HARRY POTTER
E
IL PRINCIPE MEZZOSANGUE
DI
J.K. ROWLING
A Mackenzie,
la mia bellissima figlia,
dedico
il suo gemello di carta e inchiostro
CAPITOLO UNO
L’ALTRO MINISTRO
Era quasi mezzanotte e il Primo Ministro era seduto da solo nel suo ufficio, leggendo un lungo promemoria che gli scivolava nel cervello senza lasciare la minima traccia di significato dietro di sé. Aspettava la telefonata del Presidente di un paese molto lontano e, tra il chiedersi quando quello sciagurato avrebbe telefonato, e cercare di reprimere gli spiacevoli ricordi di quella che era stata una lunghissima settimana stancante e difficile, non c’era grande spazio nella sua testa per qualsiasi altra cosa. Quanto più cercava di concentrarsi sulle parole scritte nel foglio che aveva davanti, tanto più chiaramente il Primo Ministro poteva vedere l’espressione gongolante di uno dei suoi avversari politici. Questo particolare avversario era apparso nei telegiornali quello stesso giorno, non solo per elencare tutti i terribili fatti che erano accaduti nell’ultima settimana (come se qualcuno avesse bisogno di un promemoria) ma anche per spiegare minuziosamente come ogni singolo fatto fosse uno sbaglio del governo.
Il battito del Primo Ministro accelerò al solo pensiero di queste accuse, perché non erano né giuste, né vere. Per quale ragione al mondo il governo avrebbe potuto fermare il crollo di quel ponte? Era offensivo per chiunque insinuare che non investivano abbastanza denaro nei ponti. Il ponte aveva meno di dieci anni e i migliori esperti erano perplessi nello spiegare per quale motivo si era spezzato nettamente in due, facendo precipitare una dozzina di auto nelle profonde acque del fiume sottostante. E come osava qualcuno insinuare che era la scarsità di poliziotti ad aver causato quei due sgradevoli e ben pubblicizzati omicidi? O che il governo avrebbe dovuto in qualche modo prevedere lo strano uragano nell’ovest del paese che aveva causato così tanti danni alle cose e alle persone? Ed era stato per colpa del governo che uno dei suoi assistenti, Herbert Chorley, aveva scelto proprio quella settimana per comportarsi in modo così strano da dover tornare a trascorrere molto più tempo con la sua famiglia?
“Un triste stato d’animo ha colpito il paese,” aveva concluso l’avversario, nascondendo a mala pena il suo largo sorriso.
E sfortunatamente, questo era esattamente vero. Il Primo Ministro si sentiva così; le persone veramente sembravano più tristi del solito. Perfino il tempo era deprimente; tutta questa nebbiolina fredda a metà luglio… Non era giusto, non era normale…
Voltò la seconda pagina del promemoria, vide quanto era andato avanti e lo relegò come compito sgradevole. Allungando le braccia sopra la testa girò tristemente lo sguardo su tutto il suo ufficio. Era una bella stanza, con un raffinato camino di marmo di fronte alla lunga finestra a ghigliottina, saldamente chiusa come riparo dall’insolito freddo. Con un leggero brivido, il Primo Ministro si alzò e si avvicinò alla finestra, guardando la leggera nebbiolina che premeva sul vetro. Fu allora, mentre stava in piedi dando le spalle alla stanza, che sentì un delicato colpo di tosse alle sue spalle.
Raggelò, naso contro naso con la sua immagine impaurita riflessa sul vetro scuro. Conosceva quella tosse. L’aveva già sentita prima. Si voltò molto lentamente verso la stanza vuota.
“Si?” chiese, cercando di sembrare più coraggioso di come si sentiva. Per un breve momento si concesse l’assurda speranza che nessuno gli avrebbe risposto. Tuttavia, subito una voce rispose, una voce nitida, decisa, che dava l’impressione di leggere un discorso preparato. Proveniva – come il Primo Ministro aveva capito al primo colpo di tosse – da un omino simile ad una rana che indossava una lunga parrucca d’argento e che era raffigurato in una piccola, sudicia pittura ad olio posta nell’angolo più
lontano della stanza.
“Al Primo Ministro dei Babbani. Urge un incontro. Prego rispondere immediatamente. Cordialmente, Caramell.”
L’uomo del ritratto guardò interrogativamente il Primo Ministro.
“Ehm,” disse il Primo Ministro, “senta… Non è un buon momento per me… Sto aspettando una telefonata, capisce… dal Presidente di…”
“Questo può essere sistemato,” disse il ritratto immediatamente. Il cuore del Primo Ministro perse un colpo. Era molto impaurito.
“Ma davvero spererei proprio di parlare…”
“Possiamo fare in modo che il Presidente si dimentichi di chiamare. Telefonerà invece domani notte,” disse l’omino. “Per cortesia risponda immediatamente al signor Caramell.”
“Io… oh… molto bene,” disse debolmente il Primo Ministro. “Sì, vedrò Caramell.”
Si precipitò dietro alla scrivania, raddrizzando la cravatta mentre correva. Aveva appena ripreso il suo posto e assunto un’espressione che sperava fosse disinvolta e non impressionata, quando delle luminose fiamme verdi presero vita nel vuoto focolare del caminetto di marmo. Osservava, cercando di non lasciar trapelare un moto di sorpresa o timore, quando un uomo corpulento apparve tra le fiamme, ruotando velocemente come una trottola. Alcuni secondi più tardi era atterrato su un raffinato tappeto antico, spazzando via la cenere dalle maniche del suo lungo mantello gessato, una bombetta verde acido in mano.
“Ah… Primo Ministro,” disse Cornelius Caramell, avanzando a grandi passi verso di lui con la mano tesa. “Felice di rivederla.”
Il Primo Ministro non poteva onestamente ricambiare questo complimento, così non disse assolutamente nulla. Non era neppure lontanamente contento di rivedere Caramell, le cui occasionali apparizioni, oltre ad essere veramente allarmanti da sole, di solito significavano che era sul punto di ascoltare delle bruttissime notizie. Caramell, inoltre, appariva decisamente logorato dalle preoccupazioni. Era più magro, più calvo, più grigio e il suo volto aveva uno sguardo spento. Il Primo Ministro aveva visto quello sguardo in altri uomini politici prima d’ora, e non aveva mai preannunciato niente di buono.
“Come posso aiutarla?” chiese, stringendo molto velocemente la mano di Caramell e indicando la sedia più dura di fronte alla scrivania.
“È difficile sapere da dove iniziare,” borbottò Caramell, avvicinando la sedia, sedendosi e posando la bombetta verde sulle ginocchia. “Che settimana, che settimana…”
“Ne ha avuta una terribile anche lei?” chiese freddamente il Primo Ministro, sperando di far capire che ne aveva già avute abbastanza senza bisogno di un aiuto extra da parte di Caramell.
“Sì, certo,” rispose Caramell, strofinando stancamente gli occhi e guardando cupamente il primo Ministro. “Ho avuto una settimana uguale alla sua, Primo Ministro. Il ponte di Brockdale… gli omicidi di Bones e Vance… per non parlare della confusione nell’ovest del paese…”
“Lei… ehm… i suoi… voglio dire, qualcuno della sua gente è… è coinvolto in questi…
questi fatti?”
Caramell fissò il Primo ministro con uno sguardo piuttosto severo. “Certo che lo è,” disse,
“avrà senza dubbio capito cosa sta succedendo?”
“Io…” balbettò il Primo Ministro.
Era proprio quell’atteggiamento a rendere così spiacevoli le visite di Caramell. Dopo tutto era il Primo Ministro e non gradiva essere trattato come uno studente ignorante. Ma indubbiamente, era stato così sin dal suo primissimo incontro con Caramell nella sua primissima sera come Primo Ministro. Ricordava come fosse ieri e sapeva che lo avrebbe ricordato fino alla morte.
Se ne stava solo, in quello stesso ufficio, assaporando il trionfo che alla fine era arrivato dopo tanti anni di sogni e macchinazioni, quando aveva sentito un colpo di tosse dietro di lui, proprio come poco prima, e si era girato per scoprire che quel piccolo orribile ritratto gli stava parlando, annunciando che il Ministro della Magia stava per arrivare e presentarsi.
Naturalmente, aveva pensato che la lunga campagna e la tensione delle elezioni l’avessero fatto impazzire. Era rimasto completamente terrificato trovando un ritratto che gli parlava, comunque questo era niente rispetto a quello che aveva provato quando un tizio, che diceva di essere un mago, era uscito dal caminetto e gli aveva stretto la mano. Era rimasto senza parole durante tutta la cortese spiegazione di Caramell sul fatto che esistevano tuttora, in tutto il mondo, maghi e streghe che vivevano in segreto e lo rassicurava che non l’avrebbe importunato riguardo a questo, poiché il Ministro della Magia era responsabile dell’intera comunità magica e faceva sì che i non maghi non avessero sentore di ciò. Era, disse Caramell, un compito difficile che comprendeva ogni cosa dalle leggi per un uso responsabile del manico di scopa al tenere sotto controllo i draghi (il primo ministro ricordava a questo punto di essersi appoggiato alla scrivania per un sostegno). Caramell aveva poi dato un colpetto quasi paterno sulla spalla dell’ancora ammutolito Primo Ministro.
“Non si preoccupi,” aveva detto, “è molto probabile che non mi vedrà più. L’importunerò
solo se succederà qualcosa di grave, qualcosa che potrebbe interessare i babbani – i non maghi, voglio dire. Altrimenti, vivi e lascia vivere. E devo dire, che la sta prendendo molto meglio del suo predecessore. Cercò di scaraventarmi fuori dalla finestra, credendo che fossi uno scherzo dell’opposizione.”
A queste parole, il Primo Ministro aveva per lo meno ritrovato la voce. “Lei… lei non è uno scherzo, allora?”
Era stata la sua ultima, estrema speranza.
“No,” rispose Caramell gentilmente. “No, mi dispiace ma non lo sono. Guardi.”
E aveva trasformato la tazza da the del Primo Ministro in un criceto.
“Ma,” aveva detto il Primo Ministro senza fiato, guardando la tazza masticare l’angolo del suo prossimo discorso, “ma perché… perché nessuno me l’ha detto…?”
“Il Ministro della Magia rivela se stesso – o se stessa solo al Primo Ministro Babbano in carica,” aveva risposto Caramell, riponendo la bacchetta nella giacca. “Lo riteniamo il modo migliore per mantenere la segretezza.”
“Ma allora,” aveva balbettato il Primo Ministro, “perché l’ex primo Ministro non mi ha avvisato…?”
A queste parole, Caramell era proprio scoppiato a ridere.
“Mio caro Primo Ministro, lei andrebbe mai a dirlo a qualcuno?”
Ancora ridacchiando, Caramell aveva gettato della polvere nel caminetto, era entrato nelle fiamme smeraldine ed era svanito in un sibilo. Il Primo Ministro era rimasto fermo, completamente immobile, e si era reso conto che non avrebbe mai potuto, per tutta la vita, osare accennare a questo incontro ad anima viva, perché chi, in tutto il mondo, gli avrebbe creduto?
Aveva impiegato un po’ di tempo per riprendersi dallo shock. Per un po’, aveva cercato di convincersi che Caramell era stato nient’altro che un’allucinazione dovuta alla mancanza di sonno nel corso della faticosa campagna elettorale. In un vano tentativo di sbarazzarsi di tutti i ricordi di questo spiacevole incontro, aveva donato il criceto ad una contentissima nipotina e ordinato al suo segretario privato di rimuovere il ritratto dell’uomo disgustoso che aveva annunciato la venuta di Caramell. Comunque, con grande sgomento del Primo Ministro, era stato impossibile rimuovere il ritratto. Dopo che vari falegnami, uno o due capomastri, uno storico dell’arte e il Cancelliere dello Scacchiere avevano tutti cercato inutilmente di strapparlo dal muro, il Primo Ministro aveva abbandonato il tentativo e si era semplicemente risolto a sperare che le cose rimanessero ferme e silenziose per il resto del suo mandato. Ogni tanto avrebbe giurato di aver visto, con la coda dell’occhio, l’occupante del quadro sbadigliare o, forse, darsi una grattatina al naso; addirittura, una o due volte, semplicemente uscire dalla cornice e lasciare dietro di sé nient’altro che una distesa di scuro e fangoso canovaccio di tela. Comunque, si era abituato a non guardare molto a lungo il quadro e, sempre, per dirsi con fermezza che gli occhi l’avevano tratto in inganno quando qualcosa del genere era capitato.
Poi, tre anni dopo, in una notte come questa, il Primo ministro era da solo nel suo ufficio quando il ritratto gli aveva annunciato l’imminente arrivo di Caramell che era sbucato fuori dal caminetto, bagnato fradicio e in uno stato di considerevole agitazione. Prima ancora che il Primo Ministro potesse chiedere perché stava gocciolando sul suo Axminster, Caramell aveva iniziato a farneticare di una prigione che il Primo Ministro non aveva mai sentito nominare, di un uomo chiamato “Serious” Black, di qualcosa che assomigliava a “Hogwarts” e di un bambino chiamato Harry Potter, tutte cose che non avevano il più remoto significato per il Primo Ministro.
“… sono appena arrivato da Azkaban,” aveva ansimato Caramell versando, in una tasca, una grande quantità d’acqua dall’orlo della bombetta. “In mezzo al Mare del Nord, sa, un volo cattivo… i Dissennatori sono in subbuglio” – rabbrividì – “non avevano mai subito un’evasione finora. Ad ogni modo, dovevo venire da lei, Primo Ministro. Black è un noto assassino di babbani e potrebbe aver intenzione di raggiungere Tu-Sai-Chi… Ma naturalmente, lei non ha mai saputo chi sia Tu-Sai-Chi!” Aveva fissato il Primo Ministro senza speranza per un momento, poi aveva detto, “Bene, sediamoci, sediamoci, è meglio che le faccia un riassunto… Prenda del whisky…”
Il Primo Ministro si risentì abbastanza di essere invitato a sedersi nel suo ufficio e che gli venisse offerto il suo stesso whisky, ma nonostante ciò si sedette. Caramell estrasse la bacchetta, evocando dal nulla due grandi bicchieri pieni di un liquido ambrato, ne spinse uno nella mano del Primo Ministro e tirò a sé una sedia.
