PROLOGO


PREDATORI DI TOMBE

 

L'uomo stava fuggendo a rotta di collo giù per il ripido pendio del monte, in mezzo alla giungla, gli stivali che scivolavano sul terreno ricoperto di foglie bagnate e viscido fango. Lo strettissimo groviglio formato dai rami e dai rovi lo ostacolava, cercando di ghermirlo, ma lui si faceva strada strappandoli via.

Non devo fermarmi...

Quando s'imbattè in un brusco tornante, dovette lottare per non cadere a capofitto oltre la corona di rocce che delimitava il sentiero. Agitò un braccio per mantenere l'equilibrio, mentre imboccava la curva slittando nel fango. Con l'altra mano afferrò il pacchetto avvolto nella carta che si teneva stretto al petto. Soltanto per un soffio non era caduto, e nonostante tutto lui riprese a correre ancora più veloce. Si lanciò un'occhiata alle spalle.

Sulla vetta del monte divampava ancora il fuoco.

Montaña de Huesos: così i nativi chiamavano quel posto.

La Montagna delle Ossa.

Era un luogo maledetto, che tutti preferivano evitare. La sua cima spiccava dal cupo verde smeraldo della giungla dello Yucatán, nel Sud del Messico.

Chiunque osasse avvicinarsi doveva affrontare la sfida lanciata da burroni e paludi, senza contare poi le zanzare e gli altri insetti voraci che tormentavano qualunque cosa si muovesse. Il monte era avviluppato in una crosta fitta e impenetrabile di foreste e rampicanti, che nascondevano il suo cuore più autentico dagli sguardi indiscreti. La vetta torreggiava su di un lago, nel quale i coccodrilli galleggiavano simili a tronchi spezzati. Dalla sua volta di fronde, scimmie grigie dal muso candido guardavano verso il basso con gli occhi sbarrati, stranamente silenziose, come minuscoli fantasmi di uomini appartenenti a un'altra era. Da qualche altra parte, sagome indistinte di giaguari si aggiravano furtive per le sue radure più nascoste. Quando pioveva, e ciò accadeva spesso, lungo le pendici del monte colavano copiose cascate e cataratte, simili ad argento fuso.

Uno spettacolo da non perdere.

Ma che si concedeva a ben pochi.

Pochissime erano infatti le persone che avevano potuto posare lo sguardo su quel monte gigantesco, e ancora meno erano quelle che ne avevano risalito le pendici. E soltanto una ne conosceva il segreto.

L'uomo che aveva scoperto la verità.

La Montagna delle Ossa... non era una montagna.

Tenendo stretto il suo carico, l'uomo correva lungo il buio sentiero che attraversava la giungla. Scimmie spettrali abbaiavano una dolce nenia che accompagnava il suo incedere zoppicante, come per incitarlo ad andare più veloce.

Dalla coscia gli spuntava il mozzicone di una freccia rotta. A ogni nuovo passo un dolore lancinante gli trapassava la gamba, ma doveva andare avanti. I suoi inseguitori lo stavano circondando, ed erano sempre più vicini.

Si chiamava Henry Bethel, professore di archeologia alla Oxford University.

Insieme coi colleghi a lui più vicini, Penelope e Richard Ransom, aveva trascorso gli ultimi tre mesi della stagione delle piogge a compiere scavi sulla cima della Montagna delle Ossa. Avevano scoperto una quantità davvero formidabile di manufatti antichi: una maschera d'argento raffigurante un giaguaro, una corona di giada e opale, piccole sculture d'onice e malachite, un monile circolare formato da un serpente d'oro a due teste e molti altri oggetti d'inestimabile valore, risalenti al periodo classico della civiltà maya.

Avevano trovato tutte quelle cose in una tomba scavata nella pietra sulla cima della montagna. Anche ora, mentre proseguiva nella sua fuga disperata, Henry si ricordava della prima volta in cui Penelope Ransom si era fatta calare nella tomba con una fune e, con la luce della torcia, aveva illuminato la cripta e i giganteschi sarcofagi che vi erano contenuti. In cima al coperchio della bara in pietra calcarea si trovava il più magnifico dei manufatti: una piramide d'oro alta sessanta centimetri, sormontata da una scultura di giada che raffigurava un serpente arrotolato, con le ali spalancate, come un drago.

