Capitolo 26
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IL LUNGO COMPITO
Gli spruzzi infradiciarono Jake fino al midollo.
Bach'uuk li guidò oltre la cascata, facendoli passare attraverso una stretta cengia di roccia. I ragazzi si presero per mano, formando una catena. Un solo passo falso, e tutti quanti sarebbero precipitati sulle rocce appuntite sotto di loro.
Ma non era quello l'unico pericolo.
Anche se le cateratte dominavano tutto col loro fragore, al di là di esse c'era la giungla, coi suoi suoni rochi, i ruggiti, le grida, i sibili, i ronzii e gli stridi.
Alla fine riuscirono a raggiungere il limite della cascata, e la cengia si allargò sotto i loro piedi. Pindoro si scrollò i capelli come un cane bagnato. Tutti si fermarono qualche istante a riprendere fiato.
La luna piena era alta nel cielo; mezzanotte era ormai vicina. Gli aromi dei fiori notturni e del terriccio scuro e limaccioso si mescolavano con l'odore dolciastro di decomposizione che emanava l'antica foresta. Era un mondo primordiale, dove per la prima volta la natura si misurava coi semi e le foglie, coi denti e gli artigli, con le radici e i rampicanti. Era la lotta per il formarsi di una nuova vita.
Jake guardava nel vuoto con gli occhi sbarrati, ancora sbigottito per ciò che il tempio gli aveva fatto scoprire.
Adesso ce l'aveva, un nome per quel mondo.
Pangea.
E, a questo punto, capiva anche perché la tribù di Neandertal avesse scelto di vivere da quella parte del crinale.
Lì albergava una grandiosa bellezza, un universo completamente selvaggio e meraviglioso.
Bach'uuk continuava a farli avanzare verso una gola; in alto, sulle pareti ripidissime, si aprivano delle caverne, come finestre sulla facciata di un grattacielo. Alcune delle aperture erano buie, mentre altre risplendevano illuminate da fuochi... fuochi veri, non cristalli luminosi: lingue di fiamme che danzavano scintillando.
Jake fece un conteggio mentale. Il numero delle caverne superava di gran lunga il centinaio; forse ce n'erano addirittura duecento. Questo non era un minuscolo villaggetto di ur, ma assomigliava piuttosto a una prospera metropoli.
« Non avrei mai immaginato... » disse Marika.
« È enorme! » esclamò Pindoro.
Jake sentì una nota di speranza nella voce di Pindoro. Se si poteva convincere la tribù ad accorrere in difesa della città, forse c'era una possibilità di riuscire a respingere le forze del re Teschio.
Bach'uuk finse di non udire le loro parole, o lo stupore che si celava dietro di esse. Ma, mentre continuava a camminare, sembrava che la sua statura fosse aumentata di qualche centimetro.
I vari livelli su cui erano disposte le abitazioni erano collegati fra loro da rudimentali scale a pioli, mentre tralci di rampicanti si rincorrevano tra un piano e l'altro, reggendo cesti, secchi e ganci. Era come una città capovolta, dove il traffico scorreva dall'alto verso il basso. Era evidente che il popolo di Neandertal nutriva un grande timore per i pericoli della giungla. Le caverne più basse si aprivano infatti molto lontano da terra, e si vedevano sporgere file di tronchi d'alberi appuntiti come spini.
Dalla prima caverna sbucò un'alta figura irsuta, vestita con abiti di pelle cucita, che si rivolse a Bach'uuk parlando la lingua ur. L'espressione sul suo viso non era molto cordiale.
Bach'uuk indicò il loro gruppetto e gli rispose. Seguì una breve discussione, ma alla fine l'uomo alto fece una smorfia e rientrò.
Bach'uuk tornò verso di loro. « Kopat radunerà i nostri Anziani. Sanno dell'aggressione, ma gli ur non prendono decisioni affrettate. » « Ma che cosa c'è da decidere? Una volta terminato il lavoro con Calipso, il re Teschio porterà la guerra fin qui nelle vostre caverne », fece Pindoro.
Bach'uuk si strinse nelle spalle.
