11
Mallory stava ascoltando Blow Me di P!nk sul suo iPod mentre guidava verso casa e, sì, anche lei aveva avuto una giornata di merda. A dire il vero, la sua seconda settimana di lavoro all’Unità di Analisi Comportamentale era andata così male che preferiva di gran lunga il mal di testa da stress che le stava attanagliando le tempie piuttosto che essere al lavoro. Aveva lavorato anche il giorno del Ringraziamento e aveva promesso ai suoi genitori che si sarebbe fatta perdonare per Natale. Le gioie del servizio pubblico.
Aveva una gran voglia di strisciare sotto il piumone e dormire per due giorni di fila.
Non si erano verificati altri casi di rapimenti o ritrovamenti di corpi con le lettere PR incise sulla pelle, e queste erano buone notizie. Non avevano ancora ricevuto i risultati dai possibili campioni di DNA che il medico legale aveva inviato al laboratorio, quindi c’era ancora una speranza che il killer avesse commesso un errore e si trovasse nel sistema.
Aveva percepito un piccolo disgelo nei rapporti con un paio di membri dell’Unità di Analisi Comportamentale: la centralinista e il custode. Il giorno prima, per il Ringraziamento, era riuscita a ispezionare le scrivanie della Barton e di Singh e non aveva trovato un bel niente. Fino a quel momento, Hanrahan non era rimasto impressionato dai suoi risultati, ma aveva sottolineato l’importanza della pazienza e della segretezza. Gente così intelligente non avrebbe lasciato prove incriminanti in bella vista.
Moira Henderson si era trattenuta dallo sgonfiare altre ruote o dall’essere così apertamente ostile con lei. Fino a quel momento, Mallory non aveva visto nulla che la spingesse a dubitare dell’integrità dei suoi colleghi. Si facevano tutti il culo per dare la caccia ai mostri là fuori.
La cosa spaventosa era che, nel profondo, poteva capire il vigilante. Negli anni, aveva spesso fantasticato su cosa sarebbe successo se mai avesse trovato l’uomo che aveva preso sua sorella. Nella sua mente, gli puntava una pistola alla testa e gli chiedeva di dirle dove fossero i resti di Payton. Ma dopo che lui glielo confessava, tutto diventava confuso. Avrebbe premuto il grilletto? O gli avrebbe letto i suoi diritti e l’avrebbe arrestato?
Non lo sapeva e si odiava per quella debolezza.
Il caso di Lindsey Keeble la perseguitava. Il dolore del padre era così crudo, così negativo, e la famiglia di Mallory gli aveva aggiunto un altro fardello. Si ricordava del giovane uomo spensierato che le faceva scorrazzare intorno alla piscina sulla sua moto da cross, e del sorriso contagioso che sfoggiava a quel tempo. Ora quel sorriso se n’era andato. Non credeva che sarebbe mai più tornato.
Poteva aver preso lui Payton… Oppure, poteva essere un’altra vittima di tutta quella triste vicenda. Era ovvio quanto avesse amato sua figlia.
C’era molto traffico. Mallory attraversò lentamente un incrocio congestionato con la sua piccola berlina. Un altro venerdì sera con la città rivestita delle sue bellissime luci festose. Cacciò dalla mente il pensiero di Alex Parker. I suoi piani per quella sera prevedevano stare in casa e non fare niente. Non una sola dannatissima cosa. Certamente, non prevedevano di chiamare lui per un bis, nonostante il solo sentire la sua voce fosse una grossa tentazione.
Si era offerta volontaria per partecipare al servizio funebre di Lindsey Keeble la settimana successiva, anche se odiava i funerali, probabilmente perché sua sorella non ne aveva mai avuto uno. Non c’era nessuna lapide su cui deporre dei fiori. Nessuna tomba da tenere in ordine. Ma lo doveva a Bryce Keeble, sia per come la sua famiglia lo aveva trattato, sia in qualità di agente delle forze dell’ordine che stava indagando sulla morte di sua figlia.
Frazer era stato entusiasta di quella proposta e alla fine della conversazione, sembrava essersi autoconvinto che l’idea fosse stata sua. Uomini. Mallory alzò gli occhi al cielo mentre entrava nel parcheggio. Fermò la macchina nel posto auto a lei riservato, spense il motore e si rilassò.
Chiuse gli occhi e si accasciò sul sedile.
Silenzio. Benedetto silenzio.
Esattemente due settimane prima, tutto ciò che aveva voluto era stato dimenticare. Ora, le sembrava imperativo cercare di ricordare. C’erano così tante cose che aveva rimosso di quel periodo della sua vita. Andare a Greenville, incontrare Bryce Keeble e quel tenente, Sean Kennedy, le avevano fatto capire che aveva bisogno di scavare più a fondo nel passato, perché, forse, le risposte erano ancora lì e la stavano aspettando.
Pensò ad Alex, a come lo aveva scaricato e a quanto disperatamente avrebbe voluto non averlo fatto. «Accidenti a te, Pay. Perché te ne sei andata e mi hai lasciata sola?»
