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Mallory camminava avanti e indietro per il corridoio dell’ospedale, come aveva fatto incessantemente nell’ultima ora. Così vicino. Era stata così vicino al bastardo che le aveva strappato sua sorella… lo aveva guardato negli occhi per un momento, prima che scappasse. 

Per un attimo, aveva desiderato vederlo morto, ma ancora più di quello, voleva che le rivelasse cosa ne aveva fatto di sua sorella. Dove aveva seppellito Payton?

Il bisogno di sapere era così intenso che aveva frenato il desiderio di sparare a quel figlio di puttana.

Alex l’aveva colpito dritto al petto, solo per scoprire che il tizio indossava un giubbotto antiproiettile. Il killer era conoscenza del fatto che si trovassero lì e si era aspettato che fossero armati, così si era organizzato di conseguenza. Non c’era alcuna pietà nelle sue azioni. Avrebbe ucciso Alex, lasciato la donna ferita a morire e avrebbe preso Mallory per chissà quale motivazione malata che si raccontava per giustificare lo stupro e la violenza.

Un fuoco ardente le bruciava dentro. Strinse i pugni per la rabbia e la frustrazione. Avrebbe dovuto usare il TASER. Perché cavolo non ci aveva pensato prima?

Stavano cercando le impronte della giovane donna ferita nello IAFIS ma dalla descrizione generale, Mallory era quasi certa che si trattasse di Kari Regent. Il suo viso era irriconoscibile, ma se fosse sopravvissuta c’erano buone probabilità che una volta scomparso il gonfiore la sua faccia sarebbe tornata normale. Anche se Mallory sapeva che la ragazza non sarebbe mai più stata la stessa.

Perché le sue impronte si trovavano sull’arma del delitto di un duplice omicidio? Mallory non aveva dubbi che lei fosse una vittima in tutta quella situazione, ma cosa l’aveva costretta a fare il Soggetto Ignoto prima di picchiarla e strangolarla?

Lui era forse un abitante del posto? Gli omicidi dei McCafferty e il ritorno a Eastborne con Kari quella notte suggerivano che si nascondesse nelle vicinanze. Forse era stato presente al funerale di Lindsey? O forse stava tenendo sotto controllo la casa?

Si fece un appunto mentale di parlarne con lo sceriffo e controllare le identità di coloro che avevano partecipato al funerale. Magari avrebbero dovuto mettere la tomba sotto sorveglianza, perché spesso i serial killer tornavano a far visita alle loro vittime dopo la morte.

Rabbrividì.

Senza Alex, sarebbe stata una vittima anche lei.

Era stata colta di sorpresa nella sua vecchia camera, che era proprio ciò che l’assassino aveva voluto. Trovare la donna ferita sul suo vecchio letto l’aveva presa alla sprovvista e aveva spostato la sua priorità dal dare la caccia al killer al salvare la ragazza, e lui aveva pianificato il tutto dannatamente bene per metterla fuori gioco. Intelligente. Organizzato. Senza scrupoli. Sadico.

L’istinto di Alex li aveva salvati entrambi. Mallory non sapeva cosa aveva fatto per meritarselo, ma era grata che lui fosse lì. Era seduto su una sedia di plastica arancione, proteso in avanti, i gomiti appoggiati alle ginocchia.

«Sei un cecchino con le palle» gli disse lei con una quantità assurda di orgoglio. Non si era fatto distrarre dall’emozione e dall’adrenalina. Mallory doveva assolutamente migliorare il proprio addestramento. Era lui il civile, anche se si era guadagnato una delle maggiori onorificenze al valore, ricordò a se stessa.

Lui annuì come se non fosse niente di speciale.

Aveva anche messo k.o. Frazer senza fermarsi. Grazie a Dio non lo aveva ucciso… le prospettive di carriera di Mallory erano già abbastanza labili.

Parlando del diavolo, Frazer s’incamminò lungo il corridoio bianco verso di loro.

«Come sta la ragazza?» chiese Mallory.

Frazer aprì la porta di una sala d’attesa, vide che era vuota e le fece un cenno del capo per indicarle di seguirlo. Mallory entrò nella stanza e Alex fu subito di fianco a lei. Frazer gli lanciò un’occhiata ma non gli ordinò di uscire. Qualche progresso? Mallory ne dubitava.