Caramell aveva parlato più di un’ora. Ad un certo punto, si era rifiutato di dire un determinato nome a voce alta e l’aveva invece scritto su un pezzo di pergamena, che aveva ficcato nella mano priva di whisky del Primo Ministro. Quando alla fine Caramell si era alzato per andarsene, anche il primo Ministro si era alzato in piedi.
“Così lei pensa che…” Aveva dato un’occhiata al nome stretto nella sua mano sinistra.
“Lord Vol…”
“Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato!” aveva ringhiato Caramell.
“Mi scusi… Lei pensa che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sia ancora vivo, quindi?”
“Beh, Silente lo dice,” rispose Caramell, mentre chiudeva il mantello gessato fino al mento, “ma non l’abbiamo mai trovato. Mi creda, non è pericoloso finché non ha un aiuto, quindi è di Black che dobbiamo preoccuparci. Lancerà questo allarme, allora?
Perfetto. Bene, spero di non doverla rivedere un’altra volta, Primo Ministro! Buona notte.”
Ma si erano incontrati ancora un’altra volta. Meno di un anno prima un Caramell dall’aspetto afflitto era apparso dal nulla nel gabinetto per informare il Primo Ministro che c’era stata una fastidiosa seccatura alla Coppa del Mondo di Kwiddich (o qualcosa che suonava allo stesso modo) e che alcuni babbani erano rimasti “coinvolti”, ma il Primo Ministro non doveva preoccuparsi, il fatto che il marchio di Tu-Sai-Chi fosse apparso di nuovo, non significava nulla. Caramell era sicuro che si trattasse di un incidente isolato e l’Ufficio per le Relazioni coi Babbani si stava occupando di tutte le modifiche della memoria mentre loro parlavano.
“Oh, e quasi dimenticavo,” aveva aggiunto Caramell. “Stiamo importando tre draghi stranieri e una sfinge per il Torneo Tremaghi, davvero una routine, ma il Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche mi ha detto che è scritto nel trattato che dobbiamo avvisarla nel caso di importazione di creature altamente pericolose.”
“Io… che cosa… draghi?” farfugliò il Primo Ministro.
“Sì, tre,” rispose Caramell. “E una sfinge. Bene, buona giornata a lei.”
Il Primo Ministro aveva sperato al di là di ogni speranza che i draghi e la sfinge fossero la cosa peggiore, ma non era stato così. Meno di due anni dopo, Caramell era schizzato fuori dal camino ancora una volta, questa volta con la notizia che c’era stata una evasione di massa da Azkaban.
“Un’evasione di massa?” aveva ripetuto con voce rauca il Primo Ministro.
“Non c’è bisogno di preoccuparsi, non c’è bisogno di preoccuparsi!” aveva urlato Caramell, già con un piede nelle fiamme. “Li riuniremo in un attimo… pensavo solo che dovesse saperlo!”
E prima che il Primo Ministro potesse gridare, “Ora, aspetti solo un momento!” Caramell era svanito in una pioggia di scintille verdi.
Qualsiasi cosa potesse dire la stampa e l’opposizione, il Primo Ministro non era uno sciocco. Non gli era sfuggito che, nonostante le promesse di Caramell al loro primo incontro, si erano incontrati un sacco di volte, né che Caramell diventava sempre più
agitato ad ogni visita. Le poche volte che aveva avuto il piacere di pensare al Ministro della magia (o, come spesso chiamava Caramell nella sua testa, l’Altro Ministro), il Primo Ministro non poteva che temere che, la prossima volta in cui Caramell sarebbe apparso, l’avrebbe fatto con notizie ancora più gravi. Perciò, la scena di Caramell che scendeva ancora una volta dal camino, con l’aspetto arruffato e nervoso e severamente sorpreso che il Primo Ministro non avesse capito perché esattamente fosse lì, era pressappoco la cosa peggiore che gli era capitata nel corso di quella eccezionalmente deprimente settimana.
“Come posso sapere cosa sta succedendo nella… ehm… comunità magica?” sbottò
subito il Primo Ministro. “Ho un paese da gestire e preoccupazioni sufficienti al momento senza…”
“Abbiamo le stesse preoccupazioni,” lo interruppe Caramell. “Il ponte di Brockdale non è
collassato. Non c’è stato veramente un uragano. E la famiglia di Herbert Chorley sarà più
al sicuro senza di lui. Al momento stiamo dando disposizioni perché sia trasferito all’Ospedale di San Mungo per le Malattie e le Ferite Magiche. Il trasferimento dovrebbe essere effettuato stanotte.”
“Cosa state… Mi scusi io… Che cosa?” si infuriò il primo ministro.
Caramell prese un grande, profondo respiro e disse, “Primo Ministro, sono veramente spiacente di dirle che è tornato. Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è tornato.”
“Tornato? Quando dice «tornato»… è vivo? Voglio dire…”
Il Primo Ministro cercò di ricordare i dettagli di quell’orribile conversazione di tre anni prima, quando Caramell gli aveva raccontato di un mago che tutti temevano, un mago che aveva commesso migliaia di terribili crimini prima della sua misteriosa scomparsa quindici anni prima.
“Sì, vivo,” rispose Caramell. “Questo se… non lo so… un uomo può dirsi vivo se non può
essere ucciso? Io non lo capisco completamente, e Silente non si spiega fino in fondo…
tuttavia, ha sicuramente un corpo e cammina e parla e uccide, così, suppongo, per lo scopo della nostra discussione, sì, è vivo.”
Il Primo Ministro non sapeva cosa rispondere ma, per una lunga abitudine di voler apparire ben informato su ogni argomento che si presentava, cercò di ricordare ogni dettaglio delle precedenti conversazioni.
“Serious Black è con… ehm… Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?”
“Black? Black?” rispose Caramell distrattamente, rigirando rapidamente la bombetta tra le dita. “Intende Sirius Black? Per la barba di Merlino, no. Black è morto. È venuto fuori che eravamo… ehm… in errore riguardo a Black. Dopo tutto era innocente. E non era nemmeno in combutta con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Voglio dire,” aggiunse sulla difensiva, ruotando ancora più velocemente la bombetta, “tutte le prove… avevamo più di quindici testimoni oculari… ma in ogni caso, come ho detto, è morto. Assassinato, in verità. Nel Ministero della Magia. Effettivamente, è in corso una indagine…”
Con sua grande sorpresa, a queste parole il Primo Ministro sentì un lieve moto di compassione per Caramell. Fu, comunque, offuscato quasi immediatamente da un moto di compiacimento al pensiero che, nonostante fosse lui stesso ignorante in materia di materializzazioni fuori da un caminetto, non aveva mai avuto un assassinio in uno dei suoi dipartimenti mentre era in carica… Non ancora, comunque…
Mentre il Primo Ministro toccava furtivamente il ferro della sua scrivania, Caramell continuò, “Ma Black è fuori discussione ora. Il punto è, Primo Ministro, che siamo in guerra e devono essere presi dei provvedimenti.”
“In guerra?” ripeté nervosamente il Primo ministro. “Sicuro che non sia un po’
un’esagerazione?”
“Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato si è ora riunito ai suoi seguaci che fuggirono da Azkaban in gennaio,” rispose Caramell, parlando ancora più velocemente e roteando così
rapidamente la bombetta da sembrare una macchia verde acido. “Da che sono usciti, hanno causato il caos. Il ponte di Brockdale… è stato lui, Primo Ministro, ha minacciato di uccidere una massa di babbani se non mi fossi schierato dalla sua parte e…”
“Buon Dio, così è colpa sua se quelle persone sono state uccise e io devo risolvere problemi riguardanti corde difettose e giunti corrosi e non so che altro!” disse furiosamente il Primo Ministro.
“Colpa mia!” disse Caramell, arrossendo. “Sta dicendo che lei avrebbe ceduto ad un ricatto come questo?”
“Probabilmente no,” rispose il primo Ministro, alzandosi e misurando a grandi passi la stanza, “ma avrei concentrato tutti i miei sforzi nel catturare il ricattatore prima che commettesse delle tali atrocità!”
“Lei pensa realmente che io non stia già facendo ogni sforzo?” chiese animatamente Caramell. “Ogni Auror del ministero stava… e sta… cercando di trovarlo e riacciuffare i suoi seguaci, ma stiamo parlando di uno dei più potenti maghi di tutti i tempi, un mago che è sfuggito alla cattura per quasi tre decenni!”
“Così, suppongo che stia cercando di dirmi che ha anche causato l’uragano nell’ovest del paese?” disse il Primo Ministro, con la rabbia che aumentava ad ogni passo. Era furioso per aver scoperto la ragione di tutti questi terribili disastri e di non poterlo dire in pubblico, dopo tutto era peggio che se fosse stata colpa del governo.
“Non c’è stato nessun uragano,” rispose Caramell miseramente.
“Mi scusi!” sbraitò il primo ministro, ora praticamente pestando i piedi su e giù. “Alberi sradicati, tetti scoperchiati, lampioni divelti, danni spaventosi…”
“Sono stati i Mangiamorte,” disse Caramell. “I seguaci di Colui-Che-Non-Deve-EssereNominato. E… e sospettiamo un coinvolgimento dei giganti.”
Il Primo Ministro arrestò il suo cammino come se avesse colpito un muro invisibile. “Cosa è coinvolto?”
Caramell fece una smorfia. “Ha usato i giganti l’ultima volta, quando voleva ottenere risultati eclatanti,” disse. “L’Ufficio Cancellazione della Memoria ha lavorato tutto il giorno, abbiamo mandato squadre di Obliviatori a cercare di modificare la memoria di tutti i babbani che hanno visto cosa è realmente accaduto, abbiamo la maggior parte del Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche che corre qua e là
per il Somerset, ma non riusciamo a trovare i giganti… è stato un disastro.”
“Non lo dica!” esclamò furiosamente il primo Ministro.
“Non voglio negare che il morale sia abbastanza basso al Ministero,” disse Caramell. “Con tutto questo, e la perdita di Amelia Bones.”
“La perdita di chi?”
“Amelia Bones. Capo del Dipartimento per l’Applicazione della Legge Magica. Pensiamo che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato l’abbia uccisa personalmente, perché era una strega di grande talento e… e tutte le prove dicono che c’è stato un vero combattimento.”
Caramell si schiarì la gola e, con sforzo, sembrò, smise di ruotare la sua bombetta.
“Ma questi omicidi erano sui giornali,” disse il Primo Ministro, momentaneamente distratto dalla sua collera. “I nostri giornali. Amelia Bones… è stato proprio dichiarato, che era una donna di mezza età che viveva sola. È stato un… un orribile omicidio, vero?
Ha avuto veramente tanta pubblicità. La polizia è confusa, sa.”
Caramell sospirò. “Be’, certo che lo è,” disse. “Uccisa in una stanza che era chiusa dal di dentro, vero? Noi, d’altra parte, sappiamo esattamente chi è stato, ma non che questo ci aiuti un po’ nel catturarlo. E poi c’era Emmeline Vance, forse non ha sentito parlare di lei…”
“Oh sì che ne ho sentito parlare!” disse il Primo Ministro. “In realtà è successo proprio qui, dietro l’angolo. I giornali hanno avuto un bel daffare con quella faccenda: «dissesto di legge e ordine pubblico nel cortile dietro la sede del Primo Ministro…»”
“E come se tutto questo non fosse abbastanza,” disse Caramell, parlando apertamente al Primo Ministro, “abbiamo Dissennatori che si aggirano dappertutto, attaccando la gente a sinistra, a destra e al centro…”
C’era una volta un tempo più felice in cui quest’affermazione sarebbe stata incomprensibile per il Primo Ministro, ma ora era più informato.
“Pensavo che i Dissennatori facessero la guardia ai prigionieri ad Azkaban,” disse prudentemente.
“Lo facevano,” disse Caramell stancamente. “Ma ora non più. Hanno abbandonato la prigione e si sono uniti a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Non fingerò che non sia stato un colpo.”
“Ma,” disse il Primo Ministro, con un senso di incipiente terrore, “non mi aveva detto che erano le creature che portavano via la speranza e la felicità alla gente?”
“Esatto. E si stanno diffondendo. Questo è ciò che sta causando tutta questa foschia.”
Il Primo Ministro sprofondò, fiacco, nella sedia più vicina. L’idea di creature invisibili che si aggiravano per le città e le campagne, spargendo afflizione e disperazione tra i suoi elettori, lo faceva sentire alquanto debole.
“Ora guardi qui, Caramell… lei deve fare qualcosa! È responsabilità sua come Ministro della Magia!”
“Mio caro Primo Ministro, lei può onestamente pensare che io sia ancora il Ministro della Magia dopo tutto questo? Sono stato destituito tre giorni fa! L’intera comunità magica ha urlato per due settimane per farmi dimettere. Non li ho mai visti così uniti in tutto il mio mandato!” disse Caramell, con un coraggioso accenno di sorriso.
Il Primo Ministro era momentaneamente rimasto senza parole. A dispetto della sua indignazione per la posizione nella quale era stato messo, provava comunque ancora simpatia per l’uomo dall’aspetto deperito che gli sedeva di fronte.
“Mi spiace molto,” disse infine. “Se c’è qualcosa che posso fare?”
“È molto gentile da parte sua, Primo Ministro, ma non c’è nulla. Sono stato mandato qui stasera per aggiornarla sugli eventi recenti e per presentarla al mio successore. Pensavo che avrebbe dovuto già essere qui, ma di certo è molto impegnato, al momento, con tante cose che stanno accadendo.”
Caramell lanciò uno sguardo in direzione del ritratto del brutto omino che portava la lunga parrucca dai riccioli argentati, che si stava frugando nell’orecchio con la punta di una penna. Intercettando lo sguardo di Caramell, il ritratto disse, “Sarà qui in un momento, sta solo finendo una lettera a Silente.”
“Gli auguro buona fortuna,” disse Caramell, apparendo, per la prima volta, amareggiato.
“Ho scritto a Silente due volte al giorno nelle scorse due settimane, ma non ha voluto cambiare idea. Se fosse stato disposto a convincere il ragazzo, potrei ancora essere… Be’, forse Scrimgeour avrà più successo.”
Caramell sprofondò in quello che era chiaramente un silenzio afflitto, ma questo fu rotto quasi immediatamente dal ritratto, che improvvisamente parlò con la sua voce aspra, ufficiale.
