CAPITOLO SETTE
LO SLUG CLUB
Harry passò gran parte dell’ultima settimana di vacanza ragionando sul significato del comportamento di Malfoy a Notturn Alley. Quello che lo aveva maggiormente disturbato era stata l’espressione soddisfatta sul volto di Malfoy quando era uscito dal negozio. Nulla che rendesse Malfoy così felice poteva essere una buona notizia. Con sua leggera irritazione comunque, né Ron né Hermione sembravano curiosi quanto lui riguardo le attività di Malfoy; o almeno sembrava che discuterne fosse loro venuto a noia dopo pochi giorni.
“Si, sono ormai d’accordo che è un comportamento dubbio, Harry” disse Hermione un po’
impazientemente. Era seduta sul davanzale nella stanza di Fred e George con i piedi sopra una delle scatole di cartone e aveva solo alzato lo sguardo a malincuore dalla suo nuovo libro di Traduzione Avanzata di Rune. “Ma non abbiamo concordato che potrebbero esserci un mucchio di spiegazioni?”
“Forse ha rotto la sua Mano della Gloria” disse Ron vagamente, mentre tentava di correggere l’inclinazione dell’ultimo ramoscello del suo manico da scopa. “Ricordi quel braccio raggrinzito che aveva?”
“Ma cosa intendeva quando ha detto «Non dimenticare di tenere quell’altro al sicuro?»”
chiese Harry per l’ennesima volta. “Mi è suonato come se Sinister avesse un altro oggetto come quello rotto, e Malfoy li volesse entrambi.”
“Lo credi?” disse Ron, cercando adesso di raschiare via un po’ di sporco dal manico della sua scopa.
“Gia, lo credo.” disse Harry. Dato che né Ron né Hermione rispondevano, aggiunse, “Il padre di Malfoy è ad Azkaban. Non credete che Malfoy voglia vendicarsi?”
Ron alzò lo sguardo, sbattendo gli occhi.
“Malfoy, vendetta? Cosa potrebbe fare al riguardo?”
“Questo è il mio problema, non lo so!” esclamò Harry frustrato. “ma sta progettando qualcosa e penso che dovremmo prendere la cosa seriamente. Suo padre è un Mangiamorte e … “
Harry si interruppe, gli occhi fissi sulla finestra dietro Hermione, la bocca aperta. Un pensiero allarmante gli si era appena presentato alla mente.
“Harry?” chiese Hermione con voce ansiosa. “Cosa c’è che non va?”
“La cicatrice non ti fa male un’altra volta, vero?” chiese Ron nervosamente.
“È un Mangiamorte, “ disse Harry lentamente. “Ha preso il posto di suo padre come Mangiamorte!”
Ci fu silenzio; poi Ron esplose in una risata. “Malfoy? Ha sedici anni, Harry! Pensi che Tu-Sai-Chi potrebbe volere Malfoy come seguace?”
“Mi sembra veramente improbabile, Harry,” aggiunse Hermione con una voce quasi autoritaria. “Cosa ti ha fatto pensare … ?”
“Da Madama McClan. Lei non lo ha toccato, ma lui ha urlato e ha allontanato con forza il braccio quando lei ha cercato di arrotolare la manica. Era il suo braccio sinistro. Era stato marchiato con il Marchio Nero.”
Ron e Hermione si guardarono l’un l’altra.
“Beh…” disse Ron, con un tono assolutamente scettico.
“Credo che volesse solo andarsene da lì, Harry,” disse Hermione.
“Ha mostrato a Sinister qualcosa che noi non abbiamo visto,” Harry continuò con ostinazione. “Qualcosa che ha veramente spaventato Sinister. Era il Marchio, lo so –
stava mostrando a Sinister con chi stava facendo affari, hai visto quanto lo ha preso seriamente Sinister!”
Ron e Hermione si scambiarono un altro sguardo
“Non sono sicura, Harry…”
“Già, io ancora non ritengo che Tu-Sai-Chi possa volere Malfoy come seguace…”
Seccato, ma assolutamente convinto di essere nel giusto, Harry raccolse in fretta il sudicio mucchio di vestiti di Quidditch e se ne andò dalla stanza; la signora Weasley li aveva sollecitati da giorni di non lasciare, fino all’ultimo, le loro cose da lavare e impacchettare. Nel pianerottolo andò a sbattere contro Ginny, che stava ritornando nella sua camera portando un mucchio di vestiti appena lavati.
“Io non andrei in cucina proprio ora,” gli consigliò, “C’è un mucchio di Flemma in giro.”
“Starò attento a non scivolarci dentro” Harry sorrise.
E infatti, quando entrò in cucina fu per trovarci Fleur seduta al tavolo di cucina, presa da una flusso continuo di progetti per il suo matrimonio con Bill, mentre la signora. Weasley teneva d’occhio un mucchio di broccoli che si auto sbucciavano e sembrava di cattivo umore.
“… Bill ed io abbiaàmo quasi desciso per solo due damiscelle d’onore, Ginny e Gabrielle che sciaranno molto dolci inssieme. Io pensso di vestirle in oro pallido – rosa saàrebbe davvero orrribile con i capelli di Ginny –“
“Ah, Harry!” esclamò la signora Weasley ad alta voce, interrompendo il monologo di Fleur. “Bene, Devo spiegarti i piani per la sicurezza per il viaggio ad Hogwarts domani. Andremo nuovamente con le auto del Ministero, e ci saranno degli Auror ad attenderci alla stazione-“
“Tonks ci sarà?” chiese Harry, consegnandole la roba di Quidditch.
“No, non credo , è stata assegnata da qualche altra parte da quanto Arthur ha potuto sapere.”
“Si è lasciata andare, quella Tonks,” rifletté Fleur, osservando il proprio meraviglioso riflesso nel retro di un cucchiaino da the. “Un grande errore a dire il vero –“
“Si, grazie,” disse la signora Weasley aspramente interrompendo nuovamente Fleur.
“Sarebbe meglio darsi da fare, Harry, voglio i bauli pronti questa sera, se possibile, così
non ci sarà la solita confusione dell’ultimo minuto.”
E in effetti la loro partenza il mattino successivo fu più tranquilla del solito. Le auto del Ministero arrivate silenziosamente fino di fronte alla Tana li trovarono che aspettavano con i bauli stipati, il gatto di Hermione, Grattastinchi, chiuso al sicuro nel suo cesto da viaggio; Edvige, il gufo di Ron, Leotordo; e il nuovo Pygmy Puff color porpora, Arnold, erano nelle gabbie.
“Au revoir, ‘Arry,” disse Fleur con voce roca, dandogli un bacio di addio. Ron si affrettò a farsi avanti, guardandola speranzoso, ma Ginny allungò il piede e Ron cadde, allungando mani e piedi nella polvere davanti a Fleur. Furioso, rosso in volto, e coperto di terra, si affrettò a salire nell’auto senza dire neppure arrivederci.
Non c’era l’allegro Hagrid ad attenderli alla Stazione di King’s Cross. Al suo posto, due barbuti Auror, con l’aspetto truce, vestiti con neri abiti Babbani, si mossero verso di loro nel momento in cui le auto si fermavano e, camminando a fianco del gruppo, li condussero a passo di marcia dentro la stazione senza dire una parola.
“Veloci, veloci, attraverso la barriera,” esclamò la signora Weasley che sembrava un po’
innervosita da questa austera efficienza. “Harry è meglio che tu vada per primo, con –“
Guardò con curiosità uno degli Auror, che facendo un breve cenno con la testa, Harry per un braccio , e tentò di dirigerlo verso la barriera tra le piattaforme nove e dieci.
“Posso camminare, grazie,” sbottò Harry irritato, liberando con uno strattone il braccio dalla stretta dell’Auror. Diede una spinta al suo carrello diretto verso la massiccia barriera, ignorando il suo silenzioso compagno e si ritrovò, un secondo più tardi, fermo sulla piattaforma nove e ¾ dove l’Espresso per Hogwarts, rosso scarlatto, stava scaricando vapore sopra la folla.
Hermione e i Weasley lo raggiunsero in pochi secondi. Senza aspettare il parere del suo Auror dall’aspetto risoluto, Harry fece cenno a Ron e Hermione di seguirlo sulla piattaforma, cercando uno scompartimento vuoto.
“Non possiamo, Harry,” disse Hermione, guardandolo dispiaciuta. “Ron ed io dobbiamo andare nella prima carrozza, quella dei prefetti e poi ispezionare i corridoi per un po’.”
“Oh, già, dimenticavo,” disse Harry.
“Sarebbe meglio che andaste dritti sul treno, tutti quanti, avete solo pochi minuti prima di partire,” disse la signora Weasley, controllando il suo orologio. “Bene, spero tu abbia un piacevole trimestre, Ron…”
“Signor Weasley, posso dirle una cosa?” chiese Harry, prendendo la decisione d’impulso.
“Certamente,” disse il signor Weasley, guardandolo leggermente sorpreso, ma seguendo tuttavia Harry fuori dalla portata d’orecchio degli altri.
Harry aveva pensato molto attentamente ed era arrivato alla conclusione che, se doveva parlarne con qualcuno, il signor Weasley era la persona più adatta; innanzitutto perché
lavorava al Ministero ed era dunque nella migliore posizione per fare ulteriori controlli, e secondo, perché pensava che non ci fossero molti rischi che il signor Weasley si arrabbiasse.
Poteva vedere la signora Weasley e l’Auror dall’aspetto severo lanciare ad entrambi degli sguardi sospettosi mentre si spostavano lontano.
“Mentre eravamo a Diagon Alley,”cominciò Harry, ma il signor Weasley lo anticipò con una smorfia.
“Sto per scoprire dove tu, Ron, e Hermione siete spariti mentre avreste dovuto essere nel retrobottega del negozio di Fred e George?”
“Come fa a …?”
“Harry, andiamo. Stai parlando con l’uomo che ha cresciuto Fred e George.”
“Er… già, bene, non eravamo nel retrobottega.”
“Molto bene, ora, ascoltiamo il peggio.”
“Allora, abbiamo seguito Draco Malfoy. Abbiamo usato il mio Mantello dell’Invisibilità.”
“Avevate qualche particolare motivo per farlo, o era una semplice capriccio?”
“Perché pensavo che Malfoy stesse combinando qualcosa,” disse Harry, senza fare caso allo sguardo di esasperazione mescolata a divertimento del signor Weasley. "Se l'era svignata lontano da sua madre e volevo sapere perché."
“Naturalmente dovevi saperlo,” disse il signor Weasley, con tono rassegnato. “Allora? Hai scoperto perché?”
“È andato da Magie Sinister,” disse Harry, “e ha cominciato a intimidire il tipo lì dentro, Sinister, perché lo aiutasse a riparare qualcosa. E ha detto che voleva che Sinister gli tenesse da parte qualcos’altro. Sembrava che parlasse di qualcosa di uguale a ciò che aveva bisogno di riparare. Come se fossero un paio di oggetti uguali. E…”
Harry prese un profondo respiro.
“C’era qualcosa d’altro. Ho visto Malfoy saltare a un chilometro quando Madama McClan ha cercato di toccare il suo braccio sinistro. Credo che sia stato marchiato con il Marchio Nero. Credo che abbia rimpiazzato il padre come Mangiamorte.”
Il signor Weasley sembrò colto di sorpresa. Dopo un momento disse, “Harry, dubito che Tu-Sai-Chi voglia permettere a un sedicenne…”
“C’è qualcuno che davvero sappia cosa Tu-Sai-Chi vuole o non vuole?” chiese Harry con rabbia.
“Signor Weasley, mi scusi, ma non vale la pena investigare? Se Malfoy vuole riparare qualcosa, e ha necessità di minacciare Sinister perché lo faccia, si tratta probabilmente di qualcosa di Oscuro o di pericoloso, non crede?”
“Lo dubito, ad essere onesto, Harry,” disse il signor Weasley lentamente.”Vedi, quando Lucius Malfoy è stato arrestato, abbiamo fatto irruzione a casa sua. Abbiamo portato via ogni cosa che potesse essere pericolosa.”
“Penso che abbiate dimenticato qualcosa,” disse Harry caparbiamente.
“Bene, potrebbe essere,” disse il signor Weasley, ma Harry sentiva che il signor Weasley lo diceva per compiacerlo.
Ci fu un fischio dietro a loro; quasi tutti erano saliti sul treno e le porte erano chiuse.
“È meglio che ti muova!” disse il signor Weasley, mentre la signora Weasley gridava
“Harry, svelto!”
Corse avanti e i signori Weasley lo aiutarono a caricare il baule sul treno.
“Ora, mio caro, verrai da noi per Natale, siamo già d’accordo con Silente, così ci vedremo abbastanza presto,” disse la signora Weasley attraverso il finestrino, mentre Harry sbatteva la porta chiudendola dietro di sé e il treno cominciava a muoversi. “Vedi di stare attento a te e…”
Il treno guadagnava velocità.
“.. comportati bene e …”
Stava correndo per stare al passo con il treno.
“… tieniti al sicuro!”
Harry continuò a salutarli fino a quando il treno fece una curva e i signori Weasley scomparvero dalla vista, poi si girò per vedere dove erano andati gli altri. Immaginò che Ron e Hermione fossero segregati nella carrozza dei prefetti, ma Ginny era poco distante lungo il corridoio e stava parlando con alcuni amici. Si incamminò nella sua direzione, trascinando il baule.
La gente lo fissava spudoratamente mentre si avvicinava. Schiacciavano persino la faccia contro il finestrino del loro scompartimento per guardarlo. Si aspettava un aumento nella quantità di bocche aperte e sguardi fissi che avrebbe dovuto sopportare questo trimestre dopo tutte le chiacchiere su “Il Prescelto” apparse nella Gazzetta del Profeta, ma non gli piaceva la sensazione di stare sotto i riflettori. Diede un colpetto sulla spalla a Ginny.
“Vorresti tentare di trovare uno scompartimento?”
“Non posso, Harry. Ho detto che avrei incontrato Dean,” disse Ginny vivacemente. “Ci vediamo dopo.”
“Va bene,” disse Harry. Sentì una strana fitta di irritazione mentre lei se ne andava via, i lunghi capelli rossi che le danzavano sulla schiena. Aveva cominciato ad abituarsi alla sua presenza durante l’estate così tanto che si era quasi dimenticato che Ginny non stava appresso a lui, Ron e Hermione, mentre era a scuola.
Guardò di sottocchio e poi si osservò attorno: era circondato da ragazze che lo guardavano incantate.
“Ehi, Harry!” sentì una voce familiare provenire dietro di lui.
“Neville!” disse Harry con sollievo, girandosi per vedere un ragazzo dalla faccia paffuta affannarsi verso di lui.
“Ciao, Harry!” disse una ragazza con lunghi capelli e larghi occhi pallidi che era proprio dietro Neville.
“Luna, ciao, come stai?”
“Molto bene, grazie” disse Luna. Teneva ben stretto a sé un giornale; a grandi lettere sulla prima pagina annunciava che, all’interno, c’erano un paio di Spettrocchiali gratuiti.
“Il Cavillo va ancora forte, eh?” chiese Harry, che sentiva una certo affetto per il giornale, dato che gli aveva fatto una intervista esclusiva l’anno precedente.
“Oh sì, le vendite sono alte,” disse contenta Luna.
“Andiamo a cercare dei posti a sedere,” disse Harry, e i tre si misero in moto lungo il treno attraverso sciami di studenti che li fissavano silenziosamente. Alla fine trovarono uno scompartimento vuoto, e Harry si spicciò, con sollievo, ad entrare.
“Stanno addirittura fissando noi?” disse Neville, indicando se stesso e Luna, “perché
stiamo con te!”
“Stanno fissando te perché anche tu eri al Ministero,” disse Harry mentre issava il suo baule nella rastrelliera per i bagagli. “La nostra piccola avventura c’era tutta nella Gazzetta del Profeta, devi averla vista.”
“Sì, ho pensato che la nonna si sarebbe arrabbiata per tutta la pubblicità,” disse Neville,
“ma era davvero compiaciuta. Dice che sto cominciando a non essere da meno di mio padre finalmente. Mi ha comprato una nuova bacchetta, guarda!”
La tirò fuori e la mostrò a Harry.
“Ciliegio e crine di unicorno,” disse fieramente. “Pensiamo che sia proprio una delle ultime che Olivander abbia venduto, è svanito il giorno dopo.. oh, vieni qui Trevor!”
E si tuffò sotto il sedile per riprendere il suo rospo che aveva fatto uno dei suoi numerosi tentativi di raggiungere la libertà.
“Ci saranno ancora incontri dell’ E.S. quest’anno, Harry?” chiese Luna, che stava staccando un paio di psichedelici occhiali dalla parte centrale de Il Cavillo.
“Non ha più importanza ora che ci siamo sbarazzati dell’Umbridge, no?” disse Harry, sistemandosi. Neville urtò la testa contro il sedile e emerse dal di sotto. Sembrava molto deluso.
“Mi piaceva l’E.S.! Ho imparato un sacco con te!”
“Mi divertivo agli incontri anch’io,” disse Luna tranquillamente. “Era come avere degli amici.”
Questa era una di quelle cose sgradevoli che Luna spesso diceva e che creavano a Harry una sgradevole sensazione di pena mista a imbarazzo. Prima che potesse rispondere, comunque, ci fu dell’agitazione al di fuori della porta del loro scompartimento ; un gruppo di ragazze del quarto anno stavano bisbigliando e ridacchiando tra loro dall’altra parte del vetro.
“Chiediglielo tu!”
“No, tu!”
“Lo farò io!”
E una di loro, una ragazza dall’aspetto spavaldo con larghi occhi neri, un mento prominente e lunghi capelli neri, si fece strada attraverso la porta.
“Ciao, Harry. Sono Romilda, Romilda Vane,” disse ad alta voce e con baldanza. “Perché
non vieni nel nostro scompartimento? Non sei obbligato a stare con loro,” aggiunse con un teatrale bisbiglio, indicando il sedere di Neville, che sbucava, di nuovo, da sotto il sedile mentre cercava a tentoni Trevor tutt’intorno e Luna, che aveva indossato adesso i suoi Spettrochiali gratuiti, che le davano l’aria di un pazzo gufo multicolore.
“Sono miei amici,” disse Harry con freddezza.
“Oh,” disse la ragazza, guardandolo molto sorpresa. “Oh, D’accordo.”
E si tirò indietro, chiudendo la porta scorrevole dietro di lei.
“La gente si aspetta che tu abbia amici più forti di noi,” disse Luna, dimostrando ancora una volta la sua attitudine ad una imbarazzante onestà.
“Voi siete forti,” disse Harry bruscamente. “Nessuno di loro era al Ministero. Non hanno combattuto con me.”
“È una cosa piacevole da sapere,” disse con un raggiante sorriso Luna, e spinse i suoi Spettrocchiali contro il naso e si sistemò per leggere Il Cavillo.
“Non lo abbiamo affrontato, però,” disse Neville , emergendo da sotto il sedile con lanugine e polvere tra i capelli e un Trevor rassegnato nella mano. “Tu l’hai fatto.. Dovevi sentire mia nonna parlare di te. «Quell’Harry Potter ha più spina dorsale di tutto l’intero Ministero messo insieme!» Darebbe di tutto per avere te come nipote…”
Harry ridacchiò a disagio e cambiò argomento con i risultati dei G.U.F.O. appena ne ebbe la possibilità.
Mentre Neville recitava i suoi voti e si chiedeva se gli sarebbe stato permesso di prendere un M.A.G.O. in Trasfigurazione, con solo “Accettabile,” Harry lo guardava senza veramente ascoltarlo.
L’infanzia di Neville era stata rovinata da Voldemort tanto quanto quella di Harry, ma Neville non aveva idea di quanto vicino era stato a subire il destino di Harry. La profezia avrebbe potuto riferirsi ad entrambi loro, benché, per qualche sua imperscrutabile ragione, Voldemort avesse scelto di credere che si riferisse ad Harry. Se Voldemort avesse scelto Neville, ci sarebbe stato Neville seduto di fronte ad Harry a portare addosso la cicatrice a forma di fulmine e il peso della profezia... Oppure no? La madre di Neville sarebbe morta per salvarlo, come Lily era morta per Harry? Sicuramente lo avrebbe fatto… Ma se fosse stata incapace di mettersi tra suo figlio e Voldemort? Ci sarebbe poi stato nessun “ Prescelto” alla fine? Una sedile vuoto dove ora sedeva Neville e un Harry senza cicatrice che avrebbe potuto ricevere un bacio di addio dalla propria madre e non da quella di Ron?
“Tutto bene, Harry? Mi sembri strano,” disse Neville.
Harry iniziò.
“Scusa… io…”
“Un Wrackspurt ti ha preso?” chiede Luna con tono comprensivo, scrutando Harry attraverso i suoi enormi occhiali colorati.
“Io… cosa?”
“Un Wrackspurt … sono invisibili. Entrano volando attraverso le orecchie e ti confondono il cervello,” disse. “Penso di averne sentito uno ronzare qui attorno.”
Agitò le mani nell’aria come se stesse scacciando qualche grande e invisibile farfalla notturna. Harry e Neville si guardarono negli occhi l’un l’altro e,, cominciarono in fretta a parlare di Quidditch.
Il tempo dietro i finestrini del treno era incerto come era stato per tutta l’estate, passarono attraverso distese ininterrotte di nebbia gelata, poi dentro una debole, limpida luce solare. Fu durante uno di questi tratti di sereno, mentre il sole era visibile quasi direttamente in cielo, che Ron e Hermione entrarono finalmente nello scompartimento.
“Speriamo che il carrello del pranzo si sbrighi, sto morendo di fame,” disse Ron con evidente desiderio, crollando pesantemente dentro il sedile accanto a Harry e massaggiandosi lo stomaco. “Ciao Neville, ciao Luna. Sapete l’ultima?” aggiunse girandosi verso Harry. “Malfoy non sta svolgendo i suoi compiti da prefetto. È ancora seduto nel suo scompartimento con gli altri Serpeverde, lo abbiamo visto quando ci siamo passati.”
Harry si tirò a sedere dritto, interessato. Non era da Malfoy perdere l’opportunità di dimostrare il suo potere come prefetto, potere del quale aveva felicemente abusato tutto l’anno precedente.
“Cosa stava facendo quando lo hai visto?”
“Il solito,” disse Ron senza interesse, facendo un gesto volgare con la mano. “Non è da lui comunque, non è vero? Bene… questo è …” fece un’altra volta il gesto con la mano, “ma perché non era fuori di lì a tiranneggiare quelli del primo anno?”
“Non so,” disse Harry, ma la mente stava correndo. Non era quello un segnale che Malfoy aveva cose più importanti in mente che tiranneggiare gli studenti più giovani?
“Forse avrebbe preferito la Squadra d’Inquisizione,” disse Hermione. “Forse essere un prefetto gli sembra banale dopo quello.”
“Non lo penso,” disse Harry. “Penso che lui è…”
Ma prima che potesse esporre la sua teoria, la porta dello scompartimento si aprì di nuovo e una ragazza del terzo anno senza fiato entrolì dentro.
“Devo consegnare queste a Neville Paciock e Harry P-Potter,” balbettò, mentre i suoi occhi incontravano quelli di Harry e diventava rossa. Stava porgendo loro due rotoli di pergamena annodati con nastri viola. Perplessi, Harry e Neville presero i rotoli indirizzati a ciascuno di loro e la ragazza uscì incespicando dallo scompartimento.
“Cosa è?” domandò Ron, mentre Harry lo srotolava.
“Un invito,” disse Harry“Harry,
sarei lieto se volessi raggiungermi per un mangiare un boccone nello scompartimento C.
Sinceramente, Professor H.E.F. Slughorn”
“Chi è il Professor Slughorn?” chiese Neville, guardando perplesso il suo invito.
“Un nuovo professore,” disse Harry. “Bene, suppongo che dobbiamo andare, no?”
“Ma cosa vuole da me?” disse Neville, nervosamente, come se lo aspettasse una punizione.
“No ho idea,” disse Harry, cosa che non era interamente vera, sebbene non avesse alcuna prova che il suo presentimento fosse corretto. “Ascolta,” aggiunse, colpito da un improvviso colpo di genio, “andiamo sotto il Mantello dell’Invisibilità, così possiamo dare una bella occhiata a Malfoy per strada, vedere cosa sta combinando.”
Questa idea, comunque, finì nel nulla: i corridoi, che erano stipati di gente di guardia per il carrello del pranzo, era impossibile da superare indossando il Mantello. Harry lo rimise via con rammarico nel suo sacco, riflettendo che sarebbe stato piacevole indossarlo solo per evitare tutti quegli sguardi fissi su di sé, che sembravano essere aumentati di intensità da quando aveva camminato lungo il treno l’ultima volta.
