CAPITOLO VENTI
LA RICHIESTA DI LORD VOLDEMORT
Harry e Ron lasciarono l’infermeria nel primo mattino di lunedì, rimessi in piena salute dalle cure di Madama Chips e ora capaci di apprezzare i benefici di essere stati messi KO
e avvelenati, il migliore dei quali era che Hermione e Ron erano di nuovo amici. Hermione li aveva persino accompagnati giù per colazione, portando con se la notizia che Ginny aveva litigato con Dean. La creatura che sonnecchiava nel petto di Harry alzò
improvvisamente la testa, annusando l’aria speranzosa.
"Perché hanno litigato?" chiese, cercando di sembrare casuale appena imboccarono un corridoio del settimo piano, che appariva deserto, se non per una ragazza molto piccola che stava esaminando un arazzo con dei troll in tutù. La ragazzina sembrava terrorizzata alla vista degli studenti del sesto anno che si stavano avvicinando e fece cadere le bilance di pesante ottone che stava trasportando.
"Tutto a posto!" disse Hermione gentilmente, avvicinandosi per aiutarla. "Ecco..." Hermione toccò le bilance con la sua bacchetta e disse: "Reparo". La ragazzina non disse neanche grazie, sembrava impietrita sul posto, mentre li guardò allontanarsi; Ron le diede un’altra occhiata.
" Giurerei che diventano sempre più piccole" disse.
"Non ti preoccupare di lei," disse Harry, con una leggera impazienza. "Perché Ginny e Dean hanno litigato, Hermione?"
"Oh, Dean stava ridendo del fatto che McLaggen ti aveva colpito con quel bolide," disse Hermione.
"Dev’essere stato divertente," disse Ron, ragionevolmente. "Non è stato per niente divertente!" disse Hermione, arrabbiata. "E’ stato terribile, e se Coote e Peakes non avessero preso Harry, poteva finire molto male!"
"Oh, va bene, non c’era nessun bisogno che Ginny e Dean si lasciassero per questo," disse Harry, sempre cercando di sembrare casuale. "O stanno ancora insieme?"
"Si, stanno ancora insieme - ma perché sei così interessato?" disse Hermione, lanciando a Harry un’occhiata acuta.
"E’ solo che non voglio che la mia squadra di Quidditch sia di nuovo messa sottosopra!" disse rapidamente Harry, ma Hermione continuò a sembrare sospettosa, e fu molto sollevato quando una voce dietro di loro chiamò, "Harry!" dandogli una buona scusa per voltarsi e darle le spalle. "Oh, ciao, Luna."
"Sono andata a trovarvi all’ospedale," disse Luna, rimestando nella sua borsa. "Ma mi hanno detto che vi avevano dimesso..."
Mise una specie di cipolla verde, un grosso fungo a pallini e una considerevole quantità
di quella che sembrava lettiera di gatto nelle mani di Ron, e finalmente tirò fuori un rotolo di pergamena piuttosto macchiato che diede a Harry.
". . . Mi è stato detto di darti questo."
Era una piccola pergamena, che Harry riconobbe subito come un altro invito per una lezione con Silente.
"Stanotte," disse a Ron e Hermione, dopo averla aperta.
"Bel commento, l’ultima partita!" disse Ron a Luna mentre lei si riprendeva la cipolla verde, il fungo e la lettiera di gatto. Luna sorrise vagamente.
"Mi stai prendendo in giro, vero?" disse. "Tutti dicono che è stata orribile."
"No, dico davvero!" si infervorò Ron. "Non mi ricordo di avere mai sentito un commento migliore! Cos’è questa, piuttosto?" aggiunse, portandosi la specie di cipolla all’altezza degli occhi.
"Oh, è una Gurdyroot," disse, ributtando la lettiera di gatto e il fungo dentro la borsa.
"Puoi tenerla, se vuoi, ne ho altre. Sono ottime per proteggerti dai Plimpy Divoratori." E
se ne andò, mentre Ron ridacchiava, con ancora in mano il Gurdyroot.
"Lo sai, la sto rivalutando, Luna," disse, mentre si avviavano di nuovo verso la Grande Sala. "Lo so che è pazza, ma in un modo buono-" Smise di parlare improvvisamente. Lavanda Brown stava ai piedi della scala di marmo con una faccia che minacciava tempesta. "Ciao," disse Ron nervosamente.
"Andiamo," bisbigliò Harry a Hermione, e si affrettarono ad allontanarsi, anche se riuscirono a sentire Lavanda che diceva, "Perché non mi hai detto che saresti uscito oggi?
E perché stavi con lei?"
Quando arrivò per la colazione, mezz’ora più tardi, Ron sembrava allo stesso tempo triste e infastidito e, sebbene sedesse vicino a Lavanda, Harry non li vide scambiarsi una parola per tutto il tempo che furono insieme. Hermione si comportava come se non si accorgesse di nulla, ma un paio di volte Harry vide un inspiegabile sorrisetto che le passava sul viso. Per tutto il giorno sembrò particolarmente di buon umore, e quella sera nella sala comune acconsentì persino a correggere (in altre parole, a finire di scrivere) il saggio di Erbologia di Harry, qualcosa che si era risolutamente rifiutata di fare fino ad allora, perché sapeva che Harry poi avrebbe fatto copiare il suo lavoro a Ron.
"Grazie, Hermione," disse Harry, dandole una veloce pacca sulla schiena mentre guardava l’orologio, rendendosi conto che erano quasi le otto. "Ascolta, mi devo sbrigare o farò tardi con Silente ..."
Hermione non rispose, piuttosto cancellò alcune delle sue frasi meno riuscite dal saggio di Erbologia, un po’ affaticata. Sorridendo, Harry si affrettò a passare attraverso il foro del ritratto verso l’ufficio del Preside. Il gargoyle si fece da parte al riferimento dei Bignè
Glassati, e Harry fece la scala a chiocciola due gradini alla volta, per bussare alla porta proprio mentre l’orologio all’ interno batteva le otto.
"Avanti," disse Silente, ma mentre Harry stava per aprire la porta, questa fu spalancata dall’interno. C’era la Professoressa Cooman.
"Aha!" gridò, indicando drammaticamente Harry mentre lo guardava, sbattendo gli occhi, attraverso i suoi grandi occhiali.
"Allora, Silente, è questo il motivo per cui mi butti fuori dal tuo ufficio senza tante cerimonie!"
"Mia cara Sibilla," disse leggermente esasperato Silente, "non è questione di buttarti fuori senza tante cerimonie da nessuna parte, ma Harry ha un appuntamento, e io veramente non penso abbiamo ancora molto da dirci -"
"Molto bene," disse la Professoressa Cooman, con un tono profondamente ferito. "Se non vuoi espellere quell’usurpatore, va bene... Forse dovrei trovarmi un’altra scuola che apprezzi di più il mio talento..."
La Professoressa Cooman passò oltre Harry e scomparve giù dalla scala a chiocciola; la sentirono inciampare a metà strada, e immaginarono che avesse pestato uno dei suoi lunghi scialli.
"Per favore, Harry, chiudi la porta e siediti" disse Silente. Sembrava stanco. Harry obbedì, notando, mentre sedeva al suo solito posto di fronte alla scrivania di Silente, che il Pensatoio era di nuovo in mezzo a loro, così come due bottigliette di cristallo piene di vorticosi ricordi.
"La Professoressa Cooman si lamenta ancora perché Fiorenzo insegna?" chiese Harry.
"Si," disse Silente, "Divinazione ci sta dando più problemi di quanto non pensassi, visto che io stesso non ho mai studiato questa materia. Non posso chiedere a Fiorenzo di tornare nella foresta, dove adesso è un bandito, ne posso chiedere a Sibilla Cooman di andarsene. Detto fra noi, lei non ha idea del pericolo in cui si troverebbe fuori del Castello. Vedi, non sa - e io penso sarebbe poco saggio rivelarglielo - che proprio lei ha fatto la profezia su te e Voldemort."
Silente fece un profondo sospiro, poi disse, "Ma non ti preoccupare dei miei problemi con gli insegnanti. Abbiamo questioni più importanti da discutere. Per prima cosa - hai fatto quello di cui ti ho incaricato alla fine della nostra ultima lezione?"
"Ah," disse Harry, spiazzato. Con le lezioni di Materializzazione e il Quidditch e l’avvelenamento di Ron, la sua testa rotta e la sua determinazione a scoprire cosa stava macchinando Draco Malfoy, Harry aveva quasi dimenticato del ricordo che Silente gli aveva chiesto di estrarre dal Professor Slughorn. "Dunque, ho parlato con il Professor Slughorn alla fine della lezione di Pozioni, Signore, ma... ehm... non vuole darmelo." Ci fu un breve silenzio.
"Vedo," disse alla fine Silente, guardando Harry dall’alto dei suoi occhiali a mezzaluna e dando a Harry l’ impressione di essere osservato ai raggi X. "E ti sembra di aver fatto del tuo meglio per questo, non è vero? Di aver fatto ricorso a tutto il tuo considerevole ingegno? Di non aver tralasciato nessuna astuzia nel tuo tentativo di recuperare quel ricordo?"
"Dunque," Harry si fermò, non sapendo più che dire. Il suo unico tentativo di recuperare il ricordo adesso gli sembrava imbarazzantemente fiacco. "Dunque.. il giorno in cui Ron ha bevuto per sbaglio il filtro d’amore, l’ho portato dal Professor Slughorn. Ho pensato che se avessi trovato il Professor Slughorn di buon umore -" "E, ha funzionato?" chiese Silente.
"Dunque, no, Signore, perché Ron è stato avvelenato -"
"-la qual cosa, naturalmente, ti ha fatto dimenticare del tutto di recuperare il ricordo; non mi sarei aspettato niente di diverso, con il tuo miglior amico in pericolo. Ma, quando è stato chiaro che il Signor Weasley si sarebbe ripreso completamente, avrei sperato che tu ritornassi alla missione che ti avevo affidato. Pensavo di averti spiegato chiaramente quanto è importante quel ricordo. In effetti, ho fatto del mio meglio per imprimerti bene nella testa che questo è il ricordo più importante di tutti e che senza di questo, staremmo solo perdendo tempo."
Un caldo e pungente senso di vergogna si propagò dalla cima dei capelli di Harry giù fino alla punta dei piedi. Silente non aveva alzato la voce, non era sembrato neanche arrabbiato, ma Harry avrebbe preferito sentirlo urlare; il suo freddo disappunto era peggio di ogni altra cosa
"Signore," disse con una certa disperazione, "non è che me ne sia disinteressato o altro, è
che ho avuto altre - altre cose. . ."
"Altre cose a cui pensare," Silente finì la frase per lui. "Capisco." Di nuovo il silenzio cadde fra loro, il silenzio più imbarazzante che Harry avesse mai provato; sembrava che non dovesse mai finire, interrotto solo dal leggero russare del ritratto di Armando Dippet dietro la testa di Silente. Harry si sentiva stranamente rimpicciolito, come se si fosse leggermente ristretto da quando era entrato nella stanza. Quando non riuscì più a sopportarlo disse, "Professor Silente, mi dispiace veramente. Avrei dovuto impegnarmi di più. ... Avrei dovuto capire che non me l’avrebbe chiesto se non fosse stato veramente importante."
"Grazie per quello che hai detto, Harry," disse calmo Silente. "Posso sperare, allora, che da adesso darai la massima priorità a questa faccenda? Non avrebbe molto senso continuare le nostre lezioni senza quel ricordo."
"Lo faro, Signore, lo prenderò," disse Harry deciso.
"Allora non parliamone più, per adesso," disse Silente più gentilmente, "ma continuiamo la nostra storia da dove avevamo terminato l’altra volta. Ti ricordi dove eravamo rimasti?"
"Si, Signore," disse rapidamente Harry. "Voldemort ha ucciso suo padre e i suoi nonni e ha fatto credere che fosse stato suo zio Morfin. Quindi è ritornato a Hogwarts e ha chiesto ... ha chiesto al Professor Slughorn degli Horcrux," mormorò con un po’ di vergogna.
"Molto bene," disse Silente. "Ora, ti ricorderai, spero, che ti avevo detto fin dall’inizio come durante i nostri incontri avremmo sconfinato nel regno delle ipotesi e delle speculazioni?"
"Si, Signore".
"Finora, e spero tu sia d’accordo, ti ho mostrato delle prove ragionevolmente concrete delle mie deduzioni su cosa ha fatto Voldemort fino all’età di diciassette anni?" Harry annuì.
"Ma adesso, Harry," disse Silente, "adesso le cose cominciano a diventare più oscure e strane. In effetti se è stato difficile trovare prove sul giovane Riddle, è stato quasi impossibile trovare qualcuno preparato a ricordare l’uomo Voldemort. In realtà, dubito che ci sia anima viva, a parte me stesso, che può darci pienamente conto della sua vita da quando ha lasciato Hogwarts. Comunque, ho due ultimi ricordi che vorrei dividere con te." Silente indicò le due bottigliette di cristallo che luccicavano accanto al Pensatoio.
"Sarò lieto di sapere se le conclusioni che ho tratto ti sembrano plausibili o meno." L’idea che Silente avesse una così alta considerazione della sua opinione face provare ad Harry ancora più vergogna per aver fallito il suo compito di recuperare il ricordo dell’Horcrux, e il senso di colpa lo fece agitare nella sedia mentre Silente sollevava verso la luce la prima delle due bottiglie e la esaminava.
"Spero che tu non sia stanco di tuffarti nei ricordi altrui, perché sono ricordi strani, questi due," disse. "Il primo è di una vecchia elfa domestica chiamata Hokey. Prima di vedere di cosa Hokey è stata testimone, ti devo rapidamente raccontare di come Lord Voldemort lasciò Hogwarts.
"Aveva raggiunto il settimo anno con, come ci si poteva aspettare, il massimo dei voti in ogni esame che aveva dato. Intorno a lui, i suoi compagni di classe decidevano quale lavoro cercare una volta lasciata Hogwarts. Quasi tutti si aspettavano grandi cose da Tom Riddle, Prefetto, Caposcuola, vincitore di un Encomio Speciale per i Servigi Resi alla Scuola. So per certo che alcuni insegnanti, tra cui il Professor Slughorn, gli suggerirono di andare al Ministero della Magia, gli offrirono degli incarichi, lo misero in contatto con persone importanti. Rifiutò tutte le offerte. Poco dopo, seppero che Voldemort lavorava da Magie Sinister."
"Da Magie Sinister?" ripetè Harry, stupito.
"Da Magie Sinister," ripetè calmo Silente. "Penso che ti sarà chiaro quali attrattive aveva quel posto quando entreremo nel ricordo di Hokey. Ma quella non fu la prima scelta di Voldemort per quanto riguarda il lavoro. Non lo seppe nessuno a quel tempo - io sono stato uno dei pochi ai quali l’allora Preside lo confidò - ma per prima cosa Voldemort andò dal Professor Dippet e gli chiese di rimanere a Hogwarts come insegnante."
"Voleva rimanere qui?" chiese Harry sempre più meravigliato, "Perché?".
"Credo che avesse diverse ragioni, anche se non ne confidò nessuna al Professor Dippet," disse Silente. "Per prima cosa, molto importante, Voldemort era, credo, più attaccato a questa scuola di quanto sia mai stato a qualsiasi persona. Hogwarts è stato il luogo dove è stato più felice; il primo e unico posto che abbia considerato come casa sua." Harry si sentì un po’ a disagio per queste parole, perché era esattamente quello che lui stesso sentiva verso Hogwarts.
"Seconda cosa, il castello è una fortezza di antica magia. Senza dubbio Voldemort ha penetrato i suoi segreti molto di più della maggior parte degli studenti che sono passati di qui, ma deve aver sentito che c’erano ancora misteri da svelare, tantissima magia ancora da sfruttare."
"Per terzo, come insegnante, avrebbe avuto un enorme potere ed influenza su giovani streghe e maghi. Forse ha avuto questa idea dal Professor Slughorn, l’insegnante con cui si trovava meglio, che gli aveva dimostrato quanto potesse essere importante il ruolo di un insegnante. Io non riesco ad immaginarmi neanche per un istante Voldemort che passa il resto della sua vita a Hogwarts, però credo che lui la vedesse come un utile terreno di reclutamento, un posto dove avrebbe potuto iniziare a mettere insieme un esercito."
"Ma non ottenne il lavoro, Signore?"
"No, non lo ottenne. Il Professor Dippet gli disse che a diciotto anni era troppo giovane, ma lo invitò a ripresentarsi dopo qualche anno, se ancora avesse voluto insegnare."
"E lei come si sentì, Signore?" chiese esitando Harry. "Profondamente a disagio," disse Silente. "Avevo consigliato io Armando di non dargli il posto - non gli spiegai le ragioni che ho spiegato a te, perché il Professor Dippet era molto affezionato a Voldemort ed era convinto della sua onestà. Ma io non volevo che Lord Voldemort tornasse in questa scuola, e specialmente in una posizione di potere."
"Quale posizione voleva, Signore? Quale materia voleva insegnare?" In qualche modo, Harry sapeva la risposta anche prima che Silente gliela desse.
"Difesa contro le Arti Oscure. A quel tempo la insegnava una vecchia Professoressa che si chiamava Galatea Merrythought, che era a Hogwarts da circa cinquant’anni."
"Così Voldemort se ne andò da Magie Sinister, e tutti gli insegnanti che lo ammiravano dissero che era un peccato, che un mago così giovane e brillante andasse a lavorare in un negozio. Comunque, Voldemort non era un semplice commesso. Con la sua educazione, bellezza e intelligenza, gli diedero un lavoro particolare che esiste solo in un posto come Magie Sinister, la cui specialità, come sai, Harry, sono oggetti con proprietà
rare e potenti. Voldemort, lo mandavano in giro a convincere le persone a separarsi dai loro tesori che poi i soci mettevano in vendita, e in questo risulta che fosse particolarmente dotato."
"C’è da scommetterci," disse Harry, incapace di controllarsi.
"Si, infatti," disse Silente, con un leggero sorriso. "E adesso è il momento di sentire Hokey, l’elfa domestica di una strega molto vecchia e ricca, che si chiamava Hepzibah Smith."
Silente toccò una bottiglia con la sua bacchetta, il tappo volò via, e lui versò il ricordo turbinoso nel Pensatoio, dicendo, "Dopo di te, Harry."
Harry si alzò in piedi e si curvò ancora una volta sopra l’argenteo e agitato contenuto del bacino di pietra, finché il suo viso arrivò a toccarlo. Harry rotolò attraverso il nero niente e si ritrovò in una sala, di fronte ad una vecchia signora enormemente grassa, che portava una elaborata parrucca rossa e un vestito rosa brillante che le ricadeva tutto intorno, dandole l’aspetto di una torta gelato che si stava sciogliendo. Si stava guardando in un piccolo specchio ingioiellato e con un grosso piumino si passava del fondo tinta sulle guance già scarlatte, mentre la più magra e vecchia elfa domestica che Harry avesse mai visto le infilava i grassi piedi nelle strette pantofole di velluto.
"Sbrigati, Hokey!" disse Hepzibah imperiosamente. "Ha detto che sarebbe venuto alle quattro, mancano solo pochi minuti e non è mai arrivato in ritardo!" La signora mise via il piumino mentre l’elfa domestica si rialzava. La testa della domestica raggiungeva a malapena il sedile della sedia di Hepzibah, e la sua pelle incartapecorita le stava appesa addosso esattamente come il lenzuolo di lino spiegazzato che portava come una toga.
"Come sto?" disse Hepzibah, girando la testa per ammirare da diverse angolazioni il suo viso allo specchio.
"Meravigliosamente, Signora," disse Hokey con una voce acuta. Harry non poté non pensare che nel contratto di Hokey ci fosse una clausola che la obbligasse a mentire su questo punto, perché Hepzibah Smith non sembrava per niente
"Meravigliosa", secondo lui.
Suonò campanello, e sia la padrona che l’elfa sussultarono.
"Presto, presto, è arrivato, Hokey!" strillò Hepzibah mentre l’elfa correva fuori dalla stanza, che era così piena di oggetti che era inimmaginabile che qualcuno potesse trovare la strada in mezzo a loro senza buttare giù almeno una dozzina di oggetti: c’erano armadietti pieni di scatolette laccate, scatole piene di libri rilegati in oro, scaffali di globi e sfere celesti, e molti vasi di piante rigogliose in contenitori di ottone. In effetti, la stanza sembrava un incrocio tra un negozio di antiquariato magico e un museo. L’elfa domestica ritornò dopo pochi minuti, seguita da un giovane alto che Harry non ebbe difficoltà a riconoscere in Voldemort. Era vestito sobriamente, con un abito nero; i capelli erano leggermente più lunghi di come li portasse alla Scuola e le guance erano incavate, ma questo gli donava; sembrava più bello del solito. Voldemort trovò la sua strada attraverso la stanza stipata con un aria che dimostrava come l’avesse visitata già
molte volte e si inchinò verso la piccola e grassa mano di Hepzibah, sfiorandola con le labbra.
"Le ho portato dei fiori," disse a voce bassa, tirando fuori dal nulla un mazzo di rose.
"Birichino, non avresti dovuto!" strillò la vecchia Hepzibah, per quanto Harry potesse notare che c’era un vaso vuoto pronto sul tavolino vicino. "Stai viziando questa vecchia signora, Tom. ... Siediti, siediti. . . . Dov’è Hokey? Ah ..."
L’elfa domestica arrivò di corsa nella stanza, portando un vassoio di dolcetti che mise accanto alla sua padrona.
"Serviti, Tom," disse Hepzibah, "So che ti piacciono i miei dolci. Allora, come stai? Sei pallido. Ti fanno lavorare troppo in quel negozio, l’ho detto centinaia di volte..." Voldemort sorrise meccanicamente e Hepzibah lo ricambiò giuliva.
"Allora, con quale pretesto sei venuto a trovarmi, stavolta?" gli chiese, sbattendo le ciglia.
"Il Signor Burke vorrebbe fare una nuova offerta per l’armatura dei goblin," disse Voldemort. "Cinquecento Galeoni, pensa che sia un’offerta più che ragionevole -"
"Piano, piano, non così in fretta, o potrei pensare che tu sia qui solo per i miei gioiellini!" rispose Hepzibah con disappunto.
