Capitolo diciannovesimo
Ignara di essere stata iscritta a «Matrimonio che passione», Marianna sta completando la sua settimana di ritiro spirituale. La trova un’esperienza molto soddisfacente, e non rimpiange per niente Turris Eburnea, e tantomeno Sara e Rebecca. Qui al santuario ha fatto grande amicizia con suor Orsola e suor Giacomina, e ha capito che l’antica pratica del cattolicesimo è l’unica che permette di sviluppare passioni estreme senza l’intervento di un o una partner. Tra le mura umide del santuario, incurante del fatto che a pochi metri, nel ristorante sotto il porticato, si preparano chili e chili di polenta concia, Marianna legge Shakespeare alle sorelle, le quali ricambiano con le pagine intensamente dementi di Teresa d’Ávila, e poi tutte insieme piangono, e poi strisciano le ginocchia per terra, e si pentono, e piangono, e poi per mezz’ora rammendano lenzuola, e poi vanno a mangiare la zuppa di verdure.
Stamattina, però, succede qualcosa di nuovo, qualcosa che mette fortemente a rischio l’auspicata vittoria a «Matrimonio che passione». Qualcosa che mette a rischio il matrimonio stesso in persona. Qualcosa che mette a rischio anche l’iniziativa che stanno per prendere Eleonora e il giudice Accorsi. Qualcosa che in effetti manderà all’aria, se si realizzerà, tutti i piani di tutti.
La mina vagante è una religiosa con cui finora Marianna ha avuto scarsi contatti: suor Vanessa del Gesú. Marianna l’aveva notata ai pasti, perché a differenza delle altre sorelle, che pur senza strafogarsi non disdegnano il bis di zuppa o di pollo, suor Vanessa si ciba solo di insalata e poco riso scondito. Marianna è troppo educata per chiedere spiegazioni, e ha pensato che si tratti di una forma ulteriore di sacrificio. Ma adesso, mentre insieme ad Alberica attacca un merletto in fuga all’orlo di un lenzuolo risalente alla battaglia di Marengo, Marianna viene richiamata da un deciso «Pss pss» di suor Vanessa, che poco piú in là si sta spennellando le unghie con Minimal 112 di Dior, uno smalto che ha il suo maggior pregio nella discrezione.
– Vieni qui, – sussurra la reverenda quando Marianna si volta. – Voglio parlarti.
Marianna, sempre docile, sposta sedia e lenzuolo vicino a suor Vanessa, tanto Alberica non ci fa caso, essendo impegnatissima a recitare il rosario mentre cuce, una faticaccia perché va in confusione e salta o Ave Marie o punti.
– Ti ho osservata, – dice la sua nuova amica. – E mi sono informata. È vero che hai avuto una terribile delusione d’amore e vuoi sposare un gay?
– Non credevo che le suore fossero cosí pettegole, – si difende Marianna, docile ma seccata.
– Scherzi? Il pettegolezzo è la loro principale forma di vita. Senti qua, ragazza. Lascia perdere. Non sposare un gay. Te lo dico perché sei davvero molto bella, e io per la bellezza stravedo. Sempre stravisto. Non farti idee però. Mi piacciono i ragazzi.
– Ti piacevano, casomai.
– Perché, sono forse diventata cieca? Ascolta me, Marianna. Se vuoi levarti dal grande tormento dell’amore la soluzione non è sposare uno che non ami, non ti ama, non ti scopa, e non ti sogna. La soluzione è entrare nell’ordine.
– Che ordine?
– Il mio. Le Madri Comunicanti del Carmelo.
– Ma come? Qua non ci sono le Figlie di Maria?
– Sí, sí, le Figlie di Maria. Io sono un’ospite. Sono qua per un periodo di detox.
– Ah… ecco perché mangi poco.
– Mi depuro. Queste suore biellesi sono l’ideale per depurarsi. Il mio ordine, invece, è quello che ci vuole per te.
