30

Il colonnello Ari Ben David si trovava davanti a Maceo Encarnación, e tutto il risentimento e la frustrazione accumulati da quando aveva conosciuto l’imprenditore messicano esplosero di colpo. Odiava avere a che fare con gli intermediari, ma detestava ancora di più trattare con i cinesi, e in particolare con il ministro Ouyang. Non aveva avuto scelta, era stato costretto ad accettare le loro condizioni, e lo aveva detto a Encarnación al loro terzo incontro.

L’idea era venuta al messicano. Questo avrebbe dovuto ammorbidire Ben David nei suoi confronti, ma non era andata così, anzi, la soluzione proposta era così ingegnosa, così perfetta che Ben David era solo invidioso per non averci pensato per primo.

Il colonnello Ben David era sempre stato un uomo spietato; fin dalla nascita, era paranoico e perseguitato sia per la sua nazionalità sia per la sua religione, ed era incapace di provare qualsiasi emozione positiva. Era infuriato perché il ministro Ouyang era in possesso di prove nei suoi confronti che, se fossero cadute nelle mani di Dani Amit o del direttore, avrebbero decretato non solo la fine della sua carriera nel Mossad, ma anche il suo incarceramento a vita. Lui e Ilan Halevy avevano collaborato per portare a termine esecuzioni che esulavano dal perimetro delle operazioni autorizzate dal Mossad. Avevano accumulato decine di migliaia di dollari grazie a quegli omicidi su commissione, che Ben David pianificava e il Babilonese eseguiva. Avevano commesso un solo errore: non avevano distrutto un documento che si riferiva al loro primo colpo. Ben David non sapeva come il ministro Ouyang ne fosse entrato in possesso, ma adesso se ne serviva per costringerlo a fornirgli la formula modificata del SILEX che gli scienziati israeliani avevano perfezionato e che avrebbe permesso ai cinesi di accedere rapidamente al mercato dei combustibili nucleari.

Ben David guardava Maceo Encarnación e il colonnello Han Cong, comandante di una squadra di sei soldati che Ouyang aveva inviato in sua rappresentanza.

«Allora, colonnello?»

«La jeep del nemico è stata distrutta» rispose Han.

Encarnación si rivolse al cinese. «E per quanto riguarda Bourne e l’autista?»

«La loro morte non è stata ancora confermata.»

«Com’è possibile?»

Il colonnello Han si schiarì la gola. «Non ho ancora ricevuto notizie dai miei uomini.»

Di colpo Ben David non era più interessato a lui. Si voltò verso Encarnación. «Significa che sono morti e che Bourne sta venendo qui.»

«Mi scusi, come fa a esserne sicuro?» chiese Han.

Ben David si aspettava quella domanda. «Colonnello Han, conosco Bourne.»

Han era perplesso. «Ma tre soldati, ben addestrati e armati fino ai denti…»

«So di cosa è capace quell’uomo.» Ben David si toccò la cicatrice bluastra sul viso. «Lo so molto bene.»

Han si strinse nelle spalle. «Allora è meglio completare la nostra transazione il prima possibile.» Fece un cenno a Maceo Encarnación, che appoggiò una valigia rigida sul tavolo. Aprì il lucchetto a impronta digitale, sollevò il coperchio e mostrò ai presenti i trenta milioni di dollari.

«Ci sono tutti, ha la parola del ministro Ouyang.» Han allungò la mano. «E adesso la formula.»

Ben David infilò la mano nella tasca della divisa e tirò fuori una chiavetta USB, che appoggiò sul palmo del cinese. «È tutto qui dentro, ha la mia parola.»

L’agente del Mossad esitò quando vide la divisa cinese, e questo diede a Bourne il tempo di reagire.