«È viva. A malapena. Le impronte corrispondono a quelle di Kari Regent.» I capelli biondi erano schiacciati sulla sua testa. La bocca era truce. Aveva un graffio sulla guancia, gentile cortesia del trattamento rude di Alex. Non aveva il solito aspetto perfetto, ma Mallory si era accorta di alcune infermiere che guardavano con interesse l’agente dell’FBI. Avevano a malapena notato Alex, invece. In qualche modo, lui riusciva a scomparire sullo sfondo, probabilmente perché non metteva in mostra il proprio ego. Da persona che evitava i riflettori, quello era un altro aspetto di Alex che l’attraeva.

«Ha detto niente?» chiese.

Lui scosse la testa. «Le hanno indotto il coma finché la pressione intracranica non diminuirà e temono per un’emorragia interna. Potrebbero doverla operare per alleviare il gonfiore.» Frazer s’interruppe e inspirò a fondo, chiaramente colpito dalle ferite inflitte alla giovane donna. «La trachea ha riportato delle contusioni ed è molto fragile. La ragazza è stata incatenata, stuprata, picchiata e strangolata. Senza menzionare lo stato di ipotermia in cui si trovava e la ferita d’arma da fuoco. Non è messa bene, ma ora è stabile ed è qui.» Si passò le dita sugli occhi, come se cercasse di rimuovere un po’ di quello che aveva visto. «Abbiamo prelevato dei campioni di DNA dal suo corpo, che sono stati portati con urgenza al laboratorio forense. Agente Rooney, ora la casa di suo padre è una scena del crimine. Dobbiamo tutti fornire le nostre deposizioni allo sceriffo, poi voglio tornare là e vedere se ci è sfuggito qualcosa.»

«Non voglio andarmene finché non sarò sicura che lei starà bene.» Mallory si sentiva protettiva nei confronti di Kari, come se fosse in debito con lei.

Frazer scosse la testa. «Potrebbero passare giorni prima che si svegli. Perfino settimane. C’è un agente di guardia alla porta…»

Alex lo interruppe. «Ho organizzato una protezione ventiquattr’ore su ventiquattro. Nessuno le farà più del male.» L’energia che emanava sapeva di furia sommessa.

«L’FBI può proteggerla.» Frazer lo guardò con superiorità.

Alex fece un passo avanti, invadendo lo spazio di Frazer. «Uno dei miei soci è specializzato in sicurezza personale e sta mandando qui due dei suoi uomini migliori.» Il suo labbro superiore si arricciò e i suoi occhi si strinsero in due fessure. «Saranno qui entro un’ora. Non faranno passare nessuno. Quanto tempo impiegheranno i suoi uomini per arrivare? Abbastanza perché Kari Regent si ritrovi morta?»

Gli occhi di Mallory si spalancarono. Il suo capo e il suo ragazzo stavano facendo a gara a chi ce l’aveva più lungo e a lei non piaceva l’idea di trovarvisi nel mezzo.

«Ci sarà maggiore sicurezza, qual è il problema? Che male può fare?» intervenne rapidamente tra i due, cercando di dissipare la tensione che riverberava nella sala d’attesa vuota.

«Voglio che vengano eseguiti controlli preventivi su chiunque sarà di guardia» sibilò Frazer a denti stretti. «E sarà meglio che non ostacolino le forze dell’ordine.»

«Loro sanno come fare il proprio lavoro.»

A quell’affermazione, la bocca di Frazer s’irrigidì.

Mallory era già sul libro nero dell’uomo. Alex stava peggiorando le cose. «Come mai lei si trovava sul posto, signore? Non che non apprezzi i rinforzi.» Anche se erano riusciti a gestire la situazione grazie ad Alex. Lui era un partner con le palle. Molto meglio dei suoi cosiddetti colleghi al Bureau. L’Agente Speciale Supervisore Danbridge l’aveva avvertita il giorno che aveva lasciato Charlotte.

Frazer sbatté le palpebre rivolto verso di lei. Poi spostò lo guardo di lato e uno strano brivido percorse la schiena di Mallory. «Avevo deciso di venire lassù e parlare con lo sceriffo riguardo a quel duplice omicidio…»

«Ha fatto sì che Mallory facesse da esca, poi è arrivato tardi per la festa» sbottò Alex.

Lei fece un passo indietro. Cosa?

