Capitolo 4
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IL SOLE NERO
In un angolo nascosto del cortile del museo, Jake se ne stava appoggiato contro una gigantesca testa di pietra proveniente dall'Isola di Pasqua. La fronte pronunciata della statua e il suo naso affilato erano stati scolpiti nel basalto nero. E la faccia di Jake, mentre era intento a osservare la folla, si accordava alla perfezione con quella espressione accigliata.
Tutti in smoking e abiti da cocktail, gli ospiti se ne stavano lì col loro bicchiere di champagne in mano mentre un cameriere passava con un vassoio d'argento sul quale erano disposte delle tartine al caviale. Una donna sfoggiava una tiara di diamanti in bilico su un alto pilastro di capelli candidi. Che fosse un membro della famiglia reale?
Dall'altro lato del cortile, Kady si stava crogiolando davanti al riflettore di una telecamera.
Un giornalista le teneva un microfono peloso puntato sotto il naso. « Ms Ransom, racconti agli spettatori di BBC One, siete emozionati all'idea di visitare questa mostra? » « Oh, ma certamente », rispose Kady, girandosi un pochino di lato.
Jake sapeva che la sorella stava cercando di mettere in luce il suo lato migliore, o almeno quello che lei, quella mattina, aveva deciso essere il migliore per la televisione.
L'intervista proseguì con un vistoso sventolio di mani da parte di Kady, la quale provvide anche a esercitare un'adeguata pressione sui talloni, in modo da ottenere un soddisfacente ondeggiamento dei suoi riccioli perfetti.
Jake incrociò le braccia. Gli bruciava ancora la rivelazione di Morgan Drummond riguardo al vero scopo della loro presenza lì. Solo per vendere più biglietti. Sciolse le braccia e strattonò la tenuta da safari che indossava. Era tentato di strapparsela di dosso e andarsene via di corsa da quel posto.
Ma poi? C'era anche sua sorella da prendere in considerazione. Ed era evidente che lei non aveva nessuna intenzione di andarsene.
Jake si voltò dall'altra parte. Oltre la folla, in cima alla scala che conduceva al secondo piano, scorse un grosso nastro rosso. Un uomo in cilindro reggeva un enorme paio di forbici, simili a cesoie da giardiniere.
« Il curatore del museo. Non durerà ancora molto. Sarà tutto finito prima ancora che ve ne accorgiate. » Morgan Drummond gli sfiorò un gomito, facendolo sobbalzare.
Anche se quelle parole erano state pronunciate in un sussurro, avevano una vaga sfumatura di minaccia. Forse perché erano state accompagnate da un altro rombo di tuono.
Jake scrollò le spalle e uscì dall'ombra di Drummond.
Ancora una volta alzò gli occhi a osservare il cielo. La luna ormai aveva quasi coperto il sole. Nonostante gli occhiali protettivi, l'alone che il sole formava intorno al bordo lunare era sfolgorante, e faceva male agli occhi.
Jake batté le palpebre e distolse lo sguardo, proprio nel momento in cui il rintocco di una campana dava inizio all'evento ufficiale. Finalmente!
Quando il curatore del museo sollevò un braccio per mettere fine al mormorio che serpeggiava tra la folla, tutti gli occhi si voltarono verso di lui.
Le luci delle telecamere, fino a quel momento puntate su Kady, scomparvero. Come una pianta privata della luce del sole, la ragazza parve afflosciarsi.
« Ci siamo », disse Drummond.
Il curatore sollevò le forbici. « Se i fratelli Ransom potessero salire... È quantomai opportuno che siano qui per celebrare questa fausta occasione in onore dei loro genitori, i professori Richard e Penelope Ransom. » Morgan Drummond trascinò Jake fuori dell'ombra, portandolo al centro dell'attenzione generale. I due raggiunsero Kady che si stava già avviando verso la scalinata.
Un applauso svogliato li accompagnò mentre salivano i gradini.