"Sono stato mandato qui per questo," disse Voldemort con calma. "Sono solo un povero commesso, Madame, che fa quello che gli viene detto. Il Signor Burke vuole che le chieda
-"
"Oh, il Signor Burke, bha!" disse Hepzibah, agitando la sua piccolo mano. "Ho qualcosa da mostrarti che non ho mai fatto vedere al Signor Burke! Sai mantenere un segreto, Tom? Promettimi che non dirai al Signor Burke che ce l’ho! Non mi lascerebbe più in pace se sapesse che te l’ho mostrato, non lo vendo, a Burke, o a qualsiasi altro! Ma tu, Tom, lo puoi apprezzare per la sua storia, non per i Galeoni che puoi ricavarne."
"Sarò lieto di vedere qualsiasi cosa che la Signorina Hepzibah vorrà mostrarmi," disse Voldemort a bassa voce, e Hepzibah fece un’altra risatina da ragazzina.
"Manderò Hokey a prenderlo . . . Hokey, dove sei? Voglio mostrare al Signor Riddle il nostro più grande tesoro... Ora che ci penso, portali tutti e due, già che ci sei..."
"Ecco, Madame," disse l’elfa domestica, e Harry vide due scatole di cuoio, una sopra l’altra, che sembrava si muovessero di moto proprio attraverso la stanza, anche se sapeva che la piccola elfa le stava tenendo sopra la testa facendosi strada tra i tavoli, le poltroncine e gli sgabelli.
"Ecco," disse felice Hepzibah, prendendo le scatole dall’elfa, mettendosele in grembo, e preparandosi ad aprire la prima, "Questo ti piacerà, Tom. . . . Oh, se la mia famiglia sapesse che te lo sto mostrando. . . . Non aspettano altro che di impossessarsene!" Aprì il coperchio. Harry si sporse un po’ in avanti per avere una visuale migliore e vide quella che sembrava una piccola coppa d’oro con due manici finemente lavorati.
"Sai cos’è questa, Tom? Prendila, guardala bene!" sussurrò Hepzibah, e Voldemort allungò le sue lunghe dita e sollevò la coppa per un manico dal suo stretto alloggiamento di seta. Harry pensò di aver visto un bagliore rossastro nei suoi occhi scuri. La stessa espressione avida si rispecchiava curiosamente sul volto di Hepzibah, se non che i suoi piccoli occhi erano fissi sui bei lineamenti di Voldemort.
"Un tasso," mormorò Voldemort, esaminando l’incisione sulla coppa. "Quindi questa coppa apparteneva . . . ?"
"A Helga Tassorosso, come sai perfettamente, furbacchione!" disse Hepzibah, sporgendosi in avanti con un forte scricchiolio dei suoi corsetti mentre gli pizzicava la guancia incavata. "Non ti ho mai detto che sono una sua lontana discendente? Questa è passata per anni di mano in mano nella nostra famiglia. Meravigliosa, vero? E si dice che abbia enormi poteri, anche se io non li ho mai provati seriamente, la tengo solo qui, al sicuro. .
."
Riprese la coppa dal lungo indice di Voldemort e la rimise delicatamente nella scatola, troppo intenta a riporla con cura nella sua posizione per notare l’ombra che attraversò il volto di Voldemort quando gli fu ripresa via la coppa.
"E adesso," disse felice Hepzibah, "dov’è Hokey? Ah, ecco, sei qui -ora portala via, Hokey." L’elfa riprese obbediente la scatola della coppa, e Hepzibah spostò la sua attenzione sulla custodia molto più sottile che aveva in grembo.
" Questo ti piacerà ancora di più, Tom," sussurrò. "Avvicinati un po’, caro, così potrai vedere meglio. . . . Naturalmente, Burke lo sa che ce l’ ho, l’ ho comprato da lui, ma suppongo che gli piacerebbe riaverlo quando non ci sarò più..." Alzò il fermaglio di fine filigrana e aprì la custodia. Sopra un liscio velluto scarlatto c’era un pesante medaglione d’oro.
Voldemort allungò la mano, senza essere invitato a farlo, stavolta, e lo sollevò alla luce, fissandolo.
"Il simbolo di Serpeverde," disse con calma, mentre la luce guizzava su una S decorata a forma di serpente.
"Bravo!" disse Hepzibah, felice, evidentemente, alla vista di Voldemort che fissava impietrito il suo medaglione. "L’ho pagato un occhio della testa, ma non potevo rinunciarci, un tesoro così, dovevo averlo nella mia collezione. Pare che Burke l’abbia comprato da una pezzente che probabilmente l’aveva rubato, ma non aveva idea del suo vero valore -"
Non ci si poteva sbagliare, stavolta: gli occhi di Voldemort si accesero di scarlatto a queste parole, e Harry vide le sue nocche sbiancare mentre si stringevano intorno alla catena del medaglione.
"-Suppongo che Burke le abbia pagato una sciocchezza ma, cosa vuoi. . . . Grazioso, eh?
E, di nuovo, tutti i poteri che gli sono attribuiti, anche se io lo tengo solo qui al sicuro. . .
."
Allungò la mano per riprendere il medaglione. Per un momento, Harry pensò che Voldemort non lo avrebbe lasciato, ma un attimo dopo scivolò tra le sue dita e fu riposto sul suo cuscino di velluto rosso.
"Ecco qui, Tom, spero ti sia piaciuto!"
Lo guardò bene in faccia e, per la prima volta, Harry vide vacillare il suo sciocco sorriso.
"Tutto bene, caro?"
"Oh si," disse piano Voldemort. "Si, va tutto molto bene. ..."
"Mi è sembrato - un gioco di luci, immagino -" disse Hepzibah, nervosa, e Harry immaginò che anche lei avesse visto il lampo rosso negli occhi di Voldemort. "Tieni, Hokey, portali via e chiudili bene... I soliti incantesimi..."
"E’ ora di andare, Harry," disse Silente sottovoce, e mentre l’elfa domestica ballonzolava via portando le scatole, Silente prese di nuovo Harry sopra il gomito e insieme, innalzandosi attraverso l’oblio, tornarono nell’ufficio di Silente.
"Hepzibah Smith morì due giorni dopo questa piccola scena," disse Silente, riprendendo la sua sedia e indicando a Harry di fare lo stesso. "Hokey l’elfa domestica fu arrestata dal Ministero per aver avvelenato per errore la cioccolata calda della sua padrona."
"Assurdo!" disse rabbiosamente Harry.
"Vedo che siamo d’accordo," disse Silente. "Certo ci sono molte similitudini tra questa morte e quella dei Riddle. In entrambi i casi, qualcun altro se ne assunse la colpa, qualcuno con un vivido ricordo di aver causato la morte-" "Hokey confessò?"
"Disse che si ricordava di aver messo qualcosa nella cioccolata della padrona che si rivelò
non essere zucchero, ma un veleno mortale e poco conosciuto, disse Silente. "Si concluse che non voleva farlo, ma visto che era vecchia e rimbambita -"
"Voldemort modificò il suo ricordo, proprio come con Morfin!" "Si, sono arrivato alla stessa conclusione," disse Silente. "E, esattamente come con Morfin, il Ministero era portato a sospettare di Hokey -"
"-perché era un’elfa domestica," disse Harry. Di rado gli capitava di provare tanta simpatia per la società fondata da Hermione, la C.R.E.P.A. "Esattamente," disse Silente.
"Era vecchia, ammetteva di aver maneggiato la bevanda, e nessuno al Ministero si preoccupò di indagare oltre. Come nel caso di Morfin, per quando riuscii a rintracciarla ed estrarle il suo ricordo, era ormai alla fine della sua vita - ma il suo ricordo, naturalmente, non prova altro che Voldemort era a conoscenza dell’esistenza della coppa e del medaglione".
"Quando Hokey fu arrestata, la famiglia di Hepzibah si accorse che due dei suoi più
grandi tesori erano scomparsi. Ci volle un po’ per esserne sicuri, perché lei aveva molti posti segreti, aveva sempre protetto gelosamente la sua collezione. Ma prima che si fosse sicuri oltre ogni dubbio che la coppa e il medaglione erano spariti, il commesso di Magie Sinister, il giovane che aveva visitato così regolarmente Hepzibah e l’aveva così bene incantata, si era licenziato ed era scomparso. I suoi principali non avevano idea di dove fosse andato; erano sorpresi come tutti della sua scomparsa. E questa per molto tempo è
stata l’ultima cosa che fu vista o udita di Tom Riddle.
"Ora," disse Silente, "se non ti dispiace, Harry, vorrei fermarmi ancora una volta per rivolgere la tua attenzione su alcuni punti della nostra storia. Voldemort ha commesso un altro omicidio; che sia stato il primo dopo i Riddle, questo non lo so, ma penso di si. Questa volta, come hai visto, non ha ucciso per vendetta, ma per profitto. Voleva i due favolosi trofei che quella povera donna infatuata gli aveva mostrato. Così come aveva a suo tempo derubato gli altri bambini all’orfanotrofio, così come aveva rubato l’anello di suo zio Morfin, allo stesso modo si impossessò della coppa e del medaglione di Hepzibah."
"Ma," disse Harry, accigliato, "mi sembra una follia. . . . Rischiare tutto, buttando via il suo lavoro, solo per questi. . ."
"Per te sembra una follia, forse, ma non per Voldemort," disse Silente. "Spero che al momento opportuno capirai cosa significano veramente questi oggetti per lui, Harry, ma devi ammettere che non è difficile immaginare che considerasse almeno il medaglione come legittimamente suo." "Il medaglione, forse," disse Harry, "ma perché prendere anche la coppa?"
"Apparteneva ad un altro fondatore di Hogwarts," disse Silente. "Penso che senta ancora una forte attrazione per la Scuola e che non possa resistere di fronte ad un oggetto così
intriso della storia di Hogwarts. Ci sono anche altre ragioni, credo... Spero di potertele dimostrare quando sarà il momento."
"E adesso l’ultimo ricordo che ti devo mostrare, almeno finché non riuscirai a recuperare per noi il ricordo del Professor Slughorn. Ci sono dieci anni che separano il ricordo di Hokey da questo, dieci anni in cui possiamo solo immaginare cosa stesse facendo Lord Voldemort. . ." Harry si alzò nuovamente mentre Silente svuotava l’ultimo ricordo nel Pensatoio.
"Di chi è questo ricordo?" chiese. "Mio," rispose Silente. Harry si tuffò seguendo Silente attraverso la massa agitata d’argento, per tornare nello stesso ufficio che aveva appena lasciato. C’era Fanny che sonnecchiava beatamente sul suo trespolo, e lì dietro la scrivania c’era Silente, che sembrava molto simile al Silente che Harry aveva vicino, sebbene entrambe le mani fossero sane e intatte e il suo volto fosse, forse, un po’ meno segnato dalle rughe. La sola differenza tra l’ufficio di adesso e questo era che nel passato stava nevicando; fiocchi bluastri passavano di fronte alla finestra nell’oscurità e si accumulavano sul davanzale.
Il Silente più giovane sembrava aspettare qualcuno e, infatti, pochi momenti dopo il loro arrivo si sentì bussare alla porta. "Avanti," disse.
Harry si lasciò sfuggire un breve rantolo soffocato. Voldemort era entrato nella stanza. Il suo aspetto non era quello che Harry aveva visto emergere dal grande calderone di pietra quasi due anni prima: non aveva ancora le movenze di un serpente, i suoi occhi non erano ancora scarlatti, il suo volto ancora non era come una maschera, ma comunque non aveva più la bellezza del Tom Ridde del passato. Era come se la sua figura fosse stata bruciata e sfocata; i suoi lineamenti sembravano di cera e perversamente distorti, il bianco degli occhi era iniettato di sangue, sebbene le sue pupille non fossero ancora le fenditure che Harry sapeva sarebbero diventate. Indossava un lungo mantello nero, e il suo volto era pallido come la neve che gli riluceva sulle spalle.
Il Silente dietro la scrivania non mostrò nessun segno di sorpresa. Evidentemente avevano un appuntamento.
"Buona sera, Tom," disse Silente cordialmente. "Perché non ti siedi?"
"Grazie," disse Voldemort, sedendosi sulla sedia che Silente aveva indicato - proprio la sedia, a guardarla bene, che nel presente Harry aveva lasciato. "Ho sentito che sei diventato preside," disse con una voce leggermente più acuta e fredda del passato.
"Un’ottima scelta."
"Sono contento che approvi," disse Silente, sorridendo. "Posso offrirti qualcosa da bere?"
"Più che volentieri," disse Voldemort. "Ho fatto molta strada." Silente si alzò e si spostò verso l’armadietto dove adesso teneva il Pensatoio, e che nel passato era pieno di bottiglie. Dopo aver dato a Voldemort un calice di vino ed essersene versato un altro per se, ritornò a sedere dietro la scrivania. "Allora, Tom ... a cosa devo questo piacere?"
Voldemort non rispose immediatamente, ma sorseggiò appena il suo.
"Nessuno mi chiama più 'Tom' adesso," disse. "Ora, mi chiamano -"
"Lo so come ti chiamano," disse Silente, con un sorriso cordiale. "Ma per me, mi dispiace, tu sarai sempre Tom Riddle. E’ una delle cose irritanti dei vecchi insegnanti. Temo che non dimentichino mai gli inizi dei loro giovani studenti."
Sollevò il suo bicchiere come per brindare a Voldemort, il cui volto rimase privo di espressione. Nonostante ciò, Harry sentì che l’atmosfera della stanza era sottilmente cambiata: il rifiuto di Silente di usare il nome che Voldemort si era scelto era anche il rifiuto di consentire a Voldemort di dettare le regole dell’incontro, e per Harry era evidente che Voldemort l’aveva capito benissimo.
"Mi sorprende che tu sia rimasto qui così a lungo," disse Voldemort dopo una breve pausa. "Mi sono sempre stupito che un mago come te non abbia mai desiderato di abbandonare la Scuola."
"Mah," disse Silente, ancora sorridente, "per un mago come me non c’è niente di più
importante che tramandare gli antichi poteri e aiutare ad affinare giovani menti. Se mi ricordo bene, anche tu una volta eri attratto dall’insegnamento."
"Lo sono ancora," disse Voldemort. "Semplicemente mi meravigliavo che tu - che sei consultato così spesso dal Ministero e a cui ben due volte, penso, è stata offerta la poltrona di Ministro -"
"Veramente tre volte, l’ultima volta che le ho contate," disse Silente. "Ma il Ministero non mi ha mai attratto come carriera. Di nuovo, è qualcosa che abbiamo in comune, credo." Voldemort piegò la testa, senza sorridere, e bevve un altro sorso di vino. Silente non ruppe il silenzio che adesso si stendeva tra loro, aspettando, con un’aria di piacevole attesa, che Voldemort parlasse per primo.
"Sono tornato," disse dopo un po’, "più tardi, forse, di quanto il Professor Dippet si aspettasse . . . ma sono comunque tornato, per chiedere di nuovo quello che una volta mi dissero ero troppo giovane per avere. Sono tornato per chiederti il permesso di tornare al castello, di insegnare. Penso saprai che ho visto e fatto molte cose da quando ho lasciato questo posto. Posso insegnare ai tuoi studenti cose che non potrebbero imparare da nessun altro mago."
Prima di parlare, Silente guardò per un po’ Voldemort da sopra il suo calice.
"Si, certamente. So che hai visto e fatto molte cose da quando ci hai lasciato," disse tranquillamente. "Voci sulle tue azioni hanno raggiunto la tua vecchia scuola. Mi dispiacerebbe credere alla metà di queste."
L’espressione di Voldemort rimase impassibile mentre diceva, "La grandezza produce l’invidia, l’invidia genera la cattiveria, e la cattiveria partorisce le menzogne. Dovresti saperlo, Silente."
"Quindi quello che hai fatto tu lo chiami ‘grandezza’, non è vero?" chiese delicatamente Silente.
"Certamente," disse Voldemort, e i suoi occhi sembrarono prendere fuoco. "Ho sperimentato; ho spinto i limiti della magia dove, forse, nessuno era mai arrivato-"
"Di un certo tipo di magia," lo corresse Silente con calma. "Di un certo tipo. Di un altro tipo tu rimani . . . perdonami . . . deplorevolmente ignorante." Per la prima volta, Voldemort sorrise. Era un ghigno tirato, una cosa malvagia, più
minaccioso della rabbia.
"La solita argomentazione," disse a bassa voce. "Ma niente di quello che ho visto al mondo conferma la tua famosa affermazione che l’amore è più potente del mio tipo di magia, Silente."
"Forse hai guardato nei posti sbagliati," suggerì Silente.
"Allora, dunque, quale posto migliore di qui a Hogwarts per cominciare le mie nuove ricerche?" disse Voldemort. "Mi lascerai tornare? Mi consentirai di condividere le mie conoscenze con i tuoi studenti? Me stesso e il mio talento sono a tua disposizione. Sono ai tuoi ordini."
Silente sollevò le sopracciglia. "E cosa accadrà di quelli che sono ai tuoi, di ordini? Cosa accadrà di quelli che si fanno chiamare - o sono stati chiamati - i Mangiamorte?" Harry si accorse che Voldemort non si aspettava che Silente conoscesse questo nome; vide gli occhi di Voldemort accendersi nuovamente di rosso, mentre le narici sottili si dilatavano.
"I miei amici," disse dopo un istante, "se la caveranno senza di me, ne sono sicuro."
"Sono lieto di sentire che li consideri amici," disse Silente. "Avevo l’impressione che fossero piuttosto dei servi."
"Ti sbagli," disse Voldemort.
"Allora se io andassi stasera alla Testa di Porco, non troverei un gruppo di questi - Nott, Rosier, Mulciber, Dolohov - che ti aspettano? Devono essere degli ottimi amici, per farsi tutta questa strada di notte sotto la neve, solo per augurarti buona fortuna per il tuo posto da insegnante"
Senza dubbio, a Voldemort diede ancora più fastidio la dettagliata conoscenza delle persone con le quali aveva viaggiato che aveva dimostrato Silente; nonostante tutto, si riprese quasi subito.
"Sei onniscente come sempre, Silente."
"Oh no, sono solo amico dei baristi locali," minimizzò Silente. "Adesso, Tom . . ." Silente posò il suo bicchiere vuoto e si raddrizzò nella sua sedia, con la punta delle dita a toccarsi, nel suo caratteristico gesto.
"Diciamocelo sinceramente. Perché sei venuto qua, circondato dai tuoi scagnozzi, per chiedere un lavoro che sappiamo entrambi tu non vuoi?"
Voldemort sembrò freddamente sorpreso. "Un lavoro che non voglio? Al contrario, Silente, lo voglio eccome."
"Oh, tu vuoi tornare a Hogwarts, ma non desideri insegnare adesso come non lo volevi quando avevi diciotto anni. Cosa vuoi veramente, Tom? Perché non provi a chiederlo apertamente, per una volta?"
Voldemort fece una smorfia. "Se non vuoi darmi questo lavoro -"
"Naturalmente no," disse Silente. "E non credo assolutamente che tu ti aspettassi da me qualcosa di diverso. Nonostante ciò, se sei venuto qua a chiederlo, ci deve essere un motivo."
Voldemort si alzò. Somigliava sempre meno al Tom Riddle del passato, i suoi lineamenti induriti dalla rabbia. "E’ la tua ultima parola?"
"Lo è," disse Silente, alzandosi anche lui.
"Allora non abbiamo più niente da dirci."
"No, niente," disse Silente, mentre una grande tristezza gli riempiva il volto. "E’ passato da un pezzo il tempo in cui potevo terrorizzarti con un armadio in fiamme e costringerti a rimediare ai tuoi misfatti. Ma vorrei ancora poterlo fare, Tom ... Lo vorrei veramente. . . ." Per un attimo, Harry fu sul punto di lanciare un inutile avvertimento: era sicuro di aver visto la mano di Voldemort scattare verso la bacchetta che aveva in tasca; ma il momento passò, Voldemort si girò, la porta si chiuse, e se ne andò.
Harry sentì la mano di Silente stringergli di nuovo il braccio e un momento dopo si ritrovarono nello stesso posto, ma non c’era neve sul davanzale, e la mano di Silente era di nuovo annerita e inerte.
"Perché?" disse improvvisamente Harry, guardando in faccia Silente. "Perché è tornato?
Lo ha mai scoperto?"
"Ho delle idee," disse Silente, "ma non più di questo."
"Quali idee, Signore?"
"Te lo dirò, Harry, quando avrai recuperato quel ricordo del Professor Slughorn," disse Silente.
"Quando avrai l’ultimo pezzo del puzzle, spero tutto sarà chiaro... per entrambi." Harry ancora bruciava di curiosità e sebbene Silente fosse andato alla porta e la stesse tenendo aperta per lui, non si mosse affatto.
"Voleva la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure, Signore? Non lo ha detto..."
"Oh, certo che voleva la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure," disse Silente. "Le conseguenze del nostro breve incontro lo hanno dimostrato. Vedi, non siamo stati capaci di tenere un insegnante di Difesa contro le Arti Oscure per più di un anno, dopo che ho rifiutato la cattedra a Lord Voldemort."
CAPITOLO VENTUNO
LA STANZA INTROVABILE
Harry si scervellò durante la settimana successiva per trovare un modo di convincere Slughorn a cedergli il vero ricordo, ma non gli venne nessun lampo di genio e si ridusse a fare quello che aveva fatto in quei giorni quando era perplesso: immergersi nel suo libro di Pozioni, sperando che il Principe avesse scribacchiato qualcosa di utile a margine, così
come aveva fatto molte altre volte.
‘Non ci troverai niente,’ disse fermamente Hermione, la sera di sabato, tardi.
‘Non cominciare, Hermione,’ disse Harry. ‘Se non fosse stato per il Principe, Ron non sarebbe seduto qui, ora.’
