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Racconto di Colin Lamb
Non appena Sheila si fu allontanata, attraversai la strada, rientrai al Clarendon, preparai la valigia e la lasciai giù al portiere, perché la stanza andava disdetta entro mezzogiorno.
Poi feci un salto alla polizia e cercai il mio amico ispettore. Lo trovai intento a leggere una lettera con fiero cipiglio.
- Stasera torno di nuovo a Londra - gli dissi.
Mi guardò pensoso. - Vuoi un consiglio?
- No - risposi prontamente.
Non mi badò. Non lo si fa mai, quando si vuol dare un consiglio a tutti i costi.
- Se fossi in te, me ne andrei e me ne starei via. Lo dico nel tuo interesse.
- E come si fa a giudicare dell'interesse altrui? - ribattei io.
- Io credo di essere un buon giudice - rispose calmo l'ispettore.
- Senti, Dick, quando il mio caso sarà chiuso, io pianterò tutto.
Almeno credo.
- Perché?
- Sono come un sacerdote antiquato dell'epoca vittoriana: i dubbi mi assillano.
- Prendi tempo.
Non capii molto bene cosa intendeva e, tanto per cambiar discorso, gli domandai il perché di quella faccia scura.
- Leggi un po' qui. - E mi tese la lettera che aveva in mano.
"Gentile signore, mi è tornato alla mente un piccolo particolare.
Mi avete domandato se mio marito aveva qualche segno di identificazione, e io ho risposto di no. Ma poi mi sono ricordata che dovrebbe avere una piccola cicatrice dietro l'orecchio sinistro. Una volta il cagnolino gli balzò addosso mentre si radeva, e lui si tagliò. Dovettero dargli qualche punto. Era un particolare così insignificante che l'altro giorno mi è sfuggito. Tuttavia, se vi può essere utile, ve lo comunico ora. Distinti saluti
Merlina Rival"
- Scrive correttamente - commentai. - Io detesto l'inchiostro violetto, ma pazienza. Dunque, il defunto aveva una cicatrice?
- Sì, dietro l'orecchio.
- E lei non l'aveva vista durante l'identificazione del marito?
- No, perché l'orecchio la ricopre. Bisogna ripiegare il padiglione, per metterla in luce.
- Allora va bene, no? Questo corrobora maggiormente Ma si può sapere che diavolo ti rode?
Hardcastle borbottò che quel caso era infernale. Poi mi domandò se sarei tornato ancora dal mio amico francese o belga di Londra.
- E' probabile. Perché?
- Ho parlato di lui al Capo della polizia, e ho saputo che questo investigatore ha lasciato un ottimo ricordo di sé quando ha risolto il caso di quella guida assassinata. Ti confesso che se venisse qui lo accoglierei senz'altro con un cordiale benvenuto.
- Non credo che venga. E' una specie di Matusalemme, e non si muove mai.
Alle dodici e un quarto andai al numero 62 di Wilbraham Crescent. La signora Ramsay mi aprì la porta e mi domandò senza quasi guardarmi:
- Cosa desiderate?
- Posso parlarvi un momento? Sono stato qui una decina di giorni fa, forse non ricordate.
Mi osservò meglio, poi disse:
- La volta scorsa siete venuto con quell'ispettore di polizia, vero?
- Esatto. Posso entrare?
- Come no? Non credo che potrei impedirvelo senza diventare sospetta.
Mi precedette nel soggiorno, mi fece accomodare con un breve cenno della mano e si sedette di fronte.
- Oggi la casa sembra molto quieta - esordii. - I vostri figli sono tornati a scuola?
- Sì, se ne accorgerebbe chiunque. Ditemi. Avete qualche altra domanda da farmi su quell'omicidio?
- No, io non faccio parte della polizia locale.
- Ma io credevo che foste un subordinato dell'ispettore.
- No, lavoro in tutt'altro campo.