Il curatore proseguì: « Sono certo che tutti voi conoscerete la storia dei Ransom, di come abbiano scoperto la Montagna delle Ossa, uno dei siti archeologici maya più remoti e inospitali. Superando ogni sorta di ostacoli, dai giaguari mangiatori di uomini alle zanzare della malaria, hanno esplorato una tomba superba, piena di reperti d'inestimabile valore storico che arricchiscono la nostra conoscenza degli antichi maya. Il British Museum, in collaborazione col generoso e filantropico sostegno della Bledsworth Sundries & Industries », e qui il curatore fece un cenno alla volta di Drummond che stava salendo le scale con Jake e Kady, « sono orgogliosi di presentare al pubblico, per la prima volta, i Tesori maya del Nuovo Mondo! » Un altro rombo di tuono seguì la dichiarazione.
Nel momento stesso in cui Jake e Kady raggiungevano la cima delle scale, il curatore indicò il cielo e strillò: « Guardate! » Nell'atrio vennero spente tutte le luci.
Jake sollevò lo sguardo a bocca aperta.
La luna fece un movimento impercettibile e andò a coprire completamente il sole. L'eclissi era diventata totale.
Tutt'intorno alla luna, la corona emanava raggi lucentissimi, come se nei cieli stesse risplendendo un sole nero.
Jake trattenne il respiro, esterrefatto.
Per effetto del bagliore dell'eclissi, la stanza era piombata in una penombra sinistra. Le superfici di marmo del cortile acquistarono una tonalità argentea, come se muri e pavimenti risplendessero di una luce interna.
Il curatore continuò a parlare nell'oscurità: « Furono gli stessi maya, attraverso le loro conoscenze di astronomia e di matematica, a prevedere l'eclissi. E noi abbiamo scelto questo momento celestiale per inaugurare la mostra ». Si voltò con in mano le forbici gigantesche. « Mr Ransom, vuole aiutarmi? » Si accese un riflettore, inondando di luce la cima delle scale.
Jake si costrinse a distogliere lo sguardo dal cielo per abbassarlo sul nastro rosso. Sapeva che al di là di esso si estendeva il corridoio che l'avrebbe condotto ai tesori dei suoi genitori. Ansioso di potervi accedere, fece un cenno d'assenso con la testa.
Il curatore fece un ampio sorriso e sollevò una mano, invitando Jake a rimanere immobile mentre le macchine fotografiche lampeggiavano sotto di loro. Kady rimase impalata, con le braccia strette al petto. Jake sapeva che più tardi sua sorella gliel'avrebbe fatta pagare, per averle rubato la scena in un momento come quello.
Come se avesse avuto la possibilità di scegliere.
Afferrò una metà delle forbici e insieme col curatore, con un unico scatto veloce, tagliò il nastro.
Nel momento stesso in cui le forbici si richiusero e il nastro cadde per terra, il cielo fu attraversato dal bagliore accecante di un fulmine. E subito dopo esplose il rimbombo del tuono. In alto sulle loro teste, il tetto vibrò per l'impatto, e tutti rimasero immobili, congelati in un silenzio greve di timore... finché qua e là non si sentì il suono lieve di qualche sporadica risatina.
Il curatore strizzò l'occhio a Jake. « Be', non avremmo potuto avere tempismo migliore, eh, ragazzo mio? » Raccolse le forbici e si raddrizzò.
Jake si voltò a fissare il cielo. Nubi di tempesta si stavano srotolando davanti all'eclissi, nascondendola alla vista. Il cortile venne inghiottito da un'oscurità ancora più fitta.
Il curatore sollevò un braccio verso il pubblico. « Rimanete dove siete, tutti quanti. Riporteremo la luce nel cortile nel giro di pochi istanti. E, nell'attesa, forse la cosa migliore è permettere che i fratelli Ransom facciano il loro ingresso alla mostra per primi, in modo che possano avere un momento in privato fra i tesori scoperti dai loro genitori. » Dalla folla si udirono levarsi mormorii di « Aaah » e « Che commovente », accompagnati da qualche piccolo applauso.
Una voce soltanto, però, si levò al di sopra delle altre, piena di disprezzo. « I tesori scoperti dai loro genitori? Bah!