Era una creatura leggendaria.

Kukulkàn, il serpente piumato sacro al popolo maya.

Quella tomba rappresentava la scoperta della loro vita. E la voce si era sparsa rapidamente.

Attirati dalle dicerie su oro e tesori, i banditi li avevano attaccati un paio d'ore prima, subito dopo il tramonto. Al riparo delle ombre del crepuscolo, il campo archeologico era stato rapidamente ridotto all'impotenza a suon di fucili, machete e minacce. Non appena aveva avuto inizio l'aggressione, Henry si era precipitato nella tenda dei Ransom, ma l'aveva trovata vuota. Non aveva idea di cosa fosse successo a Penelope e a Richard.

Non ancora.

Tutto ciò che sapeva era che doveva portare il pacchetto al sicuro.

I Ransom gli avevano lasciato precise istruzioni.

Azzardò ancora un'occhiata verso l'alto. I bagliori dell'accampamento in fiamme non si vedevano più. Gli aggressori avevano appiccato il fuoco a tutto il sito, facendo anche esplodere il serbatoio di benzina che alimentava il generatore.

Dalla vetta riecheggiò un colpo di fucile.

Con un sussulto, Henry fece un passo indietro, il tacco dello stivale sinistro slittò sul fango e lui perse l'equilibrio.

Cadde pesantemente di schiena e iniziò a scivolare lungo la ripida discesa.

Provò a puntellarsi coi gomiti, ma il fondo melmoso era troppo sdrucciolevole, per via di tutta la pioggia caduta nel corso della giornata. Le foglie di palma bagnate gli schiaffeggiavano il volto, e sulla colonna vertebrale sentiva i colpi delle rocce mezze sepolte dal fango. Il ramo di un cespuglio spinoso gli sfregiò la guancia, aprendogli uno sbrago rosso come la fiamma.

E, nonostante tutto, lui continuava a tenersi l'involto ben stretto al petto.

Il pendio del monte terminò di colpo, e Henry volò oltre il bordo. Si ritrovò sospeso per aria con un piccolo grido di sorpresa. Piombò a piedi uniti in un piccolo specchio d'acqua torbida che si trovava alle pendici del monte. Era poco profondo, non gli arrivava oltre la vita. Gli stivali andarono a sbattere contro il fondo sabbioso dello stagno e i denti gli si chiusero con uno schiocco rumoroso. E, nonostante tutto, il pacchetto era ancora fra le sue mani.

Ancora pochi passi...

Il lago e la barca si trovavano a non più di un chilometro di distanza.

Prese un profondo respiro e arrancò per tirarsi fuori di quello stagno... ma le gambe si rifiutarono di obbedirgli. Gli stivali erano intrappolati nella melma, affondati fino alle caviglie. Provò a tirarli fuori, ma il fango li stringeva in una morsa che non lasciava scampo. I suoi sforzi non facevano che risucchiargli le gambe ancora più a fondo. Sentì la melma e la sabbia che gli salivano oltre il polpaccio, fino a raggiungere le ginocchia.

No...

Il livello dell'acqua raggiunse rapidamente il petto. Il gelo dello stagno si stava insinuando fin nelle ossa. Sapeva bene in quale insidia fosse caduto.

Sabbie mobili.

Sollevò il pacchetto sopra la testa. Che cosa poteva fare?

Aveva gli occhi annebbiati da un velo di lacrime di frustrazione e paura. In quel momento, la sua parte razionale gli venne meno, lasciando il posto al terrore più totale.

Henry alzò lo sguardo al monte maledetto.

Montaña de Huesos.

La Montagna delle Ossa.

Anche le sue ossa sarebbero andate ad aggiungersi a tutte le altre.

Aveva deluso i Ransom.