‘Ci sarebbe, se solo avessi ascoltato Piton il primo anno,’ disse Hermione tagliando corto. Harry la ignorò. Aveva appena trovato un incantesimo (Sectumsempra!) graffiato sopra le intriganti parole ‘Per nemici’, e aveva una gran voglia di provarlo, ma pensò che era meglio non farlo davanti ad Hermione. Invece, furtivamente, piegò all’ingiù l’angolo della pagina.
Erano seduti accanto al fuoco nella sala comune; le uniche altre persone ancora alzate erano compagni del sesto anno. C’era stata una certa eccitazione prima, quando erano tornati dalla cena e avevano trovato un nuovo cartello in bacheca che annunciava la data della loro prova di Materializzazione.
Quelli che avrebbero compiuto i 17 anni entro o prima della data della prova, il 21 aprile, avevano l’opportunità di iscriversi per partecipare a sessioni pratiche aggiuntive, che si sarebbero tenute (sotto stretto controllo) a Hogsmeade.
Ron era andato in panico leggendo la notizia; non era ancora riuscito a Materializzarsi e temeva che non sarebbe stato pronto per il test. Hermione, che era riuscita a Materializzarsi due volte, era un po’ più fiduciosa, ma Harry, che non avrebbe avuto 17
anni per altri quattro mesi, non avrebbe comunque potuto affrontare il test che fosse preparato o no.
‘Almeno tu sai Materializzarti, comunque!’ disse Ron teso. ‘Da luglio non avrai problemi!’
‘L’ho solo fatto una volta,’ gli ricordò Harry; era alla fine riuscito a scomparire e rimaterializzarsi nel suo cerchio durante l’ultima lezione.
Avendo perso molto tempo a lamentarsi ad alta voce per Materializzazione, Ron stava ora lottando per finire un saggio perfidamente difficile per Piton che Harry ed Hermione avevano già completato. Harry si aspettava un voto basso perché aveva dissentito con Piton sul modo migliore per affrontare i Dissennatori, ma non gli importava: ora il vero ricordo di Slughorn era la cosa più importante per lui.
‘Te l’ho detto, quello stupido Principe non ti aiuterà in questo, Harry!’ disse Hermione a voce più alta. ‘C’è solo un modo per forzare qualcuno a fare ciò che si vuole, ed è
l’incantesimo Imperius, che è illegale –‘
‘Sì, lo so, grazie,’ disse Harry senza alzare gli occhi dal libro. ‘Ecco perché sto cercando qualcosa di diverso. Silente dice che il Veritaserum non funzionerà, ma può esserci qualcos’altro, una pozione o un incantesimo…’
‘Stai scegliendo la via sbagliata,’ disse Hermione. ‘Silente dice che solo tu puoi ottenere il ricordo. Questo deve significare che puoi convincere Slughorn in un modo che le altre persone non conoscono. Non si tratta di propinargli una pozione, chiunque potrebbe farlo –‘
‘Come scriveresti “belligerante”? disse Ron, scuotendo la sua penna molto forte fissando la pergamena. ‘Non può essere S – E – D – E – R – E ‘No, non può,’ disse Hermione, tirando il saggio di Ron verso di sé. ‘E neanche
“Promettente” inizia per O – R – G. Che tipo di piuma stai usando?’
‘È una delle penne Controlla-Scrittura di Fred e George… ma penso che l’ incantesimo si stia esaurendo…’
‘Sì, probabilmente,’ disse Hermione, indicando il titolo del compito, ‘perché ci è stato chiesto come dovremmo comportarci con i Dissennatori, non “ScavaPaludi”, e, inoltre, non ricordo che tu abbia cambiato il tuo nome in “Roonil Wazlib”.
‘Ah, no!’ disse Ron fissando la pergamena inorridito. ‘Non dirmi che devo riscrivere tutta la faccenda da capo!’
‘Va bene, possiamo rimediare,’ disse Hermione tirando a sé la pergamena e sfoderando la bacchetta. ‘Ti amo, Hermione,’ disse Ron, sprofondando indietro nella sua sedia, sfregandosi gli occhi stancamente.
Hermione arrossì debolmente, ma semplicemente disse, ‘Non ti far sentire da Lavanda dire una cosa simile’
‘Non lo farò’ disse fra sé Ron. ‘Oppure sì… così mi pianterà in asso.’
‘Perché non la pianti tu se vuoi farla finita?’ chiese Harry.
‘Non hai mai piantato nessuno, vero?’ disse Ron. ‘Tu e Cho solo–‘
‘Una specie di cotta, sì,’ disse Harry.
‘Vorrei che fosse capitato anche a me e Lavanda’, disse Ron triste, guardando Hermione mentre silenziosamente batteva con la punta della bacchetta ogni parola sbagliata, in modo che si correggesse sulla pagina. ‘Ma più alludo che voglio farla finita, più
saldamente lei si attacca. È come uscire con la Piovra gigante.’
‘Ecco,’ disse Hermione venti minuti più tardi, rendendo il compito a Ron.
‘Un milione di grazie,’ disse Ron. ‘Posso prendere a prestito la tua penna per la conclusione?’
Harry, che finora non aveva trovato niente di utile nelle note del Principe Mezzosangue, si guardò attorno; loro tre erano gli unici rimasti nella sala comune, visto che Seamus era appena andato a letto maledicendo Piton e il suo saggio. L’unico suono era lo scoppiettio del fuoco e il rumore della penna presa a prestito da Hermione, con cui Ron stava buttando giù l’ultimo paragrafo sui Dissennatori.
Harry aveva appena chiuso sbadigliando il libro del Principe Mezzosangue, quando –
Crack.
Hermione si lasciò sfuggire un gridolino; Ron rovesciò inchiostro su tutto il suo compito e Harry disse, ‘Kreacher!’
L’elfo domestico si inchinò profondamente verso il suo alluce nodoso.
‘Il padrone ha detto di volere regolari relazioni su cosa il giovane Malfoy sta facendo, così
Kreacher è venuto per farla –‘
Crack.
Dobby apparì a fianco di Kreacher, col copriteiera che usava come berretto di traverso.
‘Anche Dobby ha aiutato, Harry Potter!’ squittì, lanciando a Kreacher uno sguardo risentito. ‘E Kreacher dovrebbe dire a Dobby quando viene a trovare Harry Potter, così da fare rapporto assieme!’
‘Che significa?’ chiese Hermione, ancora scioccata da quelle improvvise apparizioni. ‘Cosa sta succedendo, Harry?’
Harry esitò prima di rispondere, perché non aveva detto ad Hermione di aver messo Kreacher e Dobby a pedinare Malfoy; gli elfi domestici erano sempre un argomento che la rendeva suscettibile.
‘Bene… hanno seguito Malfoy per me,’ disse.
‘Giorno e notte,’ gracchiò Kreacher.
‘Dobby non ha dormito per una settimana, Harry Potter!’ disse Dobby con orgoglio, ondeggiando sul posto.
Hermione sembrò indignata.
‘Non hai dormito, Dobby? Ma certamente, Harry, non gli avrai detto di non –‘
‘No, ovviamente,’ disse velocemente Harry. ‘Dobby, puoi dormire, capito? Ma qualcuno di voi ha scoperto qualcosa?’ chiese precipitosamente, prima che Hermione potesse intervenire ancora.
‘Il Padrone Malfoy si muove con una nobiltà che rispecchia il suo sangue puro,’ gracchiò
Kreacher immediatamente. ‘Le sue fattezze richiamano l’ossatura fine della mia signora e le sue maniere sono quelle di –‘
‘Draco Malfoy è un ragazzo cattivo!’ squittì rabbiosamente Dobby. ‘Un cattivo ragazzo che
– che –‘
Egli rabbrividì dal fiocco del suo cappello alla punta dei suoi calzini e poi corse verso il fuoco, come per tuffarcisi dentro; Harry non fu colto di sorpresa; rapidamente, lo intercettò a metà strada e lo trattenne. Per qualche secondo Dobby lottò, poi si afflosciò.
‘Grazie, Harry Potter,’ ansimò. ‘Dobby ha ancora difficoltà a parlar male dei suoi vecchi padroni…’
Harry lo lasciò; Dobby si raddrizzò il cappello-copriteiera e disse in maniera ribelle a Kreacher, ‘Ma Kreacher dovrebbe sapere che Draco Malfoy non è un buon padrone per un elfo domestico!’
‘Sì, non abbiamo bisogno di sentire il tuo amore per Malfoy,’ disse Harry a Kreacher.
‘Passiamo oltre e parliamo di dove sta andando veramente.’
Kreacher si inchinò ancora, con aria furente, e poi disse ‘Il Padrone Malfoy mangia nella Sala Grande, dorme in un dormitorio nei sotterranei, frequenta i suoi corsi in vaietà di–‘
‘Dobby, dimmi tu,’ disse Harry, tagliando corto con Kreacher.
‘È andato da qualche parte dove non avrebbe dovuto?’
‘Harry Potter, signore,’ squittì Dobby con i grandi occhi scintillanti alla luce del fuoco, ‘il giovane Malfoy non sta infrangendo regole che Dobby possa scoprire, ma è molto attento a evitare punizioni. Ha fatto regolari visite al settimo piano con una varietà di altri studenti, che lasciava a vigilare mentre lui entrava –‘
‘La stanza delle Necessità!’ disse Harry, battendosi forte la fronte con il libro di Pozioni Avanzate. Hermione e Ron lo fissarono. ‘Ecco dove strisciava! Ecco dove sta facendo…
qualsiasi cosa stia facendo!’ E ci scommetto che è questo il motivo per cui scompariva dalla mappa – ripensandoci, non ho mai visto sulla mappa la Stanza delle Necessità!’
‘Forse i Malandrini non hanno mai saputo che la Stanza era là,’ disse Ron.
‘Credo che faccia parte della magia della Stanza,’ disse Hermione. ‘Se hai bisogno che non sia rintracciabile, non lo sarà.’
‘Dobby, hai tentato di entrare e dare un’occhiata a quello che Malfoy sta facendo?’ chiese Harry impaziente.
‘No, Harry Potter, è impossibile,’ disse Dobby.
‘No, non lo è,’ disse Harry ad un tratto. ‘Malfoy è entrato nel nostro Quartier generale l’anno scorso, quindi riuscirò ad entrare e a spiarlo, non c’è problema.’
‘Non credo ci riuscirai, Harry,’ disse Hermione lentamente. ‘Malfoy sapeva esattamente come stavamo usando la stanza perché quella stupida Marietta aveva spifferato tutto. Aveva bisogno che la Stanza diventasse il Quartier generale del ES, e così ha fatto. Ma tu non sai cosa diventa la stanza quando Malfoy ci entra, così non sai cosa in cosa chiederle di trasformarsi.’
‘Ci sarà un modo,’ concluse Harry. ‘Sei stato bravissimo, Dobby.’
‘Anche Kreacher ha fatto bene,’ disse Hermione gentilmente; ma lontano da mostrarsi grato, Kreacher distolse il suo brutto sguardo iniettato di sangue e gracchiò al soffitto,
‘La Mezzosangue sta parlando a Kreacher, Kreacher fingerà di non aver sentito –‘
‘Esci di qui,’ gli disse seccamente Harry, e Kreacher fece un ultimo profondo inchino e Scomparve. ‘Faresti meglio ad andare anche tu Dobby, e dormire un po’.’
‘Grazie Harry Potter, signore!’ squittì felicemente Dobby e Scomparve anche lui.
‘Buone notizie!’ disse Harry entusiasta, girandosi verso Ron ed Hermione nel momento in cui la stanza era nuovamente libera da elfi.
‘Ora sappiamo dove sta andando Malfoy! Lo abbiamo messo all’angolo!’
‘Sì, è grandioso,’ disse Ron tristemente, cercando di asciugare la fradicia massa di inchiostro che sino a poco prima era un compito quasi finito. Hermione lo tirò davanti a sé e cominciò ad aspirare via l’inchiostro con la bacchetta.
‘Ma cosa significa di lui che va là con “diversi studenti”?’ disse Hermione. ‘Quante persone sono coinvolte? Non penserai che faccia sapere a tante di loro cosa sta facendo…’
‘Sì, ‘ strano,’ disse Harry, accigliandosi. ‘L’ho sentito dire a Tiger che quello che sta facendo non era affar suo… quindi cosa ha detto a tutti questi… tutti questi…’
La voce di Harry diminuì gradatamente; stava fissando il fuoco.
‘Cielo, sono stato stupido,’ disse calmo. ‘È ovvio, vero? Ce n’era un grosso tino giù nel sotterraneo… può averne rubato un po’ in qualsiasi momento durante quella lezione…’
‘Rubato cosa?’ disse Ron.
‘Pozione Pulisucco. Ha rubato un po’ della Pozione Polisucco che Slughorn ci ha mostrato durante la nostra prima lezione di Pozioni… non c’erano molti studenti a far la guardia per Malfoy, erano solo Tiger e Goyle come al solito… sì, tutto combacia!’ disse Harry, saltando su e iniziando a camminare su e giù davanti al fuoco. ‘Sono abbastanza stupidi da fare ciò che viene loro ordinato anche se lui non dice loro cosa sta combinando… ma lui non vuole che siano visti fuori, nei pressi della Stanza delle Necessità, così gli ha fatto prendere la Pozione Polisucco per farli sembrare altre persone… quelle due ragazze che ho visto con lui Quando ha perso il Quiddich – ha! Tiger e Goyle!’
‘Non vorrai dire,’ disse Hermione con voce calma, ‘che quella ragazzina a cui ho riparato la bilancia –?’
‘Sì, naturalmente!’ disse Harry ad alta voce, fissandola. ‘Naturalmente! Malfoy deve essere stato all’interno della Stanza in quel momento, così lei – cosa sto dicendo? – lui ha fatto cadere la bilancia per dire a Malfoy di non venir fuori, perché c’era qualcuno! E
c’era anche quella ragazza che ha fatto cadere le uova di rospo! Gli siamo passati davanti ogni volta senza capire!’
‘Sta facendo trasformare Tiger e Goyle in ragazze?’ Ron scoppiò in una risata sonora.
‘Accidenti… non mi sorprende che non sembrassero troppo felici in questi giorni… Mi stupisco che non gli abbiano detto di ficcarsela…’
‘Bene, non lo avrebbero fatto se lui gli avesse mostrato il suo Marchio Nero’, disse Harry.
‘Mmmhhh… il Marchio Nero non sappiamo se esiste,’ disse Hermione scettica, arrotolando il compito asciutto di Ron prima che potesse capitargli qualche altro danno e porgendoglielo.
‘Vedremo,’ disse Harry sicuro.
‘Sì, vedremo,’ disse Hermione alzandosi in piedi e stirandosi. ‘Ma, Harry, prima che ti ecciti tanto, continuo a pensare che non riuscirai ad entrare nella Stanza delle Necessità
senza prima sapere cosa c’è. E penso che non dovresti dimenticare,’ si tirò la borsa sulla spalla e gli rivolse uno sguardo molto serio, ‘che saresti tenuto a concentrarti su come ottenere quel ricordo da Slughorn. Buonanotte.’
Harry la guardò andare, sentendosi lievemente di cattivo umore. Una volta che la porta del dormitorio delle ragazze si fu chiusa dietro di lei, si girò verso Ron.
‘Cosa ne pensi?’
‘Vorrei poter Smaterializzarmi come un elfo domestico’, disse Ron, fissando il punto dove Dobby era scomparso. ‘Avrei quel test di Materializzazione in tasca.’
Harry non dormì bene quella notte. Restò steso, sveglio, per quelle che gli sembrarono ore, domandandosi come Malfoy stesse usando la Stanza delle Necessità e cosa lui, Harry, avrebbe visto quando ci fosse entrato il giorno successivo, perché qualsiasi cosa dicesse Hermione, Harry era sicuro che se Malfoy era riuscito a vedere il Quartier generale dell’ES, lui, di Malfoy, sarebbe stato in grado di vedere… cosa poteva essere? Un luogo di incontro? Un nascondiglio? Un deposito? Un’officina? La mente di Harry lavorava fervidamente e i suoi sogni, quando finalmente si fu addormentato, furono interrotti e disturbati dall’immagine di Malfoy che si trasformava in Slughorn, che si trasformava in Piton…
La mattina seguente Harry era in gran anticipo per la colazione; aveva un’ora libera prima di Difesa contro le Arti Oscure ed era determinato ad usarla provando ad entrare nella Stanza delle Necessità. Hermione ostentava di non aver alcun interesse per i suoi sussurrati piani per riuscire ad entrare nella Stanza, e questo irritava Harry perché
pensava che lei avrebbe potuto essere di grande aiuto se solo avesse voluto.
‘Guarda,’ disse lui tranquillamente sporgendosi e appoggiando una mano sulla Gazzetta del Profeta che lei aveva appena preso da un gufo postale, per evitarle di aprirlo e di sparirci dietro, ‘che non mi sono dimenticato di Slughorn, ma non ho la minima idea di come cavargli fuori quel ricordo, e finché non ho un lampo di genio perché non dovrei tentare di capire cosa sta facendo Malfoy?’
‘Te l’ho già detto, devi persuadere Slughorn,’ disse Hermione. ‘Non è questione di imbrogliarlo o ammaliarlo, altrimenti Silente lo avrebbe fatto in un secondo. Anziché
trastullarti fuori dalla Stanza delle Necessità,’ tirò via il Profeta da sotto alla mano di Harry e lo aprì per guardare la prima pagina, ‘dovresti andare a cercare Slughorn e cominciare ad appellarti alla sua indole migliore.’
‘Qualcuno che conosciamo –?’ chiese Ron, mentre Hermione scorreva i titoli.
‘Sì!’ disse Hermione, facendo andare di traverso la colazione a Ron ed Harry, ‘ma va tutto bene, non è morto – è Mundungus, è stato arrestato e mandato ad Azkaban! Qualcosa a che fare con aver impersonato un Inferius durante un tentativo di furto… e qualcuno chiamato Octavius Pepper è svanito… oh, e questo è terribile, un bimbo di 9 anni è stato arrestato per aver tentato di uccidere i nonni, pensano fosse sotto l’incantesimo Imperius…’ Finirono la colazione in silenzio. Hermione partì immediatamente per Rune Antiche, Ron per la sala comune dove doveva ancora finire la relazione di Piton sui Dissennatori, e Harry per il corridoio del settimo piano e la distesa di muro opposta all’arazzo di Barnaba il Babbeo Bastonato dai Troll.
Harry si infilò il Mantello dell’Invisibilità dopo aver trovato un passaggio vuoto, non voleva essere scocciato. Quando raggiunse la sua destinazione la trovò deserta. Harry non era sicuro che le sue possibilità di entrare nella stanza sarebbero state migliori con Malfoy dentro o fuori, ma almeno il primo tentativo non sarebbe stato complicato dalla presenza di Tiger o Goyle che pretendevano di essere una ragazzina di 11 anni. Quando raggiunse il posto dove era nascosta la porta della Stanza delle Necessità, chiuse gli occhi. Sapeva cosa doveva fare; era diventato esperto l’anno precedente. Concentrandosi con tutta la sua forza pensò,
Ho bisogno di vedere cosa sta facendo Malfoy là dentro… Ho bisogno di vedere cosa sta facendo Malfoy là dentro… Ho bisogno di vedere cosa sta facendo Malfoy là dentro…
Camminò passando tre volte davanti alla porta, poi, col cuore che batteva per l’eccitazione,
aprì gli occhi e ci fu davanti – ma stava ancora guardando semplicemente una striscia di muro bianco. Avanzò e gli diede una spintarella di prova. Il muro restò solido e resistente.
‘OK,’ disse Harry ad alta voce. ‘OK… ho pensato la cosa sbagliata…’
Pensò un momento, poi si rimise in moto, occhi chiusi, concentrandosi più che poteva. Ho bisogno di vedere il posto in cui Malfoy continua a venire segretamente… Ho bisogno di vedere il posto in cui Malfoy continua a venire segretamente…
Dopo essere passato davanti tre volte, aprì gli occhi speranzoso.
Non c’era nessuna porta.
‘Oh, esci fuori,’ disse al muro, irritato. ‘Era un’istruzione chiara… bene…’
Pensò duramente per diversi minuti prima di camminarci davanti a lunghi passi ancora una volta.
Ho bisogno che diventi il posto che diventi per Draco Malfoy…
Non aprì immediatamente gli occhi quando ebbe terminato il suo pattugliamento; stava ascoltando attentamente, come se pensasse di poter sentire la presenza della porta schioccare fuori. Non sentì nulla, comunque, tranne il cinguettio distante degli uccelli all’esterno. Aprì gli occhi.
Non c’era ancora nessuna porta.
Harry imprecò. Qualcuno gridò. Harry si guardò attorno e vide un branco di studenti del primo anno che sembrava avessero incontrato uno spettro sboccato.
Harry provò ogni variante di ‘Ho bisogno di vedere cosa sta facendo là dentro Draco Malfoy’ che potesse pensare per un’ora buona, alla fine della quale dovette ammettere che Hermione poteva aver avuto un’opinione esatta: semplicemente la Stanza non voleva aprirsi per lui.
Frustrato e irritato, partì per la lezione di Difesa contro le Arti Oscure, tirando via il Mantello dell’Invisibilità e ficcandolo nella sua borsa come quando era venuto.
‘Nuovamente in ritardo, Potter,’ disse freddamente Piton, appena Harry si precipitò nella stanza illuminata da candele. ’Dieci punti in meno per Grifondoro.’
Harry diede un’occhiataccia a Piton e si fiondò nel banco accanto a Ron; metà della classe era ancora in piedi, tirando fuori i libri e organizzando le proprie cose; non sarebbe stato molto più in ritardo di ciascuno di loro.
‘Prima di cominciare, voglio i vostri compiti sui Dissennatori,’ disse Piton, facendo oscillare carezzevolmente la sua bacchetta in modo che 25 rotoli di pergamena si alzarono in volo e atterrarono in una pila ordinata sul suo tavolo. ‘E spero per il vostro interesse che siano meglio della spazzatura che ho dovuto tollerare sull’incantesimo Imperius. Ora, se aprite tutti i libri a pagina – cosa c’è signor Finnigan?’