Vorrete dire rubati! » Quest'ultima parola risuonò attraverso il cortile secca come un colpo di fucile.
Seguì un silenzio sbigottito.
L'uomo proseguì: « Che mi dite delle voci secondo le quali i Ransom sarebbero ancora vivi da qualche parte in America del Sud? E che avrebbero inscenato la propria scomparsa in modo da potersene scappare coi tesori più preziosi? » Jake sentì il cuore salirgli fino in gola. Le guance gli si erano infiammate di rabbia.
Il curatore intervenne: « Suvvia, ci rifiutiamo di prestare orecchio a queste calunnie prive di... » Un urlo di disprezzo lo interruppe. « Richard e Penelope Ransom non sono nient'altro che un paio di ladri comuni, date retta a me! » Nel cortile si riaccesero di colpo le luci. Tolti gli occhiali da eclissi, Jake individuò l'uomo nella folla. Era il giornalista rospo che aveva visto fuori, quello che stava mangiando una ciambella.
Jake fece un passo avanti, già pronto a saltargli addosso per ricacciargli in gola ogni singola parola, ma fu bloccato da una grossa mano aperta che lo sospinse verso il secondo piano, in cima alle scale.
E, dopo di lui, Morgan Drummond spinse dolcemente avanti anche Kady. « Non c'è bisogno che ascoltiate queste brutture. Entrate alla mostra. » Alle sue spalle, il curatore fece un cenno a quelli della sicurezza. Le guardie del museo passarono di corsa accanto a Jake e Kady e scesero rumorosamente per le scale.
Ma, nonostante tutto, l'uomo continuava a sbraitare. « Ladri! Ciarlatani! Le mani dei Ransom sono sporche di sangue! » Ognuna di quelle affermazioni era come un coltello che si conficcava nel cuore di Jake.
Drummond lo spinse in avanti. « Andate. Io vi raggiungo tra un attimo. » Kady gli lanciò un'occhiata. I suoi occhi erano sbarrati, attoniti, pieni di paura. « Jake... » Doveva portarla via di lì. « Andiamo. » Si affrettarono a entrare nel locale che si apriva in cima alle scale. Jake camminava barcollando, quasi accecato dalla rabbia. Si era già addentrato di un bel pezzo nella mostra, quando finalmente si rese conto di quali meraviglie lo circondavano.
Si fermò. E così anche Kady. « Mamma e papà », disse lei.
Tutti e due erano di fronte a un poster gigantesco.
Raffigurava la stessa foto che Jake aveva nel suo quaderno. I loro genitori che sorridevano all'obiettivo, quasi imbarazzati, coi loro vestiti cachi sporchi di fango, reggendo un blocco di pietra scolpito con delle figure maya.
Alle spalle di Jake, si sentivano ancora le urla riecheggiare dal cortile.
Altre bugie sui suoi genitori.
Jake fissò quei volti riprodotti a grandezza naturale come se fossero ancora in vita. Era troppo. Distolse lo sguardo.
Un urlo particolarmente potente arrivò fino a lui. « Assassini e ladri! » In quel momento, gli tornò in mente qualcosa: di come quell'uomo rospo avesse annuito a Morgan Drummond quand'erano entrati al museo.
Come se quei due si conoscessero.
Un cenno.
Come un segnale convenuto.
Jake ripensò alla rivelazione fattagli prima da Drummond.
Che quella scenata non fosse nient'altro che uno stratagemma per attirare ancora più interesse intorno all'evento, per montare una polemica intorno alla mostra e vendere così più biglietti?
O forse si trattava di qualcosa di più sinistro?
Per qualche minuto, Jake girovagò per l'esposizione, perso nei propri pensieri. Anche Kady fece lo stesso. Teneva le braccia strette al petto, come se avesse paura di toccare qualsiasi cosa. I due ragazzi si muovevano seguendo orbite separate, come due pianeti i cui percorsi non osavano incontrarsi.