Il suo mal di testa aumentò di una tacca, era implacabile nel massacrarle le tempie. Mallory scese dalla piccola berlina argento e s’incamminò verso l’ascensore con il portatile afferrato dal sedile del passeggero a tracolla. Sembrava pesare mille tonnellate. Forse si sarebbe presa la serata libera, per ricaricare il cervello. Magari avrebbe fatto visita alla sua povera madre trascurata come aveva continuato a prometterle. Si fermò davanti alla cassetta delle lettere e trovò un pacco di Amazon un po’ malconcio. Sua madre e suo padre le ordinavano spesso delle cose su internet, forse come modo per compensare la generale mancanza di unione della famiglia. Se lo sistemò sotto il braccio e si diresse verso l’appartamento di suo padre. Nell’ascensore, continuò a ritornare con la mente a quel venerdì sera e all’uomo che aveva dato una scossa al suo mondo. Arricciò le dita dei piedi al ricordo della sensazione delle sue mani sulla pelle. Il battito del suo cuore accelerò.
Ma c’era un limite al numero di volte in cui potevi allontanare qualcuno senza che questi se ne andasse davvero. Le lacrime minacciarono di riempirle gli occhi, ma lei non glielo permise. Non era così debole. In quel momento, non aveva bisogno di un uomo nella sua vita, era troppo complicato.
Riuscì ad aprire la porta e incespicò nell’appartamento. Era freddo e silenzioso. Alzò il riscaldamento al massimo e lasciò cadere tutte le cose che aveva in mano davanti alla porta d’ingresso. Si tolse gli stivali e appese la giacca nell’armadio. Ripose la Glock e la fondina nel cassetto di fianco alla porta. Appoggiò il pacco sul tavolino, si versò un grosso bicchiere d’acqua e recuperò le compresse per il mal di testa nell’armadietto del bagno. Girò per la cucina senza una vera meta. Presto sarebbe dovuta andare a fare un po’ di spesa, o sarebbe morta di fame.
Tornata in salotto, voltò il pacco e lo strinse tra le mani. Qualunque cosa ci fosse dentro, era leggera e morbida. Forse una maglietta? Suo padre aveva uno strano senso dell’umorismo e spesso le inviava maglie che lui non poteva mettersi. Tirò lentamente la linguetta, gustandosi l’elemento sorpresa. Liberò il contenuto dal pacco e si accigliò, non riuscendo a capire per tre lunghi secondi. Poi il cuore prese a martellarle nel petto come un battipalo e lei lasciò cadere gli indumenti avvolti nella plastica come se l’avessero punta. Cercò a tentoni il suo cellulare e premette il tasto di richiamata. Il suo cervello aveva smesso di funzionare per lo shock.
«Mallory?»
Lei batté le palpebre, confusa. Pensava di aver composto il numero del lavoro, ma appena Alex rispose al telefono, capì di aver bisogno di lui. «È successa una cosa. Puoi venire? Sono nel mio appartamento.»
«Sarò lì tra cinque minuti.»
Niente domande. Niente melodrammi.
Si coprì la bocca con la mano mentre fissava il pigiama da bambina che qualcuno le aveva fatto recapitare. Si chinò sulla busta alla ricerca di indizi sulla sua autenticità, consapevole di non dover toccare di nuovo l’involucro a mani nude. La maglia aveva dei cavalli viola stampati su sfondo bianco, i polsini erano completamente viola. Era identica a quelle che entrambe avevano indossato la notte del rapimento, ma era davvero il pigiama di Payton? Lo esaminò centimetro per centimetro e infine, trovò la risposta alla sua domanda nel rammendo all’interno del polsino sinistro. Sua madre aveva usato del filo blu perché non era riuscita a trovarlo viola. Mallory ricadde sul pavimento, lontano dagli indumenti, lontano dalla prova che avevano cercato per tutti quegli anni. La prova che qualcuno, da qualche parte, sapeva esattamente cos’era successo a sua sorella.
Ci furono dei colpi alla porta. Mallory scattò in piedi e corse verso la l’ingresso, controllando dallo spioncino prima di aprire e fiondarsi tra le braccia di Alex. Queste si chiusero intorno a lei come una morsa. Lui emanava forza, protezione, sicurezza. Era palese che si trovasse fuori a correre quando l’aveva chiamato. Era madido di sudore e il suo cuore batteva forte contro l’orecchio di lei, calmando le sue pulsazioni. La fece entrare nell’appartamento, chiuse la porta con un calcio e la condusse verso il divano, dove la fece sedere sulle sue ginocchia e cominciò a cullarla. Mallory si aggrappò a lui, così scioccata, così lacerata tra disperazione e speranza che non riusciva a parlare. Gli afferrò strettamente la maglietta nel pugno. Poteva sentire il calore della sua pelle attraverso il tessuto e il suo effetto benefico la pervase, dandole così tanto conforto che per un attimo le si bloccò il respiro. Aveva un profumo meraviglioso. Sudore di uomo forte e pulito con quella nota di sandalo che sembrava parte integrante del suo essere.
Infine, Alex parlò tra i suoi capelli. «Cos’è successo?»
Mallory fece un respiro profondo. Di solito non era così emotiva, ma ultimamente gli eventi l’avevano rivoltata da capo a piedi. «Ho ricevuto un regalo per posta.»
Alex la spostò in modo da potersi chinare in avanti. Lei cercò di divincolarsi dalle sue braccia, perché era un’agente federale, non una gracile ragazzina, ma lui non la lasciò andare ed era dannatamente più forte di quanto lei avesse pensato.
«Calma.» La tenne più stretta. «Mi hai spaventato a morte al telefono. Dammi un minuto.»
Mallory chiuse gli occhi e lo abbracciò.