“Al Primo Ministro dei babbani. Si chiede un incontro. Urgente. Prego rispondere immediatamente. Rufus Scrimgeour, Ministro della Magia.”
“Sì, sì, bene,” disse il Primo Ministro distrattamente, e indietreggiò appena quando le fiamme nel focolare divennero nuovamente verde smeraldo, si alzarono e rivelarono la presenza di un altro mago che roteava al loro interno, che rigettarono un momento dopo sull’antico tappeto.
Caramell si alzò in piedi e, dopo un attimo di esitazione, il Primo Ministro fece lo stesso, guardando il nuovo arrivato tirarsi su, spolverare il lungo mantello nero, e guardarsi intorno.
Il primo sciocco pensiero del Primo Ministro fu che Rufus Scrimgeour assomigliava a un vecchio leone. C’erano striature di grigio nella sua criniera di capelli fulvi e nelle sue sopracciglia cespugliose; aveva penetranti occhi giallastri dietro un paio di occhiali con la montatura di metallo e una certa flessuosa grazia anche se camminava zoppicando lievemente. Dava un’immediata impressione di astuzia e tenacia; il Primo Ministro pensò
che capiva per quale motivo la comunità dei maghi preferiva Scrimgeour a Caramell come leader, in questi tempi pericolosi.
“Piacere” disse il Primo Ministro educatamente, porgendo la mano.
Scrimgeour la strinse rapidamente, i suoi occhi passarono in rassegna la stanza, quindi tirò fuori una bacchetta da sotto il suo mantello.
“Caramell le ha detto tutto?” chiese, camminando a grandi passi verso la porta e battendo leggermente sul buco della serratura con la sua bacchetta. Il Primo Ministro sentì la serratura scattare.
“Ehm… sì,” disse il Primo Ministro. “E se non le dispiace, preferirei che la porta restasse aperta.”
“Io preferirei non essere interrotto,” disse Scrimgeour sbrigativamente, “ho visto”
aggiunse, puntando la sua bacchetta alle finestre, cosicché le tende si mossero rapidamente fino a chiudersi. “Giusto, be’, io sono un uomo molto occupato, quindi veniamo agli affari. Prima di tutto, abbiamo bisogno di discutere della sua sicurezza.”
Il Primo Ministro si levò in tutta la sua altezza e rispose, “Sono assolutamente soddisfatto della sicurezza che ho già raggiunto, grazie mil…”
“Be’, noi no,” intervenne Scrimgeour. “Ci saranno scarse prospettive per i babbani se il loro Primo Ministro verrà sottoposto alla Maledizione Imperius. Il nuovo segretario nel suo ufficio fuori…”
“Non mi sto sbarazzando di Kingsley Shacklebolt, se è quello che sta insinuando!” disse il Primo Ministro calorosamente. “È altamente efficiente, riesce a fare due volte il lavoro di tutti gli altri…”
“Questo perché è un mago,” disse Scrimgeour, con un fremito di sorriso. “Un Auror altamente addestrato, che è stato assegnato a lei per sua difesa.”
“Ora, aspetti un momento!” esclamò il Primo Ministro. “Voi non potete semplicemente infilare la vostra gente nel mio ufficio, decido io chi lavora per me…”
“Pensavo che lei fosse felice di Shacklebolt?” disse Scrimgeour freddamente.
“ Lo sono… cioè, lo ero…”
“Quindi non c’è nessun problema, vero?” disse Scrimgeour.
“Io… be’, finché il lavoro di Shacklebolt continua ad essere… ehm… eccellente,” disse il Primo Ministro flebilmente, ma Scrimgeour sembrava ascoltarlo appena.
“Ora, riguardo a Herbert Chorley, il suo assistente,” continuò. “Quello che ha intrattenuto il pubblico impersonando un’anatra.”
“Che mi dice di lui?” chiese il Primo Ministro.
“Ha chiaramente reagito a una Maledizione Imperius di basso livello,” disse Scrimgeour.
“Gli ha fatto marcire le cervella, ma potrebbe essere ancora pericoloso.”
“Stava solo starnazzando!” disse il Primo Ministro debolmente. “Sicuramente un po’ di riposo… Forse esagera col bere…”
“Una squadra di Guaritori dell’Ospedale di San Mungo per le Malattie e Ferite Magiche lo sta esaminando mentre noi parliamo. Per quanto ne so, ha cercato di strangolare tre di loro,” disse Scrimgeour. “Io credo che sia meglio che lo allontaniamo dalla società
babbana per un po’ di tempo.”
“Io… be’… Andrà tutto bene per lui, vero?” disse il Primo Ministro ansiosamente. Scrimgeour si strinse semplicemente nelle spalle, dirigendosi ormai di nuovo verso il caminetto.
“Bene, questo è veramente tutto quello che avevo da dire. La terrò al corrente degli sviluppi, Primo Ministro… o, tutto sommato, probabilmente sarò troppo occupato per farlo di persona, nel qual caso manderò qui Caramell. Ha accettato di restare con l’incarico di consulente.
Caramell tentò di sorridere, ma non ci riuscì; riuscì solo a sembrare come se avesse un mal di denti. Scrimgeour stava già rovistando nella sua tasca per prendere la misteriosa polvere che rendeva il fuoco verde. Il Primo Ministro guardò sconfortato verso i due per un momento, quindi le parole che aveva lottato per reprimere tutta la sera, esplosero infine da lui.
“Ma per l’amor del cielo… voi siete maghi! Voi potete fare magie! Sicuramente voi potete…
be’… sistemare ogni cosa!”
Scrimgeour si voltò lentamente sul posto e scambiò uno sguardo incredulo con Caramell, che stavolta tentò davvero di tenere a bada un sorriso, mentre diceva gentilmente, “Il problema è, che anche la controparte può fare magie, Primo Ministro.”
E con questo i due maghi saltarono, uno dopo l’altro, nel lucente fuoco verde e sparirono.
CAPITOLO DUE
SPINNER’S END
A molte miglia di distanza, la fredda nebbia che aveva premuto contro le finestre del Primo Ministro s’era lentamente spostata sopra un fiume sporco che serpeggiava fra argini esageratamente alti coperti di vegetazione e immondizia. Un’immensa ciminiera, rovina di una fabbrica ormai fuori uso, si ergeva, indistinta e sinistra. Non si sentiva alcun suono tranne il sussurro dell’acqua nera e non si vedeva alcun segno di vita a parte una volpe scarna che si era portata furtivamente lungo l‘argine per annusare speranzosa alcuni vecchi incarti di pesce fritto e patatine nascosti nell’erba alta. In quel momento, però, con un leggerissimo pop, una figura snella ed incappucciata apparve dal nulla sulla riva del fiume. La volpe rimase immobile, gli occhi attenti fissi su quello strano, nuovo fenomeno. La figura sembrò orientarsi per qualche istante, poi iniziò
a camminare con passo veloce e leggero, il lungo mantello che frusciava sull’erba. Con un altro pop, più forte del precedente, si materializzò un’altra figura.
“Aspetta!”
Il grido aspro fece sobbalzare la volpe, che ora era appiattita nel sottobosco e la fece saltare dal suo nascondiglio fino sull’argine. Ci fu un lampo di luce verde, un guaito, e la volpe cadde riversa a terra, morta.
La seconda figura rivoltò l’animale con la punta di un piede.
“Solo una volpe,” disse con noncuranza una voce femminile. “Avevo pensato che potesse essere un Auror… Cissy, aspetta!”
Ma la sua preda, che si era fermata per guardare il lampo di luce, stava già
arrampicandosi sull’argine dal quale la volpe era appena caduta.
“Cissy… Narcissa… ascoltami…”
La seconda donna raggiunse la prima e le afferrò il braccio, ma l’altra si divincolò.
“Indietro, Bella!”
“Devi ascoltarmi!”
“Ti ho già ascoltato. Ho preso la mia decisione. Lasciami stare!”
La donna chiamata Narcissa raggiunse la cima dell’argine, dove una vecchia cancellata separava il fiume da una stretta via pavimentata a ciottoli. L’altra donna, Bella, la seguì
subito. Fianco a fianco rimasero in piedi a guardare le file e file di cadenti case di mattoni, con le finestre buie e senza vita nell’oscurità.
“Lui vive qui?” Chiese Bella in tono di dispregio. “Qui? In questo letamaio da babbani?
Dobbiamo essere le prime della nostra specie ad aver mai messo piede…”
Ma Narcissa non stava ascoltando; si era infilata attraverso un varco nella barriera arrugginita e stava già affrettandosi ad attraversare la strada.
“Cissy, aspetta!”
Bella la seguì, col mantello che le sventolava dietro, e vide Narcissa che raggiungeva velocemente, attraverso un vialetto fra due case, una seconda via quasi identica. Alcuni dei lampioni erano rotti; le due donne correvano attraverso pozze di luce e profonda oscurità. L’inseguitrice raggiunse la sua preda proprio mentre voltava un angolo, riuscendo questa volta ad afferrarle fermamente il braccio ed a farla voltare in modo tale da guardarsi in faccia.
“Cissy, non devi farlo, non puoi fidarti di lui…”
“L’Oscuro Signore si fida di lui, non è vero?”
“L’Oscuro Signore sta… credo… sbagliando,” Bella ansimò, e i suoi occhi scintillarono per un istante sotto il cappuccio, mentre si guardava intorno per controllare che fossero veramente sole. “In ogni caso, ci è stato detto di non parlare del piano con nessuno. Questo è un tradimento nei confronti del Signore Oscuro…”
“Piantala, Bella!” ringhiò Narcissa, mentre estraeva una bacchetta da sotto il mantello, puntandola minacciosamente contro l’altra donna. Bella si limito a ridere.
“Cissy, proprio a tua sorella? Non lo faresti…”
“Non c’è più niente che non farei!” Narcissa mormorò, con una nota isterica nella voce, e mentre abbassava la bacchetta come se fosse un coltello, ci fu un altro lampo di luce. Bella lasciò andare il braccio di sua sorella come se bruciasse.
“Narcissa!”
Ma Narcissa era corsa avanti. Strofinandosi il braccio, la sua inseguitrice continuò a seguirla, senza però avvicinarsi, mentre si addentravano nel labirinto deserto di case di mattoni. Alla fine Narcissa s’avviò velocemente per una via chiamata Spinner’s End, al di sopra della quale la svettante ciminiera della fabbrica sembrava incombere come un gigantesco dito ammonitore. I suoi passi echeggiavano sui ciottoli mentre passava davanti a finestre coperte di assi e rotte, finché non raggiunse proprio l’ultima casa, dove una luce fioca filtrava attraverso le tende di una stanza a piano terra. Aveva bussato alla porta prima che Bella, imprecando sottovoce, la potesse raggiungere. Insieme aspettarono, ansimando leggermente, aspirando l’odore del fiume sporco che la brezza notturna portava loro. Dopo pochi secondi, sentirono dei movimenti dietro la porta e s’ aprì uno spiraglio. Si intravedeva parte di un uomo che le stava guardando, un uomo con lunghi capelli neri divisi a metà intorno ad una faccia giallastra con gli occhi neri.
Narcissa tirò indietro il cappuccio. Era così pallida che sembrava splendere nell’oscurità; i lunghi capelli biondi che le scendevano sulla schiena le davano l’aspetto di una persona annegata.
“Narcissa!” disse l’uomo, aprendo un po’ di più la porta, così che la luce investì
entrambe, lei e sua sorella. “Che piacevole sorpresa!”
“Severus,” disse lei con un sussurro teso. “Posso parlarti? È urgente.”
“Ma certo.”
Lui si fece indietro per permetterle di entrare in casa. Sua sorella, ancora con il cappuccio addosso, la seguì senza attendere inviti.
“Piton,” disse seccamente mentre gli passava davanti.
“Bellatrix,” rispose lui, con la bocca appena piegata in un sorrisetto sprezzante mentre chiudeva di scatto la porta dietro di loro.
Erano entrati direttamente in un minuscolo soggiorno che dava l’idea di una cella ovattata d’oscurità. I muri erano completamente ricoperti di libri, la maggior parte dei quali rilegati in vecchia pelle nera o marrone; un divano consunto, una vecchia poltrona e un tavolo traballante erano raggruppati nella pozza di luce proveniente da un lampadario a candele appeso al soffitto. Il posto aveva un’aria di abbandono, come se non fosse usualmente abitato.
Piton indicò a Narcissa il divano. Lei si tolse il mantello, lo gettò da una parte e si sedette, guardandosi le mani bianche e tremanti raccolte in grembo. Bellatrix abbassò
molto lentamente il cappuccio. Scura per quanto era chiara sua sorella, gli occhi con le palpebre pesanti e una mandibola forte, non tolse gli occhi di dosso a Piton, mentre andava a mettersi, in piedi, dietro a Narcissa.
“Allora, cosa posso fare per voi?” chiese Piton, sistemandosi nella poltrona di fronte alle due sorelle.
“Noi… siamo soli, vero?” Chiese Narcissa a bassa voce.
“Si, certo. In effetti c’è Codaliscia qui, ma i parassiti non contano, vero?”
Puntò la bacchetta al muro di libri dietro di sé e, con un bang, una porta nascosta si aprì, rivelando una stretta scala sulla quale stava immobile un uomo basso.
“Come certamente hai notato, Codaliscia, abbiamo ospiti,” disse Piton pigramente. L’uomo scese curvo gli ultimi scalini ed entrò nella stanza. Aveva occhi piccoli, acquosi, un naso appuntito e mostrava un sorriso sgradevole. Accarezzava con la sinistra la mano destra, che sembrava ricoperta di un guanto di argento luminoso.
“Narcissa!” squittì lui, “e Bellatrix! Incantevoli…”
“Codaliscia ci porterà qualcosa da bere, se volete,” disse Piton. “E tornerà nella sua stanza.”
Codaliscia si tirò indietro come se Piton gli avesse tirato qualcosa.
“Non sono il tuo servo!” Squittì lui, evitando lo sguardo di Piton.
“Davvero? Avevo l’impressione che il Signore Oscuro ti avesse destinato qui per aiutarmi.”
“Aiutare, sì… ma non per prepararti da bere e… e pulire la casa!”
“Non avevo idea, Codaliscia, che tu aspirassi ad incarichi più pericolosi,” disse Piton suadente. ”La cosa si può sistemare facilmente: parlerò al Signore Oscuro…”
“Gli posso parlare io stesso, se voglio.”