Ogni tanto gli studenti passavano rumorosamente fuori dal loro scompartimento per guardarlo meglio. L’eccezione era Cho Chang, la quale balzò dentro il suo scompartimento quando vide Harry arrivare. Mentre Harry passò davanti al finestrino la vide coinvolta in una decisa conversazione con la sua amica Marietta, che indossava uno spesso strato di trucco che non copriva interamente le varie formazioni di foruncoli che ancora le attraversavano il visoda una parte all’altra. Con un sorrisetto compiaciuto, Harry proseguì.
Quando raggiunsero lo scompartimento C, videro subito che loro non erano i soli invitati da Slughorn, anche se a giudicare dall’entusiasmo di Slughorn nell’accoglierli, Harry era quello atteso con più calore.
“Harry, ragazzo mio!” disse Slughorn alzandosi di scatto nel vederlo così che il suo grande addome coperto di velluto sembrò riempire tutto lo spazio restante dello scompartimento. La sua lucente testa pelata e i grandi baffi argentati lucevano così
brillanti alla luce del sole come i bottoni dorati del suo panciotto. “Lieto di vederti, lieto di vederti! E tu devi essere il signor Paciock!”
Neville ondeggiò la testa, guardandolo atterrito. Ad un gesto di Slughorn, si sistemarono uno di fronte all’altro nei due soli sedili vuoti, che erano vicino alla porta. Harry lanciò
uno sguardo attorno agli altri invitati. Riconobbe un Serpeverde del suo stesso anno, un ragazzone nero con zigomi alti e lunghi occhi obliqui; c’erano anche due ragazzi del settimo anno che Harry non conosceva, schiacciati nell’angolo vicino a Slughorn e con l’espressione di chi non era completamente sicura di come fosse arrivata lì, Ginny.
“Allora, conoscete tutti?” Slughorn chiese ad Harry e Neville. “Blaise Zabini è del vostro anno, naturalmente…”
Zabini non diede alcun segno di riconoscimento o di saluto e neppure Harry o Neville: gli studenti di Griffondoro e Serpeverde si detestavano reciprocamente per principio.
“Questo è Cormac McLaggen, forse vi sarete incrociati…? No?”
McLaggen, un grande ragazzo con i capelli come fili di metallo, sollevò una mano e Harry e Neville gli fecero un cenno in risposta.
“… e questo è Marcus Belby, non so se…?”
Belby, che era piccolo e con l’aspetto nervoso, fece un sorriso forzato.
“… e questa affascinante giovane signorina mi ha detto che vi conosce!” terminò
Slughorn.
Ginny fece una smorfia a Harry e Neville da dietro la schiena di Slughorn.
“Bene, questo è molto piacevole,” disse Slughorn comodamente. “Una occasione per conoscerci tutti un po’ meglio. Qui, prendete un tovagliolo. Ho impachettato il mio pranzo, il carrello, da come mi ricordo, è pieno di Bacchette Magiche alla liquirizia, e il sistema digestivo di un povero vecchio signore non è proprio adatto a quel genere di cose. Fagiano, Belby?”
Belby iniziò, e accettò quello che sembrava mezzo fagiano freddo.
“Ho appena raccontato al giovane Marcus che ho avuto il piacere di insegnare a suo zio Damocles,” Slughorn disse a Harry e Neville, facendo passare ora un cestino di panini. “
Eccezionale mago, eccezionale, e il suo Ordine di Merlino molto meritato. Vedi spesso tuo zio, Marcus?”
Sfortunatamente, Belby aveva appena preso un gran boccone di fagiano; nella fretta di rispondere a Slughorn mandò giù troppo velocemente, diventando viola e cominciando a soffocarsi.
“Anapneo,” disse Slughorn calma, puntando la sua bacchetta verso Belby, le cui vie aeree sembrarono liberarsi all’istante sgombre.
“No… non molto, no,” boccheggiò Belby, con gli occhi lacrimanti.
“Bene, naturalmente, oserei dire che è occupato,” disse Slughorn, guardando con aria dubbiosa Belby. “Dubito che abbia inventato la Pozione di Aconito senza un considerevole duro lavoro!”
“Immagino...” disse Belby, che sembrava spaventato dall’idea di prendere un altro boccone di fagiano fino a che non era sicuro che Slughorn avesse finito con lui. “Eh... lui e mio padre non vanno molto d’accordo, vede, così io non lo conosco realmente così
tanto...”
La sua voce sembrò perdersi lontano mentre Slughorn gli porgeva un freddo sorriso e si girava invece verso McLaggen.
“Ora, tu Cormac,” disse Slughorn, “ per caso so che tu vedi molto tuo zio Tiberius, perché
lui ha una splendida fotografiadi voi due a caccia di nogtails, penso, nel Norkfolk?”
“Oh, sì, è statoproprio divertente, certamente,” disse McLaggen, “Andammo con Bertie Higgs e Rufus Scrimgeour – prima ovviamente che diventasse Ministro...”
“Ah, conosci anche Bertie e Rufus?” disse con un sorriso Slughorn, offrendo ora attorno a sè un piccolo vassoio di pasticcini; in qualche modo a Belby non furono offerti. “Ora ditemi...”
Era come Harry aveva sospettato. Ciascuno sembrava essere stato invitato perché aveva relazioni con qualcuno di ben conosciuto o influente – ciascuno a parte Ginny. Zabini, che era stato interrogato dopo McLaggen, si scoprì avere una strega di famosa bellezza per madre (per quello che Harry potè capire, era stata sposata sette volte, ognuno dei suoi mariti era morto misteriosamente e le aveva lasciato un mucchio di quattrini). Il prossimo era il turno di Neville. Furono dieci minuti di vero disagio, perché i genitori di Neville, Aurors molto noti, erano stati torturati fino alla pazzia da Bellatrix Lestrange e da una coppia di amiconi Mangiamorte. Alla fine del colloquio con Neville, Harry aveva l’impressione che Slughorn si riservasse il giudizio, anche per vedere se aveva parte deltalento dei genitori.
“E ora,” disse Slughorn, movendosi notevolmente nel suo sedile con l’aria di un presentatore che introduceva la star principale. “Harry Potter! Da dove cominciare?
Ritengo di aver a malapena scalfito la superficie quando ci siamo incontrati durante l’estate!”
Contemplò Harry per un momento cose se egli fosse un pezzo particolarmente grande e succulento di fagiano, poi disse, “«Il Prescelto», così ti chiamano ora!”
Harry non disse nulla. Berlby, McLaggen e Zabini lo stavano tutti fissando.
“Naturalmente,” disse Slughorn, guardando Harry con molta attenzione, “ci sono state dicerie per anni… Mi ricordo quando-beh-dopo quella terribile notte-Lily-James-e tu sopravvivesti-e la voce era che tu dovevi avere poteri oltre l’ordinario…”
Zabini diede un piccolo colpo di tosse che stava chiaramente ad indicare un divertito scetticismo. Una voce adirata esplose da dietro Slughorn.
“Ehi, Zabini, dato che tu sei così pieno di talento... a metterti in mostra...”
“Oh, cara!” sogghignò Slughorn facilmente, guardando verso Ginny che stava guardando con occhi furiosi Zabini oltre la circonferenza del pancione di Slughorn. “Devi fare attenzione, Blaise. Ho visto questa giovane signorina mettere in pratica la più fantastica Fattura Orcovolante mentre passavo nella sua carrozza! Non la farei arrabbiare se fossi in te”
Zabini si limitò a lanciare uno sguardo sprezzante.
“Comunque,” disse Slughorn, rivolgendosi di nuovo a Harry. “Queste dicerie quest’estate. Naturalmente, uno non sa a cosa credere, è ben risaputo che la Gazzetta scrive inesattezze, fa errori - ma là sembra non esserci dubbio, dato il numero di testimoni, che ci sia stato una notevole agitazione al Ministero e che tu fossi lì al centro di tutto ciò!”
Harry, che non riusciva a veder alcuna strada al di fuori di quella senza dire apertamente bugie, accennò con il capo ma nondimeno non disse nulla. Slughorn lo guardò
sorridendo.
“Così modesto, così modesto, nessuna meraviglia che Silente straveda - eri lì, allora? Ma il resto delle storie - così sensazionali, naturalmente, uno non sa a cosa credere - questa profezia di cui si favoleggia per esempio…”
“Non abbiamo ascoltato nessuna profezia,” disse Neville, diventando rosso geranio mentre lo diceva.
“Esatto,” disse Ginny lealmente. “Neville ed io eravamo entrambi lì, e tutta questa spazzatura su “Il Prescelto” è la Gazzetta che gonfia le cose come al solito”
“Eravate entrambi lì, davvero?” chiese Slughorn con grande interesse, guardando da Ginny a Neville, ma entrambi sedevano chiusi come ostriche davantial suo sorriso di incoraggiamento. “Sì... bene... è vero che la Gazzetta spesso esagera, naturalmente...”
Slughorn continuò, con un tono di voce di leggero disappunto. “ Ricordo che il caro Gwenog mi disse - Gwenog Jones, intendo, naturalmente, il Capitano delle Arpie di Holyhead “
Vagava senza meta in prolisse reminescenze, ma Harry aveva la chiara impressione che Slughorn non avesse ancora finito con lui, e che non fosse stato convinto da Neville e Ginny.
Il pomeriggio si trascinò tra molti altri aneddoti riguardanti illustri maghi ai quali Slughorn aveva insegnato, e tutti avevano molto graditoil fare partedi quello che lui chiamava lo “Slug Club” a Hogwarts. Harry non vedeva l’ora di andarsene, ma non vedeva come poteva farlo educatamente. Finalmente il treno uscì da un’altro lungo tratto di nebbia verso un rosso tramonto, e Slughorn si guardò attorno, sbattendo le palpebre nella luce del tramonto.
“Santo cielo, si sta già facendo scuro! Non mi ero accorto che avevano acceso le lampade!
Sarà meglio che andiate e indossiate le vostre divise, tutti voi. McLaggen, dovrete passare un giorno da me e farvi prestare quel libro sui Nogtails. Harry, Blaise... passate quando volete. Lo stesso per voi, signorina,” fece l’occhiolino a Ginny. “Bene, andate, andate!”
E spinse oltre Harry nel corridoio che si stava oscurando, Zabini gli lanciò un’occhiata molto sgradevole, che Harry restituì con gli interessi.
Lui, Ginny e Neville seguirono Zabini lungo il treno.
“”Sono contento che sia finito,” bisbigliò Neville. “Strano uomo, no?”
“trivellasi, un po’,” disse Harry, gli occhi su Zabini. “Come hai finito per arrivare lì, Ginny?”
“Mi ha visto lanciare un incantesimo su Zacharias Smith,” disse Ginny, “ricordate quell’idiota di Tassorosso che era nell’ E.S.? Continuava ancora e ancora a chiedermi cosa era accaduto nel Ministero e alla fine mi ha dato così fastidio che gli ho fatto il malocchio… quando è arrivato Slughorn ho pensato che fosse arrivato per punirmi, ma ha semplicemente detto che era un incantesimo fatto molto bene e mi ha invitato per il pranzo. Folle, eh?”
“Ragione migliore che invitare qualcuno solo perchè ha una madre famosa,” disse Harry, guardando con aria accigliata la nuca di Zabini, “o perchè il loro zio...”
Ma si zittì. Un’idea gli stava venendo in mente, una idea spericolata, ma potenzialmente meravigliosa... tempo un minuto e Zabini sarebbe rientrato nello scompartimento dei Serpeverde del sesto anno e Malfoy sarebbe stato seduto lì, pensando di non essere udito da nessuno eccetto i suoi fedeli Serpeverde... se Harry poteva solo entrare, non visto, dietro di lui, cosa avrebbe potuto sentire o vedere? Era vero, mancava poco alla fine del viaggio – la stazione di Hogsmeade era lontana meno di mezz’ora, a giudicare dallo stato selvaggio dello scenario che scorreva dietro i finestrini – ma nessun altro sembrava pronto a prendere sul serio i sospetti di Harry, così doveva fornire loro una prova.
“Vi vedrò dopo, voi due,” disse Harry in un sussurro, prendendo il suo Mantello dell’Invisibilità e gettandoselo sopra.
“Ma cosa stai...?” chiese Neville.
“Dopo!” sussurrò Harry, lanciandosi dietro a Zabini il più silenziosamente possibile, benchè lo sferragliare del treno rendesse ogni precauzione quasi inutile. Il corridoio era quasi completamente pieno ora. Quasi tutti era rientrati nei loro scompartimenti per cambiarsi con le divise della loro casa e imballare le loro cose. Anche se era così vicino da poter seguire Zabini senza toccarlo, Harry non fu abbastanza veloce da scivolare nello scompartimento quando Zabini aprì la porta. Zabini stava ormai richiudendola quando Harry mise avanti in fretta il piede per evitare che si chiudesse.
“Cosa ha di storto questa porta?” disse Zabini con ira e scagliò la porta scorrevole ripetutamente contro il piede di Harry.
Harry afferrò la porta e la aprì con forza; Zabini, ancora stringendo la maniglia, crollò
verso di fianco in grembo a Gregory Goyle, e nella confusione che seguì , Harry balzò
nello scompartimento, precipitandosi nel sedile temporaneamente vuoto di Zabini, e issò
se stesso nella rastrelliera dei bagagli. Per fortuna Goyle e Zabini stavano ringhiando uno contro l’altro, con gli occhi di tutti puntati addosso, per Harry che era abbastanza sicuro che i piedi e le caviglie fossero stati visibili mentre il Mantello sventolava attorno a lui; effettivamente ci fu un orribile momento in cui pensò di aver visto gli occhi di Malfoy seguire le sue scarpe da ginnastica mentre scalciava cercando di arrampicarsi fuori dal suo campo visivo.; ma poi Goyle chiuse violentemente la porta e lanciò Zabini lontano da sé, Zabini crollò nel suo sedile con l’aspetto arruffato, Vincent Tiger ritornò ai suo i fumetti, e Malfoy, ridacchiando, si distese lungo due sedili con la sua testa sulle ginocchia di Pansy Parkinson. Harry si raggomitolò scomodamente sotto il Mantello, assicurandosi che ogni minima parte di sé rimanesse nascosta, e osservò Pansy accarezzare i lisci capelli biondi sulla fronte di Malfoy, sorridendo compiaciuta, come se chiunque avrebbe smaniato per essere al suo posto. Le lanterne oscillavano dal soffitto della carrozza emettendo una viva luce su tutta la scena: Harry poteva leggere ogni parola del fumetto di Tiger direttamente sotto di lui.
“Così, Zabini,” disse Malfoy, “cosa voleva Slughorn?”
“Solo cercare di mettere insieme gente famosa,” disse Zaini, che stava ancora guardando bieco Goyle. “Non che sia riuscito a trovarne molti”
Questa informazione non sembrò piacere a Malfoy.
“Chi altro è stato invitato?” domandò.
“McLaggen da Grifondoro ,” disse Zabini.
“Oh, già, suo zio è unpezzo grosso al Ministero,” disse Malfoy.
“... qualcuno di nome Belby, da Corvonero...”
“Non lui, è uno stupido!” disse Pansy.
“… e Paciock, Potter, e la ragazza Weasley.” Terminò Zabini.
Malfoy si mise a seder immediatamente, sbattendo la mano di Pansy di lato.
“Ha invitato Paciock?”
“Certo, immagino di sì, dato che Paciock c’era,” disse Zabini in tono indifferente.
“Cosa ha Paciock da interessare Slughorn?”
Zabini si strinse le spalle.
“Potter, il preziosissimo Potter, ovviamente voleva dare un’occhiata al Prescelto,”
sogghignò Malfoy, “ma quella ragazza Weasley! Cosa ha di speciale quella?”
“Piace ad un mucchio di ragazzi,” disse Pansy, guardando Malfoy con la coda dell’occhio per vedere la sua reazione. “Anche tu pensi che sia bella da vedere, non è vero Blaise, e sappiamo come sei difficile da accontentare!”
“Non intendo toccare un sudicio traditore della nostra razzacome lei, qualunque sia il suo aspetto,” disse Zabini con freddezza, e Pansy sembrò compiaciuta. Malfoy si stesesdi nuovo sulle sue ginocchia e lasciò che riprendesse ad accarezzargli i capelli.
“Bene, pietà per i gusti di Slughorn. Forse comincia ad essere un po’ vecchio. Peccato, mio padre spesso dice che è stato un gran mago ai suoi tempi. Mio padre era un suo favorito. Slughorn probabilmente non sapeva che ero sul treno, o…”
“Non ci conterei su un invito,” disse Zabini. “Mi ha chiesto del padre di Nott quando sono arrivato per primo. Erano vecchi amici, sembrerebbe, ma quando ha sentito che è stato catturato al Ministero non mi è sembrato felice, e Nott non ha ricevuto un invito, non è
vero? Non credo che a Slughorn interessino i Mangiamorte.”
Malfoy sembrò adirato, ma si costrinse a far uscire una strana risata priva di umorismo.
“Bene, chi si preoccupa di cosa gli interessa? Chi è lui, alla fine? Solo uno stupido insegnante.” Malfoy sbadigliò ostentatamente. “Voglio dire, potrei non essere più ad Hogwarts il prossimo anno, che importanza ha per me se piaccio o no a qualche vecchio grasso che ha fatto il suo tempo?”
“Cosa significa che potresti non essere ad Hogwarts il prossimo anno?” chiese Pansy con tono indignato, smettendo immediatamente di sistemarli i capelli.
“Bene, non si sa mai,” disse Malfoy con l’accenno di un sorriso compiaciuto. “Potrei - ehm - essere passato a maggiori e migliori cose.”
Rannicchiato nella rastrelliera dei bagagli sotto il suo Mantello, il cuore di Harry cominciò a correre a tutta velocità. Cosa avrebbero detto Ron e Hermione di questo?
Tiger e Goyle erano rimasti a bocca aperta davanti a Malfoy; apparentemente non avevano neppure una vaga idea di nessun piano per passare a maggiori e migliori cose. Anche Zabini si era permesso una espressione di curiosità che rovinava il suo arrogante profilo. Pansy ricominciò il lento lisciare dei capelli di Malfoy, stupita.
“Intendi… Lui?”
Malfoy si strinse le spalle.
“Mia madre vuole che io completi la mia educazione, ma personalmente. non vedo come possa essere considerata così importante di questi tempi. Intendo dire, pensate a questo… Quando il Signore Oscuro avrà il comando, sarà importante quanti G.U.F.O. o M.A.G.O. qualcuno avrà preso? Non credo proprio… dipenderà tutto dal tipo di servizio che riceverà, dal livello di devozione che gli sarà mostrato.”
“E tu pensi che sarai capace di fare qualcosa per lui?” chiese Zabini aspramente. “A sedici anni saremmo anche già pienamente qualificati?”
“Lo ho appena detto, no? Forse non gli interessa se non sono qualificato. Forse il lavoro che vuole farmi fare non è nulla che richieda di essere qualificato per farlo,” disse Malfoy tranquillamente.
Tiger e Goyle erano entrambi seduti con le bocche aperte come gargoyle. Pansy fissava giù verso Malfoy come se non avesse mai visto nulla di così maestoso.
“Posso vedere Hogwarts,” disse Malfoy chiaramente assaporando l’effetto che aveva creato mentre puntava il dito fuori dal finestrino che si oscurava. “Sarà meglio che ci mettiamo le divise.”
Harry era così indaffarato a fissare Malfoy che non si accorse che Goyle si stava allungando verso il proprio bagaglio; mentre lo faceva oscillare verso il basso, colpì con forza Harry su un lato della testa. Si lasciò sfuggire un involontario rantolo di dolore e Malfoy guardò verso la rastrelliera dei bagagli, aggrottando le sopracciglia. Harry non temeva Malfoy, ma ora non gli paiceva molto l’idea di essere scoperto mentre si nascondeva sotto il Mantello dell’Invisibilità da un gruppo di ostili Serpeverde. Gli occhi ancora lacrimanti e la testa ancora pulsante, tirò a sé la bacchetta, attento a non muovere il Mantello, e attese, trattenendo il fiato. Con sollievo, Malfoy sembrò decidere che si era immaginato il rumore; raccolse le sue cose come gli altri, chiuse il suo bagaglio e, mentre il treno rallentava fino ad avanzare a lenti sobbalzi, si avvolse un nuovo pesante mantello da viaggio attorno alle spalle.
Harry poteva vedere i corridoi riempirsi nuovamente e sperò che Hermione e Ron avessero tirato fuori le sue cose sulla piattaforma al posto suo; era bloccato dove era fino a quando lo scompartimento non fosse stato completamente vuoto. Infine, con un sobbalzo finale, il treno si fermò del tutto. Goyle aprì con impeto la porta e si fece strada a forza in un combriccola del secondo anno, allontanandoli a pugni, con Tiger e Zabini che lo seguivano.
“Ti vai,” disse Malfoy a Pansy, che lo stava aspettando con la mano allungata come se sperasse che lui la stringesse. “Devo solo controllare qualcosa.”
Pansy uscì. Ora Harry e Malfoy erano soli nello scompartimento. La gente era già passata oltre, scendendo nella nera piattaforma. Malfoy si spostò verso la porta dello scompartimento e abbassò le tende, così che la gente nel corridoio non potessero osservare. Poi si chinò verso il bagaglio.
Harry osservò giù oltre il bordo della rastrelliera di bagagli, con il cuore che batteva un po’ più veloce. Cosa voleva nascondere Malfoy a Pansy? Stava per cedere il misterioso oggetto rotto che era così importante da riparare?
"Petrificus Totalus!"
Senza preavviso, Malfoy puntò la sua bacchetta verso Harry, che fu istantaneamente paralizzato. Come al rallentatore, ruzzolò fuori dalla rastrelliera dei bagagli e cadde dando un colpo spaventoso, tale da far tremare il pavimente, ai piedi di Malfoy, il Mantello dell’Invisibilità intrappolato sotto di lui, l’intero corpo in vista con le gambe ancora piegate in una posizione di rigida genuflessione. Non poteva muovere un muscolo: poteva solo fissare lo sguardo verso Malfoy, che sorrideva apertamente.
“Lo immaginavo,” disse giubilante. “Ho sentito il bagaglio di Goyle colpirti. E ho immaginato di vedere un lampo bianco attraversarel’aria dopo che Zabini era entrato…” I suoi occhi si soffermarono per un momento sulle scarpe da ginnastica. “Eri tu che bloccavi la porta quando Zabini sta entrando, no?”
Esaminò Harry per un momento.
“Non hai sentito nulla di importante, Potter. Ma poiché ho te qui…”
E picchiò con forza sulla faccia di Harry. Harry sentì il naso rompersi, il sangue zampillare ovunque.
“Questo è per mio padre. Ora, vediamo…”
Malfoy trascinò via il Mantello da sotto il corpo immobilizzato di Harry e lo tirò sopra di lui.
“Non ho considerato che non ti ritroveranno fino al rientro del treno a Londra,” disse tranquillamente. “Ci vediamo in giro, Potter… o no.”
E facendo attenzione a calpestare le dita di Harry, Malfoy uscì dallo scompartimento.
CAPITOLO OTTO
IL TRIONFO DI PITON
Harry non era in grado di muovere neppure un muscolo. Giaceva sotto il Mantello dell’Invisibilità con il sangue che, dal naso, gli colava caldo e bagnato sul volto, ascoltando le voci ed i passi nel corridoio. Il suo pensiero immediato fu che certamente qualcuno avrebbe controllato lo scompartimento, prima che il treno partisse di nuovo. Subito dopo gli sopravvenne, però, la sconsolata comprensione del fatto che, anche se qualcuno avesse guardato nello scompartimento, in ogni caso lui non sarebbe stato né
visto né sentito. Il meglio che poteva sperare era che qualcuno entrasse e gli inciampasse sopra.
Harry non aveva mai odiato Malfoy quanto dal momento in cui giaceva là, come una ridicola tartaruga girata sul dorso, con il sangue che gli gocciolava disgustosamente nella bocca aperta. In che stupida situazione si era cacciato… ed ora anche quegli ultimi rari rumori di passi si stavano allontanando. Tutti si stavano sparpagliando lungo la buia piattaforma là fuori: poteva sentire i bauli trascinati che sfregavano per terra ed un chiassoso chiacchiericcio.
Ron e Hermione avevano certo pensato che avesse lasciato il treno senza di loro. Quando fossero arrivati a Hogwarts ed avessero preso posto in Sala Grande, dopo aver guardato su e giù lungo il tavolo di Grifondoro alcune volte, avrebbero finalmente realizzato che non c’era ed allora, senza alcun dubbio, si sarebbe già trovato a metà della strada di ritorno verso Londra.
Cercò di emettere qualche suono, fosse anche un grugnito, ma gli era impossibile. Allora si ricordò che alcuni maghi, come Silente ad esempio, potevano fare magie anche senza pronunciare a voce alta le relative formule, così cercò di attirare a sé la bacchetta, che gli era sfuggita di mano, ripetendo più e più volte le parole Accio bacchetta! nella mente, ma non accadde proprio nulla.