Lui lanciò un’occhiata al pacco e agli indumenti avvolti nella plastica. «Che cos’è?»
Gli raccontò velocemente del rapimento di sua sorella. «Erano di Payton.» Poi lo lasciò andare e si allontanò. Questa volta, lui glielo permise.
Alex la guardò con occhi penetranti. «Stai dicendo che questi sono gli indumenti che tua sorella indossava quando è stata rapita?»
Mallory annuì, la sua gola era troppo secca per parlare.
«E li hanno mandati a te? Qui? A casa tua?»
Annuì di nuovo.
Il volto di Alex s’indurì. «Non puoi stare qui da sola, Mallory.»
Lei si limitò a guardarlo. Non aveva nemmeno pensato a quelle implicazioni.
«E se questo tizio venisse a cercare te?»
Mallory non riuscì a frenare la lacrima che le rotolò lungo la guancia. «Allora avrei finalmente la possibilità di scoprire cos’è accaduto a mia sorella.»
«Anche se dovesse costarti la vita?» La voce di Alex era dolce.
«Ho bisogno di sapere, Alex. Il non sapere mi sta uccidendo.» Mallory s’incrociò le braccia sul petto. «Comunque, non sono una ragazzina. Se il bastardo prova a farmi qualcosa, sono pronta.»
Lui annuì lentamente, come se avesse appena preso un qualche tipo di decisione. «Okay. Trova qualcosa per impacchettare il tutto e lo porteremo subito a Quantico.»
Aveva senso.
«E poi faremo un salto al mio appartamento e prenderò alcune cose…»
«Aspetta. Cosa?»
La sua mascella s’indurì. «Non ho intenzione di lasciarti da sola. Non finché non saprò che sei al sicuro. Non finché questo figlio di puttana malato non sarà dietro le sbarre, o morto.»
«Potrebbero volerci mesi per questo, perfino anni…»
«Ci inventeremo qualcosa, ma per il momento, se tu resti qui, starò con te.»
Non riusciva a credere che lui stesse facendo questo per lei, ma Alex era un consulente per la sicurezza. Forse Mallory aveva immaginato esattamente come avrebbe gestito la situazione quando gli aveva parlato al telefono. Questo la rendeva una codarda, perché lo voleva lì con lei e non aveva avuto il coraggio di dare voce al proprio desiderio semplicemente chiedendogli di restare. Si afferrò le mani l’una con l’altra. Si sentiva piccola e meschina e confusa. «Mi dispiace di non aver risposto ai tuoi messaggi.»
Lui rise e si alzò in piedi. Aveva indosso un paio di pantaloncini da corsa neri e una maglietta blu-nera che rendeva i suoi occhi scuri e intensi. Le prese la mano e le accarezzò le nocche col pollice. «Non m’importa che tu mi abbia mandato messaggi o meno. Non sono un adolescente. Mi hai detto fin dall’inizio di non volere una relazione, ma mi hai chiamato quando hai avuto bisogno. Grazie.» Le spostò la frangia ai lati. «Qualunque cosa accada in futuro, qualunque cosa succeda tra noi due… sappi che io ci sarò sempre, se avrai bisogno di me. Sempre.»
Un brivido la percorse in tutto il corpo. L’ultima volta che aveva provato quel tipo di legame, era stato con una persona che condivideva il suo stesso DNA. Quello che lei e Alex sentivano l’uno per l’altra era molto più intenso di quanto avrebbe dovuto essere, e Mallory sapeva che anche lui provava lo stesso. «Non voglio trascinarti al mio livello di pazzia.»
Il sorriso sul volto di Alex era bellissimo. «Sono di gran lunga oltre il tuo livello di pazzia, dolcezza. La verità è che tu potresti essere la cosa più normale nella mia vita.»
* * *
Era quasi mezzanotte quando tornarono all’appartamento di Mallory. Alex era passato da casa e aveva preso un po’ di cose e la sua pistola. Non quella che usava per le missioni, ma quella che possedeva legalmente e per cui aveva il porto d’armi.
A Quantico l’aveva aspettata fuori. Era più facile così che tentare di ottenere un pass visitatori a quell’ora tarda della sera e lei sarebbe stata abbastanza al sicuro dentro l’edificio. Mallory aveva consegnato le prove al suo capo, che l’aveva incontrata lì. L’Agente Speciale Supervisore Frazer aveva inviato gli indumenti e la busta direttamente in laboratorio e aveva raccolto la sua deposizione.
Ora, in piedi nel suo appartamento, Mallory era così pallida che Alex temeva sarebbe svenuta da un momento all’altro. Non aveva mangiato nulla. Le toccò una guancia. «Vai a letto. Sei al sicuro. Io dormirò sul divano.»
Lei scosse la testa e lo trascinò con sé nella camera da letto buia. «Dormi con me.» Gli lasciò la mano e si spogliò senza alcun intento di seduzione e senza alcun imbarazzo. Si infilò una camicia da notte. Alex rimase a osservarla, assicurandosi di non far trapelare nessuna delle cose che stava pensando.
La desiderava.
Anche se era stanca e turbata. La desiderava. E non le avrebbe certo fatto vedere che tipo di uomo era veramente.
Mallory s’infilò sotto le coperte. Alex sedette sul bordo del letto e cominciò ad accarezzarle i capelli. Lei gli prese la mano mentre chiudeva gli occhi, già in preda al sonno. La fiducia tra loro era immensa e lui ne era rimasto sconvolto.