“Certo che puoi,” disse Piton beffardo. “Ma nel frattempo, portaci qualcosa da bere. Un po’ di quel vino fatto dagli elfi andrebbe bene.”
Codaliscia esitò per un istante, come se volesse ancora discutere, ma poi si voltò e passò
attraverso una seconda porta nascosta. Si sentì sbattere e un tintinnio di bicchieri. In pochi secondi era di ritorno, portando con sé una bottiglia polverosa e tre bicchieri sopra un vassoio. Posò tutto sul tavolo traballante e si allontanò in fretta dalla loro presenza, sbattendo la porta coperta di libri dietro di sé.
Piton versò il vino rosso sangue nei tre bicchieri e porse due di essi alle sorelle. Narcissa mormorò un grazie mentre Bellatrix non disse niente, ma continuò a guardare torva Piton. Questo non sembrò scomporlo; al contrario, sembrava divertito.
“Al Signore Oscuro,” disse, alzando il bicchiere e svuotandolo.
Le sorelle lo imitarono. Piton riempì di nuovo i bicchieri.
Mentre Narcissa beveva il secondo bicchiere, disse in fretta, “Severus, mi dispiace di essere arrivata qui in questo stato, ma dovevo vederti. Penso che tu sia il solo che può
aiutarmi…”
Piton alzò una mano per fermarla, poi puntò di nuovo la bacchetta verso la porta nascosta della scala. Si sentì un colpo e uno squittio, seguito dal rumore di Codaliscia che risaliva in fretta le scale.
“Le mie scuse,” disse Piton. “Ha iniziato ad origliare alle porte di recente, non so che cosa vuole farsene…stavi dicendo, Narcissa?”
Lei respirò profondamente rabbrividendo e cominciò di nuovo.
“Severus, so che non dovrei essere qui, mi è stato ordinato di non dire niente a nessuno, ma…”
“Allora dovresti tenere la bocca chiusa!” Ringhiò Bellatrix. “Particolarmente in questa compagnia!”
“«In questa compagnia»?” ripeté Piton sardonico. “E cosa intendi dire con questo, Bellatrix?”
“Non mi fido di te, Piton, come tu ben sai!”
Narcissa fece un rumore che avrebbe potuto essere quello di un pianto strozzato, e si coprì il volto con le mani. Piton posò il bicchiere sul tavolo e si sedette di nuovo, con le mani sui braccioli della poltrona, sorridendo al volto accigliato di Bellatrix.
“Narcissa, penso che dovremmo ascoltare quello che Bellatrix è impaziente di dire; ci risparmierà tediose interruzioni. Bene Bellatrix, continua,” disse Piton. “Come mai non ti fidi di me?”
“Un centinaio di ragioni!” Disse lei ad alta voce, camminando a grandi passi da dietro il divano fino a sbattere il bicchiere sul tavolo. “Da dove iniziare! Dove eri quando l’Oscuro Signore è caduto? Perché non facesti alcun tentativo di trovarlo quando sparì? Che cosa hai fatto in tutti questi anni in cui sei vissuto all’ombra di Silente? Perché hai impedito al Signore Oscuro di procurarsi la Pietra Filosofale? Perché non sei tornato subito quando l’Oscuro Signore è rinato? Dove eri qualche settimana fa, quando abbiamo combattuto per recuperare la profezia per il Signore Oscuro? E perché, Piton, Harry Potter è ancora vivo, quando l’hai avuto in tuo potere per cinque anni?”
Lei fece una pausa, il petto le saliva e scendeva rapidamente, le guance arrossate. Dietro di lei Narcissa sedeva senza un movimento, con il volto ancora nascosto fra le mani.
Piton sorrise.
“Prima di risponderti… sì, Bellatrix, ho intenzione di risponderti! Potrai riportare le mie parole agli altri che mormorano alle mie spalle, e raccontano false dicerie sul mio tradimento al Signore Oscuro! Prima di rispondere, dico, lasciami fare una domanda a mia volta. Pensi veramente che il Signore Oscuro non mi abbia rivolto, una per una, tutte queste domande? E pensi veramente che, se non avessi potuto dare risposte soddisfacenti, io sarei seduto qui a parlare con voi?”
Lei esitò.
“Io so che lui ti crede, ma…“
“Pensi che stia facendo un errore? O che io lo abbia in qualche modo raggirato?
Imbrogliato il Signore Oscuro, il più grande mago, il più abile Legilimens che il mondo abbia mai visto?”
Bellatrix non disse niente, ma, per la prima volta, mostrò un’aria di sconfitta. Piton non insistette. Riprese il suo bicchiere, diede un sorso, e continuò, “Tu chiedi dove ero quando il Signore Oscuro cadde. Ero lì dove egli mi aveva ordinato di essere, alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, perché voleva che spiassi Albus Silente. Tu Sai, immagino, che ho preso il posto per ordine del Signore Oscuro?”
Lei annuì impercettibilmente e poi aprì la bocca, ma Piton la anticipò.
“Tu chiedi perché non ho cercato di trovarlo quando sparì. Per le stesse ragioni di Avery, Yaxley, i Carrows, Greyback, Lucius,” inchinò leggermente il capo verso Narcissa, “e molti altri non cercarono di trovarlo. Ho pensato che fosse finito. Non sono fiero di questo, mi sbagliavo, ma è così… se lui non avesse perdonato coloro che persero la fede in quei momenti, gli sarebbero rimasti ben pochi seguaci.”
“Avrebbe ancora me!” disse Bellatrix appassionatamente. “Me, che ho passato tanti anni ad Azkaban per lui!”
“Sì, è vero, decisamente ammirevole,” disse Piton con voce annoiata. “Naturalmente, non è che in prigione tu gli sia stata di grande aiuto, ma il gesto è stato bello, senza dubbio…“
“Il gesto!” gridò lei; nella furia sembrava quasi impazzita. “Mentre io sopportavo i Dissennatori, tu te ne stavi ad Hogwarts, comodamente interpretando il ruolo del cocco di Silente!”
“Non del tutto,” disse Piton con calma. “Non mi ha mai voluto assegnare la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure, sai. Sembrava pensare, ah, che questo potesse portare ad una ricaduta… riportarmi indietro sui miei passi.”
“Questo è stato il tuo sacrificio per il Signore Oscuro, non insegnare la tua materia preferita?” lo beffò lei. “Perché sei rimasto lì tutto quel tempo, Piton? Stavi ancora spiando Silente per un padrone che credevi morto?”
“Niente affatto,” disse Piton, “anche se il Signore Oscuro è compiaciuto del fatto che io non abbia mai abbandonato il mio posto: avevo sedici anni di informazioni su Silente da dargli quando lui è tornato, un regalo di bentornato ben più utile dell’incessante ricordo di quanto Azkaban sia spiacevole …”
“Ma tu sei rimasto…“
“Sì Bellatrix, io sono rimasto,” disse Piton, tradendo un filo d’impazienza per la prima volta. “Avevo un lavoro comodo che ho preferito alla detenzione ad Azkaban. Stavano rastrellando tutti i Mangiamorte, come sai. La protezione di Silente mi ha tenuto fuori di prigione, era estremente conveniente e me ne sono servito. Ripeto: il Signore Oscuro non si lamenta del fatto che rimasi al mio posto, quindi non vedo perché lo faccia tu.”
“Penso che poi tu volessi sapere,” continuò, un po’ più ad alta voce, visto che Bellatrix stava dando segno di volerlo interrompere, ”perché mi posi fra il Signore Oscuro e la Pietra Filosofale. La risposta è facile da dare. Lui non sapeva se poteva fidarsi di me . Pensava, come te, che io avessi cambiato da fedele Mangiamorte a tirapiedi di Silente. Lui era in condizioni pietose, debolissimo, condivideva il corpo di un mago mediocre. Non osò
rivelarsi ad un vecchio alleato che avrebbe potuto denunciarlo a Silente o al Ministero. Sono veramente dispiaciuto che non si sia fidato di me. Sarebbe tornato al potere tre anni prima. Per come era, io vidi soltanto l’avido e indegno Raptor che cercava di rubare la Pietra e, lo ammetto, ho fatto tutto quel che potevo per ostacolarlo.”
Bellatrix storse la bocca come se avesse preso una sgradevole dose di medicina.
“Ma tu non venisti a lui quando egli tornò, non volasti da lui quando sentisti bruciare il Marchio Nero…“
“É vero, tornai da lui due ore dopo. Tornai su ordine di Silente.”
“Di Silente?” cominciò lei, in tono d’insulto.
“Pensa!” Disse Piton di nuovo impaziente. “Pensa! Aspettando due ore, solo due ore, mi assicurai di poter rimanere ad Hogwarts come spia! Lasciando che Silente pensasse che stavo tornando accanto al Signore Oscuro solo perché mi era stato ordinato, ho potuto passare informazioni su Silente e l’Ordine della Fenice da allora in poi! Considera questo Bellatrix: il Marchio Nero stava diventando sempre più forte da mesi, sapevo che egli sarebbe tornato presto, tutti i Mangiamorte lo sapevano! Io ho avuto moltissimo tempo per pensare a quel che volevo fare, per pianificare le mie mosse, per scappare come Karkaroff, non è vero?”
“Il dispiacere iniziale del Signore Oscuro per il mio ritardo svanì del tutto, ti assicuro, quando gli spiegai che gli ero rimasto fedele, nonostante Silente pensasse che ero il suo uomo. Sì, il Signore Oscuro aveva pensato che lo avessi lasciato per sempre, ma si sbagliava.”
“Ma a cosa sei stato utile?” sogghignò Bellatrix. ”Quali utili informazioni abbiamo ricevuto da te?”
“Le mie informazioni sono state comunicate direttamente al Signore Oscuro,” disse Piton.
“Se lui sceglie di non condividerle con te…”
“Lui con me condivide tutto!” Disse Bellatrix, prendendo subito fuoco. “Mi chiama la sua più leale, la più fedele…”
“Davvero?” disse Piton, con una delicata intonazione della voce che suggeriva la sua incredulità. “Lo pensa ancora dopo il fiasco al Ministero?”
“Non è stata colpa mia!” disse Bellatrix, arrossendo. “Il Signore Oscuro, in passato, ha affidato a me i suoi più preziosi… se Lucius non avesse…“
“Non osare… non osare dare la colpa a mio marito!” disse Narcissa, con voce bassa e minacciosa, guardando sua sorella.
“Spartirsi la colpa non serve a nulla,” disse Piton soavemente. “Quel che è stato fatto è
stato fatto.”
“Ma non da te!” Disse Bellatrix furiosa. “No, tu eri di nuovo assente quando il resto di noi era in pericolo, non è così, Piton?”
“I miei ordini erano di rimanere indietro,” disse Piton. “Forse non sei d’accordo col Signore Oscuro, forse pensi che Silente non si sarebbe accorto se avessi unito le mie forze ai Mangiamorte per combattere l’Ordine della Fenice? E poi – perdonami – tu parli di pericolo… stavate fronteggiando sei adolescenti, non è vero?”
“Furono raggiunti presto, come sai molto bene, da metà dell’Ordine!” ringhiò Bellatrix.
“E, visto che parliamo dell’Ordine, ancora pretendi di non poter rivelare dove si trova il loro Quartier Generale, non è vero?”
“Non sono il Custode Segreto, non posso dire dov’é. Penso tu capisca come funziona questo incantesimo, o no? Il Signore oscuro è soddisfatto delle informazioni sull’Ordine che io gli ho passato. Hanno portato, come forse avete immaginato, alla recente cattura e all’omicidio di Emmeline Vance, ed ha certamente aiutato a liberarci di Sirius Black, sebbene ti riconosca ogni merito per averlo fatto fuori.”
Inchinò il capo ed alzò il bicchiere verso di lei. L’espressione di lei non si addolcì.
“Stai evitando la mia ultima domanda, Piton. Harry Potter. Avresti potuto ucciderlo in ogni momento nei passati cinque anni.Non l’hai fatto. Perché?”
“Hai discusso di questo con il Signore Oscuro?” Chiese Piton.
“Lui… ultimamente, noi… lo sto chiedendo a te, Piton!”
“Se io avessi ucciso Harry Potter, il Signore Oscuro non avrebbe potuto usare il suo sangue per rigenerarsi, diventando invincibile…”
“Pretendi di aver previsto che avrebbe usato così il ragazzo!” lo schernì lei.
“Non lo pretendo, no; non avevo alcuna idea dei suoi piani; ho già confessato che pensavo che il Signore Oscuro fosse morto. Sto solo cercando di spiegare perché al Signore Oscuro non è dispiaciuto che Potter sopravvivesse, almeno fino all’anno scorso…”
“Ma perché lo hai tenuto in vita?”
“Non hai capito quel che ho detto? È stata solo la protezione di Silente a tenermi fuori da Azkaban! Non credi che assassinare il suo studente preferito avrebbe potuto metterlo contro di me? Ma c’è stato molto più di questo. Dovrei ricordarti che, quando Potter arrivò per la prima volta ad Hogwarts, giravano ancora molte storie su di lui, si diceva che lui stesso fosse un grande mago Oscuro, che era quello il motivo per cui era sopravvissuto all’attacco del Signore Oscuro. In verità molti dei vecchi seguaci del Signore Oscuro pensarono che Potter potesse essere una bandiera intorno alla quale avremmo tutti potuto unirci di nuovo. Ero curioso, lo ammetto, e per niente propenso ad ucciderlo nel momento in cui mise piede nel castello.
Naturalmente, divenne ben presto evidente per me che egli non aveva alcun talento straordinario. È riuscito ad uscire da tante situazioni difficili per una semplice combinazione di assoluta fortuna e aiuto di amici di maggior talento. Lui è
completamente mediocre, sebbene sia arrogante e compiaciuto di sé come suo padre prima di lui. Ho fatto di tutto per farlo cacciare da Hogwarts, che non è certo un posto che fa per lui, ma ucciderlo, o permettere che fosse ucciso davanti a me? Sarei stato uno sciocco a correre il rischio, con Silente lì vicino.”
“E con tutto questo noi dovremmo creder che Silente non abbia mai sospettato di te?”
chiese Bellatrix. ”Lui non avrebbe idea di chi veramente gode della tua lealtà, egli si fiderebbe ancora completamente di te?”