Gli sembrò di udire lo stormire delle fronde degli alberi che circondavano il lago ed il lontano fischio di un gufo, ma nessun indizio che gli potesse suggerire che lo stavano cercando o addirittura (si vergognò un pochino per averlo sperato) voci allarmate che si domandavano dove fosse finito Harry Potter. Una sensazione di disperazione si diffuse in lui mentre immaginava il convoglio di carrozze, trainate dai Thestral, inerpicarsi verso la scuola e gli echi attutiti delle risate provenienti dallo scompartimento dove Malfoy stava narrando del suo attacco a Harry ai suoi compagni Serpeverde.
Il treno sobbalzò, facendo rotolare Harry di lato. Ora fissava la polverosa parte inferiore dei sedili invece del soffitto. Il pavimento cominciò a vibrare quando la locomotiva prese vita con un rombo potente. L’Espresso stava ripartendo e nessuno sapeva che lui era ancora lì…
All’improvviso sentì il Mantello dell’Invisibilità volare via ed una voce sopra la testa dire,
“Ciao Harry.”
Ci fu un lampo di luce rossa ed il corpo di Harry si sbloccò. Era finalmente in grado di mettersi in una più dignitosa posizione seduta, strofinò via rudemente il sangue dai lividi con il dorso della mano e sollevò la testa guardando in alto verso Tonks, che aveva in mano il Mantello dell’Invisibilità che gli aveva appena tirato via.
“Sarebbe meglio se uscissimo di qui, e alla svelta,” disse, mentre i finestrini venivano oscurati dal vapore ed il treno si avviava ad uscire dalla stazione. “Muoviti, saltiamo.”
Harry la seguì di corsa nel corridoio. Lei aprì la porta del treno e balzò sulla piattaforma, che sembrava scorrere sotto di loro mentre il treno prendeva lo slancio. La seguì, barcollando un po’ nell’atterraggio, quindi si raddrizzò in tempo per vedere la luccicante locomotiva scarlatta prendere velocità, girare l’angolo, e sparire dalla vista. L’aria fredda della notte gli alleviò il pulsare al naso. Tonks lo stava guardando. Era arrabbiato e imbarazzato per essere stato trovato in quella ridicola posizione. Lei gli restituì silenziosamente il Mantello dell’Invisibilità.
“Chi te lo ha fatto?”
“Draco Malfoy,” disse Harry amaramente. “Grazie di… beh…”
“Di niente,” disse Tonks, ma senza sorridere. Da quello che Harry poteva vedere nell’oscurità, aveva un aspetto miserabile e capelli color topo come quando l’aveva incontrata alla Tana. “Posso sistemarti il naso, se stai fermo.”
Harry non concordava molto con questa idea. Avrebbe preferito recarsi da Madama Chips, l’infermiera del castello, nella quale riponeva maggiore fiducia quando si trattava di Incantesimi di Guarigione, ma gli sembrava scortese dirlo, così rimase immobile e chiuse gli occhi,
“Episkey” disse Tonks.
Il naso di Harry diventò molto caldo, e poi molto freddo. Alzò una mano e lo tastò con circospezione. Sembrava essere stato sistemato.
“Grazie mille!”
“È meglio se ti rimetti il mantello, così possiamo andare verso la scuola,” disse Tonks, sempre senza sorridere. Mentre Harry si sistemava sotto il mantello, la strega fece ondeggiare la bacchetta: dalla punta emerse un’immensa creatura argentea a quattro zampe che subito svanì nell’oscurità.
“Era un Patronus?” chiese Harry, che aveva già visto Silente mandare un messaggio come quello.
“Sì, sto informando il castello che ti ho trovato, altrimenti si preoccuperanno. Andiamo, è
meglio non perder tempo.”
Si misero in moto verso il sentiero che conduceva alla scuola.
“Come hai fatto a trovarmi?”
“Ho notato che non eri sceso dal treno e sapevo che avevi quel mantello. Ho pensato che ti stessi nascondendo per qualche ragione. Quando ho visto che le tendine di quello scompartimento erano state abbassate, ho pensato che fosse meglio controllare.”
“Ad ogni modo, cosa stavi facendo qui?” chiese Harry.
“Sono di stanza qui a Hogsmeade, ora, per fornire un’ulteriore protezione alla scuola,”
disse Tonks.
“Ci sei solo tu qui, o… ?”
“No, ci sono anche Proudfoot, Savage, e Dawlish.”
“Dawlish, quell’Auror che Silente attaccò l’anno scorso?”
“Esatto.”
Arrancarono sul sentiero buio e deserto, seguendo le tracce appena lasciate dalle carrozze. Harry sbirciava di traverso Tonks, da sotto il mantello. L’anno precedente si era dimostrata curiosa (al punto di diventare anche un po’ seccante talvolta), aveva riso con facilità e fatto scherzi. Ora sembrava più vecchia e molto più seria e determinata. Tutto questo era la conseguenza di ciò che era accaduto al Ministero? Con disagio ricordò che Hermione gli aveva suggerito di dirle qualcosa di confortante, riguardo a Sirius, tipo che non era stata per nulla colpa sua, ma lui non era mai riuscito a farlo. Era ben lontano dall’incolparla della morte di Sirius; non era colpa sua più che di chiunque altro (e certo era molto meno colpevole che lui stesso), ma non gli piaceva parlare di Sirius, se solo poteva evitarlo. Così scarpinarono in silenzio nella notte fredda, il lungo mantello di Tonks che ondeggiava sul terreno dietro di loro.
Essendo sempre passato di lì sulle carrozze, Harry non si era mai reso bene conto di quanto la stazione di Hogsmeade distasse da Hogwarts. Con suo gran sollievo, finalmente, vide le alte colonne ai lati del cancello, ognuna con un cinghiale alato sulla sommità. Aveva freddo, era affamato e desiderava veramente lasciarsi alle spalle questa nuova, triste Tonks. Ma quando allungò la mano per aprire il cancello, lo trovò chiuso con una catena.
“Alohomora!” esclamò con sicurezza, puntando la bacchetta sul lucchetto, ma non accadde nulla.
“Non funziona con queste,” spiegò Tonks. “Le ha stregate personalmente Silente.”
Harry si guardò intorno, “Posso scavalcare il muro,” suggerì.
“Non puoi,” affermò Tonks. “Ci sono incantesimi anti-intrusi su tutte le mura. Le misure di sicurezza sono state rafforzate cento volte questa estate.”
“Bene, allora,” disse Harry, cominciando a trovare fastidiosa quella sua mancanza di aiuto, “Suppongo che dovrò dormire qui fori ed attendere domattina.”
“Qualcuno sta venendo qui per te,” disse Tonks, “Guarda.”
Una lanterna si muoveva a scatti a diversi passi dal castello. Harry fu così felice di vederla che si sentiva anche disposto a sopportare le stizzite critiche di Gazza sul suo ritardo e lo sbraitare circa il fatto che la regolare applicazione di serrapollici avrebbe di molto migliorato il suo rispetto degli orari. Fu solo quando la fiammeggiante luce gialla si trovò a poco più di dieci passi da loro, ed egli si tolse il Mantello dell’Invisibilità così da poter essere visto, che riconobbe, con un moto di puro disgusto, il naso a uncino illuminato dal basso ed i lunghi, unti, capelli neri di Severus Piton.
“Bene, bene, bene,” sogghignò Piton, estraendo la bacchetta ed aprendo subito il lucchetto, così che le catene si riavvolsero indietro ed il cancello si aprì cigolando.
“Gentile, da parte tua, renderti visibile, Potter, sebbene tu abbia evidentemente deciso che indossare la divisa scolastica avrebbe sminuito la tua apparizione.”
“Non ho potuto cambiarmi, non avevo il mio…” cercò di giustificarsi Harry, ma Piton lo oltrepassò.
“Non c’è alcun bisogno che tu rimanga, Ninfadora, Potter è abbastanza… ah… al sicuro nelle mie mani.”
“Pensavo che fosse stato Hagrid a ricevere il messaggio,” rispose Tonks, accigliandosi.
“Hagrid era in ritardo per il banchetto d’inizio anno, proprio come Potter qua, così l’ho ricevuto io. E, per inciso,” disse Piton, rimanendo indietro per permettere a Harry di oltrepassarlo, “ero curioso di vedere il tuo nuovo Patronus.”
Le sbatté il cancello in faccia con un sonoro fragore, richiuse le catene sempre con la bacchetta e quelle strisciarono, tintinnanti, al loro posto.
“Penso che fosse molto meglio il precedente,” disse Piton, con malizia facilmente riconoscibile nella voce. “Quest’ultimo sembra debole.”
Mentre Piton sollevava la lanterna, Harry vide, fugacemente, uno sguardo di violenta emozione e di collera sul volto di Tonks. Poi fu nuovamente inghiottita dall’oscurità.
“Buonanotte,” le gridò Harry oltre la spalla, mentre si incamminava verso la scuola con Piton. “Grazie per… tutto.”
“Arrivederci, Harry.”
Piton non parlò per circa un minuto. A Harry pareva che dentro di lui si stessero generando ondate di odio così potenti che gli sembrava inverosimile che Piton non ne sentisse quanto gli bruciasse. Aveva detestato Piton fin dal loro primo incontro, ma Piton si era messo sempre ed irrevocabilmente oltre ogni possibilità di perdono, da parte di Harry, a causa del suo atteggiamento verso Sirius. Qualsiasi cosa Silente avesse affermato, ed Harry aveva avuto tempo di rifletterci su durante l’estate, aveva concluso che le sprezzanti osservazioni di Piton sul rimanere nascosto al sicuro, mentre il resto dell’Ordine della Fenice era fuori a combattere contro Voldemort, erano probabilmente state il fattore più potente che aveva spinto Sirius a precipitarsi al Ministero la notte in cui era morto. Harry si era aggrappato a quest’idea, perché gli permetteva di incolpare Piton, la qual cosa era soddisfacente, e anche perché era consapevole che, se c’era qualcuno che non era dispiaciuto per la morte di Sirius, quello era proprio l’uomo che camminava a grandi passi accanto a lui nell’oscurità.
“Cinquanta punti in meno a Grifondoro per il tuo ritardo, direi,” disse infine Piton. “E, vediamo, altri venti punti in meno per il tuo abbigliamento da Babbano. Non credo, sai, che ci sia mai stata una Casa che abbia cominciato così presto a perdere punti: non abbiamo ancora cominciato a mangiare il pudding. Può darsi che tu abbia stabilito un primato, Potter.”
Il furore e l’odio ribollivano in Harry come fiamme incandescenti, ma avrebbe preferito rimanere immobilizzato per tutto il tragitto di ritorno verso Londra, piuttosto che raccontare a Piton perché era in ritardo.
“Suppongo tu volessi fare un’entrata ad effetto, vero?” Continuò Piton. “E senza l’automobile volante a disposizione, hai deciso che irrompere in Sala Grande nel pieno del banchetto d’inizio anno avrebbe creato un effetto sensazionale.”
Harry rimase ancora in silenzio, anche se si aspettava che il suo petto potesse esplodere da un momento all’altro. Sapeva che Piton era andato a prenderlo per questo motivo, per quei pochi minuti in cui poteva stuzzicarlo e tormentarlo senza che qualcun altro potesse ascoltare.
Alla fine raggiunsero la gradinata del castello e, mentre la grande porta di quercia si apriva nel vasto salone di ingresso, tutto parato a festa, uno scoppio di chiacchiere e di risate ed il tintinnio di piatti e bicchieri li accolse dalle porte aperte della Sala Grande. Harry si chiese se avrebbe potuto indossare il Mantello dell’Invisibilità e, quindi, raggiungere il suo posto lungo il tavolo di Grifondoro (che, disgraziatamente, era quello più lontano dall’ingresso) senza essere notato. Proprio come se gli avesse letto nella mente, però, Piton disse, “Nessun mantello. Puoi entrare cosicché chiunque ti veda, che è
esattamente quello che volevi, ne sono certo.”
Harry si girò sui due piedi ed avanzò con decisione attraverso la porta aperta: qualunque cosa pur di andar via da Piton. La Sala Grande, con i quattro lunghi tavoli delle Case e, in fondo, il tavolo degli insegnanti, era decorata come al solito con candele sospese nell’aria che rendevano scintillanti e luminosi i piatti sotto di loro. Fu una dolorosa ma sfavillante visione per Harry che, ad ogni modo, camminò così veloce che aveva già
sorpassato il tavolo di Tassorosso prima che gli studenti cominciassero a guardarlo e, quando si alzarono in piedi per vederlo meglio, aveva già individuato Ron e Hermione, e s’era diretto lungo la panca, infilandosi tra loro.
“Dove sei stato… accidenti, cos’hai fatto alla faccia?” chiese Ron, strabuzzando gli occhi come chiunque altro nelle vicinanze.
“Perché, cosa c’è che non va?” chiese Harry, afferrando un cucchiaio per osservarsi nel suo distorto riflesso.
“Sei pieno di sangue!” esclamò Hermione. “Vieni qui…”
Alzò la bacchetta, pronunciò “Tergeo!” ed il sangue secco svanì.
“Grazie,” disse Harry, palpandosi la faccia ora pulita. “Come sembra il mio naso?”
“Normale” mormorò Hermione con ansia. “Perché non dovrebbe? Harry, cos’è successo?
Eravamo molto spaventati per te!”
“Ve lo dirò più tardi,” tagliò corto Harry. Era ben consapevole che Ginny, Neville, Dean e Seamus li stavano ascoltando di nascosto. Anche Nick-Quasi-Senza-Testa, il fantasma di Grifondoro, fluttuava sopra la panca per origliare.
“Ma…” esclamò Hermione.
“Non ora, Hermione,” disse Harry, con tono volutamente minaccioso. Sperava proprio che tutti loro pensassero che era stato coinvolto in qualcosa d’eroico, che implicasse preferibilmente un paio di mangiamorte ed un Dissennatore. Malfoy doveva già aver diffuso quanto più possibile la sua storia, ovviamente, ma c’era sempre qualche probabilità che non avesse ancora raggiunto tutte le orecchie dei Grifondoro. Si stese oltre Ron per afferrare un paio di cosce di pollo ed una manciata di patatine, ma prima che le potesse prendere, quelle svanirono per essere rimpiazzate con il pudding.
“Ti sei perso lo Smistamento, comunque,” disse Hermione, mentre Ron affondava la mano in una grossa torta di cioccolato.
“Il Cappello ha detto qualcosa d’interessante?” chiese Harry, prendendo un pezzo di crostata alla melassa.
“Più o meno le solite cose, davvero… raccomandandoci di rimanere tutti uniti di fronte ai nemici, lo sai.”
“Silente non ha fatto alcun accenno a Voldemort?”
“Non ancora, ma di solito rinvia il suo discorso alla fine del banchetto, no? Non ci manca molto, ormai.”
“Piton ha detto che anche Hagrid era in ritardo…”
“Hai visto Piton? Come mai?” bofonchiò Ron, mentre si strafogava di dolci.
“Mi ci sono imbattuto per caso” rispose Harry evasivamente.
“Hagrid aveva solo pochi minuti di ritardo,” spiegò Hermione. “Guarda, ti sta salutando, Harry.”
Harry alzò lo sguardo verso la tavola degli insegnanti e fece un largo sorriso ad Hagrid, che lo stava ancora salutando. Hagrid non era ancora del tutto riuscito a comportarsi con la dignità della Professoressa McGranitt, Capocasa dei Grifondoro, la cui sommità
del capo spuntava all’incirca tra il gomito e la spalla di Hagrid, al quale era seduta a fianco e che stava osservando con disapprovazione i loro entusiastici saluti. Harry fu sorpreso di vedere l’insegnante di Divinazione, la Professoressa Cooman, seduta all’altro lato di Hagrid. Raramente lasciava la sua torre e non l’aveva mai vista al banchetto di inizio anno prima di allora. Era stravagante come al solito, rilucente di collane e scialli svolazzanti, gli occhi resi enormi dalle lenti degli occhiali. Avendola sempre considerata un po’ un’imbrogliona, Harry era rimasto scioccato quando aveva scoperto, alla fine del precedente anno scolastico, che era stata proprio lei a fare la profezia che aveva indotto Lord Voldemort ad uccidere i suoi genitori e ad attaccare Harry stesso. Questa scoperta lo rendeva ancora meno desideroso di ritrovarsi in sua compagnia, ma, con suo sollievo, da quest’anno poteva abbandonare Divinazione. I suoi occhi, grandi come fari, ruotarono nella sua direzione ed egli volse velocemente lo sguardo verso il tavolo di Serpeverde. Draco Malfoy, tra rauche risate ed applausi, stava mimando il momento in cui gli aveva spaccato il naso. Harry abbassò lo sguardo a fissare la sua torta alla melassa, di nuovo in preda all’ira. Cosa avrebbe dato per poter affrontare Malfoy faccia a faccia…
“Allora, cosa voleva il Professor Slughorn?” chiese Hermione.
“Sapere cos’era realmente successo al Ministero.” Rispose Harry.
“Lui e chiunque altro, qui dentro,” arricciò il naso Hermione. “Sul treno tutti ci hanno rivolto domande su questo, vero Ron?”
“Sì,” rispose Ron. “Tutti volevano sapere se tu sei davvero il «Prescelto»…”
“Ci sono state diverse discussioni su quel tema anche tra i fantasmi,” li interruppe NickQuasi-Senza-Testa, inclinando verso Harry la sua testa quasi del tutto staccata, che oscillò pericolosamente nella gorgiera. “Sono considerato un po’ come un’autorità in tema di Potter; è largamente risaputo che siamo amici.. ho garantito alla comunità dei fantasmi, ad ogni modo, che non ti avrei importunato per ottenere informazioni. «Harry Potter sa che può riporre in me la massima confidenza» ho detto loro. «Preferirei morire piuttosto che tradire la sua fiducia. »”
“Che non vale poi molto, visto che sei già morto,” osservò Ron.
“Ancora una volta, dimostri la stessa sensibilità di un’ascia non affilata,” rispose NickQuasi-Senza-Testa con tono offeso, e si sollevò in aria scivolando verso l’estremità più
lontana del tavolo di Grifondoro proprio mentre Silente si alzava in piedi alla tavola degli insegnanti. Il brusio e le risate che echeggiavano nella Sala cessarono quasi istantaneamente.
“Auguro la miglior serata a tutti voi!” esclamò sorridendo apertamente con le braccia allargate come se volesse abbracciare l’intera sala.
“Cos’è successo alla sua mano?” mormorò Hermione con un filo di fiato. Non era l’unica ad averlo notato. La mano destra di Silente era tutta nera e sembrava morta proprio come lo era nella notte in cui era andato a prendere Harry dai Dursley. La sala era piena di mormorii. Silente, interpretandoli correttamente, sorrise solo e fece scivolare la manica color oro e porpora sulla mano ferita.
“Nulla di cui preoccuparsi,” disse con disinvoltura. “Ed ora… ai nostri nuovi studenti, benvenuti, ai nostri vecchi studenti, bentornati! Un altro anno pieno d’istruzione magica vi attende…”
“La sua mano era già così quando l’ho visto questa estate,” sussurrò Harry a Hermione
“Pensavo che sarebbe guarita per l’inizio della scuola, ma… forse Madama Chips non è
stata in grado di farlo.”
“Sembra come se fosse morta,” disse Hermione, con un’espressione nauseata. “Ci sono certe ferite che non si possono curare… antichi sortilegi… e ci sono veleni senza antidoti…”
“… e il signor Gazza, il nostro guardiano, mi ha chiesto di dire che sono completamente fuori legge tutti gli scherzi comprati nel negozio Tiri Vispi Weasley.”
“Coloro che desiderano giocare nella squadra di Quidditch della propria Casa, forniscano il loro nominativo al Capocasa, come al solito. Stiamo anche cercando nuovi commentatori per le partite di Quidditch, gli interessati facciano altrettanto.
“Siamo lieti di dare il benvenuto ad un nuovo membro del personale insegnante per quest’anno, il Professor Slughorn,” Slughorn si alzò, la testa pelata che luccicava alla luce delle candele e la grossa pancia, avvolta in una alta cintura, che gettava ombra sulla tavola, “che è un mio vecchio collega e che ha accettato di riassumere il suo vecchio posto di Professore di Pozioni.”
“Pozioni?”
“Pozioni?”
La parola echeggiò attraverso la sala mentre tutti si chiedevano se avevano udito bene.
“Pozioni?” esclamarono Ron e Hermione all’unisono, girandosi a fissare Harry. “Ma tu avevi detto…”
“Il Professo Piton, invece,” disse Silente, alzando la voce per sovrastare il rumoreggiare della sala, “prenderà la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure.”
“No!” urlo Harry così forte che molte teste si girarono nella sua direzione. Ma non gliene importava nulla. Fissava il tavolo degli insegnati, assolutamente furioso. Perché, dopo tutto questo tempo, la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure era stata affidata a Piton?
Non era ormai ampiamente noto da anni che Silente non si fidava di lui per questo incarico?
“Ma Harry, avevi detto che Slughorn sarebbe diventato il nuovo Professore di Difesa Contro le Arti Oscure!” esclamò Hermione.
“Pensavo che fosse così!” rispose Harry, spremendosi il cervello per cercare di ricordare quando Silente glielo aveva detto, ma, ora che ci pensava, non era in grado di rammentare se Silente gli avesse mai detto cosa avrebbe insegnato Slughorn. Piton, che era seduto alla destra di Silente, non si alzò in piedi quando fu fatto il suo nome. Sollevò solo una mano in un indolente riconoscimento dell’applauso che proveniva dal tavolo di Serpeverde, nondimeno Harry era sicuro di aver scorto un lampo di trionfo in quel viso che odiava così tanto.
“Bene, almeno c’è una buona notizia,” disse con astio. “Piton se ne sarà andato per la fine dell’anno scolastico.”
“Cosa intendi dire?” chiese Ron.
“Quella cattedra porta iella. Nessuno è durato per più di un anno… Raptor è addirittura morto… Personalmente terrò le dita incrociate per un’altra morte… “
“Harry!” esclamò Hermione scioccata, con tono di rimprovero.
“Potrebbe semplicemente tornare ad insegnare Pozioni alla fine dell’anno” obiettò Ron con ragionevolezza. “Quello Slughorn potrebbe non voler rimanere a lungo. Come Moody.”
Silente si schiarì la voce. Harry, Ron e Hermione non erano i soli che stavano parlando. Nell’intera Sala Grande era esploso un grande ronzio di fitte conversazioni alla notizia che Piton aveva finalmente realizzato il suo più grande desiderio. Apparentemente inconsapevole della sensazionale natura della notizia che aveva appena comunicato, Silente non disse nient’altro in merito alle nomine degli insegnanti, ma attese alcuni secondi per assicurarsi che il silenzio fosse completo prima di continuare.
“Ora, come tutti in questa Sala sanno, Lord Voldemort ed i suoi seguaci sono ancora una volta in libertà e stanno riacquistando potere.”
Il silenzio sembrava tendersi e sciogliersi mentre Silente parlava. Harry sbirciò verso Malfoy. Non stava guardando Silente, ma stava muovendo la forchetta a mezz’aria come una bacchetta, come se trovasse le parole del Preside non degne della sua attenzione.
“Non potrò mai sottolineare con sufficiente forza quanto sia pericolosa l’attuale situazione, e quanta attenzione ognuno di noi debba porre per assicurarsi di rimanere al sicuro dentro Hogwarts. Le difese magiche del castello sono state rafforzate durante l’estate, ed ora siamo protetti in nuovi e più potenti modi, ma dobbiamo ancora guardarci scrupolosamente dalla negligenza da parte di qualsiasi studente o membro del corpo insegnate. Vi esorto, quindi, ad attenervi ad ogni restrizione che i vostri insegnanti vi imporranno per la vostra sicurezza, per quanto seccante possiate trovarla… in particolare la regola di rimanere a letto oltre l’orario del silenzio. Vi prego vivamente, qualsiasi cosa strana o sospetta possiate notare dentro o fuori del castello, di riferirla immediatamente ad un insegnante. Confido che vi comportiate, costantemente, con il massimo riguardo per la vostra ed altrui sicurezza.”
Gli occhi azzurri di Silente passarono velocemente in rassegna gli studenti, poi sorrise ancora una volta.
“Ma ora i vostri letti vi attendono, caldi e confortevoli proprio come voi li desiderate, e so che la vostra principale necessità è di riposarvi bene prima delle lezioni di domani. Permettetemi quindi di augurarvi la buonanotte. Andate, andate!”