Lasciò cadere il lanciarazzi, afferrò l’agente per il bavero e lo scagliò a terra, sollevando spruzzi di neve. L’uomo rotolò sulla schiena e fece fuoco con il Tavor, mancando per poco la testa di Bourne; le pallottole gli sfioravano le guance, mentre si avvicinava all’agente per centrarlo al petto con il calcio del QBZ. L’altro però riuscì a deviare il colpo con il suo Tavor, poi sferrò a Bourne una pedata nel fianco sinistro, facendogli perdere l’equilibrio.

Balzò in piedi, si avvicinò a Bourne e lo colpì al collo con il fucile, mandandolo a sbattere contro la fiancata del veicolo, quindi gli premette l’arma alla gola, con una forza tale da togliergli il respiro.

Era così concentrato sul tentativo di uccidere Bourne che non si accorse del piede che agganciava il suo; Bourne gli fece perdere l’equilibrio, ma l’agente cercò di sparargli al petto mentre cadeva. Riuscì a premere il grilletto quando era quasi a terra, però Bourne fu rapido a colpirlo al volto con il calcio del suo fucile. Il secondo colpo gli fracassò lo sterno e le costole, e probabilmente perforò un polmone, perché una schiuma rossastra affiorò dalle labbra dell’agente, seguita da un fiotto di sangue.

Il colonnello Han, senza dare segno di avere colto la frecciatina di Ben David, inserì la chiavetta nel suo portatile e lo accese.

Encarnación contrasse le labbra. «Che lei ci creda o no, il colonnello Han è un esperto di fisica e in particolare di laser.»

I due rimasero a guardare Han che apriva i file e li leggeva rapidamente.

Il cellulare di Ben David vibrò. «No, non fate niente, ma non perdetelo di vista.» Terminò la chiamata e disse agli altri: «Il nostro veicolo è stato avvistato, c’è solo un uomo a bordo».

«È Bourne?» chiese Encarnación.

«Indossa gli abiti di Dov, ma non credo sia lui.» Ben David si voltò verso il cinese. «Colonnello Han, credo sia ora che lei se ne vada.»

Han interruppe l’analisi delle equazioni, annuì e spense il portatile. Si infilò la chiavetta in tasca e il computer sotto il braccio, salutò i due con un cenno del capo e uscì in fretta dalla tenda da campo di Ben David.

Bourne con indosso gli abiti dell’agente del Mossad guidava in direzione del campo di Dahr El Ahmar. Il lanciarazzi carico si trovava nella pedaliera sotto di lui. Aveva ben chiara la mappa dell’accampamento: l’aveva visto dall’elicottero, con Rebeka.

La sua mente di solito pragmatica e calcolatrice riandò per qualche istante a lei. Ricordava il loro primo incontro, su un volo diretto a Damasco: Rebeka era la misteriosa hostess che lui voleva conoscere meglio. Solo in seguito aveva scoperto che era un’agente del Mossad. Avevano attaccato la roccaforte del terrorista Semid Abdul-Qahhar e durante l’azione Bourne si era reso conto che Rebeka era coraggiosa, abile e intelligente. Sentiva la sua mancanza in modo doloroso, come se Encarnación gli avesse dato una pugnalata nel petto. Constanza Camargo gli aveva detto che Maceo era protetto dalle antiche divinità azteche, ma non era vero: si trattava di un potere molto più terreno e sinistro. Encarnación era protetto da tutte le persone che aveva sedotto, istigato, raggirato e sottomesso.

Bourne si accorse del riflesso del sole sulle lenti di un binocolo: qualcuno lo teneva d’occhio. Poteva essere il Mossad, gli uomini di Encarnación o quello che era rimasto della guarnigione cinese.

Maceo Encarnación seguì il colonnello Han fuori dalla tenda, e lo affiancò mentre si dirigeva all’aereo che lo avrebbe riportato a Pechino, insieme a quello che restava del suo manipolo di soldati. Lì lo aspettava il ministro Ouyang, da cui avrebbe ottenuto la ricompensa per la consegna dei trenta milioni a Encarnación.