“Ho recitato bene la mia parte,” disse Piton. “E tu sottovaluti la più grande debolezza di Silente: deve credere nel lato migliore delle persone. Gli ho raccontato una storia di profondo rimorso quando mi sono unito al suo staff, fresco dai miei giorni da Mangiamorte, e lui mi ha accolto a braccia aperte… sebbene, come dicevo, non mi abbia mai permesso, per quanto era in suo potere, di avvicinarmi alle Arti Oscure. Silente è
stato un grande mago… oh sì, lo è stato” (poiché Bellatrix aveva emesso un verso mordace) “il Signore Oscuro lo sa. Mi compiaccio nel dire, però, che Silente sta invecchiando. Il duello con il Signore Oscuro il mese scorso lo ha scosso. Ha riportato una seria ferita dato che i suoi riflessi sono più lenti di quanto lo fossero in passato. Ma in tutti questi anni, non ha mai smesso di fidarsi di Severus Piton, e in questo sta il mio grande valore di fronte al Signore Oscuro.”
Bellatrix aveva ancora l’aria infelice, sebbene apparisse incerta su come attaccare ancora Piton nel migliore dei modi. Approfittando del suo silenzio, Piton si voltò verso sua sorella.
“Ora… sei venuta a chiedermi aiuto, Narcissa?”
Narcissa guardò verso di lui, sul suo viso era evidente la disperazione.
“Sì Severus. Io… io penso che tu sia l’unico che può aiutarmi, non ho altri a cui chiedere. Lucius è in prigione e…”
Lei chiuse gli occhi e due grandi lacrime filtrarono attraverso le palpebre.
“Il signore Oscuro mi ha proibito di parlarne,” continuò Narcissa, con gli occhi ancora chiusi. “Lui desidera che nessuno conosca il piano. È… è molto segreto. Ma…”
“Se lui l’ha proibito, non dovresti parlarne,” disse subito Piton. “La parola del Signore Oscuro è legge.”
Narcissa rimase senza fiato, come se lui le avesse gettato addosso dell’acqua fredda. Bellatrix sembrava soddisfatta, per la prima volta da quando era entrata in quella casa.
“Ecco!” disse a sua sorella con aria trionfante. “Anche Piton lo dice: ti è stato detto di non parlare, quindi rimani in silenzio!”
Ma Piton si alzò in piedi e andò a grandi passi verso la piccola finestra, spiò attraverso le tende la via deserta, poi le richiuse con uno scatto. Si girò verso Narcissa, accigliato.
“Si da il caso che io conosca il piano,” disse a bassa voce. “Sono uno dei pochi con i quali il Signore Oscuro ha parlato. Ciò non toglie che, se io stesso non fossi stato a conoscenza del segreto, Narcissa, saresti stata colpevole di alto tradimento nei riguardi del Signore Oscuro.”
“Ho pensato che tu dovessi conoscerlo!” disse Narcissa, respirando più liberamente. “Egli ha così tanta fiducia in te, Severus…”
“Conosci il piano?” disse Bellatrix, mentre la sua fugace espressione di soddisfazione veniva rimpiazzata da una espressione offesa. “Tu lo conosci?”
“Certamente,” disse Piton, “Ma di che aiuto hai bisogno, Narcissa? Se pensi che io possa persuadere il Signore Oscuro a cambiare idea, temo che non ci sia speranza, nessuna speranza.”
“Severus,” sussurrò lei, con le lacrime che le scendevano lungo le guance pallide. “mio figlio… il mio unico figlio…”
“Draco dovrebbe essere fiero,” disse Bellatrix con indifferenza. “Il Signore Oscuro gli sta riconoscendo un grande onore. E devo dire una cosa di Draco: lui non si sta tirando indietro di fronte al suo dovere, sembra felice di avere un’occasione per mettersi alla prova, è eccitato alla prospettiva…”
Narcissa iniziò a piangere più forte, continuando a lanciare sguardi supplicanti a Piton.
“È perchè ha 16 anni e non ha idea di quello che c’è in serbo per lui! Perché, Severus?
Perché mio figlio? È troppo pericoloso! Questa è una vendetta per l’errore di Lucius, lo so!”
Piton non disse nulla. Volse lo sguardo dalle sue lacrime come se fossero una cosa indecente, ma non poteva fingere di non sentirla.
“È per questo che ha scelto Draco, non è vero?” continuò. “Per punire Lucius?”
“Se Draco riesce,” disse Piton, continuando a guardare altrove, “sarà onorato sopra tutti gli altri.”
“Ma se non riesce!” singhiozzò Narcissa. “Come può, se il Signore Oscuro stesso…?”
Bellatrix restò senza fiato. Narcissa sembrava aver perso di coraggio.
“Io volevo dire… che nessuno prima di adesso è mai riuscito… Severus… ti prego… tu sei, sei sempre stato, l’insegnante preferito di Draco… sei un vecchio amico di Lucius… ti supplico… sei il preferito del Signore Oscuro, il suo consigliere più fidato… gli parlerai, lo convincerai…?”
“Il Signore Oscuro non si farà convincere, ed io non sono abbastanza stupido da provarci,” disse Piton chiaro e tondo. “Non posso certo fingere che il Signore Oscuro non sia adirato con Lucius. Era al comando. Si è fatto catturare, insieme a tanti altri e, per giunta, non è nemmeno riuscito a recuperare la profezia. Sì, il signore Oscuro è adirato, Narcissa, molto adirato davvero.”
“Allora ho ragione, ha scelto Draco per vendetta!” disse Narcissa con voce strozzata. “Non vuole che riesca, vuole che venga ucciso nel tentativo!”
Quando Piton non rispose, Narcissa sembrò perdere anche quel po’ di riserbo che le era rimasto. Si alzò, arrivò barcollando fino a Piton e afferrò il davanti della sua veste. La faccia di lei era vicina alla sua, le lacrime di lei cadevano sul suo petto, lei ansimò,
“Potresti farlo tu. Potresti farlo tu al posto di Draco, Severus. Tu riusciresti, naturalmente tu riusciresti, ed egli ti ricompenserebbe al di sopra di tutti noi…”
Piton le afferrò i polsi e si liberò dalla sua stretta. Guardando il suo viso segnato dalle lacrime, disse lentamente, “Vuole che lo faccia io, alla fine, penso. Ma è determinante che Draco debba provarci per primo. Vedi, nell’improbabile caso che Draco riesca, potrei rimanere a Hogwarts un po’ più a lungo, compiendo il mio utile ruolo di spia.”
“In altre parole, a lui non importa se Draco viene ucciso!”
“Il Signore Oscuro è molto adirato,” ripeté con calma Piton. “Non ha potuto ascoltare la profezia. Sai bene come me, Narcissa, che lui non perdona facilmente.”
Lei si raccolse su se stessa, cadendo ai suoi piedi, singhiozzando e gemendo sul pavimento.
“Mio figlio…il mio unico figlio…”
“Dovresti essere orgogliosa!” disse Bellatrix spietatamente. “Se avessi figli, sarei felice di offrirli al servizio del Signore Oscuro!”
Narcissa diede un gridolino di disperazione e si afferrò i lunghi capelli biondi. Piton si chinò, la afferrò per le braccia, la fece alzare e la condusse di nuovo sul sofà. Poi versò
ancora un po’ di vino e le mise a forza il bicchiere in mano.
“Narcissa, basta così. Bevi questo. Ascoltami.”
Lei si calmò un poco. Tremando, bevve un sorso di vino versandosene un po’ addosso.
“Potrebbe essere possibile… che io aiuti Draco.”
Lei si tirò su, con il viso bianco come un foglio di carta, gli occhi immensi.
“Severus… oh, Severus… lo aiuteresti? Ti prenderesti cura di lui, facendo attenzione affinché non si faccia male?”
“Posso provare.”
Lei gettò il bicchiere che slittò attraverso tutto il tavolo, mentre lei scivolava giù dal divano e si inginocchiava ai piedi di Piton, prendeva la sua mano fra le proprie e vi posava sopra le sue labbra.
“Se è tua intenzione proteggerlo… Severus, lo giurerai? Farai il Voto Infrangibile?”
“Il Voto Infrangibile?” L’espressione di Piton era vuota, indecifrabile: Bellatrix tuttavia sbottò in una risata di trionfo.
“Ma lo hai sentito, Narcissa? Sì, lui ci proverà, ne sono sicura… le solite parole vuote, il solito inutile serpeggiare… naturalmente seguendo gli ordini del Signore Oscuro!”
Piton non guardò Bellatrix. I suoi occhi neri erano fissi su quelli pieni di lacrime di Narcissa che continuava a tenergli stretta la mano.
“Certamente Narcissa, farò il Voto Infrangibile,” disse semplicemente. “Forse tua sorella consentirà ad essere il nostro Garante.”
Bellatrix rimase a bocca aperta. Piton si abbassò in modo da inginocchiarsi di fronte a Narcissa. Sotto gli occhi stupefatti di Bellatrix, afferrarono ciascuno la mano destra dell’altro.
“Ti servirà la bacchetta, Bellatrix,” disse Piton con freddezza.
Lei la tirò fuori, ancora stupita.
“E ti devi avvicinare un po’,” disse lui.
Lei si avvicinò tanto da stare in piedi proprio accanto a loro e pose la punta della bacchetta sulle loro mani unite.
Narcissa parlò.
“Vuoi tu, Severus, vegliare su mio figlio Draco, mentre cerca di adempiere i desideri del Signore Oscuro?”
“Lo voglio,” disse Piton.
Una lingua brillante di fuoco uscì dalla bacchetta e si avvolse intorno alle loro mani come un filo incandescente.
“E vuoi tu, al meglio delle tue capacità, proteggerlo dal pericolo?”
“Lo voglio,”disse Piton.
Una seconda lingua di fuoco uscì dalla bacchetta e si intrecciò alla prima, producendo una bella catena incandescente.
“E, se fosse necessario… se sembrasse che Draco possa fallire…” sussurrò Narcissa (la mano di Piton si contorse tra le sue, ma lui non la tirò indietro), porterai tu a termine la missione che il Signore Oscuro ha ordinato a Draco di compiere?”
Ci fu un momento di silenzio. Bellatrix li osservava, la bacchetta sopra le loro mani strette, gli occhio spalancati.
“Lo voglio,” disse Piton.
La faccia stupefatta di Bellatrix si illuminò di rosso al bagliore della terza lingua di fuoco, che uscì dalla bacchetta, si intrecciò alle altre e si legò strettamente alle loro mani unite, come una corda, come un serpente di fuoco.
CAPITOLO TRE
VOLERE E NON VOLERE
Harry Potter stava russando sonoramente. Era rimasto seduto su una sedia alla finestra della sua camera per quasi quattro ore, fissando la strada che si oscurava, e s’era finalmente addormentato con un lato della faccia premuto contro il vetro freddo, gli occhiali di traverso e la bocca semi aperta.
L’appannamento che il fiato aveva lasciato sulla finestra, luccicava nel riverbero arancione delle luci provenienti dalla strada e la luce artificiale gli tingeva la faccia di tutti i colori, così da farlo sembrare un fantasma sotto la massa di disordinati capelli neri.
La stanza era invasa dalle sue cose e da una buona quantità di sporcizia. Piume di civetta, torsoli di mela, e cartine di caramelle sparse sul pavimento, una quantità di libri d’incantesimi disordinatamente mischiati ai vestiti spiegazzati sul letto ed una massa di giornali ammucchiati nella parte illuminata della scrivania. I titoli di uno di questi riportava:
HARRY POTTER: IL PRESCELTO
Continuano a circolare voci sui recenti disordini misteriosi al Ministero della Magia, durante i quali Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è stato visto un’altra volta.
“Non siamo autorizzati a dire niente su quanto successo, non chiedetemi altro” ha detto un agitato Obliviatore, rifiutatosi di dare il proprio nome, mentre lasciava il Ministero l’altra notte.
Fonti ben informate all’interno del Ministero, tuttavia, hanno confermato che i maggiori fastidi si sono avuti presso la favolosa stanza delle Profezie.
Nonostante sino ad ora i portavoce del Ministero abbiano persino negato l’esistenza di questa stanza, un numero crescente di persone, nella comunità dei Maghi, crede che i Mangiamorte in servizio siano stati rinchiusi ad Azkaban per essersi introdotti nel ministero ed aver tentato di rubare una profezia. La natura di questa profezia è
sconosciuta, benché sia convinzione comune che riguardi Harry Potter, la sola persona conosciuta che sia sopravvissuta alla Maledizione che Uccide e che, cosa altrettanto risaputa, era presente al Ministero nella notte in questione. Qualcuno si è spinto a chiamare Potter il “Prescelto”, convinto che la profezia lo nomini come il solo in grado di sconfiggere Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Altri luoghi in cui possano essere conservate riproduzioni della profezia, se esistono, sono sconosciuti, benché… (Continua a pagina 2, colonna 5)
Un secondo quotidiano era aperto stava vicino al primo. Vi campeggiava il seguente titolo:
SCRIMGEOUR SOSTITUISCE CARAMELL
Una grossa porzione della prima pagina mostrava una grande foto in bianco e nero di un uomo con una criniera leonina di capelli spessi e la faccia devastata. La foto si muoveva –
l’uomo faceva cenni verso il soffitto.
Rufus Scrimgeour, ex Capo dell’Ufficio Auror nel Dipartimento di Applicazione della Legge Magica, ha sostituito Cornelius Caramell come Ministro della Magia. La nomina è stata salutata con grande entusiasmo dalla comunità dei Maghi, sebbene circolino voci di dissensi fra il nuovo Ministro e Albus Silente, nuovamente reinsediato Stregone Capo del Wizengamot, come si è scoperto a poche ore dall’insediamento di Scrimgeour. I rappresentanti di Scrimgeour ammettono che ha incontrato Silente subito dopo aver preso possesso dell’alto incarico, ma rifiutano di commentare gli argomenti della discussione. Si che Albus Silente…(Continua a pagina 3, colonna 2)
Alla sinistra di questo giornale ce n’era un altro, che era stato sfogliato in modo che mostrasse il titolo:
PROVVEDIMENTI DEL MINISTERO PER LA SICUREZZA DEGLI STUDENTI Il nuovo Ministro della Magia, Rufus Scrimgeour, ha parlato oggi delle nuove forti misure prese dal suo Ministero per assicurare la sicurezza degli studenti che ritorneranno questo autunno alla Scuola di Stregoneria e Magia di Hogwarts.
