Capitolo 29


FUOCO E OMBRE

 

Qualunque persona sana di mente, trovandosi ad affrontare una torre fatta di ombre, fuggirebbe a gambe levate. Jake invece rimase ben saldo al suo posto. Il re Teschio fece un altro passo verso la soglia. Altri brandelli d'ombra si staccarono dalle sue membra, lasciando scoperte alla vista scaglie e una cresta di spine.

Jake temeva ciò che sarebbe stato svelato, quello che le ombre nascondevano. Ma voltarsi gli era impossibile, intrappolato com'era tra l'orrore e una sorta di rapimento.

Nonostante tutto, però, esisteva un limite a quanto la curiosità era in grado di sopportare. E, alla fine, con un battito di ciglia distolse gli occhi da quello squamarsi progressivo di ombre.

Il che si dimostrò un errore.

Lo sguardo gli cadde sul pettorale dell'armatura di bronzo che aveva abbandonato sulla soglia. Nello stesso momento, il piede sinistro di Kalverum andò a sbatterci contro.

L'armatura sbatacchiò fragorosamente, e attirò al suolo l'attenzione del mostro.

Kalverum si bloccò. Buttò un'occhiata a terra, poi a Jake, quindi ancora a terra. Il suo atteggiamento denotava sospetto e circospezione. Jake trattenne il respiro. Poi il re Teschio fece proprio quello che lui aveva temuto: si voltò verso est, là dove il sole stava facendo capolino da dietro l'orizzonte. I primi raggi del nuovo giorno cominciavano a spandersi, e puntavano verso la piramide.

L'intero corpo del re Teschio s'irrigidì. « Intelligente, il ragazzo... » E poi quel demonio si lanciò verso il basso e fece per agguantare il pettorale.

« No! » gridò Jake, cercando anche lui di afferrarlo.

Ma Kalverum si muoveva con una rapidità che nasceva dalle ombre, un guizzo di tenebra che si contrapponeva al nuovo giorno. Raggiunse per primo il pettorale, e riuscì a ghermirlo.

Jake si vide strappare di mano tutte le sue speranze. Il cuore gli sprofondò nel baratro del fallimento... ma di una cosa si era dimenticato, una cosa di vitale importanza.

Non era solo.

Dall'altra parte della vallata, il sorgere del sole fu salutato da un'assordante raffica di corni, che risuonarono con forza.

E, in risposta al poderoso richiamo degli ur, giunse l'esplosione delle trombe romane. Un concerto cacofonico che sembrava indicare l'arrivo di una legione di migliaia di soldati.

Pindoro!

Il suo amico era arrivato insieme con le ultime Guardie Sellate e con l'esercito degli ur... e, come promesso, l'arrivo era stato debitamente annunciato.

Tutt'intorno alla piramide, i grakyl si levarono in volo, come uno stormo di corvi spaventati che fuggono da un campo di granturco. Anche il re Teschio si era voltato verso nord, per valutare l'entità di questa nuova minaccia.

Era proprio il diversivo di cui aveva bisogno Jake.

Con un balzo fulmineo, riuscì ad afferrare il pezzo di armatura e a strapparlo dagli artigli d'ombra del re Teschio.

S'inginocchiò sulla soglia e diresse la superficie lucida del pettorale, scintillante come uno specchio, verso il sole nascente. Poi deviò il raggio di luce verso il tunnel che si apriva alle sue spalle.

« Ora! » gridò.

Giù nella galleria, il riflesso solare andò a illuminare Bach'uuk, che sollevò il proprio scudo, che si accese scintillante come un pezzo di sole, cosa che in effetti era. Bach'uuk inclinò la sua superficie piatta, e ne inviò il riflesso luminoso più giù lungo il tunnel, verso il punto in cui si trovava Marika.

Avrebbe funzionato?