Spariti Penelope e Richard, nessun altro avrebbe mai conosciuto la verità. Osservò la luna che risaliva lungo il netto crinale della montagna. Quella vista lo fece rabbrividire, e perfino un movimento così insignificante contribuì ad accelerare le sabbie mobili. Il fango gli era arrivato alla vita, l'acqua al collo.

Il segreto sarebbe morto con lui.

Ormai consapevole di quale sarebbe stato il suo destino, sporse la testa cercando di tenere lo sguardo fisso sulla montagna.

Una montagna che non era una montagna.

La verità sembrava talmente ovvia adesso. Le linee brusche, i pendii scoscesi, la cima arrotondata. Anche se aveva tutto l'aspetto di un monte naturale, lui sapeva che il passare dei secoli aveva seppellito il suo vero cuore sotto strati e strati di fango, foglie, rampicanti e radici serpeggianti.

Con gli occhi della mente, Henry cominciò a sbucciare e a strappar via garbugli e accumuli, fino a riportare alla luce quel cuore nascosto. Si figurò le quattro facce, i nove giganteschi gradini, la cima piatta che si ergeva guardando il sole nascente.

Una piramide maya.

L'antica struttura giaceva sepolta sotto la montagna fasulla.

Ma non era quello il segreto più clamoroso.

Nemmeno lontanamente.

Henry infilò il dito sotto lo spago che avvolgeva strettamente il pacchetto. Inviò una silenziosa richiesta di perdono e una preghiera a Richard e Penelope Ransom.

Quando il livello dell'acqua ebbe raggiunto la bocca, sentì il gusto dell'acqua sabbiosa. Tossì. La vista gli si sfocò. Delle luci gli danzavano davanti agli occhi.

No, non erano luci...

A dispetto del panico, la visione gli ritornò lucida.

Alcune torce si stavano avvicinando attraverso la palude acquitrinosa. Fiamme guizzanti. Il buio si schiuse, mostrando una dozzina di guerrieri. Erano mezzi nudi, coperti soltanto da perizomi. Alcuni di loro si fecero avanti con gli archi in posizione, le frecce di selce puntate contro di lui. Altri portavano i fucili in spalla.

I cacciatori avevano trovato la loro preda.

Dal centro dell'assembramento, si fece strada una sagoma più imponente. Il capo dei banditi. Ma Henry sapeva bene che quelli non erano banditi più di quanto la Montana de Huesos fosse realmente una montagna.

Anche gli aggressori nascondevano un sinistro segreto.

Henry sentì riecheggiare in lontananza un familiare rumore di eliche. Gli elicotteri si stavano dirigendo rapidamente verso l'accampamento in fiamme. Elicotteri militari.

Prima di fuggire, Henry era riuscito a inviare un SOS via radio.

Se solo fossero arrivati prima...

L'alta figura del capo dei banditi si avvicinò a lunghi passi e s'inginocchiò.

Henry cercò di vederlo in faccia, ma sembrava che la luce della torcia volesse sfuggire la sua forma. Vestito con un lungo soprabito e con un cappello dalla tesa piegata verso il basso, aveva più l'aspetto di un'ombra che di un uomo in carne e ossa.

Allungò verso di lui una pertica di legno, con in fondo un insidioso gancio di acciaio. Henry sapeva bene che l'uomo non glielo stava porgendo per aiutarlo a tirarsi fuori delle sabbie mobili. Era il pacchetto, quello che gli interessava.

Cercò di buttarlo sott'acqua, ma i suoi movimenti erano troppo lenti. Con un affondo della pertica, l'uomo glielo strappò di mano.

Henry lottò per riprenderlo, ma ormai era troppo in alto per poterlo raggiungere.

Il capo della banda si rialzò. Grazie a un'abile mossa, il pacchetto fece una giravolta in aria per andare poi a finirgli sul palmo della mano. Per un fugace attimo, Henry riuscì a cogliere l'immagine delle sue dita ossute che terminavano con delle unghie affilate.

Quasi degli artigli.