«Hai recitato bene» commentò Han con il tono condiscendente che tanto irritava Encarnación.

Maceo immaginò di avere in mano un machete e di decapitare Han con un colpo netto. «Adesso voglio quanto mi spetta» rispose.

Il colonnello Han guardava davanti a sé, come se fosse stato solo. Tirò fuori dalla tasca interna della giubba una busta spessa. La teneva in mano, e sembrava non avere alcuna intenzione di consegnarla. «Encarnación, che cosa hai fatto per meritarti questo generoso compenso?»

Il sangue gli salì alla testa, ma prima di rispondere il messicano si premette i polpastrelli sulle tempie, dove sentiva pulsare le vene. «Ho fatto da intermediario, ho presentato il ministro Ouyang al colonnello Ben David e ho supervisionato la negoziazione. Senza il mio aiuto, Ouyang non sarebbe mai arrivato a Ben David.»

«Non esserne così sicuro.» Il colonnello Han si batteva la busta sulle nocche. «Il ministro Ouyang è un uomo potente e anche pieno di risorse.» Si strinse nelle spalle: doveva eseguire un ordine, anche se non era d’accordo. Gli allungò la busta e Maceo la aprì e si mise a contare le banconote.

«I cinque milioni ci sono tutti» lo rassicurò Han con lo stesso tono che aveva usato nella tenda di Ben David.

«Ma sono veri?» Encarnación estrasse tre banconote a caso e le sottopose ad alcuni test chimici usando il contenuto di due fialette che aveva portato con sé.

«Soddisfatto?» chiese Han con un sorriso beffardo. «Sono veri, non come i trenta milioni che hai consegnato a quel sionista di Ben David. Ci ha dato la sua preziosa formula in cambio di una valigia piena di cartastraccia.»

Maceo riuscì a sorridere con aria complice. «Però il lavoro di falsificazione è stato talmente accurato che ci metterà un po’ ad accorgersene.»

«E allora sarà troppo tardi» replicò Han con aria trionfante.

Erano arrivati al velivolo, Han fece un cenno ai tre militari, che salirono a bordo.

«E gli altri soldati? Non vuole sapere se sono vivi o morti?»

«Non importa. Dovevano solo avvistare Bourne.»

«Ma fermarlo non faceva parte della missione?»

«Era solo un’appendice.» Il colonnello Han cominciò a salire la scaletta. «Ho la formula, è questo che conta davvero.»

«Non per il ministro Ouyang.»

«No, ma per il mio superiore, il generale Hwang Liqun, sì.»

Con queste parole, Han sparì all’interno della fusoliera. Un istante dopo, uno dei soldati chiuse il portellone e lo bloccò dall’interno. I motori si accesero, Maceo si allontanò in fretta, ma non abbastanza da evitare che una scia di carburante lo investisse in pieno viso. Gli lacrimavano gli occhi. Si voltò e tornò di corsa alla tenda di Ben David.

Bourne sentì il rombo dei motori e si diresse in quella direzione. Se si trattava di un aereo, allora voleva dire che l’accordo per la formula del SILEX era stato concluso e lui era arrivato troppo tardi.

Schiacciò l’acceleratore e sfrecciò attraverso la periferia dell’accampamento, sfondando una palizzata di legno e attirando l’attenzione delle guardie, che gli spararono addosso. Scorse il jet mentre si allontanava dai militari: era un aereo civile con scritte in cinese.

Mentre frugava nello zaino, pensava rapidamente alle mosse successive. Si stava avvicinando all’aereo, che aveva rullato lungo la pista improvvisata e adesso era fermo, e sembrava ansimare come un animale alla catena, impaziente di essere liberato. Sterzò bruscamente avanzando verso l’aereo. Qualcuno sparava alla sua sinistra, lui si abbassò per schivare i proiettili, che si conficcarono nella fiancata del veicolo.