Lei era un’agente federale che viveva per difendere la legge.
Lui era un assassino che sarebbe morto per tenerla al sicuro.
Sospirò. Diamine, gli tremavano le mani. Era stata una sua idea quella di rimanere, ma era tantissimo tempo che non dormiva con un’altra persona nella stessa stanza, tranne per il periodo in prigione; dieci persone affollavano la cella, innocenti e colpevoli insieme.
Non sapeva se sarebbe riuscito a dormire con qualcuno. Ma non poteva lasciarla sola, vulnerabile, con quel pezzo di merda a piede libero che la tormentava riguardo alla sorella. Lei aveva bisogno di un po’ di conforto e lui aveva bisogno di accertarsi che fosse effettivamente al sicuro. Merda. Alex si tolse la maglietta e la gettò su una sedia. Non sarebbe mai uscito indenne da quella situazione, ma dopo settimane trascorse a ossessionarsi su quella donna, forse non aveva molta importanza. Forse la sua sicurezza era l’unica cosa che importava davvero.
E forse lui stava guardando la situazione in modo sbagliato. Quale occasione migliore di monitorare le informazioni in possesso dell’FBI se non stare vicino a quella donna mentre la teneva al sicuro? L’idea suonava un po’ come un tradimento, ma offriva una giustificazione sufficiente. Aveva bisogno di proteggerla e doveva onorare il suo impegno con il Progetto Portale. Quindi stare lì era come prendere due piccioni con una fava. Doveva farsene una ragione.
Non dovevano nemmeno fare sesso. Magari lei non voleva sesso. Voleva solo conforto e la sensazione di sicurezza che si prova quando hai qualcuno di cui ti fidi a guardarti le spalle. E lei poteva fidarsi, perché lui non avrebbe permesso a nessuno di farle del male.
Si sfilò le scarpe e le calze e si tolse i pantaloni, tenendo solo i boxer. Poi si sdraiò sul letto e rimase a fissare il soffitto. Era fottuto alla grande.
Si alzò per ben due volte, facendo per andarsene sul divano, e scoprì di non riuscire ad andare oltre la porta della camera da letto. Non voleva che si svegliasse pensando di essere sola. O che lui fosse lì solo per il sesso.
Mallory rabbrividì nel sonno e Alex le sistemò il piumone sulle spalle, indugiando con le dita sulla pelle morbida del braccio. Quando erano stati insieme, aveva commesso un errore di giudizio, perché ora lei gli scorreva nelle vene come eroina liquida e lui ne era dipendente.
Era un bugiardo professionista, ma non avrebbe preso per il culo se stesso. La verità era che si sentiva contento che il bastardo le avesse spedito quegli indumenti, perché ora aveva una scusa per rimanerle vicino.
Cazzo.
Era una cosa malata.
Avrebbe veramente dovuto alzarsi prima che lei si svegliasse. Andare a dormire sul divano e far finta di essere una persona decente. Fu quello che si disse, ma le sue membra erano inchiodate al letto e il suo corpo si rifiutava testardamente di muoversi. Era come se la sua testa fosse stata aperta e la sua coscienza esposta e lui non sapesse come gestirla.
Qualcosa dentro di lui si stava muovendo.
Anni passati a dire bugie e a nascondere segreti alle persone importanti della sua vita avevano eroso l’uomo che era stato in passato. Il periodo trascorso nella prigione in Marocco gli aveva dato il colpo di grazia, o almeno così aveva creduto. Le percosse, l’abbandono da parte del proprio Paese, il suo patetico fallimento gli avevano fatto desiderare di essere morto. Quando il Progetto Portale era intervenuto, Alex aveva creduto di non essere più salvabile, ma lo spirito umano era incredibile. La voglia di sopravvivere aveva superato qualunque altra considerazione. Così, aveva accettato la loro offerta. Aveva accettato di lavorare ancora una volta per le persone che l’avevano lasciato a marcire in quel buco infernale.
In qualche modo, Mallory lo colpiva come nessun altro aveva mai fatto. Gli faceva venir voglia di scoprire se ci fosse ancora qualcosa del vecchio Alex Parker. Se fosse rimasto qualcosa del ragazzino che quella fredda mattina di tanti anni prima aveva preso la mano di suo nonno durante la cerimonia per la Giornata del Veterano. Se ci fosse ancora qualcosa del soldato che era stato reclutato dalla CIA dopo che i suoi amici erano stati uccisi da chi avrebbe dovuto essere dalla loro parte. E per anni, lui aveva fatto la differenza. Doveva crederci. Non aveva soltanto ucciso a sangue freddo. Aveva neutralizzato minacce verso gli Stati Uniti in ogni parte del mondo.
Allora perché non si sentiva altro che uno spietato assassino? Se stava semplicemente seguendo degli ordini, perché non aveva ucciso il trafficante d’armi? O Gerry Rodman? E se invece non li stava seguendo, allora cosa diavolo stava facendo? Sceglieva chi meritava di vivere e chi di morire nello stesso modo in cui avrebbe potuto farlo un serial killer? Il pensiero lo fece sudare.
Mallory si girò e distese un braccio sopra il suo petto. Questo avrebbe dovuto farlo sentire in trappola o in una situazione claustrofobica. Ma non fu così. Lo calmò. Alex intrecciò le dita a quelle di lei.
