18
1933, prima dell’estate
Stamattina, Étienne ha suonato l’Aria e alcuni preludi di Bach durante la celebrazione di un matrimonio. Era la prima volta che suonava nella chiesa di Clermain.
Come al solito, Lucien ha guidato il padre fino all’organo, reggendogli il braccio sinistro.
Poi lo ha ascoltato a occhi chiusi. Per lui, le note sono da sempre associate ai colori delle rose del suo giardino. Anche prima che sua madre se ne andasse. Non ha aperto gli occhi per osservare gli sposi e i numerosi invitati seduti nei banchi. Evita sempre di guardare ciò che gli accade intorno. Preferisce sentire.
A casa, non accende il lampadario. Vive al buio e fa in modo che Étienne non se ne accorga.
Benché a ventidue anni la sua vista sia ancora perfetta, non riesce a convincersi che non diventerà cieco. Continua a dirsi che la malattia è soltanto in ritardo.
Dopo la cerimonia, Étienne e Lucien si siedono all’imponente tavolata allestita in piazza.
A Lucien i matrimoni piacciono per due motivi: anzitutto perché spesso lui e il padre vengono invitati al pranzo, e poi perché, in tali occasioni, suo padre può stare in mezzo ad altri adulti e non ha bisogno di lui.
Lucien ascolta i rumori delle persone che la circondano. Le sente ubriacarsi e ridere. E sente Étienne fare come gli altri. Mangia di gusto tutto ciò che gli viene servito, accertandosi di tanto in tanto che il libro in braille che si è messo in tasca sia ancora al suo posto. Li prende sempre di nascosto da suo padre.
La donna grassa che gli siede accanto sta cercando di attaccar bottone, ma Lucien non ama molto parlare. Quand’è solo con Étienne, parla già per due: attenzione al gradino, a destra, no, un po’ più a sinistra, il cielo si sta incupendo, c’è una grossa perdita d’acqua in quell’angolo, bisogna ridipingere la porta, le erbacce hanno invaso il selciato, Madame Chaussin sta passando davanti alla staccionata, il bicchiere è pieno, non toccare, è bollente, le tue camicie bianche sono sulla mensola a sinistra, il pane è affettato, questa mela è bacata, il tuo allievo sta entrando in giardino, attenzione, farà rumore. Lucien sorride cortesemente alla donna, annuisce senza ascoltare e basta.
Non si sposerà mai. Non infilerà mai una fede all’anulare di una donna. Né chiederà mai a una donna di promettergli eterna fedeltà. Non dopo quello che è successo ai suoi genitori. Nessun invitato, nessun pranzo di nozze. Suo padre gli dà spesso dell’anarchico perché critica l’esercito, i politici, la pena di morte, i preti e il matrimonio.
Tra gli ospiti che mangiano, bevono e ridono, Lucien è l’unico a sentire il rumore di un tessuto che si lacera.
Nemmeno Étienne sembra averlo notato. Per la prima volta, Lucien alza lo sguardo per posarlo su una cosa precisa: la giovane sposa che, con aria spaventata, osserva il suo abito strappato, per poi scansare un uomo che si era sporto verso di lei.
Lucien vede che l’uomo si allontana dalla sposa, mentre quest’ultima bisbiglia qualcosa all’orecchio di una donna che indossa un vestito color malva e che subito dopo comincia a correre verso il paese. Anche la sposa fila via e sparisce dietro la chiesa, con l’abito stretto a sé. Ma nessuno si è accorto di nulla. Tranne lui.
Pochi minuti dopo, Lucien vede che la donna col vestito malva è tornata indietro, accompagnata da una ragazza che tiene gli occhi bassi e che regge una valigetta con l’occorrente per il cucito. Si dirigono entrambe verso il retro della chiesa.
Per la prima volta da quando sua madre se n’è andata, Lucien cade in preda a una tristezza infinita. A una malinconia feroce come una sera d’autunno in cui il cielo è basso e impenetrabile anche soltanto a un singolo raggio di luce. Si rende conto che, quando diventerà cieco, non potrà più vedere una ragazza abbassare gli occhi. Come farà allora a cogliere la grazia delle cose? Nemmeno le provviste di colori fatte ascoltando Bach possono rispondere a questa domanda.
Proprio mentre sente montare le lacrime, qualcosa gli cade in testa. Lui si passa una mano tra i capelli e poi osserva il liquido bianco, caldo e viscoso che gli luccica sulle dita. L’escremento di un uccello, senza dubbio. Alza gli occhi al cielo, ma non vede niente. Si allontana dal tavolo per sciacquarsi alla fontana posta al centro della piazza.