Con l’usuale assordante stridore, le panche furono sposate e le centinaia di studenti cominciarono ad uscire dalla Sala Grande diretti ai loro dormitori. Harry, che non aveva affatto fretta di uscire con la folla vociante, né di avvicinarsi tanto a Malfoy da permettergli di raccontare nuovamente la storia del naso spaccato, così rimase indietro, fingendo di allacciarsi le scarpe da ginnastica, permettendo così alla maggior parte dei Grifondoro di superarlo. Hermione si lanciò a svolgere i suoi compiti da prefetto, ovvero scortare quelli del primo anno, ma Ron rimase con Harry.
“Cos’è veramente successo al tuo naso?” gli chiese, quando furono molto indietro rispetto alla calca che premeva per uscire dalla Sala Grande, e non furono più a portata d’orecchi di nessuno.
Harry glielo raccontò. Il fatto che Ron non ridesse era un saldo segno della loro amicizia.
“Avevo visto Malfoy mimare qualcosa riguardo ad un naso,” mormorò cupamente.
“Sì, be’, non importa,” rispose Harry amaramente. “Ascolta quello che stava dicendo prima che si accorgesse che io ero là…”
Harry pensava che Ron sarebbe rimasto sbalordito dalle vanterie di Malfoy. Con quella che Harry considerò espressione di autentica testardaggine, tuttavia, Ron si dimostrò
assolutamente non impressionato.
“Avanti Harry, stava solo pavoneggiandosi con la Parkinson… Quale missione gli avrebbe mai affidato Tu-Sai-Chi?”
“Come sai che Voldemort non ha bisogno di avere qualcuno a Hogwarts? Potrebbero essere il primo…”
“Vorrei che tu la finissi di dirci quel nome, Harry,” lo rimproverò una voce dietro di lui. Harry guardò dietro le sue spalle e vide Hagrid scuotere la testa.
“Silente usa quel nome,” affermò Harry con decisione.
“ Sì, ma lui ci è Silente!” mormorò Hagrid in modo enigmatico.
“Com’è che stavi ad essere in ritardo, Harry? Ero preoccupato.”
“Ritardi vari sul treno, “rispose Harry,. “Tu perché eri in ritardo?”
“Ci ero con Grop,” spiegò Hagrid festosamente. “Ci avevo perso il sapere di che ora era. Ora ci ha una nuova casa sulle montagne, ce l’ha data Silente… una bella caverna grande. È molto più contento che quando era nella foresta. Ci siamo fatti una bella chiacchierata.”
“Veramente?” chiese Harry facendo ben attenzione a non incrociare lo sguardo di Ron. L’ultima volta che aveva incontrato il fratellastro di Hagrid, un gigante selvaggio con la tendenza a strappar via gli alberi dalle loro radici, il suo vocabolario comprendeva cinque parole, due delle quali neppure pronunciate correttamente.
“Oh sì, è veramente migliorato,” esclamò Hagrid pieno d’orgoglio. “Ti stupirai. Penso che ci insegno a fare il mio assistente.”
Ron sbuffò rumorosamente, ma cercò di farlo passare per un violento starnuto. Ora erano di fronte al grande portone di quercia dell’ingresso.
“Comunque, vi ci vedo domani, subito alla prima lezione del pomeriggio. Venite presto e ci potrete salutare Fiero… cioè Alicrespe!”
Sollevando un braccio in un festoso addio, uscì dalla porta immergendosi nell’oscurità. Harry e Ron si guardarono l’un l’altro. Harry intuì che anche Ron sarebbe voluto sprofondare.
“ Non segui più Cura delle Creature Magiche, vero?”
Ron scosse la testa. “Neppure tu, giusto?”
Anche Harry scosse la testa.
“E neppure Hermione,” mormorò Ron, “vero?”
Harry scosse ancora la testa. Non voleva pensare a quello che Hagrid avrebbe detto, una volta realizzato che i suoi tre studenti preferiti avevano abbandonato la sua materia.
CAPITOLO NOVE
IL PRINCIPE MEZZOSANGUE
Harry e Ron incontrarono Hermione in sala comune prima di colazione, la mattina seguente. Sperando di avere qualche supporto alla sua teoria, Harry non perse tempo a raccontare ad Hermione quello che aveva sentito dire da Malfoy sull’Espresso di Hogwarts.
“Ma ovviamente voleva solo farsi bello con la Parkinson, non credi?” Interruppe Ron rapidamente, prima che Hermione potesse dire altro.
“Be’,” rispose lei incerta, “Non so… Potrebbe anche darsi che Malfoy si volesse mostrare più importante di quello che è… ma questa è una grossa bugia da raccontare…”
“Esatto,” disse Harry, ma non poté approfondire la cosa, perché troppe persone stavano cercando di ascoltare la loro conversazione, per non parlare di chi lo stava guardando insistentemente e di chi gli mormorava dietro.
“È da maleducati parlare alle spalle,” sbottò Ron, rivolto direttamente ad un minuscolo ragazzino del primo anno, appena ebbe raggiunto la coda per uscire dal buco del ritratto. Il ragazzo, che aveva bisbigliato qualcosa su Harry con i suoi amici coprendosi la bocca con la mano, si voltò improvvisamente rosso di vergogna e capitombolò fuori dal buco spaventato. Ron sogghignò.
“Amo essere uno del sesto anno. E cercheremo di ritagliarci un po’ di tempo libero quest’anno. Intere ore in cui sederci qui e rilassarci.”
“Avremo bisogno di quel tempo per studiare, Ron!” Disse Hermione, appena arrivati alla fine del passaggio.
“Si, ma non oggi,” rispose Ron. “Oggi conto di fare un bel riposino.”
“Aspetta!” esclamò Hermione, tirando fuori un braccio e fermando un ragazzo del quarto anno, che stava tentando di spingerla con un disco verdino tendente al giallo tenuto stretto in mano. “I Frisbee Zannuti sono vietati, consegnamelo,” dichiarò severamente. Il ragazzo, corrucciato, le consegnò il Frisbee ringhioso, che finì sotto il braccio di Hermione, e seguì i suoi amici. Ron aspettò che se ne andasse, quindi strappò il Frisbee dalla presa di Hermione.
“Fantastico, ho sempre desiderato averne uno.”
Le rimostranze di Hermione furono interrotte da una sonora risatina. Lavanda Brown, apparentemente, aveva trovato molto divertente la risposta di Ron. Continuò a ridere anche mentre passava, lanciando uno sguardo a Ron da sopra le spalle. Ron pareva piuttosto soddisfatto di stesso.
Il soffitto della Sala Grande era sereno, blu e punteggiato da delicate nuvole a ciuffi, proprio come la parte di cielo che si poteva vedere attraverso le grandi finestre bifore. Mentre si gettavano su porridge, uova e pancetta, Harry e Ron raccontarono ad Hermione della conversazione imbarazzante avuta con Hagrid la sera precedente.
“Ma lui non può realmente pensare che avremmo continuato a seguire Cura delle Creature Magiche!” Disse, guardandoli afflitta. “Voglio dire, quando mai abbiamo espresso… lo sai… dell’entusiasmo?”
“Ma è così, comunque, no?” Chiese Ron, trangugiando un uovo fritto intero. “Noi siamo gli unici della classe faceva qualche sforzo, perché vogliamo bene ad Hagrid. Ma lui è
convinto che ci piaccia quella stupida materia. Pensate di conoscere nessuno che l’abbia portata come materia ai M.A.G.O.?”
Né Harry né Hermione risposero; non ce n’era bisogno. Sapevano bene perfettamente che nessuno del loro anno avrebbe continuato Cura delle Creature Magiche. Evitarono gli sguardi di Hagrid e risposero al suo vivace saluto con la mano con scarso entusiasmo, quando lo videro lasciare il tavolo degli insegnanti dieci minuti dopo. Dopo aver fatto colazione, rimasero al loro posto aspettando che la professoressa McGranitt lasciasse il tavolo degli insegnanti. La distribuzione degli orari delle classi era molto più complicata del solito, quest’anno, in quanto la professoressa McGranitt doveva prima assicurarsi che ognuno fosse riuscito a raggiungere il necessario livello nel G.U.F.O. necessario a continuare con i corsi dei M.A.G.O. di loro scelta. Per Hermione fu subito chiaro che avrebbe continuato con Incantesimi, Difesa contro le Arti Oscure, Trasfigurazione, Erbologia, Aritmanzia, Antiche Rune, e Pozioni, e partì
sparata per la prima lezione di Antiche Rune senza ulteriori difficoltà. Neville richiese un po’ più di tempo per l’organizzazione. La sua faccia rotonda era in ansia mentre la professoressa McGranitt guardava le sue materie e le confrontava coi suoi risultati dei G.U.F.O.
“Erbologia, bene,” confermò. “La professoressa Sprite sarà contenta di vederti di nuovo con un G.U.F.O. ‘Eccezionale’. E tu hai avuto ‘Oltre le Aspettative’ per Difesa Contro le Arti Oscure. Ma il problema è Trasfigurazione. Mi spiace Paciock ma un «Accettabile»
non è davvero abbastanza per continuare al livello del M.A.G.O.-Proprio non ritengo possibile che tu possa far fronte ai compiti richiesti.”
Neville chinò la testa. La professoressa McGranitt lo scrutò attraverso gli occhiali quadrati.
“Perché vuoi continuare Trasfigurazione, comunque? Non ho mai avuto l’impressione che ti piacesse molto.”
Neville la guardò infelice e mormorò qualcosa come “ Mia nonna lo vuole.”
“Mah,” sbuffò la professoressa McGranitt. “È arrivato il momento che tua nonna impari ad essere fiera del nipote che ha, piuttosto che a quello che pensa che vorrebbe avere, specialmente dopo ciò che è successo al Ministero.
Neville si voltò rosso e ammiccando confuso, la professoressa McGranitt non gli aveva mai fatto un complimento, prima.
“Mi spiace Paciock, ma non posso tenerti nella mia classe di M.A.G.O.-Noto che hai ottenuto un ‘Oltre le Aspettative’ nel G.U.F.O. di Incantesimi… perché non tenti un M.A.G.O. in Incantesimi?”
“Mia nonna pensa che Incantesimi sia una scelta minore,” mormorò Neville.
“Prendi Incantesimi,” disse la Professoressa McGranitt, “ed io scriverò un rigo ad Augusta ricordandole che solo perché lei fa fallito nel suo G.U.F.O in Incantesimi, la materia non è necessariamente priva di valore.”
Sorridendo leggermente per la faccia di compiaciuta incredulità di Neville, la professoressa McGranitt toccò un orario vuoto con la punta della bacchetta e lo consegnò, ora con lo schema delle nuove lezioni, a Neville.
La professoressa McGranitt passò oltre a Calì Patil, che come prima domanda chiese se Firenze, il bel centauro, avrebbe continuato ad insegnare Divinazione.
“Lui e la professoressa Cooman si divideranno le classi fra loro durante l’anno.” Disse la professoressa McGranitt, con un cenno di disapprovazione nella voce; era risaputo che disprezzasse la materia di Divinazione. “Il sesto anno è stato preso dalla professoressa Cooman.”
Calì tolse Divinazione in cinque minuti sembrando leggermente depressa.
“Eccoci a Potter, Potter…” Disse la professoressa McGranitt, consultando le sue note mentre si voltava verso Harry. “Incantesimi, Difesa contro le Arti Oscure, Erbologia, Trasfigurazione… tutto bene. Devo dire che sono soddisfatta per l’obiettivo che hai raggiunto in Trasfigurazione, Potter, molto soddisfatta. Adesso, perché non hai segnato di continuare con Pozioni? Pensavo che tu volessi diventare un Auror?”
“E’ vero, ma lei mi aveva detto che dovevo prendere ‘Eccezionale’ al G.U.F.O., professoressa.”
“Ed era così finché il professor Piton insegnava la materia. Il professor Slughorn, tuttavia, è del tutto felice di accettare al M.A.G.O. studenti con ‘Oltre le Aspettative’ al G.U.F.O. Vuoi continuare con Pozioni?”
“Si,” disse Harry, “ma non ho comprato ne i libri ne gli ingredienti, né alcunché…”
“Sono sicura che il professor Slughorn potrà prestarti qualcosa,” disse la professoressa McGranitt. Molto bene, Potter, eccoti l’orario. Oh, ci sono anche una ventina di speranzosi che hanno già si sono iscritti per la squadra di Quidditch di Grifondoro. Ti passerò la lista a tempo debito così che tu possa fissare le prove con comodo.”
Dopo pochi minuti, a Ron furono assegnate le stesse materie di Harry, e i due lasciarono il tavolo insieme.
“Guarda,” disse Ron compiaciuto, controllando il suo orario, “Abbiamo un buco libero ora… e uno dopo l’intervallo… e dopo pranzo… eccellente.”
Ritornarono nella sala comune, vuota ad eccezione di sei studenti del settimo anno, compresa Katie Bell, la sola componente rimasta della squadra originale di Quidditch di Grifondoro a cui Harry si era unito il primo anno.
“Ero certa che l’avresti avuta tu, ben fatto” lo chiamò dal fondo, indicando la spilla di Capitano sul petto di Harry. “Fammi sapere quando farai i test di ammissione!”
“Non essere sciocca,” disse Harry, “Non hai certo bisogno di provare, ti ho vista giocare per cinque anni…”
“Non devi iniziare così,” lo ammonì. “Per quello che ne sai, ci potrebbe essere qualcuno molto meglio di me là fuori. Ottime squadre sono state rovinate prima d’ora perché il capitano teneva vecchi giocatori, o perché ci metteva i propri amici…”
Ron si sentì a disagio e si mise a giocare con il Frisbee Zannuto che Hermione aveva confiscato allo studente del quarto anno e che sfrecciava attraverso la sala comune, ringhiando e tentando di staccare pezzi dalla tappezzeria. Grattastinchi lo puntava con i gli occhi gialli e soffiava ogni volta che gli arrivava troppo vicino. Un’ora dopo, con riluttanza, lasciarono l’assolata sala comune per andare a Difesa Contro le Arti Oscure quattro piano più in basso. Hermione stava già aspettando in coda fuori, portando una bracciata di pesanti libri e guardando in su.
“Ci hanno dato moltissimi compiti per Antiche Rune,” disse ansiosamente quando Harry e Ron la raggiunsero. “Quarantacinque centimetri di riassunto, due traduzioni, e deve essere pronto per mercoledì!”
“Vergogna,” rispose Ron sbadigliando.
“Aspetta,” disse lei risentita. “Scommetto che Piton ci caricherà ancora di più.”
La porta della classe si aprì mentre parlava, e Piton uscì nel corridoio, la faccia pallida incorniciata come sempre da due ciuffi di untuosi capelli neri. Il silenzio cadde immediatamente tra i ragazzi in fila.
“Dentro,” ordinò.
Harry si guardò intorno mentre entravano. Piton aveva già imposto la sua personalità
nell’aula; era più tetra del solito, con le tende chiuse sulle finestre ed i candelabri accesi. Nuove figure erano appese ai muri, molte di loro mostravano gente chiaramente sofferente che presentava orribili ferite o parti del corpo stranamente contorte. Nessuno parlò mentre si sedevano, guardando intorno nella penombra le raccapriccianti immagini.
“Non vi ho chiesto di aprire i libri,” disse Piton, chiudendo la porta e spostandosi per vedere la classe da dietro la cattedra. Hermione ripose rudemente in cartella la sua copia di “Senza-Volto a Confronto” e la mise sotto la sedia. “Desidero parlarvi, e voglio la vostra più completa attenzione.”
I suoi occhi neri scrutarono tutte le loro facce, indugiando per una frazione di secondo di più su Harry che sugli altri.
“Avete avuto cinque insegnanti in questa materia finora, credo.”
Lo credi… come non li avessi guardati tutti venire ed andare, sperando di poter essere il successivo, pensò sarcasticamente Harry.
“Naturalmente, questi insegnanti hanno avuto i loro metodi e le loro priorità. Vista questa confusione sono sorpreso che molti di voi abbiano sgraffignato un G.U.F.O. in questa materia. E sarò ancora più stupito se tutti voi riuscirete prendere il M.A.G.O., che è molto più difficile.”
Piton iniziò a girare lungo i muri della classe, parlando adesso a bassa voce. La classe allungò il collo per riuscire a seguirlo. “Le Arti Oscure,” disse Piton, “sono molte, diverse, sempre mutanti, ed eterne. Combatterle è come combattere un mostro a molte teste, a cui, ogni volta che si taglia un collo, spunta una nuova testa più feroce ed esperta di prima. Voi state combattendo con ciò che è slegato, mutevole, indistruttibile.”
Harry osservò Piton. Una cosa era rispettare le Arti Oscure come un pericoloso nemico, e un altre era parlarne come stava facendo Piton, con un carezzevole affetto nella voce.
“Le vostre difese,” disse Piton, a voce un po’ più alta, “devono essere inoltre talmente flessibili e creative quanto le Arti che tentate di sconfiggere. Queste immagini,” ne indicò
alcune come se percorresse il passato, “danno una appropriata rappresentazione di quello che succede a subisce, per esempio, la Maledizione Cruciatus” (mosse la bacchetta verso una strega che stava chiaramente urlando in agonia); “chi sente il Bacio del Dissennatore” (un mago raggomitolato e con gli occhi inespressivi, appoggiato contro un muro); “o chi provoca l’aggressione di un Infero” (una massa sanguinolenta sul il pavimento).
“È stato visto un Infero, allora?” Disse Calì Patil a voce alta. “È confermato, li sta usando?”
“Il Signore Oscuro ha usato gli Inferi in passato,” disse Piton, “questo significa che dovreste pensare che li possa usare di nuovo. Ora…”
Passò di nuovo lungo l’altro lato della classe sino alla cattedra, e poi di nuovo per la classe, ed essi lo guardavano camminare, con le sue nere vesti ondeggianti dietro di lui.
“… siete, credo, del tutto nuovi all’uso di incantesimi non verbali. Qual è il vantaggio di un incantesimo non verbale?”
La mano di Hermione si drizzò in aria. Piton perse un po’ di tempo guardandosi intorno per cercare chiunque altro, per essere certo di non avere altra scelta, prima di dire bruscamente, “Molto bene… signorina Granger?”
“L’avversario non ha nessun avviso del tipo di magia che si sta per usare,” disse Hermione, “ciò concede una frazione di secondo di vantaggio.”
“Una risposta copiata parola per parola dal Libro Standard di Incantesimi, Livello 6,”
disse Piton sdegnosamente (in un angolo, Malfoy rideva sotto i baffi), “ma corretta in sostanza, sì, coloro che sono più bravi nell’uso di incantesimi magici silenziosi, guadagnano un elemento sorpresa nel loro fare magie. Non tutti i maghi riescono a farlo, ovviamente. È una questione di concentrazione e di potere della mente che ad alcuni…” Il suo sguardo andò maliziosamente verso Harry un’altra volta, “… manca.”
Harry sapeva che Piton si riferiva alle loro disastrose lezioni di Occlumanzia dell’anno precedente. Rifiutò però di abbassare lo sguardo, ma guardò torvo Piton finché questi non guardò altrove.
“Vi dovrete dividere a coppie,” continuò Piton. “Uno cercherà di lanciare all’altro un incantesimo senza parlare. L’altro tenterà di respingere l’incantesimo ugualmente in silenzio. Provate.”
Sebbene Piton non lo sapesse, Harry aveva insegnato a metà classe (quelli che erano stati membri dell’ ES) come fare un Incantesimo Scudo l’anno precedente. Nessuno di loro aveva mai lanciato incantesimi senza parlare, comunque. Si susseguirono un ragionevole numero di inganni. Molte persone stavano semplicemente mormorando gli incantesimi, invece di dirli ad alta voce. Come al solito bastarono dieci minuti ad Hermione per riuscire ad annullare l’Incantesimo Gambemolli lanciato dal mormorante Neville, senza profferire una sola parola, cosa che avrebbe fatto indubbiamente guadagnare venti punti ai Grifondoro da qualsiasi altro insegnante ragionevole, pensò Harry con rammarico, ma che Piton aveva ignorato. Scivolò fra loro mentre provavano, assomigliando come sempre ad un pipistrello troppo cresciuto, indugiando a guardare Harry e Ron che si esercitavano nel compito.
Ron, che si supponeva dovesse colpire Harry con una fattura, era rosso in faccia, le labbra strettamente compresse nello sforzo di resistere alla tentazione di pronunciare l’incantesimo. Harry teneva la bacchetta alzata, aspettando sulle spine di respingere un incantesimo che sembrava invece non arrivasse mai.
“Patetico, Weasley,” disse Piton dopo un attimo. “Ecco, lascia che ti mostri…”
Girò la sua bacchetta verso Harry, così veloce che Harry reagì d’istinto. Dimenticandosi completamente di non dover parlare, gridò, “Protego!”
Il suo Incantesimo Scudo fu così forte che Piton perse l’equilibrio e colpì un banco. L’intera classe si voltò e ora guardava l’espressione minacciosa di Piton che si era rialzato.
“Ti ricordi che ho detto che ci si doveva esrcitare in incantesimi non verbali, Potter?”
“Si,” rispose Harry duro.
“Si, Signore.”
“Non c’è bisogno che mi chiami «signore», Professore.”
Le parole gli erano sfuggite prima di rendersi conto di cosa avesse detto. Parecchie persone rimasero a bocca aperta, inclusa Hermione. Dietro Piton, comunque, Ron, Dean, e Seamus fecero un sorriso di apprezzamento.
“Punizione, sabato sera, nel mio ufficio,” disse Piton. “Io non ho preferenze per nessuno, Potter… nemmeno per il «Prescelto»”.
“Sei stato eccezionale, Harry!” Ridacchiò Ron, una volta che furono al sicuro sulla via dell’intervallo per la lezione successiva.
“Non avresti dovuto dirglielo,” affermò Hermione, guardando con cipiglio verso Ron. “Che ti aveva fatto?”
“Stava cercando di mandarmi una maledizione, nel caso non te ne fossi accorta!” Sbuffò
Harry. “Ne ho avute a sufficienza di queste durante le lezioni di Occlumanzia! Perché non ha usato un'altra cavia invece? A che gioco sta giocando Silente, comunque, lasciandogli insegnare Difesa? L’hai sentito parlare delle Arti Oscure? Le ama! Tutte quelle cose non definite, indistruttibili…”
“Bene,” disse Hermione, “penso che parli in modo abbastanza simile a te.”
“Simile a me?”
“Si, quando ci dicevi che cosa vuol dire trovarsi faccia a faccia con Voldemort. Tu ci dicevi che non era sufficiente memorizzare un insieme di formule, tu dicevi che eri semplicemente te stesso, il tuo cervello e il tuo istinto. Bene, non è quello che Piton ci stava dicendo? Questo si acquista solo con l’essere coraggiosi e pensare rapidamente.”
Harry era talmente impreparato al fatto che lei avesse memorizzato le sue parole come se fossero tratte da un Libro Standard degli Incantesimi, che non replicò.
“Harry! Ehi, Harry!”
Harry si guardò attorno. Jack Sloper, uno dei Battitori della squadra di Quidditch di Grifondoro dell’anno precedente, stava correndogli incontro tenendo un rotolo di pergamena.
“Per te,” sbuffò Sloper. “Senti, ho sentito che sei il nuovo Capitano. Quando inizieranno le selezioni?”
“Non sono ancora sicuro,” rispose Harry, pensando tra se che Sloper sarebbe stato molto fortunato a tornare in squadra. “Te lo farò sapere.”
“Oh, bene. Spero che sia per questo weekend…”
Ma Harry non lo sentì. Aveva riconosciuto subito la sottile scrittura obliqua sulla pergamena. Lasciando Sloper nel mezzo del discorso, corse via con Ron ed Hermione, srotolando la pergamena appena furono un po’ lontani.
Caro Harry,
Vorrei iniziare le nostre lezioni private questo Sabato. Cortesemente vieni nel mio ufficio alle otto di stasera. Spero ti sia divertito nel primo giorno di scuola. Tuo sinceramente
Albus Silente
P.S. mi piacciono i Pallini Acidi.
“Gli piacciono i Pallini Acidi?” disse Ron, che aveva letto il messaggio da dietro le spalle di Harry e sembrava alquanto perplesso.
“E’ la parola d’ordine per passare il gargoyle fuori del suo studio,” disse Harry a bassa voce. “Ah! Piton non sarà contento… Non potrò andare in punizione da lui!”
Lui, Ron ed Hermione passarono l’intero intervallo a pensare a quello che Silente avrebbe insegnato ad Harry. Ron credeva che, molto probabilmente, dovesse trattarsi di fatture spettacolari e maledizioni che i Mangiamorte che non conoscevano. Hermione rispose che quelle cose erano illegali, e riteneva più probabile che Silente volesse insegnare a Harry magie difensive avanzate. Dopo la pausa, lei andò ad Aritmanzia mentre Harry e Ron ritornarono alla sala comune dove iniziarono, brontolando, i compiti di Piton. Questi risultarono così difficili che non li avevano ancora finiti quando Hermione si unì a loro per l’ora libera dopo pranzo (sebbene lei accelerasse considerevolmente il processo). Avevano appena finito, quando suonò la campanella per la doppia lezione di Pozioni e si avviarono per il percorso familiare giù verso il sotterraneo della classe che, per così tanto tempo, era stata quella di Piton.