- E sarebbe? - nella sua voce notai un'ombra di durezza.
- Vostro marito è ancora all'estero?
- Sì.
- E' molto che è partito, vero? E si trova piuttosto lontano, a quanto pare.
- Che ne sapete voi?
- So che ha varcato la cosiddetta "cortina di ferro".
Per un momento rimase silenziosa, poi disse con voce quieta, quasi atona: - Sì, è vero.
- Sapevate dove andava, quando è partito?
- Pi- o meno. A dir la verità, voleva che lo raggiungessi.
- Ci pensava da un po'?
- Credo di sì, ma non me ne ha parlato che due mesi fa.
- Voi non condividete le sue idee?
- Una volta sì. Ma lo saprete certamente. Controllate molto bene certe cose, vero? Frugate nel passato, scoprite le persone che erano iscritte al partito e così via.
- Ma voi potreste darmi qualche informazione utile.
Scosse la testa.
- No, non posso. Non è che io non voglia, badate. Il fatto è che non mi ha detto nulla di preciso. E non voglio nemmeno saperlo, in verità. Sono così stanca di tutta quanta la faccenda! Quando Michael mi ha comunicato che intendeva lasciare questo paese, che voleva andarsene per sempre, magari per stabilirsi a Mosca, non mi sono stupita. Ma dovevo decidere quel che avrei fatto io.
- E vi siete accorta di non condividere abbastanza gli ideali di vostro marito?
- No, non si tratta di questo. Le mie idee non c'entrano, o perlomeno non si tratta di una cosa personale. Non sono fanatica, né in un senso né nell'altro, anche se ho sempre blandamente parteggiato per la sinistra.
- Vostro marito era coinvolto nel caso Larkin?
- Non lo so, può darsi. Non me ne ha mai parlato. Sia ben chiaro, signor?
- Lamb.
- Lamb, o lupo travestito, che dir si voglia. Io amo mio marito. Lo amavo abbastanza da seguirlo sino a Mosca, sia che simpatizzassi o no con la sua politica. Ma lui voleva che portassi via anche i bambini, e non mi sono sentita di farlo. E' tutto qui. Così ho deciso di restare in Inghilterra con loro. Non so se rivedrò mai più mio marito. Lui ha scelto la sua strada e io ho scelto la mia, o per meglio dire ho scelto quella dei miei figli. Desidero che i ragazzi crescano qui in casa loro. Sono inglesi e intendo allevarli come dei normali ragazzi inglesi.
- Capisco.
- Credo che sia tutto - disse la signora Ramsay alzandosi.
- Non dev'essere stata una scelta facile per voi. Vi assicuro che mi dispiace molto.
- Siete gentile. Forse siete anche sincero. Immagino che il vostro lavoro vi costringa a immedesimarvi nei sentimenti altrui, quindi non vi sarà difficile immaginare quel che ho provato. Ma sto superandola, la prova, piano piano. Il peggio è passato. Ora debbo fare dei progetti, decidere se star qui o trasferirmi. Dovrò anche trovarmi un'occupazione. Una volta facevo la segretaria d'azienda, ed è probabile che trovi ancora un posto del genere. So stenografare e scrivere a macchina.
- Non vi consiglio di impiegarvi alla copisteria Cavendish.
- Perché?
- Le donne che lavorano in quel posto sono sempre vittime di sfortunati incidenti.
- Se credete che io ne sappia qualcosa, vi sbagliate.
Le augurai buona fortuna e me ne andai. Non avevo appreso nulla di nuovo da lei. Ma non ci avevo nemmeno contato. D'altra parte era necessario che ad uno ad uno tutti i pezzi del mio gioco di pazienza venissero sistemati al loro posto.
Mentre uscivo dal cancello, andai quasi a sbattere contro la signora Mcnaughton. Aveva una borsa della spesa assai pesante e barcollava un po'.