Era stata proprio Marika a dare a Jake quell'idea: un modo per liberare dalle ombre venefiche la pietra di smeraldo che generava lo scudo, e forse cosi si sarebbe potuta ripristinare la barriera protettiva della vallata. Il piano aveva cominciato a prendere forma quando lei aveva detto: Dev'esserci un modo per scacciare le ombre dal cuore della pietra. La risposta era ovvia. Qual’è il modo migliore per scacciar via un'ombra?

Farle risplendere contro una luce.

E, allo stesso tempo, Jake si era anche scervellato a escogitare un modo per rimettere in funzione la pietra usando l'elettricità, qualcosa che potesse fondere insieme la scienza moderna e l'alchimia di Pangea. Esaurite le batterie della sua pila, doveva trovare una nuova fonte di energia. E qual è la più grande fonte di energia del mondo? La risposta sorge in cielo ogni giorno, e porta luce e calore a tutta quanta la Terra.

Il sole.

Anche il padre di Marika aveva fatto riferimento al legame esistente tra i cristalli e la luce solare. Era stato quando si trovavano nell'Astromicon, e stavano osservando i cristalli che danzavano attraverso le fessure della cupola illuminate dal sole. Le sue parole erano rimaste profondamente impresse in Jake.

Tutta quanta l'alchimia ha inizio col sole.

Per questo Jake aveva riposto ogni speranza nel sorgere del sole. Aveva cercato di rifletterne la luce dentro il cuore del tempio, in modo da scacciare l'ombra dalla pietra e usare l'energia solare per ridare vita al cristallo. Il problema era come far arrivare l'energia fin laggiù.

Allora gli erano tornati in mente i ciondoli di bronzo appesi ai bastoni degli Anziani Neandertal.

Gli specchi riflettono la luce del sole.

Bastava soltanto che facesse rimbalzare la luce del mattino da uno specchio all'altro, dal suo a quello di Bach'uuk e poi a quello di Marika. E Marika poi avrebbe potuto riflettere la luce solare nel cuore della piramide, e immergere nel suo splendore il cristallo offuscato.

Ma avrebbe funzionato?

Tutti quei pensieri si erano susseguiti fulminei nella mente di Jake nello spazio di un singolo suono di corno. Tenne ben fermo il pettorale mentre l'orda dei grakyl, in risposta alla sfida dell'esercito di Pindoro, si levava in volo. Giù, lungo il tunnel, Bach'uuk rifletteva la luce sempre più in profondità, fin nel cuore della piramide.

Ma, con la coda dell'occhio, Jake si accorse che il re Teschio stava avanzando verso di lui.

Poi fu come se il tempo si congelasse. Vide suo padre, seduto sotto un albero, che gli raccontava di Isaac Newton, di come avesse scoperto la gravità per via di una mela che gli era caduta in testa. Quella volta lui gli aveva detto che il dono più grande della mente umana consiste nella sua capacità di porre una sola domanda, composta da una parola soltanto.

Tutta la storia dell'uomo deriva da quell'unica domanda.

Perché?

L'eco delle parole di suo padre adesso giungeva fino a lui.

La scoperta della verità è quanto cerchiamo noi tutti. E l'uomo giusto insegue sempre la verità, e la difende anche a costo della propria vita.

E così, nel momento in cui il re Teschio sferrò il suo attacco, Jake non batté ciglio. Immerso nel sole, tenne fermo il pettorale. Doveva aver fiducia nelle proprie convinzioni.

Anche se ciò gli fosse costato la vita.

Gli artigli cercarono di raggiungere la sua gola. Le unghie gli sfiorarono il collo bruciandogli la pelle, che al semplice contatto si coprì di vesciche.

Poi, tutt'a un tratto, il formicolio lungo il suo corpo esplose in una folata color smeraldo dalla forza accecante. La deflagrazione ricacciò Jake nel tunnel, come se avesse ricevuto una spinta violenta al torace. Kalverum venne scaraventato nella direzione opposta, giù per la scalinata della piramide.

Jake atterrò pesantemente di schiena. Il pettorale gli scappò di mano e rimbalzò con gran fracasso giù nella galleria. Ansimando in cerca d'aria, il ragazzo si alzò a fatica, cercando di raggiungere la soglia del tempio.