‘Signore,’ disse Seamus, ‘Mi stavo chiedendo, come definirebbe la differenza fra un Inferius e un fantasma? Perché c’era qualcosa sul Profeta a proposito di un Inferius –‘
‘No, non c’era,’ disse Piton con voce annoiata.
‘Ma Signore, ho sentito delle persone parlare –‘
‘Se avessi letto veramente l’articolo in questione, Signor Finnegan, avresti dovuto sapere che il cosiddetto Inferius non era altro che un furtivo puzzolente ladro di nome Mundungus Fletcher.’
‘Pensavo che Piton e Mundungus fossero dalla stessa parte’ sussurrò Harry a Ron e Hermione. ‘Non dovrebbe essere contrariato che Mundungus sia stato arrest–?
‘Ma Potter sembra aver molto da dire in proposito,’ disse Piton puntando improvvisamente al retro della stanza, con i suoi occhi neri fissi su Harry. ‘Chiediamo a Potter come potremmo definire la differenza fra un Inferius e un fantasma.’
L’intera classe si voltò a guardare Harry, che precipitosamente cercò di richiamare alla memoria quello che Silente gli aveva detto la notte che erano andati a visitare Slughorn.
‘Hem – bene – i fantasmi sono trasparenti –‘ disse.
‘Oh, molto bene,’ lo interruppe Piton, arricciando le labbra. ‘Sì, è facile vedere come i quasi sei anni di educazione magica non siano andati sprecati con te, Potter. I fantasmi sono trasparenti.’
Pansy Parkinson si lasciò sfuggire un risolino acuto. Molte altre persone sorridevano stupidamente. Harry fece un profondo respiro e continuò, calmo, nonostante dentro stesse bollendo. ‘Sì, i fantasmi sono trasparenti, ma gli Inferi sono corpi morti, giusto?
Quindi dovrebbero essere solidi –‘
‘Un bambino di cinque anni avrebbe potuto dirci tanto,’ disse sarcastico Piton. ‘L’Inferius è un cadavere che è stato rianimato dall’incantesimo di un mago Oscuro. Non è vivo, è
semplicemente usato come un burattino per eseguire gli ordini del mago. Un fantasma, e credo ne siate ormai tutti informati, è una traccia lasciata sulla terra da un’anima dipartita… e naturalmente, così come Potter ci ha saggiamente detto, trasparente.’
‘Bene, quello che ci ha detto Harry è la cosa più utile se lo scopo è distinguerli!’ disse Ron.
‘Se ne dovessimo incontrare uno faccia a faccia in una via scura basterà una rapida occhiata per vedere se è solido, non gli chiederemo “Scusa, sei l’impronta di un’anima dipartita?”’
Ci fu un’ondata di risate, istantaneamente repressa dallo sguardo che Piton lanciò alla classe.
‘Altri dieci punti tolti a Grifondoro,’ disse Piton. ‘Non mi sarei aspettato nulla di più
raffinato da te, Ronald Weasley, il ragazzo così solido che non riesce a Materializzarsi a un centimetro in una stanza.’
‘No!’ sussurrò Hermione, afferrando il braccio di Harry non appena lui aprì la bocca, furioso.
‘Non è il caso, finiresti solo nuovamente in punizione, lascia perdere!’
‘Ora aprite i vostri libri a pagina duecentotredici.’ Disse Piton, con un lieve sorriso arrogante, ‘e leggete i primi due paragrafi sull’incantesimo Cruciatus...’
Ron fu molto pacato per il resto della lezione. Quando la campana suonò a fine lezione, Lavanda raggiunse Ron e Harry (misteriosamente Hermione sparì dalla vista appena lei si avvicinò) e ingiuriò caldamente Piton per essersi beffato delle Apparizioni di Ron, ma questo sembrò solo irritare Ron che se ne sbarazzò facendo una deviazione al bagno dei ragazzi con Harry.
‘Piton ha ragione, vero?’ disse Ron, dopo aver fissato uno specchio rotto per un minuto o due. ‘Non so se valga la pena provare a passare il test. Non capisco proprio come funziona la Materializzazione.’
‘Potresti anche fare le esercitazioni pratiche supplementari a Hogsmeade e vedere dove ti portano,’ disse Harry ragionevolmente. ‘Sarà più interessante che provare a entrare in uno stupido cerchio, comunque. Poi, se ancora non ci riuscirai – sai – bene come vorresti, potrai posticipare il test, farlo con me dopo l’esta— Mirtilla, questo è il bagno dei ragazzi!’
Il fantasma di una ragazza emerse dal gabinetto in un cubicolo dietro a loro e fluttuò a mezz’aria, fissandoli attraverso un paio di spesse, tonde lenti bianche.
‘Oh,’ disse abbattuta. ‘Siete voi due.’
‘Chi ti aspettavi?’ disse Ron, guardandola attraverso lo specchio.
‘Nessuno,’ disse Mirtilla, speluccandosi malinconicamente un brufolo sul mento. ‘Ha detto che sarebbe tornato a trovarmi, ma, allora, anche tu hai detto che avresti fatto una scappata a trovarmi...’ lanciò a Harry un’occhiata di rimprovero ‘...e non ti ho visto per mesi e mesi. Ho imparato a non aspettarmi troppo dai ragazzi.’
‘Pensavo che vivessi in quel bagno delle ragazze’ disse Harry, che da anni stava accuratamente alla larga da quel posto.
‘Ci vivo,’ disse lei con un’imbronciata alzata di spalle, ‘ma questo non significa che non posso visitare altri posti. Sono venuta a trovarti nel tuo bagno una volta, ricordi?’
‘Vividamente,’ disse Harry.
‘Ma penso di piacergli,’ disse lagnandosi. ‘Forse se voi due ve ne andaste, lui tornerebbe ancora... abbiamo molto in comune... sono sicura che se n’è accorto...’
E guardò speranzosa verso la porta.
‘Quando dici che avete molto in comune,’ disse Ron con aria persino divertita, ‘vorresti dire che anche lui vive nello scarico di un gabinetto?’
‘No,’ disse Mirtilla ribelle, la sua voce echeggiò forte nel vecchio bagno piastrellato.
‘Intendo dire che è sensibile, le persone lo intimidiscono e si sente solo e non ha nessuno con cui parlare, e non lo spaventa mostrare i suoi sentimenti e piangere!’
‘C’è stato un ragazzo qui a piangere?’ disse Harry incurisito. ‘Un ragazzo giovane?’
‘Tu non preoccuparti!’ disse Mirtilla, con i suoi piccoli occhi sfuggenti fissi su Ron che si stava indubbiamente sganasciando. ‘Ho promesso che non lo avrei detto a nessuno e porterò questo segreto nella –‘
‘–non nella tomba, certamente?’ disse Ron con uno sbuffo. ‘Nelle fogne, forse...’
Mirtilla diede un ululato di rabbia e si immerse indietro nel gabinetto, facendo traboccare l’acqua oltre i bordi, sul pavimento. Spronare Mirtilla sembrava aver ridato coraggio a Ron.
‘Hai ragione,’ disse, dondolando la cartella all’indietro, sulla spalla, ‘farò le sessioni pratiche a Hogsmeade prima di decidere se fare il test.’
E così, il fine settimana successivo, Ron si unì a Hermione e agli altri del sesto anno che avrebbero compiuto diciassette anni in tempo per affrontare il test da lì a quindici giorni. Harry si sentì perfino geloso vedendoli pronti ad andare al villaggio; gli mancavano le gite là, ed era una giornata di primavera paricolarmente bella, uno dei primi cieli limpidi che avesse visto da molto tempo. Comunque, aveva deciso di usare il tempo per tentare un alrto assalto alla Stanza delle Necessità.
‘Faresti meglio,’ disse Hermione quando lui, nella Sala di ingresso, confessò questo piano a lei e a Ron ‘ad andare dritto all’ufficio di Slughorn e provare a ottenere quel ricordo.’
‘Ci sto provando!’ disse Harry di malumore, il che era perfettamente vero. Era rimasto indietro dopo ogni lezione di pozioni quella settimana, per riuscire a mettere Slughorn nell’angolo, ma l’insegnante di Pozioni aveva sempre lasciato isotterranei così
velocemente che Harry non era riuscito a bloccarlo. Due volte Harry era andato al suo ufficio e aveva bussato senza ricevere risposta, sebbene la seconda volta era sicuro di aver sentito il suono, subito soffocato, di un vecchio grammofono.
‘Non vuole parlare con me, Hermione! Ho provato a prenderlo nuovamente da solo ma lui non ha intenzione di lasciare che accada ancora!’
‘Bene, devi solo restare da lui, no?’
La corta coda di persone che aspettava in file di passare Gazza, che al solito le pungolava con il Sensore Segreto, mosse in avanti di qualche passo e Harry non rispose perchè il custode non potesse sentire per caso. Augurò a Ron ed Hermione buona fortuna, poi si girò e salì la scala di marmo ancora una volta, determinato, qualunque cosa dicesse Hermione, a dedicare un’ora o due alla Stanza delle Necessità. Una volta lontano dalla vista della Sala di ingresso, Harry tirò fuori la Mappa del Malandrino e il Mantello dell’Invisibilità dalla borsa. Dopo essersi nascosto, battè sulla mappa, mormorò
‘giuro solennemente di non aver buone intenzioni,’ e la analizzò attentamente. Dato che era domenica mattina, quasi tutti gli studenti erano nelle loro varie stanze comuni, i Grifondoro in una torre, i Corvonero in un’altra, i Serpeverde nei sotterranei e i Tassorosso nel seminterrato vicino alle cucine. Qui e là un’anima randagia vagava in giro per la biblioteca o su per un corridoio... c’erano poche persone fuori nei giardini... e là, solo nel corridoio del settimo piano, c’era Gregory Goyle. Non c’era traccia della stanza delle Necessità, ma Harry non se ne preoccupò. Se Goyle era fuori di guardia, la Stanza era aperta, sia che la mappa ne fosse al corrente o meno. Quindi si precipitò su per le scale, rallentando solo quando ebbe raggiunto l’angolo nel corridoio, allora iniziò ad avanzare furtivo, molto lentamente, verso quella stessa ragazzina che stringeva forte la sua pesante bilancia di ottone, e che Hermione aveva così gentilmente aiutato quindici giorni prima. Aspettò di essere proprio dietro di lei prima di chinarsi molto in basso e sussurrare ‘Ciao... sei molto carina, sai?’
Goyle cacciò un acuto grido di terrore, lanciò la bilancia in aria e scattò via scomparendo dalla vista molto prima che il fragore della bilancia fracassata finisse di echeggiare per il corridoio. Ridendo, Harry si girò a contemplare il bianco muro dietro al quale, era sicuro, Draco Malfoy ora doveva essere immobile, raggelato e consapevole che qualcuno di non benvenuto era là fuori, senza osare di mostrarsi. Questo diede ad Harry una piacevolissima sensazione di potere mentre tentava di ricordare quali forme di parole non aveva ancora provato.
Tuttavia quest’umore speranzoso non durò a lungo. Mezz’ora più tardi, dopo aver provato molte altre variazioni della sua richiesta per vedere cosa Malfoy stava combinando, il muro era senza porta come sempre. Harry si sentiva oltremodo frustrato; Malfoy si doveva trovare a pochi passi da lui e ancora non c’era il minimo brandello di prova di ciò
che stava facendo là dentro. Perdendo completamente la pazienza, Harry corse verso il muro e lo prese a calci.
‘OUCH!’
Pensò di essersi rotto l’alluce; appena lo strinse, saltellando su un piede solo, il mantello dell’Invisibilità gli scivolò via.
‘Harry?’
Si girò, su una gamba, e perse l’equilibrio. Là, assolutamente stupita, c’èra Tonks che avanzava verso di lui come se passeggiasse frequentemente in questo corridoio.
‘Cosa stai facendo qui?’ le chiese, rimettendosi di nuovo in piedi; perchè lei doveva sempre trovarlo lungo disteso sul pavimento?
‘Sono venuta per vedere Silente,’ disse Tonks.
Harry pensò che aveva un aspetto orribile; più magra del solito, i capelli lisci e opachi, color grigio topo.
‘Il suo ufficio non è qui,’ disse Harry, ‘è dall’altro lato del castello, dietro il gargoyle –‘
‘Lo so,’ disse Tonks. ‘Lui non c’è. Sembra sia di nuovo andato via.’
‘Veramente?’ disse Harry riappoggiando cautamente a terra il suo piede livido. ‘Ehi – non sai dove va, suppongo?’
‘No,’ disse Tonks.
‘Per cosa lo volevi vedere?’
‘Niente di particolare,’ disse Tonks, speluccando forse inconsciamente, la manica del suo abito. ‘Ho solo pensato che potesse sapere cosa sta succedendo... Ho sentito voci... persone che si sono fatte male ...’
‘Sì, lo so, era tutto sui giornali,’ disse Hary. ‘Quel bambino che ha tentato di uccidere i suoi –‘
‘Il Profeta è spesso indietro con i tempi,’ disse Tonks che non sembrava ascoltarlo. ‘Non hai ricevuto posta da nessuno dell’Ordine, recentemente?’
‘Nessuno dell’Ordine mi scrive più,’ disse Harry, ‘nessuno dopo Sirius –‘
Vide che i suoi occhi si erano riempiti di lacrime.
‘Mi spiace,’ mormorò imbarazzato. ‘Voglio dire... manca anche a me...’
‘Come?’ disse Tonks distrattamente, come se non lo avesse sentito. ‘Bene... ci vediamo in giro, Harry...’
E improvvisamente si girò e tornò indietro nel corridoio, lasciando Harry a fissarla. Dopo un minuto o poco più, lui si rimise addosso il Mantello dell’Invisibilità e riprese gli sforzi per entrare nella stanza delle Necessità, ma era scoraggiato. Dopo molto tempo, un senso di vuoto allo stomaco e la consapevolezza che Ron ed Hermione sarebbero presto tornati per pranzo, gli fecero abbandonare il tentativo e lasciare il corridoio a Malfoy che sperava sarebbe stato troppo spaventato per uscire da lì a diverse ore.
Trovò Ron e Hermione nella Sala Grande, quasi a metà di un pranzo iniziato in anticipo.
‘Ce l’ho fatta – beh, quasi!’ disse con entusiasmo Ron a Harry appena lo vide. ‘Avrei dovuto
Apparire all’esterno della sala da tè di Madama Piediburro e l’ho mancata di poco, finendo vicino a Scrivenshaft, ma almeno mi sono mosso!’
‘Bravo,’ disse Harry. ‘Com’è andata Hermione?’
‘Oh, lei è stata perfetta, ovviamente,’ disse Ron, prima che Hermione potesse rispondere.
‘Perfetta deliberazione, divinazione e disperazione o qualsiasi diavolo sia – siamo andati tutti per una bevuta veloce ai Tre Manici di Scopa, dopo, e avresti dovuto sentire Twycross blaterare su di lei – sarò sorpreso se presto non solleverà la questione–‘
‘E tu che hai fatto?’ chiese Hermione, ignorando Ron. ‘Sei stato su alla stanza delle Necessità tutto questo tempo?’
‘Già,’ disse Harry. ‘E indovina in cui mi sono imbattuto là? Tonks!’
‘Tonks?’ ripeterono Ron ed Hermione insieme, sorpresi.
‘Sì, ha detto di essere venuta a trovare Silente...’
‘Se ti dovessi dire,’ disse Ron una vola che Harry ebbe finito di descrivere la sua conversazione con Tonks, ‘Sta crollando. Si è esaurita dopo quello che è successo al Ministero.’
‘È un po’ strano,’ disse Hermione, che per qualche ragione sembrava molto preoccupata.
‘È tenuta a sorvegliare la scuola, perchè avrebbe improvvisamente
abbandonato il suo posto per venire a vedere Silente, quando lui non è qui?’
‘Ho un’idea,’ disse Harry esitante. Si sentiva strano ad esprimerla; era molto più territorio di Hermione che non suo. ‘Non pensate che potrebbe essere stata... sapete... innamorata di Sirius?’
Hermione lo fissò.
‘Cosa diavolo ti fa dire una cosa simile?’
‘Non so,’ disse Harry, facendo spallucce, ‘ma si è quasi messa a piangere quando ho menzionato il suo nome... e il suo Patronus è una grossa cosa a quattro zampe ora... Mi domando se non è diventato... sapete... lui.’
‘È un’idea’ disse Hermione lentamente. ‘Ma ancora non capisco perchè si sarebbe precipitata nel castello per incontrare Silente, se veramente quello era il motivo per cui era qui...’
‘Torni quello che ho detto io, vero?’ disse Ron che stava ora spalando purè di patate nella sua bocca. ‘È diventata un po’ strana. È esaurita. Donne.’ Disse saggiamente a Harry. ‘Si snervano facilmente.’
‘E già,’ disse Hermione, risvegliandosi dalle sue fantasticherie, ‘dubito che troverai una donna che fa il broncio per mezz’ora perchè madama Rosmerta non ha riso per la sua barzelletta della strega, del Guaritore e della Mimbulus mimbletonia.’
Ron si accigliò.
CAPITOLO VENTIDUE
DOPO LA SEPOLTURA
Chiazze di azzurro cominciavano ad apparire qua e là nel cielo sopra le torri del castello, ma questi segni dell’avvicinarsi dell’estate non contribuirono a migliorare l’umore di Harry. I suoi tentativi di scoprire cosa stava tramando Malfoy erano falliti, come pure quelli di intavolare una conversazione con Slughorn che avrebbe potuto convincerlo a consegnare il ricordo che si era portato dentro per decenni.
“Per l’ultima volta, lascia perdere Malfoy.” Gli disse Hermione decisa. Se ne stavano seduti in un angolo assolato del giardino, dopo pranzo. Ron e Hermione stringevano un volantino del Ministero della Magia: Errori Comuni della Materializzazione e Come Evitarli. Entrambi avrebbero affrontato l’esame quello stesso pomeriggio, ma i volantini non si erano rivelati di alcun aiuto nel calmare loro i nervi. All’improvviso Ron sobbalzò e cercò di nascondersi dietro Hermione, mentre una ragazza spuntava da dietro l’angolo.
“Non è Lavanda.” disse stancamente Hermione.
“Oh, bene.” disse Ron, visibilmente sollevato.
“Sei Harry Potter?” esordì la ragazza. “Mi hanno chiesto di consegnarti questo.”
“Grazie…”
Harry ebbe un tuffo al cuore mentre afferrava il piccolo rotolo di pergamena. Appena la ragazza si fu allontanata, Harry esclamò: “Silente ha detto che non avrei avuto più lezioni con lui fino a quando non gli avessi portato il ricordo!”
“Forse vuole sapere a che punto sei.” Suggerì Hermione, mentre Harry srotolava la pergamena. Ma invece della scrittura lunga e stretta, elegante, di Silente vide uno scarabocchio disordinato piuttosto difficile da leggere a causa di macchie bagnate che costellavano la pergamena.
Cari Harry, Ron e Hermione,
Aragog è morto la notte scorsa. Harry, Ron, voi l’avete incontrato e sapete quant’era speciale. Hermione, so che anche a te sarebbe piaciuto. Significherebbe molto per me se poteste fare un salto da me stasera sul tardi. Pensavo di seppellirlo all’imbrunire, dato che
era il momento della giornata che preferiva. So che non dovreste essere fuori a tarda ora, ma potete usare il Mantello. Non ve lo chiederei, ma davvero, da solo non ce la faccio. Hagrid.
“Guardate questo!” disse Harry, passando il biglietto a Hermione.
“Oh, santo cielo!” esclamò lei, dandogli un’occhiata veloce e passandolo a sua volta a Ron, che lo lesse con espressione di crescente stupore.
“E’ impazzito!” esclamò furioso. “Quella cosa ha dato ai suoi amici il permesso di mangiare me e Harry! Gli ha detto di servirsi pure! E adesso Hagrid si aspetta che noi andiamo là a piangere sul suo orribile corpo peloso!”.
“Non è solo questo”, puntualizzò Hermione. “Ci sta chiedendo di uscire dal castello di notte, e sa benissimo che la sicurezza è centomila volte più stretta, e a quanti guai andremmo incontro se dovessero scoprirci”.
“Non sarebbe la prima volta che andiamo a trovarlo di notte” disse Harry.
“Sì, ma non per una cosa del genere” rispose Hermione. “Abbiamo rischiato molto per aiutare Hagrid in altre occasioni, ma dopotutto… Aragog è morto. Se si trattasse di salvarlo in qualche modo, allora forse…”
“…avrei ancora meno voglia di andarci.” Terminò la frase Ron, deciso. “Tu non hai avuto il piacere di conoscerlo, Hermione. Credimi, è molto meglio da morto”. Harry riprese il biglietto e fissò le macchie che lo ricoprivano; copiose lacrime avevano sbavato l’inchiostro…
“Harry, non starai mica pensando di andarci, vero?” disse Hermione. “E’ un motivo stupido per prendersi una punizione.”
Harry sospirò.
“Sì, lo so.” Disse Harry. “Credo proprio che Hagrid dovrà seppellire Aragog senza di noi.”
“Hai ragione.” disse Hermione, sollevata. “Senti, a Pozioni non ci sarà praticamente nessuno oggi pomeriggio. Saremo quasi tutti a fare il test…tu approfittane per lavorarti Slunghorn.”
“Magari la centesima volta sarà quella fortunata, eh?” rispose amaramente Harry.
“Fortuna?” esclamò d’un tratto Ron. “Harry, ma certo – ti serve un po’ di fortuna!”
“Cosa vuoi dire?”
“Usa la tua pozione della fortuna!”
“Ron, hai – hai ragione!” esclamò Hermione, sorpresa. “Era così ovvio! Perché non ci ho pensato prima?”
Harry li fissò entrambi. “La Felix Felicis?” disse. “Non saprei…veramente la stavo tenendo da parte per…”
“Per cosa?”
“Cos’altro ci può essere di più importante del ricordo, Harry?” chiese Hermione. Harry non rispose. Da qualche tempo, il pensiero della bottiglietta dorata continuava a tornargli in mente; non erano altro che congetture vaghe e indefinite, ma in qualche modo avevano a che fare con Ginny che mollava Dean, e Ron felice di vederla con un nuovo ragazzo. Queste immagini, germogliate nei recessi della sua mente, restavano inconfessate, tranne che nei suoi sogni e in quei momenti sospesi nella penombra tra il sonno e la veglia…
“Harry, sei ancora con noi?” chiese Hermione.