Frazer non negò. Fece un sorriso tirato. «Almeno c’era lei, Mr Parker. Tiratore scelto di punta, pilota della 500 miglia di Indianapolis. Senza menzionare la sua passione per il combattimento corpo a corpo.» L’espressione di Frazer si fece letale mentre abbassava lo sguardo sul suo completo da migliaia di dollari rovinato. «Direi che il Soggetto Ignoto ha decisamente sottovalutato il nuovo ragazzo dell’Agente Speciale Mallory Rooney.»

E così aveva fatto anche lui.

Mallory si sentiva senza fiato.

Alex fece una smorfia. «Riparerò i danni alla macchina e le comprerò un nuovo vestito, ma lei rimane comunque uno stronzo.»

Decisamente non intimidito dall’FBI. Mallory aveva notato quel tratto di lui la prima volta che l’aveva incontrato a Charlotte. E i civili erano sempre intimiditi dall’FBI.

«Lei ha lasciato un’agente inesperta a vedersela con un serial killer, e non è nemmeno stato in grado di arrivare in tempo, cazzo! Sperava forse che la rapisse? Così da mettersi ancora più in risalto davanti ai media?»

Mallory si sentì raggelare. Frazer era forse deluso dal fatto che il Soggetto Ignoto non l’avesse presa? Quel pensiero le fece venire la pelle d’oca. Se Frazer stava aiutando il vigilante poteva avere un buon motivo per sperare che qualcuno la mettesse a tacere. Un serial killer l’avrebbe fatto senza che venisse gettato alcun sospetto su di Frazer. Incrociò le braccia sul petto. Lei era inesperta, ma non era stupida e le cose non tornavano. «È vero? Mi ha usata come esca?»

Due occhi duri come il granito si voltarono verso di lei. «Sta mettendo in discussione le mie decisioni, Agente Speciale Rooney? O solo le mie capacità?»

Un’ondata di incertezza la colpì. «Considerando quanto accaduto stanotte, penso che noi – e con noi intendo l’FBI – avremmo potuto gestire la situazione in modo migliore. Avremmo dovuto prevedere che si sarebbe fatto vivo stanotte. Avremmo dovuto organizzare una trappola.»

Frazer chiuse gli occhi e si premette due dita sul ponte del naso. «Con il senno di poi siamo bravi tutti, Agente Rooney. Non metta mai più in dubbio la mia autorità.»

In quel momento, Mallory non si sarebbe fidata di lui neanche a morire.

Alex sembrava pronto a tirargli un pugno, ma Mallory gli toccò il polso, rassicurata dal battito che pulsava forte e regolare sotto le sue dita. «Sì, signore.»

Mallory fece un passo indietro. Perché aveva appena trovato un modo per mettere fine alla sua caccia al vigilante e andare avanti con la sua carriera nel Bureau. Sperava solo che Alex sarebbe stato lì, quando tutto sarebbe finito. 

 

*     *     *

 

Alex sedeva nell’ufficio principale del Dipartimento di Polizia di Greenville, dove lo stavano interrogando circa i fatti della notte precedente. Nell’ufficio a vetri dello sceriffo Williams, anche Mallory stava rilasciando la propria deposizione. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Fatta eccezione per una chiazza rosso cremisi su ciascuna guancia, la sua pelle era bianca come il ghiaccio. C’era una nota di fragilità sul suo volto che non era stata lì la prima volta che l’aveva conosciuta. Una traccia di vulnerabilità. Qualunque fossero i sentimenti che avevano continuato a crescere dentro di lui durante le ultime settimane, avevano raggiunto proporzioni sconvolgenti dopo il tentativo di rapimento della notte precedente.

Se il giorno prima non avesse insistito per accompagnarla, ora probabilmente Mallory sarebbe stata nelle mani di un predatore sessuale. Quel pensiero gli faceva venir voglia di tirare un pugno a qualcosa di duro. Magari alla faccia dell’Agente Speciale Supervisore Frazer.

«Poi cos’è successo?»

Alex guardò l’agente che stava raccogliendo la sua deposizione. Il Vicesceriffo L. Chance, secondo la targhetta che portava. Corrispondeva per stazza e corporatura all’aggressore. Così come lo sceriffo e metà dei suoi agenti. 

«C’è stato un rumore in corridoio.»