Doveva essersi appisolato, perché si svegliò di soprassalto. Era buio, ma riconobbe immediatamente il profumo di Mallory, caldo e inebriante. Labbra gentili gli sfiorarono una cicatrice sul lato destro, cortesia di un coltello e di quello stronzo a cui avrebbe dovuto spezzare il collo.
La lasciò giocare, osservandola mentre lo baciava man mano che i suoi occhi si abituavano all’oscurità. Denti che graffiavano pelle bollente, quasi febbricitante, nervi che venivano mandati in corto circuito dalla lussuria. Mallory non aveva idea che nessun’altra lo aveva toccato dopo la sua prigionia.
Cristo.
Lei aveva il potere di distruggerlo. E se mai avesse scoperto chi e cosa fosse lui, non avrebbe avuto alcuna esitazione nel farlo. In qualche modo, Mallory Rooney aveva il completo e assoluto controllo su di lui. Tutto perché sua sorella era stata rapita e lei lo aveva guardato con questi grandi occhi ambrati e lo aveva visto. Non l’assassino, non l’uomo d’affari, ma l’essenza di un uomo che nessun altro sembrava vedere più.
Teneri baci stuzzicarono il corpo di Alex e gli infiammarono le carni. Si sentiva come se stesse andando a fuoco dentro e fuori e, allo stesso tempo, come se venisse liberato. I sentimenti che lei gli evocava lo terrorizzavano e lo lasciavano tremante.
Non era innamorato. Non era il tipo d’uomo che poteva permettersi di amare. Troppi segreti. Troppa morte.
Le luci della città brillavano dietro le tende, rivestendo la stanza di una luce tenue. La lingua di Mallory tracciò la linea deturpata che partiva dalla sua anca e gli arrivava fino a metà coscia. La sensazione di carne bagnata contro la pelle tesa lo fece gemere. Poi lei lo prese in mano e lo strinse e Alex chiuse gli occhi mentre la bocca di lei si chiudeva sulla sua.
«Mallory» mormorò, con il tono di chi desidera disperatamente qualcosa a cui non sa neanche dare un nome. «Non sei costretta a farlo.»
«Magari voglio.» Il suo sorriso era carico di un intenso desiderio che serpeggiava attraverso Alex. Guardarla mentre gli dava piacere con la bocca era una delle cose più erotiche che avesse mai sperimentato. Ogni suo muscolo si tendeva per il piacere che lei gli provocava. Si sentiva impotente. Le dita di Mallory lo strinsero più forte alla base e le sue labbra presero a succhiarlo.
Lui era uno spietato assassino e lei lo teneva letteralmente nel palmo della propria mano.
Era impossibile resistere a tutto ciò che lei offriva. La suzione si fece più forte e Alex avvertì la pressione alla base della spina dorsale che gli si avvolgeva intorno come una molla. Era a pochi secondi dal perdere il controllo, quando l’unico neurone che gli era rimasto si svegliò e lui la fece staccare delicatamente da sé.
«Ma…»
Le premette un dito sulle labbra gonfie. «Non ancora.»
Lei gli mordicchiò il dito.
Alex le sfilò la camicia da notte da sopra la testa e si sdraiò di fianco a lei sul letto, percorrendo con le dita il cerchio rosa dei suoi capezzoli. «Cosa ti piace, Mallory?»
Lo sguardo di lei si fece curioso. «Cosa vuoi dire?»
«È chiaro che sai cosa piace a me.» Il fatto che lei fosse nella stessa stanza con lui sembrava essere sufficiente a farlo diventare duro. «Cosa fa eccitare te?» Le strofinò il naso contro l’orecchio.
«Non credo che qualcuno mi abbia mai fatto questa domanda prima. Il classico: tu dentro di me.» Mallory rise e il brio della sua risata lo colpì fin nelle viscere. Con il dito indice, lei gli toccò la cicatrice sul sopracciglio. «Che tu ci creda o no, non sono così esperta di relazioni sessuali.»
La temperatura nella stanza aumentò all’istante di venti gradi. Alex la baciò con deliberata lentezza, stuzzicandola, finché lei non si rilassò sotto di lui. Le accarezzò il lobo dell’orecchio con la lingua. «Qualcosa che vorresti provare?»
Mallory spalancò gli occhi. «Non saprei. Credo di poter dire che non mi piacciono le perversioni. L’idea del dolore fisico e il bondage sono cose che non mi attraggono per niente.» Lanciò un’occhiata alle cicatrici visibili sulla pelle di lui alla luce dell’alba.
«Non me le sono fatte con dei giochi sessuali, Mallory.» Era la prima volta che le sue cicatrici lo divertivano.
«Hai detto di essertene fatte alcune in Afghanistan.» Esitò un istante. «Come?»
«Sono stato torturato.» Cristo. «Non voglio parlarne.» Perché le sarebbe bastato porgli le domande giuste e lui avrebbe potuto andarsene a casa e farsi saltare le cervella.
Il suo cuore fece un piccolo tonfo nel vedere la tristezza sul volto di Mallory; tristezza per lui. A nessuno gliene era importato niente per molto tempo. Incapace di resistere, la baciò più profondamente, tenendole il mento. Voleva toccare ogni parte di lei, darle piacere e farle dimenticare il mondo. Le posò il palmo della mano su un seno, facendo scorrere il pollice sulla turgida punta rosa, finché lei gli s’inarcò contro.
«Questo ti piace? Dimmi cos’altro ti piace.»