Quando giunsero nel corridoio, videro che c’erano solo una dozzina di persone promosse al livello di M.A.G.O.-Tiger e Goyle non ce l’avevano fatta ad ottenere il livello di G.U.F.O. necessario, evidentemente, ma quattro Serpeverde ce l’avevano fatta, incluso Malfoy. C’erano quattro Corvonero e un Tassorosso, Ernie Macmillan, che ad Harry piaceva nonostante le maniere piuttosto pompose.
“Harry,” disse Ernie magniloquente, offrendogli la mano appena Harry si avvicinò, “non abbiamo avuto possibilità di salutarci questa mattina a Difesa Contro le Arti Oscure. Buona lezione, penso, ma l’Incantesimo Scudo è ormai roba vecchia, certamente, per noi vecchi membri dell’ES… e come state voi, Ron… Hermione?”
Prima che potessero rispondere “bene”, la porta del sotterraneo si aprì e la pancia di Slughorn lo precedette fuori dalla porta. Mentre passavano nella stanza, con i suoi grandi e folti baffi curvi sopra la bocca raggiante, salutò con particolare entusiasmo Harry e Zabini.
Il sotterraneo era, insolitamente, già pieno di vapori e strani odori. Harry, Ron, e Hermione annusarono interessati passando a distanza da alcuni calderoni fumanti. I quattro Serpeverde presero un tavolo assieme, così fecero i quattro Corvonero. Questo lasciava Harry, Ron, ed Hermione a condividere il tavolo con Ernie. Scelsero quello più
vicino ad un calderone giallo oro che emetteva uno degli odori più allettanti che Harry avesse mai sentito: era qualcosa che gli ricordava insieme la crostata con la melassa, l’odore del legno della scopa usata, e qualche profumo di fiori che gli sembrava di aver sentito alla Tana. Scoprì che stava respirando molto lentamente e profondamente e che i fumi della pozione sembravano riempirlo come una bevanda. Lo assalì un grande appagamento. Si appoggiò su Ron che gli rispose con un pigro sorriso.
“Bene, bene, bene,” disse Slughorn, il cui profilo massiccio tremolava fra lo scintillio dei vapori. “Tirate fuori le bilance, tutti, e gli ingredienti per le pozioni, e non dimenticate la vostra copia di Pozioni Avanzate…”
“Signore?” Disse Harry, alzando la mano.
“Harry, ragazzo mio?”
“Non avevo comprato il libro o le bilance o nient’altro… e così Ron… perché non pensavamo di poter seguire il M.A.G.O., come sa…”
“Ah, si, me l’ha accennato la professoressa McGranitt… non vi preoccupate, miei cari ragazzi, non vi preoccupate per nulla. Potete usare gli ingredienti dello scaffale del laboratorio oggi, e sono sicuro di potervi prestare alcune bilance, e ci sono un bel mucchio di vecchi libri qui, farete con questi finché non potrete ordinarli al Ghirigoro…”
Slughorn s’avvicino allo scaffale d’angolo e, dopo aver cercato un attimo, tirò fuori due copie molto consunte di Pozioni Avanzate di Libatius Borage, che dette ad Harry e Ron insieme a due set di bilance ossidate.
“Bene,” disse Slughorn ritornando davanti alla classe e gonfiando il già grosso petto a tal punto che i bottoni del panciotto minacciarono di scoppiare. “Ho preparato un po’ di pozioni per voi da osservare, di quelle che avete già studiato, e riconoscere. per completare il vostro M.A.G.O. dovrete essere in grado di fare questo genere di cose. Dovreste averne sentito parlare, anche se non lo avete mai fatto. Qualcuno sa dirmi cos’è
questa?”
Indicò il paiolo più vicino al tavolo dei Serpeverde. Harry si alzò leggermente sulla sedia per vedere che aspetto avesse la superficie dell’acqua che bolliva continuamente in quel calderone.
La mano allenata di Hermione si alzò prima di tutti. Slughorn la indicò.
“E’ Veritaserum, una pozione senza odore e senza colore che forza chi la beve a dire la verità,” disse Hermione.
“Molto bene, molto bene!” Disse felice Slughorn. “Ora,” continuò puntando al paiolo vicino al tavolo dei Corvonero, “questa qui è alquanto più conosciuta… mostrata in molti avvisi del Ministero anche recentemente… chi può…?”
La mano di Hermione fu la più veloce anche questa volta.
“È Pozione Polisucco, Signore,” disse.
Anche Harry aveva riconosciuto il suo bollire lento, la consistenza di fango del secondo calderone, ma non se la prese con Hermione perché si era preso il merito di rispondere alla domanda. Lei, dopotutto, era la sola che era riuscita a farla, quando erano al secondo anno.
“Eccellente, eccellente! Ora, questa qua… si, mia cara?” disse Slughorn, guardando ora con aria leggermente divertita, appena la mano di Hermione si sollevò in alto.
“E’ Elisir d’Amore!”
“E’ così, infatti. Può sembrare che sia sempre sciocco chiederlo,” disse Slughorn, che sembrava piuttosto impressionato, “ma penso che sappiate cosa fa?”
“È la più potente pozione del mondo!” disse Hermione.
“Quasi giusto! L’hai riconosciuta, presumo, dal suo aspetto madreperlaceo?”
“E dal vapore che sale in spirali caratteristiche,” disse Hermione con entusiasmo, “e si suppone che odori in maniera diversa per ognuno di noi, a seconda di ciò che ci attrae, e io direi che può profumare di erba tagliata e pergamena nuova e…”
Ma diventò lievemente rossa e non completò la frase.
“Posso chiederti il tuo nome, mia cara?” Disse Slughorn, ignorando l’imbarazzo di Hermione.
“Hermione Granger, Signore.”
“Granger? Granger? Puoi avere qualche discendenza con Hector Dagworth-Granger, che fondò la Più Straordinaria Società di Pozionisti?”
“No. Non credo, Signore. Io sono nata da Babbani.”
Harry vide Malfoy avvicinarsi a Nott e mormorare qualcosa. Entrambi sogghignarono, ma Slughorn non mostrò sbigottimento. Guardò raggiante da Hermione a Harry, al contrario, che le sedeva vicino.
“Oh! «Una delle mie migliori amiche è nata Babbana, ed è la migliore nel nostro anno!»
Penso che questa sia l’amica di cui hai parlato, Harry?”
“Si, signore,” rispose Harry.
“Bene, bene, darò venti punti ben guadagnati a Grifondoro, signorina Granger,” disse Slughorn gioviale.
Malfoy fece una faccia come quella che aveva la volta che Hermione gli dette un pugno in faccia. Hermione si voltò verso Harry e, con espressione raggiante, mormorò, “Gli hai veramente detto che sono la migliore del nostro anno? Oh, Harry!”
“Be’, e cosa c’è di strano?” Mormorò Ron, che per qualche motivo sembrava piuttosto annoiato. “Tu sei la migliore nel nostro anno… Gliel’avrei potuto dire anch’io se me l’avesse chiesto!”
Hermione sorrise ma lo zittì con un gesto per poter ascoltare quello che stava dicendo Slughorn. Ron sembrava in po’ di cattivo umore.
“L’Elisir d’Amore non crea realmente amore, certo. E’ impossibile creare o imitare l’amore. No, questa causa soltanto una potente infatuazione o ossessione. E’
probabilmente la più pericolosa e potente pozione in questa stanza… oh, sì,” disse, accennando seriamente col capo verso Malfoy e Nott, entrambi scetticamente sorridenti.
“Quando avrete visto molto di più nella vita come ho fatto io, non sottovaluterete il potere di un’ossessione d’amore…”
“E ora,” disse Slughorn, “è il momento di iniziare a lavorare.”
“Signore, non ci ha parlato di ciò che c’è in questo,” disse Ernie Macmillan, puntando verso un paiolo nero piccolo che stava sulla cattedra di Slughorn. La pozione che c’era dentro sbollentava allegramente. Era di colore oro fuso e larghe gocce stavano guizzavano come pesci d’oro lungo la superficie, però non se n’era versata una sola.
“Oh,” disse slughorn di nuovo. Harry era sicuro che Slughorn non aveva dimenticato la pozione per niente, ma aveva aspettato per ottenere un effetto teatrale. “Sì, Cioè. Bene, quella, signore e signori, è una curiosa pozione chiamata Felix Felicis. Io l’ho bevuta,” e si girò sorridendo, guardando verso Hermione, che aveva fatto un sussulto sensibile, “sa quali sono gli effetti che ha la Felix Felicis, signorina Granger?”
“E’ fortuna liquida,” disse eccitata Hermione. “Rende fortunati!”
L’intera classe sembrava essere più attenta. Harry si accorse che Malfoy, adesso, lisciava i suoi unti capelli biondi tirandoli indietro, perché stava finalmente prestando a Slughorn la sua completa attenzione.
“Abbastanza giusto, altri dieci punti a Grifondoro. Sì, è una piccola pozione divertente, la Felix Felicis,” disse Slughorn. “Enormemente difficile da fare, e disastrosa se si sbaglia. Comunque, se preparata correttamente, come è stata fatta questa, vi accorgerete che tutti i vostri sforzi avranno successo… almeno finché durano gli effetti.”
“Perché la gente non la beve sempre allora, Signore?” chiese Terry Boot con fervore.
“Perché presa in eccesso, può causare vertigini, imprudenza, ed una pericolosa confidenza,” disse Slughorn. “Troppe buone cose, sapete… Sono altamente tossiche in larga quantità. Ma presa con parsimonia e molto occasionalmente….”
“L’ha mai presa, Signore?” Chiese Michael Corner con grande interesse.
“Due volte in tutta la mia vita,” rispose Slughorn. “Una volta quando avevo ventiquattro anni, e una volta quando ne avevo cinquantasette. Due cucchiai a colazione. Due giorni perfetti.”
Guardò sognante nel vuoto. Che stesse recitando o no, pensò Harry, l’effetto era ottimo.
“E questo,” disse Slughorn, tornando apparentemente sulla terra, “è quello che avrete come premio in questa lezione.”
Ci fu silenzio tale che ogni bolla e gorgoglio delle pozioni intorno sembrava amplificato dieci volte.
“Una piccola bottiglia di Felix Felicis,” disse Slughorn, prendendo una minuscola bottiglia di vetro tappata dalla tasca e mostrandola a tutti. “Sufficiente per dodici ore di fortuna. Dall’alba al tramonto, sarete fortunati in qualsiasi cosa farete.”
“Ora, devo avvisarvi che Felix Felicis è una sostanza proibita nelle competizioni organizzate… eventi sportivi, per esempio, esami, o elezioni. Così il vincitore potrà usarla solo in una giornata normale… e vedere come questa giornata normale possa diventare straordinaria!”
“Ecco,” riprese Slughorn, improvvisamente vivace, “cosa dovete fare per vincere questo premio favoloso? Bene, andando a pagina dieci di Pozioni Avanzate. Abbiamo poco più di un’ora, che dovrebbe essere sufficiente per fare un decente tentativo di preparare il Distillato della Morte Vivente.
“So che è più complessa di quelle che avete fatto finora, e non mi aspetto una pozione perfetta da nessuno. La persona che la farà meglio, comunque, vincerà questa piccola dose di Felix. Su! Avanti!”
Si sentì stridere mentre ciascuno tirava fuori il proprio calderone e ci furono dei forti rumori dovuti al fatto che qualcuno cominciava ad aggiungere peso alle proprie bilance, ma nessuno parlava. La concentrazione nella la stanza era tangibile. Harry notò Malfoy che sfogliava febbrilmente la sua copia di Pozioni Avanzate. Non poteva essere più chiaro che realmente Malfoy volesse quella giornata fortunata. Harry si piegò rapidamente sopra il libro stropicciato che Slughorn gli aveva prestato. Con fastidio vide che il precedente proprietario aveva scritto su tutte le pagine, così che i margini erano neri come le pozioni stampate. Piegandosi per decifrare gli ingredienti (anche qui il precedente proprietario aveva fatto annotazioni e cancellato parole) Harry si affrettò verso lo scaffale di riserva per trovare quello che gli serviva. Come li gettò nel calderone, vide Malfoy tagliare radici di valeriana più velocemente che poteva. Ognuno si guardava intorno per vedere quello che faceva il resto della classe. Questo era un vantaggio e uno svantaggio in Pozioni, perché è più difficile mantenere segreto quello che fai. Dopo dieci minuti, l’intera stanza era piena di vapori bluastri. Hermione, ovviamente, sembrava aver fatto più presto. La sua pozione rassomigliava già al «liquido liscio, di colore ribes nero» descritto come lo stadio ideale a metà preparazione. Avendo finito di tagliuzzare le sue radici, Harry si piegò di nuovo sul libro. Era veramente molto irritante dover tentare di decifrare le indicazioni sotto tutte quelle stupide scritte del precedente proprietario, che per qualche ragione aveva sostituito le istruzioni per preparare i Fagioli Soporiferi tagliati con le scritte alternative:
Tagliare col lato piatto di un coltello d’argento, strizzare il succo piuttosto che tagliarlo.
“Signore, penso che conosciate mio nonno, Abraxas Malfoy?”
Harry guardò su. Slughorn stava passando in quel momento al tavolo dei Serpeverde.
“Sì,” disse Slughorn senza guardare Malfoy, “Mi è dispiaciuto sapere che era morto, benché certo non sia strano morire del Vaiolo dei Draghi a quell’età. E andò oltre. Harry si chinò di nuovo sul calderone, ridendo con foga. Avrebbe potuto dire che Malfoy si aspettava di essere trattato come Harry o Zaini. Forse sperava anche in un trattamento di favore del tipo di quello ricevuto da Piton. Sembrava che Malfoy non potesse contare su null’altro che sul talento per vincere la bottiglia di Felix Felicis. I Fagioli Soporiferi stavano dimostrandosi duri da tagliare. Harry si voltò verso Hermione.
“Puoi prestarmi il tuo coltello d’argento?”
Lei annui col capo in modo impaziente, non togliendo lo sguardo dalla pozione, che era ancora di un rosso profondo, mentre secondo il libro avrebbe dovuto virare ad una leggera tonalità di lilla adesso. …”
Harry ruppe i suoi fagioli con la parte piatta del coltello. Con sua meraviglia, sprizzarono immediatamente così tanto succo che si meravigliò come dei fagioli raggrinziti potessero contenerne così tanto. Rapidamente lo versò tutto nel calderone e vide, con sua sorpresa, che la pozione cangiava esattamente al lilla come descritto nel libro. Il fastidio per il precedente proprietario svanì di botto, Harry adesso scrutava le successive righe delle istruzioni. Secondo il libro, doveva rimescolare in senso anti-orario finché la pozione non tornasse chiara come acqua. Secondo le indicazioni del precedente proprietario, avrebbe dovuto aggiungere un giro in senso orario ogni sette in senso antiorario. Poteva il vecchio proprietario aver ragione una seconda volta?
Harry mescolò in senso antiorario e, trattenendo il fiato, ne fece uno in senso orario, L’effetto fu immediato. La pozione cangiò ad un rosa pallido.
“Come stai andando?” domandò Hermione, rossa in faccia e con i capelli sempre più
disordinati nel fumo del suo calderone. La sua pozione era ancora decisamente porpora.
“Aggiungi un giro in senso orario…”
“No, no, il libro dice senso antiorario!” disse bruscamente.
Harry scrollò le spalle e continuò quello che stava facendo. Sette giri in senso anti-orario, uno in senso orario, pausa…sette giri in senso anti-orario, uno in senso orario…
Dall’altra parte del tavolo, Ron stava imprecando velocemente sotto voce. La sua pozione sembrava un liquido color liquirizia. Harry si guardò intorno. Per quello che poteva vedere, nessun altra pozione era diventata pallida come la sua. Si sentì eccitato, una cosa del genere non era mai successa in quel sotterraneo.
“Ed ora basta… su!” ordinò Slughorn. “Smettete di mescolare, per favore!”
Slughorn si mosse lentamente fra i tavoli, osservando dentro i calderoni. Non fece commenti, ma occasionalmente dava una mescolata o un’annusata. Alla fine raggiunse il tavolo dove erano seduti Harry, Ron, Hermione, e Ernie. Sorrise in modo mesto nel vedere la sostanza bituminosa nel calderone di Ron. Passò oltre al miscuglio da marina militare di Ernie. Fece un cenno di approvazione alla pozione di Hermione. Poi vide quella di Harry, ed un’espressione di incredula sorpresa gli spuntò in faccia.
“Il sicuro vincitore!” urlò al sotterraneo. “Eccellente, eccellente, Harry! Buon Dio, è chiaro che hai ereditato il talento di tua madre. Aveva una mano felice a Pozioni, Lily! Eccola qui, allora, eccola qui… una bottiglia di Felix Felicis, come promesso, e usala bene!”
Harry fece scivolare la piccola bottiglia di liquido dorato nella sua tasca interna, sentendo una strana combinazione di felicità, per gli sguardi furiosi sulle facce dei Serpeverde, e di senso di colpa, per l’espressione delusa di Hermione. Ron sembrava semplicemente ammutolito.
“Come hai fatto?” Gli sussurrò all’orecchio mentre uscivano dal sotterraneo.
“Un colpo di fortuna, presumo,” disse Harry, perché Malfoy era a tiro di voce. Una volta che furono tranquillamente sistemati al tavolo dei Grifondoro per cena, comunque, si sentì abbastanza sicuro da poterglielo dire. La faccia di Hermione si pietrificava vieppiù ad ogni parola del racconto.
“Pensi forse che ti stia prendendo in giro?” Concluse, infastidito dalla sua espressione.
“Beh, non era esattamente qualcosa di tuo, non è vero?” Rispose lei indispettita.
“Ha solo seguito istruzioni differenti dalle nostre,” disse Ron, “avrebbe potuto causare una catastrofe, non è così? Ma ha preso il rischio e questo ha pagato.” Fece un sospiro.
“Slughorn avrebbe potuto dare quel libro a me, ma no, ne ho preso uno senza scritte all’interno. Vomitato, guardando la pagina cinquantadue ma…”
“Aspetta,” disse una voce vicina all’orecchio sinistro di Harry e lui senti una rapido soffio di quell’odore di fiori che l’aveva colpito nel sotterraneo di Slughorn. Si guardò intorno e vide che Ginny si era unita a loro. “Ho sentito giusto? Hai preso ordini da qualcosa che qualcuno ha scritto in un libro, Harry?”
Sembrava allarmata e arrabbiata. Harry sapeva che cosa stava pensando, per una volta.
“Non è nulla,” disse rassicurante, abbassando la voce. “Non è come, sai, il diario di Riddle. E’ solo un vecchio libro di testo con degli appunti sopra.”
“Ma tu hai fatto quello che ti ha detto?”
“Ho approfittato di un paio di suggerimenti scritti a margine, onestamente, Ginny, non c’è nulla di strano …”
“Ginny ha centrato l’argomento,” disse Hermione, riprendendosi di nuovo. “Dobbiamo controllare che non ci sia nulla di strano lì dentro. Voglio dire, tutte quelle istruzioni, chi le conosce?”
“Ehi!” disse Harry indignato, mentre lei prendeva la sua copia di Pozioni Avanzate dalla cartella ed alzava la bacchetta. “Specialis Revelio!” disse, toccando velocemente la copertina.
Non successe nulla di nulla. Il libro stava semplicemente lì, sembrava vecchio e sporco e addentato dai cani.
“Hai finito?” Chiese irritato Harry. “O vuoi aspettare e vedere se fa alcuni passi indietro?”
“Sembra a posto,” rispose Hermione, guardando il libro ancora sospettosa. “Io dico, che non sembra davvero essere… un libro di testo.”
“Bene. Allora lo posso riavere,” disse Harry, tirandolo via dal tavolo, ma gli cadde di mano e cascò aperto sul pavimento.
Nessun altro stava guardando. Harry si chinò per riprenderlo, e fu così che vide qualcosa scritto lungo il bordo del retro copertina nella stessa piccola scrittura stretta delle istruzioni con cui aveva vinto la bottiglia di Felix Felicis, ora al sicuro e nascosta in un vecchio paio di calzini nel suo baule in camera.
Questo libro è di proprietà del Principe Mezzosangue.
CAPITOLO DIECI
LA CASA DEI GAUNT
Per tutto il resto delle lezioni di Pozioni della settimana, Harry continuò a seguire le istruzioni del Principe Mezzosangue ogni volta che differivano da quelle di Libatius Borage, con il risultato che, in occasione della loro quarta lezione, Slughorn mostrò tutta la sua ammirazione per le capacità di Harry, affermando che raramente era stato l’insegnante di qualcuno così dotato. Né Ron, né tanto meno Hermione, erano contenti di questo. Benché Harry si fosse offerto di condividere il suo libro con entrambi, Ron mostrava maggiore difficoltà nel decifrare la calligrafia rispetto ad Harry, ed Harry non poteva certo leggere ad alta voce altrimenti sarebbe sembrato strano. Nel frattempo Hermione procedeva risolutamente con quelle che lei chiamava istruzioni “ufficiali”, diventando però sempre più irascibile quando portavano a risultati inferiori rispetto a quelli del Principe.Harry continuava, senza insistenza, a chiedersi chi fosse stato il Principe Mezzosangue. Nonostante la gran mole di compiti che avevano ricevuto gli avesse impedito di leggere l’intera copia di Pozioni Avanzate, lo aveva sfogliato abbastanza per notare che vi era appena una pagina sulla quale il Principe non aveva preso appunti, e che non tutti riguardavano le pozioni. Qua e là vi erano indicazioni per quelli che sembravano incantesimi che il Principe stesso aveva inventato.
“O lei stessa,” disse Hermione irritata, cogliendo alcune parole che Harry rivolgeva a Ron sabato sera nella sala comune. “Potrebbe essere stata una ragazza. Penso che la calligrafia assomigli più a quella di una ragazza che a quella di un ragazzo.”
“Era chiamato il Principe Mezzosangue,” disse Harry. “Quante ragazze sono state Principi?”
Hermione sembrava non avere una risposta a questa domanda. Aggrottò semplicemente la fronte e strappò via il suo componimento sui «Princípi della Smaterializzazione» da Ron che stava cercando di leggerlo alla rovescia.
Harry guardò l’orologio e, in tutta fretta, rimise la vecchia copia di Pozioni Avanzate nello zaino.
“Sono quasi le otto, farei meglio ad andare o sarò in ritardo da Silente”.
“Ooooh!” ansimò Hermione, alzando subito lo sguardo. “Buona fortuna! Ti aspetteremo, vogliamo ascoltare quello che ti ha insegnato!”
“Spero vada tutto bene,” disse Ron, ed entrambi lo guardarono uscire attraverso il buco del ritratto.
Harry camminava lungo i corridoi deserti, sebbene dovette fare frettolosamente un passo dietro una statua quando la Professoressa Cooman comparve da dietro l’angolo, borbottando tra sé e sé mentre mescolava un mazzo di carte da gioco sudice, che leggeva mentre camminava.
“Due di picche: conflitto” mormorava, mentre oltrepassava il luogo dove Harry si era accovacciato, nascosto. “Sette di picche: cattivo auspicio. Dieci di picche: violenza. Fante di picche: un giovane scuro, probabilmente nei guai, uno a cui non piace l’esaminatore…”
Si fermò di colpo, proprio al lato opposto della statua di Harry.
“Beh, non può essere vero,” disse, seccata, ed Harry la udì borbottare di nuovo energicamente mentre si muoveva nuovamente, lasciando dietro di sé nient’altro che un leggero odore di sherry scadente. Harry aspettò finché non fu quasi del tutto sicuro che fosse andata via, poi si affrettò di nuovo finché non raggiunse il luogo nel corridoio del settimo piano dove un unico gargoyle era ritto contro il muro.
“Pallini Acidi,” disse Harry e il gargoyle balzò di lato; il muro dietro ad esso scivolò via, e comparve una scala di pietra che si muoveva a spirale, sulla quale Harry saltò, così che venne trasportato senza scosse fin sulla porta con il battente d’ottone che portava direttamente all’ufficio di Silente.
Harry bussò.
“Avanti,” disse la voce di Silente.
“Buonasera, signore,” rispose Harry entrando nell’ufficio del preside.
“Ah, buonasera Harry. Siediti,” disse Silente, sorridendo. “Spero tu abbia trascorso una piacevole prima settimana dal ritorno a scuola”
“Si, grazie, signore,” disse Harry.
“Devi essere stato occupato, già una punizione!” “Ehm,” iniziò Harry goffamente, ma Silente non sembrava troppo rigido.