Dal momento che non avevano altra scelta se non aspettare, la mente di Jake mise da parte tutti i misteri della giornata per rivolgersi invece a una preoccupazione più immediata. Kady. Non aveva idea di dove fosse, né di cosa stesse facendo. Cominciò a evocare orribili scenari, al punto che i timori per lei gli accelerarono il ritmo della respirazione.
Ma, prima che il panico riuscisse a prendere il sopravvento su di lui, l'uomo alto tornò da loro. Questa volta parlò in tuttomondo. « Venite. Gli Anziani vi ascolteranno. » La sua espressione non era più amichevole di prima, ma si girò e li condusse dentro.
Bach'uuk sollevò un braccio e bloccò Pindoro che stava per oltrepassare la soglia. « Come straniero, non puoi portare un'arma alla presenza degli Anziani. » E allungò una mano per prendere la spada del grakyl.
Le spalle di Pindoro crollarono, ma il ragazzo gliela passò.
Stringendo l'arnia, Bach'uuk fece strada. Non ci volle molto perché Jake si sentisse completamente perso in quel labirinto. Lungo il percorso, vide altri membri del popolo degli ur. La maggior parte di loro si ritraeva, ma la curiosità li faceva rimanere nei paraggi.
Tutt'a un tratto, il tunnel si allargò in una caverna naturale, al cui centro si trovava un piccolo specchio d'acqua che rifletteva le fiamme di un fuocherello. Anche le pareti risplendevano dello stesso bagliore. Vi era stato dipinto un vasto paesaggio, che mostrava una giungla selvaggia dove giganteschi sauri si spostavano pesantemente, e ovunque correvano, volavano o strisciavano bestie di ogni specie. Col guizzare delle fiamme, sembrava che gli animali danzassero.
Marika camminò lungo la parete allungando il collo per vedere meglio. I suoi occhi luccicavano di meraviglia.
Da un tunnel che si apriva dietro il fuoco, tre figure emersero dall'ombra. Avevano la schiena piegata dall'artrite, e i capelli ormai bianchi. Arrancavano appoggiandosi a grossi bastoni, che erano stati decorati con cristalli luminosi e ciondoli di bronzo lucido che riflettevano la luce del fuoco, creando un effetto che sembrava far danzare ancora di più gli animali dipinti sulla parete.
Gli occhi dei tre uomini sembravano pressoché ciechi, in grado soltanto di distinguere la luce e il buio. Si lasciarono cadere pesantemente sulla roccia che si trovava vicino alle fiamme. Questi non erano soltanto degli Anziani; l'aggettivo più adeguato era Antichi.
Quello al centro parlò a Bach'uuk nella lingua degli ur, e questi chinò il capo e rispose. Tre paia di occhi si voltarono a fissare Jake. I loro sguardi gravavano su di lui, come se cercassero di penetrare dentro la sua mente.
« Perché siete venuti da noi? » chiese l'Anziano di mezzo.
Jake deglutì. « Veniamo a chiedervi di unirvi a noi nella lotta contro il re Teschio. » Le tre paia di occhi si limitavano a fissarlo, e null'altro.
« Calipso cadrà, se non riuscirà a trovare altro aiuto », insistette Jake.
« Tutte le cose hanno una fine », sussurrò l'Anziano di sinistra, con voce roca.
« Ogni vita esiste soltanto nel breve periodo segnato dal battito del cuore », aggiunse quello di destra.
L'Anziano al centro concluse quello che sembrava essere un antico proverbio: « Un cuore soltanto segna il tempo per il lungo computo ». Sollevò le mani vetuste e con le dita ossute formò un triangolo.
Doveva riferirsi alla piramide, e al cuore di cristallo che pulsava al suo centro.
L'Anziano abbassò le mani. « E il tempio soltanto sarà ancora qui, quando tutti noi saremo spariti. Così è stato detto, fin dal tempo in cui gli ur sono giunti per la prima volta in questa terra, e hanno camminato nella sua grande ombra.
Nient'altro conta. » Jake si ricordò della storia che gli aveva raccontato Marika, di come la prima delle Tribù Perdute avesse scoperto questo popolo già stabilito lì. Anche gli uomini di Neandertal erano stati strappati dalla loro terra, e dal loro tempo, ed erano stati catapultati lì. Ma questo era avvenuto quanto tempo prima che arrivassero le altre tribù?