Le dita di Mallory gli affondarono tra i capelli. «Solo se farai lo stesso anche tu.»
Il pensiero di lei che cercava di dargli piacere lo fece sentire umile e indegno e arrapato da impazzire. «Prima tu» disse con voce roca.
«Restiamo a letto tutto il weekend a fare sesso.»
Un weekend a esplorare i confini sessuali di Mallory, anche se Alex sapeva che lei gli avrebbe insegnato molto più di quanto avrebbe mai potuto fare lui. Certo, lui poteva mostrarle nuove posizioni, ma lei gli aveva già insegnato come provare di nuovo dei sentimenti. Cosa che sarebbe dovuta essere impossibile, come se un uomo con la colonna vertebrale danneggiata imparasse di nuovo a camminare.
«Stai cercando di uccidermi» le disse mentre prendeva in bocca un capezzolo e usava la lingua sulla pelle sensibile di lei, finché non la vide afferrare le lenzuola con le mani.
«Sarebbe un bel modo di morire.»
Alex si ritrasse e sorrise guardandola negli occhi. «Non sono neanche bravo» disse. «L’ultima volta eri troppo ubriaca per notarlo, ma non sei neppure venuta…»
«Bugiardo.» Gli afferrò il viso tra le mani e lo trascinò giù per baciarlo. «Non ero così ubriaca e se sei così preoccupato della tua performance, puoi sempre rifarti ora.» La risata nei suoi occhi ambrati fu un colpo al cuore improvviso per lui.
«Non mi conosci neanche.» La sua voce era quasi stridula.
Mallory gli toccò la guancia. «Io voglio conoscerti.»
Lui scivolò sopra e dentro di lei, immobilizzandosi di fronte al piacere selvaggio provocato dal contatto della pelle contro la pelle. Cristo, lei era così bagnata e pronta che lui non desiderava altro che spingersi fino in fondo.
Si ritrasse e afferrò un preservativo dal cassetto. «Tu mi fai dimenticare. Tutto.» Non poteva permettersi di abbassare la guardia, ma di certo un weekend intero con Mallory non avrebbe fatto male a nessuno, no? Avrebbe dato ai federali il tempo di esaminare le prove e magari di trovare il bastardo che la stava tormentando. Di sicuro lei aveva bisogno di evadere molto più di quanto ne avesse bisogno lui.
S’infilò la protezione e affondò nel calore di lei. Le catturò entrambe le mani, tenendogliele sopra la testa mentre spingeva nel suo corpo caldo e arrendevole. Non lasciò mai quelle mani o il contatto con i suoi occhi mentre si muoveva con più forza e lei gemeva e assecondava i suoi movimenti, prendendolo il più a fondo possibile.
E fu in quel preciso istante che Alex si rese conto di essere del tutto fottuto. Fare sesso con quella donna lo aveva distrutto. Mallory lo aveva fatto a pezzi, sventrato, spogliato fino a ridurlo a ossa e sangue. Gli aveva fatto pensare di poter essere qualunque cosa avesse voluto.
Forse era nel mezzo di un esaurimento nervoso. Forse stava impazzendo. L’unica cosa che sapeva per certo era che lei aveva completamente distrutto la persona che si supponeva fosse Alex Parker. Le uniche cose che importavano al nuovo Alex Parker erano il piacere e il benessere di Mallory. Tutte le altre persone sulla faccia della terra, compreso se stesso, potevano andarsene al diavolo.
* * *
Mallory si svegliò di colpo. Aveva di nuovo fatto quel sogno. Era intrappolata in uno spazio angusto, terrorizzata perché qualcuno la stava cercando, ma incapace di muoversi e affrontarlo o di scappare via. Il sudore le imperlava il labbro superiore, nonostante la camera fosse fredda. Il cuore le martellava forte nelle orecchie mentre cercava di controllare la respirazione.
Accorgendosi di non essere da sola nel letto, guardò verso Alex che giaceva addormentato. Il suo viso era rilassato e sembrava più giovane di quando era sveglio e vigile. Dopo aver trascorso gran parte della notte a farla impazzire, doveva essere esausto. Una sensazione di calore prese il posto del terrore provocato dal sogno. C’era qualcosa in lui che l’attraeva sul serio e lei non sapeva cosa fosse. Forse era perché aveva dovuto faticare per portarselo a letto, o forse era il fatto che, una volta che era riuscita nel suo intento, lui era stato così dannatamente attento.
A dire la verità, il sesso era un di più.
Alex la trattava come se lei fosse importante. Come se ciò che pensava fosse importante. Dopo anni in cui le persone avevano dato per scontato di conoscerla per via di quanto accaduto alla sua famiglia, era bello avere qualcuno che prestava attenzione a ciò che diceva e pensava.
Mallory sgusciò silenziosamente fuori dalle coperte e afferrò la vestaglia. Si versò un bicchiere d’acqua e controllò il portatile, che aveva sistemato in un angolo della stanza. Niente da parte di Frazer. Sapeva che avrebbe dovuto parlare ai suoi genitori degli sviluppi che c’erano stati con il pigiama, ma Frazer le aveva consigliato di aspettare e vedere se il laboratorio trovava qualcosa, prima di alimentare le loro speranze.
Aveva ragione. Avevano già sofferto abbastanza.