“Per ovvie ragioni, il Ministero non entrerà in dettagli riguardo il preciso piano di sicurezza posto in essere,” ha detto il Ministro, sebbene un dipendente abbia confermato che le misure includono incantesimi difensivi e magie, un complesso insieme di contro- maledizioni, e una piccola task force di Auror dedicati solamente alla protezione della scuola di Hogwarts.
Molti sembrano rassicurati dalla presa di posizione del Ministro sulla sicurezza degli studenti. La signora Augusta Paciock ha detto, “Mio nipote, Neville – buon amico di Harry Potter, casualmente, ha combattuto i Mangia Morte insieme a lui nel Ministero in Giugno e
…
Ma il resto di questa storia era nascosta da una grossa gabbia per uccelli che la copriva. All’interno si trovava una magnifica civetta delle nevi. Gli occhi ambrati sorvegliavano prepotentemente la stanza, la sua testa si girava occasionalmente per osservare il suo padrone che russava. Una volta o due aveva picchiato il becco impaziente, ma Harry era addormentato troppo profondamente per sentirla.
Un grosso baule ingombrava il centro della stanza. Il coperchio era aperto: sembrava pronto, ed invece era ancora vuoto tranne, a ricoprire il fondo, un resto di vecchia biancheria, caramelle, boccette d’inchiostro vuote, e penne rotte. Vicino, sul pavimento giaceva un opuscolo color porpora con scritto, in caratteri eleganti: Distribuito dal Ministero della Magia
PROTEGGI LA TUA CASA E LA FAMIGLIA CONTRO LE FORZE OSCURE
La comunità dei Maghi è attualmente sotto attacco da parte di un organizzazione che si fa chiamare Mangiamorte. Osservando le seguenti semplici norme di sicurezza potrete proteggere voi, la vostra famiglia, e la vostra casa dall’attacco. 1) Si consiglia di non lasciare mai la casa vuota.
2) Particolare attenzione dovrà essere fatta durante le ore notturne. Quando possibile, conviene completare i propri spostamenti prima del calare della notte. 3) Controllate le misure di sicurezza sulla vostra casa, facendo attenzione di avvisare tutti i membri della casa delle misure d’emergenza prese come Scudi, Incantesimi di Disillusione, e, in caso di membri della famiglia minorenni, Materializzazioni casuali. 4) Accordatevi su domande di sicurezza con gli amici più vicini e con la famiglia per riconoscere eventuali Mangiamorte camuffati sotto altri aspetti mediante l’uso di Pozione Polisucco (vedere pagina 2)
5) Se doveste accorgervi che un membro della famiglia, un collega, un amico, o un vicino si comporta in modo strano, contattate la Squadra di Applicazione della Legge Magica subito. Potrebbero essere vittima della Maledizione Imperius (vedere pagina 4) 6) Se il Marchio Nero dovesse apparire sopra una qualunque abitazione o su qualche palazzo, NON ENTRATE, ma contattate immediatamente l’Ufficio degli Auror. 7) Voci non confermati sostengono che i Mangiamorte ora possano usare Inferi (vedi pagina.Ogni avvistamento di un Inferio, o incontro con esso, dovrà essere segnalato al Ministero IMMEDIATAMENTE.
Harry grugnì nel sonno e la faccia gli scivolò sulla finestra di un pollice o più, facendo penzolare ancora di più gli occhiali, ma non si svegliò. Una sveglia, riparata da Harry, parecchi anni prima, ticchettava leggermente sul davanzale, segnando un minuto alle undici. Accanto, tenuta ferma dalla mano rilassata di Harry, c’era un pezzo di pergamena coperta da piccola obliqua scrittura. Harry l’aveva letta così spesso, da quando era arrivata tre giorni prima, che sebbene fosse stata consegnata in uno stretto rotolo, ora si manteneva completamente aperta.
Caro Harry,
Se lo ritieni opportuno, verrei al numero 4 di Privet Drive venerdì prossimo alle ventitre per scortarti alla Tana, dove sei stato invitato a passare il resto delle tue vacanze scolastiche.
Se sei d’accordo, avrei bisogno della tua assistenza per una questione che spero di risolvere durante il tragitto verso la Tana. Ti illustrerò ciò con maggiore precisione quando ci vedremo.
Sii così gentile da spedire la risposta con questo stesso gufo. Sperando di vederti venerdì, Sinceramente tuo
Albus Silente
Sebbene la conoscesse a memoria, Harry aveva letto la missiva ogni pochi minuti dalle sette di quella sera, quando aveva preso posto per la prima volta dietro la finestra della camera da letto, che consentiva una discreta visibilità su entrambi i lati di Privet Drive. Sapeva che era inutile rileggere le parole di Silente. Harry aveva rispedito il suo “Sì” con il gufo che l’aveva consegnata, come richiesto, e tutto quello che poteva fare adesso era aspettare, che Silente stesse veramente per arrivare, oppure no.
Ma Harry non aveva fatto i bagagli. Gli sembrava troppo bello per essere vero che stessero venendo a recuperarlo dai Dursley dopo soli quindici giorni in loro compagnia. Non poteva scrollarsi di dosso la sensazione che qualcosa non fosse andato per il verso giusto – la sua risposta per Silente fosse andata persa; Silente poteva avere degli intoppi e non riuscire ad andare a prenderlo; la lettera poteva non essere stata mandata da Silente, dopo tutto, ma essere solo un trucco, uno scherzo o magari una trappola. Harry non era stato capace di fare i bagagli prima di restare deluso e dover disfare tutto. La sola azione fatta in vista della possibilità di dover partire, era stata quella di chiudere la sua candida civetta, Edvige, al sicuro nella sua gabbia.
Sulla sveglia, la lancetta dei minuti raggiunse il numero dodici e, in quel preciso istante, i lampioni sulla strada si spensero.
Harry si svegliò come se l’improvvisa oscurità fosse un segnale d’allarme. Si raddrizzo frettolosamente gli occhiali e, staccando la guancia dal vetro, pigiò contro la finestra il naso, invece, e dette un’occhiata obliqua verso il sottostante marciapiede. Una figura alta con un lungo mantello ondeggiante procedeva sulle pietre del giardino. Harry saltò su come se avesse preso la scossa, dette un calcio alla sedia ed iniziò ad afferrare qualsiasi cosa raccogliendola da terra e scagliandola nel baule. Aveva appena gettato un pacco di vestiti, due libri di incantesimi, un pacchetto di croccante attraverso la stanza, che il campanello della porta suonò. Nel salotto al piano inferiore, suo zio Vernon urlò, “Chi ha il coraggio di suonare a quest’ora della notte?”
Harry si bloccò con un telescopio d’ottone in una mano ed un paio di scarpe da ginnastica nell’altra. Aveva completamente dimenticato di avvertire i Dursley che Silente sarebbe venuto. Fu pervaso da una sensazione di panico misto a ilarità, oltrepassò il baule con difficoltà ed aprì velocemente la porta della stanza giusto in tempo per sentire una voce profonda dire, “Buona Sera. Dovreste essere i Dursley. Oso supporre che Harry vi abbia detto che sarei venuto per prenderlo?”
Harry scese le scale due gradini alla volta, frenando improvvisamente parecchi passi prima della fine delle scale in quanto una lunga esperienza gli aveva insegnato a rimanere, quanto più possibile, a distanza di sicurezza dalle braccia dello zio. Sulla soglia della porta era ritto un uomo alto, magro, con capelli e barba argentati lunghi sino alla cintura. Occhiali a mezza luna erano appuntati sul suo naso aquilino e indossava un lungo mantello nero da viaggio e un cappello a punta. Vernon Dursley, i cui baffi erano folti quanto quelli di Silente, benché neri, e che vestiva un pigiama color pulce, osservava il visitatore come se non potesse credere ai suoi occhi porcini.
“A giudicare dal suo aspetto di sconcertata incredulità, Harry non vi ha avvertito del mio arrivo,” disse Silente compiaciuto. “In ogni caso, presupporremo che mi abbiate invitato calorosamente ad entrare in casa vostra. Non ritengo saggio attendere a lungo sulla porta in questi tempi così difficili.”
Superò di poco la soglia e chiuse la porta dietro di se.
“E’ passato molto tempo dalla mia ultima visita,” disse Silente, puntando il naso aquilino verso zio Vernon. “Devo dire che le vostre ortensie sono veramente rigogliose.”
Vernon Dursley non disse assolutamente nulla. Harry non dubitava che la parola gli sarebbe ritornata, e presto – le vene dello zio pulsavano sulle tempie segnalando che stava arrivando ad un livello pericoloso – ma qualcosa di Silente pareva avergli tolto temporaneamente il fiato. Forse era il suo eclatante aspetto da mago o, forse, poteva essere che perfino zio Vernon potesse rendersi conto che di fronte a lui aveva un uomo difficile da tiranneggiare.
“Ah, buona sera Harry,” disse Silente, guardandolo attraverso i suoi occhiali a mezza luna con un espressione molto soddisfatta. “Eccellente, eccellente.”
Queste parole parvero risvegliare zio Vernon. Era chiaro, per quel che gli concerneva, che un uomo che potesse guardare Harry e dire “eccellente” era un uomo che lui non avrebbe potuto mai guardare negli occhi.
“Non vorrei sembrare offensivo…” iniziò, con un tono che sprigionava offese in ogni sillaba.
“… ma, tristemente, casuali offese capitano tremendamente spesso,” Silente completò la frase gravemente. “Meglio non dire niente del tutto, mio caro. Ah, e questa deve essere Petunia.”
La porta della cucina si era aperta, ed era apparsa la zia di Harry, con i guanti di gomma e un grembiule sopra la camicia da notte, chiaramente sorpresa a metà delle sue consuete pulizie, da fare prima di coricarsi, di tutte le superfici della cucina. La sua faccia cavallina non mostrava alcuna sorpresa.
“Albus Silente,” si presentò Silente, vedendo che zio Vernon non accennava a presentarlo. “Ci siamo scambiati delle lettere, certo.” Harry pensò che fosse un modo per ricordare a zia Petunia che già una volta le aveva spedito una Strillettera, ma zia Petunia non replicò. “E questo deve essere vostro figlio, Dudley?”
Dudley aveva fatto capolino in quel momento per sbirciare dalla porta del salotto. La sua grossa testa bionda che poggiava direttamente sul colletto del pigiama a strisce, sembrò
stranamente inespressiva, la bocca aperta per la sorpresa e la paura. Silente aspettò un attimo o due, apparentemente per vedere se qualcuno dei Dursley avesse da dire qualcosa, ma sorrise al prolungarsi del silenzio.
“Devo presumere che mi abbiate invitato in salotto?”
Dudley schizzò via appena Silente lo oltrepassò. Harry, stringendo ancora il telescopio e le scarpe, salto giù dagli ultimi scalini e seguì Silente, che si era seduto sulla poltrona vicina al fuoco e guardando intorno con espressione di vivo interesse. Sembrava terribilmente fuori posto.
“È vero… è vero che ce ne andiamo, Signore?” Chiese Harry ansiosamente.
“Si, in effetti è così, ma ci sono prima alcune cose da discutere,” rispose Silente. “Ed è
preferibile non doverlo fare all’aperto. Dovremo approfittare dell’ospitalità di tuo zio e di tua zia ancora per poco.”
“Voi permettete, non è vero?”
Vernon Dursley era entrato nella stanza, Petunia era alle sue spalle e Dudley si rintanava dietro di loro.
“Si,” affermò Silente semplicemente, “è necessario.”
Estrasse la bacchetta con tale rapidità che Harry riuscì a seguirlo a malapena; con un colpetto disinvolto, il divano venne avanti e colpì le ginocchia di tutti e tre i Dursley costringendoli a cadere seduti. Un altro movimento della bacchetta e il divano tornò alla sua posizione originale.
“Dobbiamo metterci comodi,” disse Silente con simpatia.
Mentre rimetteva a posto la bacchetta in tasca, Harry notò che aveva la mano annerita e raggrinzita; sembrava come se la carne fosse stata bruciata.
“Signore… che è successo alla sua …?”
“Dopo, Harry,” disse Silente. “Per favore siediti.”
Harry si accomodò nella poltrona rimanente, cercando di non guardare i Dursley che sembravano pietrificati nel loro silenzio.
“Mi sarei aspettato che mi fosse offerto qualcosa da bere,” affermò Silente verso zio Vernon, “ma l’evidenza, fino ad ora, dimostra che ciò sarebbe tanto ottimistico da rasentare la stupidità.”
Un terzo tocco di bacchetta, e una bottiglia polverosa e cinque bicchieri comparvero a mezz’aria. La bottiglia si inclinò e versò una generosa quantità di liquido denso e colorato in ognuno dei bicchieri, che galleggiavano davanti ad ogni persona nella stanza.
“L’eccellente idromele aromatico di Madama Rosmerta,” esclamò Silente, alzando il bicchiere verso Harry, che prese il suo e cominciò a centellinare. Non aveva mai assaggiato niente del genere, prima, ma gli piacque immensamente. I Dursley, scambiandosi un breve sguardo impaurito, cercarono di ignorare del tutto i loro bicchieri, impresa difficile, visto che fluttuavano dolcemente a lato della loro testa. Harry non poté accantonare il sospetto che Silente si stesse divertendo un mondo.
“Bene, Harry,” disse Silente, girandosi dalla sua parte, “è sorto un problema che spero tu sia in grado a risolvere per noi. E quando dico «noi», intendo l’Ordine della Fenice. Ma prima di tutto devo dirti che il testamento di Sirius è stato aperto la settimana scorsa e che ti lascia erede di tutti suoi averi.”
Sul divano, la testa di zio Vernon si girò, ma Harry non lo guardò, non poté dire altro eccetto che, “Oh. Bene.”
“E’ così, senz’altro,” continuò Silente. “Aggiungi una ragionevole quantità d’oro al tuo conto alla Gringott ed erediti tutti gli averi di Sirius. La parte un po’più problematica del lascito...”
“Il suo padrino è morto?” disse zio Vernon sonoramente dal divano. Silente e Harry si girarono entrambi a guardarlo. Il bicchiere di idromele stava percuotendo insistentemente la testa di Vernon che tentò di spingerlo via. “E’ morto? Il suo Padrino?”