Percepiva la pressione dello scudo energetico a mano a mano che gli si avvicinava. Già a un metro di distanza, i peli delle braccia vibravano. Si spinse avanti abbastanza da riuscire a vedere i gradini più in basso. Il re Teschio alzò lo sguardo verso di lui, stringendo i pugni fatti di ombra. Tutta la sua forma malvagia pulsava di odio.

Jake capì che dentro quel guscio di tenebra andava montando una tormenta, che si stava preparando a rovesciarsi addosso allo scudo appena riformatosi. Ma, alto sopra di loro, si udì il rombo di un tuono. Sia Jake sia Kalverum volsero lo sguardo al cielo.

E, quando il rombo si ripetè, insieme con lui giunse un arco di energia, un fuoco color smeraldo che attraversò tutta la valle, ricoprendola. L'energia parve divampare come un incendio lungo tutto il crinale vulcanico, e si condensò in un unico globo, che riempì il cielo, simile a un'aurora boreale.

Lo scudo! Lo scudo si stava riformando su tutta la vallata!

E, stagliandosi contro quello sfondo infuocato, l'orda dei grakyl prese a volare in formazioni scomposte.

Poi la tempesta elettrica iniziò sul serio, tra esplosioni di tuoni sempre più forti. Dal cielo divampò una saetta biforcuta, che freddò a mezz'aria uno dei grakyl, per poi tornare di scatto verso il cielo... portando il grakyl con sé. La bestia venne strappata dalla valle e s'impennò altissima nel cielo. Poi fu scagliata a zampe all'aria ben oltre il rinato scudo.

Altri fulmini color smeraldo si scatenarono dal cielo, e fulminarono altri grakyl colpendoli con una forza tale da ucciderli all'istante. Ma la maggior parte di loro venne ghermita e scaraventata violentemente fuori della valle.

In fondo alla scalinata, il re Teschio aveva capito che la piega della battaglia aveva subito un brusco cambiamento. Di nuovo, volse lo sguardo verso Jake, che, per la prima volta, vide i suoi occhi. Due spruzzi di fiamma nera. Jake immaginò il fuoco che divampava da un cuore di puro diaspro sanguigno.

Era come tenere lo sguardo fisso su qualcosa di antico e malvagio, qualcosa che risaliva a molto prima di qualsiasi Maestro corrotto. Dietro quegli occhi neri si nascondeva la bestia senza nome che da sempre abitava tutti gli incubi, che si aggirava nell'ombra e nei luoghi più reconditi, qualcosa che fin dagli inizi dei tempi se ne stava annidato agli angoli estremi dell'umanità.

Jake si sentiva un urlo intrappolato in gola.

Poi quello sguardo spaventoso svanì. Il re Teschio scivolò giù per la scalinata e raggiunse il suo cumulo d'ombra, dove balzò sull'alta sella. Le ali della bestia si sollevarono come grandi sudari di notte.

Jake rimase a guardare quel mostro che girava in cerchio nel cielo, sospinto dai potentissimi battiti delle ali. E tutt'intorno a lui e al suo cavaliere continuavano a crepitare i fulmini, che saettavano ed esplodevano stagliandosi contro le ombre. A differenza dei grakyl, il re Teschio possedeva una qualche alchimia che gli consentiva di non essere immediatamente buttato fuori della valle. Ma, dalla rapidità dell'ascesa, Jake intuì che quella particolare protezione non sarebbe durata a lungo. La sagoma scura della bestia lottava per sfuggire all'energia dello scudo, e saliva sempre più in alto.

Infine, con un'unica, potente deflagrazione, il re Teschio attraversò la barriera, divampando in un'esplosione di fiamme verdi, e volò via.

Era finita.

Eppure, Jake si sentiva tutt'altro che sollevato. Rimase lì, freddo e tremante, e sapeva bene perché.