Tirò fuori i dossier riguardanti il caso di sua sorella. Per chiunque altro, la foto sulla prima pagina poteva sembrare un’immagine di Mallory bambina, ma il naso era troppo dritto, gli occhi leggermente troppo grandi. Toccò quella vecchia foto; un ritratto scolastico, per il quale entrambe erano state costrette a indossare un vestito blu identico e a legare i capelli in due codini per insistenza della madre. Ma a scuola Mallory si era ribellata e quando il fotografo era riuscito a intercettarla, aveva dell’erba tra i capelli sciolti sulle spalle.
Era Payton la brava bambina. La bambina obbediente. Mallory era la combinaguai, la monella, la spina nel fianco. Alcune cose non erano cambiate.
Le si formò un groppo sempre più grande in gola. Per quanto tentasse di essere obiettiva riguardo al caso di sua sorella, le era impossibile. Che diavolo poteva mai fare di buono per quel caso se non riusciva nemmeno ad andare oltre la prima pagina senza piangere?
«Ehi.»
I fogli svolazzarono a terra. «Oddio. Mi hai spaventata» disse ad Alex.
«Non sei abituata ad avere uomini strambi nel tuo appartamento?» Gli brillavano gli occhi. Si era infilato un paio di jeans e una maglietta, ma era a piedi nudi. Piedi sensuali.
«Non sono abituata ad avere nessuno a casa mia, punto.»
Un piccolo sorriso toccò la bocca meravigliosa di Alex. «Nemmeno io» disse, poi si chinò sul pavimento, mentre il cuore di Mallory faceva le capriole nel petto. Un’occhiata a quel sorriso e aveva capito di essersi innamorata di lui. Ciò non era un bene.
«Di che si tratta?» Alex si accigliò nel vedere la foto e i documenti. Accarezzò l’immagine con il pollice. «È il dossier sul caso di tua sorella?» Sollevò lo sguardo.
«Una copia» rispose lei annuendo. Era troppo arrabbiata con se stessa per parlare.
Lui lesse una parte del rapporto. «Quindi la cosa che volevi dimenticare la scorsa settimana era l’anniversario della sua scomparsa?»
«Diciotto anni.» L’emozione repressa le chiudeva la gola.
Alex lisciò i fogli e li riordinò nella cartellina. «È la ragione per cui sei entrata nei federali?»
Quante volte aveva risposto a quella domanda ultimamente? E ogni volta, si sentiva sempre più un fallimento. Gli prese la cartellina dalle mani e la posò sulla scrivania. «Indago sulla sparizione di Payton nei giorni liberi, ma non ho fatto alcun passo avanti rispetto a quanto già scoperto all’epoca dalle forze dell’ordine.»
Alex le strinse le mani tra le sue. Il calore si diffuse tra le dita di Mallory. Non si era accorta di quanto fosse fredda finché non l’aveva toccato. C’era qualcosa nei suoi occhi che le faceva venir voglia di dirgli tutto.
«È lei la ragione per cui non esci con nessuno?» Quei suoi occhi le affondarono dentro, chiedendo risposte.
«No.» Solo che suonava come una bugia. «Forse» ammise infine. «Non ho tempo per frequentare qualcuno. Tutto il mio tempo libero lo trascorro a cercare di scoprire cos’è successo.»
«Lei non avrebbe voluto che rinunciassi alla tua vita.»
Era quello che aveva fatto? Aveva rinunciato alla propria vita? Non si sentiva così, o forse Alex aveva ragione. Ma come poteva andare avanti normalmente quando la sua gemella era stata rapita? Come poteva continuare a vivere come se non fosse mai successo?
Mallory scosse la testa. «Non riesco a superare il senso di colpa per non averla salvata…» Pensieri oscuri e tetri la schiacciavano da ogni direzione. Cercò di allontanarsi, ma lui glielo impedì.
«Eri una bambina. Non avresti potuto fare niente.»
I suoi occhi divennero lucidi e lei dovette reprimere quell’emozione che voleva costringerla in ginocchio. «Aveva nove anni, Alex. Era mia sorella. La mia migliore amica…» Le si ruppe la voce. Troppo strazio. Troppo dolore.
Alex l’attirò a sé e le parlò tra i capelli. «Non puoi cambiare ciò che è successo. E non puoi permettere che quel bastardo rovini anche la tua di vita.»
Ma lei voleva catturare quel tizio così disperatamente. Non poteva lasciar perdere, soprattutto ora che erano arrivati nuovi indizi. Si adagiò tra le braccia di Alex e lo guardò negli occhi. «La mia vita non sarà mai normale finché questo assassino non sarà morto o dietro alle sbarre. Forse non è una cosa salutare o sana, ma non posso semplicemente premere un interruttore e far finta che non sia mai successo. Non ho molto tempo per cene e serate al cinema, quindi forse faresti meglio a cercare una donna normale con cui uscire.»
«Che ci farei con una donna normale?» Le baciò un sopracciglio, facendole sentire che la capiva fino in fondo. «Comunque, ti ho già detto che le tue regole sul non uscire con nessuno vanno benissimo per me.»
«Divertente.»
«Sexy» la corresse.
Una risata la squassò, spazzando via la malinconia. «Mi hai fatta ricadere in tentazione.»
«Felice di essere utile.» Alex sostenne il suo sguardo. Profumava ancora di buono, ma con i capelli scarmigliati le faceva venire voglia di trascorrere l’intero weekend sotto le coperte fino a renderlo esausto. Ed era ciò che gli aveva promesso la notte prima. Ma sapere che l’assassino di sua sorella si trovava da qualche parte là fuori la faceva impazzire. L’idea di divertirsi mentre Payton giaceva morta aumentava ancora di più il suo senso di colpa… ma Payton avrebbe continuato a essere morta anche se Mallory era infelice e questo era difficile da affrontare.