Era quasi arrivato all’altezza della coda quando sentì il rombo di un motore: gli bastò una rapida occhiata per rendersi conto che si trattava di una jeep con a bordo un autista e un agente armato. L’agente puntava il Tavor TAR-21 su di lui, allora Bourne sterzò bruscamente, in modo che il lato della sua jeep sfiorasse la fusoliera dell’aereo: in questo modo l’agente non poteva sparare senza rischiare di colpire il velivolo.

In quel momento l’aereo iniziò a rullare lungo la pista. Bourne prese dallo zaino la granata che Robbinet gli aveva procurato, ma proprio allora la jeep sbatté violentemente contro la sua. Si voltò, con il braccio che oscillava, e quasi toccò l’agente, che era stato sbalzato in avanti. La jeep non si era fermata, e continuava a grattare contro la fiancata della sua vettura; Bourne sterzò a destra e poi bruscamente a sinistra, colpendola con forza. I due occupanti si irrigidirono: l’autista si attaccò al volante, mentre l’agente saltò nel veicolo di Bourne. L’altra jeep si ribaltò, mentre l’israeliano colpiva Bourne alla nuca.

L’aereo iniziò le manovre per il decollo.

Quando Maceo Encarnación rientrò nella tenda, il colonnello Ben David rideva come un matto. Tirava fuori manciate di dollari dalla valigia. «Guarda questa robaccia» esclamò.

«Bellissima robaccia, un vero capolavoro.»

«Ovviamente: l’hanno fatta i cinesi. Quegli stronzi sono degli ottimi falsari.» Fece un sorrisetto. «La formula del SILEX in cambio di trenta milioni di dollari contraffatti: Ouyang pensava di avermi fregato.»

«Ci sarebbe riuscito, se non fosse stato per me.»

Ben David annuì. «Questo è vero, ma quando avranno implementato la formula il laboratorio sarà raso al suolo. Un bello scherzetto per Ouyang!» Chinò la testa, anche se di malavoglia. «Sono in debito con lei.»

«Colonnello, lei odia essere in debito con qualcuno» commentò Encarnación in tono pungente.

«Soprattutto con lei.» Ben David era tornato serio.

«Non le è andata così male, poteva essere in debito con Ouyang.»

L’agente del Mossad era così forte che era riuscito quasi a estrarre Bourne dal posto di guida. La jeep sbandava paurosamente e l’israeliano rischiava di perdere l’equilibrio. Invece di resistere, Bourne fece leva sugli avambracci dell’uomo e con una capriola all’indietro gli passò sopra la testa. L’agente gli tirò una gomitata nel fianco, proprio mentre la vettura sbandava di nuovo. Bourne fu sbalzato fuori, una gamba e il fianco quasi strisciavano a terra.

L’agente stava per colpirlo alla testa con il calcio del fucile, ma il veicolo andò a sbattere contro la fusoliera dell’aereo. Appena il nemico lo lasciò andare, Bourne tornò al posto di guida e riprese il controllo del mezzo.

Bourne riuscì a tenere una gamba agganciata al veicolo, era in posizione quasi orizzontale. Davanti a loro c’era lo scarico del jet, proprio sopra la testa dell’agente. Il carburante li soffocava, e rendeva scarsa la visibilità. Ma Bourne sapeva che non avrebbe avuto un’altra occasione di trovarsi così vicino al velivolo. Tirò la sicura della granata, poi la scagliò via con un ampio movimento del braccio. La bomba roteò nell’aria, simile a un pallone da football, scoppiando lontano dall’aereo, senza danneggiarlo.

L’agente fu distratto dall’esplosione, e Bourne ne approfittò per saltare sul sedile posteriore. Adesso il velivolo stava decollando. Bourne imbracciò il lanciarazzi, mirò e premette il grilletto. Il missile si diresse a tutta velocità contro l’aereo.