“Mi sono accordato con il Professor Piton perché tu sconti la punizione il prossimo sabato.”
“Bene,” disse Harry, che aveva faccende molto più urgenti in testa che la punizione di Piton, e adesso si guardava furtivamente intorno alla ricerca di qualche indizio che potesse aiutarlo a capire cosa Silente avesse in programma di fare con lui quella sera. L’ufficio circolare sembrava lo stesso di sempre. I delicati strumenti d’argento erano posati su tavolini con lunghe gambe sottili, emettendo sbuffi di fumo e ronzii. I ritratti dei vecchi presidi e direttrici sonnecchiavano nelle loro cornici, e la magnifica fenice di Silente, Fanny, era appollaiata sul trespolo dietro la porta, guardando Harry con chiaro interesse. Non sembrava affatto che Silente avesse fatto spazio per esercitarsi in duello.
“Allora, Harry,” disse Silente con tono più serio. “Sono sicuro che sarai curioso di sapere cosa ho programmato per te durante queste – non avendo modo migliore di chiamarle –
lezioni?”
“Si, signore.”
“Bene, ho deciso che sia tempo, ora che tu sai che cosa ha indotto Voldemort a cercare di ucciderti quindici anni fa, che tu venga a conoscenza di certe informazioni.”
Ci fu una pausa.
“Alla fine dell’ultimo trimestre, ha detto che mi avrebbe rivelato tutto,” disse Harry. Era difficile trattenere una nota di accusa nella voce. “Signore,” aggiunse.
“E così ho fatto,” disse Silente serenamente. “Ti ho detto tutto ciò che so. D’ora in avanti, dovremo abbandonare il solido fondamento dei fatti e viaggeremo insieme attraverso le putride paludi della memoria fino alla selva delle più sfrenate congetture. Da qui in avanti, Harry, io potrei essere tanto dolorosamente in errore quanto Humphrey Belcher, che credeva che i tempi fossero maturi per un calderone fatto di formaggio.”
“Ma lei crede di avere ragione?” chiese Harry.
“Naturalmente, ma come ti ho già dimostrato, commetto errori come chiunque. Infatti, essendo… perdonami… un po’ più esperto rispetto alla maggior parte degli uomini, i miei errori tendono ad essere relativamente più grandi.”
“Signore,” disse Harry esitante, “quello che sta per dirmi ha qualcosa a che fare con la profezia? Mi aiuterà a… sopravvivere?”
“Ha molto a che fare con la profezia,” disse Silente con estrema disinvoltura, come se Harry gli avesse chieste del tempo il giorno successivo, “e certamente spero che ti aiuterà
a sopravvivere.”
Silente si alzò e girò intorno al tavolo, oltre Harry, che si voltò impaziente sul posto per vedere Silente piegarsi verso l’armadietto accanto alla porta. Quando Silente si raddrizzò, teneva un basso catino di pietra dall’aria familiare con strani simboli incisi intorno al bordo. Silente pose il Pensatoio sul tavolo di fronte ad Harry.
“Sembri spaventato.”
Infatti Harry stava fissando il pensatoio con un po’ d’apprensione. Le sue precedenti esperienze con lo strano congegno che registrava e rivelava pensieri e ricordi, sebbene altamente istruttive, erano state anche spiacevoli. L’ultima volta che ne aveva toccato il contenuto, aveva visto molto più di quanto avrebbe desiderato. Ma Silente stava sorridendo.
“Questa volta entrerai nel pensatoio con me… e, ancora più eccezionalmente, con il permesso di farlo.”
“Dove stiamo andando, signore?”
“In viaggio giù per il sentiero che porta alla memoria di Bob Ogden,” disse Silente, tirando fuori dalla tasca una bottiglia di cristallo contenente una sostanza biancastra che girava vorticosamente.
“Chi era Bob Ogden?”
“Venne assunto dal Dipartimento di Applicazione della Legge Magica,” disse Silente. “È
morto qualche tempo fa, ma non prima che lo avessi rintracciato e convinto a confidarmi queste memorie. Lo seguiamo in una visita che fece nel corso dei suoi compiti. Se vuoi prepararti Harry…”
Ma Silente aveva una certa difficoltà nel togliere via il tappo dalla bottiglia di cristallo: la sua mano ferita sembrava irrigidita e dolorante.
“Vuole… vuole che provi io, Signore?”
“Non preoccuparti, Harry…”
Silente puntò la bacchetta sulla bottiglia, e subito il tappo scivolò via.
“Signore… come si è ferito la mano?” chiese ancora una volta Harry, guardando le dita annerite con un misto di disgusto e pietà.
“Adesso non è il momento di parlare di questo, Harry. Non ancora. Abbiamo un appuntamento con Bob Ogden.”
Silente versò l’argenteo contenuto della bottiglia nel Pensatoio, nel quale cominciò a girare vorticosamente e a luccicare, né liquido né gassoso. “Dopo di te,” disse Silente indicando la ciotola. Harry si piegò in avanti, prese un respiro profondo e immerse il viso nella sostanza argentea. Sentiva che i piedi abbandonare pian piano il pavimento dell’ufficio. Stava cadendo, precipitando nella turbinante oscurità e poi, improvvisamente, venne catapultato in un’abbagliante luce solare. Prima che i suoi occhi si fossero adattati a tale luce, Silente giunse accanto a lui.
Si trovavano in un sentiero di campagna delimitato da alte, aggrovigliate siepi d’arbusti, sotto un cielo estivo tanto azzurro quanto un non-ti-scordar-di-me. A dieci piedi da loro, circa, c’era un piccolo uomo grasso con occhiali talmente grandi che riducevano i suoi occhi a macchioline tipo nei. Stava leggendo una segnaletica di legno che spuntava dai rovi sul lato sinistro della strada. Harry sapeva che quest’uomo doveva essere Ogden. Era l’unico che vedeva ed inoltre indossava quello strano assortimento di vestiti molto spesso scelti da maghi inesperti che cercavano, in tutti i modi, di passare per babbani: in questo caso, Ogden indossava la giacca di un frac e ghette su un costume da bagno rigato tipo body. Prima ancora che Harry avesse avuto il tempo di memorizzare qualcosa di più che il suo aspetto bizzarro, Ogden si era mosso con passo veloce giù per il sentiero. Silente ed Harry lo seguirono. Mentre passavano la segnaletica di legno, Harry alzò lo sguardo ai due bracci. Su quello che puntava verso la via da cui provenivano era scritto:
“Great Hangleton, 5 miglia.” Il braccio che indicava la direzione presa da Ogden diceva
“Little Hangleton, 1 miglio.”
Percorsero un viottolo senza vedere niente di interessante, se non siepi d’arbusti, l’immenso cielo azzurro sopra di loro e l’elegante sagoma del frac di fronte a loro, poi il sentiero svoltò a sinistra e svanì declinando ripido giù per un pendio, cosicché ebbero un’improvvisa e inaspettata vista dell’intera vallata che si spiegava di fronte a loro. Harry riusciva a vedere un villaggio, indubbiamente Little Hangleton, posto tra due ripide colline, con la chiesa e il cimitero che si distinguevano nettamente. Attraverso la vallata, posta sul lato opposto del pendio, c’era una graziosa casa di campagna circondata da un grande prato verde e vellutato.
Ogden aveva iniziato a saltellare riluttante a causa del pendio bagnato. Silente allungò il passo ed Harry si affrettò per raggiungerlo. Pensava che Little Hangleton dovesse essere la loro ultima destinazione e si chiedeva, come nella notte in cui avevano incontrato Slughorn, perché dovessero avvicinarsi da una tale distanza. Ben presto, comunque, si rese conto che sbagliava a pensare che si stessero dirigendo al villaggio. Il sentiero voltò a destra e, girato l’angolo, videro il bordo del frac di Odgen svanire attraverso un buco nella siepe.
Silente ed Harry lo seguirono in un stretto e sporco sentiero delimitato da siepi ben più
alte e selvagge di quelle viste prima. Il percorso era tortuoso, pieno di sassi e buche, in pendenza proprio come l’altro, e sembrava dirigersi verso un insieme di alberi oscuri poco più sotto. ben presto il sentiero si schiudeva nel bosco, infatti, e Silente ed Harry si fermarono dietro ad Ogden, che si era fermato a sua volta e aveva estratto la bacchetta. Nonostante il cielo sereno, i vecchi alberi di fronte lanciavano ombre cupe, oscure e fredde, e ci volle qualche secondo prima che Harry riuscisse a scorgere la costruzione per metà nascosta tra tronchi ingarbugliati. Ad Harry sembrava uno strano posto da scegliere per una casa, o comunque una decisione piuttosto bizzarra quella di lasciar crescere tutti quegli alberi che non facevano altro che ostacolare tutta la luce e la vista della vallata sottostante. Si chiedeva se fosse disabitata. I muri erano coperti di muschio ed erano cadute così tante tegole dal tetto che vi erano travicelli ben visibili dappertutto. Tutto intorno crescevano ortiche, le loro estremità raggiungevano persino le imposte, anch’esse minuscole e piene di lerciume. Comunque, proprio mentre era arrivato alla conclusione che probabilmente nessuno avrebbe potuto viverci, una delle imposte venne spalancata con un vocio e ne uscì un leggero gocciolio di vapore o fumo, come se qualcuno stesse cucinando.
Ogden fece con calma qualche passo avanti e, sembrò ad Harry, che fosse piuttosto prudente. Mentre le ombre oscure degli alberi scendevano su di lui, si fermò nuovamente fissando la porta d’ingresso, su cui qualcuno aveva inchiodato un serpente morto. Subito dopo ci fu un mormorio e una sorta di scoppio, e un uomo vestito di stracci cadde dall’albero più vicino, atterrando in piedi proprio di fronte ad Ogden, che fece un balzo indietro così veloce che inciampò sulle code del suo stesso frac.
“Non sei il benvenuto.”
L’uomo che si trovava davanti a loro aveva folti capelli talmente sporchi che avrebbero potuto essere di qualsiasi colore. Gli mancavano alcuni denti. I suoi occhi erano piccoli e scuri e fissavano in direzioni opposte. Poteva quasi sembrare comico, ma non lo era affatto. Ciò che la sua vista generava era un senso di terrore ed Harry non poteva biasimare Ogden per aver fatto qualche passo indietro prima di iniziare a parlare.
“Ehm… buongiorno. Vengo dal Ministero della Magia…”
“Non sei il benvenuto.”
“Ehm… mi dispiace… ma credo di non riuscire a capirla,” disse nervosamente Ogden. Harry pensò che Ogden fosse estremamente confuso. Lui comprendeva benissimo le parole dello sconosciuto che agitava una bacchetta in una mano e un piccolo coltello sporco di sangue nell’altra.
“Tu lo capisci, ne sono sicuro, Harry?” disse con calma Silente.
“Si, naturalmente,” disse Harry, un po’ confuso. “Perché Ogden non riesce…?”
Ma come i suoi occhi scorsero di nuovo il serpente morto sulla porta, capì
improvvisamente.
“Sta parlando Serpentese?
“Molto bene,” disse Silente annuendo e sorridendo.
L’uomo vestito di stracci si stava avvicinando ad Ogden, coltello in una mano, bacchetta nell’altra.
“Guardi, ora…” iniziò Ogden, ma era troppo tardi: ci fu una sorta di scoppio e Ogden cadde a terra, stringendo il naso, mentre una disgustosa sostanza giallastra e appiccicosa gli schizzava tra le dita.
“Morfin!” disse forte una voce .
Un uomo anziano arrivò in gran fretta dal cottage, sbattendo la porta dietro di sé, cosicché il serpente morto oscillò in maniera alquanto patetica. Quest’uomo era più
piccolo del primo e stranamente proporzionato: le spalle erano molto larghe e le braccia oltremodo lunghe, tanto che, con i suoi occhi castano chiaro, i corti capelli aridi e il volto raggrinzito, dava l’idea di una vecchia potente scimmia. Si fermò accanto all’uomo col coltello, che adesso stava ridacchiando alla vista di Ogden per terra.
“È il Ministero?” chiese l’uomo più anziano, guardando giù verso Ogden.
“Esatto!” Disse Ogden incollerito, sfiorandosi il volto. “E lei, suppongo sia il signor Gaunt?”
“Si, sono io” disse Gaunt. “Ti ha colpito in faccia, vero?
“Si, mi ha colpito!” rispose bruscamente Ogden.
“Avrebbe dovuto avvisarci del suo arrivo, non crede?” disse Gaunt in maniera aggressiva.
“Questa è proprietà privata. Non può pretendere di poter passeggiare qui dentro senza aspettarsi che mio figlio si difenda.”
“Si difenda da cosa esattamente?” chiese Ogden, cercando di rialzarsi.
“Ficcanaso. Intrusi. Babbani e sporcizia del genere.”
Ogden si puntò la bacchetta al naso, da cui stava ancora fuoriuscendo una gran quantità
di un qualcosa che dava l’idea di pus giallo e subito il flusso si arrestò. Il signor Gaunt sibilò con l’angolo della bocca verso Morfin.
“Entra in casa. Non discutere.”
Questa volta, preparato, Harry riconobbe il Serpentese. Riusciva a capire non solo ciò
che veniva detto, ma distingueva anche il sibilo magico che era tutto ciò che Ogden poteva ascoltare. Morfin sembrava essere sul punto di ribattere ma, quando suo padre gli lanciò uno sguardo minaccioso, cambiò idea dirigendosi verso il cottage con una strana andatura traballante e sbattendosi dietro la porta principale, cosicché il serpente oscillò
tristemente un’altra volta.
“Sono qui per suo figlio, signor Gaunt,” disse Ogden, mentre puliva l’ultima macchia di pus dalla parte anteriore della giacca. “Quello era Morfin, non è vero?”
“Si, era Morfin,” disse con indifferenza l’anziano. “Lei è un purosangue?” chiese improvvisamente con tono aggressivo.
“Questo non c’entra,” rispose Ogden freddamente, ed Harry sentì crescere il suo rispetto per Ogden.
Apparentemente Gaunt la pensava diversamente. Lanciò uno sguardo obliquo a Ogden e mormorò con quello che voleva chiaramente essere un tono offensivo, “Adesso mi ci penso, ho visto nasi come il suo giù al villaggio.”
“Non ne dubito, se lascia mano libera ai suoi figli nel farli,” disse Ogden. “ Forse potremmo continuare questa conversazione dentro?”
“Dentro?”
“Si, signor Gaunt. Mi sembra di averglielo già detto. Sono qui per Morfin. Abbiamo mandato un gufo…”
“Non sopporto i gufi,” disse Gaunt. “ Non apro le lettere.”
“Allora non può certo lamentarsi del fatto di non aver avuto nessun preavviso della mia visita.” Disse aspramente Ogden. “Mi trovo qui a causa di una grave infrazione della legge magica, che ha avuto luogo qui nelle prime ore di questa mattina…”
“Va bene, va bene, va bene!” mugugnò Gaunt. “Entriamo in questa maledetta casa, allora, e che buon pro vi faccia!”
La casa sembrava avere tre minuscole stanze. Due porte portavano alla stanza principale, che fungeva da cucina e soggiorno insieme. Morfin era seduto su di una sudicia poltrona accanto al fuoco attorcigliando una vipera viva tra le grosse dita e cantandole in serpentese in tono sommesso:
“Sibila, sibila, piccola serpe,
striscia sul pavimento
fai la brava con Morfin
o ti inchioderà alla porta.”
Ci fu uno scalpiccio nell’angolo accanto alla finestra aperta, ed Harry si rese conto che c’era qualcun altro nella stanza, una ragazza il cui vestito grigio stracciato aveva esattamente lo stesso colore del sudicio muro di pietra dietro di lei. Si trovava in piedi accanto ad una pentola fumante posta su uno sporco fornello nero, e stava ciondolando accanto ad uno scaffale su cui vi erano pentole e padelle dall’aspetto squallido. I suoi capelli erano lisci e opachi, ed aveva un viso non particolarmente bello, pallido e piuttosto triste. I suoi occhi, come quelli del fratello, guardavano in due direzioni diverse. Sembrava un po’ più pulita dei due uomini, ma Harry pensò di non aver mai visto una persona dall’aspetto così sconfitto.
“Mia figlia, Merope,” disse Gaunt malvolentieri, mentre Ogden la guardava con sguardo indagatore.
“Buon giorno,” disse Ogden.
La ragazza non rispose, ma lanciò uno sguardo impaurito verso il padre e si voltò, continuando a riordinare le pentole sullo scaffale.
“Bene, signor Gaunt,” disse Ogden, “per andare dritto al punto, abbiamo ragione di credere che suo figlio, Morfin, abbia usato la magia di fronte ad un Babbano l’altra notte sul tardi.”
Ci fu un rumore fragoroso. Merope aveva fatto cadere una delle pentole.
“Raccoglila!” urlò Gaunt “Ecco, cibo sul pavimento come fanno alcuni sporchi Babbani, a che ti serve la bacchetta, inutile sacco di letame?”
“Signor Gaunt, per favore!” disse Ogden con voce sconvolta, mentre Merope, che aveva già raccolto la pentola, arrossì divenendo di un rosso scarlatto a chiazze, fece nuovamente cadere la pentola, tirò fuori lentamente la bacchetta dalla tasca, e la puntò
alla pentola mormorando un frettoloso e impercettibile incantesimo che lanciò la pentola dall’altra parte del pavimento, e la fece sbattere sul muro opposto rompendola in due. Morfin emise una sciocca risata. Gaunt urlò, “Riparala, inutile lunatica che non sei altro, riparala!”.
Merope inciampò attraversando la stanza ma prima che avesse il tempo di sollevare la bacchetta, Ogden aveva sollevato la sua dicendo fermamente “Reparo”. La pentola si aggiustò immediatamente.
Gaunt fissò per un momento Ogden come se stesse per urlargli contro, ma sembrò
pensarci meglio: al contrario, si prese gioco di sua figlia, “Per fortuna questo simpatico uomo del Ministero è qui, non è vero? Può darsi che ti porterà via dalle mie mani, può
darsi che non gli dispiacciano gli sporchi Magonò…”
Senza guardare nessuno o ringraziare Ogden, Merope raccolse la pentola da terra e la riportò con mani tremanti sullo scaffale. Poi rimase tranquilla con la schiena contro il muro tra la finestra sudicia e il fornello, come se non desiderasse nient’altro che sprofondare in quel muro di pietra e svanire nel nulla.
“Signor Gaunt,” iniziò di nuovo Ogden, “come le ho detto: la ragione della mia visita…”
“L’ho già ascoltata la prima volta!” scattò Gaunt. “E allora? Morfin ha dato a un Babbano quello che si meritava… cosa c’è di strano?”
“Morfin ha infranto la legge magica,” disse Ogden severamente.
“Morfin ha infranto la legge magica.” Gaunt imitò la voce di Ogden, facendola austera e cantilenante. Morfin ridacchiò di nuovo. “Ha dato una lezione ad uno sporco Babbano, è
illegale questo?”
“Si,” disse Ogden “mi dispiace, lo è.”
Tirò fuori un piccolo rotolo di pergamena dalla tasca e lo srotolò.
“E quella cos’è, adesso, la sua sentenza?” chiese Gaunt con voce sempre più stizzita.
“È una convocazione del Ministero per un’udienza…”
“Convocazione! Convocazione? Chi si crede di essere, per convocare mio figlio da qualche parte?”
“Sono il Capo della Squadra di Applicazione della Legge Magica,” disse Ogden.
“E lei crede che noi invece siamo feccia, vero?” urlò Gaunt avanzando ora verso Ogden, con un dito dall’unghia gialla e sporca puntato al suo petto. “Feccia che arriva di corsa non appena il Ministero gli dice di farlo? Ha la minima idea di con chi sta parlando, lei, sporco piccolo mezzosangue, ce l’ha?”
“Avevo l’impressione di stare parlando al Signor Gaunt,” disse Ogden, guardandolo con sospetto, ma restando fermo al suo posto.
“Esatto!” ruggì Gaunt. Per un momento Harry pensò che Gaunt stesse per fare un brutto gesto con la mano, ma poi si rese conto che stava mostrando ad Ogden l’orribile anello di pietra nera che portava sul dito medio, agitandolo davanti agli occhi di Ogden. “ Lo vede questo? Lo vede questo? Sa cos’è? Sa da dove viene? Per secoli è stato nella nostra famiglia, ecco da dove proveniamo, e completamente purosangue! Sa quanto mi è stato offerto per questo, con lo stemma di Peverell inciso sulla pietra?”
“Non ne ho davvero idea,” disse Ogden chiudendo gli occhi mentre l’anello scivolava a un pelo dal suo naso, “e questo non è pertinente, signor Gaunt. Suo figlio ha commesso…”
Con un urlo di rabbia, Gaunt corse verso sua figlia. Per una frazione di secondo Harry pensò che stesse per soffocarla mentre le mani le circondavano la gola; subito dopo, la stava trascinando verso Ogden tirandola per una catena che aveva intorno al collo.
“Lo vede questo?” Urlò ad Ogden, agitando un pesante medaglione d’oro, mentre Merope sputacchiava e respirava affannosamente.
“Lo vedo, lo vedo!” disse subito Ogden .
“Apparteneva a Serpeverde!” urlò Gaunt. “Apparteneva a Salazar Serpeverde! Noi siamo i suoi ultimi discendenti in vita, cosa ne dice di questo, eh?”
“Signor Gaunt, sua figlia!” disse Ogden allarmato, ma Gaunt aveva già mollato la presa; Merope vacillò lontano da lui, tornò al suo angolino massaggiandosi il collo e cercando di respirare.
“Quindi!” disse trionfalmente Gaunt, come se avesse appena risolto uno dei punti più
complicati al di là di ogni loro possibile lite. “Non si rivolga a noi come se fossimo sporcizia sotto le sue scarpe! Generazioni di purosangue , tutti maghi… più di quanto lei possa affermare, sono sicuro!”
E prese a sputare sul pavimento ai piedi di Ogden. Morfin ridacchiò ancora. Merope, rannicchiata accanto alla finestra, con la testa china e la faccia nascosta tra i lisci capelli, non diceva nulla.
“Signor Gaunt” disse ostinatamente Ogden, “Sono spiacente ma né i suoi antenati né io abbiamo niente a che fare con l’argomento in questione. Sono qui a causa di Morfin, di Morfin e del Babbano che ha avvicinato l’altra notte sul tardi. Le nostre informazioni” –
diede uno sguardo in basso al rotolo di pergamena – “affermano che Morfin ha compiuto un malocchio al Babbano in questione, causandogli un’orticaria al quanto dolorosa.”
Morfin se la rise.
“Sta zitto, ragazzo” ringhiò Gaunt in serpentese e Morfin fece silenzio di nuovo.
“E allora? Anche se lo avesse fatto?” disse Gaunt insolentemente ad Ogden, “Credo abbiate già provveduto a pulire la sporca faccia di Babbano che si ritrova, così come la sua memoria…”
“Non è questo il punto, non è vero, signor Gaunt?” disse Ogden. “Questo è stato un attacco ingiustificato su di un indifeso…”
“Ah, ho capito che era un amante dei Babbani dal primo momento che l’ho vista”, sogghignò Gaunt e sputò di nuovo sul pavimento.
“Questa discussione non ci sta portando da nessuna parte,” disse fermamente Ogden. “È
chiaro, dall’atteggiamento di suo figlio, che non prova alcun rimorso per quello che ha fatto.” Guardò nuovamente sul rotolo di pergamena. “Morfin si presenterà all’udienza il 14 settembre per rispondere dell’accusa di aver usato la magia davanti ad un Babbano e aver causato danni e dolori allo stesso Babb…”
Ogden si interruppe. Dalla finestra aperta entravano tintinnii, rumori di cavalli e forti voci che ridacchiavano. Evidentemente il tortuoso sentiero che portava al villaggio passava vicinissimo al boschetto che circondava la casa. Gaunt si bloccò allargando gli occhi e cercando di ascoltare. Morfin sibilò qualcosa e si voltò nella direzione da cui provenivano le voci con espressione bramosa. Merope alzò il capo. Harry notò che la sua faccia era diventata completamente bianca.
“Mio Dio, che pugno nell’occhio!” risuonò la voce di una ragazza, in maniera talmente chiara attraverso la finestra aperta che sembrava quasi si trovasse nella stanza con loro.
“Tuo padre non ha potuto sbarazzarsi di questo tugurio, Tom?”
“Non è nostro,” disse la voce di un ragazzo.” Tutto ciò che si trova nell’altro lato della valle appartiene a noi, ma quel cottage appartiene a un vecchio vagabondo di nome Gaunt, e ai suoi figli. Il figlio è quasi del tutto pazzo, dovresti ascoltare alcune delle storie che raccontano al villaggio…”
La ragazza rise. I tintinnii e i rumori diventavano sempre più forti. Morfin fece per alzarsi dalla poltrona. “Resta seduto” lo ammonì suo padre in Serpentese.