E, mentre lui percorreva qua e là quella stanza, i timori di Jake cominciarono a svanire. Lo stupore placò il martellio rabbioso del suo cuore. Tutt'intorno a sé c'erano i manufatti e i reperti disegnati o descritti nei libri dei suoi genitori, come il serpente a due teste che aveva visto sul dépliant. Dal vero, nella luce fulgida delle lampade alogene, lo strano rettile era ancora più sfolgorante. Gli occhi erano rubini, le scaglie erano intagliate nell'oro con estrema minuzia. Le fauci erano fatte con schegge di avorio.
Jake s'infilò una mano in tasca e ne estrasse il diario di lavoro di suo padre, insieme con l'album degli schizzi rilegato in pelle della mamma. Aveva voluto portare entrambi i volumi con sé durante la visita al museo. Aprì Il diario del padre e lesse la voce corrispondente al serpente a due teste.
Dall'intricato arricciarsi a otto del rettile, è evidente che il reperto rappresenti la credenza maya nella natura eterna del cosmo. Dalla qualità del lavoro, il pezzo deve risalire al primo periodo classico. Posso solo supporre...
Jake proseguì nella lettura, con la voce del padre che gli risuonava nella mente mentre continuava a camminare attraverso la mostra, fermandosi davanti a ogni oggetto. E, in questo suo vagare, ogni singolo pezzo lo avvicinava sempre di più ai suoi genitori. Era stata sua madre a lucidare quel giaguaro d'argento laggiù? E suo padre aveva forse contato il numero dei cerchi che, simili agli anelli di un tronco d'albero, costituivano la ruota del calendario maya?
Ricordava ancora le lezioni che gli erano state impartite quand'era solo un bambino... da suo padre, da sua madre. E non erano soltanto lezioni di archeologia. Ricordava sua madre che gli insegnava ad allacciarsi le scarpe. Il coniglietto s'infila nel buchetto del laccio, e poi sbuca fuori di qua...
Si accorse che aveva rallentato il passo. Anche se si trovava a migliaia di chilometri da Ravensgate Manor, in quel luogo Jake sentiva un senso di vicinanza, d'intimità, come se avesse scoperto una stanza della sua casa che era rimasta nascosta per moltissimo tempo.
« Quanto tempo credi che dovremo rimanerci, in questo posto? » fece Kady alla fine, col suo solito tono di esasperata impazienza.
Jake si voltò verso la porta. Giù in cortile la confusione si era smorzata, ma si udiva ancora un mormorio di voci, troppo basso per poter distinguere le singole parole. Si sentiva ancora rombare il tuono. A differenza di Kady, lui non aveva nessuna fretta di andarsene. Si sentì trafiggere da un'acuta fitta di gelosia. Non voleva che ci entrasse nessun altro, lì dentro. Sarebbe stato come voler entrare nel suo cuore, in effetti, sopportava a malapena anche la presenza della sorella.
Doveva vedere il pezzo forte della raccolta.
Era appoggiato su un piedistallo, privo di qualsiasi teca di vetro: una piramide alta sessanta centimetri, completamente fatta d'oro massiccio. Nove gradini s'innalzavano fino a una piattaforma alla sommità, in cima alla quale era accovacciato un drago con le ali spiegate, che era stato ottenuto intagliando un grosso blocco di giada.
Gli occhi, due rubini rosso fuoco, sembravano scrutare fin nel cuore di Jake.
« Kukulkàn », mormorò il ragazzo, pronunciando il nome del drago piumato adorato dai maya. Aveva riconosciuto anche quell'oggetto. Stando al diario di suo padre, quell'inestimabile reperto era stato trovato sopra il coperchio di un sarcofago in pietra calcarea. Jake mise da parte il diario e aprì invece l'album di sua madre, cominciando a scorrere i vari schizzi per vedere se ce n'era uno che potesse corrispondere alla piramide.
Finalmente Kady capi cosa stesse tenendo tra le mani il fratello. Dal centro della stanza, la ragazza si diresse a grandi passi verso di lui. « jake! Che ci fai con quello? » Non sapeva che lui avesse portato con sé i quaderni dei loro genitori.
Non lo sapeva nessuno.