Le guardie del corpo mandate dal suo socio, Haley Cramer, erano arrivate con l’elicottero dell’agenzia da meno di trenta minuti. Stavano facendo i turni per proteggere la migliore possibilità che avevano di acciuffare quel bastardo. Se Kari Regent fosse sopravvissuta, avrebbe potuto fornirgli un identikit dell’aggressore e magari una descrizione di dove era stata tenuta prigioniera. Allora avrebbero avuto un posto da cui partire. Alex era sempre più convinto che il punto di partenza fosse da qualche parte vicino a Colby e che fosse collegato a quanto accaduto diciotto anni prima.

«Lei era a letto a dormire?» gli chiese l’agente Chance.

Alex scosse la testa. «Ero seduto su una sedia, con gli occhi ben aperti.»

«Lei era a sedere su una sedia mentre l’agente Rooney dormiva?»

«È quello che ho detto.» Alex osservò Mallory attraverso il vetro. Da quando quel bastardo aveva tentato di rapirla, non riusciva a rilassarsi. Era sicuro che non fosse stato il primo tentativo e che non sarebbe stato l’ultimo. Finora Mallory era stata fortunata, ma non avrebbe potuto tenere alta la guardia per sempre. L’unico modo per mettere fine a tutto ciò era piantare un proiettile nel cervello di quella bestia. Tamburellò con le dita sulla scrivania. Il poliziotto lo stava ancora guardando, come se stesse aspettando una risposta. «Stavamo facendo dei turni di guardia.»

«Quindi vi aspettavate di avere dei problemi?»

Alex annuì. Anche Frazer si era aspettato dei problemi, ma il figlio di puttana non aveva fatto nulla per prevenirli. Perché? Gli occhi di Alex si strinsero. Faceva forse parte del Progetto Portale? Era la parte che l’ultima volta per poco non lo aveva fatto scoprire?

O forse credeva sinceramente che Mallory – un’agente speciale dell’FBI addestrato – potesse affrontare l’aggressore da sola. Alex si accigliò. Non era sessista. Aveva scoperto che uno degli altri assassini professionisti era una donna ed era una delle migliori. Le donne potevano essere operative sul campo, e potevano farlo dannatamente bene. Ma Mallory non era ancora a quel livello. Aveva bisogno di ulteriore addestramento, di una migliore forma fisica e di una maggiore determinazione priva di scrupoli per far del male a qualcuno.

Era questo a dare un vantaggio ai predatori e agli agenti sotto copertura rispetto alle persone “normali.” Non dovevano rispettare le regole della società e quando operavano lo facevano con velocità e precisione. Nessuno si aspetta di essere attaccato da un altro essere umano. È qualcosa che viola ogni senso di sicurezza e fa sì che persone intelligenti si arrendano, quando di solito avrebbero lottato per la propria vita.

«Negli anni, la signorina Rooney è stata in quella casa molte volte. Perché pensava che la notte scorsa sarebbe stato diverso?»

Alex non sapeva cosa l’FBI avesse condiviso con le forze dell’ordine locali in merito alle nuove prove che erano venute a galla. Se questo tizio avesse dovuto saperne di più del caso, Alex avrebbe lasciato ad altri agenti l’onore di aggiornarlo. Si strinse nelle spalle. «Mi piace essere preparato.»

Le sopracciglia del vicesceriffo si sollevarono. «Come una specie di boy scout con indosso una SIG P299.»

Alex gli rivolse un sorriso freddo. «Non sarei vivo se avessi avuto con me una cerbottana.»

«L’Agente Rooney non ha sparato nemmeno un colpo?» Entrambi guardarono in direzione di Mallory.

«Non appena ha sentito la donna ferita lamentarsi, si è concentrata sul salvarla.»

L’agente sbuffò, come a voler dire che Mallory non aveva svolto al meglio il proprio lavoro, ma Alex avrebbe evitato di dirgli che lui preferiva lavorare senza interferenze.

«È da molto che vi frequentate?»

Alex guardò il poliziotto. L’FBI conosceva già la risposta a quella domanda.

Non sapeva se la polizia e i federali erano arrivati a capire che il killer delle iniziali PR e il duplice omicidio erano collegati al rapimento di Payton Rooney di diciotto anni prima. Lui l’aveva capito. Non aveva alcun dubbio in merito. Era tutto collegato. Dovevano solo scoprire in che modo.

La penna del poliziotto rimase in sospeso. «Okay, poi che cosa è successo?»

«I vostri agenti stanno setacciando i boschi?»