Un attimo prima che il re Teschio si voltasse per andarsene, Jake aveva percepito una promessa silenziosa: Tra noi non è finita.

Nel momento in cui luce e tenebra si erano venute a incontrare in un difficile equilibrio, Jake aveva scelto di rimanere nella luce del sole. E da quel momento in avanti le tenebre non gli avrebbero tolto gli occhi di dosso, pronte a cogliere il momento in cui avesse messo un piede in fallo.

A dispetto della recente vittoria, Jake avrebbe potuto farsi prendere dallo sgomento, avrebbe potuto perdere tutto il suo coraggio. Ma, ancora una volta, si ricordò di qualcosa di vitale importanza.

Non era solo.

Bach'uuk uscì di corsa dal cuore della piramide. E dietro di lui c'era Marika. La ragazza gli prese la mano, ancora calda dei raggi del sole. Jake mise il braccio intorno a Bach'uuk.

Aveva bisogno di toccarli, di sentirne la solidità, per ricordare a se stesso che il mondo era molto di più che un ammasso di ombre.

Insieme, i tre amici rimasero ad ascoltare le grida di giubilo che si sollevavano dalla città.

« Ce l'hai fatta », gli sussurrò Marika.

« Ce l'abbiamo fatta », precisò Jake. Ma le sue labbra si rifiutarono di aggiungere il resto, che lui sapeva essere altrettanto vero. Per adesso.

Non ci volle molto perché la volta celeste fosse completamente sgombra dalla presenza nemica. Nel giro di pochi minuti, dell'incendio color smeraldo non rimaneva nient'altro che poche tremolanti scintille. Poi anche quelle si spensero, e il cielo tornò del suo solito azzurro.

« Dovremmo tornare in città. » Marika toccò lo scudo che s'innalzava dinanzi a loro. Soffi di energia color smeraldo le danzarono intorno alle dita.

« Potremo uscire da questa parte? » chiese Jake.

« Penso di sì. » La ragazza mosse un passo in avanti, tirandosi Jake con sé. Questi si sentì il corpo percorso dal solito formicolio... e poi, i due erano dall'altra parte, fuori dell'ombra e avvolti dalla pienezza della luce mattutina.

Bach'uuk li seguì.

Mosso dalla curiosità, Jake provò ad allungare una mano verso la porta del tempio. Lo scudo lo respinse, con uno scoppiettio di fiamme vivaci. Aveva loro permesso di uscire, ma in nessun caso li avrebbe fatti rientrare.

Contenti che, almeno per adesso, il cuore della piramide fosse salvo, il terzetto scese di corsa la scalinata di pietra e raggiunse il sentiero che conduceva alla Foresta Sacra. Non avevano percorso più di una ventina di passi, che si ritrovarono circondati.

Jake riconobbe il miscuglio di corazze nordiche e abbigliamento romano... il tutto alquanto malridotto, coperto di sangue e strappato.

« Jake! » Il ragazzo si voltò e vide Kady che spintonava per farsi avanti. Com'era ovvio, sua sorella non si era allontanata di molto. Doveva aver pensato che lui fosse rimasto intrappolato all'interno della piramide per tutto quel tempo.

Jake lasciò andare la mano di Marika e corse incontro a Kady, che lo strinse forte tra le braccia. Rimasero in silenzio per un lungo istante, abbandonandosi alla sensazione pura e semplice del loro essere fratello e sorella, lasciando che il calore dell'affetto familiare facesse dissolvere tutte le loro paure.

« Pensavo... non sapevo... » disse lei, stringendolo con una forza tale da togliergli il fiato.

« Lo so. Anch'io », ansimò Jake.

Kady si staccò di scatto da lui e lo fissò intensamente. « Non farlo mai più! » « Fare più che cosa? » La ragazza sembrò in imbarazzo nel rispondere alla domanda. La sua era una paura senza parole. Alla fine, riuscì a cavarsela con un esasperato: « Spaventarmi in quel modo! » Ma Jake sapeva che le parole non erano in grado di contenere veramente tutto quello che provava. E lui si sentiva nello stesso modo, perso in un turbine di emozioni che non poteva essere racchiuso nello spazio di una frase. Erano sollievo e terrore, caos e senso di sicurezza, felicità e lacrime.