Senza far caso alla sorella, Jake trovò la pagina giusta.
Confrontò il disegno della piramide con l'originale. Studiò i nitidi schizzi a matita tracciati dalla madre, i segni lasciati dalla gomma, le correzioni, i minuscoli appunti scarabocchiati sui margini. Lì, davanti ai suoi occhi, si trovava ciò che l'aveva ispirata. La vista di Jake era appannata dalle lacrime e gli tremavano le mani.
Prima che il quaderno gli cadesse per terra, Kady lo prese.
« Perché l'hai portato qui? Avresti potuto perderlo, o potevano rubartelo. » « Come se te ne importasse qualcosa. » Jake si avvicinò alla piramide.
Lei lo afferrò per un gomito. « E con questo cosa vorresti dire? » Jake si liberò con uno strattone e le scoccò un'occhiataccia. « Tu non ci volevi neanche venire, qui! La sola ragione per cui hai accettato era per metterti in posa davanti a una stupida telecamera! » La voce gli uscì inaspettatamente strozzata, cosa che lo fece andare ancora più in bestia.
Il viso di Kady arrossì in un'ondata di rabbia. « Tu non sai... » Jake si riprese l'album. « E anche se l'avessi perso, il quaderno della mamma? Non l'hai degnato di uno sguardo per anni. » Kady cercò di riafferrarlo, ma lui fece un balzo all'indietro, mantenendosi fuori della sua portata. Poi fece un giro che lo portò dal lato opposto della piramide. « Non ti interessa proprio più niente di mamma e papà? » Kady era rimasta immobile. Le sue spalle erano scosse da un tremito e il viso era diventato scarlatto. « Certo che m'interessa! » gridò. Poi, con un gesto del braccio, indicò la stanza tutt'intorno a sé. « Credi forse che queste cose possano riportare indietro mamma e papà? Credi che una qualsiasi di queste cose possa farlo? » Il dolore assoluto che percepì nella voce della sorella lo lasciò senza parole. Non aveva mai sentito quel tono. E ne fu spaventato.
Lei continuò a urlare: « Tutto questo! L'album della mamma, questi tesori... vederli, averli qui vicino... tutto questo fa male ». Voltò la schiena alla piramide. « E perché guardarli, allora? A che cosa servirebbe? » Jake spalancò gli occhi.
Kady scosse la testa. « Non lo sopporto. E neanche te sopporto! » « Che cosa c'entro io? » fece Jake, ferito.
« Perché non ti tagli i capelli come tutta la gente normale? » Jake si scostò una ciocca dagli occhi con un dito, confuso.
« Assomigli così tanto a papà che a malapena riesco a guardarti. » Lui ripensò alle parole che Kady aveva detto poco prima.
Tutto questo fa male.
La ragazza tirò su col naso e gli voltò le spalle. « Qualche volta... qualche volta vorrei che tu non fossi mai... » La stanza fu invasa da un lampo improvviso, accompagnato dal suono secco di un'esplosione.
Il pavimento sobbalzò sotto i loro piedi, e dal cortile giunse l'eco di urla terrorizzate. Sia Jake sia Kady si voltarono in quella direzione, avvicinandosi l'un l'altro. Le luci in alto diedero un guizzo, quindi si spensero.
La stanza fu inghiottita dall'oscurità.
« Che cosa è successo? » sussurrò Kady nel buio, qualche istante più tardi.
« Un fulmine. Deve aver colpito il museo », ipotizzò Jake.
Non appena i loro occhi si furono abituati all'improvvisa oscurità, il ragazzo notò un tenue bagliore dietro di loro. Si voltò e si lasciò sfuggire un piccolo strillo di sorpresa.
« Che c'è? » chiese Kady, senza fiato.
Jake farfugliò qualcosa, afferrò Kady per il gomito e la costrinse a girarsi. « Guarda! » La piramide era avvolta da un tenue fuoco di colore blu.
Le fiamme danzavano ai piedi del dragone, per poi colare giù per i nove gradini. Jake fissava il fenomeno a bocca aperta.