“Cosa? Si, certo” rispose Harry, tornando in sé. “Okay… va bene. Se non riesco a far parlare Slughorn questo pomeriggio, prenderò un po’ di pozione e ci riproverò questa sera”.
“Bene, allora è deciso” tagliò corto Hermione, alzandosi in piedi e compiendo un’aggraziata piroetta. “Destinazione… determinazione… deliberazione…” mormorò.
“Oh, piantala” la supplicò Ron. “Mi sento già abbastanza male – veloce, nascondimi!”.
“Non è Lavanda!” sbuffò Hermione impaziente, quando Ron si tuffò dietro di lei; due ragazze stavano uscendo in giardino.
“Meno male!” disse Ron, sbirciando da dietro la spalla di Hermione per controllare.
“Accidenti, non sembrano molto allegre, vero?”.
“Sono le sorelle Montgomery. E’ ovvio che non sono allegre, non hai sentito quello che è
successo al fratello minore?” chiese Hermione.
“A dire il vero, ho perso un po’ il filo di quello che sta succedendo ai parenti degli altri”
disse Ron.
“Beh, è stato attaccato da un lupo mannaro. Gira voce che la madre si sia rifiutata di aiutare i Mangiamorte. Comunque aveva solo cinque anni ed è morto al San Mungo. Non sono riusciti
a salvarlo.”
“E’ morto?” le fece eco Harry, sconvolto. “Ma credevo che i lupi mannari non uccidessero!
Non cercano solo di trasformarti in uno di loro?”.
“A volte uccidono” disse Ron, improvvisamente serio. “Ho sentito dire che capita quando il lupo mannaro si lascia trasportare e perde il controllo”.
“Qual è il nome del lupo mannaro?” chiese prontamente Harry.
“Beh, si dice che sia stato Fenrir Greyback” rispose Hermione.
“Lo sapevo – il pazzo a cui piace attaccare i bambini, quello di cui mi ha parlato Lupin”
disse Harry con veemenza.
Hermione gli rivolse uno sguardo sconsolato.
“Harry, devi riuscire a farti dare quel ricordo” disse. “Alla fine è di questo che si tratta, no? Riuscire a sconfiggere Voldemort. E’ lui la causa di tutte le cose orribili che stanno succedendo…”.
Il suono della campanella li raggiunse dal castello e Ron e Hermione saltarono in piedi, terrorizzati.
“Tranquilli, andrà bene” li rassicurò Harry, mentre si incamminavano verso l’entrata principale
per raggiungere gli altri studenti che aspettavano di fare l’esame. “Buona fortuna”.
“Anche a te!” rispose Hermione lanciandogli un’occhiata significativa mentre Harry si avviava verso i sotterranei.
Erano solo in tre a Pozioni quel pomeriggio: Harry, Ernie e Draco Malfoy.
“Siete tutti troppo giovani per Materializzarvi?” chiese Slughorn, gioviale. “Non avete ancora compiuto diciassette anni?”.
Scossero la testa tutti e tre.
“Molto bene” disse allegramente Slughorn. “Dato che siamo in pochi, faremo qualcosa di diverso. Voglio che ciascuno di voi mi prepari qualcosa di divertente!”
“Forte, signore!” esclamò Ernie esultante, strofinandosi le mani.
Malfoy dal canto suo non accennò neppure un sorriso.
“Cosa intende dire, ‘qualcosa di divertente’?” domandò piuttosto seccato.
“Oh, sorprendetemi” rispose Slughorn con leggerezza.
Malfoy aprì la sua copia di Pozioni Avanzate con espressione imbronciata. Era chiaro che riteneva la lezione un inutile spreco di tempo. Senza dubbio, pensò Harry sbirciando oltre il suo libro, Malfoy rimpiangeva le ore che avrebbe potuto passare nella Stanza delle Necessità.
Era solo la sua immaginazione, o Malfoy, come Tonks, pareva dimagrito? Di certo era più
pallido; il suo colorito aveva una vaga sfumatura grigiastra, forse perché era da qualche tempo che non vedeva la luce del sole. Ma non c’era traccia di arroganza, entusiasmo o superiorità, né della sfrontatezza che aveva dimostrato sull’Espresso di Hogwarts, quando si era vantato apertamente della missione che Voldemort gli aveva affidato… la ragione poteva essere una sola, pensò Harry: Di qualsiasi compito si trattasse, non stava dando i risultati sperati.
Decisamente sollevato, Harry si mise a sfogliare la sua copia di Fare Pozioni Avanzate. Si imbatté in una versione pesantemente corretta dal Principe Mezzosangue dell’Elisir dell’Euforia, che non solo pareva soddisfare i requisiti di Slughorn, ma (il cuore di Harry sussultò al pensiero) se solo fosse riuscito a fargliene assaggiare un po’ avrebbe potuto mettere il professore dell’umore adatto a consegnargli il ricordo…
“Bene, vediamo, questa pozione ha un aspetto fantastico,” disse Slughorn un’ora e mezza dopo, e batté le mani mentre esaminava il liquido di colore giallo acceso nel calderone di Harry. “Euforia, a quanto pare. E questo cos’è? Mmmm… hai aggiunto un tocco di menta piperita, giusto? Poco ortodosso, ma che lampo di genio, Harry! Ovviamente, la menta controbilancia gli eventuali effetti collaterali della pozione, come l’improvvisa vena canterina e il prurito al naso… davvero non so da dove ti venga l’ispirazione, ragazzo mio… a meno che
–”
Col piede Harry spinse il libro del Principe ancora più a fondo nella cartella.
“–a meno che non siano i geni ereditati da tua madre!”
“Oh… già, probabilmente” disse Harry, sollevato.
Ernie era piuttosto irritato; deciso per una volta a superare Harry si era inventato una pozione lì per lì, col risultato che si era solidificata e aveva formato una specie di grumo violaceo sul fondo del suo calderone. Malfoy stava già raccogliendo le sue cose con un’espressione acida in viso: Slughorn aveva decretato che la sua Pozione del Singhiozzo era a malapena ‘passabile’.
Entrambi si precipitarono fuori al suono della campanella.
“Signore…” esordì Harry. Slughorn si guardò intorno, e quando vide che in classe erano rimasti solo lui e Harry, si dileguò in tutta fretta.
“Professore – Professore, non vuole assaggiare la mia po--?” gli gridò dietro Harry. Ma Slughorn era già sparito. Sconfortato, Harry vuotò il contenuto del suo calderone e radunò le sue cose, poi lasciò il sotterraneo e si incamminò a passo lento verso la Sala Comune. Ron e Hermione furono di ritorno nel tardo pomeriggio.
“Harry!” esclamò Hermione sbucando attraverso il buco del ritratto. “Harry, ce l’ho fatta!”.
“Complimenti!” disse lui. “E Ron?”
“Lui – lui non lo ha passato per un soffio,” sussurrò Hermione. In quel momento Ron entrò nella stanza a passi strascicati, imbronciato. “E’ stato proprio sfortunato… una sciocchezza, l’esaminatore si è accorto che aveva dimenticato mezzo sopracciglio… come è andata con Slughorn?”.
“Niente da fare” disse Harry, quando Ron li ebbe raggiunti. “Che sfortuna! Tranquillo, la prossima volta lo passi – possiamo provarlo assieme”.
“Sì, beh…” borbottò Ron imbronciato “ma per mezzo sopracciglio! Era solo un dettaglio!”
“Hai perfettamente ragione” tentò di placarlo Hermione. “E’ sembrato anche a me un po’
troppo severo…”.
Passarono la maggior parte della cena a parlar male dell’esaminatore di Materializzazione e Ron sembrava leggermente rincuorato quando, ritornati nella Sala Comune, ripresero a discutere la questione di Slughorn e del ricordo.
“Allora, Harry – hai intenzione di usare la Felix Felicis oppure no?” chiese Ron.
“Beh, sì, credo sia meglio” rispose Harry “ma non credo che mi serva tutta, dodici ore sono
tante, non ci vorrà mica tutta la notte… Ne prenderò solo un sorso. Due o tre ore dovrebbero bastare”.
“Credimi, ti dà una sensazione fantastica!” disse Ron con un sorriso nostalgico. “Come se niente potesse andare storto. Hai la certezza di non poter sbagliare”.
“Ma di cosa stai parlando?”scoppiò a ridere Hermione. “Se non l’hai mai assaggiata!”.
“Sì, ma ero credevo di averla presa, no?” replicò Ron, come se per lui la cosa fosse ovvia.
“E’ praticamente la stessa cosa …”.
Avendo appena visto Slughorn entrare nella Sala Grande e sapendo che a lui piaceva mangiare con calma, si fermarono per un po’ nella Sala Comune. Il loro piano prevedeva che Harry sarebbe andato nell’ufficio di Slughorn una volta che questi vi avesse fatto ritorno.
Quando il Sole raggiunse le cime degli alberi della Foresta Proibita, decisero che era giunto il momento; dopo aver controllato che Neville, Dean e Seamus fossero tutti nella Sala Comune, sgattaiolarono nel dormitorio dei ragazzi.
Harry frugò nel baule finché non trovò il paio di calzini arrotolati dentro cui era nascosta la bottiglietta scintillante.
“Bene, è giunto il momento.” Detto questo, Harry portò la boccetta alle labbra e ne bevve un sorso ben misurato.
“Senti qualcosa?” sussurrò Hermione.
Harry non rispose per qualche istante. Poi, lentamente ma in maniera sempre più decisa, un formidabile senso di sicurezza s’impadronì di lui come se d’improvviso gli si spalancassero davanti infinite possibilità; in quel momento era sicuro di poter fare qualsiasi cosa… recuperare il ricordo di Slughorn non solo ora sembrava possibile, ma addirittura un gioco da ragazzi.
Saltò in piedi con un gran sorriso, traboccante di fiducia in sé stesso.
“Benissimo” disse “Mi sento davvero benissimo. Bene… faccio un salto da Hagrid.”
“Cosa?” esclamarono Ron e Hermione, entrambi colti alla sprovvista.
“No, Harry - Devi andare da Slughorn, ricordi?” disse Hermione.
“No” ripetè Harry, sicuro di sé. “Vado da Hagrid, me lo sento, è la cosa giusta da fare”.
“Pensi che in questo momento la cosa giusta da fare sia andare a seppellire un ragno gigante?” esclamò Ron attonito.
“Sì” rispose, estraendo dalla cartella il mantello dell’invisibilità. “Me lo sento, è il posto giusto
dove andare. Avete capito, no?”
“No” risposero all’unisono Ron e Hermione, entrambi visibilmente preoccupati.
“Questo è Felix Felicis, vero?” chiese ansiosa Hermione, osservando la bottiglietta in controluce. “Non è che avevi una fiala uguale con dentro – non so…”
“…Concentrato di Pazzia?” suggerì Ron, mentre Harry si gettava il mantello sulle spalle. Harry scoppiò a ridere; Ron e Hermione erano sempre più preoccupati.
“Fidatevi di me” disse. “So quello che sto facendo… o meglio…” raggiunse la porta con passo veloce. “Felix lo sa”.
Si tirò su il cappuccio del mantello e cominciò a scendere le scale con Ron e Hermione alle calcagna. Giunto in fondo, scivolò oltre la porta aperta.
“Cosa ci facevi là dentro con lei?” strillò Lavanda Brown; il suo sguardo attraversò Harry soffermandosi su Ron e Hermione che sbucavano proprio in quel momento dalla porta del dormitorio dei ragazzi. Harry sentì Ron balbettare incomprensibilmente dietro di lui mentre si allontanava in tutta fretta verso l’altro lato della sala. Uscire dalla Sala Comune non fu difficile; mentre si avvicinava Ginny e Dean sbucarono dal
buco del ritratto e Harry riuscì a scivolare in mezzo a loro. Nel farlo, inavvertitamente sfiorò Ginny.
“Dean, piantala di spingermi, per favore!” esclamò Ginny seccata “Possibile che lo fai sempre? Sono perfettamente in grado di passare da sola…”
Il ritratto si chiuse dietro Harry, che però fece in tempo a sentire la risposta secca di Dean…
con un senso di crescente euforia, Harry proseguì lungo il corridoio. Non dovette fare molta attenzione, dato che non incontrò nessuno lungo il suo percorso. Ma la cosa non lo sorprese affatto: quella sera, era la persona più fortunata di Hogwarts. Non aveva idea del perché in quel momento andare da Hagrid fosse la cosa giusta. Era come se la pozione gli indicasse il cammino, un passo alla volta: non riusciva a scorgere la meta, né a che punto esattamente Slughorn avrebbe fatto il suo ingresso, ma sapeva che era sulla strada giusta per ottenere il ricordo. Raggiunto l’Ingresso Principale vide che Gazza si era dimenticato di chiudere a chiave il portone. Harry lo spalancò con un gran sorriso e si fermò per un istante a respirare l’odore di erba e aria pulita prima di scendere la scalinata alla tenue luce del crepuscolo.
Fu solo quando ebbe raggiunto l’ultimo gradino che si rese conto di quanto sarebbe stato piacevole fare una piccola deviazione verso gli orti mentre andava da Hagrid. Non era proprio indispensabile, ma secondo Harry era un’intuizione che andava assecondata, perciò si incamminò in quella direzione e fu compiaciuto, anche se non del tutto sorpreso, di scorgere il professor Slughorn che conversava con la professoressa Sprite.
“…ti ringrazio per aver trovato il tempo, Pomona” stava dicendo cortesemente Slughorn.
“La maggior parte degli esperti ritiene che siano molto più efficaci se le si raccoglie al crepuscolo”.
“Sono assolutamente d’accordo” rispose con entusiasmo la professoressa Sprite. “Pensi che siano abbastanza?”.
“Certamente!” disse Slughorn che, notò Harry, stringeva tra le braccia una certa quantità
di pianticelle. “Un paio di foglie per ciascuno dei miei studenti del terzo anno dovrebbero bastare, e alcune di scorta nel caso qualcuno le lasci cuocere troppo a lungo… bene, buona serata a te e ancora grazie!”.
La professoressa Sprite si allontanò nella crescente oscurità in direzione delle serre e Slughorn avanzò verso il punto dove si trovava, invisibile, Harry.
Colto da un improvviso desiderio di rivelarsi, Harry si tolse il mantello con gesto elegante.
“Buona sera, professore”.
“Per la barba di Merlino, Harry, mi hai spaventato!” disse Slughorn fermandosi di colpo, guardingo. “Come hai fatto a uscire dal castello?”.
“Credo che Gazza abbia dimenticato di chiudere le porte” rispose Harry allegramente, godendosi l’espressione minacciosa di Slughorn.
“Presenterò un richiamo ufficiale, quell’uomo è più preoccupato della confusione che non della sicurezza del castello… ma tu cosa ci fai qui?”.
“Beh, signore, si tratta di Hagrid” cominciò Harry, rendendosi conto che la cosa giusta da fare in quel momento era dire la verità. “E’ sconvolto… ma lei non lo dirà a nessuno, vero professore? Non voglio che finisca nei guai…”.
Aveva chiaramente destato la sua curiosità del professore.
“Beh, questo non te lo posso promettere” disse Slughorn spazientito. “D’altra parte…
Silente si fida ciecamente di Hagrid, quindi non può trattarsi di una cosa tanto grave…”.
“E’ per via del suo ragno gigante, ce l’ha da un sacco di anni…viveva nella Foresta Proibita, sa… sapeva anche parlare…”
“Ho già sentito delle voci secondo cui ci sarebbero degli esemplari di Acromantula nella Foresta…” bisbigliò Slughorn, volgendo lo sguardo verso la massa di alberi scuri. “Allora è vero?”
“Sì” disse Harry. “Ma questo qui, Aragog, il primo che Hagrid abbia mai avuto…è morto ieri notte. Hagrid è fuori di sé dal dolore. Voleva un po’ di compagnia durante la sepoltura, e io gli ho promesso che sarei andato.”
“Commovente, davvero commovente” commentò Slughorn, improvvisamente distratto. I suoi grandi occhi bramosi erano puntati sulle luci che provenivano dalla capanna di Hagrid. “Il veleno di Acromantula è molto pregiato…se l’animale è appena morto potrebbe non essersi ancora seccato… naturalmente non oserei fare niente di inopportuno se Hagrid è sconvolto…ma se ci fosse il modo di procur armene un po’… voglio dire, è
praticamente impossibile ottenere del veleno da un esemplare vivo…”. Sembrava che Slughorn stesse parlando fra sé e sé piuttosto che con Harry.
“…sarebbe davvero uno spreco non prenderlo… potrebbe fruttarmi cento galeoni al litro… e a essere sinceri, il mio stipendio non è poi un gran che…”
Harry intuì immediatamente cosa doveva dire.
“Beh,” disse, fingendosi esitante. “Beh… se volesse unirsi a noi, professore…a Hagrid farebbe sicuramente piacere… sa, per dare ad Aragog un estremo saluto più dignitoso…”
Fu piuttosto convincente.
“Ma naturalmente!” disse Slughorn con gli occhi che gli luccicavano dall’entusiasmo. “Sai cosa ti dico, Harry? Ci vediamo là, porterò un paio di bottiglie…sì, berremo alla salute –
beh, alla non-salute a dire il vero–della povera bestiola… dopo averla seppellita, gli daremo un estremo saluto in grande stile. Vado a cambiarmi la cravatta, questa qui è un po’ troppo allegra date le circostanze…”.
Si mise a correre in direzione del castello e Harry si incamminò a passi veloci verso la capanna di Hagrid, sentendosi estremamente soddisfatto di sé.
“Ce l’hai fatta a venire” mormorò Hagrid quando, aperta la porta, scorse Harry che si toglieva il mantello dell’invisibilità.
“Sì…ma Ron e Hermione non sono potuti venire .” Disse Harry. “Sono molto dispiaciuti.”.
“Non –non importa…Aragog si sarebbe commosso se sapeva che tu eri qui…”
Hagrid emise un singhiozzo. In segno di lutto si era legato attorno al braccio qualcosa di molto simile a uno straccio immerso in lucido da scarpe; aveva gli occhi rossi e gonfi. Harry gli diede alcuni colpetti sul gomito –era il punto più alto di Hagrid che riuscisse a raggiungere cercando di consolarlo.
“Dove lo seppelliamo?” chiese. “Nella foresta?”
“Cavolo, no!” rispose Hagrid, asciugandosi sul bordo della camicia le lacrime che sgorgavano copiose. “Gli altri ragni non vogliono nemmeno che mi avvicini alle loro ragnatele. A quanto pare era solo per ordine di Aragog che non hanno mai cercato di mangiarmi! L’avresti mai detto, Harry?”
La risposta onesta era ‘sì’. Harry ricordava con dovizia di particolari il giorno in cui lui e Ron si erano trovati faccia a faccia con l’Acromantula: Aragog era senza ombra di dubbio l’unico motivo per cui gli altri ragni non avevano mai cercato di attaccare Hagrid.
“E’ la prima volta che non posso andare in una parte della foresta!” esclamò Hagrid scuotendo la testa.
“Non è stato facile portare via il corpo di Aragog, te l’assicuro! Di solito i ragni mangiano i loro morti, sai…mai io volevo che avesse un bel funerale…e anche un estremo saluto appropriato...”
Scoppiò nuovamente a piangere e Harry ricominciò a dargli colpetti sul braccio. Poi disse (la pozione gli comunicò che era la cosa giusta da fare): “Hagrid, venendo qui ho incontrato il professor Slughorn”.
“Non sarai mica nei guai, vero?” chiese Hagrid allarmato, sollevando lo sguardo. “Non saresti dovuto uscire dal castello di sera, lo so bene…è tutta colpa mia – ”
“No, no, quando ha sentito cosa venivo a fare ha detto che gli avrebbe fatto molto piacere raggiungerci e porgere anche lui l’estremo saluto ad Aragog.” Rispose Harry. “Credo sia andato a mettersi qualcosa di più appropriato…e ha detto che avrebbe portato un paio di bottiglie con sé, così potremo bere alla memoria di Aragog…”.
“Dici sul serio?” domandò Hagrid, sorpreso e commosso allo stesso tempo. “E’…è davvero molto gentile da parte sua… anche il fatto di non averti dato una punizione… Non ho mai avuto molto a che fare con Horace Slughorn prima d’ora…eppure viene a dare ad Aragog l’estremo saluto? Beh…gli avrebbe fatto molto piacere, ad Aragog…”
Harry pensò tra sé e sé che se c’era qualcosa di Slughorn che Aragog avrebbe certamente apprezzato, era l’abbondante quantità di carne che avrebbe potuto fornire. Ma non disse niente, e si limitò ad avvicinarsi alla finestra sul retro, dalla quale poté scorgere l’orribile vista del gigantesco ragno morto; giaceva riverso sul dorso, le zampe accartocciate e aggrovigliate.
“Lo vuoi seppellire qui, Hagrid? Nel tuo giardino?”
“Stavo pensando…proprio dietro l’orto delle zucche” disse Hagrid con voce strozzata. “Ho già scavato la…la fossa…Pensavo che potevamo dire un paio di cose su di lui…sai, i ricordi felici –”
La sua voce si fece incerta, poi si ruppe. Un attimo dopo bussarono alla porta e lui andò
ad aprire, soffiandosi il naso con il suo enorme fazzoletto macchiato. Slughorn oltrepassò
l’uscio in fretta, con in mano diverse bottiglie; indossava una sobria cravatta nera.
“Hagrid” esordì con voce seria e profonda. “Mi è dispiaciuto molto sapere della tua perdita”.
“E’ molto gentile da parte tua” rispose Hagrid. “Grazie mille. E grazie anche per non aver messo Harry in punizione…”
“Non me lo sarei mai sognato” esclamò Slughorn. “Notte triste, triste davvero… dov’è la povera creatura?”.
“Qua fuori” disse Hagrid con voce tremante. “A-andiamo allora”.