Immerge la testa nell’acqua gelida e, quando la solleva, scorge l’uomo che era accanto alla sposa nel momento in cui le si era strappato il vestito. Con una sigaretta tra le labbra, l’uomo lo sta fissando. «Sei il fratello della sposa?»
«No. Sono il figlio dell’organista.»
«Il cieco?»
«Sì.»
«Conosci Angèle?»
«Chi?»
«Angèle, la sposa.»
«No.»
«Sono innamorato di lei. Ma non sono suo marito.»
Lucien non replica nulla. Si chiede se sua madre fosse già innamorata di un altro uomo quando ha sposato suo padre. Si chiede in che modo si venga contagiati dall’amore, e se il contagio possa coinvolgere più di una persona. È già andato a letto con alcune prostitute ma, a parte le rose, i libri e la musica, non ha mai amato nessuno. Ha letto molti libri sull’argomento e l’ultimo, Il fidanzamento del signor Hire, lo ha addirittura divorato. Osserva l’uomo che si allontana verso il paese.
Lungo il tragitto verso la chiesa, Lucien incrocia la sposa. È una giornata calda ma, una volta dentro, si è avvolti nella frescura. Si sistema nella penombra di un confessionale e apre il suo libro. Non corre il rischio di essere disturbato dal parroco, che si è unito al pranzo e alle danze. Non è giorno di confessioni. Lucien inizia a leggere, scorrendo le righe col dito.
Negli eventi, Dio consegna agli uomini le sue volontà visibili, testo oscuro scritto in una lingua misteriosa e gli uomini ne fanno subito varie traduzioni; traduzioni frettolose, scorrette, piene d’errori, di lacune e di controsensi. Sono poche le menti che comprendono la lingua divina.3
Cullato da una sorta di mormorio, Lucien si assopisce in fretta. Si ritrova a piedi nudi in riva al mare. C’è una bella luce, il sole è alto. L’azzurro dell’acqua scintilla sotto il sartiame. C’è una ragazza, al suo fianco: cammina con lui, tenendolo per mano. Gli sorride. Lui avverte una sensazione di benessere. Non ha più paura del nero. La ragazza abbassa lo sguardo, e lui non ha più paura di non poterla vedere, un giorno.
Di tanto in tanto, le sue dita delicate gli accarezzano il palmo della mano. Tutt’intorno, ci sono bambini che giocano; altri, più in là, fanno il bagno. Ancora pochi passi e anche loro due raggiungeranno l’acqua. Il mormorio si fa più vicino: è il mormorio delle onde, una musica che suo padre non ha mai suonato in chiesa.
Lucien si sveglia. Si sveglia nel buio del confessionale. La ragazza non c’è più. Il libro gli è caduto per terra. Richiude gli occhi. Deve assolutamente tornare in quel sogno. Ma non funziona. Non ci si può rituffare in un sogno come si fa coi libri. E poi c’è quel respiro, in chiesa. Sulle prime gli sembra un insetto, un fremito di ali contro le vetrate. Invece è un mormorio. Il mormorio delle onde, il mormorio del sogno. Qualcuno sta sussurrando. Lucien apre la porta del confessionale e scorge un’ombra inginocchiata a pochi metri da lui.
Si avvicina. Si avvicina all’ombra nello stesso modo in cui, nel sogno, si avvicinava al mare. E, più si avvicina, più le parole mormorate diventano chiare: «Leggere... gnami leggere... gnami. A leggere. Insegnami a leggere. Insegnami a leggere».
Ormai Lucien è dietro l’ombra raccolta in preghiera. Lei si gira, lo fissa a lungo. È la ragazza del sogno. La ragazza che poco prima aveva abbassato gli occhi accanto alla donna con l’abito color malva. Il suo volto è parzialmente illuminato da tre candele, una delle quali è quasi completamente consumata. Somiglia un po’ a una delle ragazze del bordello di Autun. Lucien non sa nemmeno perché gli sia venuta in mente quella prostituta. Nel buio di una chiesa, la sua mente va al bordello di Autun, dentro una casa che, vista da fuori, sembra una casa qualsiasi. Ci sono persino i fiori alle finestre. Là dentro lui non chiude gli occhi: osserva i corpi delle ragazze. Proprio come adesso contempla la ragazza inginocchiata pochi metri davanti a sé.
Non ha il coraggio di guardarla negli occhi. Come se avesse paura di bruciarsi. Le guarda le mani. Le mani che lei tiene giunte.
«Perché stai chiedendo alle candele d’insegnarti a leggere?»