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Però
Okay, Peter, adesso ascoltami attentamente. Siediti, aspetta, rilassati, non fare cazzate. Non sei venuto a Milano per proseguire la tua attività di ritrattista su commissione, o sbaglio? Questa rivista sarà quello che è, ma potrebbe essere già qualcosa. Dunque. Respira profondamente. Cooosì. Inspira. Espira. Tranquillo. E piantala di metterti le dita in bocca! Mica ti vorrai presentare al boss come un bambinetto isterico che si mangia le unghie. Dai! Coraggio. Inspira. Espira.
Mentre la mia personal trainer Mila mi sta parlando dentro con una voce affatto rilassante, io sono seduto tra le pareti mezzo scrostate di un edificio anni Settanta. Una sala d’attesa. Aspetto che mi chiamino per il colloquio. Ci sono poster qua e là. Faccioni di grandi fumettisti. Magnus. Disney. Schulz. Jacovitti. Crepax. Manara. Pazienza. Sclavi. Gipi.
Mi guardo intorno e mi sento osservato. Forse, persino giudicato. Da loro. Dai grandi mentori del disegno. I guru della vignetta. I miei maestri. Anche se io non sono mai stato un grande lettore di fumetti.
Per dire: mica ho mai letto niente di Magnus.
Non importa, Peter. Non stare a crogiolarti nelle tue mancanze. Cosa pensi, che Battisti – tanto per prendere ad esempio un mito dei tuoi genitori – conoscesse tutta la musica composta prima di lui? Il talento è un’altra cosa, dai.
Se lo dici tu, Mila... Il talento, poi. Cosa diavolo è sto talento di cui tanto si parla. Io ce l’ho? Io, che ho scelto di vivere solo con la mia arte da quando sono uscito dal liceo? Io, che già quando ero un bambino alto così imbrattavo i fogli con le mie vignette? Io, che mi sono trasferito a Milano, in fondo, per cercare fortuna?
Dio, che paranoia!
La tentazione di agguantare lo smart per messaggiare e cazzeggiare alla grande è molto forte, ma Mila mi ha impedito di farmi beccare dal boss con le mani sui tasti.
Dai, almeno tu che hai a che fare con carta e matite. Lascia perdere la tecnologia per cinque minuti!
Di colpo, mentre sto per rilassarmi pensando a quale kebabbaro mi sfamerà per pranzo, ecco spalancarsi la porta di fronte a me. Sbuca un uomo sulla quarantina. Stempiato. Spelacchiato. Appesantito. Barbuto. Occhialuto. Camicia da boscaiolo aperta su una maglietta di Superman. La pancia rotonda gonfia la “S” del supereroe.
Lui mi fa un cenno con la mano, rapido.
«Peter, vero? Accomodati.»
Annuisco, ringrazio. Lo seguo, muto, dentro l’ufficio. Che, se possibile, è ancora più fatiscente della sala d’attesa. Mi accomodo su una sedia che cigola. Il boss, che si chiama Paolo Ricci, si mette dall’altra parte di una scrivania completamente ricoperta di pile: di libri, di fumetti, di riviste, di buste gialle imbottite, di fogli bianchi, di schizzi.
Lui sospira, incrocia le dita, mi guarda attentamente.
«Allora, Peter...» e lascia sospesa la frase.
Io non so cosa fare. Apro la bocca per dire qualcosa, ma rimango paralizzato senza emettere un suono.
«Ho visto le tue cose, la tua pagina Instagram. Sei forte. Bravo. Con un buon seguito, anche.» Fortuna che parla lui.
Sarebbe il momento di dire qualcosa adesso!
«Grazie» è tutto ciò che riesco a sillabare. Non riesco a stare comodo su questa sedia. Pare una di quelle dei banchi delle elementari, avete presente?
La rivista di cui Paolo è direttore si chiama “QuattroPuntoZero”. Una roba davvero minima. Distribuita malissimo nelle fumetterie. Ma piuttosto interessante per i contenuti. Originale.
Sarebbe comunque fantastico poter essere assunto. Anche solo per iniziare a inserirsi nell’ambiente.
«Allora, Peter, ti dico subito che lo staff è al completo. Abbiamo molti collaboratori che disegnano e scrivono per noi. Peròperòperò...» Il boss ha questo modo assurdo di interrompere le frasi e lasciarmi col fiato sospeso. Per me, poi, che praticamente sto già rischiando l’infarto da un pezzo, è l’ideale.
«Però...?» oso. Il cuore me lo sento fuori dalla bocca.
Sulle pareti dell’ufficio ci sono gigantografie di fumetti famosi. Ma io le ignoro. Anche quella super figona che cavalca uno squalo a filo d’acqua.
Mi metto un indice in bocca, ma poi penso all’ammonimento di Mila poco fa e lo tolgo subito. Uff, che sbatti.
«Abbiamo aperto da poco una rubrica dedicata al cinema e alle serie tv...» Paolo mi guarda con quegli occhietti piccoli e vispi. Si gratta la barba. Tossicchia.
Annuisco.
«Ecco, l’idea sarebbe quella di fare recensioni attraverso il fumetto. Una cosa facile, leggera, divertente. Due o tre vignette per raccontare un film che ti è piaciuto o una serie.» Appoggia la sua grossa schiena al legno fragile della sedia. Scricchiolii.
Deglutisco. Sorrido. L’idea mi piace. Cioè, non so assolutamente se sarò in grado di realizzarla, ma ci si può provare. Oh, raga, la vita è dura, ma se ci adattiamo e ci rimbocchiamo le maniche...
«Piccolo neo» faccia drammatica di Paolo: «non possiamo pagare. Almeno all’inizio.»
Cazzo...
Ecco. Ci manca anche questa. Disegnare gratis. Ancora. Come se non lo stessi già facendo da – tipo – una vita.
«Neanche poco poco? Una cifretta?» sfrego indice e pollice per farmi capire. Come se ce ne fosse bisogno.
«Eh... se facessimo così con tutti saremmo già con le brache calate!» ride. C’è da ridere? «“QuattroPuntoZero” è una piccola rivista. Con un pubblico di nicchia. Di appassionati. Peròperòperò...» ancora con sta stronzata del “però” da thriller.
«Però?» chiedo ormai sconsolato.
«Non si sa mai che dopo le prime dieci recensioni non possa decidere di iniziare a sganciarti un deca. Tipo.»
Non sta parlando di un decaffeinato, Peter. Intende proprio DIECI euro!
«Okay...» mi arrendo. Oh, chissenefrega se non mi paga all’inizio. Vaffanculo Mila! Intanto le mie cose saranno pubblicate. E poi si vedrà. Disegnerei comunque gratis, anche solo per me. Quindi, tanto vale...
In cielo si è aperto uno squarcio di sole. Cammino con un sorriso superbianco stampato sulla faccia. Con un raggio di luce che mi scalda la testa. Mi sento talmente leggero mentre cammino per le vie affollate di Milano che ho la sensazione di potermi staccare da terra e volare. Già. Sono strafelice. Come se avessi appena vinto alla lotteria. Disegnerò per “QuattroPuntoZero”! Ehi, ragazzi, avete capito? Pubblicherò finalmente i miei cazzo di fumetti!
Ho la mente piena di immagini. Le dita mi pizzicano. Non vedo l’ora di prendere la mia matita e il mio blocco. Non prima però di essermi ingurgitato almeno un paio di succosi kebab!