- Ve la porto io, non dovete caricarvi così - le dissi. Dapprima parve che volesse togliermela di mano, poi mi guardò bene e disse:
- Ah, siete quel giovanotto della polizia! Non vi avevo riconosciuto.
Le portai cavallerescamente la borsa sino all'uscio di casa, notando che qualcosa tintinnava vagamente e che era davvero pesante. Chissà che cosa conteneva?
- Non suonate - disse la signora.
- La porta è aperta.
Pareva che nessuno chiudesse mai le porte, in Wilbraham Crescent.
- E le cose come procedono? - mi domandò tanto per parlare. - Pare proprio che quell'uomo abbia fatto un matrimonio male assortito.
La guardai, disorientato. - Di chi parlate? Vedete, sono stato via, e...
- Avevate qualcuno da pedinare, eh? Parlavo del marito di quella Rival. Sono andata all'inchiesta e l'ho osservata. Un tipo così ordinario E non aveva nemmeno l'aria addolorata, per la morte del marito.
- Si erano separati da quindici anni.
- Angus e io siamo sposati da più di vent'anni - sospirò. - Sono molti. Adesso che non insegna più, passa la vita in giardino. E io mi annoio mortalmente, a volte.
In quel momento arrivò il professore con la zappetta in mano.
- Oh, sei tornata, cara. Dammi...
- Volete mettere la borsa in cucina per cortesia? - si affrettò a domandarmi lei con una leggera gomitata. Poi si rivolse al marito: - Ho preso un bel melone, sai? E i fiocchi di grano, e le uova
Riudii il tintinnìo quando posai la sacca sul marmo del tavolo di cucina. Fiocchi di grano! Mi permisi, da buona spia, di dare una sbirciatina. Sotto la copertura insufficiente di alcuni fogli di colla di pesce vidi tre bottiglie di whisky.
Allora capii perché la signora Mcnaughton era sovente così garrula e vivace, nonché un po' malferma sulle gambe. Capii anche perché il professore aveva rassegnato le dimissioni e si era ritirato a vita privata.
Quella era proprio la mattinata degli incontri con i famosi vicini.
Mentre aggiravo la parte esterna del quarto di luna per dirigermi verso Albany Road, mi imbattei nel signor Bland. Lo trovai in ottima forma. Mi riconobbe subito.
- Come state? E come vanno i delitti? Ho sentito che avete identificato finalmente il vostro cadavere. Strano tipo, eh? Sembra che non si sia comportato troppo bene con sua moglie. Dite un po', voi non fate parte della polizia locale, vero?
Dissi che venivo da Londra.
- Oh, così anche Scotland Yard si è messa in moto.
- Be'
- Capisco. Non dovete parlarne. Non vi ho visto all'inchiesta, però.
- Ero via.
- Sono stato via anch'io, ragazzo - e mi strizzò l'occhio.
- Nella peccaminosa Parigi? - gli domandai strizzando l'occhio a mia volta.
- No, purtroppo. Ho fatto solo un salto a Boulogne.
Mi diede una lieve gomitata, proprio come aveva fatto la signora Mcnaughton.
- La moglie l'ho lasciata a casa, e mi son dato un po' da fare con una biondona spettacolosa.
- Viaggio d'affari? - gli domandai, e tutti e due scoppiammo a ridere come veri uomini di mondo.
Poi lui proseguì verso il numero 61, mentre io mi avviavo in direzione di Albany Road.
Ero scontento di me. Come aveva detto Poirot, si sarebbe dovuto cavar fuori assai di più dai vicini. Possibile che nessuno avesse veduto qualcosa? Forse Hardcastle aveva fatto le domande sbagliate. E io, ne conoscevo di migliori, forse? Mentre svoltavo, mi feci mentalmente una lista di domande:
Signor Curry (o Castleton) - E' stato drogato: Quando?
Signor Curry (o Castleton) - E' stato ucciso: Dove?