Uscirono tutti e tre nel giardino sul retro. La luna brillava pallida tra gli alberi e la sua luce si univa a quella della finestra di Hagrid ad illuminare il corpo di Aragog; questo giaceva sull’orlo di una gigantesca buca, vicino a una montagna di terra fresca alta tre metri.
“Magnifico esemplare” commentò Slughorn, avvicinandosi alla testa del ragno, dove quattro
paia di occhi lattiginosi fissavano, vacui, il cielo, e due enormi chele ricurve brillavano immobili al chiarore della luna. Mentre Slughorn si chinava sulle chele, apparentemente interessato all’enorme testa pelosa, a Harry parve di sentire il tintinnio di alcune bottiglie.
“Non tutti ne apprezzano la bellezza” sospirò Hagrid rivolto a Slughorn mentre le lacrime gli scorrevano dagli occhi gonfi. “Non sapevo che fossi interessato a creature come Aragog, Horace”.
“Interessato? Mio caro Hagrid, ne sono affascinato” disse Slughorn, allontanandosi dal corpo.
Harry vide il luccichio di una bottiglia scomparire sotto il suo mantello, ma Hagrid, che si stava di nuovo asciugando gli occhi, non si accorse di nulla. “Ora… diamo inizio alla sepoltura?”.
Hagrid annuì e avanzò di qualche passo. Con un grugnito sollevò il ragno gigante e lo spinse dentro la buca. Questo sbatté sul fondo con un orribile colpo secco; Hagrid ricominciò a piangere.
“Certo dev’essere molto dura per te, che lo conoscevi meglio di chiunque altro” disse Slughorn. Come Harry, non arrivava più in alto del gomito di Hagrid, ma cominciò
ugualmente a darvi dei colpetti d’incoraggiamento. “Lascia che sia io a dire due parole”. Harry pensò che doveva essere riuscito a prendere del veleno di ottima qualità, poiché
era un sorrisetto compiaciuto quello che sfoggiò mentre si avvicinava al bordo della fossa per dire, con voce lenta e solenne:
“Addio a te, Aragog, Re degli Aracnidi. Coloro che ti conoscevano non dimenticheranno la tua lunga e sincera amicizia! Il tuo corpo decadrà, ma il tuo spirito continuerà ad abitare i luoghi silenziosi e intessuti di maestose ragnatale nella tua amata foresta. Possano i tuoi discendenti dai molti occhi prosperare, e i tuoi amici umani trovare conforto per la perdita subita.”
“E’…era bellissima…” ululò Hagrid, e si afflosciò a terra, singhiozzando più forte che mai.
“Coraggio, Hagrid, coraggio.” Disse Slughorn, agitando la bacchetta. Il gigantesco mucchio di terra si sollevò in aria e ricadde sul corpo del ragno con un tonfo attutito, fino a formare un piccolo tumulo. “Torniamo dentro, e beviamo un bicchiere. Prendilo dall’altro braccio, Harry…ecco, così… Coraggio, Hagrid, alzati…su, da bravo…”
Depositarono Hagrid su una sedia vicino al tavolo. Thor, che fino a quel momento era rimasto nascosto nella sua cesta, gli avvicinò con cautela e, com’era suo solito, appoggiò
la testa pesante sulle ginocchia di Harry. Slughorn stappò una delle bottiglie di vino che aveva portato.
“Le ho controllate tutte per assicurarmi che non siano avvelenate” rassicurò Harry, mentre versava tre quarti della prima bottiglia in una delle tazze giganti e offrendola a Hagrid. “Le ho
fatte assaggiare una per una a un elfo domestico, dopo quello che è successo al tuo amico Rupert.”
Harry si immaginò l’espressione sul volto di Hermione se fosse venuta a sapere di questo abuso di elfi domestici, e decise che non le avrebbe riferito questa parte…
“Uno per Harry…” disse Slughorn, dividendo il contenuto della seconda bottiglia in due tazze.
“…e uno per me. Bene,” levò in alto il suo bicchiere. “Ad Aragog”.
“Ad Aragog” gli fecero eco Harry e Hagrid.
Slughorn e Hagrid bevvero una lunga sorsata. Harry tuttavia, avendo la strada illuminata da Felix Felicis, capì che non doveva bere; perciò finse di prenderne un sorsetto e rimise la tazza sul tavolo, davanti a sé.
“L’ho preso che era ancora un uovo, sapete…” disse Hagrid sconsolato. “Era una cosetta minuscola appena è uscito. Più o meno della grandezza di un cagnolino”.
“Che carino…” commentò Slughorn.
“Lo tenevo in un armadio, su a scuola… fino al giorno in cui…beh…”.
Hagrid si era fatto scuro in volto, e Harry sapeva bene perché: Tom Riddle aveva fatto in modo che Hagrid venisse espulso dalla scuola, incolpato di aver aperto la Camera dei Segreti. Slughorn dal canto suo sembrava non ascoltarlo; stava fissando il soffitto da cui pendevano alcune pentole d’ottone e un fascio di capelli bianchi, segosi e lucenti.
“Non sarà mica crine di unicorno, vero, Hagrid?”
“Oh, sì.” Disse Hagrid con tono indifferente. “Gli si staccano dalla coda, sai, s’impigliano ai rami degli alberi nella foresta…”.
“Ma caro il mio ragazzo…hai idea di quanto valgono?”
“Beh, io li uso per fermare le bende se qualche creatura resta ferita e roba del genere…”
Fece spallucce. “Sono utilissimi… sai, sono molto resistenti.”
Slughorn prese un altro lungo sorso dalla sua tazza, e i suoi occhi cominciarono a muoversi intorno alla capanna, alla ricerca di ulteriori tesori che avrebbero potuto trasformarsi in ampie scorte di idromele, ananas caramellato e giacche di velluto. Il professore riempì nuovamente la tazza di Hagrid e la propria, poi cominciò a fare domande sui vari tipi di creature che vivevano nella foresta e su come Hagrid fosse in grado di prendersene cura. Hagrid, che diventava sempre più espansivo sotto l’influenza del vino e dell’interesse dimostrato da Slughorn nei suoi confronti, smise infine di asciugarsi gli occhi e si lanciò in una spiegazione particolareggiata dell’allevamento di Bowtrucles.
A questo punto Felix Felicis richiamò l’attenzione di Harry, e lui si rese conto che la scorta di vino che Slughorn aveva portato stava diminuendo a velocità spaventosa. Harry non aveva ancora imparato a fare l’Incantesimo di Riempimento senza dire ad alta voce la formula, ma la sola idea di non riuscirci in quel momento era ridicola; infatti Harry rise tra sé e sé quando, dopo aver puntato la bacchetta sotto il tavolo e senza che né
Hagrid né Slughorn se ne accorgessero (si stavano scambiando storie sul commercio illegale di uova di drago) i bicchieri cominciarono immediatamente a riempirsi. Dopo circa un’ora, Hagrid e Slughorn avevano cominciato a fare dei brindisi piuttosto stravaganti: a Hogwarts, a Silente, al vino fatto dagli elfi domestici, e a…
“A Harry Potter!” tuonò Hagrid, versandosi sul mento parte del suo quattordicesimo boccale di vino mentre lo scolava.
“Dici bene” gli fece eco Slughorn, con voce leggermente velata. “A Parry Otter, il Ragazzo Prescelto che–beh, qualcosa del genere…” mormorò, e vuotò a sua volta il bicchiere. Non passò molto tempo prima che a Hagrid tornassero le lacrime agli occhi; spinse l’intero fascio di crine di unicorno in mano a Slughorn, che da parte sua li infilò sotto il mantello declamando brindisi: “All’amicizia! Alla generosità! Ai dieci galeoni a crine!”
Entro breve, Hagrid e Slughorn erano seduti fianco a fianco, l’uno con un braccio attorno alle spalle dell’altro, intonando insieme una canzone lenta e triste che parlava di un mago moribondo di nome Odo.
“Ahimè, tutti i buoni muoiono giovani” mormorò Hagrid, afflosciandosi sul tavolo, leggermente strabico, mentre Slughorn continuava a canticchiare il ritornello.
“Mio padre era troppo
giovane per andarsene… e anche i tuoi genitori lo erano, Harry…”
Grossi lacrimoni ripresero a scorrere lungo le sue guance; strinse il braccio di Harry e lo scosse.
“I migliori maghi della loro generazione che ho mai conosciuto… una cosa orribile…
davvero orribile…”
Slughorn intonò lamentosamente:
‘E Odo, l’eroe, lo riportarono a casa
Nel luogo dove aveva vissuto da ragazzo
Lo seppellirono con il cappello girato al contrario
E la bacchetta spezzata a metà, che cosa triste.”
“…terribile.” Grugnì Hagrid. La sua enorme test a irsuta ciondolò e ricadde sulle sue braccia conserte; si addormentò di colpo, e cominciò a russare.
“Mi dispiace” disse Slughorn, a cui era venuto il singhiozzo. “Sono stonato come una campana.”
“Hagrid non stava parlando della sua canzone” disse piano Harry. “Stava parlando della morte dei miei genitori”.
“Oh.” Disse Slughorn, trattenendo a stento un rutto. “Oh, santo cielo. Sì, è stato…è stato davvero terribile. Terribile… proprio terribile…”
Sembrò non trovare le parole adatte, perciò decise di riempire entrambi i loro bicchieri.
“Immagino…immagino che tu non te ne ricordi, vero, Harry?”
“No –beh, avevo solo un anno quando sono morti” cominciò Harry, fissando la fiammella della candela che danzava al ritmo del russare sordo di Hagrid. “Ma sono riuscito a ricostruire tutto quello che è successo. Mio padre è morto per primo. Lo sapeva?”
“N-no…io non lo sapevo…” sussurrò Slughorn.
“Già… Voldemort l’ha ucciso, poi ha calpestato li suo cadavere ed è andato da mia madre” continuò Harry.
Slughorn fu scosso da un brivido ma non riuscì a staccare lo sguardo dal volto di Harry.
“Le ha detto di togliersi di mezzo.” Disse Harry impietoso. “Me l’ha detto lui stesso, non era necessario che morisse anche lei. Lui voleva me, solo me. Lei avrebbe potuto salvarsi.”
“Santo cielo” mormorò Slughorn a fil di voce. “Non era necessario che…? Avrebbe davvero potuto… ma è orribile…”
“Orribile, vero?” ripetè Harry, la sua voce appena udibile. “E lei non si è spostata. Mio padre era già morto, ma lei non voleva che morissi anch’io. Ha cercato di supplicare Voldemort… ma lui è scoppiato a ridere…”.
“Ora basta!” implorò d’un tratto Slughorn, levando una mano tremante. “Davvero, ragazzo mio, basta…Sono un uomo anziano… Non mi serve a niente sapere… non voglio sapere…”
“Ah, già, me n’ero dimenticato” mentì Harry, sotto l’influsso del Felix Felicis. “Lei le era affezionato, non è vero?”
“Affezionato?” ripetè Slughorn; i suoi occhi si riempirono di lacrime. “Non riesco a immaginare una sola persona che conoscendola non le abbia voluto bene… era molto coraggiosa… e spiritosa… è stata la cosa più orribile –”
“E tuttavia lei non vuole aiutare suo figlio” insistette Harry. “Mia madre ha dato la sua vita per me, e lei non vuole consegnarmi un semplice ricordo.”
Il sonoro russare di Hagrid riempì la capanna. Harry fissò senza batter ciglio gli occhi pieni di lacrime di Slughorn. L’insegnante di pozioni non riuscì a distogliere lo sguardo.
“Non dire così…” sussurrò. “Non è questione di… se fosse per aiutare te, certo… ma ora come ora, di che utilità potrebbe mai…”
“Sarebbe fondamentale” scandì Harry. “Silente ha bisogno di informazioni. Io ho bisogno di informazioni”.
Sapeva di non compromettersi: Felix gli diceva che Slughorn non si sarebbe ricordato di nulla la mattina dopo. Harry si curvò in avanti, sempre fissando Slughorn dritto negli occhi.
“Io sono il Prescelto. Devo trovare il modo di uccidere Voldemort. Ho bisogno di quel ricordo.”
Slughorn impallidì sempre più; la sua fronte era imperlata di sudore.
“Tu sei davvero il Prescelto?”
“Certo che lo sono” rispose calmo Harry.
“Ma allora… caro ragazzo… mi stai chiedendo un sacrificio… mi stai chiedendo di aiutarti nel tentativo di distruggere…”.
“Intende dire che non vuole liberarsi del mago che ha ucciso Lily Evans?”
“Harry, oh Harry… ma certo che lo voglio…è solo che..:”.
“Teme che scoprirà che lei mi ha aiutato?”
Slughorn non disse niente; pareva terrorizzato.
“Sia coraggioso come lo era mia madre, professore…”.
Slughorn sollevò una mano grassoccia e si premette sulla bocca le dita tremanti; per un attimo sembrò un neonato troppo cresciuto.
“Non sono certo orgoglioso…” mormorò fra le dita. “Mi vergogno di ciò che –di ciò che il ricordo mostra… Mi rendo conto di aver commesso uno sbaglio orribile quel giorno…”.
“Cancellerebbe il suo sbaglio, qualunque cosa lei abbia fatto, dandomi quel ricordo.”
Sottolineò Harry. “Sarebbe un gesto molto nobile e coraggioso.”
Hagrid si mosse nel sonno e seguitò a russare. Harry e Slughorn continuarono a fissarsi alla luce tremolante della candela. Il silenzio durò a lungo, ma Felix consigliò a Harry di non spezzarlo, di aspettare.
Poi, molto lentamente, Slughorn infilò una mano in tasca ed estrasse la sua bacchetta. L’altra mano scomparve sotto il mantello e riemerse stringendo una bottiglietta vuota. Senza distogliere lo sguardo, Slughorn sfiorò con la punta della bacchetta la propria tempia e ne estrasse un lungo filo argenteo di ricordo. Il filo si allungò e allungò, poi si ruppe e cominciò a ondeggiare pendendo dalla bacchetta. Slughorn fece ricadere nella fiala, dove prese a contorcersi e avvolgersi su se stesso come se fosse fatto di fumo; lui richiuse la bottiglietta con mano tremante e la poggiò sul tavolo davanti a Harry.
“La ringrazio molto, professore”.
“Sei un bravo ragazzo” mormorò il professor Slughorn, con le lacrime che gli scorrevano copiose lungo le guance paffute, inondando i baffoni da tricheco. “E hai i suoi occhi…
solo…non pensare male di me quando avrai visto il ricordo…”
Anche lui, come Hagrid, lasciò cadere la testa fra mani, trasse un profondo respiro, e si addormentò.
CAPITOLO VENTITRE’
GLI HORCRUX
Harry riusciva a sentire gli effetti di Felix Felicis svanire mentre camminava furtivamente verso il castello. Il portone d’ingresso era rimasto aperto per lui, ma al terzo piano aveva incontrato Pix e solo con difficoltà aveva evitato una punizione tuffandosi di lato in una delle sue scorciatoie. Quando raggiunse il ritratto della Signora Grassa e si tolse il Mantello dell’Invisibilità, non fu sorpreso di trovarla riluttante ad aiutarlo.
“Ti sembra questa l’ora di chiamarmi?”
“Sono davvero dispiaciuto – sono dovuto uscire per qualcosa d’importante –“
“Beh, la parola d’ordine è cambiata a mezzanotte, perciò dovrai dormire in corridoio!”
“Sta scherzando!” disse Harry. “Perché è dovuta cambiare a mezzanotte?”
“E’ così” disse la Signora Grassa. “Se sei arrabbiato vai a prendertela con il Preside, è lui che ha rafforzato la sicurezza.”
“Fantastico” disse Harry amaramente, guardando verso il pavimento. “Davvero brillante. Si, andrei a prendermela con Silente se lui fosse qui, perché è lui che ha voluto che io –“
“Lui è qui.” Disse una voce dietro Harry. “Il professor Silente è ritornato a scuola un’ora fa.”
Nick-Quasi-Senza-Testa stava fluttuando verso Harry, la sua testa barcollava come al solito sul suo collare.
“L’ho saputo dal Barone Sanguinario, che l’ha visto arrivare,” disse Nick. “E’ apparso, da quanto dice il Barone, di buon umore, anche se un po’ stanco, ovviamente.”
“Dov’è?” chiese Harry con il cuore che sussultava.
“Oh, a lamentarsi e fare rumore sulla Torre dì Astronomia, è il suo passatempo preferito
–“
“Non il Barone Sanguinario, Silente!”
“Oh – nel suo ufficio,” disse Nick. “Credo, da quello che ha detto il Barone, che abbia degli affari da sbrigare prima di-“
“Si!” disse Harry, con l’eccitazione nel petto alla prospettiva di dire a Silente che era riuscito a prendere il ricordo. Si girò e si rimise a correre, ignorando la Signora Grassa che lo stava chiamando.
“Torna indietro! Va bene, ho mentito! Ero irritata perché tu mi hai svegliata! La parola d’ordine è ancora ‘verme solitario’!”
Ma Harry Si era già precipitato per il corridoio, e, in pochi minuti, stava dicendo ‘bignè di glassati’ al gargoyle di Silente, che si fece da parte, permettendo a Harry di salire sugli scalini a spirale.
“Avanti” disse Silente quando Harry bussò. Sembrava esausto.
Harry aprì la porta. Era l’ufficio di Silente, lo stesso di sempre, ma con un cielo nero e costellato visibile dalla finestra.
“Per l’amor del cielo, Harry!”, disse Silente sorpreso. “A cosa devo questo piacere così
tardi?”
“Signore – L’ho preso. Ho preso il ricordo da Slughorn.”
Harry tirò fuori la piccola bottiglietta di vetro e la mostrò a Silente. Per un momento o due, il Preside sembrò confuso. Poi sulla sua faccia comparve un largo sorriso.
“Harry, questa è una notizia spettacolare! Davvero ben fatto! Sapevo che potevi farcela!”
Tutte le considerazioni sull’ora tarda apparentemente dimenticate, corse attorno alla sua scrivania, prese nella sua mano illesa la bottiglietta con il ricordo di Slughorn e si diresse a gran passi verso l’armadietto in cui teneva il Pensatoio.
“E adesso,” disse Silente, posando il bacino di pietra sulla sua scrivania e svuotando dentro il contenuto della bottiglietta, “ adesso, finalmente, vedremo. Harry, veloce…”
Harry si abbassò obbedientemente sul Pensatoio e sentì i suoi piedi che lasciavano il pavimento dell’ufficio…ancora una volta cadde attraverso l’oscurità e atterrò nell’ufficio di Horace Slughorn di molti anni prima.
C’era un Horace Slughorn molto più giovane, con i suoi spessi, lucidi capelli color paglia e i suoi baffi biondo rossicci, seduto di nuovo su una comoda poltrona con i braccioli nel suo ufficio, i suoi piedi posati su un pouffe di velluto, un piccolo bicchiere di vino in una mano, l’altra che rovistava in una scatola di ananas caramellate. Attorno a Slughorn c’erano una mezza dozzina di ragazzi adolescenti, nel cui mezzo sedeva Tom Riddle, l’anello oro e nero di Orvoloson brillava sul suo dito.
Silente atterrò a fianco a Harry appena Riddle chiese, “Signore, è vero che la professoressa Merrythought andrà in pensione?”
“Tom, Tom, se lo sapessi non potrei dirtelo,” disse Slughorn agitando un dito in segno di rimprovero verso Riddle, anche se allo stesso tempo gli faceva l’occhiolino. “Devo dire che mi piacerebbe sapere dove ti sei procurato quest’informazione, ragazzo; sei più informato di metà del personale.”
Riddle sorrise; gli altri ragazzi risero e lo guardarono con ammirazione.
“E che dire della tua misteriosa abilità di conoscere le cose che non dovresti, e la tua scrupolosa adulazione delle persone che contano-grazie per le ananas caramellate, a proposito, hai ragione, sono le mie preferite-“
Alcuni dei ragazzi ridacchiarono di nuovo.
“-Mi aspetto con fiducia che tu diventerai Ministro della Magia entro vent’anni. Quindici, se continuerai a mandarmi ananas caramellte. Ho contatti eccellenti al Ministero.”
Ton Riddle sorrise soltanto mentre gli altri risero di nuovo.
Harry notò che lui non era il più grande, ma tutti gli altri sembravano considerarlo come il loro leader.
“Non penso che la politica sia adatta a me, signore,” disse quando finirono le risate. “Non ho il giusto tipo di sfondo sociale, per prima cosa.”
Una coppia di ragazzi attorno a lui si guardarono con un sorrisetto compiaciuto. Harry era sicuro che si stavano gustando una barzelletta privata: senza dubbio su quello che sapevano, o sospettavano, sui famosi antenati del loro leader.
“Stupidaggini,” disse Slughorn vivacemente, “non potrebbe essere più chiaro che tu discendi da maghi rispettabili, con le abilità che hai. No, farai tanta strada, Tom, Non mi sono mai sbagliato su uno studente.”
Il piccolo orologio d’oro sulla cattedra di Slughorn suonò le undici e lui si guardò attorno. Per l’amor del cielo, è già così tardi? E’ meglio che andiate, ragazzi, o saremo tutti in un guaio. Lestrange, voglio il tuo tema per domani o è punizione. Stessa cosa per te, Avery.”
Uno per uno i ragazzi uscirono in fila dalla stanza. Slughorn si sollevò dalla poltrona e portò il suo bicchiere vuoto sulla cattedra. Un movimento dietro di lui lo fece voltare; Riddle era ancora lì in piedi.
“Fa attenzione, Tom, non vuoi essere preso fuori dal letto dopo il coprifuoco, e proprio tu, un prefetto…”
“Signore, volevo chiederle una cosa.”
“Chiedi allora, ragazzo mio, chiedi…”
“Signore, mi chiedevo cosa sapeva lei su…sugli Horcrux?”
Slughorn lo fissò, le sue grosse dita sfioravano il bordo del suo bicchiere di vino.
“Un progetto per Difesa Contro le Arti Oscure?”
Ma Harry era convinto che Slughorn sapeva perfettamente che quello non era un compito scolastico.
“Non esattamente, signore,” disse Riddle. “Ho incontrato il termine mentre leggevo e non l’ho compreso pienamente.”