“Tom,” disse ancora la ragazza, così vicina da essere certamente accanto alla casa,
“Potrei sbagliarmi… ma qualcuno ha inchiodato un serpente su quella porta?”
“Buon Dio, hai ragione!” disse l’uomo. “Sarà stato il ragazzo, te l’ho detto che ha qualche rotella fuori posto. Non guardarlo, Cecilia, cara.”
I tintinni e i rumori adesso ritornavano ad essere deboli.
“«Cara»”, bisbigliò Morfin in Serpentese, guardando sua sorella. “«Cara», Così l’ha chiamata. Quindi è probabile che non ti voglia più.”
Merope era così bianca che Harry era sicuro che sarebbe svenuta da un momento all’altro.
“Di che si tratta?” disse rapidamente Gaunt in Serpentese passando con lo sguardo dal figlio alla figlia. “Di cosa stavi parlando, Morfin?”
“Le piace andare appresso a quel Babbano,” disse Morfin con un espressione crudele sulla faccia mentre fissava la sorella, che adesso sembrava terrificata. “Sempre in giardino quando passa, scrutandolo attraverso la siepe, non è vero? E la notte scorsa…”
Merope scosse la testa di scatto, implorando, ma Morfin andò avanti senza pietà,
“Sempre fissa alla finestra aspettando che tornasse a casa a cavallo, non è vero?”
“ Ferma alla finestra per guardare un Babbano?” disse con calma Gaunt. Tutti e tre i Gaunt sembravano aver dimenticato Ogden che li guardava disorientato e irritato per la nuova interruzione di incomprensibili sibili e stridii.
“È vero?” chiese Gaunt con voce implacabile, facendo un passo o due verso la ragazza sempre più terrorizzata. “Mia figlia… una purosangue discendente di Salazar Serpeverde… che muore di desiderio per un sudicio Babbano dal sangue sporco?”
Merope scosse freneticamente il capo, spingendosi quanto più poteva contro il muro, apparentemente incapace di parlare.
“Però io l’ho colpito, Padre!” ridacchiò Morfin. “L’ho colpito mentre passava e non sembrava più così carino con l’orticaria su tutto il corpo, vero, Merope?”
“Tu, piccola, disgustosa Magonò, tu, sporca piccola traditrice del tuo stesso sangue!”
ringhiò Gaunt perdendo il controllo, mentre afferrava la figlia per la gola. Sia Harry che Ogden urlarono “No!” nello stesso momento; Ogden alzò la sua bacchetta e urlò, “Relascio!”
Gaunt venne scagliato indietro, lontano da sua figlia; inciampò su di una sedia e cadde di schiena. Con un urlo di rabbia, Morfin si alzò con un balzo dalla sedia e corse verso Ogden, brandendo il suo coltello coperto di sangue e scoccando malefici indiscriminatamente dalla bacchetta.
Ogden scappò via per salvarsi la pelle. Silente indicò che dovevano seguirlo ed Harry obbedì, con l’eco delle grida di Merope ancora nelle orecchie.
Ogden sfrecciò lungo il percorso e giunse al sentiero principale, le mani sul capo, quando si scontrò con il maestoso cavallo castano cavalcato da un giovane coi capelli scuri molto carino. Sia lui che la bella ragazza che gli cavalcava accanto su un cavallo grigio risero alla vista di Ogden, che balzò via dal fianco del cavallo e riprese a correre, con il frac svolazzante, coperto di polvere dalla testa ai piedi, dirigendosi precipitosamente verso il sentiero.
“Credo sia abbastanza, Harry” disse Silente. Afferrò Harry dal gomito e lo trascinò via. Un momento dopo erano entrambi in volo leggeri nell’oscurità, fino a che non atterrarono, dritti in piedi, nell’ufficio di Silente illuminato ora dalla luce del crepuscolo.
“Cosa è accaduto alla ragazza nel cottage?” chiese subito Harry, mentre Silente accendeva qualche altra lampada con un colpo di bacchetta. “Merope, o qualunque sia il suo nome?”
“Oh, è sopravvissuta,” disse Silente risedendosi dietro il suo tavolo e indicando ad Harry di sedersi anche lui. “Ogden si è materializzato al Ministero ed è tornato in quindici minuti con alcuni rinforzi. Morfin e suo padre hanno tentato di opporsi, ma sono stati schiantati entrambi, allontanati dal cottage e, successivamente, condannati dal Wizengamot. Morfin, che aveva già un precedente per aver attaccato un Babbano, fu condannato a tre anni da scontare nella prigione di Azkaban. Orvoloson, che aveva ferito alcuni impiegati del ministero oltre ad Ogden, ricevette sei mesi.”
“Orvoloson?” ripeté Harry con stupore.
“Esatto,” disse Silente, sorridendo in segno di approvazione. “Sono felice di vedere che stai comprendendo.”
“Quel vecchio era…?”
“Il nonno di Voldemort, sì,” disse Silente. “Orvoloson, suo figlio Morfin, e sua figlia Merope, erano gli ultimi discendenti dei Gaunt, una famiglia di maghi molto antica, nota per una certa instabilità e violenza che si è ripetuta attraverso le generazioni a causa della loro abitudine di sposare i propri cugini. Una mancanza di facoltà mentali, unita a eccessive manie di grandezza, lasciano intendere che l’importante famiglia sia andata logorandosi sempre più per diverse generazioni, prima della nascita di Orvoloson. Lui, come hai visto, venne lasciato nello squallore e nella povertà più assoluta, con un temperamento pessimo, una gran quantità di arroganza e orgoglio, e un paio di oggetti di famiglia che custodiva gelosamente tanto quanto suo figlio e certamente molto più di sua figlia.”
“Quindi, Merope,” disse Harry inclinandosi in avanti sulla sedia e fissando Silente,
“Quindi Merope era… Signore, questo significa che lei era … la madre di Voldemort?”
“Sì”, disse Silente. “E da quello che è accaduto abbiamo anche avuto un’apparizione fugace del padre. Te ne sei accorto?”
“Il Babbano attaccato da Morfin? L’uomo a cavallo?”
“Davvero molto bene,” disse Silente, sorridendo. “Si, quello era Tom Riddle Senior, il Babbano di bell’aspetto che aveva l’abitudine di andare a cavallo oltre il cottage dei Gaunt e per il quale Merope Gaunt provava una segreta e ardente passione.”
“E finirono per sposarsi?” Disse Harry incredulo, incapace di immaginare che due persone tanto diverse si fossero innamorate.
“Credo tu stia dimenticando,” disse Silente “che Merope era una strega. Non credo che i suoi poteri magici si siano presentati al meglio quando era terrorizzata dal padre. Una volta che Orvoloson e Morfin furono al sicuro ad Azkaban, una volta che rimase sola e libera per la prima volta nella sua vita, allora, sono sicuro, sia stata in grado di dare libero sfogo alle sue abilità e abbia programmato la sua fuga dalla vita disperata che aveva condotto per diciotto anni.”
“Non ti viene in mente nessun metodo cui Merope sia potuta ricorrere per far si che Tom Riddle dimenticasse la sua compagna Babbana e si innamorasse invece di lei?”
“La maledizione Imperius?” Suggerì Harry. “O una pozione d’amore?”
“Molto bene. Personalmente credo che abbia usato una pozione d’amore. Sono sicuro che le sarà sembrata più romantica, e non penso abbia incontrato molte difficoltà, durante qualche calda giornata, quando Riddle stava cavalcando da solo, a convincerlo a prendere un bicchiere d’acqua. In tutti casi, pochi mesi dopo la scena a cui abbiamo appena assistito, il villaggio di Little Hangleton godeva di un tremendo scandalo. Puoi immaginare i pettegolezzi che cominciarono a circolare quando il figlio del signore del villaggio scappò con Merope, la figlia del vagabondo.”
“Ma lo shock degli abitanti del villaggio fu niente a confronto di quello di Orvoloson. Ritornò da Azkaban, sicuro di trovare la figlia al lavoro che aspettava il suo ritorno con un pasto caldo già pronto in tavola. Invece, trovò solo due centimetri di polvere e il suo biglietto d’addio, dove spiegava cosa aveva fatto.”
“Da quello che sono stato in grado di scoprire, egli non menzionò mai più il suo nome e da quel momento in poi non accennò più al fatto di avere una figlia. Lo shock per l’abbandono della figlia contribuì probabilmente alla sua scomparsa prematura… o forse semplicemente non aveva mai imparato a nutrirsi da solo. Azkaban aveva indebolito moltissimo Orvoloson, e non fece neanche in tempo a vedere tornare lo stesso Morfin al cottage.”
“E Merope? Lei… lei è morta, non è vero? Voldemort non venne cresciuto in un orfanotrofio?”
“Si, infatti,” disse Silente. “Dobbiamo certamente fare una gran quantità di supposizioni qui, benché credo non sia difficile dedurre cosa accadde. Vedi, pochi mesi dopo il loro matrimonio riparatore, Tom Riddle ritornò alla casa di Little Hangleton senza sua moglie. Ai vicini disse di essere stato tradito e preso in giro. Sono sicuro che quello che intendeva dire era di essere stato sotto un incantesimo che ora era svanito, benché molto probabilmente egli non osò usare queste precise parole per paura di essere considerato pazzo. Quando udirono cosa stava dicendo, comunque, gli abitanti del villaggio supposero che Merope avesse mentito a Tom Riddle fingendo di essere in attesa di un bambino, e che lui fu costretto a sposarla per questa ragione.”
“Ma lei ebbe il suo bambino.”
“Sì, ma non prima di un anno dal loro matrimonio. Tom Riddle la lasciò mentre era ancora incinta.”
“Cosa andò storto?” chiese Harry. “Perché la pozione d’amore non funzionò più?”
“Anche questa è un’ipotesi”, disse Silente, “ma io credo che Merope, che era profondamente innamorata di suo marito, non riuscì a sopportare l’idea di continuare a schiavizzarlo attraverso la magia. Credo che scelse di non dargli più la pozione. Forse, innamorata com’era, si era convinta che lui in cambio si sarebbe innamorato di lei. Può
darsi che pensasse che sarebbe rimasto per il bene del bambino. Se è andata così, si sbagliò su entrambi i fronti. Lui la lasciò, non la rivide mai più, e non si preoccupò mai di scoprire cosa fosse diventato suo figlio.”
Il cielo fuori era nero e le lampade dell’ufficio di Silente sembravano risplendere più di prima.
“Credo sia tutto per stasera, Harry,” disse Silente dopo un momento o due.
“Si, Signore,” disse Harry.
Si alzò, ma non andò via.
“Signore… è importante conoscere tutte queste cose sul passato di Voldemort?”
“Credo sia molto importante,” disse Silente.
“E… ha qualcosa a che fare con la profezia?”
“Ha tutto a che fare con la profezia”.
“Bene,” disse Harry, un po’ confuso, ma rassicurato al tempo stesso. Si voltò per andare, ma poi gli venne in mente un’altra domanda e si voltò indietro di nuovo. “Signore, ho il permesso di dire a Ron ed Hermione tutto ciò che mi ha detto?”
Silente prese in considerazione la proposta per un momento, poi disse, “Si, credo che il Signor Weasley e la signorina Granger abbiano dato prova di essere amici fidati. Ma Harry, devo però chiederti di dire loro di non rivelare niente di tutto ciò a nessuno. Non sarebbe una buona idea se circolassero informazioni su quanto so, o sospetto di sapere, sui segreti di Voldemort.”
“No, Signore, posso garantirle che lo dirò solo a Ron ed Hermione. Buona notte.”
Si voltò di nuovo, era quasi arrivato alla porta quando lo vide. Appoggiato su uno dei tavolini dalle lunghe gambe sottili che reggevano così tanti aggeggi d’argento dall’aspetto fragile, c’era un brutto anello d’oro incastonato con una grande pietra nera rotta.
“Signore” disse Harry fissandolo. “Quell’anello…”
“Si?” disse Silente.
“Lei indossava quell’anello quando siamo andati a trovare il Professor Slughorn quella notte.”
“Si.” Annuì Silente.
“Ma non è quello… Signore, non è lo stesso anello che Orvoloson Gaunt ha mostrato ad Ogden?”
Silente chinò la testa. “Esattamente lo stesso.”
“Ma come è arrivato…? Lo ha sempre avuto lei?”
“No, l’ho acquisito di recente,” disse Silente. “Proprio pochi giorni prima che venissi a prenderti a casa dei tuoi zii.”
“Allora deve essere stato intorno allo stesso periodo che si è ferito la mano, signore?”
“Circa quel periodo, si, Harry.”
Harry esitò. Silente stava sorridendo.
“Signore, come esattamente…?”
“È troppo tardi, Harry. Ascolterai la storia un’altra volta. Buona notte.”
“Buona notte, signore.
CAPITOLO UNDICI
HERMIONE DA’ UNA MANO
Come Hermione aveva previsto, i momenti liberi di quelli del sesto anno non erano ore di beato relax, come Ron si aspettava, ma tempo in cui tentare di rimanere al passo con la montagna di compiti che venivano loro assegnati. Non solo studiavano come se dovessero dare un esame ogni giorno, ma le stesse lezioni erano più esigenti di quanto lo fossero mai state prima. Harry riusciva a malapena a capire la metà di quanto spiegava loro la professoressa McGranitt in quei giorni. La stessa Hermione aveva dovuto chiederle di ripetere alcuni argomenti anche più di una volta. Incredibilmente, e con crescente risentimento di Hermione, la materia preferita di Harry era subito diventata Pozioni, per merito del Principe Mezzosangue.
Ora erano richiesti Incantesimi non verbali, e non solo in Difesa Contro le Arti Oscure, ma anche in Incantesimi e Trasfigurazione. In Sala Comune o all’ora dei pasti, Harry poteva vedere spesso compagni col volto congestionato e teso come se avessero abusato del Tu-Sai-Che di Fred e George. Sapeva anche, però, che in realtà si stavano sforzando per fare qualche incantesimo senza pronunciarne la formula ad alta voce. Era un sollievo poter uscire all’aperto verso le serre. In Erbologia erano alle prese con piante molto più
pericolose che mai ma, almeno, erano autorizzati ad imprecare ad alta voce se i Tentacoli Velenosi cercavano di colpirli furtivamente alle spalle.
Una conseguenza dell’enorme quantità di compiti e delle ore passate freneticamente a fare pratica con gli incantesimi non verbali fu che Harry, Ron ed Hermione non avevano avuto possibilità di trovare il tempo, fino a quel momento, per andare a visitare Hagrid. Lui non veniva più al tavolo degli insegnanti per i pasti, un cattivo presagio, e nelle rare occasioni in cui l’avevano incrociato nei corridoi o nei prati all’esterno, non erano misteriosamente riusciti a farsi notare o a raggiungerlo con i loro saluti.
“Dobbiamo andarci e spiegare,” affermò Hermione, adocchiando l’enorme sedia vuota di Hagrid al tavolo degli insegnanti durante la colazione il sabato mattina.
“Abbiamo le selezioni di Quidditch stamattina!” esclamò Ron. “E dovremmo anche far pratica di quell’incantesimo Aguamenti per Vitious! E poi, mi dici come facciamo? Come facciamo a dirgli che odiamo quella sua stupida materia?”
“Non è vero che la odiamo!” replicò Hermione
“Parla per te, io non ho dimenticato gli Schiopodi,” rispose Ron cupamente. “E posso anche farvi notare che abbiamo una facile scappatoia… L’avete sentito raccontare che continua ad andare da quell’idiota del suo fratellastro… noi saremmo dovuti andare ad insegnare a Grop il modo per allacciarsi le scarpe, se ci fossimo andati.”
“Odio il non poter parlare con Hagrid,” affermò Hermione un po’ turbata.
“Ci andremo dopo il Quidditch,” la rassicurò Harry. Anche a lui mancava Hagrid, per quanto, come Ron, pensava fosse meglio non avere non aver mai a che fare con Grop in vita loro. “Le selezioni potrebbero durare tutta la mattina, però, considerato il numero di persone che si è proposto.” Era un po’ nervoso nell’affrontare la sua prima difficoltà come Capitano. “Non capisco come mai la squadra sia così popolare in questo periodo.”
“Oh, ma va’, Harry,” sbottò Hermione, all’improvviso impaziente. “Non è il Quidditch ad essere popolare, sei tu! Non sei mai stato così interessante e, francamente, non sei mai stato nemmeno così desiderabile.”
Ron ingollò un pezzo enorme di aringa affumicata. Hermione gli rivolse uno sguardo sdegnoso prima di rivolgersi di nuovo ad Harry.
“Ora tutti sanno che avevi detto la verità, no? L’intero mondo magico ha dovuto ammettere che avevi ragione riguardo al ritorno di Voldemort e che veramente hai combattuto contro di lui due volte, negli ultimi due anni, riuscendo a sfuggirgli in entrambi i casi. Adesso, poi, tutti ti chiamano il «Prescelto»… be’, ancora non capisci perché la gente è affascinata da te?”
Harry sentì all’improvviso come se nella Sala Grande facesse molto caldo, benché il soffitto mostrasse ancora un cielo freddo e piovoso.
“E poi hai subito tutta quella persecuzione da parte del Ministero che cercava di farti passare per un malato di mente ed un bugiardo. Si vedono ancora i segni dove quella donna diabolica ti ha fatto scrivere con il tuo stesso sangue, e tu continui ancora a tenerti in disparte da tutta questa storia…”
“Anche su di me si vedono ancora i segni dove quei cervelli mi hanno attaccato al Ministero, guarda,” disse Ron, sollevando le maniche della divisa.
“E come se non bastasse, sei anche cresciuto di circa 30 centimetri durante l’estate,”
concluse Hermione ignorando Ron.
“Io sono alto,” proruppe Ron, senza che nessuno ci facesse caso.
I gufi postini arrivarono in quel momento, precipitandosi attraverso le finestre schizzate di pioggia, spruzzando tutti di goccioline d’acqua. Molti ricevevano più posta del solito: genitori ansiosi che desideravano contattare direttamente i loro figli e, allo stesso tempo, rassicurarli che tutto andava bene a casa. Harry non aveva ricevuto alcuna lettera dall’inizio del trimestre. Il suo solo corrispondente regolare ora era morto e, per quanto avesse sperato che Lupin potesse scrivergli ogni tanto, finora era rimasto deluso. Fu molto sorpreso, perciò, di vedere la sua candida Edvige volare in tondo in mezzo e tutti quei gufi bruni o grigi. Lei atterrò proprio di fronte a lui trasportando un grande pacco squadrato. Un attimo più tardi, un pacco identico atterrò di fronte a Ron, schiantandosi insieme al suo piccolo gufo esausto, Leotordo.
“Ah!” esclamò Harry aprendo l’involto fino a mettere in mostra la nuova copia di “Pozioni Avanzate” appena giunta dal Ghirigoro.
“Oh, bene,” disse Hermione deliziata. “Così adesso puoi restituire quella copia tutta segnata.”
“Sei pazza?” replicò Harry. “Mi tengo quello! Guarda, ho già pensato a tutto…”
Tirò fuori la vecchia copia di “Pozioni Avanzate” dalla cartella e colpì la copertina con la bacchetta mormorando “Diffindo!” La copertina si staccò. Ripeté la stessa cosa con il libro nuovo (Hermione guardava scandalizzata). Dopodichè scambiò le copertine e diede un colpetto ad entrambe dicendo “Reparo!”.
Con questo, la vecchia copia del Principe divenne come nuova e la freschissima copia avuta dal Ghirigoro sembrò essere quella di seconda mano.
“Restituirò a Slughorn la nuova. Non avrà nulla da lamentarsi, costa nove Galeoni.”
Hermione strinse le labbra con fare di rabbiosa disapprovazione, ma fu distratta da un terzo gufo che era atterrato davanti a lei con una copia della Gazzetta del Profeta. Lei aprì
il giornale rudemente ed esaminò la prima pagina.
“È morto qualcuno che conosciamo?” domandò Ron con voce volutamente noncurante. Ripeteva la stessa domanda ogni mattina, quando Hermione apriva il giornale.
“No, ma ci sono stati altri attacchi da parte di Dissennatori,” rispose Hermione. “E un arresto.”
“Eccellente, chi?” domandò Harry pensando a Bellatrix Lestrange.
“Stan Picchetto,” replicò Hermione.
“Cosa?” esclamò Harry sbalordito.
“«Stanley Picchetto, bigliettaio del Nottetempo, il popolare mezzo di trasporto del mondo magico, è stato arrestato con il sospetto di aver partecipato alle attività dei Mangiamorte. Il signor Picchetto, 21 anni, è stato preso in custodia dopo un’incursione nella sua casa di Clapham…»”
“Stan Picchetto un Mangiamorte?” disse Harry ricordando che erano passati tre anni da quando aveva incontrato quel ragazzo brufoloso per la prima volta. “Impossibile!”
“Può darsi che sia stato posto sotto la Maledizione Imperius,” suppose Ron pensoso. “Non si può mai dire.”
“Non sembra,” spiegò Hermione, che aveva continuato a leggere. “Qui dice che è stato arrestato perché gli hanno sentito raccontare alcuni piani segreti dei Mangiamorte in un pub.” Alzò lo sguardo rivelando sul volto un’espressione preoccupata. “Se fosse stato sotto la Maledizione Imperius, difficilmente sarebbe andato a spifferare in giro i loro piani, no?”
“Sembra che volesse far sembrare di essere più di quel che è,” disse Ron. “Non era quello che pretendeva di essere sul punto di diventare Ministro della Magia mentre cercava di far colpo su quella Veela?”
“Già, proprio lui,” confermò Harry. “Non so a che gioco stanno giocando nel prendere Stan sul serio.”
“Probabilmente vogliono dare l’impressione che stanno facendo qualcosa,” disse Hermione accigliata. “La gente è terrificata… lo sai che i genitori delle gemelle Patil le vogliono ritirare da scuola? Ed Eloise Midgeon si è appena ritirata. Il padre è venuta a prenderla la notte scorsa.”
“Cosa!” Scattò Ron, guardando Hermione con occhi stralunati. “Ma Hogwarts è più sicura delle loro case, per forza! Ci sono gli Auror, e tutti quegli incantesimi protettivi extra, e c’è
Silente!”
“Non credo che lui ci sia sempre,” fece notare Hermione molto tranquillamente mentre alzava lo sguardo verso il tavolo degli Insegnanti, oltre il bordo del Profeta. “Non l’hai notato? Il suo posto è stato vuoto almeno quanto quello di Hagrid, la scorsa settimana. Harry e Ron alzarono insieme lo sguardo verso il tavolo degli Insegnanti. La sedia del Preside era proprio vuota. Ora che ci pensava, Harry non aveva più visto Silente fin dalla loro lezione privata della settimana precedente.
“Credo che abbia lasciato la scuola per fare qualcosa con l’Ordine,” sussurrò Hermione.
“Voglio dire… sembra tutto così grave, no?”
Harry non rispose, ma sapeva che tutti e tre stavano pensando alla stessa cosa. Il giorno prima c’era stato un orribile incidente, ed Hannah Abbott era stata fatta uscire, durante la lezione di Erbologia, per essere informata del fatto che la madre era stata trovata morta. Non vedevano Hannah fin da allora.
Quando lasciarono il tavolo dei Grifondoro per dirigersi al campo di Quidditch, cinque minuti più tardi, sorpassarono Lavanda Brown e Calì Patil. Ricordando ciò che Hermione aveva detto riguardo al fatto che i genitori delle gemelle Patil volevano ritirarle da scuola, Harry non fu sorpreso di vedere le due, legate da grande amicizia, sussurrare tra di loro apparentemente affrante. Ciò che sorprese Harry fu che, appena Ron arrivò alla loro altezza, Calì subito sferrò a Lavanda una gomitata e Lavanda si guardò intorno e rivolse a Ron un ampio sorriso. Ron ammiccò verso di lei, poi sfoggiò un sorriso esitante. Il suo modo di camminare divenne in qualche modo più impettito. Harry resistette alla tentazione di scoppiare e ridere, ricordando che Ron si era trattenuto allo stesso modo quando aveva saputo che Malfoy gli aveva rotto il naso. Hermione, dal canto suo, sembrò
fredda e distante per tutto il tragitto verso lo stadio attraversando la fredda acquerugiola nebbiosa, e si diresse a cercare un posto in tribuna senza augurare a Ron buona fortuna. Come Harry aveva previsto, le selezioni durarono per la maggior parte della mattina. Metà della Casa del Grifondoro sembrava essersi radunata lì, da quelli del primo anno che tenevano strette alcune orribili vecchie scope della scuola, selezionate dal mucchio, fino ad alcuni del settimo anno che torreggiavano sugli altri con fare freddamente intimidatorio. Quest’ultimo gruppo comprendeva un robusto ragazzo dai capelli ispidi che Harry riconobbe immediatamente per averlo incontrato sull’ Hogwarts Express.