“Si,” affermò Silente. Non chiese perché Harry non l’avesse detto ai Dursley. “Il nostro problema,” continuò verso Harry, come se non ci fosse stata alcuna interruzione, “è che Sirius ti ha lasciato anche il numero dodici di Grimmauld Place.”
“Gli ha lasciato una casa?” disse zio Vernon interessato, i suoi piccoli occhi si strinsero, ma non gli fu risposto nulla.
“Potete tenervelo come quartier generale,” rispose Harry. “Non mi interessa. Potete tenerlo, non lo voglio davvero.” Harry non intendeva mai più rimettere piede al numero dodici di Grimmauld Place. Pensava che sarebbe stata frequentata per sempre dalla memoria di Sirius, furtivamente vagante tra quelle oscure ed ammuffite stanze solitarie, imprigionata dentro posti che avrebbe voluto disperatamente lasciare.
“È molto generoso da parte tua,” affermò Silente. “Siamo stati costretti, però, ad abbandonare temporaneamente l’edificio.”
“Come mai?”
“Be’,” rispose Silente, ignorando i mugolii di zio Vernon, che era colpito in testa, sempre più spesso, dall’insistente bicchiere di idromele, “la tradizione della famiglia Black decretava che la casa dovesse essere ereditata in linea diretta dal più prossimo erede maschio col nome «Black». Sirius era l’ultimo in linea ereditaria con il fratello Regulus, morto prima di lui ed entrambi senza figli. Mentre le sue volontà dichiaravano esplicitamente l’idea di lasciare a te la casa, non si può escludere la possibilità che alcuni incantesimi siano stati messi in atto per assicurarsi che non possa essere posseduta da altri che purosangue.”
Un immagine nitida dell’urlante, becero ritratto della madre di Sirius esposto nell’ingresso del numero dodici di Grimmauld Place, comparve nella mente di Harry.
“Scommetto che ci sono,” rispose.
“Appunto,” disse Silente. “E se tali incantesimi esistono, allora la proprietà della casa passerebbe al più anziano parente vivente di Sirius, e questo significa sua cugina, Bellatrix Lestrange.”
Senza accorgersi di quello che stava facendo, Harry balzò di colpo in piedi; il telescopio e le scarpe che teneva rotolarono sul pavimento. Bellatrix Lestrange, l’omicida di Sirius, ereditare la sua casa?
“No,” esclamò.
“Bene, ovviamente anche noi preferiremmo che non l’avesse,” disse calmo Silente. “La situazione è delicata e complicata. Non sappiamo se l’incantesimo che abbiamo piazzato, per esempio, rendendolo indisegnabile, rimarrà adesso che la proprietà è passata dalle mani di Sirius. Potrebbe darsi che Bellatrix si presenti alla porta in ogni momento. Naturalmente abbiamo spostato tutto finché la situazione non si sarà chiarita,”
“Ma come farete a scoprire se mi sarà permesso ereditarla?”
“Fortunatamente,” disse Silente, “c’è un semplice test.”
Egli mise il suo bicchiere vuoto su un tavolino posto a lato della sua poltrona ma, prima che egli potesse fare qualunque cosa, zio Vernon urlò, “Potete discutere i vostri sporchi affari fuori di qui?”
Harry si guardò intorno. Tutti e tre i Dursley si riparavano con le braccia sulla testa mentre i loro bicchieri picchiavano sulle loro teste, schizzando il contenuto ovunque.
“Oh, mi dispiace,” disse Silente in modo cortese, e alzò di nuovo la bacchetta. Tutti e tre i bicchieri scomparvero. “Ma potevate berli, sapete.”
Fissò zio Vernon per vedere se l’avrebbe assalito con una serie di improperi, ma questi si ritirò tra i cuscini con zia Petunia e Dudley e non rispose nulla, tenendo d’occhio la bacchetta di Silente con i suoi occhi porcini.
“Vedi,” riprese Silente, tornando ad Harry e di nuovo parlando come se zio Vernon non avesse proferito parola, “se hai ereditato la casa, hai anche ereditato…”
Egli mosse per la quinta volta la bacchetta. Ci fu un basso rumore, e apparve un elfo domestico con un grugno per naso, gigantesche orecchie da pipistrello ed enormi occhi iniettati di sangue, strusciando sul peloso tappeto dei Dursley e coperto da un sudicio cencio. Zia Petunia emise un urlo acuto; nulla di così sporco, per quanto poteva ricordare, era mai entrato in casa sua. Dudley sollevò dal pavimento i larghi e rosa piedi nudi avvicinandoli quanto più poteva alla testa, come se pensasse che la creatura potesse corrergli su per i pantaloni del pigiama. e zio Vernon mugghiò, “Cosa diavolo è
questo?”
“Kreacher,” concluse Silente.
“Kreacher non vuole, Kreacher non vuole, Kreacher non vuole!” gracchiò l’elfo domestico, tanto rumorosamente quanto zio Vernon, pestando i suoi lunghi piedi grinzosi e tirandosi le orecchie. “Kreacher appartiene a Miss Bellatrix, oh si, Kreacher appartiene ai Black, Kreacher vuole andare con la sua nuova padrona, Kreacher non vuole andare con quel ragazzaccio di un Potter, Kreacher non vuole, non vuole, non vuole…”
“Come puoi vedere, Harry,” disse forte Silente, per superare Kreacher coi suoi continui gracidii di “Non vuole, Non vuole, Non vuole…”, “Kreacher sta mostrando una certa riluttanza a passare in tua proprietà.”
“Non m’interessa,” disse Harry di nuovo, osservando con disgusto il contorcersi ed il picchiarsi dell’elfo domestico. “Non lo voglio.”
“Non voglio, non voglio, non voglio!”
“Preferiresti passasse di proprietà di Bellatrix Lestrange? Pur sapendo che ha vissuto al quartier generale dell’Ordine delle Fenice l’anno scorso?”
“Non voglio, non voglio, non voglio!”
Harry fissava Silente. Sapeva che non potevano permettersi che Kreacher andasse a vivere con Bellatrix Lestrange, ma l’idea di possederlo, di avere la responsabilità di una creatura che aveva tradito Sirius era ripugnante.
“Dagli un ordine,” propose Silente. “Se è diventato di tua proprietà dovrà obbedirti, altrimenti dovremo pensare a qualche altro sistema per impedirgli di entrare in contatto col suo legittimo proprietario”
“Non voglio, non voglio, non voglio, NON VOGLIO!”
La voce di Kreacher era diventata un urlo. Harry non riuscì a pensare a nient’altro da dire se non: “Kreacher, stai zitto!”
Per un momento sembrò che Kreacher fosse rimasto soffocato. Si toccò la gola, la sua bocca stava ancora lavorando furiosamente, gli occhi fuori dalle orbite. Dopo pochi secondi fece un singulto affranto, si buttò a faccia in giù sul tappeto (zia Petunia inorridì) e batté sul pavimento con mani e piedi, sfogandosi in una manifestazione d’ira violenta ma completamente silenziosa.
“Bene, questo semplifica le cose,” disse Silente allegramente. “Sembra che Sirius sapesse quello che stava facendo. Sei il legittimo proprietario del numero dodici di Grimmauld Place e di Kreacher.”
“Devo… Dovrei tenerlo con me?” chiese inorridito Harry, mentre Kreacher si gettava ai suoi piedi.
“No se non lo vuoi,” ripose Silente. “Se posso darti un consiglio, potresti mandarlo ad Hogwarts a lavorare nelle cucine. In questo modo gli altri elfi domestici potrebbero tenerlo d’occhio.”
“Giusto,” disse Harry sollevato, “Giusto, farò così. Ehm… Kreacher… voglio che tu vada ad Hogwarts a ti metta a lavorare nelle cucine con gli altri elfi domestici.”
Kreacher, che adesso giaceva supino con gambe e braccia all’aria, dette ad Harry uno sguardo di profondo disgusto e, con una altro forte crack, scomparve.
“Bene,” disse Silente. “C’è anche l’argomento ippogrifo, Fierobecco. Hagrid lo sta curando da quando Sirius è morto, ma Fierobecco è tuo adesso, così se preferisci dargli un’altra sistemazione…”
“No,” confermò di nuovo Harry, “può stare con Hagrid. Penso che Fierobecco lo preferisca.”
“Hagrid ne sarà felice,” affermò Silente, sorridendo. “Era entusiasta di rivedere Fierobecco. Casualmente avremmo deciso, nell’interesse della sicurezza di Fierobecco, di ribattezzarlo «Alicrespe» per il futuro, anche se dubito che il Ministero possa riconoscere l’ippogrifo di cui aveva dichiarato la condanna a morte. Ora, Harry, è pronto il tuo baule?”
“Ehm…”
“Dubitavi che venissi?” suggerì Silente astutamente.
“Vado e… ehm… lo finisco,” rispose concisamente Harry, raccogliendo velocemente il telescopio e le scarpe a tennis.
Gli ci vollero un po’ più di dieci minuti per caricare tutto quello di cui aveva bisogno. Alla fine era riuscito a tirar fuori il mantello dell’Invisibilità da sotto il letto, chiudere bene il calamaio di inchiostro cangiante e forzare il coperchio del baule a chiudersi nonostante il calderone. Poi, trascinando il baule con una mano e la gabbia di Edvige con l’altra, discese di nuovo dalle scale.
Fu un po’ deluso nel vedere che Silente non lo aspettava nell’ingresso, perché significava che avrebbe dovuto tornare in salotto.
Nessuno parlava. Silente mormorava silenziosamente, apparentemente di buon umore, ma l’atmosfera era più densa di un budino alla crema freddo, e Harry non degnò i Dursley di uno sguardo ai mentre diceva, “Professore… sono pronto adesso.”
“Bene,” disse Silente. “Solo un’ultima cosa, allora.” E si girò per parlare ai Dursley un'altra volta.
“Come certamente sapete, Harry diventa maggiorenne fra un anno …”
“No,” rispose zia Petunia, parlando per la prima volta dall’arrivo di Silente.
“Scusi?” chiese Silente cortesemente.
“No, non lo diventa. E’ di un mese più giovane di Dudley, e Dudders avrà diciotto anni solo l’anno successivo al prossimo.”
“Ah,” disse piacevolmente Silente, “ma nel mondo della Magia, si diventa maggiorenni all’età di diciassette anni.”
Zio Vernon mormorò “ridicolo,” ma Silente lo ignorò,
“Ora, come già sapete, il mago chiamato Lord Voldemort è ritornato in questo paese. La comunità Magica è attualmente in stato di guerra. Harry, che Lord Voldemort ha già
tentato di uccidere in numerose occasioni, è in grande pericolo ora quanto il giorno in cui lo lasciai alla vostra porta quindici anni fa, con una lettera di spiegazioni sui suoi genitori assassinati ed esprimendo il desiderio che lo poteste tenere come se fosse vostro.”
Silente fece una pausa, e nonostante la sua voce rimanesse calma e chiara ed egli non mostrasse alcun evidente segno di rabbia, Harry sentì un certo senso di gelo emanare da lui e notò che i Dursley si strinsero leggermente l’uno all’altro.
“Non avete fatto quello che vi avevo chiesto. Non avete mai trattato Harry come un figlio. Egli non ha ricevuto altro da voi che indifferenza e spesso crudeltà. La cosa migliore che possa dire è che almeno è sfuggito al terrificante danno che avete inflitto al ragazzo sfortunato che siede in mezzo a voi.”
Sia zia Petunia che zio Vernon si guardarono attorno istintivamente, come se si aspettassero di vedere qualcun altro oltre Dudley.
“Noi… maltrattare Dudders? Ma che…?” iniziò zio Vernon furiosamente, ma Silente alzò
l’indice ottenere silenzio, un silenzio che sembrò come se avesse stregato zio Vernon togliendogli la favella.
“La magia che avevo evocato quindici anni fa ha come effetto che Harry è profondamente protetto fintanto che può ancora chiamare questa «casa» questo luogo. Per quanto miserabile sia stato qui, per quanto malaccetto, per quanto maltrattato, alla fine gli avete permesso, a malincuore, di avere una sua stanza. Questa magia cesserà di funzionare nel momento in cui Harry compirà diciassette anni; in altre parole, al momento che diventerà un uomo. Vi chiedo solo questo: che permettiate ad Harry di ritornare, per l’ultima volta, in questa casa prima del suo diciassettesimo compleanno, cosa che consentirà di garantire che quella protezione continui fino a quel momento.”
Nessuno dei Dursley disse nulla. Dudley si stava accigliando silenziosamente come se stesse cercando di ricordare quando era stato maltrattato, zio Vernon si guardò attorno come se avesse qualcosa di traverso nella gola; zia Petunia, invece, era stranamente arrossita.
“Bene, Harry… è tempo di andarcene” affermò Silente alla fine, alzandosi e sistemandosi il lungo mantello nero. “Al prossimo incontro,” disse ai Dursley, che lo guardavano come se questo momento potesse aspettare per sempre per quanto li riguardava e, dopo aver indossato il cappello, uscì dalla stanza.
“Arrivederci,” disse Harry ai Dursley con risentimento, e seguì Silente, che si fermò
davanti al baule di Harry, su cui era posata la gabbia di Edvige.
“Non voglio appesantirmi con questi adesso,” disse, prendendo di nuovo la bacchetta. “Li manderò alla Tana ad aspettarci là. Comunque, prendi il tuo Mantello dell’Invisibilità…
giusto ce ne fosse bisogno.”
Harry estrasse il mantello dal baule con un po’ di difficoltà, cercando di non mostrare a Silente la confusione che c’era dentro. Quando l’ebbe messo nella tasca interna della sua giacca, Silente scosse la bacchetta ed il baule, la gabbia ed Edvige svanirono. Silente allora agitò di nuovo la bacchetta, e la porta esterna si aprì sopra una fredda, nebbiosa oscurità.
“Ed ora, Harry, muoviamo i nostri passi nella notte e seguiamo questa fugace avventura tentatrice.”
CAPITOLO QUATTRO
HORACE SLUGHORN
Nonostante avesse passato ogni istante dei giorni passati in cui era stato sveglio sperando disperatamente che Silente venisse a prenderlo, Harry si sentiva chiaramente a disagio a lasciare Privet Drive insieme a lui. Non aveva mai avuto una vera e propria conversazione con il preside al di fuori di Hogwarts prima; in genere tra loro c’era sempre stata una scrivania. Inoltre il ricordo del loro ultimo incontro faccia a faccia continuava ad intromettersi nei suoi pensieri, e questo accresceva abbastanza l’imbarazzo di Harry; aveva alzato parecchio la voce in quella occasione, per non dire che aveva fatto del suo meglio per mandare in frantumi diversi tra i più costosi beni di Silente. Silente, comunque, sembrava completamente rilassato.