Le labbra del vicesceriffo s’irrigidirono. «Le squadre di ricerca hanno ispezionato ogni centimetro e non è stato trovato nulla, non una dannatissima cosa.»

«Lui conosce questi boschi. Dovete continuare a indagare nell’area locale.»

Il poliziotto lo guardò contrariato. «Sappiamo come fare il nostro lavoro, Mr Parker.»

Alex non disse nulla. Sarebbe stato difficile acciuffare quell’assassino seguendo le regole. Per fortuna, lui non era tenuto a farlo. Doveva controllare l’algoritmo che aveva scritto per confrontare le informazioni dei telefoni cellulari con le zone dei ritrovamenti e con quelle dei rapimenti. Avrebbe aggiunto i ripetitori di zona per vedere cosa ne sarebbe saltato fuori. Ansioso di andarsene, si affrettò a raccontare il resto della storia. Mallory stava ancora parlando con lo sceriffo.

«Cosa l’ha portata a voltarsi?»

Alex batté le palpebre rivolto al poliziotto. Non avevano finito?

«In camera da letto. Ha detto che stava guardando fuori dalla finestra e che si è voltato. Perché?» Il vicesceriffo sembrava interessato.

Alex diede un’alzata di spalle. «Ho avvertito qualcosa.»

«Ottimo istinto.»

I suoi occhi si strinsero. «Ho avuto fortuna.» Non disse all’uomo che gli capitava di aver fortuna molto spesso.

«Poi lo ha inseguito?»

«Sì. Abbiamo finito?» Una fitta di dolore gli attraversò la testa. Fottute emicranie. Alex estrasse gli antidolorifici dalla tasca e si versò un bicchiere d’acqua. Merda. La madre e il padre di Mallory erano arrivati. Alzò gli occhi al cielo, immaginando il circo che sarebbe seguito a breve. I due entrarono nell’ufficio dello sceriffo e avvolsero Mallory in un abbraccio protettivo.

Una sensazione di isolamento lo investì, rendendolo incapace di muoversi, come se gli avessero conficcato un chiodo nella schiena. Era peggio del solito, perché per qualche breve ora aveva provato quanto lo facesse stare bene essere parte di qualcosa. Adesso si ritrovava di nuovo a guardare dall’esterno.

Dove gli piaceva stare. Dove doveva stare.

Era necessario mettere un freno alle proprie emozioni. Ma non avrebbe potuto in alcun modo allontanarsi da Mallory finché quel pezzo di merda non fosse stato preso. Non significava che doveva illudersi che lui e Mallory avrebbero finito col “vivere felici e contenti”.

«Perché non l’ha seguito nel bosco?»

«Non volevo lasciare l’Agente Rooney e la donna ferita da sole per troppo tempo.» Alex stava perdendo la pazienza.

Il labbro del Vicesceriffo Chance si arricciò. «E quando è tornato indietro si è trovato davanti l’Agente Speciale Supervisore Frazer. Perché ha opposto resistenza all’arresto?»

«Non sono mai stato in arresto.» Alex si costrinse a non spaccare la testa all’uomo.

L’espressione dell’agente era dubbiosa. «Secondo quanto ha riferito l’Agente Frazer si è identificato come agente federale e le ha intimato di lasciar cadere l’arma.»

Alex si massaggiò la fronte. Quell’uomo lo stava uccidendo. Ecco perché lui sarebbe stato un pessimo poliziotto. Troppe domande monotone. «Per quel che potevo saperne, l’aggressore aveva fatto il giro della casa e voleva che gettassi l’arma prima di spararmi.»

«Allora perché non gli ha sparato alla testa?» lo incitò il vicesceriffo.

«Al federale o all’aggressore?»

L’agente Chance rise con un suono che assomigliava a un grugnito e lanciò un’occhiata verso il punto in cui l’Agente Speciale Supervisore Frazer stava conferendo con la sua squadra. «A entrambi.» 

«Sapendo che l’aggressore indossava un giubbotto antiproiettile, avrei dovuto sparagli alla gamba.»

«Dalle sue parti non vi insegnano a sparare per uccidere?» Ora l’accento del West Virginia era più marcato che mai.

Alex non sorrise. Aveva tolto la vita a troppe persone per considerarla una battuta. «Mallory vuole sapere cos’è accaduto a sua sorella. Altrimenti il tizio sarebbe morto.» E tutta questa situazione del cazzo sarebbe finita. Lui sarebbe stato libero di andare avanti. Quella consapevolezza gli apriva una voragine nel petto.