L’agente era sconvolto, si voltò appena in tempo per vedere Bourne che balzava giù dal veicolo e rotolava sulla pista, proteggendosi la testa con le braccia. Poi il missile esplose, squarciando il fianco dell’aereo; fiamme e fumo denso si levarono verso il cielo, mentre il jet ricadeva a terra spezzato in due. La jeep si era avvicinata troppo, l’esplosione l’aveva sollevata in aria, l’agente era stato sbalzato fuori e adesso i rottami del jet stavano precipitando su di lui, schiacciandolo in un groviglio di lamiere roventi e fumanti. Il serbatoio scoppiò, inviando onde d’urto fino all’aereo in fiamme. Poi anche il velivolo esplose con un boato assordante, bruciando tutto quello che si trovava nelle immediate vicinanze.

Il colonnello Ben David fissava Encarnación. «Il pagamento?»

Encarnación sorrise. «E la formula?»

Ben David sollevò una scheda SD da 32 gigabyte. «Questa è quella vera.»

Encarnación aprì una busta e rovesciò il contenuto sul fondo della valigia, i diamanti risplendevano sotto la luce della lampada. «Trenta milioni di dollari di perfezione.»

Ben David annuì, gli passò la scheda SD e disse: «Quando la inserirà nel cellulare, vedrà tutto».

Encarnación la strinse nel pugno. «E la Core Energy dominerà il mercato del combustibile e delle armi nucleari.»

In quel momento sentirono il boato della prima esplosione. Erano quasi fuori dalla tenda quando furono investiti dall’onda d’urto delle successive due, e furono scaraventati a terra.

Uno pneumatico in fiamme fu scagliato dall’esplosione in direzione di Bourne, che riuscì a schivarlo e si rotolò nella neve fresca per evitare che i vestiti prendessero fuoco. Mentre si rialzava, tre agenti del Mossad armati stavano puntando verso di lui. Quando spararono i primi colpi, si rifugiò dietro un capannone che si trovava all’estremità della pista.

L’aereo e la jeep erano avvolti dalle fiamme e questo teneva lontani gli agenti. Bourne ne approfittò per correre a ripararsi dietro l’edificio accanto, a poche centinaia di metri, dove si trovavano gli alloggi degli scienziati che lavoravano nel laboratorio mimetizzato.

Benché fosse ben armato, Bourne non aveva alcuna intenzione di sparare sugli agenti, se non per difendersi. A lui interessava il loro capo, e ovviamente Maceo Encarnación. Preferiva tenersi nascosto e lontano da loro, mentre inseguiva la sua preda.

Non appena fu entrato nell’edificio, la porta si richiuse con violenza, una delle finestre andò in frantumi e una lingua di fuoco incendiò le coperte di uno dei letti. L’odore pungente del fuoco chimico riempì il locale: qualcuno aveva usato un lanciafiamme.

L’incendio si propagò molto rapidamente; Bourne si girò per andarsene, ma la porta era stata chiusa dall’esterno. Provò a uscire dalla finestra, ma le fiamme divampavano così violente che non riuscì nemmeno ad avvicinarsi. Afferrò un cuscino, lo squarciò, se lo premette sul naso e sulla bocca e poi si stese a terra, dove l’aria era meno surriscaldata. Il fumo acre oscurava il soffitto basso, come nuvole temporalesche.

Sentì un rumore diverso dal crepitio del legno che bruciava e vide un uomo che entrava dalla finestra rotta. Era vestito con una tuta ignifuga e aveva un respiratore. Teneva in mano un lanciafiamme, e guardava a destra e a sinistra. Da sotto il letto Bourne lo riconobbe, nonostante la maschera: era il colonnello Ben David.

