1. Io, Albert Einstein
Sono sicuro che il mio nome lo conoscete già.
Tutti nel vostro tempo sanno chi è Albert Einstein. Spesso mi sento definire “il più grande scienziato della storia”. Vi assicuro che la cosa mi imbarazza un po’. Credo di non possedere talenti particolari, sono solo appassionatamente curioso. Sono saggio nel senso che cerco di esserlo. Ricchezza e successo non sono mai state mete importanti per me.
Gli affetti, la bellezza, la verità mi hanno invece illuminato la vita, e mi hanno dato coraggio e allegria.
Non ho poteri sovrumani e se piove non posso far smettere di piovere. L’ho detto anche al mio gatto.
Sono nato a Ulm, in Germania, il 14 marzo 1879, in casa di mamma Pauline e di papà Hermann.
Sono arrivato due anni prima di Maja, la mia sorellina.
Mamma è un donnone che porta il busto con le stecche di balena e papà ha due bei baffoni a manubrio.
Sono nato nello stesso anno della prima lampadina elettrica a filamento incandescente.
Thomas Alva Edison, negli Stati Uniti, è riuscito a tenerla accesa per ben 13 ore e mezzo. Un record e una rarità, perché le case sono illuminate - e male - solo con lampade a gas o lumi a petrolio puzzolenti.
Crescerò insieme al diffondersi dell’illuminazione elettrica, fattore tutt’altro che trascurabile nella prima parte della mia vita. Papà, infatti, è comproprietario con mio zio Jakob di un’azienda elettrica che fornisce elettricità alla vicina città di Schwabing. E zio Jakob ha ideato un nuovo modello di dinamo.
In casa li sento parlare spesso di fisica, di congegni e di elettricità. Sono temi di moda, come nel 2000 lo saranno i computer e l’informatica.
Papà vuole fare di me un ingegnere elettrotecnico. E, in effetti, fin da piccolo mi interesso di fisica, geometria e matematica. Ma quando, nel 1895, tenterò l’esame di ammissione al Politecnico di Zurigo - io, Albert Einstein - non verrò ammesso.
Gli orologi meccanici, antenati dei nostri orologi da polso, sono un’invenzione abbastanza recente nella lunga storia dell’umanità.
I primi si chiamavano “svegliatori monastici” perché si diffusero nei conventi del Medioevo. Erano congegni dotati di un campanellino che al mattino dava la sveglia al monaco incaricato di suonare le campane. Ma alcuni “svegliatori” erano di modi più spicci: muovevano dei recipienti che al momento opportuno versavano sul malcapitato dell’acqua gelata.
Gli orologi meccanici si sono evoluti nel corso dei secoli per raggiungere sempre maggior precisione.
Ma per misurare il tempo nello spazio c’è bisogno di orologi ancora più precisi. Oggi gli astronomi utilizzano gli orologi atomici.