«Pensa davvero che sia la stessa persona che rapì Payton Rooney tutti quegli anni fa?» lo schernì il vicesceriffo.

«Sì.» Alex si alzò in piedi mentre la famiglia Rooney usciva dall’ufficio dello sceriffo. La senatrice intercettò il suo sguardo e con un movimento imperioso del capo gli fece cenno di unirsi a loro. Evviva. «C’è altro?» chiese all’agente Chance.

«No, abbiamo finito.» Il vicesceriffo si stravaccò sulla sedia. «Non si faccia più giustizia da solo, Mr Parker.»

Certo. Alex fece un respiro profondo, poi raggiunse l’area in cui i Rooney stavano parlando con lo sceriffo. Rimase dietro al gruppo come un’ombra, ma Mallory gli prese la mano e lo costrinse a venire in avanti. Quell’accettazione naturale di fronte ai suoi genitori lo lasciò senza fiato.

«Questo è Alex Parker.» Mallory lo presentò a suo padre, mentre i due uomini si stringevano la mano.

«Voglio ringraziarla, figliolo.» La stretta di mano del giudice era ferma. «Sappiamo che senza di lei molto probabilmente Mallory sarebbe stata ferita o rapita.» La voce dell’uomo si ruppe. «So che è un’agente dell’FBI, ma non riesco a sopportare il pensiero di perdere un’altra figlia.»

«Sono felice di esserci stato, signore.»

Frazer si unì alla combriccola e Mallory lo presentò ai suoi genitori, mentre Alex faceva un passo indietro. Lui e Frazer non erano esattamente amici.

«Agente Speciale Supervisore Frazer, cosa sta facendo per garantire la sicurezza di mia figlia?» La domanda venne dal giudice

«Sto per rimandarla a Quantico.»

Mallory aprì la bocca per obiettare, ma la richiuse immediatamente, prima che potesse sfuggirle una qualsiasi parola. Per una volta, Alex era del tutto d’accordo con Frazer, ma avrebbe lasciato all’altro uomo la patata bollente.

«Lei è troppo vulnerabile e troppo vicina a questo caso per lavorare sulle prove.»

«Kari Regent è stata rapita appena fuori Washington.» La mascella di Mallory assunse un’inclinazione ribelle. «Cosa le fa pensare che sarò più al sicuro là?»

«Mr Parker, mi chiedevo se potessimo scambiare due parole in privato, mentre quei due discutono» chiese a bassa voce la senatrice.

«Usate pure il mio ufficio.» Lo sceriffo fece loro cenno di entrare, anche se era chiaro che avrebbe voluto andare avanti con il proprio lavoro, invece di essere impegnato con infinite questioni politiche.

Alex seguì la Senatrice Tremont all’interno e chiuse la porta dietro di loro. Lei prese a camminare avanti e indietro, proprio come aveva fatto Mallory all’ospedale. La sensazione di essere osservato lo opprimeva come un peso sulla schiena.

«Ritiene che quest’assassino sia lo stesso uomo che prese Payton?»

Alex annuì.

Lei abbassò gli occhi sulle sue costosissime scarpe di pelle. «Voglio ringraziarla, per aver personalmente protetto mia figlia.»

Lui annuì. «Non l’ho fatto perché c’era di mezzo lei.»

Le labbra della donna si contrassero e i suoi occhi si strinsero in due fessure. «Allora perché?»

Non avrebbe mai confessato i suoi sentimenti a quella donna, anche se li avesse capiti del tutto. Si appoggiò alla scrivania e si strinse nelle spalle. «Abbiamo una relazione.»

Chiazze rosse di rabbia apparvero sotto il fondotinta steso in maniera perfetta. La donna si voltò verso la finestra che dava sull’esterno, in modo che nessuno potesse leggere il labiale delle parole che si stavano scambiando. «Non m’importa se andate a letto insieme, ma se dovesse succedere qualcosa a mia figlia,» la sua voce divenne poco più di un sibilo, «farò in modo di rispedirla in quella prigione in Marocco prima che abbia il tempo di dire “ma”.»