Signor Curry (o Castleton) - Portato al 19: Come?
Qualcuno deve aver visto qualcosa: Chi?
Qualcuno deve aver visto qualcosa: Cosa?
Svoltai di nuovo a sinistra. Ora mi trovavo nella parte interna della mezzaluna, proprio come il 9 settembre. Era il caso di fare una visita alla signorina Pebmarsh? Suonare il campanello e dirle Ma cos'avevo da dirle?
Andare a trovare la scorbutica signorina Waterhouse? E di che avrei parlato con lei?
La signora Hemming. E su quali argomenti avrei potuto intrattenerla? Non aveva importanza. Qualunque cosa le avessi detto non mi avrebbe ascoltato, perduta com'era nel mondo dei gatti, il solo che la interessava.
Procedetti lungo il semicerchio, prendendo mentalmente nota dei numeri come avevo fatto la prima volta. Chissà se anche la vittima aveva fatto lo stesso, controllando i numeri in cerca di quello che voleva?
Wilbraham Crescent presentava un aspetto più che mai dignitoso. Per poco non uscii in un'esclamazione ottocentesca: "Oh, se queste pietre potessero parlare!". Allora si usava molto dir così. Ma le pietre non parlano, e neppure i mattoni, né i pavimenti né lo stucco. Wilbraham Crescent rimaneva chiusa nel proprio silenzioso riserbo. Antiquata, remota, decadente e nient'affatto disposta alla conversazione. Anzi, disapprovava di sicuro quei passanti curiosi che non sapevano neanche cosa cercavano.
Incontrai ben poca gente. Mi passarono davanti due ragazzi in bicicletta e due donne con la borsa della spesa. Le case stesse parevano mummie imbalsamate e non si capiva se contenessero degli esseri viventi o dei defunti, perché non davano alcun segno di vita. Sapevo bene il perché. Era di nuovo l'ora sacra che l'inglese medio e abitudinario dedica al pasto. Sbirciando dentro le finestre di un paio di villini, scorsi alcune persone raccolte attorno al desco familiare. Le altre finestre erano discretamente schermate. I moderni avevano sostituito il vecchio pizzo di Nottingham con le tendine di nylon. Qualcuno aveva addirittura spinto l'ardire sino a consumare il pranzo nella cucina rinnovata all'americana. Un'usanza che dal 1960 si stava diffondendo anche in provincia.
Era proprio l'ora perfetta per un omicidio. Chissà se l'assassino lo sapeva, se l'aveva scelta apposta? Arrivai vicino al numero 19.
Mi fermai lì a fissarne la facciata con la stessa espressione idiota di tutti gli sfaccendati che nei giorni precedenti si erano raccolti lì dov'ero io. Ora però non c'era nessuno. Nemmeno un osservatore, intelligente o idiota che fosse.
D'un tratto sentii un dolore acuto in una spalla. Be', m'ero sbagliato, dopotutto. Un vicino c'era, e sarebbe stato tanto utile, se fosse stato capace di parlare. Era appollaiato sul pilastrino del cancello di "Diana Lodge" al quale io m'ero appoggiato e, per mostrarsi cordiale, mi aveva conficcato gli artigli in una spalla. Riconobbi il gatto arancione e gli rivolsi un cordiale saluto, mentre cercavo di sfilare i suoi unghioni dalla mia carne con la massima cautela.
- Se i mici potessero parlare, eh? - dissi tanto per cominciare.
L'animale spalancò la bocca e si produsse in un lungo e melodioso miagolio.
- Sì, sì, lo so che ne sei capace. Ma purtroppo non ti esprimi nella mia lingua. Sei sempre stato qui il giorno del delitto? Hai visto passare qualcuno? Sai cos'è accaduto? Non ti accuserò di colpevole reticenza se adesso me lo dirai.
Se la prese a male. Mi voltò le spalle sdegnato e cominciò ad agitare la coda.