Gli ci volle il tempo di un intero respiro per rendersi conto che aveva già assistito a uno spettacolo del genere in un museo delle scienze. « È un fuoco di sant'Elmo. Un tempo i marinai durante le tempeste vedevano fiamme come queste sugli alberi delle navi », disse, preso da una sorta di timore reverenziale.
« Ma da che cosa sono generate? » Jake fece un passo avanti.
« Fa' attenzione », lo ammonì Kady, che pure lo seguì.
Il ragazzo sentiva che gli si stava accapponando la pelle. « Non preoccuparti. Sembra che si stia già esaurendo. » Come una marea che si ritira, il fuoco cominciò ad affievolirsi, svanendo a poco a poco in un turbine.
Mentre faceva il giro intorno alla piramide, Jake notò qualcosa di strano. « Kady, vieni a vedere. » Le fiamme non si erano spente del tutto, ma sembravano aver liberato il passaggio a un'apertura di forma rotonda su un lato della piramide. Incuriosito, Jake si chinò per osservarla più da vicino. La coda del dragone si arricciava circondando il foro, che però non era veramente un foro. Era piuttosto una rientranza poco profonda nella superficie d'oro, come se in quel punto ci fosse stata incastonata una gemma che adesso era scomparsa.
Le fiamme svanirono del tutto proprio nel momento in cui scattavano le luci rosse d'emergenza, immergendo la stanza in un bagliore color rubino. Jake si tirò su in piedi. Che strano... Sempre più incuriosito, tornò ad aprire l'album della mamma e trovò la pagina con lo schizzo della piramide. Nella luce fioca della stanza, riuscì a individuare lo stesso foro raffigurato nel disegno. E anche lì era vuoto. « Qui non c'è niente », borbottò, picchiettando col dito in quel punto.
Kady allungò la mano e tastò il foglio. « Non più, per lo meno. Senti com'è rovinata carta. Si riescono ancora a sentire i solchi lasciati dalla matita. Qui doveva esserci disegnato qualcosa, prima. » « Credi che sia stato cancellato? » Kady annuì. « Chiunque sia stato, l'ha fatto in fretta. » « La mamma? » « Non lo so. » Jake abbassò l'album e fissò la piramide. Perché mai la mamma avrebbe dovuto disegnare qualcosa, per poi cancellarlo? Abbassò la testa e si mise a studiare il foro. Era perfettamente rotondo, circa della stessa misura di... Jake si schiaffeggiò la fronte. « Ma certo! » « Cosa? » Il ragazzo non rispose. Richiuse l'album e lo mise via. Si era ricordato di un'altra delle lezioni di suo padre. Non dare mai nulla per scontato. Solo gli scienziati da quattro soldi fanno così. Occorrono sempre prove, prove, e ancora prove.
Si portò una mano al collo, fece scivolare sulla testa il cordoncino intrecciato e ne estrasse la sua metà della moneta d'oro. La sollevò in direzione della piramide. Sembrava della stessa misura del foro.
Occorrono sempre prove, prove...
Si avvicinò e allungò la mano che stringeva la moneta.
« Che stai facendo? » chiese Kady spaventata.
Senza far caso a lei, Jake appoggiò la mezza moneta nel foro. Sembrava adattarvisi perfettamente. Ma doveva esserne sicuro.
... e ancora prove.
Sempre tenendo in posizione la propria metà, si voltò verso Kady. « Prova con la tua. » Jake sapeva che la sorella aveva con sé la moneta, ma la ragazza scosse la testa.
« Kady! Ci dev'essere una ragione se mamma e papà ci hanno mandato una moneta spezzata. Non vuoi sapere perché? Questo potrebbe essere il primo indizio. » La ragazza ebbe un attimo di esitazione.
Jake riusciva a vedere la paura nei suoi occhi... e forse anche il dolore.
Nonostante ciò, Kady alzò lentamente la mano per slacciare la sottile catenina d'oro che reggeva la sua metà della moneta, quindi scivolò accanto a Jake, spalla contro spalla. Sfilò la sua moneta dalla catenina e la sollevò.
