Non ricordo di avere sentito l'esplosione. Forse un sibilo, come il fruscio di una stoffa che viene lacerata, ma non ne sono sicuro. La mia attenzione era rapita da quella specie di divinità intorno alla quale sciamava una turba di devoti, mentre la guardia pretoriana cercava di aprirle un varco fino all'automobile. «Fate passare, per favore. Per favore, scansatevi.» I fedeli sgomitavano per vedere lo sceicco da vicino e sfiorare un lembo del kamis. Il vecchio osannato si voltava ora qua ora là, per salutare un conoscente o ringraziare un discepolo. Nel volto ascetico brillava uno sguardo tagliente come la lama di una scimitarra. Invano ho cercato di divincolarmi dai corpi in estasi che mi stritolavano. Lo sceicco si è infilato nell'auto, ha agitato una mano dietro il vetro blindato mentre le due guardie del corpo prendevano posto accanto a lui... Poi più niente. Qualcosa ha solcato il cielo ed è balenato in mezzo alla carreggiata come un lampo; l'onda d'urto mi ha colpito in pieno, disperdendo l'assembramento che mi teneva prigioniero della sua frenesia. In una frazione di secondo il cielo è crollato e la strada, un attimo prima gravida di fervore, si è ritrovata sottosopra. Il corpo di un uomo, o meglio di un ragazzino, ha attraversato il mio smarrimento come un flash senza luce. Cos'è successo?... Una valanga di polvere e fuoco mi afferra e mi scaglia in mezzo a mille schegge. Ho la vaga sensazione di sfilacciarmi e dissolvermi nel soffio dell'esplosione... A pochi metri - o forse ad anni luce - la macchina dello sceicco sta bruciando. Tentacoli voraci la avvolgono, diffondendo nell'aria lo spaventoso odore della cremazione. Il loro crepitare deve essere terribile, ma non lo percepisco. Una sordità fulminante mi ha sottratto al frastuono della città. Non sento nulla; non provo nulla; non faccio che fluttuare, fluttuare. Volteggio per un'eternità prima di cadere a terra, rintronato, stracciato, ma stranamente lucido, gli occhi più grandi dell'orrore che si è abbattuto sulla strada. Nel momento in cui tocco il suolo tutto s'immobilizza; le fiammate sulle lamiere contorte, i proiettili, il fumo, il caos, gli odori, il tempo... Solo una voce celestiale, sovrastando il silenzio insondabile della morte, canta un giorno torneremo nelle nostre case. Non è proprio una voce: assomiglia a un fruscio, a un fremito... La testa rimbalza da qualche parte... Mamma, urla un bambino. La sua invocazione è flebile, ma chiara, nitida. Viene da molto lontano, da un altrove rasserenato... Le fiamme che divorano la macchina rifiutano di muoversi, le schegge di cadere... Con la mano frugo nel pietrisco; mi sembra di essere ferito. Cerco di muovere le gambe, sollevare il collo, ma i muscoli non obbediscono... Mamma, grida il bambino... Sono qui, Amin... È davvero qui, la mamma, emerge da una coltre di fumo. Viene avanti in mezzo ai detriti sospesi in aria, ai gesti pietrificati, alle bocche aperte sull'abisso. Per un attimo la scambio per la Vergine, col suo candido velo e lo sguardo addolorato. Mia madre è sempre stata così, raggiante e triste al contempo, come un cero. Quando appoggiava la mano sulla mia fronte incandescente, ne assorbiva la febbre e le preoccupazioni... Lei è qui; la sua magia è rimasta intatta. Un brivido mi attraversa dalla testa ai piedi, accendendo l'universo, scatenando il delirio. Le fiamme riprendono a oscillare macabre, i detriti volano, il panico dilaga... Un uomo coperto di stracci, il volto e le braccia anneriti, tenta di avvicinarsi all'auto avvolta dal fuoco. Sebbene sia ferito gravemente, spinto da un'ostinazione inspiegabile, cerca in tutti i modi di prestare soccorso allo sceicco. Ogni volta che appoggia la mano alla portiera, una vampata lo rimanda indietro. Dentro la macchina bruciano