« Quindi voi non ci aiuterete? » sbottò Pindoro, furioso.
Non ci furono esitazioni. Nessun segno di scusa. E nemmeno di rammarico. Soltanto un rapido: « No ».
« Ma voi dovete aiutarci », supplicò Marika.
« Non è nel nostro costume », rispose l'Anziano, come recitando una litania che riecheggiava le parole pronunciate da Bach'uuk poco prima. « Noi non siamo come il popolo di Calipso. Una battaglia come questa, che si consuma nel breve termine, non è qualcosa che possa coinvolgere gli ur. Noi serviamo soltanto il tempio, perché esso segna il lungo computo. » Jake lo capiva, questo discorso. Il tempio aveva protetto gli ur quand'erano giunti in questa terra, e la venerazione per esso si era profondamente radicata nella popolazione.
« Che sarà, sarà. Ma il tempio esisterà per sempre », concluse l'Anziano, con tono perentorio.
Insomma, era chiaro che la città di Calipso non poteva aspettarsi nessun aiuto dal villaggio. Gli ur non intendevano smuoversi dalla loro posizione.
Eppure, forse questo non valeva proprio per tutti gli ur.
Bach'uuk si fece avanti. « Questo non è giusto. » Gli Anziani si voltarono lentamente verso di lui, mostrando un'evidente sorpresa.
Bach'uuk continuò: « Ho visto molte cose, in quest'ultimo giorno. Carne che si trasforma in ghiaccio. Uomini che camminano avvolti nell'ombra. Mostri armati di spade » sollevò l'arma che avevano preso al grakyl reale, « e ho visto anche il cuore del tempio oscurato dal veleno ».
Nell'udire queste parole, l'Anziano che si trovava più al centro gli fece cenno di mostrargli la spada.
Gli altri sembravano assai meno colpiti. « La piramide esisterà sempre », salmodiò uno dei due, e l'altro annuì.
L'Anziano al centro si soffermò a esaminare l'arma che Bach'uuk gli aveva portato.
Dalle reazioni dei tre, Jake dubitava che il giovane ur, mettendoli in guardia sulla possibilità di una minaccia al tempio, avesse scelto le argomentazioni giuste.
I suoi occhi vennero attirati dalla spada. Quando Bach'uuk la girò verso la luce del falò, divenne visibile un simbolo impresso a fuoco nell'elsa. Prima, quando aveva passato l'arma a Pindoro, Jake era riuscito a scorgerlo di sfuggita, ma poi, con la confusione che era seguita, se ne era completamente dimenticato. Il simbolo risplendeva nel bagliore delle fiamme. E Jake, esterrefatto, lo riconobbe. Era un simbolo che conosceva bene, perché lo aveva già visto nella sua vita precedente. Era stampato in fondo al biglietto d'invito alla manifestazione del British Museum. Ed era cesellato sul fermacravatta indossato da Morgan Drummond, la loro guardia del corpo a Londra.
Jake si sforzò di capire quale potesse essere il senso di ciò che stava vedendo.
Si trattava evidentemente di un grifone, il logo aziendale della Bledsworth Sundries & Industries, Inc. Che cosa ci fa, quaggiù?
Si avvicinò di più al fuoco, per esaminare meglio il segno.
Bach'uuk notò il suo interesse, e Jake indicò l'elsa della spada.
L'Anziano strinse le palpebre. « Un simbolo di corruzione.
È un mostro composto da parti di bestie differenti. » « Ed è anche il simbolo del re Teschio », aggiunse Bach'uuk.
Jake si ricordò di quanto gli aveva raccontato Marika di re Kalverum, che aveva usato il diaspro sanguigno per contaminare gli animali, trasformandoli in creature mostruose. Bastava solo pensare al grakyl, per stimare il risultato della sua malvagia alchimia. E anche il simbolo del grifone ricordava un po' l'immagine di un grakyl.
Mentre Bach'uuk continuava a parlare a bassa voce all'Anziano, la mente di Jake era tutto un mulinare di pensieri.