– Non so… sei gentile, ma suora non mi ci vedo. Casta va bene, guarda non voglio piú saperne niente di quelle storie, portano solo pena e dolore, e poi comunque non mi innamorerò mai piú, lui era l’unico, e…
– Dacci un taglio. L’amore è solo una delle opzioni della vita, ci vuole tanto a capirlo? Entra nelle Madri Comunicanti, e neanche piú ti ricorderai che esiste. Noi siamo suore differenti.
– Cioè?
– Cioè comunichiamo. Ci muoviamo. Vediamo gente. Facciamo cose. Sai cosa facevo io, prima di entrare nell’ordine?
Marianna la guarda bene, e forte di quello che ha imparato lavorando con Marida, azzarda: – La modella?
– Dieci punto dieci! Sfilavo per D e G. Quando ho smesso, non sapevo dove sbattermi, i soldi li avevo fatti fuori tutti, e cosí eccomi qua. Suora. Ma che suora!
– Che suora?
– Intanto, la casa madre dell’ordine è a Ravello. Monastero con piscina. Solarium. Buffet a colazione e pranzo, alla sera cena servita, piuttosto frugale. Niente carboidrati. Vedi, noi ci occupiamo soprattutto di stilisti, calciatori, top model, rapper e attrici di fiction.
– Vi occupate in che senso?
– Ci assicuriamo che non dimentichino di avere uno spirito. Li teniamo informati sulle tragedie del mondo, e agevoliamo le loro donazioni, in modo che, alleggeriti di euro, si sentano piú vicini al Cielo. Confortiamo le loro pene. Sostituiamo, in quanto figure piú carismatiche, il classico frate di Pescasseroli che metteva il despota di fronte ai suoi peccati.
– Mettete i calciatori di fronte ai loro peccati?
– No, figurati. Però li avvertiamo che da qualche parte, sullo sfondo, questi peccati ci sono, e che il modo migliore per seppellirli è donare, donare, donare.
– Scusa, suor Vanessa…
– Chiamami Vane, dài.
– Scusa, Vane… ma a chi donano, a voi?
– Anche, ma non solo. No, guarda, è un business molto corretto. E noi lavoriamo tanto, sai. Ci rimbocchiamo le maniche… a proposito… devo farti vedere il book delle nostre vesti. Qui uso questa tunica semplicissima per non mortificare le Figlie di Maria, ma abbiamo dei modelli… i migliori sono quelli vintage del povero Romeo… Gigli, intendo. Romeo Gigli.
– L’avevo capito, – ribatte piccata Marianna.
– Lui aveva il tocco, per l’abito talare. Ad ogni modo, riflettici. Con noi potrai essere casta nel lusso, nel divertimento, nella coscienza di fare del bene. Pensa che io quest’estate terrò un corso gratuito di portamento e trucco alle bambine di Scampia, e poi forse ne trarremo uno spettacolo teatrale intitolato Aspettando il Rossetto. Perché è attraverso l’arte che si salvano le anime.
– Beh… immagino sia possibile.
– Senti, fatti un giro nel nostro sito. O seguici su Facebook, Twitter, Instagram. Compila il modulo di adesione, tanto a te ti prendono di sicuro, figurati, ponti d’oro. Alla peggio, se cambi idea, paghi una piccola penale e rinunci.
Marianna non le risponde, e non fa caso alla piccola penale (questo è un guaio, perché scoprirà poi che non è COSÍ piccola. Sono ottocento euro). È presa da pensieri suoi. Ma certo. Suora. Suora attiva, suora moderna, suora on line. Libera dal sesso, ma pienamente immersa nella vita. Questa, lo capisce finalmente, è la scelta giusta. Vita sí, amore no.