Bourne aveva visto il principio dell’incendio, sapeva che il lanciafiamme era alimentato con un liquido, probabilmente napalm, innescato da propano. Quando Ben David si voltò, Bourne vide i due serbatoi sulla sua schiena. Il napalm si trovava in quello appoggiato alle spalle, mentre il serbatoio del propano era subito sotto, invisibile per chi si trovava di fronte al colonnello. Bourne puntò il fucile: sarebbe bastato un solo proiettile nel serbatoio del propano per arrostire l’avversario, ma in quello spazio chiuso sarebbe andato a fuoco anche lui.

Cercando di non tradirsi con un colpo di tosse, vedeva Ben David perlustrare lo spazio, cercando metodicamente sotto i letti. Non appena si allontanò dalla finestra rotta, Bourne uscì dal suo nascondiglio e attraversò di corsa, la stanza piena di fumo e cenere. Mentre si lanciava fuori dalla finestra, Ben David si voltò e puntò il lanciafiamme. La lingua di fuoco colpì la parete, poi uscì dalla finestra e riuscì a incendiare la giacca di Bourne.

Sentendo il calore alla schiena, Bourne si gettò a terra, in un punto in cui la neve era più alta, e si rotolò per spegnere le fiamme, tenendo sotto tiro Ben David con il fucile d’assalto.

«Sei in trappola!» esclamò Ben David togliendosi il cappuccio della tuta, indifferente al fuoco dietro di lui. «Sei sempre tra i piedi, Bourne. Che cosa hai combinato con Rebeka?»

«Io e Rebeka eravamo una bella squadra. Ho cercato di salvarla.»

«Cosa stai dicendo?»

«È stata uccisa, pugnalata a morte nella villa di Maceo Encarnación, a Città del Messico.»

Ben David lo guardò con aria minacciosa. «Maledetto! Non avresti mai dovuto portarla laggiù!»

«Pensi che sia morta per causa mia? Aveva la sua missione da compiere, che coincideva con la mia. E poi, tu hai mandato il Babilonese ad ammazzarla perché si era avvicinata troppo alla tua piccola operazione.»

«E tu cosa ne sai?»

«Non vorrai farmi credere che provi qualcosa per lei?»

«Ti ho chiesto…»

«So tutto, anche del denaro contraffatto dai cinesi.»

Ben David si sporse in avanti. «Ma non sai come si chiama.»

«Chi? Il ministro Ouyang?»

Ben David lo fissava. «Perché quel tizio ti odia così tanto?»

Bourne sostenne il suo sguardo.

«Bourne, non riuscirai a mandare all’aria la mia operazione.»

Quando Ben David fece per premere il dito sul grilletto, Bourne gli chiese: «Non vuoi sapere chi è stato a uccidere Rebeka?».

«Non me ne frega niente, ormai è morta.»

«È stato Nicodemo, il figlio di Maceo Encarnación.»

Il colonnello restò paralizzato dallo stupore. «Che cosa?»

«Non sapevi che Nicodemo era il figlio del tuo socio, vero?»

Ben David non rispose, ma si passò la lingua sulle labbra asciutte.

«Significa che è stato Encarnación a dare l’ordine di ucciderla. Piacerebbe anche a me avere un socio come lui, ma te lo puoi tenere, è tutto tuo!» continuò Bourne ridendo.

«Ben David, si sta prendendo gioco di lei.»

Entrambi si voltarono: era Encarnación.

«Perché non l’ha ancora ucciso?» Encarnación teneva una pistola in una mano e nell’altra un machete dalla lama affilata.

Ben David si voltò a guardare Encarnación. «Perché ha fatto uccidere Rebeka?»

«Cosa? Io non devo spiegazioni a nessuno!»

Ben David scosse la testa. «Poteva scegliere. Avrebbe potuto farla catturare e…»

«Ma è impazzito? Era troppo pericolosa, e poi dovevamo pensare a Bourne.»

«… ma invece ha ordinato a suo figlio di ucciderla.»

Maceo Encarnación era sorpreso. «Io non ho figli.»

«Nicodemo è suo figlio.»

«Chi gliel’ha detto?» sbraitò Maceo.