La più dolorosa delle condizioni, e nello stesso tempo la più meravigliosa.

Essere una famiglia, nient'altro che questo.

Con un'ultima stretta, i due ragazzi si lasciarono andare.

Tutti li stavano guardando. Ma Jake le rimase vicino. Poi si frugò in tasca e tirò fuori l'orologio d'oro. « Ho trovato questo », le disse, passando all'inglese, anche se la cosa gli costava un grosso sforzo di concentrazione.

Nell'espressione di Kady comparve una ruga di blanda curiosità... che poi però si fece più profonda, esprimendo tutta una serie di emozioni che arrivarono a coinvolgere ogni singolo muscolo del viso. Turbamento, incredulità, sconcerto. « Ma è... » Tossì; non era nemmeno capace di costringersi a pronunciare la cosa ad alta voce.

« Sì. » Jake voltò l'orologio e le mostrò la scritta che vi era incisa.

Kady si chinò per osservarla più da vicino. Quando sollevò il viso, i suoi occhi erano pieni di lacrime. « Quando... dove l'hai trovato? » Non era il momento migliore per mettersi a raccontare della mappa di Pangea e di tutto quello che aveva scoperto e imparato nel tempio, pensò Jake, ma comunque allungò il braccio dietro di sé, verso la piramide, e disse: « Là dentro ».

La ragazza inarcò le sopracciglia, perplessa. « Ma come?

Che cosa significa? » « Non lo so. » Non ancora, per lo meno, pensò.

Lo sguardo di Kady si perse nel vuoto, lontano un milione di miglia, nel tentativo di sondare le implicazioni che aveva il ritrovamento dell'orologio in quel luogo. Jake immaginò che anche la sua espressione non doveva essere molto diversa.

Decise di rimanere in silenzio. Non aveva parole che fossero in grado di alleggerirle il cuore. Ci sarebbe voluto del tempo, perché lo shock venisse riassorbito.

Forse indovinando la sofferenza di Kady, dalla schiera dei romani usci Eronide. La gamba destra zoppicava, e sul lato sinistro del volto c'era un brutto graffio, dal quale s'intuiva che era arrivato a un soffio dal perdere l'occhio. Ma, prima che il giovane potesse parlare, dall'altra parte della città si udì risuonare una nuova esplosione di corni e di trombe. Ed era un clangore di trionfo.

« Che cos'è? » chiese Eronide, piegando il capo in ascolto.

« Pindoro. A capo del contingente degli ur », rispose Marika con un sorriso pieno di orgoglio.

Eronide la guardò incredulo, poi si voltò. « Non sai quello che dici. » Si allontanò a passo deciso, prendendo dolcemente Kady sotto il braccio.

La ragazza gli appoggiò la testa sulla spalla; sentiva il bisogno di un genere di consolazione che Jake non poteva darle. Però si concesse un ultimo istante per dare un'altra occhiata al fratello, mostrandogli un insolito sorriso, velato di tristezza.

E, per la prima volta da moltissimo tempo, Jake si rese conto di quanto fosse bella sua sorella. Vide qualcosa, qualcosa che andava oltre il solito lucidalabbra, l'ombretto e i capelli acconciati alla perfezione (che in quel momento, per altro, erano tutti arruffati, con dei frammenti di foglie impigliati in mezzo). Per un breve istante vide la persona che sarebbe potuta diventare. E si sentì attraversare da un caldo brivido di orgoglio. Accompagnato però da un pizzico di dolore. C'era infatti un'altra cosa, che poteva riconoscere in quella stessa espressione di affetto: il fantasma del sorriso della loro madre, che risplendeva da una generazione all'altra.

Avanzando in gruppo, si diressero verso la porta d'ingresso di Calipso. Cauti festeggiamenti erano già in corso.