Quella sera, nella stanzetta scabra che divide con Alberica, Marianna prende il suo amato libriccino rosso, quello con i sonetti di Shakespeare. Lo prende, lo sfoglia, e si rende conto del danno che le ha fatto. Shakespeare è sicuramente uno dei principali responsabili della sua convinzione che esista il perfetto amore, quello che unisce due persone per tutta la durata della loro vita, senza mai venire meno, un amore che non accetta il tradimento né l’incuria, che si alimenta giorno dopo giorno di tenerezza, rispetto e ardore. Non c’è, pensa Marianna, non c’è punto e basta. Mi sbagliavo, e per colpa tua, William, che scrivevi… Marianna sfoglia nervosa quel dannato libro… fino al perfido e maligno fra tutti i sonetti, il 116. Legge per l’ultima volta quelle righe ingannatrici… non è amore l’amore che muta quando scopre i mutamenti, o svanisce se l’altro si allontana. No, l’amore è un faro fisso che affronta la tempesta e non si muove; è la stella a cui si volge la nave vagabonda…
Ma per favore. La rilegatura rossa è troppo robusta per stracciare il libretto, e inoltre come gesto manca di grandiosità. Meglio aprire la finestra, e scagliarlo con estrema violenza nel buio della notte e nell’ancor piú buio del bosco strillando,
– Non mi freghi piú, maledetto Shakespeare!
E qui avviene una di quelle cose che succedono tanto spesso nella nostra vita, eppure quando le leggiamo in un romanzo, o le vediamo in un film, ci sembrano cosí improbabili che le attribuiamo a necessità logistiche degli autori. Invece sono pezzetti di realtà come tanti altri, come comprare un filoncino coi semi dalla panettiera, o stringere bene il sottosella di un cavallo.
Avviene cioè che pochi istanti dopo Marianna vede quello stesso libretto rosso tornare a lei, volare nel buio, scagliato da qualcuno che sta appostato lí sotto, e passarle davanti come un robusto uccellino di carta e cartone, per poi svanire nuovamente, visto che lei non è stata in grado di afferrarlo. Come mai? Perché i sonetti di Shakespeare passano in volo nella notte?
Questa è sicuramente una di quelle cose che una ragazza non può ignorare con un’alzata di spalle. Se in preda a tempesta emotiva scaglia giú da una finestra del santuario di Oropa un libretto rosso con i sonetti di Shakespeare, e poi lo vede tornare su con allegro frullo di copertina, la ragazza vuole capire perché. Invano Marianna si sporge dalla finestra e grida: – Ehi… c’è qualcuno? – L’unica che le risponde è Alberica, che già si era svegliata al «maledetto Shakespeare», e adesso brancola in cerca degli occhiali, senza i quali per lei il mondo è una foto molto, molto sgranata.
– Che succede? Perché urli?
– Scusa… non volevo svegliarti… ma sotto c’è qualcuno che mi tira libri.
– In che senso?
– Lascia perdere. Scendo un attimo a vedere.
– No… aspetta… può essere pericoloso…
Marianna si volta, esaltata come sempre. – Non c’è piú niente che mi fa paura –. Ed esce con inutile violenza dalla stanza, mentre Alberica trova gli occhiali, li mette, corruga la fronte e chiede: – Piú? In che senso, piú?
Marianna non le risponde perché sta già scendendo le scale, e ben presto è fuori, grazie al piccolo portone sul retro di cui le ospiti hanno una chiave, perché alla fin fine sono appunto ospiti di quella specie di bed and breakfast spirituale, e non è che possono stare rinchiuse. Apre, esce, e si trova sotto il porticato, in un angolino oscuro. Attraversa il piazzale di corsa e gira intorno, fino a trovarsi sul retro del santuario, sotto la sua finestra, dove ci sono soltanto cespugli, erba, e le ultime avvisaglie del bosco.
– C’è qualcuno? – grida, e intanto guarda, senza sapere cosa aspettarsi, né perché si aspetti qualcosa.
Ma qualcosa arriva. Qualcuno. Che l’afferra e la spinge contro un castagno nei pressi. Lei fa a malapena in tempo a riconoscerlo prima di essere perdutamente baciata.