Poi l'uomo buttò via la pertica e fece per andarsene. « Grazie, dottor Bethel. Vi siete dimostrato un uomo davvero pieno di risorse », disse in un roco sussurro, con un accento bizzarro.

Henry cercò di tirare il collo più indietro che potè. Le labbra sfioravano il pelo dell'acqua. Sputò per liberarsi la bocca. « Non l'avrete mai! » Alle sue parole soffocate seguì un'amara risata di soddisfazione.

Voltandosi con un movimento veloce, il capo tornò su di lui. Da sotto il cappello, gli occhi sembravano ombre che brillavano sul manto di tenebre che le avvolgeva, sinistre, innaturali.

Mentre Henry sprofondava sotto la superficie dello stagno, quegli strani occhi si fissarono su di lui. Sotto quello sguardo carico di domande, l'acqua sembrò diventare ancora più gelida.

Mentre lo stagno si richiudeva sulla testa di Henry, sommergendolo completamente, lui rispose in silenzio ai cupi sospetti del capo. Sei arrivato troppo tardi.

Sentì l'urlo dell'uomo. Se lo immaginò mentre strappava l'involto del pacchetto che lui aveva cercato di proteggere tanto coraggiosamente. Sapeva ciò che aveva trovato: nient'altro che foglie di palma secche, ripiegate in un unico fascio.

Mentre affondava nell'acqua, Henry sentì l'urlo di rabbia del sinistro capobanda: aveva finalmente capito che niente è ciò che sembra sulla Montagna delle Ossa.

Non i banditi, non la montagna... e neppure il pacchetto legato con lo spago.

Tutto finto.

Lo scopo della fuga di Henry era aprire una falsa pista, in modo da distrarre i cacciatori dal vero sentiero. Mentre calavano le tenebre, e Henry sprofondava nell'ultimo ed eterno abbraccio della giungla, sulle sue labbra si formò un sorriso.

Il segreto era salvo, diretto verso la destinazione alla quale apparteneva.

Per rimanere nascosto, finché non ci fosse stato bisogno di lui.

Nessuno fece caso al ragazzetto maya che saliva i due gradini davanti all'ufficio postale di Belize City. Aveva in mano un pacchetto legato con dello spago. Alle sue spalle, si vedeva il luccichio dell'oceano. Un mese intero, c'era voluto, perché il ragazzo e suo nonno riuscissero a raggiungere la costa. Avevano dovuto muoversi con cautela, facendo molta attenzione.

Il nonno conosceva tutti i vecchi sentieri, le vie segrete della loro antica gente. Durante il lungo viaggio aveva insegnato molte cose al ragazzo: come lenire un mal di denti masticando la linfa dell'albero di chicle, come accendere il fuoco con un'esca e un pezzo di selce, come camminare nella giungla senza farsi sentire.

Ma la lezione più importante non poteva essere espressa a parole. L'obbligo di onorare una promessa.

Il ragazzo sollevò il pacchetto verso la buca delle lettere.

Gli sarebbe piaciuto dare un'occhiata al suo contenuto, ma c'era una promessa. Così, si limitò invece a fissare l'indirizzo scritto sull'involucro di carta marrone.

North Hampshire, Connecticut Immaginò il lungo viaggio che quel pacchetto avrebbe dovuto fare. Avrebbe tanto voluto seguirlo anche lui. Volar via, verso qualche Paese esotico.

Il ragazzo fece scorrere un dito sulla prima riga: Mr Jacob Bartholomew Ransom Quanti nomi, per una sola persona. Scuotendo la testa, il ragazzo infilò nella buca delle lettere il pacchetto, che cadde sul fondo con un tonfo.

Mantenuta la promessa, il ragazzo si girò. « Mr Jacob Bartholomew Ransom », sussurrò scendendo i gradini dell'ufficio postale.

Con tutti quei nomi, di certo doveva essere qualcuno di molto importante.

Magari un qualche principe lontano.

Eppure, una domanda lo assillava... e per molti anni avrebbe continuato ad assillarlo.

Chi era esattamente Mr Jacob Bartholomew Ransom?