i corpi intrappolati. Due spettri insanguinati avanzano dalla parte opposta, cercano di forzare il portello posteriore. Li vedo urlare ordini o gridare dal dolore, ma non li sento. Accanto a me, un vecchio sfigurato mi fissa con aria assente; non sembra rendersi conto di avere il ventre squarciato né che il suo sangue si riversa a fiotti nella buca. Un ferito striscia sui calcinacci, una gigantesca macchia fumante sulla schiena. Mi passa accanto piangendo di paura e va a rendere l'anima a Dio poco lontano, gli occhi sgranati, come se non potesse ammettere che sia capitato proprio a lui. I due spettri riescono finalmente a frantumare il parabrezza e si gettano all'interno dell'abitacolo. Altri sopravvissuti giungono in loro aiuto. A mani nude scorticano l'auto in fiamme, rompono i vetri, si accaniscono contro le portiere e riescono a estrarre il corpo dello sceicco. Una decina di braccia lo trasportano e lo allontanano dal rogo prima di posarlo sul marciapiede, mentre un nugolo di mani si affannano a spegnerne gli abiti. La mia anca è tormentata da un gran pizzicore. I pantaloni si sono quasi disintegrati; solo qualche lembo carbonizzato continua a ricoprirmi qua e là. La gamba giace al mio fianco, grottesca e orribile; un sottile cordone di carne la tiene ancora attaccata. Di colpo le forze mi abbandonano. Ho la sensazione che le mie fibre si dissocino l'una dall'altra e si stiano già decomponendo... Finalmente mi raggiunge l'ululare di un'ambulanza; a poco a poco i rumori della strada riprendono il loro corso, mi avvolgono, mi stordiscono. Qualcuno si china su di me, mi ausculta sommariamente e se ne va. Lo vedo inginocchiarsi davanti a un ammasso di carne carbonizzata, tastargli il polso, poi fare un cenno ai barellieri. Qualcun altro mi solleva la mano e poi la lascia cadere... «Spacciato. Non possiamo fare più niente per lui...» Vorrei trattenerlo, obbligarlo a cambiare idea; il braccio si ribella, mi rinnega. Mamma, continua il bambino... Cerco mia madre in tutto quel caos... Vedo solo frutteti a perdita d'occhio... i frutteti del nonno... del patriarca... una terra di aranci dov'era sempre estate... e un ragazzo che fantastica in cima a una collina. Il cielo è di un azzurro limpido. Gli aranci si perdono nell'orizzonte. Il ragazzo ha dodici anni e un cuore di porcellana. Nell'età dei colpi di fulmine, solo perché la sua fiducia è grande come la sua gioia, vorrebbe addentare la luna come si addenta un frutto, convinto che basti tendere la mano per cogliere la felicità del mondo intero... Lì, sotto i miei occhi, nonostante il dramma che deturperà per sempre il ricordo di questa giornata, nonostante i corpi che agonizzano sulla carreggiata e le fiamme che finiscono di consumare l'auto dello sceicco, il ragazzo salta su e a braccia dispiegate come ali di sparviero si butta per campagne dove ogni albero è un incanto... Le lacrime mi rigano le guance... «Chi ti ha detto che un uomo non deve piangere non sa cosa significa essere uomo» mi confidò mio padre vedendomi disperato nella camera ardente del patriarca. «Non devi vergognarti se piangi, figlio mio. Le lacrime sono quanto di più nobile ci è stato dato.» Siccome rifiutavo di lasciare la mano del nonno, si era inginocchiato davanti a me e mi aveva abbracciato. «Non serve a niente restare qui. I morti sono morti e sepolti, da qualche parte stanno scontando i loro peccati. I vivi, invece, sono solo fantasmi arrivati prima del tempo...» Due barellieri mi sollevano e mi ficcano in una lettiga. Un'ambulanza arriva in retromarcia a portiere spalancate. Le braccia di qualcuno mi attirano nell'abitacolo e mi buttano in mezzo ad altri cadaveri. In un estremo sussulto mi sento singhiozzare... «Dio, se è un orrendo incubo, fa' che mi risvegli subito...»