« Se questa cosa mi farà star male... » lo ammonì Kady.
Ma anche nella sua voce si avvertiva una punta di emozione.
« Prova a vedere se entra. » Non appena la metà di Kady ebbe sfiorato la piramide, nella sala rimbombò un urlo, potente come lo sparo di un fucile per la caccia agli elefanti.
Jake si voltò e riconobbe la sagoma di Drummond che stava correndo verso di loro. « Non toccate... » Jake non avrebbe saputo spiegare perché fece quello che fece in quel momento. Fu come un istinto, qualcosa che era rimasto sepolto nel profondo del suo cuore. Senza badare a Drummond, si voltò verso Kady. Quell'urlo improvviso l'aveva raggelata. Jake afferrò la sua metà della moneta maya e la ficcò nel foro della piramide.
Un incastro perfetto.
Improvvisamente, la moneta così ricomposta acquistò un bagliore lucente, che evidenziava i contorni dei glifi maya riuniti al suo centro.
Jake pronunciò le parole raffigurate dai due simboli: « Sak be ».
Strada bianca.
« Nooo! » urlò Drummond. L'uomo cercò di gridare qualcos'altro. Aveva l'aria di un avvertimento, ma le sue parole furono inghiottite da un'altra dirompente scarica di tuono.
Con tutta la sua cieca forza, l'esplosione fece spegnere in un attimo le luci d'emergenza.
E, prima che Jake potesse reagire, il mondo gli scivolò via da sotto i piedi. Il sangue gli andò alla testa, come se stesse precipitando giù per un pozzo. La sua visuale era invasa da un turbinio di stelle, e un rombo assordante gli riempiva le orecchie. Poi scomparvero anche gli astri, e in un certo senso fu come se il buio fosse diventato ancora più buio.
E, nonostante tutto, lui continuava a tenere la mano di Kady nella sua. Sembrava essere rimasto il suo unico contatto con qualcosa di solido e reale. Le sue dita si stringevano forte intorno a quelle della sorella. Il momento sembrava non finire mai.
Sebbene ancora incapace di distinguere alcunché con la vista, Jake percepiva che in quell'oscurità non erano soli.
Sapeva che, nel buio, qualcosa li stava fissando.
Poi quel qualcosa cominciò a muoversi verso di loro.
Non vedeva niente, ma percepiva come una pressione esercitata nella sua testa a mano a mano che la « cosa » si avvicinava. Le dita di Kady si strinsero più forte alle sue.
Anche lei la sentiva.
Poche parole risuonarono stridule nella mente di Jake, simili al suono di unghie che grattano sul coperchio di una bara di pietra: Vieni da me...
Jake si figurò l'immagine di dita scheletriche che nel buio si protendevano verso di lui. Ma, prima che quelle mani potessero raggiungerlo, qualcosa si lanciò in avanti, frapponendosi tra Jake e quell'essere in agguato nel buio, come per proteggerlo. Ancora privo della capacità di vedere, tutto ciò che riuscì a sentire fu una folata di vento, come se qualcosa provvisto di ali fosse sfrecciato in mezzo a loro.
Non appena quel qualcosa fu passato, Jake ruzzolò a terra, e l'oscurità s'infranse in mille pezzi tutt'intorno a lui. Il mondo ritornò a essere un caleidoscopio di suoni e colori.
Colse un lampo verde smeraldo e udì lo strido di uno strano uccello. Poi la Terra si riassestò. Ebbe la sensazione che le viscere gli fossero piombate in fondo ai piedi, ma le ginocchia sostennero il suo peso, anche se in realtà non era caduto da nessuna parte.
O forse sì.
Si trovava rannicchiato accanto a Kady, in mezzo all'erba alta. Le due metà della moneta d'oro caddero ai suoi piedi tintinnando all'unisono. Lui si affrettò a raccoglierle. L'altra mano stava ancora stringendo quella della sorella. Una cosa che non faceva da quando aveva sei anni.
Intorno a lui, il mondo era tornato a esistere... ma non era più lo stesso di un minuto prima.