“Ci siamo incontrati sul treno, nello scompartimento del vecchio Sluggy,” disse questi confidenzialmente emergendo dal gruppo per stringere la mano ad Harry. “Cormac McLaggen, Portiere.”
“Non partecipasti alle selezioni dell’anno scorso, vero?” chiese Harry, notando quanto fossero ampie le spalle di McLaggen e pensando che potesse bloccare tutti e tre gli anelli senza neanche muoversi.
“Ero in infermeria quando ci furono le selezioni,” rispose McLaggen, con una certa tracotanza. “Avevo mangiato una libbra di uova di Doxy per scommessa.”
“Va bene,” replicò Harry. “Be’… se vuoi aspettare lì…” Indicò verso il bordo del campo, nei pressi di dove Hermione era seduta. Pensò di vedere un guizzo di irritazione passare sul viso di McLaggen e si chiese se si aspettasse di avere un trattamento di favore perché
entrambi favoriti del “vecchio Sluggy”.
Harry decise di cominciare con degli esercizi di base, chiedendo a tutti i candidati di dividersi in gruppi di dieci e di fare, in volo, un giro del campo. Questa si rivelò essere una buona decisione: il primo gruppo di dieci era composto da quelli del primo anno, e fu più che evidente che nessuno aveva mai volato a lungo precedentemente. Un solo ragazzino riuscì a restare in volo per più di pochi secondi, e ne restò così sorpreso che andò immediatamente a sbattere contro uno dei pali delle porte.
Il secondo gruppo era composto da dieci delle ragazze più insulse che Harry avesse mai conosciuto che, al fischio di Harry, l’unica cosa di cui furono capaci fu quella di mettersi a ridacchiare e ad abbracciarsi l’una con l’altra. Romilda Vane era una di queste. Quando disse loro di lasciare il campo, lo fecero con totale spensieratezza ed andarono a sedersi sulle panche dando fastidio a tutti gli altri.
Quelli del terzo gruppo si scontrarono tra di loro a metà del loro giro del campo. La maggior parte di quelli del quarto gruppo erano venuti senza scope. Quelli del quinto gruppo erano di Tassorosso.
“Se c’è qualcun altro che non è di Grifondoro,” ruggì Harry, che cominciava ad essere veramente infastidito, “se ne vada adesso, per favore!”
Ci fu una pausa, poi una coppia di piccoli Corvonero si allontanò correndo dal campo, con qualche sbuffo e qualche risata.
Dopo due ore, qualche protesta e diversi scoppi d’ira, tra cui uno che aveva provocato la rottura di una Comet Duecentosessanta e diversi denti rotti, Harry aveva trovato i tre cercatori: Katie Bell, che rientrava in squadra dopo un eccellente prova, una nuova scoperta di nome Demelza Robins, che aveva una speciale abilità a scansare i bolidi, e Ginny Weasley, che aveva volato magnificamente per tutta la prova e, in aggiunta, aveva segnato diciassette volte. Per quanto soddisfatto delle sue scelte, Harry aveva dovuto urlare fino a diventare rauco con tutti quelli che avevano protestato, e adesso stava affrontando la stessa battaglia con i Battitori scartati.
“La mia decisione definitiva è questa e se non ve ne andate dalla selezione dei Portieri vi faccio un maleficio,” urlò.
Nessuno dei battitori che aveva scelto aveva lo stesso talento di Fred e George, ma era abbastanza soddisfatto di loro: Jimmy Peakes, un ragazzo del terzo anno basso, ma dalle spalle ampie, era riuscito a far spuntare sulla nuca di Harry un bernoccolo grande come un uovo, per la ferocia con cui aveva colpito un bolide, e Ritchie Coote, che sembrava allampanato ma aveva un’ottima mira. Entrambi raggiunsero in panchina Katie, Demelza e Ginny per seguire la selezione dell’ultimo componente della squadra. Harry aveva volutamente lasciato per ultima la selezione del Portiere, sperando di avere uno stadio meno affollato e minore pressione sui concorrenti. Sfortunatamente, invece, si erano aggiunti agli spettatori tutti quelli che erano stati scartati ed un buon numero di persone che erano scese in ritardo dopo una lauta colazione, così lo stadio era più
affollato che mai. Harry diede uno sguardo a Ron, che aveva sempre avuto problemi a mantenere il sangue freddo. Harry aveva sperato che l’aver vinto la gara finale, l’anno precedente, lo avesse sbloccato, ma apparentemente non era così: Ron aveva assunto un tenue colorito verdastro.
Nessuno dei primi cinque aspiranti riuscì a parare più di due tiri ciascuno. Con gran disappunto di Harry, Cormac McLaggen riuscì a parare quattro tiri su cinque. Sull’ultimo, però, si mosse nella direzione completamente opposta, il pubblico rise e fischiò mentre McLaggen tornava a terra digrignando i denti.
Ron sembrava sul punto di svenire quando montò sulla sua Tornado Undici.
“Buona fortuna” gridò una voce dalle tribune. Harry lanciò uno sguardo aspettandosi fosse Hermione, ed invece si trattava di Lavanda Brown. Harry avrebbe voluto nascondere il viso tra le mani, come fece lei un attimo più tardi, ma considerò che come Capitano gli toccava mostrare un po’ di fermezza in più, e tornò a voltarsi per osservare la prova di Ron.
Non avrebbe dovuto preoccuparsi. Ron parò una, due, tre, quattro, cinque rigori tutti di fila. Deliziato, e trattenendosi a stento dall’unirsi alle acclamazioni della folla, Harry si voltò verso McLaggen per dirgli che, sfortunatamente, Ron l’aveva superato, ma trovò il volto arrossato di McLaggen a pochi centimetri dal suo. Fece un rapido passo indietro.
“Sua sorella non ha fatto un tiro serio,” disse McLaggen minaccioso. Aveva una vena che gli pulsava sulla tempia identica a quella che spesso Harry aveva scorto sulla tempia di zio Vernon. “Gli ha fatto fare una parata facile.”
“Stupidaggini,” replicò Harry con freddezza. “Era proprio quello che ha quasi mancato.”
McLaggen fece un passo verso Harry, che si irrigidì sul posto.
“Dammi un’altra possibilità.”
“No,” rispose Harry. “Hai fatto la tua prova. Ne hai parati quattro. Ron ne ha parati cinque. Il Portiere è Ron, ha vinto in modo corretto. Levati dai piedi.”
Per un momento ebbe l’impressione che McLaggen l’avrebbe picchiato, ma questi si accontentò di una smorfia maligna e se ne andò precipitosamente, brontolando all’aria fresca quelle che sembravano minacce.
Harry si voltò verso la sua nuova squadra che lo aspettava raggiante.
“Ben fatto,” disse con voce rauca. “Avete volato tutti veramente bene…”
“Sei stato magnifico, Ron!”
Questa volta si trattava veramente di Hermione che correva verso di loro dalle tribune. Harry vide Lavanda uscire dal campo a braccetto con Calì con il volto atteggiato ad un’espressione un po’ stizzita. Ron sembrava estremamente soddisfatto di se stesso ed ancora più alto del solito, quando si girò sorridendo verso la squadra e verso Hermione. Dopo aver fissato la data del loro primo allenamento completo per il giovedì successivo, Harry, Ron ed Hermione salutarono il resto della squadra e si diressero verso la capanna di Hagrid. Un sole sbiadito cercava di far capolino dalle nuvole, in quel momento, e finalmente aveva smesso di piovigginare. Harry si sentì terribilmente affamato. Sperava che, da Hagrid, ci fosse qualcosa da mangiare.
“Credevo di non riuscire a prendere il quarto tiro,” continuava Ron gongolando. “Un tiro insidioso di Demelza, l’avete visto, pieno di effetto…”
“Si, si, sei stato magnifico,” rispose Hermione un po’ distratta.
“Sono stato più bravo di quel McLaggen, in ogni caso,” insisté Ron con voce soddisfatta.
“Avete visto come si è tuffato nella direzione sbagliata al quinto tiro? Sembrava quasi essere sotto incantesimo Confundus…”
Con gran sorpresa di Harry, a queste parole Hermione arrossì istantaneamente. Ron non si accorse di nulla, era troppo occupato a descrivere ogni rigore parato in tutti i più
piccoli dettagli.
Il grande ippogrifo grigio, Fierobecco, era impastoiato di fronte alla capanna di Hagrid. Fece scattare il becco al loro avvicinarsi e rivolse la testa smisurata nella loro direzione.
“Oh cielo,” esclamò Hermione nervosamente. “È ancora alquanto spaventoso, vero?”
“Ma vai, lo hai cavalcato, no?” fece notare Ron. Harry si avvicinò ed accennò un inchino rivolto all’ippogrifo, senza interrompere il contatto visivo o ammiccare. Qualche secondo dopo, Fierobecco s’inchinò a sua volta.
“Come stai?” Gli chiese Harry a voce bassa, avvicinandosi ed accarezzandogli la testa piumata. “Ti manca? Ma qui stai bene con Hagrid, vero?”
“Ehi!” si udì urlare.
Hagrid aveva svoltato, a passi svelti, attorno l’angolo della sua capanna indossando un ampio grembiule a fiori e trasportando un sacco di patate. Il suo enorme segugio, Thor era alle calcagna; abbaiò sonoramente e balzò avanti.
“Stateci lontani da lui! Vi staccherà le dita… oh. Ci siete voi.”
Thor saltava attorno a Ron ed Hermione tentando di leccar loro le orecchie. Hagrid si fermò e li guardò per una frazione di secondo, poi si voltò e si precipitò in casa, sbattendo la porta dietro di sè.
“Oh cielo!” Esclamò Hermione affranta.
“Non ti preoccupare per lui,” disse Harry con decisione. Si diresse direttamente alla porta e bussò con forza.
“Hagrid! Apri, vogliamo parlarti!”
Dall’interno non giunse alcun suono.
“Se non apri la porta, la facciamo saltare in aria!” Intimò Harry, estraendo la bacchetta.
“Harry!” Esclamò Hermione scioccata. “Non puoi veramente…”
“Certo che posso!” rispose Harry. “Stai indietro…”
Prima che potesse aggiungere altro, però, la porta si apri di nuovo come Harry sapeva che sarebbe accaduto, e sulla soglia c’era Hagrid che li guardava torvo e sembrava, nonostante il grembiule a fiori, veramente minaccioso.
“Sono un insegnante!” Ruggì verso Harry. “Un insegnante, Potter! Come ti ci permetti di farci saltare la mia porta!”
“Mi dispiace, Signore,” rispose Harry, enfatizzando l’ultima parola mentre riponeva la bacchetta nella veste.
Hagrid sembrò frastornato.
“Da quando mi ci chiami «Signore», tu?”
“Da quando tu mi chiami «Potter»?”
“Oh, molto sveglio,” grugnì Hagrid. “Molto divertente. Vorresti farmela in barba a me, vero? Va bene, vienici dentro, tu ingrato piccolo…”
Borbottando cupamente, fece un passo indietro e li lasciò entrare. Hermione si infilò
dietro Harry sembrando alquanto spaventata.
“Be’?” proruppe Hagrid, irritato, appena Harry, Hermione e Ron si furono seduti attorno all’enorme tavolo di legno. Thor poggiò immediatamente la testa sulle ginocchia di Harry sbavandogli su tutto il vestito. “Di che ci si tratta? Dispiaciuti per me? Pensate che ci stia solo o chissà che?”
“No,” rispose Harry seccamente. “Volevamo vederti.”
“Ci sei mancato!” soggiunse Hermione tremando.
“Vi ci sono mancato, eh?” Sbuffò Hagrid. “E già. Giusto.”
Lui passeggiò in giro, brusco, mettendo in infusione il the nel suo enorme bollitore di rame, borbottando per tutto il tempo. Alla fine sbatté sul tavolo tre tazze, grandi quanto un secchio, piene di un the scuro come il mogano e un piatto dei suoi pasticcini duri come la pietra. Harry era talmente affamato che, nonostante conoscesse la cucina di Hagrid, questa volta ne prese uno.
“Hagrid,” iniziò Hermione timidamente quando lui si unì al gruppo sedendosi al tavolo e cominciando a pelare le patate con tale brutalità da suggerire che ogni tubero gli avesse fatto un’offesa personale, “avremmo voluto veramente continuare Cura delle Creature Magiche, sai.”
Hagrid sbuffò nuovamente. Ad Harry sembrò quasi come se provenisse da fantasmi racchiusi nelle patate, ed era profondamente grato del fatto che non fossero per la loro cena.
“Volevamo!” ripeté Hermione. “Ma nessuno di noi poteva inserirla nell’orario delle lezioni!”
“E già. Giusto,” disse Hagrid nuovamente.
Si sentì un bizzarro suono di qualcosa che sguazzava e si girarono per vedere da dove provenisse: Hermione si fece sfuggire un piccolo urlo e Ron balzò dalla sedia e si precipitò dall’altra parte del tavolo, lontano dal grosso barile che si trovava nell’angolo e che loro avevano notato a malapena. Era pieno di qualcosa che aveva l’apparenza di vermi lunghi trenta centimetri, che si contorcevano viscidi e bianchi.
“Cosa sono, Hagrid?” Chiese Harry, cercando di sembrare interessato anziché disgustato, mettendo via subito il suo pasticcino roccioso, però.
“Solo larve giganti,” rispose Hagrid.
“E quando cresceranno che…?” domandò Ron preoccupato.
“Non ci cresceranno proprio per niente,” rispose Hagrid. “Ce le ho prese per darcele da mangiare ad Aragog.”
Senza alcun preavviso, scoppiò in lacrime.
“Hagrid!” urlò Hermione alzandosi di scatto, correndo intorno al tavolo per il lato più
lungo per evitare il barile coi vermi, e abbracciandogli le spalle che sobbalzavano. “Che c’è?”
“Ci è… lui…” singhiozzò Hagrid, gli occhi scuri grondanti mente si asciugava il viso con il suo grembiule. “Ci si tratta… Aragog… penso che… ci stia per morire… C’è stato malato per tutta l’estate e non ci migliora… non so che farci se… se lui… ci siamo stati insieme per tanto tempo…”
Hermione gli diede dei colpetti sulla spalla, sembrando totalmente incapace di dire qualcosa. Harry immaginava come lei dovesse sentirsi. Aveva visto Hagrid presentare un selvaggio cucciolo di drago come se fosse un orsacchiotto di peluche, lo aveva visto cantare la ninna nanna a scorpioni giganti con pungiglioni e ventose per succhiare il sangue, lo aveva visto tentare di ragionare col suo brutale fratellastro gigante, ma questo era forse il più incomprensibile di tutti i suoi mostri: il gigantesco ragno parlante, Aragog, che aveva la tana nel profondo della Foresta Proibita e dal quale lui e Ron erano riusciti a scappare per il rotto della cuffia quattro anni prima.
“C’è… c’è qualcosa che possiamo fare?” chiese Hermione, ignorando le smorfie frenetiche di Ron e il suo scuotere la testa.
“Non credo ci possiamo nulla, Hermione,” gemette Hagrid, tentando di arrestare il flusso di lacrime. “Vedi, c’è che il resto della tribù… la famiglia di Aragog… ci stanno ad essere un po’ strani ora… un po’ agitati…”
“Sì, abbiamo visto un po’ di questo loro aspetto,” disse Ron sottovoce.
“… Non credo che ci sia sicuro per nessuno, tranne me, andarci vicino alla colonia al momento,” concluse Hagrid, soffiandosi il naso con forza nel grembiule ed sollevando lo sguardo. “Grazie per esserti offerta, però, Hermione… Ci significa molto…”
Passato questo momento, l’atmosfera parve notevolmente più serena, e per quanto né
Harry né Ron avessero mostrato alcuna intenzione di portare larve giganti come cibo per l’enorme ragno mortale, sembrò che Hagrid avesse assunto come dato di fatto che a loro sarebbe piaciuto poterlo fare, e tornò di nuovo ad essere se stesso.
“Ehm, ho sempre saputo che ci avreste trovato complicato di infilarmi nel vostro orario,”
disse con voce rauca, versando loro un altro po’ di the. “Anche se insistendoci per avere delle giratempo…”
“Non le avremmo avute,” rispose Hermione. “Abbiamo frantumato l’intero stock di giratempo del Ministero, quando siamo stati lì l’estate scorsa. Era riportato nella Gazzetta del Profeta.”
“Ah, be’ allora,” borbottò Hagrid. “Non c’era proprio modo che ci potevate farlo… Mi dispiace di… ce lo sapete… Sono stato dispiaciuto per Aragog… e mi ci domandavo, se la Professoressa Caporal ci fosse stata lei, voi…”
Al che tutti e tre affermarono categoricamente e falsamente che la Professoressa Caporal, che aveva sostituito Hagrid qualche volta, era stata un’insegnante pessima, con il risultato che, quando Hagrid li salutò al cadere del crepuscolo, sembrava molto più
allegro.
“Sto morendo di fame,” disse Harry appena la porta si fu chiusa alle sue spalle e si furono avviati si prati scuri e deserti. Aveva lasciato perdere con i pasticcini rocciosi dopo aver sentito un sinistro rumore di rottura provenire da uno dei suoi denti posteriori. “E
stasera ho anche la punizione con Piton, perciò non è che abbia molto tempo per la cena…”
Appena entrarono nel castello, scorsero Cormac McLaggen entrare nella Sala Grande. Dovette fare due tentativi per passare nella porta. La prima volta andò a sbattere contro lo stipite. Ron scoppiò semplicemente in una maligna risata sguaiata e lo seguì
velocemente nella Sala, ma Harry bloccò Hermione per un braccio e la tirò indietro.
“Cosa?” Iniziò Hermione sulla difensiva.
“Se qualcuno me lo chiedesse,” disse Harry pacatamente, “direi che McLaggen sembra proprio essere stato colpito da un incantesimo Confundus. E guarda caso aspettava proprio davanti al posto dov’eri seduta tu.”
Hermione arrossì.
“Oh, va bene allora, l’ho fatto,” sussurrò. “Ma avresti dovuto sentire cosa andava dicendo di Ron e Ginny! In ogni caso ha un carattere orribile, hai visto come ha reagito quando lo hai scartato… non avresti voluto un tipo come lui in squadra.”
“No,” ammise Harry. “No, Credo che tu abbia ragione. Ma non credi sia stata una cosa disonesta, Hermione? Voglio dire, sei un prefetto, no?”
“Oh, finiscila,” scattò lei quando lo vide sogghignare.
“Che fate voi due?” domandò Ron ricomparendo sulla soglia della Sala Grande con fare sospettoso.
“Niente,” risposero Harry e Hermione all’unisono, e si affrettarono dietro Ron. Il profumo di arrosto provocò una fitta allo stomaco affamato di Harry, ma non avevano fatto neanche tre passi verso il tavolo dei Grifondoro, che il Professor Slughorn si parò loro di fronte bloccando il cammino.
“Harry, Harry, proprio la persona che speravo di trovare!” disse amichevolmente a voce alta, giocherellando con la punta dei suoi baffi da tricheco e spremendo l’enorme ventre.
“Speravo di incrociarti prima di cena! Che ne diresti di venire nella mia stanza per un assaggio di zuppa, stanotte? Faremo una festicciola, giusto per le stelle emergenti, ho chiesto a McLaggen di venire, ed a Zabini, alla graziosa Melinda Bobbin… non so, la conosci? La sua famiglia possiede una grande catena di Farmacie… e, naturalmente, spero molto che anche la Signorina Granger voglia farmi l’onore di partecipare.”
Slughorn indirizzò ad Hermione un breve sguardo finendo di parlare. Era come se Ron non fosse presente. Slughorn non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
“Non posso venire, Professore,” rispose Harry immediatamente. “Sono in punizione con il Professor Piton.”
“Oh caro!” esclamò Slughorn con una comica faccia lunga. “Caro, caro, facevo conto su di te, Harry! Be’, adesso, giusto una parolina col Professor Piton per spiegare la situazione, e sono certo che riuscirò a persuaderlo a rimandare la tua punizione. Sì, ci vediamo dopo!”
Si affrettò fuori dalla Sala.
“Non ha alcuna possibilità di persuadere Piton,” affermò Harry appena Slughorn fu fuori dalla portata della voce. “Questa punizione è già stata rimandata una volta. Piton può
farlo per Silente, ma non credo che lo farebbe per chiunque altro.”
“Oh, vorrei che tu potessi venire, non voglio andarci da sola!” esclamò Hermione ansiosamente. Harry sapeva che stava pensando a McLaggen.
“Dubito che sarai sola, probabilmente avrà invitato anche Ginny,” disse Ron aspramente, in quanto sembrava non aver preso bene il fatto di essere stato ignorato da Slughorn. Finita la cena si diressero verso la torre del Grifondoro. La Sala Comune era molto affollata, come se molte persone avessero appena finito la cena, in ogni caso loro riuscirono a trovare un tavolo ed a sedersi. Ron, che era rimasto imbronciato fin dall’incontro con Slughorn, incrociò le braccia e alzò lo sguardo accigliato verso il soffitto. Hermione raccolse una copia del Profeta della Sera che qualcuno aveva abbandonato su una sedia.
“Novità?” chiese Harry.
“Proprio nulla…” Hermione aveva aperto il giornale e stava cercando nelle pagine interne.
“Oh, guarda, c’è tuo padre, Ron… sta bene!” aggiunse immediatamente notando lo sguardo allarmato di Ron. “Dice solo che è andato ad ispezionare casa Malfoy. «Questa seconda perquisizione alla residenza del Mangiamorte non sembra aver prodotto risultati. Arthur Weasley, dell’Ufficio per il Ritrovamento e la Confisca di Incantesimi Difensivi ed Oggetti Protettivi Contraffatti, ha detto che la sua squadra ha agito in base ad una soffiata riservata.»”
“Già, io!” esclamò Harry. “Gli parlai di Malfoy e dell’oggetto che voleva che Sinister riparasse mentre eravamo a King’s Cross! Be’, se non è a casa loro, qualunque cosa sia, potrebbe averla portata ad Hogwarts con sé…”
“Ma come avrebbe potuto fare, Harry?” chiese Hermione con uno sguardo meravigliato mentre riponeva il giornale. “Siamo stati tutti perquisiti all’arrivo, no?”
“Davvero?” domandò Harry, preso alla sprovvista. “Io no!”
“Oh no, certo che no, avevo dimenticato che sei arrivato in ritardo… be’, Gazza ci ha fatti scorrere addosso dei Sensori Segreti quando siamo entrati nell’Atrio. Qualsiasi oggetto Oscuro sarebbe stato trovato. Lo so per il fatto che a Tiger è stata confiscata una Testolina. Così, capisci, Malfoy non può aver introdotto nulla di pericoloso. Momentaneamente spiazzato, Harry osservò per un po’ Ginny Weasley giocare con Arnold, lo Pygmy Puff, prima di trovare un’obiezione valida.
“Qualcuno potrebbe averglielo mandato con un gufo, allora,” affermò. “Sua madre o qualcun altro.”
“Anche tutti i gufi vengono perquisiti,” rispose Hermione. “Lo ha detto Gazza mentre faceva passare quei Sensori Segreti ovunque potesse arrivare.”
Completamente sconcertato, stavolta, Harry non trovò nulla per obiettare. Apparentemente non c’era alcun modo in cui Malfoy avrebbe potuto introdurre a scuola un pericoloso oggetto Oscuro. Guardò speranzoso Ron che era seduto con le braccia conserte, sbirciando verso Lavanda Brown.
“Ti viene in mente in quale modo Malfoy…?”
“Oh, finiscila, Harry,” sbottò Ron.
“Ascolta, non è colpa mia se Slughorn ha invitato me ed Hermione a quella stupida festa, nessuno di noi due ci vuole andare, lo sai!” esclamò Harry infiammandosi.
“Be’, poiché non sono stato invitato a nessuna festa,” concluse Ron alzandosi, “penso proprio che me ne andrò a letto.”
Si diresse con decisione verso la porta del dormitorio dei ragazzi, lasciando Harry ed Hermione che lo fissavano.
“Harry?” lo chiamò la nuova cacciatrice, Demelza Robins, comparendogli improvvisamente alle spalle. “Ho un messaggio per te.”
“Dal Professor Slughorn?” chiese Harry speranzoso.
“No… dal Professor Piton,” rispose Demelza. Il cuore di Harry sprofondò. “Dice che devi andare al suo ufficio alle otto e mezza per la punizione… ehm… non importa quanti inviti a feste tu abbia ricevuto. E vuole che tu sappia che dovrai scegliere i Vermicoli marci da quelli buoni da usare in Pozioni e… dice anche che non ci sarà bisogno di portare guanti protettivi.”
“Va bene,” sospirò Harry sconsolato. “Mille grazie, Demelza.”