davvero contagiati da quel che si legge.
- Quanto alla ragazza - cominciai, poi mi interruppi.
- Sì? - domandò lui lanciandomi un'occhiata inquisitoria.
- Non vorrei non mi piacerebbe
- Ah, è così dunque. In fondo al vostro cervello avete il sospetto che c'entri per qualcosa.
- Ma no, lei si trovava lì per pura combinazione.
- Amico mio, non era una combinazione, lo sapete benissimo. Era stata chiamata per telefono. Avevano cercato proprio lei.
- Ma lei non sapeva il perché.
- Come fate ad esserne sicuro? Può darsi che lei lo sappia e non lo dica.
- Non credo - ribattei cocciuto.
- E' possibile che parlandole scopriate questo perché, anche senza che lei se ne renda conto.
- Ma non saprei come diamine, la conosco appena.
Hercule Poirot chiuse gli occhi un'altra volta.
- Questa è un'affermazione che ho udito pronunciare sovente dalle persone che si sentono attratte da qualcuno di sesso opposto.
Immagino che quella figliola sia bella.
- Sì, è molto bella.
- Allora andate a parlare con lei. Siete già un po' amici. Tornate anche a trovare quella signorina cieca con qualche scusa, e parlatele un po'. Vi consiglio pure di recarvi in quella copisteria, magari con
il pretesto di farvi dattiloscrivere qualcosa. Vi farete qualche amicizia tra le ragazze che lavorano là, parlerete con loro, poi verrete ancora a trovarmi e mi racconterete tutto.
- Abbiate pietà! - esclamai.
- Niente affatto. Vi divertirete.
- Sembra che dimentichiate il piccolo particolare del mio lavoro. Avrei anche quello da fare.
- Lo farete meglio, se vi concederete qualche distrazione.
Mi alzai ridendo.
- Be', siete voi il dottore. Nessun'altra perla di saggezza da propinarmi? Che ne pensate di questa strana faccenda degli orologi?
Poirot si spinse all'indietro nella poltrona, chiuse ancora una volta gli occhi e uscì con qualcosa di assolutamente inatteso.
Fa il tricheco: ecco il momento
di usar più d'un argomento:
ceralacca, bastimenti,
scarpe, cavoli e potenti.
Sai perché ribolle il mare?
E se i porci san volare?
Riaprì gli occhi ed assentì.
- Capite?
- Sì, è il dialogo tra il falegname e il tricheco, lo so. Alice nel paese delle meraviglie.
- Precisamente. Per ora non posso fare altro per voi, mio caro.
Pensateci su.
NOTE:
(1) Lamb in inglese vuol dire agnello (n'd't')