Anche se nessuno sapeva da dove fosse venuto il loro salvataggio in extremis, la volta celeste sgombra e lo scintillante spettacolo di saette li informava della cosa più importante: erano salvi.

Gli abitanti della città stavano cominciando a uscire con circospezione dalle cantine e dalle umide soffitte dove si erano rintanati durante l'attacco. Si sentivano risuonare le campane, che dal castello annunciavano il cessato allarme.

Camminando per le strade, Jake sentiva urla e richiami riecheggiare intorno a sé. Ma anche lacrime e singhiozzi. Era passato davanti a un solo cadavere, ed era quello di un grakyl, il cui corpo massacrato era stato abbandonato in mezzo alla strada. Ma di certo dovevano esserci state altre perdite. In quanti erano morti? Forse ci sarebbero voluti dei giorni, prima di poter dare una risposta a quella domanda.

E a Jake si aprì il cuore quando vide le Guardie Sellate che sfrecciavano per la città, portando messaggi, diffondendo la notizia, radunando le loro forze disperse qua e là. Anche in cielo s'incrociavano i voli dei raz alati. Il Popolo del Vento era ancora lassù, pronto a cogliere qualsiasi indizio di un secondo attacco.

Ma Jake sapeva che ciò non sarebbe successo. Almeno per ora.

Davanti a loro, comparve il castello di Kalakryss. Il cortile era immerso nel caos più totale. Persone e animali occupavano ogni angolo, ed erano già state erette delle tende per dare riparo ai feriti.

Jake fu quasi travolto da un grosso othnielia sfregiato. Gli ci volle una seconda occhiata per riconoscere la cavalcatura e lo sparuto spaventapasseri che c'era in groppa.

In cima a quella bestia dall'aspetto terrificante, che rispondeva al nome di Occhio Guercio, c'era Pindoro.

« Jake! Mari! Bach'uuk! » Con una serie di strattoni, il giovane romano fece fermare la cavalcatura e si lasciò scivolare giù di sella, con la stessa facilità con la quale si sarebbe alzato da una sedia sdraio. Qualunque fosse la paura che lo bloccava prima, adesso era completamente sparita.

Corse da loro e cominciò ad abbracciarli, a dar pacche sulle spalle e a stringere le mani, talvolta anche tutto insieme. « Li avete scacciati! Siete riusciti a innalzare di nuovo lo scudo! » Il suo grido attirò verso di loro gli occhi di molti.

Eronide si avvicinò zoppicando. « Pin, sei proprio tu? » chiese, scrutando il fratello dalla testa ai piedi.

Questi sorrise, provando a sfoggiare un'espressione di orgoglio, che però gli uscì fuori un po' impacciata. Pindoro non era abituato a mettere in ombra il fratello maggiore.

Ma le parole che aveva urlato avevano attirato l'attenzione di altre due persone.

Gaio si fece strada a gomitate attraverso la moltitudine crescente che veniva raccogliendosi intorno a loro. Jake provò un'ondata si sollievo. Il centurione era sopravvissuto all'attacco dei grakyl nel parco. Ma era ricoperto di sangue, e un braccio era legato al collo. E, nonostante tutto, si stava dando da fare per sgombrare il passaggio all'uomo che veniva dietro di lui.

L'Anziano Tiberio avanzava appoggiandosi a un bastone.

Aveva una gamba bendata dalla caviglia fino a mezza coscia.

Era evidente che ogni passo gli costava una grande sofferenza. Ma la voce era la stessa di sempre, forte e sicura: « Che cos'è questa storia dello scudo? » Pindoro fece come per correre incontro al padre e abbracciarlo, ma poi si trattenne. Ormai non era più un ragazzino. Si portò il pugno chiuso al petto, nel tipico saluto romano. « Padre, signore, è stato Jake Ransom. È riuscito a ripristinare lo scudo. » Tiberio volse lo sguardo severo verso Jake. « È vero? » Jake annuì, ma aggiunse. « Non l'ho fatto da solo. » Con un gesto inclusivo della mano indicò Pindoro, Marika e Bach'uuk. « Tutti noi abbiamo contribuito. » Tiberio li osservò con occhio indagatore. Poi si voltò, incamminandosi verso il castello. Senza una parola né un gesto, era chiaro che si aspettava che i ragazzi lo seguissero. « Voglio ascoltare maggiori dettagli della faccenda in privato.

