L’amore che resta.
Cara ragazza,
mentre ti scrivo ho di nuovo diciannove anni, sono seduto sulle scale della cucina a far asciugare i capelli al sole, poi passerò a prenderti con l’Ypsilon 10 di mio padre. È la fine dell’estate della maturità, ho la patente da un mese, tu sei l’amore che voglio.
A ottobre andrò a studiare a Venezia e mi lascerai. Ti chiamerò ogni sera nell’autunno piú piovoso della storia, dalla cabina telefonica di Rialto, tua sorella ogni volta mi dirà: «Non c’è, è fuori con Luca». Io riappenderò, poi urlerò, poi il mio amico Carlo mi dirà: «Andiamo a bere».
Ci rimetteremo insieme dopo quattro mesi interminabili, il giorno in cui scoprirò che Luca non esiste, ma è solo il nome che dài alla tua paura. La maniera che hai per dirmi: «Fammi vedere quanto ci tieni. Torna a prendermi». Quando lo farò, saremo due pesci che finalmente riguadagnano l’acqua. Sarà un anno di mani che si sfiorano, baci con le labbra screpolate, film al cinema di cui non ricordo niente, poi l’estate di nuovo addosso.
Ci lasceremo in inverno, per decisione mia e per la sensazione che mi spetti, stavolta, il tuo dolore per il mio abbandono. La realtà è che sentire di averti già trovata è una consapevolezza che a ventun anni mi sconvolge. È piú gestibile la presunzione di poter tornare a prenderti, di nuovo, un giorno.
Quel giorno non ci sarà. Ci sarà invece chi dopo l’incidente mi dirà: «Se fosse rimasta con te, magari sarebbe ancora viva». Ci saranno il senso di colpa che mi accompagnerà a lungo come un secondo battito, l’inutilità delle lacrime, la prima scoperta del «mai piú». Passerà del tempo e arriveranno altre ragazze, in ciascuna di loro avrò la sensazione di cercare qualcosa di te. Finirà ogni volta, perché non ti troverò mai. Né in loro, né da nessuna parte.
L’amore non passa nella vita una sola volta, per nostra fortuna. Quel che non torna è la prima opportunità di avere coraggio, l’occasione decisiva di restare, quella di dirsi per la prima volta: due. Può accadere che quella scelta arrivi troppo presto, oppure troppo tardi, ma se la riconosci devi decidere subito cosa farne, perché la vita non aspetta i tuoi ritorni.
Oggi sono passati piú di vent’anni, ho una compagna che amo, tre figlie che sono la luce dei miei giorni, per vivere racconto storie. Ogni volta che mi capita di scrivere dell’amore per un attimo sono di nuovo là, sotto quella pioggia, dentro quella cabina del telefono. Immagino di poterti chiamare dall’adesso, solo per ringraziarti. Per dirti che, quando mi è passata davanti la mia seconda occasione di restare, me ne sono accorto subito, perché per la prima volta non ti stavo piú cercando. Ma soprattutto perché, di nuovo, ho avuto la tentazione di andare via, a causa della mia paura alla quale un giorno ho dato un nome di ragazza.
Sono rimasto anche pensando a ciò che la mia stupidità ci ha fatto perdere per sempre.
Sono rimasto sentendo che l’amore che resta può fondarsi anche su quello che non torna, ma solo se permetti all’amore che non torna di essere la strada che ti porta verso l’amore che resta.