La rabbia lo pervase fino al midollo. Fece scivolare il braccio intorno alle spalle della donna, attirandola in un abbraccio. Era malleabile come una pietra. Le pulsazioni del collo erano irregolari, come se fosse a disagio. Bene. Alex le avvicinò la bocca all’orecchio e parlò molto lentamente. «Non era questo l’accordo, Senatrice. Mallory non ha niente a che vedere con il nostro contratto. Rimangono ancora cinquecentoventi giorni che lei ha comprato insieme alla mia libertà, poi avrò finito. Per sempre.» La donna più anziana s’irrigidì ancora tra le sue braccia. Agli occhi di un osservatore esterno sarebbe sembrato un abbraccio con una donna emotivamente instabile. La voce di Alex si abbassò ancora. «Se verrà meno alla sua promessa, la distruggerò. Se ferirà Mallory…» Arretrò abbastanza da lasciare che fosse il suo sguardo freddo e spietato a finire la frase. Margret Tremont rabbrividì.

Alex fece per andarsene, ma le dita della donna si conficcarono nei suoi tricipiti. Poi i suoi occhi si riempirono di lacrime, mentre si trasformava da potente senatrice a genitore impotente. «Solo non permetta che accada qualcosa alla mia bambina.» Deglutì. «La prego.»

Un nodo di emozione minacciò di soffocarlo, ma non poteva lasciare che quella donna vedesse la sua debolezza. «Sono disposto a dare la vita perché lei sia al sicuro. Glielo prometto.» Non le disse che avrebbe sacrificato tutto per proteggere Mallory, compreso il Progetto Portale e la senatrice stessa. «Perché ha fatto quella chiamata all’FBI su Meacher?» le chiese con calma.

Gli occhi della donna lampeggiarono in allerta, poi si spostarono sulle persone che li stavano guardando attraverso il vetro. «Io… Io…»

«Per dare a Mallory la possibilità di fare buona impressione?»

«Perché non avrebbe dovuto essere lei a prendersi il merito? Quell’animale operava nella sua giurisdizione.» L’irritazione brillò sul volto della donna, anche mentre guardava fisso fuori dalla finestra. «Non sapevo che Meacher avrebbe scelto quella notte per prendere un’altra vittima. Non sapevo che avrebbero dato ordine di assalto immediato alla sua abitazione» sibilò.

«Ha fatto altre chiamate?» chiese lui parlandole sopra.

«Cosa? No!» Sembrava scioccata da quell’insinuazione.

Lui la considerò freddamente. Come la maggior parte dei politici, la donna era un’ottima bugiarda. «Chiunque sia l’infiltrato che ha nell’FBI, non mi fido. L’allarme che la polizia stava arrivando nella residenza di Meacher mi è arrivato così in ritardo che a momenti io e l’FBI ci stringevamo la mano sulla soglia della casa. O è un incompetente, o sta cercando di fare in modo che mi prendano. Nessuna delle due ipotesi è buona per lei e per i suoi soci del Progetto Portale.»

Lei deglutì nervosamente. «Deve essere stato un errore tecnico. Un disguido.» Gli occhi della donna si spostarono sull’Agente Speciale Frazer, che li stava guardando dal vetro, ma Alex non sapeva se fosse lui l’infiltrato o se la senatrice temesse soltanto che potesse sentire qualcosa.

Se si fosse trattato di Frazer, avrebbe avuto senso. Se la senatrice avesse ricattato l’uomo per costringerlo a lavorare nella loro organizzazione poco pulita – e Alex non ne sarebbe stato sorpreso – allora mettere in pericolo la figlia della senatrice sarebbe stato un modo efficace per vendicarsi.

«Tenga i suoi cani al guinzaglio, Senatrice» le mormorò all’orecchio. «Prima che le si rivoltino contro.» Alex si girò e le tenne aperta la porta, e lei lo superò come una regina. Mallory lo guardava con quei suoi occhi ambrati.

«Mi dispiace. Cosa voleva da te?» chiese, quando lui si sistemò al suo fianco.

«Assumere la mia agenzia per proteggerti.»

Mallory scosse la testa. «Che cosa le hai detto?»

«Ce ne stiamo già occupando.» Le circondò la vita con un braccio e le posò un bacio sulla tempia. «Non andrò da nessuna parte finché quell’uomo sarà là fuori.»

Sentiva la pelle formicolare mentre lasciavano l’edificio. Probabilmente per il fatto di essere così vicino al sistema giudiziario di cui si faceva beffa ogni volta che gli veniva affidata una missione. Il sistema giudiziario che gli avrebbe fritto il culo, se mai fosse stato preso.