“No…bene…farai grosse difficoltà a trovare un libro a Hogwarts che ti darà dettagli sugli Horcrux, Tom. Quelle sono cose molto Oscure, davvero molto Oscure,” disse Slughorn.
“Ma lei ovviamente sa tutto, signore? Voglio dire, un mago come lei – mi scusi, intendo, se non me lo può dire, ovviamente – semplicemente sapevo che se qualcuno avrebbe potuto aiutarmi, questo qualcuno era lei – perciò ho giusto pensato di chiedere-“
Era davvero ben fatto, pensò Harry, l’esitazione, il tono casuale, l’attenta adulazione, e nessuna in eccesso. Lui, Harry, aveva così tanta esperienza nel cercare di ottenere informazioni con lusinghe da persone riluttanti a darle che non poteva non riconoscere un maestro al lavoro. Era sicuro che Riddle voleva davvero tanto quell’informazione; forse aveva pianificato questo momento da settimane.
“Bene,”disse Slughorn, senza guardare Riddle, ma perdendo tempo con il nastro della sua scatola di ananas caramellate,”bene, non ti farà male se ti do una veduta generale. Giusto che tu capisca il termine. Horcrux è la parola usata per indicate un oggetto in cui una persona ha nascosto parte della sua anima.”
“Però, signore, non capisco come funziona.” Disse Riddle.
La sua voce era attentamente controllata, ma Harry poteva sentire la sua eccitazione.
“Beh, scindi la tua anima” disse Slughorn, “e nascondi parte di essa in un oggetto fuori dal corpo. Così, anche se il corpo viene attaccato o distrutto, non si può morire, perché
parte dell’anima rimane materiale e intatta. Ma, ovviamente, una forma del genere di esistenza…”
La faccia di Slughorn si contrasse e Harry si trovò a ricordare parole che aveva sentito circa due anni prima.
“Fui strappato via dal mio corpo, diventai meno che spirito, meno del più miserabile fantasma…eppure ero vivo.”
“…pochi lo vorrebbero, Tom, molto pochi. La morte sarebbe preferibile.”
Ma la brama di Riddle era diventata evidente; la sua espressione era ingorda, non poteva nascondere ancora a lungo il suo desiderio.
“Come dividi la tua anima?”
“Con un atto diabolico – l’atto supremo di malvagità. Commettendo un omicidio. L’uccisione strappa l’anima. Il mago che intende creare un Horcrux userebbe il danno a suo vantaggio: riporrebbe la porzione strappata –“
“Riporre? Ma come –?”
“C’è un incantesimo, ma non chiedermelo, non lo conosco!” disse Slughorn, scuotendo la testa come un vecchio elefante infastidito dalle zanzare. “ Ho forse l’aspetto di uno che ha provato – sembro un assassino?
“No, signore, ovviamente no,” disse Riddle e velocemente. “Mi scusi…non intendevo offenderla…”
“Ma figurati, figurati, non mi hai offeso,” disse rauco Slughorn. “E’ naturale essere curiosi su queste cose…i maghi di un certo calibro sono sempre stati attratti da quell’aspetto della
magia…”
“Si, signore, disse Riddle. “Quello che non capisco però – solo una curiosità – voglio dire, un solo Horcrux sarebbe utile? Puoi dividere la tua anima solo una volta? Non sarebbe meglio, non ti renderebbe più forte, avere la tua anima divisa in più pezzi? Intendo, innanzitutto, non è il sette il più potente numero magico, il sette non sarebbe –?”
“Per la barba di Merlino, Tom” urlò Slughorn. “Sette! Non è già abbastanza malvagio uccidere una persona? E in ogni caso…malvagio abbastanza per dividere l’anima….ma dividerla in sette parti…”
Slughorn sembrava essere profondamente turbato adesso: stava guardando fisso Riddle, come se non l’avesse mai visto bene prima e Harry poteva giurare che si stava pentendo della conversazione.
“Ovviamente,” mormorò, “questo è tutto in via ipotetica, quello di cui stiamo discutendo, vero? Tutto accademico…”
“Si, signore, certo.” Disse Riddle velocemente.
“Ma nonostante questo, Tom…non parlarne in giro, quello che ti ho detto – o meglio, di cui abbiamo discusso. La gente non gradirebbe sapere che abbiamo parlato degli Horcrux. E’ un argomento vietato a Hogwarts, sai…Silente è particolarmente severo su questo…”
“Non dirò una parola, signore.” Disse Riddle e se ne andò, ma non prima che Harry avesse visto la sua faccia, che era piena di quella stessa grande felicità che gli aveva visto addosso quando aveva scoperto di essere un mago, il tipo di felicità che non rendeva migliori i suoi lineamenti, ma li faceva, in qualche modo, meno umani…
“Grazie, Harry,” disse calmo Silente. “Andiamo…”
Quando Harry atterrò di nuovo sul pavimento dell’ufficio, Silente era già seduto dietro la sua
scrivania. Anche Harry si sedette, e aspettò che Silente iniziasse a parlare.
“Ho sperato di ottenere questa testimonianza per moltissimo tempo,” disse finalmente Silente. “Conferma la teoria su cui ho lavorato, mi dice che ho ragione, e anche quanto siamo ancora lontani da raggiungere…”
Harry improvvisamente notò che ogni singolo preside nei ritratti appesi ai muri si era sollevato e stava ascoltando la loro conversazione. Un mago corpulento, con il naso rosso aveva appena tirato fuori un corno acustico.
“Bene, Harry,” disse Silente, “Sono sicuro che hai capito il significato di quello che abbiamo appena sentito. Alla stessa età che hai tu adesso, mese più mese meno, Tom Riddle stava cercando di scoprire tutto quello che poteva per rendersi immortale.”
“E lei pensa che ci sia riuscito?” chiese Harry . “Ha fatto un Horcrux? Ed è per quello che non è morto quando mi ha attaccato? Aveva un Horcrux nascosto da qualche parte? Una parte della sua anima era al sicuro?”
“Una parte…o forse più,” disse Silente. “Hai sentito Voldemort: quello che in particolare voleva da Horace era sapere cosa sarebbe successo al mago che creava più di un Horcrux, cosa sarebbe successo al mago così determinato a evitare la morte da essere preparato ad uccidere molte volte, dividere la propria anima ripetutamente, così da conservarla in molti, separati e nascosti Horcrux. Nessun libro gli avrebbe dato quell’informazione. Per quanto ne so, e sono sicuro, per quanto ne sapeva Voldemort, nessun mago aveva mai fatto più di dividere in due la propria anima.”
Silente si fermò un attimo, schiarendosi le idee, e poi disse, “Quattro anni fa, ho ricevuto quella che consideravo una prova certa che Voldemort aveva strappato la sua anima.”
“Dove?” chiese Harry. “Come?”
“Me l’hai portata tu, Harry,” disse Silente. “I l diario, il diario di Riddle, quello che dava istruzioni per riaprire la Camera dei Segreti.”
“Non capisco, signore.” Disse Harry.
Beh, anche se non ho visto il Riddle che è uscito dal diario, quello che tu mi avevi descritto era un fenomeno a cui non avevo mai assistito. Un semplice ricordo cominciava a agire e pensare da sé? Un semplice ricordo, che estraeva la vita dalla ragazza a cui era capitato il diario tra le mani? No, nel libro aveva vissuto qualcosa di più oscuro…un frammento di anima, ne ero quasi sicuro. Il diario era stato un Horcrux. Ma questo sollevò un numero di domande pari a quelle a cui rispondeva. Quello che più mi aveva intrigato e allarmato era che il diario era stato inteso più come un’arma che come una protezione.”
“Continuo a non capire.” Disse Harry.
“Beh, funzionava come un Horcrux dovrebbe funzionare, in altre parola, il frammento di anima nascosto al suo interno era tenuto al sicuro e ha sicuramente fatto la sua parte impedendo la morte del suo possessore. Ma non poteva esserci dubbio che Riddle voleva davvero tanto che il diario venisse letto, voleva che il pezzo della sua anima vivesse o possedesse qualcun altro, così che il mostro di Serpeverde potesse venire nuovamente sguinzagliato.”
“Non voleva che il suo duro lavoro fosse stato uno spreco,” disse Harry. “Voleva che la gente venisse a conoscenza che era lui l’erede di Serpeverde, perché al tempo non poteva prendere i riconoscimenti.”
“Corretto,” disse Silente, annuendo. “Ma non vedi, Harry, che se lui avesse voluto che il diario passasse, o possedesse, futuri studenti di Hogwarts, sarebbe stato davvero indifferente per quel prezioso frammento della sua anima nascosto lì dentro. Lo scopo di un Horcrux è, come ha spiegato il professor Slughorn, tenere parte di se stessi nascosto e al sicuro, non finire in mezzo alla vita di qualcun altro e correre il rischio di farlo distruggere, come infatti è successo: quel particolare frammento di anima non c’è più; tu hai provveduto a questo.
“Il modo trascurato in cui Voldemort considerava questo Horcrux mi è sembrato molto strano. Mi suggeriva che doveva aver fatto, o aveva pianificato di fare, altri Horcrux, così
che la perdita del primo non sarebbe stata tanto dannosa. Non desideravo crederci, ma nient’altro sembrava avere senso.
“Poi tu mi hai detto, due anni dopo, che la notte in cui Voldemort ha ottenuto nuovamente un corpo, ha fatto una constatazione molto illuminante e allarmante ai suoi Mangiamorte.
‘Io, che mi sono spinto più in là di ogni altro sul sentiero che conduce all’immortalità.’
Era quello che
tu mi hai riferito che lui ha detto. ‘Più in là di ogni altro.’ E pensavo di sapere cosa significava, anche se i Mangiamorte non l’avevano capito. Si riferiva ai suoi Horcrux, Horcrux al plurale, Harry, cosa che non credo che qualsiasi altro mago abbia mai avuto. Finalmente tutto quadrava: Lord Voldemort sembrava diventare meno umano con il passare degli anni, e la trasformazione che aveva subito mi sembrava spiegabile solo se la sua anima fosse stata mutilata al di là del regno di quello che noi di solito chiamiamo diavolo…”
“Per cui si è reso impossibile da uccidere uccidendo altre persone?” disse Harry. “Perché
non poteva creare una Pietra Filosofale, o rubarne una, se era così interessato all’immortalità?”
“Ma noi sappiamo che ha cercato di farlo giusto cinque anni fa,” disse Silente. “Ma ci sono alcune ragioni per cui, credo, una Pietra Filosofale avrebbe interessato Lord Voldemort meno degli Horcrux.
“Mentre l’Elisir di Lunga Vita estende la vita, deve essere bevuto regolarmente, per l’eternità, se chi lo beve ha intenzione di mantenere l’immortalità. Per questo, Voldemort sarebbe dipeso completamente dall’Elisir, e se questo fosse finito, o contaminato, o se la Pietra fosse stata rubata, sarebbe morto come un qualsiasi altro uomo. Voldemort vuole agire da solo, ricorda. Credo che avrebbe trovato il fatto di essere dipendente, anche dall’Elisir, intollerabile. Ovviamente era pronto a berlo se l’avesse fatto uscire da quella orribile sottospecie di esistenza a cui era stato condannato dopo averti attaccato, ma solo per riprendersi un corpo. Dopo, ne sono convinto, avrebbe continuato a fare affidamento sui suoi Horcrux: non avrebbe avuto bisogno di nient’altro, se solo avesse potuto riavere una forma umana. Era già immortale, vedi…o comunque vicinissimo.
“Ma adesso, Harry, armati di quest’informazione, il ricordo cruciale che sei riuscito a procurarci, siamo più vicini al segreto per sconfiggere Lord Voldemort di chiunque altro lo sia mai stato prima. L’hai sentito Harry:
“Non sarebbe meglio, non ti renderebbe più forte, avere la tua anima divisa in più pezzi…
non è il sette il più potente numero magico…” non è il sette il più potente numero magico. Si, penso che l’idea di un’anima divisa in sette parti sarebbe apparsa grandiosa a Lord Voldemort.”
“Ha fatto sette Horcrux?” disse Harry con uno sguardo inorridito, mentre alcuni dei ritratti sulle pareti facevano simili rumori di raccapriccio e offesa. “Ma potrebbero essere in una qualsiasi parte del modo, nascosti, sotterrati o invisibili…”
“Sono felice che tu abbia capito la grandezza del problema,” disse Silente con calma. “ Ma innanzitutto, no, Harry, non sette Horcrux: sei. La settima parte della sua anima, comunque mutilata, risiede all’interno del suo corpo rigenerato. E’ quella la parte di lui che ha vissuto un’esistenza spettrale per così tanti anni durante il suo esilio; senza di quella, non potrebbe vivere. Quel settimo pezzo di anima, il pezzo che vive nel suo corpo, sarà l’ultimo da attaccare per chiunque abbia intenzione di uccidere Voldemort.”
“Ma i sei Horcrux, allora,” disse Harry, con un po’ disperatamente, “Come faremo a trovarli?”
“Ti stai dimenticando…tu ne hai già distrutto uno. E io ne ho distrutto un altro.”
“Davvero?” disse Harry con ardore.
“Si, davvero,” disse Silente, e alzò la sua mano annerita e bruciata. “L’anello, Harry. L’anello di Orvoloson. C’era una maledizione terribile sopra. Se non fosse stato, perdonami per la
mancanza di modestia, per la mia pelle prodigiosa e per l’azione tempestiva del professor Piton quando sono ritornato a Hogwarts, gravemente ferito, non sarei sopravvissuto per raccontare la storia. In ogni caso, una mano appassita non è niente in confronto a un settimo dell’anima di Voldemort. L’anello non è più un Horcrux.”
“Ma come ha fatto a trovarlo?”
“Come tu sai bene, per molti anni ho lavorato per scoprire più che potevo sulla vita passata di Voldemort. Ho viaggiato molto, visitando quei posti in lui era stato una volta. Sono incappato nell’anello nascosto tra le rovine della casa dei Gaunt. Sembrava che una volta che
Voldemort era riuscito a chiuderci dentro una parte della sua anima, non voleva più
indossarlo. L’ha nascosto, protetto da molti incantesimi potenti, nel tugurio in cui avevano
vissuto i suoi antenati (Morfin trasportato ad Azkaban, ovviamente), senza mai immaginare
che un giorno mi sarei preso la briga di visitare la rovina, o che avrei potuto cercare le tracce
di occultamento magico.
“Comunque, non dobbiamo congratularci con noi stessi con troppo entusiasmo. Tu hai distrutto il diario e io l’anello, ma se fosse giusta la nostra teoria sull’anima frammentata in sette parti, rimangono quattro Horcrux.”
“E potrebbero essere dappertutto?” disse Harry. “Potrebbero essere vecchie scatole di latta, o, non so, bottiglie vuote di pozioni…?”
“Tu stai pensando alle Passaporte, Harry, che devono essere oggetti ordinari, facili da non essere notati. Ma Lord Voldemort usa scatole di latta o vecchie bottiglie vuote di pozioni per nascondere la sua preziosa anima? Ti stai dimenticando quello che ti ho mostrato. A Lord Voldemort piaceva collezionare trofei, e preferiva oggetti con una forte storia magica. Il suo orgoglio, il suo credersi superiore, la sua determinazione a costruirsi un posto sbalorditivo nella storia della magia; queste cose mi suggeriscono che Voldemort abbia scelto i suoi Horcrux con cura, preferendo oggetti degni di onore.”
“Il diario non aveva niente di speciale.”
“Il diario, come hai detto tu stesso, era la prova che lui era l’erede di Serpeverde; sono sicuro che Voldemort lo considerava di grandissima importanza.”
“Perciò, gli altri Horcrux? Disse Harry. “Pensa di sapere dove sono, signore?”
“Posso solo ipotizzare,” disse Silente. “Per le ragioni che ti ho già dato, credo che Lord Voldemort preferisse oggetti che avessero in sé una certa grandezza. Ho scavato nel passato di Voldemort per cercare di trovare testimonianze di scomparse di oggetti simili attorno a lui.”
“Il medaglione!” disse Harry ad alta voce. “La coppa di Tassorosso!”
“Si,” disse Silente, sorridendo, “Sarei preparato a scommettere, forse non l’altra mano, ma due dita si, che quelli sono gli Horcrux tre e quattro. I rimanenti due, presumendo che lui ne abbia creati sei, sono più problematici, ma azzarderei l’ipotesi che, avendo preso oggetti di Tassorosso e Serpeverde, abbia voluto trovare oggetti anche di Grifondoro o Corvonero. Quattro oggetti dei quattro fondatori avrebbe, ne sono sicuro, esercitato un grosso prestigio nell’immaginazione di Voldemort. Non ti posso dire, però, se è mai riuscito a trovare qualcosa di Corvonero. Sono fiducioso, comunque, che l’unica reliquia conosciuta di Grifondoro rimane al sicuro.”
Silente puntò il suo dito annerito verso la parete dietro di lui, dove una spada incastonata di rubini era posta in una teca di vetro.
“Lei pensa che è per questo che voleva tornare a Hogwarts così tanto, signore?” disse Harry.
“Per cercare di trovare qualcosa di uno dei fondatori?”
“Esattamente,” disse Silente. “Ma sfortunatamente, questo non ci dà alcun vantaggio, perché se ne andò, o almeno così credo, senza la possibilità di setacciare la scuola. Devo concludere che non ha mai soddisfatto la sua ambizione di collezionare oggetti dei quattro fondatori. Ne ha definitivamente due, forse ne ha trovati tre, e questo è il massimo che
possiamo fare per ora.”
“Anche se ha qualcosa di Corvonero o Grifondoro, questo lascia comunque un sesto Horcrux,” disse Harry, contando sulle sue dita. “A meno che non li abbia entrambi?”
“Non penso,” disse Silente. “Penso di sapere qual è il sesto Horcrux. Mi domando cosa mi dirai quando ti avrò confessato che per un po’ sono stato molto curioso del comportamento del suo serpente, Nagini?”
“Il serpente?” disse Harry, sbigottito. “Si possono usare animali come Horcrux?”
“Beh, è sconsigliabile farlo,” disse Silente, “perché inserire una parte della tua anima in qualcosa che può pensare e muoversi di testa sua è ovviamente una cosa molto rischiosa.
Comunque, se i miei calcoli sono giusti, a Voldemort mancava uno dei suoi sei Horcrux quando è entrato nella casa dei tuoi genitori con l’intenzione di ucciderti.
“Sembra aver riservato la creazione degli Horcrux a delle morti particolarmente significanti. Tu certamente lo saresti stato. Credeva che uccidendoti, stava distruggendo il pericolo che la profezia aveva descritto. Credeva che stava per diventare invincibile. Sono sicuro che aveva intenzione di creare l’Horcrux finale con la tua morte.
“Come ben sappiamo, ha fallito. Dopo un intervallo di alcuni anni, comunque, ha usato Nasini per uccidere un vecchio Babbano, e forse gli passò per la testa di farla diventare il suo sesto Horcrux. Lei sottolinea il suo legame con Serpeverde, che accresce la mistica di Lord Voldemort. Penso che sia affezionato a lei come lo potrebbe essere di qualsiasi altra cosa; certamente gli piace averla vicino e sembra avere su di lei un controllo straordinario e insolito, anche per un Rettilofono.”
“Perciò,” disse Harry, “il diario non c’è più, l’anello non c’è più. La coppa, il medaglione e il serpente sono ancora intatti e lei pensa che ci potrebbe essere un Horcrux che fu una volta di Corvonero o Grifondoro?”
“Un ammirabile riassunto succinto e accurato, si,” disse Silente, curvando la testa.
“E…li sta ancora cercando, signore? E’ quello che fa quando lascia la scuola?”
“Corretto,” disse Silente. “Ho cercato per tantissimo tempo. Penso….forse….che potrei essere vicino a trovarne un altro. Ci sono segni promettenti.”
“E se così fosse,” disse Harry velocemente, “potrei venire con lei e aiutarla a liberarcene?”
Silente guardò Harry molto attentamente per un momento prima di dire, “Si, penso di si.”
“Davvero posso?” disse Harry, completamente colto alla sprovvista.
“Oh si,” disse Silente, sorridendo. “Penso che tu ti sia meritato questo diritto.”
Harry sentì il battito del suo cuore aumentare. Era davvero bello, per una volta non sentire parole di cauzione e protezione. I ritratti dei presidi sulle pareti sembravano meno colpiti dalla decisione di Silente; Harry ne vide pochi scuotere la testa e Phineas Nigellus in realtà sbuffava.
“Voldemort sa quando un Horcrux viene distrutto, signore? Se ne accorge?” chiese Harry ignorando i ritratti.
“Una domanda davvero interessante, Harry. Io credo di no. Credo che Voldemort adesso è
così immerso nella malvagità, e poi queste parti della sua anima sono state separate da lui
per così tanto tempo, che lui non si sente come ci sentiamo noi. Forse, in punto di morte, potrebbe rendersi conto delle sue perdite…ma non lo era, per esempio, che il diario era stato
distrutto, fino a che non forzò Lucius Malfoy a dirgli la verità. Quando Voldemort scoprì
che il
diario era stato distrutto e privato di tutti i suoi poteri, mi è stato detto che la sua rabbia era terribile a vedersi.
“Ma pensavo che lui volesse che Lucius Malfoy lo portasse di nascosto all’interno di Hogwarts?”
“Si, anni fa, quando era sicuro che sarebbe stato in grado di creare più Horcrux, ma Lucius
doveva aspettare l’ordine di Voldemort, e non lo ricevette mai, perché Voldemort fu annientato poco dopo avergli dato il diario. Senza dubbio lui pensava che Lucius non avrebbe
osato fare niente con l’Horcrux se non farci attenzione, ma contava troppo sulla paura di Lucius nei confronti di un padrone che era scomparso da anni e che Lucius credeva morto.