- Scusatemi, Maestà.
Mi lanciò un'occhiata gelida e cominciò a farsi toilette con la solita perseveranza. I vicini, pensai. Non se ne vedevano davvero a Wilbraham Crescent. Sia io sia Hardcastle avevamo bisogno di qualche vecchia ficcanaso e pettegola con molto tempo da perdere e molta curiosità, circa gli altrui andirivieni. Una di quelle persone sempre in cerca di scandali. Ma pare che quel tipo di donna si sia estinto ormai. Forse si trovavano tutte in qualche tranquilla Casa di Riposo e, in mancanza di meglio, si accontentavano dei pettegolezzi della televisione. Le vecchie inferme, ormai, non si tenevano più in casa, perché si era estinta anche la razza delle domestiche fedeli che le assistevano per anni e anni e quella delle parenti povere che si contentavano di vitto e alloggio. Il progresso aveva contribuito a intralciare la classica routine delle investigazioni criminali.
Guardai la muraglia che mi stava di fronte. Se ci fossero stati altri cottage oltre il numero 1, invece di quel gruppo di grattacieli freddi e impersonali che si scorgevano là dietro! Quelli erano dei veri e propri alveari, abitati da api industriose che se ne stavano tutto il giorno fuori dalle proprie celle e rincasavano soltanto la sera, quando ormai non c'era più nulla da vedere affacciandosi alla finestra. L'antipatia per gli alloggi moderni mi fece guardare quasi affettuosamente quel semicerchio di villini antiquati.
Fu in quel momento che la mia pupilla fu colpita da un riflesso abbagliante. Alzai gli occhi in direzione di uno dei grattacieli e sulle prime pensai che qualche ragazzino stesse divertendosi a fare il gioco dei riflessi con uno specchio. C'era una finestra aperta lassù, e qualcuno vi stava affacciato. Il volto era seminascosto da qualcosa Ecco di nuovo il barbaglio.
Infine capii. Era una ragazzina dalle lunghe trecce che mi stava osservando con il binocolo. Avrei potuto sentirmene lusingato, se, a quell'ora, Wilbraham Crescent avesse offerto anche altre possibilità di distrazione. Ma ero solo, e quella si contentava di osservare me, non avendo di meglio da fare.
Essendo un tipo ostinato, sono sempre stato del parere che quando si sa attendere si può anche aver fortuna nel momento pi- impensato. Possibile che il mio momento fosse quello? Guardando di nuovo la parte posteriore di quel palazzo alto, quadrato e brutto, calcolai accuratamente l'ubicazione di quella finestra e decisi che doveva trovarsi al terzo piano. Poi mi incamminai. Dovevo trovare la strada che mi avrebbe condotto alla parte anteriore di quel blocco di case e al loro portone d'ingresso. Non ci misi molto. Mi inoltrai in un viale adibito al passaggio delle macchine e, guardandomi in giro, osservai che tra una costruzione e l'altra si era tentato di metter insieme uno striminzito giardinetto.
Giunsi alla "mia casa", quella pi- vicina al muro divisorio, e, sospettando di essere osservato, decisi di fare un po' di commedia. Guardai tra l'erba, mi chinai e finsi di raccogliere qualcosa e di mettermelo in tasca. Poi alzai gli occhi verso le finestre del terzo piano. Ce n'era una sola aperta, sempre la stessa.
Mi diressi verso l'entrata principale. Esisteva una portineria, ma era deserta. Logico, nell'ora sacra del pranzo. Notai che c'era un ascensore automatico e vi salii.
Al terzo piano rimasi un po' in forse, ma non troppo. Il mestiere mi aveva ormai abituato a essere rapido e avevo inoltre un buon senso dell'orientamento. Calcolai che la porta del 77 doveva essere quella che volevo, sul pianerottolo, data la sua posizione. Suonai il campanello e trattenni un po' il respiro in attesa degli eventi.