Ben David indicò Bourne con un cenno del capo.

«E lei crede alle sue parole?»

«Sono troppo convincenti per essere false.»

Maceo Encarnación sputò per terra. «Non ha sentito quello che le ho detto? Forse ha respirato troppo fumo. Rebeka è morta e anche Nicodemo. Il passato è sepolto, dobbiamo concentrarci sul futuro. Ormai solo Bourne può impedirci di…»

Ben David puntò la canna del lanciafiamme su Encarnación e premette il grilletto. Sparò un getto di napalm che però mancò il messicano. Bourne con un calcio mandò Ben David dritto tra le fiamme che uscivano dall’edificio.

Senza voltarsi indietro, Maceo si mise a correre verso il retro della struttura. Bourne si lanciò all’inseguimento. Giunto all’angolo dell’edificio, un proiettile lo costrinse ad abbassarsi. Poi, lasciandosi guidare dal rumore dei passi sulla neve, svoltò l’angolo sparando.

Encarnación era scomparso, Bourne seguì le sue impronte sul terreno. I tre agenti del Mossad che gli avevano sparato adesso stavano cercando di contenere l’incendio, che si era pericolosamente avvicinato alle reti che mimetizzavano il laboratorio.

Bourne vide che le impronte si dirigevano proprio verso il laboratorio. Si muoveva con cautela in quello spazio aperto. Era arrivato a metà strada quando scorse uno degli agenti rispondere al telefono satellitare; si abbassò e cercò di rendersi invisibile. L’agente era coperto di fuliggine, aveva i vestiti bruciacchiati; annuì, poi abbandonò i compagni e corse dall’altra parte del campo. Bourne aspettò che si allontanasse, poi si rialzò e seguì le orme di Maceo, che portavano all’ingresso del laboratorio. Percepì un movimento con la coda dell’occhio.

L’agente del Mossad era sbucato dall’altra parte dell’edificio in fiamme, e non era solo: con lui c’era il colonnello Ben David.

Maceo Encarnación malediceva il giorno in cui aveva accettato di prendere parte al piano di Tom Brick di comprare il SILEX dall’avido Ben David. Brick lo aveva convinto che il processo avrebbe garantito alla Core Energy il monopolio nel mercato dei combustibili nucleari che, nonostante alcune battute d’arresto, era destinato a diventare la principale fonte di energia in un futuro privo di petrolio e combustibili fossili.

Forse Brick aveva ragione, ma Encarnación non lo sapeva, e non gliene importava molto. Era stata del messicano l’idea di coinvolgere il ministro Ouyang: aveva saputo da Maricruz che i cinesi erano affamati di energia, soprattutto ora che il motore del loro progresso stava rallentando a causa dell’enorme inquinamento del Paese. I cinesi costruivano centrali nucleari a un ritmo incredibile, e la loro fame di uranio arricchito sarebbe ben presto cresciuta a dismisura. Encarnación odiava i cinesi più di ogni altra cosa al mondo. Rappresentavano tutto quello che lui disprezzava e aveva combattuto nella vita: repressione, regole, indebolimento dello spirito libero di un’intera popolazione. L’opportunità di fregarli era una tentazione irresistibile. Ma adesso, nascosto nell’ombra, davanti alla porta del laboratorio, si rese conto che il desiderio era entrato in conflitto con il suo destino.

Non avrebbe dovuto essere lì, con Jason Bourne che gli dava la caccia, ma a Città del Messico, tra le braccia di Anunciata. Ora ogni aspettativa di ricchezza e potere era stata travolta dalla necessità di salvarsi.

Si irrigidì mentre la porta del laboratorio si apriva lentamente. L’interno era stato progettato dai cinque scienziati che in quel momento erano lì al lavoro, e ciascuna parte del processo veniva perfezionata in una stanza dedicata, prima del ricongiungimento finale che avveniva nella stanza più ampia, all’altro capo della struttura. Era una zona foderata di piombo, ed erano state prese tutte le precauzioni per evitare la contaminazione radioattiva. Da quel che poteva vedere, gli scienziati erano radunati nella sala più lontana, e stavano completando gli ultimi test sul SILEX.