«Mallory.» La voce di Alex era paziente. Più paziente di quanto lei meritasse. «Ti vedo indietreggiare e avere un milione di rimpianti, ma io non me ne andrò da nessuna parte finché questo tizio non verrà catturato. Non dobbiamo per forza scopare come dei ricci,» lo sguardo nei suoi occhi le provocò un fremito, «ma penso davvero quello che ti ho detto ieri notte. Corri un possibile pericolo a stare qui da sola. Questo tizio sa dove vivi. Te lo dico da consulente per la sicurezza, devi fidarti di me.»
Lei gli strinse le dita. «Grazie di esserci stato per me la notte scorsa.»
La luce negli occhi di Alex cambiò e lui distolse lo sguardo. «Ci sarò sempre per te, Mallory, ma c’è un’altra cosa che ho bisogno che tu sappia. Non sono bravo nelle relazioni. Le mando sempre a puttane. Deludo le persone. E io non voglio farti del male.»
Una punta di tristezza le trafisse il petto, ma l’esperienza l’aveva temprata. Non aveva bisogno di promesse vuote. Preferiva una verità instabile. Nessuno sapeva cosa aveva in serbo il futuro, solo i soldi potevano essere messi al sicuro in banca… e anche quelli potevano finire per essere rubati. Mallory guardò il dossier su sua sorella. «Tutti deludiamo le persone.» Un’idea le balenò in mente. «Ehi, forse dovrei assumere la tua compagnia.»
«Per cosa?»
«Trovare informazioni. La tua compagnia deve usare degli hacker.»
Lui inclinò la testa. «Niente di illegale, a meno che il governo non ci chieda di entrare in qualche computer.»
«Ve lo chiedono?”
«Solitamente la scelta è tra noi e i cinesi, quindi sì, lo chiedono a noi. Ci pagano anche per tale privilegio, il doppio quando violiamo la loro sicurezza senza essere scoperti.» Il suo sorriso suggeriva che l’avevano fatto più di una volta.
«Allora riportare alla luce i tabulati telefonici di diciotto anni fa dovrebbe essere un gioco da ragazzi?»
Alex fece un passo indietro e lei non poté biasimarlo. «Tranne per il fatto che è illegale e tu lavori per l’FBI.»
Mallory si morse il labbro. «Lo so. Le vie legali sono state percorse tutte. Ora l’unica cosa che mi è rimasta implica invadere la privacy delle persone.» Ad eccezione di quei vecchi articoli di giornale sui bambini rapiti. Non le era sfuggito che la scatola con le stampe degli articoli poteva esserle stata mandata dalla stessa persona che le aveva inviato il pigiama. Però la scatola era stata fatta recapitare al suo posto di lavoro, non a casa sua, e fino a quel momento nessuna delle storie le aveva fornito un qualche collegamento utile. Inoltre, aveva maneggiato la scatola e i documenti ripetutamente, quindi da un punto di vista forense c’erano molte probabilità che fossero inutili. «Non faccio che sbattere contro un muro dopo l’altro.»
«E questo è tutto ciò che fai nel tempo libero?»
Lei alzò lo sguardo e incontrò quegli occhi tenebrosi. «Praticamente.» Un angolo della sua bocca si piegò all’insù. «Eccitante, eh?»
«Quand’è stata l’ultima volta che ti sei presa un giorno libero per te stessa?»
Le dita di Mallory strinsero la cartella così forte da piegare il cartoncino. «Quando sono in ferie non riesco a smettere di pensare a lei. A quello che potrebbe esserle successo.»
Alex le chiuse il portatile e le prese la mano. «Hai bisogno di allontanarti da tutto questo prima che s’impadronisca completamente della tua vita.»
«Credo sia troppo tardi per quello. Non saprei cos’altro fare con me stessa…»
Lui la baciò. Duramente. Profondamente. Quando si staccò dalla sua bocca, lei stava tremando.
«Non hai detto che volevi passare il weekend con me?»
«Sì, è così.» Lanciò un’occhiata al dossier di sua sorella e il familiare senso di colpa s’intrufolò nella sua mente.
«Bene.» Afferrandole il braccio, Alex la trascinò nel bagno e aprì l’acqua nella vasca. «Ci prenderemo entrambi un weekend e faremo finta di essere persone normali.» Le fece scivolare la vestaglia oltre le spalle.
«Ma…»
Alex agguantò la vestaglia all’altezza delle sue braccia, stringendola forte, intrappolandola, e la baciò di nuovo. La fame che Mallory aveva di lui le si scatenò dentro e le labbra lo seguirono in quel bacio. Poi lui si staccò.
«Tua sorella non te ne vorrebbe per un weekend passato a viverti la vita, Mal. Se era anche solo lontanamente simile a te, vorrebbe che tu fossi felice.»
Alex si tolse la maglietta, si sfilò i jeans e la prese in braccio, deponendola nella vasca come se lei non pesasse niente. Quando Mallory fu bagnata dappertutto e cominciò a implorarlo di prenderla, una piccola porzione della sua mente si rese finalmente conto che non c’era niente di male nel dimenticare, almeno per un po’.