Qual’era il nesso, in tutta quella storia? A ogni nuova scoperta il mistero s'infittiva sempre di più. La mano gli scivolò in tasca e si strinse intorno all'orologio di suo padre.
A ogni nuova scoperta, i fili che legavano il mondo moderno alla Pangea sembravano stringersi sempre di più.
Ma che cosa significava tutto ciò?
Jake osservò il grifone. Anche se non era in grado di provarlo, sapeva che nel mondo di Pangea stava accadendo qualcosa di più, qualcosa che doveva essere legato alla Bledsworth.
Dall'altra parte del falò, Bach'uuk si stava infervorando sempre di più, mentre perorava la sua causa parlando la lingua madre degli ur. Jake non capiva niente, ma sentì citare la parola scienza. Bach'uuk stava facendo una pantomima con la torcia, e spiegava la faccenda del suo raggio refrigerante.
Tutti e tre gli Anziani tenevano aggrottate le folte sopracciglia grigie.
E tutt'a un tratto, Bach'uuk cominciò a implorarli in tuttomondo. « Noi ur abbiamo condiviso la nostra valle, come fa una madre con un bimbo, abbiamo offerto alle altre tribù la protezione che essa ci aveva concesso. Eppure adesso ce ne rimaniamo chiusi nelle nostre case, e li lasciamo morire. Questo non è giusto. Una madre non abbandona il suo bambino. » L'Anziano al centro scosse il capo. Per la prima volta, nella sua voce si poteva distinguere una sincera nota di rammarico. « Le vite sono brevi. Non abbiate paura. La paura esiste soltanto nel breve periodo. » Jake intuì che Bach'uuk aveva bisogno di sostegno, e si fece avanti. Cercando un modo per dare sostanza all'argomentazione del suo amico, mostrò loro la sua torcia, e affermò con decisione ciò in cui lui stesso aveva iniziato a credere sempre di più: « Quest'oggetto viene da un mondo che si trova al di là di qualsiasi breve periodo. Esso ha viaggiato sin qui da un tempo lontano ». Un tempo molto, molto lontano, pensò. Per l'esattezza, duecento milioni di anni nel futuro. « E io credo che da quello stesso tempo tanto lontano una nuova minaccia per il tempio possa estendersi sin qui. » Gli Anziani fissavano la torcia, non tanto con timore quanto con curiosità. Doveva assolutamente convincerli del pericolo. Svitò il coperchio e scrollò la torcia, facendosi scivolare le batterie nel palmo della mano. « Questi oggetti racchiudono sia l'alchimia del vostro tempo, sia la scienza del mio. E, nelle mani sbagliate, questa combinazione è una minaccia per tutti. Anche per il tempio. » Buttò le batterie in mezzo al fuoco. Doveva fare in modo che gli Anziani capissero la piena portata del pericolo. Se aveva visto giusto, se davvero esisteva un legame tra il suo mondo e la Pangea, allora bisognava fare qualcosa, prima che fosse troppo tardi.
Le batterie si surriscaldarono, e Jake fece segno a tutti di stare indietro. Anche se ormai erano esaurite, potevano ancora essere pericolose. Esposte alla fiamma, potevano...
Entrambe le pile esplosero nello stesso momento, con uno scoppio più debole di quanto non avesse sperato Jake. Il risultato secondario, però, superò di gran lunga le sue aspettative. Apparentemente, nella batteria della torcia era rimasto immagazzinato un residuo dell'alchimia refrigerante del cristallo blu. Le fiamme si spensero. I tizzoni ardenti divennero neri e freddi all'istante. Ma ciò che fece ancora più effetto fu lo specchio d'acqua accanto al falò, che si ritrovò coperto da una consistente crosta di ghiaccio.
Nessuno si mosse. Tutti erano rimasti senza parole dinanzi a quello spettacolo.
Prima che qualcuno potesse prendere la parola, la loro attenzione venne attirata da un movimento all'ingresso della stanza. Un membro della tribù ur condusse dentro la sala una giovane donna che indossava un'uniforme da esploratrice romana, tutta sporca di sangue. Altri due ur portavano un secondo soldato, un uomo più anziano, con l'armatura da centurione. Aveva una gamba rotta, e la testa ciondoloni; sembrava a malapena cosciente.