La porta si aprì ancora un po’. Maceo controllò la pistola, era scarica. La gettò via e sollevò il machete sulla testa, pronto a decapitare Bourne non appena avesse messo piede nell’edificio.

Un’ombra si stagliò nel vano della porta, ormai aperta, e Maceo sentì un formicolio salirgli lungo il braccio fino alle mani, che impugnavano il machete con una presa da carnefice.

Guardò il profilo dell’ombra: naso, labbra, fronte, mento, l’intera testa era ormai davanti a lui, gli si offriva come quella di un condannato a morte. Il machete tagliò l’aria, la lama lunga e ricurva scintillò per un attimo prima di abbattersi nell’oscurità e staccare di netto la testa dal tronco.

La testa rimbalzò sul pavimento, mentre il corpo girava su se stesso e il sangue zampillava dal collo a ogni battito del cuore. Per un istante, Maceo ebbe l’impressione di essere ritornato sulla costa del Messico, sentiva le onde sulla spiaggia, l’acqua e la sabbia che portavano via il sangue, mentre la testa era cullata dalla schiuma rossastra delle onde.

In un attimo tornò al presente, e concentrò lo sguardo sulla testa staccata, che non era rivolta verso di lui. La spostò con la scarpa. Ora ne fissava gli occhi vuoti. Era un volto che conosceva bene, ma non era quello di Bourne.

Emise un grido di sorpresa quando Bourne lo afferrò e lo sbatté contro la parete, così forte da fargli cadere il machete insanguinato dalle mani. Guardò Bourne e poi la testa.

«Credevo che Ben David fosse morto tra le fiamme.»

«Uno dei suoi agenti l’ha tratto in salvo, ma me ne sono sbarazzato. Volevo che la sua morte avesse un senso.»

Encarnación continuava a guardare la testa che giaceva sul pavimento. Non c’erano le onde a lavare via il sangue, a ripulire la sporcizia della morte.

«Credevo che fossi tu» replicò Maceo.

«Non ne dubito.»

Encarnación rabbrividì. «Lasciami andare. Ho la formula del SILEX, pensa a quanto potremmo diventare ricchi.»

Bourne lo fissò.

«A Parigi hai ucciso Nicodemo.» Non era nemmeno una domanda.

«E lui ha pugnalato Rebeka» ribatté Bourne. «Ha sofferto molto.»

«Mi dispiace.»

«L’ho guardata negli occhi, ho visto la sua sofferenza, la morte che si avvicinava, e non potevo fare nulla per aiutarla.»

«Per uno come te, deve essere stato terribile.»

Bourne gli diede un pugno nella pancia, Maceo si piegò in due, ma Bourne lo fece sollevare di nuovo.

Il messicano spalancò gli occhi iniettati di sangue. «Hai ucciso mio figlio.»

«Si è ucciso da solo.»

Encarnación gli sputò in faccia. «Come osi dire una cosa del genere?»

«Ho provato a combattere con lui sott’acqua, ma era addestrato troppo bene. Avrebbe ammazzato me e Don Fernando, se non l’avessi fermato.»

«Asesino!» Encarnación estrasse un pugnale a spinta che teneva nascosto sotto i vestiti. Puntò dritto al cuore di Bourne.

Bourne gli afferrò il polso e lo ruotò, spezzandolo. Con una smorfia di dolore Maceo colpì l’altro alla gola usando la mano libera. Bourne emise un ringhio animalesco, gli prese la testa tra le mani e la girò con decisione rompendogli l’osso del collo. Quando mollò la presa, la testa del messicano era inclinata in una posizione innaturale, come se implorasse di essere staccata dal resto del corpo.