Anche i Maestri vorranno essere informati di quanto è accaduto. » Marika si avvicinò a Jake, con passo incerto. « Fate largo!

» gridò Gaio, lottando per sgombrare loro il passaggio.

Nel parapiglia, Marika riuscì ad avvicinarsi al padre di Pindoro, e lo tirò per una manica. « Anziano Tiberio, che cosa intendete quando parlate di Maestri? » Nella sua voce si sentiva tremare la paura. « È stato il Maestro Oswin a tradirci. » Jake si avvicinò ancora un po', sul viso un'espressione sempre più preoccupata. Che il traditore fosse sopravvissuto, dopo tutto quello che era successo?

Tiberio rispose alle parole di Marika con un cenno affermativo del capo. « Tutti noi ne siamo ben consapevoli.

Tuo padre e Maestro Zahur hanno già informato il Consiglio. » Marika dovette aggrapparsi al braccio di Jake per non cadere. « Mio padre... è ancora vivo? » Accorgendosi del sollievo della ragazza, Tiberio rallentò il passo e la rassicurò. « Ma certo che è vivo. Oswin aveva lanciato un qualche oscuro incantesimo sugli altri due Maestri, che aveva fatto loro perdere i sensi, e poi li aveva legati in una cantina. Una volta risvegliatisi, sono riusciti a scappare. » Ormai avevano già raggiunto i portoni di legno del mastio principale. Una volta entrata nel salone, Marika ebbe prova di quanto le aveva raccontato l'Anziano.

« Mari! Sia reso grazie a tutte le stelle! » Balam si trovava in un angolo della stanza, insieme con Zahur. Sentendo la confusione alla porta, si era voltato e, individuata all'istante la figlia, le corse incontro. Il sollievo che si poteva distinguere nella sua voce era lo stesso che un attimo prima risuonava nelle parole di Marika. Anche lui era cambiato. Il suo solito fare spigliato aveva acquistato una nuova durezza. Cerchi scuri gli segnavano gli occhi. Ma il viso gli si era illuminato alla vista di Marika, aprendosi in un sorriso, come un raggio di sole che riesce a fendere una spessa coltre di nubi scure. E la strinse forte a sé.

« Pensavo che fossi morto », mormorò lei col viso affondato nel suo petto.

Jake assistette alla loro riunione con un misto di sentimenti. Gioia, per lo più, ma non poteva ignorare anche un amaro barlume di gelosia. Lui avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di far ritornare in vita suo padre.

« Non penso che Oswin ci avrebbe uccisi », la rassicurò Balam. « Non l'ha fatto, quando ne ha avuto la possibilità.

Credo che, forse, in un suo modo distorto, una parte di lui continuasse a essere leale nei nostri confronti. » Zahur si era unito a loro. L'egizio aveva una visione diversa della faccenda. « O forse ci ha lasciato vivere solo per poter poi gongolare della sua vittoria. » A questa affermazione, Balam si fece scuro in volto; era evidente che preferiva credere alla sua versione dei fatti.

Nonostante questo, era facile accorgersi di quanto il tradimento di un caro amico l'avesse profondamente ferito.

Jake si allontanò, per lasciare a padre e figlia un momento tutto per loro. Anche il taciturno Tiberio sollevò un braccio in segno di benvenuto, e abbracciò il suo figlio più giovane.

Jake distolse lo sguardo. Anche se era felice per i suoi amici, era uno spettacolo troppo doloroso cui assistere. Infilò la mano in tasca, e strinse l'orologio d'oro.

Per adesso, quello avrebbe dovuto bastargli, come premio.

Ma soltanto per ora...