L'esploratrice si accorse di Jake e degli altri. La sua unica reazione fu un guizzo di sorpresa, che la donna si affrettò a soffocare. Poi si rivolse agli Anziani. « La valle è stata sconfitta. Kalakryss appartiene all'orda dei grakyl. Il Popolo del Vento è stato scacciato dalla vallata, e l'ultimo dei cavalieri è riuscito per un soffio a scappare attraverso il Passo del Serpente. Calipso ormai è nelle mani del re Teschio. »
Dopo alcuni minuti di confusione e domande concitate, Pindoro finalmente chiese: « Che ne è di mio padre? » « Non saprei dire », rispose l'esploratrice. « La città è stata presa d'assedio dall'orda. La maggior parte degli abitanti se ne sta nascosta nelle case e nelle soffitte. Si sa poco. Ma gira voce di una richiesta. Da parte del re Teschio. » « Che genere di richiesta? » La donna lanciò un'occhiata a Jake. « Di consegnare gli stranieri. Abbiamo tempo fino al sorgere del sole, per obbedire. Si stanno già preparando ad appiccare il fuoco alla Foresta Sacra, per stanare la ragazza col fumo. Ma, se per le prime luci dell'alba non saremo in grado di consegnarli tutti e due, l'orda comincerà a massacrare gli abitanti della città. » Tutti gli occhi si voltarono verso Jake. Il ragazzo poteva leggere la domanda che affiorava dalle loro espressioni: Che cosa voleva re Kalverum da lui e da sua sorella?
Jake non si sentiva per nulla più saggio di loro, e scosse la testa, ammettendo la propria confusione.
L'esploratrice riprese a parlare: « L'Anziano Tiberio ci ha inviato a parlare con gli ur. A chiedere il loro aiuto ».
« Lo stesso motivo per cui siamo venuti qui anche noi », intervenne Pindoro.
« Ma loro non ci aiuteranno. Va contro i loro costumi », aggiunse Marika.
L'esploratrice scrutò Jake con occhi duri. « Allora forse la mia spedizione fin qui non è stata inutile. Se gli ur non ci possono aiutare, la sola speranza per Calipso sta nell'adempiere alla richiesta del re Teschio. Almeno per ora. » Marika trasse un respiro angosciato. « Che cosa? Non starete pensando di abbandonare Jake e sua sorella nelle mani di quel... » Jake le toccò il braccio, per farla tacere. Se c'era qualche speranza di evitare un massacro a Calipso, lui avrebbe dovuto consegnarsi al re Teschio.
Ma una voce roca li interruppe, decisa e irremovibile: « No ».
Jake si voltò, e vide che l'Anziano lo stava indicando.
La voce del vecchio si abbassò, fino a trasformarsi nel profondo sussurro di un monito: « Una grande tempesta sta montando attraverso il tempo. Sorge dal passato, e si diffonde fino a raggiungere gli anni futuri. E si ferma in un turbine intorno a questo ragazzo. Questo abbiamo vaticinato leggendo le stelle. Per questo avevamo dato a Bach'uuk il compito di sorvegliarlo ».
Jake sussultò, colto di sorpresa.
« Gli stranieri non devono essere gettati nelle tenebre », concluse l'Anziano.
« Ma Calipso... » disse Jake.
L'Anziano ur puntò il bastone verso lo stagno ghiacciato. « Con questo, tu hai provato chi sei veramente. Davvero sei arrivato viaggiando attraverso un tempo lontano. Come il tempio. » Col bastone batté una volta sul pavimento di pietra.
« Per proteggere gli uni e l'altra, gli ur si solleveranno contro l'ombra che è caduta sopra la valle. » « Allora combatterete? » chiese Pindoro.
Negli occhi di Marika si era accesa una scintilla di speranza.
« Se vogliamo continuare il nostro cammino, non abbiamo scelta. » Jake si sentì come nudo, sotto lo sguardo del vecchio.
« La grande tempesta incombe su tutti noi. »