Ovviamente, Lucius non sapeva la vera natura del diario. So che Voldemort gli ha detto che il
diario avrebbe causato la riapertura della Camera dei Segreti, perché era astutamente incantato. Se lucius avesse saputo che aveva tra le mani una parte dell’anima del suo padrone, indubbiamente l’avrebbe trattato con più rispetto, ma invece ha portato avanti da solo il vecchio piano per i suoi scopi: facendo finire il diario tra le mani della figlia di Arthur Weasley, sperava di discreditare Arthur, di farmi cacciare da Hogwarts e di liberarsi di un oggetto altamente incriminante in un colpo solo. Ah, povero Lucius…chissà la furia di Voldemort per il fatto che aveva gettato via l’Horcrux esclusivamente per il suo guadagno, e per il fiasco al Ministero l’anno scorso, non sarei sorpreso se lui fosse segretamente contento di essere al sicuro ad Azkaban al momento.”
Harry rifletté per un momento, poi chiese, “Perciò se tutti i suoi Horcrux vengono distrutti, Voldemort può essere ucciso?”
“Si, penso di si,” disse Silente. “Senza i suoi Horcrux, Voldemort sarà un uomo mortale con un’anima mutilata e diminuita. Non ti dimenticare, però, che mentre la sua anima viene danneggiata senza la possibilità di essere riparata, il suo cervello e il suo potere magico rimangono intatti. Ci vorrà una pelle e un potere fuori dal comune per uccidere un mago come Voldemort, anche senza i suoi Horcrux.”
“Ma io non ho una pelle e un potere fuori dal comune,” disse Harry, prima di riuscire a fermarsi.
“Si, invece,” disse fermo Silente. “Tu hai un potere che Voldemort non ha mai avuto. Tu puoi-”
“Lo so!” disse Harry con impazienza. “Io posso amare!” Fu solo con difficoltà che riuscì a evitare si dire, ‘Che grande cosa’.
“Si, Harry, tu puoi amare,” disse Silente, che sembrava come se sapesse perfettamente bene
cosa Harry si era appena trattenuto dal dire. “Cosa che, dato tutto quello che ti è
successo, è una cosa grandiosa e degno di nota. Sei ancora troppo giovane per capire quanto sei fuori dal comune, Harry.”
“Quindi, quando la profezia dice che avrò ‘poteri al Signore Oscuro sconosciuti’, significa giusto…l’amore?” chiese Harry, sentendosi un po’ abbattuto.
“Si…giusto l’amore,” disse Silente. “Ma Harry, non dimenticare mai che quello che la profezia dice è importante solo perché Voldemort l’ha reso tale. Ti ho detto questo alla fine dell’anno scorso. Voldemort ha scelto la persona che sarebbe stata più pericolosa per lui…e facendo ciò, ti ha reso la persona più pericolosa per lui!”
“Ma significa la stessa-”
“No, per niente!” disse Silente sembrando im aziente. Puntando verso Harry la sua mano nera e appassita, disse, “Stai dando troppa importanza alla profezia!”
“Ma,” farfugliò Harry, “ma lei mi ha detto che la profezia dice…”
“Se Voldemort non avesse mai sentito la profezia, questa sarebbe mai stata compiuta?
Avrebbe mai significato qualcosa? Ovviamente no! Pensi che tutte le profezie presenti nella
Sala delle Profezie sono state compiute?”
“Ma,” disse Harry, sconcertato, “ma l’anno scorso, lei ha detto che uno avrebbe dovuto uccidere l’altro…”
“Harry, Harry, solo perché Voldemort ha fatto un grande errore, e ha agito sulle parole della professoressa Cooman! Se Voldemort non avesse mai ucciso tuo padre, ti avrebbe causato un furioso desiderio di vendetta? Ovviamente no! Se non avesse obbligato tua madre a morire per te, ti avrebbe dato una protezione magica che lui stesso non poteva penetrare? Ovviamente no, Harry! Non capisci? Voldemort stesso ha creato il suo peggior nemico, esattamente come fanno dappertutto i tiranni! Hai una minima idea di quanti tiranni abbiano paura della gente che opprimono? Tutti loro sanno che, un giorno, in mezzo alle loro molte vittime, sicuramente ci sarà qualcuno che si ribellerà e lo caccerà!
Voldemort non è diverso! E’ sempre stato attento a vedere se ci sarebbe stato qualcuno che l’avrebbe sfidato. Ha sentito la profezia e si è tuffato nell’azione, con il risultato che non solo ha scelto la persona più simile a lui per finirlo, ma gli ha dato anche delle eccezionali armi mortali!”
“Ma…”
“E’ essenziale che tu capisca questo!” disse Silente, tirandosi in piedi e camminando a gran passi per la stanza, i suoi vestiti scintillanti svolazzavano nel cammino; Harry non l’aveva mai visto così agitato.
“Tentando di ucciderti, Voldemort stesso ha scelto la persona straordinaria che siede di fronte a me, e gli ha dato gli strumenti per il lavoro! E’ colpa di Voldemort se tu eri in grado di vedere nei suoi pensieri, le sue ambizioni, anche che tu capisci il linguaggio dei serpenti in cui lui impartisce ordini, e, ancora, Harry, nonostante le tue visite privilegiate all’interno del mondo di Voldemort (che, a proposito, sono un dono che cui qualsiasi mangiamorte ucciderebbe per avere), tu non sei mai stato attratto dalle Arti oscure, non hai mai, neanche per un secondo, mostrato il più piccolo desiderio di diventare un seguace di Voldemort!”
“Certo che no!” disse Harry indignato. “Ha ucciso mia madre e mio padre!”
“Sei protetto, in breve, dalla tua capacità di amare!” disse Silente a voce molto alta.
“L’unica protezione che può funzionare contro il richiamo di potere come quello di Voldemort! Nonostante tutte le tentazioni che hai dovuto sopportare, tutte le sofferenze, il tuo cuore rimane puro, proprio come lo era quando avevi undici anni, quando ti sei specchiato in uno specchio che rifletteva il tuo più grande desiderio, e lui ti ha mostrato solo la via per ostacolare Lord Voldemort, e non l’immortalità o la ricchezza. Harry, hai anche solo la minima idea di quanti pochi maghi avrebbero visto quello che hai visto tu nello specchio? Voldemort avrebbe dovuto accorgersi di chi stava affrontando, ma invece no!”
“Ma adesso lo sa. Ti sei intromesso nella mente di Voldemort senza alcun danno per te stesso,ma lui non ti può possedere senza andare incontro ad un agonia mortale,come ha scoperto al Ministero. Non penso però che lui abbia capito il perché, Harry, aveva così
tanta fretta di dividere la sua anima, che non si è mai fermato per capire l’incomparabile potere di un’anima pura e intatta.”
“Ma, signore,” disse Harry, facendo uno sforzo enorme per non sembrare polemico. “tutto giunge sempre alla stessa conclusione, no? Devo cercarlo e ucciderlo, o…”
“Devi?” disse Silente. “Ovviamente devi!” Ma non a causa della profezia! Perché tu stesso non ti darai mai pace fino a che non riuscirai a farlo! Lo sappiamo entrambi! Immagina, per favore, solo per un momento, di non aver mai sentito la profezia! Che sentimenti avresti nei confronti di Voldemort? Pensa!”
Harry guardò Silente che camminava su e giù di fronte a lui, e pensò. Pensò a sua madre, suo padre e Sirius. Pensò a Cedric Diggory. Pensò a tutte le azioni terribili che sapeva che aveva fatto Lord Voldemort. Una fiamma sembrò accendersi nel suo petto, bruciandogli la gola.
“Vorrei ucciderlo,” disse Harry con calma. “E vorrei farlo io.”
“Ma certo che vorresti!” urlò Silente. “Vedi, la profezia non dice che tu devi fare qualcosa!
Ma la profezia ha fatto sì che Lord Voldemort ti abbia designato come suo eguale…in altre parole, sei libero di scegliere la tua strada, libero di voltare le spalle alla profezia!
Ma Voldemort continua a dare grande importanza alla profezia. Continuerà a cercarti…questo certamente fa sì che…”
“Che uno di noi due finirà per uccidere l’altro,” disse Harry. “Si.”
Ma capì solo alla fine quello che Silente aveva cercato di dirgli. Era, pensò lui, la differenza tra essere trascinato in un’arena per fronteggiare una battaglia contro la morte ed entrare nell’arena a testa alta. Alcune persone, forse, avrebbero detto che c’era ben poco da scegliere tra le due cose, ma Silente sapeva – e anch’io, pensò Harry, in un impeto di fiero orgoglio, e anche i miei genitori – che c’era tutta la differenza del mondo.
CAPITOLO VENTIQUATTRO
SECTUMSEMPRA
Esausto ma felice per il suo lavoro notturno, il mattino dopo Harry raccontò quello che era successo a Ron e Hermione durante la lezione di Incantesimi (dopo aver lanciato l’incantesimo Muffliato su quelli che gli stavano intorno). Entrambi furono estremamente colpiti dal modo in cui aveva ottenuto il ricordo da Slughorn e si meravigliarono decisamente quando disse loro degli Horcrux di Voldemort e della promessa di Silente di portarlo con lui, se ne avessero trovato un altro.
"Caspita!," disse Ron, quando Harry finì di raccontare; Ron stava distrattamente agitando la sua bacchetta verso il soffitto, senza prestare la minima attenzione a quello che stava facendo. "Caspita. Davvero andrai con Silente… a cercare di distruggere…. caspita! "
"Ron, stai facendo nevicare," disse pazientemente Hermione, afferrandogli il polso e indirizzando la bacchetta lontano dal soffitto da cui, in effetti, stavano iniziando a cadere dei
grandi fiocchi bianchi. Lavanda Brown, notò Harry, stava fissando Hermione da un tavolo
vicino, con gli occhi molto rossi, e Hermione lasciò andare immediatamente il braccio di Ron.
"Oh si," disse Ron, guardando si le spalle con una certa sorpresa. "Mi dispiace... adesso sembra che abbiamo una forfora terribile..."
Ron tolse un po’ della finta neve dalle spalle di Hermione e Lavanda scoppiò a piangere. Ron
assunse un’aria profondamente colpevole e le voltò le spalle.
"Ci siamo lasciati," disse a Harry a mezza bocca, "L’altra sera. Quando mi ha visto uscire dal
dormitorio con Hermione. Ovviamente non poteva vederti, e quindi ha pensato che eravamo
io e lei da soli."
"Ah," disse Harry. "Insomma — non ti dispiace che sia finita, non è vero?", "No," ammise Ron. "E’ stato abbastanza brutto quando ha cominciato a strillare, ma almeno non sono stato
io a farla finita."
"Vigliacco," disse Hermione, anche se sembrava divertita. "Bene, è stata una brutta notte per
gli innamorati, qua in giro. Anche Ginny e Dean si sono lasciati, Harry." Harry pensò di notare un’aria furba negli occhi mentre glielo diceva, ma Hermione non poteva
sapere che le sue interiora avevano cominciato improvvisamente a ballare la conga. Cercando di mantenere la faccia immobile e la voce il più possibile indifferente, chiese,
"Come mai?"
"Oh, una cosa veramente sciocca . . . Mi ha detto che Dean continuava a cercare di aiutarla a
passare attraverso il passaggio del ritratto, come se lei non fosse capace di arrampicarsi da
sola. . . ma era un bel pezzo che la loro relazione traballava." Harry lanciò uno sguardo a Dean dall’altra parte della classe. Sembrava sicuramente triste.
"Naturalmente, questo ti mette di fronte a un piccolo dilemma, non è vero?" disse Hermione.
"Cosa stai dicendo?" disse velocemente Harry.
"La squadra di Quidditch," disse Hermione. "Se Ginny e Dean non si rivolgono più la parola . .
."
"Oh — oh si," disse Harry.
"Vitious," disse Ron con un tono di avvertimento. Il piccolo e magro insegnante di Incantesimi
si stava avvicinando ballonzolando a loro, e Hermione era la sola che fosse riuscita a trasformare l’aceto in vino; la sua ampolla era piena di un liquido rosso scuro, mentre il contenuto di quelle di Harry e Ron era sempre di un torbido marroncino.
"Insomma, insomma, ragazzi," squittì il Professor Vitius con aria di rimprovero. "Più fatti e meno parole . . . fatemi vedere. . . ."
Alzarono insieme le bacchette, concentrandosi intensamente, e le puntarono verso le loro ampolle. L’aceto di Harry si trasformò in ghiaccio; l’ampolla di Ron esplose.
"Si ... compito per la prossima lezione…" disse il Professor Vitious, riemergendo da sotto iltavolo e togliendosi dei frammenti di vetro dalla cima del cappello, ".. esercitazioni pratiche." Dopo la lezione di Incantesimi, si ritrovarono ad avere uno dei pochi periodi liberi da poter trascorrere insieme; tornarono alla sala comune. Ron sembrava sinceramente sollevato per la fine della sua relazione con Lavanda, e anche Hermione sembrava allegra, anche se
quando qualcuno le chiedeva perché sorrideva, diceva semplicemente, "E’ una bella giornata." Nessuno di loro sembrava accorgersi della feroce battaglia che infuriava nella mente di Harry:
E’ la sorella di Ron.
Ma ha scaricato Dean!
E’ sempre la sorella di Ron.
Sono il suo migliore amico.
Questo peggiora le cose.
Se ci parlassi prima —
Ti picchierà.
E se non me ne fregasse niente?
E’ il tuo migliore amico!
Harry a malapena si rese conto che stavano passando attraverso il ritratto nell’assolata sala comune, e si accorse solo vagamente del piccolo gruppo di studenti del settimo anno che si era radunato li, finché Hermione non gridò, "Katie! Sei tornata! Come stai?" Harry la guardò fisso: era Katie Bell, che sembrava essersi completamente rimessa ed era circondata dai suoi amici in festa.
"Sto proprio bene!" disse contenta. "Mi hanno dimesso dal San Mungo lunedì, sono stata un paio di giorni a casa con Papà e Mamma e poi sono rientrata stamattina. Leanne mi stava raccontando di McLaggen e dell’ultima partita, Harry. . . ."
"Si," disse Harry, "comunque, adesso che sei tornata e con Ron di nuovo in forma, abbiamo
buone speranze di stravincere con Corvonero, il che vuol dire che siamo ancora in corsa per la Coppa. Senti, Katie . . ."
Doveva chiederglielo subito; la curiosità era riuscita persino a togliergli temporaneamente Ginny dalla testa. Abbassò la voce mentre gli amici di Katie cominciavano a raccogliere le loro cose; sembrava che fossero in ritardo per Trasfigurazione.
". . . quella collana . . . adesso ti ricordi chi te l’ha data?"
"No," disse Katie, scuotendo tristemente la testa. "Me lo chiedono tutti, ma non ho idea. L’ultima cosa che mi ricordo era che stavo entrando nelle toilette del ‘Tre Manici di Scopa’."
"Allora sei sicura di essere andata in bagno?" disse Hermione.
"Insomma, so che ho aperto la porta," disse Katie, "quindi immagino che chiunque mi abbia
lanciato l’Imperius stesse proprio li dietro. Da quel momento, la mia memoria è vuota fino a circa due settimane fa al San Mungo. Senti, adesso devo andare, non sopporterei di farmi
dare una nota dalla McGranitt proprio il primo giorno che rientro a scuola..." Prese la borsa e i libri e corse dietro ai suoi amici, lasciando Harry, Ron e Hermione a ponderare quello che Katie aveva detto, seduti ad un tavolino vicino alla finestra.
"Allora deve essere stata una ragazza o una donna a dare la collana a Katie," disse Hermione, "Se stava nel bagno delle signore.."
"O qualcuno che sembrava una ragazza o una donna," disse Harry. "Non ti dimenticare che a Hogwarts c’era un calderone pieno di Pozione Polisucco. Sappiamo che una parte è
stata rubata..."
Con la mente, vide una sfilata di cloni di Tiger e Goyle passargli davanti agli occhi, tutti trasformati in ragazze.
"Penso che berrò un altro sorso di Felix," disse Harry, "Devo tornare alla Stanza delle Necessità."
"Sarebbe uno spreco assoluto della pozione," disse decisamente Hermione, posando la sua copia del Sillabario dell’Incantatore che aveva appena tirato fuori dalla borsa. "Non puoi fidarti solo della fortuna. Con Slughorn era diverso; tu avevi tutte le capacità per convincerlo, quello che ti serviva era solo aggiustare un po’ le circostanze. Ma la fortuna non basta per superare un incantesimo potente. Non sprecare quello che resta della pozione! Ti servirà tutta la fortuna che puoi avere quando Silente ti porterà con lui..." Abbassò la voce fino a un sussurro.
"Non ne potremmo fare altra?" chiese Ron a Harry, ignorando Hermione. "Sarebbe grande averne una bella scorta... Dai un’occhiata al libro... "
Harry tirò fuori la sua copia di Pozioni Avanzate, e cercò alla voce Felix Felicis.
"Accidenti, è complicatissimo," disse, scorrendo la lista degli ingredienti. "E ci vogliono sei
mesi... devi lasciarla bollire lentamente ..."
"Tipico," disse Ron.
Harry stava mettendo a posto il libro quando si rese conto che l’angolo di una pagina era piegato; andando alla pagina, vide che era l’incantesimo Sectumsempra, con la nota "Per i Nemici," che aveva marcato qualche settimana prima. Ancora non aveva capito come funzionasse, principalmente perché non voleva provarlo con intorno Hermione, ma stava considerando l’idea di provarlo su McLaggen la prossima volta che l’avesse colto di sorpresa.
La sola persona che non fu particolarmente felice di rivedere Katie Bell a scuola fu Dean Thomas, perché non sarebbe più stato necessario fargli coprire il ruolo di Katie come Cacciatore. Dean assorbì il colpo abbastanza stoicamente quando Harry glielo disse, alzando solo le spalle con un grugnito, ma mentre andava via Harry ebbe la netta sensazione che Dean e Seamus a bassa voce stessero tramando qualcosa alle sue spalle. La sera seguente ci furono i migliori allenamenti di Quidditch che Harry avesse mai visto da Capitano. La squadra era così contenta di essersi liberata di McLaggen, così felice che Katie fosse finalmente rientrata, che tutti volavano favolosamente bene. Ginny non sembrava affatto abbattuta per la rottura con Dean; al contrario, era l’anima della squadra. Le sue imitazioni di Ron che andava ansiosamente su e giù davanti alla porta
mentre la Pluffa gli arrivava addosso a tutta velocità, o di Harry che gridava ordini a McLaggen prima di essere messo KO, mantenevano tutti di buon umore. Harry, ridendo insieme agli altri, era lieto di avere un motivo innocente per guardare Ginny; aveva gia ricevuto diversi colpi di Bolide durante l’allenamento perché non riusciva a tenere gli occhi fissi sul Boccino.
Nella sua testa ancora infuriava la battaglia: Ginny o Ron? Qualche volta pensava che il Ron del dopo-Lavanda avrebbe potuto non prendersela troppo a male se lui ci avesse provato con Ginny, ma allo stesso tempo si ricordava dell’espressione di Ron quando l’aveva vista baciarsi con Dean, ed era sicuro che Ron avrebbe considerato un tradimento anche il solo fatto che Harry le tenesse la mano. . . .
Eppure Harry non poteva fare a meno di parlare con Ginny, ridere con lei, tornare dagli allenamenti insieme a lei; per quanto gli rimordesse la coscienza, si ritrovò a pensare al modo migliore per incontrarla da sola. L’ideale sarebbe stato che Slughorn organizzasse un’altra delle sue piccole feste, così Ron non sarebbe stato tra i piedi — ma sfortunatamente, Slughorn sembrava averci rinunciato. Un paio di volte Harry aveva pensato di chiedere aiuto a Hermione, ma non pensava di poter sopportare l’aria di compiacimento che avrebbe avuto; pensava di averla già intravista quando Hermione lo aveva beccato ad osservare Ginny o a ridere delle sue battute. A complicare la questione, c’era la fastidiosa preoccupazione che se
non l’avesse fatto lui, qualcun altro ci avrebbe provato presto; lui e Ron erano finalmente d’accordo sul fatto che la popolarità di Ginny era eccessiva per il suo stesso bene. Tutto sommato, la tentazione di bere un altro sorso di Felix Felicis diventava ogni giorno più forte, perché non era proprio questo il caso, come aveva detto Hermione, "di aggiustare un po’ le circostanze"? Le giornate miti continuarono fino a maggio, e sembrava che Ron fosse sempre appiccicato a Harry quando vedeva Ginny. Harry si trovò
a desiderare che per un colpo di fortuna Ron realizzasse che niente lo avrebbe fatto più
felice che vedere il suo migliore amico e sua sorella che si innamoravano o che li lasciasse insieme da soli per più di qualche secondo. Sembrava che non ci fosse possibilità ne per l’una cosa ne per l’altra cosa, perché l’ultima partita di Quidditch della stagione incombeva e Ron non pensava ad altro che a discutere continuamente le tattiche di gioco con Harry.
Ron non era l’unico, se per questo; l’interesse per la partita Grifondoro-Corvonero stava crescendo in tutta la scuola, perché la gara avrebbe deciso un campionato ancora apertissimo. Se Grifondoro avesse battuto Corvonero con trecento punti di margine (un’impresa difficilissima, ma Harry non aveva mai visto la sua squadra volare così bene) avrebbero vinto il Campionato. Vincendo con meno di trecento punti sarebbero arrivati secondi, dopo Corvonero; con una sconfitta di cento punti sarebbero arrivati terzi, dietro Tassorosso, mentre se avessero perso per più di cento punti sarebbero arrivati ultimi e nessuno, pensava Harry, avrebbe mai e poi mai dimenticato chi per la prima volta in due secoli aveva capitanato Grifondoro all’ultimo posto della classifica. L’avvicinamento a questo incontro cruciale aveva tutte le usuali caratteristiche: i membri delle Case rivali cercavano di innervosire gli avversari nei corridoi; fastidiosi cori su singoli giocatori venivano provati rumorosamente al loro passaggio; gli stessi membri delle squadre o andavano in giro con aria arrogante godendosi tutta l’attenzione, oppure tra una lezione e l’altra correvano in bagno a vomitare.
In qualche modo, la gara si era legata inestricabilmente, nella mente di Harry, con il successo
o il fallimento dei suoi piani su Ginny. Non poteva fare a meno di sentire che se avessero vinto con più di trecento punti, le scene di euforia e una bella e rumorosa festa dopo la