“Tieni la tua bacchetta pronta, Harry,” disse allegramente.
“Ma io credevo che non mi fosse permesso usare la magia al di fuori della scuola, Signore?”
“Se c’è un attacco,” disse Silente, “ti do il permesso di usare ogni contro-fattura o contromaledizione che potrebbe venirti in mente. Comunque, non penso che tu abbia bisogno di preoccuparti di essere attaccato per questa notte.”
“Perché Signore?”
“Sei insieme me,” disse semplicemente Silente. “Questo è sufficiente, Harry.”
Fece una brusca fermata alla fine di Privet Drive.
“Naturalmente non hai ancora passato l’esame di Materializzazione, vero?” Disse.
“No,” rispose Harry. “Credevo che fosse necessario avere diciassette anni.”
“Infatti,” disse Silente. “allora dovrai tenerti molto saldamente al mio braccio. La mia sinistra, se non ti spiace – come hai notato il braccio destro è un po’ fragile al momento.”
Harry strinse l’avambraccio offerto da Silente.
“Ottimo,” disse Silente. “Bene, andiamo.”
Harry sentì il braccio di Silente dare uno strattone e raddoppiò la presa; la successiva sensazione che percepì fu che tutto diventò nero; era pesantemente schiacciato da tutte le parti; non poteva respirare, c’erano delle fasce di ferro che si stringevano intorno al suo petto; i suoi bulbi oculari venivano forzati all’interno della testa; i suoi timpani venivano spinti sempre più dentro il suo cranio e poi …
Respirò a pieni polmoni l’aria fresca della notte e aprì gli occhi che lacrimavano. Si sentiva come se avesse appena attraversato forzatamente uno stretto tubo di gomma. Ci vollero pochi secondi prima che realizzasse che Privet Drive era svanito. Lui e Silente stavano in piedi in quello che sembrava essere una piazza di un villaggio deserto, nel centro della quale si trovavano un vecchio monumento ai caduti e poche panchine. Non appena recuperò i sensi, Harry realizzò che si era appena Materializzato per la prima volta nella sua vita.
“Stai bene?” Domandò Silente, guardando verso di lui preoccupato. “È una sensazione che necessita di un po’ di pratica prima di farci l’abitudine.”
“Sto bene,” disse Harry, sfregandosi le orecchie, che sentiva come se avessero lasciato Privet Drive con una certa riluttanza. “Anche se credo di preferire le scope.”
Silente sorrise, chiuse il suo mantello da viaggio un po’ di più intorno al collo, e disse, “
per di qua.”
Si muoveva a passo svelto, davanti ad una locanda vuota e a poche case. L’orologio di una vicina chiesa segnava quasi mezzanotte.
“Così dimmi, Harry,” chiese Silente. “La tua cicatrice … ti ha fatto ancora male?”
Inconsciamente Harry portò la mano alla fronte e si accarezzò il marchio a forma di saetta.
“No,” rispose, “e il fatto mi ha meravigliato. Pensavo che mi avrebbe fatto male tutto il tempo ora che Voldemort sta diventando di nuovo così potente.”
Lanciò uno sguardo a Silente e vide che aveva un’espressione soddisfatta.
“Io, invece, la pensavo diversamente da te,” disse Silente. “Lord Voldemort ha finalmente realizzato che hai goduto di un pericoloso accesso ai suoi pensieri e sentimenti. Sembra che ora si stia servendo dell’Occlumanzia contro di te.”
“Bene, non me ne lamento,” disse Harry, che non aveva nostalgia né dei sogni agitati né
degli allarmanti flash nella mente di Voldemort.
Girarono un angolo, oltrepassando una cabina del telefono e una pensilina per gli autobus. Harry si voltò a guardare ancora verso Silente. “Professore?”
“Harry?”
“Ehm – dove siamo esattamente?”
“Questo, Harry, è l’incantevole villaggio di Budleigh Babberton.”
“E che cosa stiamo facendo qui?”
“Ah, sì, è vero, non te l’ho detto,” disse Silente. “Bene, ho perso il conto del numero di volte che ho detto questa frase negli ultimi anni, ma siamo, ancora una volta, a corto di un membro dello staff. Siamo qui per persuadere un mio vecchio collega ad abbandonare il pensionamento e tornare ad Hogwarts.”
“Come posso essere d’aiuto in ciò, signore?”
“Oh, penso che troveremo il modo di renderti utile,” disse Silente vagamente. “Qui a sinistra, Harry.”
Proseguirono su una strada ripida, angusta e fiancheggiata da case. Tutte le finestre erano scure. Lo strano freddo che c’era stato per due settimane a Privet Drive continuava anche qui. Pensando ai Dissennatori, Harry gettò un’occhiata sopra le sue spalle e strinse per sicurezza la bacchetta che aveva in tasca.
“Professore, perché non possiamo semplicemente Materializzarci direttamente in casa del suo vecchio collega?”
“Perché sarebbe altrettanto maleducato quanto abbattere a calci la porta di ingresso,”
disse Silente, “la buona educazione impone che diamo ai compagni maghi la possibilità
di vietarci di entrare. In ogni caso, molte abitazioni di maghi sono magicamente protette da Materializzatori indesiderati. Ad Hogwarts, per esempio…”
“… non puoi Materializzarti in nessun luogo all’interno degli edifici o sotterranei,”
concluse velocemente Harry. “Me l’ha detto Hermione Granger.”
“E ha ragione. Giriamo ancora a sinistra.”
L’orologio della chiesa suonò la mezzanotte dietro di loro. Harry si domandava come mai Silente non riteneva maleducato fare visita ad un vecchio collega così tardi, ma ora che la conversazione era stata instaurata, aveva domande ben più pressanti da fare.
“Signore, ho letto sulla Gazzetta del Profeta che Caramell è stato congedato…”
“Corretto,” disse Silente, illuminando ora una strada scoscesa di lato. “È stato sostituito, cosa che sono sicuro saprai, da Rufus Scrimgeour, che era il capo dell’ufficio degli Auror.”
“Lui è … lei pensa che sia bravo?” Domando Harry.
“Una domanda interessante,” disse Silente. “È capace, sicuramente. Una personalità più
decisa e forte di Cornelius.”
“Si ma io volevo dire …”
“Lo so cosa intendevi. Rufus è un uomo d’azione e, avendo combattuto Maghi Oscuri per la maggior parte della sua vita lavorativa, non sottovaluta Lord Voldemort.”
Harry aspettò, ma Silente non aggiunse altro in merito al litigio con Scrimgeour che la Gazzetta del Profeta aveva riportato, e lui non ebbe la faccia tosta di affrontare l’argomento, così lo cambiò.
“E … Signore … Ho letto anche di Madama Bones.”
“Si,” disse Silente semplicemente. “Una perdita terribile. Era una grande strega. Appena qui sopra, credo…ohi.”
Aveva indicato con la mano ferita.
“Professore, cosa è successo alla sua …?”
“Non ho tempo di spiegartelo ora,” disse Silente. “È una storia sensazionale, desidero darle giusto rilievo.”
Sorrise ad Harry, che capì che non era un rimprovero, ma che aveva il permesso di continuare con le domande.
“Signore – ho ricevuto via gufo un volantino del Ministero della Magia, sulle misure di sicurezza che dovremmo tutti tenere contro i Mangiamorte …”
“Si, ne ho ricevuto uno anche io,” disse Silente, ancora sorridendo. “L’hai trovato utile?”
“Non realmente.”
“No, penso di no. Non mi hai domandato, per esempio, quale è il mio gusto preferito di marmellata, per verificare che io sono senza ombra di dubbio il professor Silente e non un impostore.”
“No non l’ho fatto …” Harry iniziò, non completamente sicuro se fosse stato rimproverato o meno.
“Come riferimento per il futuro, Harry, è il lampone … sebbene certamente, se io fossi un Mangiamorte, mi assicurerei di verificare quali sono le mie marmellate preferite prima di impersonare me stesso.”
“Ehm … corretto,” disse Harry. “Bene, su quel volantino, parlava di qualcosa circa gli Inferi. Cosa sono esattamente? Il volantino non era molto chiaro.”
“Sono dei cadaveri,” rispose Silente tranquillamente. “Corpi morti che sono stati stregati per eseguire gli ordini di Maghi Oscuri. Non si sono visti Inferi per un lungo periodo, comunque, non dall’ultima volta quando Voldemort era potente … Lui ha ucciso un numero sufficiente di persone da mettere in piedi un esercito, certamente. Questo è il posto, Harry, proprio qui …”
Erano vicino ad un piccola, graziosa casetta in pietra circondata da un giardino. Harry era troppo impegnato a digerire l’orribile idea degli Inferi per prestare attenzione a qualsiasi altra cosa, ma non appena raggiunsero il cancello d’entrata, Silente si fermò di colpo e Harry gli finì addosso.
“Oh santo cielo. Oh cielo, cielo, cielo.”
Harry seguì il suo sguardo sul sentiero che si snodava accuratamente davanti e si sentì
mancare. La porta di ingresso penzolava fuori dai cardini.
Silente gettò un rapido sguardo avanti e indietro la strada. Sembrava alquanto deserta.
“Fuori la bacchetta e seguimi, Harry,” disse con calma.
Aprì il cancello e camminò rapidamente e in silenzio sul sentiero del giardino, con Harry alle calcagna, poi spinse la porta d’ingresso molto lentamente, con la bacchetta alzata e pronta.
“Lumos.”
La punta della bacchetta di Silente si illuminò, gettando la sua luce su un angusto corridoio. Alla sinistra, un’altra porta era aperta. Stringendo la bacchetta illuminata, Silente camminò nel salotto con Harry sempre immediatamente dietro di lui. Una scena di totale devastazione si presentò ai loro occhi. Un grande orologio a pendolo giaceva ridotto in pezzi ai loro piedi, il quadrante rotto, il pendolo che giaceva al di fuori dalla cassa come una spada abbandonata. Un pianoforte era di lato, i tasti sparpagliati sul pavimento. Le rovine di un lampadario a bracci penzolavano affianco. I cuscini giacevano svuotati, le piume fuoriuscivano lentamente dagli squarci sui lati; frammenti di vetro e porcellane giacevano come polvere su ogni cosa. Silente alzò la sua bacchetta ancora più in alto, così che la sua luce fosse puntata sui muri, dove una sostanza rosso scuro e gelatinosa era stata schizzata sulla carta da parati. Un piccolo respiro di Harry fece voltare Silente.
“Non molto attraente, no?” Disse gravemente. “Si, qualcosa di orribile è accaduto qui.”
Silente si mosse con cautela nel mezzo della stanza, scrutando minuziosamente i rottami ai suoi piedi. Harry lo seguì, guardandosi intorno, mezzo spaventato per cosa poteva scoprire nascosto tra le rovine del piano o del sofà capovolto, ma non c’era alcun segno di un corpo.
“Forse c’è stata una lotta e – e l’hanno trascinato via, Professore?” Harry suggerì, cercando di non immaginare quanto malamente dovesse essere ferito un uomo per lasciare quelle macchie che imbrattavano i muri.
“Non credo,” disse Silente con calma, scrutando dietro una poltrona imbottita che giaceva di lato.
“Lei pensa che lui sia …?”
“Ancora qui da qualche parte? Si.”
E senza preavviso, Silente si lanciò, immergendo la punta della sua bacchetta nel sedile della poltrona che urlò, “Ohi!”
“Buona sera, Horace,” disse Silente raddrizzandosi di nuovo.
Harry rimase a bocca aperta. Dove una frazione di secondo prima c’era stata una poltrona, ora c’era accovacciato un uomo enormemente grasso, calvo, vecchio che si massaggiava il basso ventre e lanciava occhiatacce a Silente con occhi arrabbiati e pieni di lacrime.
“Non c’era nessun bisogno di conficcare la bacchetta così forte,” disse bruscamente, mettendosi con difficoltà in piedi. “Mi hai fatto male.”
La luce della bacchetta illuminò la sua testa lucida, i suoi occhi prominenti, i suoi enormi, grigi baffi da tricheco, ed i bottoni luccicanti della giacca di velluto marrone che indossava sopra un paio di pantaloni di un pigiama di seta lilla. La sua testa raggiungeva a fatica il mento di Silente.
“Cosa mi ha tradito?” Grugnì non appena si mise in piedi, ancora massaggiando il basso ventre, Sembrava sorprendentemente impassibile per uno che è stato appena scoperto mentre fingeva di essere una poltrona.
“Mio caro Horace,” disse Silente, sembrando divertito, “se i Mangiamorte fossero davvero venuti a chiamarti, il Marchio Nero sarebbe stato sulla casa.”
Il mago si batté una grassa mano sulla fronte.
“Il Marchio Nero,” borbottò. “Lo sapevo che c’era qualcosa … ah bene. Comunque non avrei avuto tempo, avevo appena finito di ritoccare la mia tappezzeria quando siete entrati nella stanza.”
Sospirò così forte da far fluttuare le punte dei suoi baffi.
“Gradisci la mia assistenza per ripulire?” Chiese Silente educatamente.
“Si grazie,” disse l’altro.
Si misero schiena contro schiena, il mago alto e magro ed il mago basso e grassottello, e fecero ondeggiare le loro bacchette in uno stesso identico ampio movimento. I mobili volarono indietro nelle loro posizioni originali, le decorazioni si riformarono a mezz’aria, le piume entrarono nei cuscini, i libri strappati si ripararono da soli non appena approdarono sugli scaffali, le lanterne ad olio salirono sui tavoli laterali e si riaccesero; una vasta collezione di cornici d’argento ridotte in pezzi volarono luccicando attraverso la stanza e discesero, intere e immacolate su una scrivania; strappi, incrinature e buchi si rimarginarono ovunque, e le mura si pulirono da sole.
“Che tipo di sangue era, per inciso?” Domandò Silente sovrastando con la voce i rintocchi del nuovamente immacolato orologio a pendolo.
“Sui muri? Drago,” urlò il mago di nome Horace, mentre, con un assordante stridio e tintinnio, il lampadario a braccio si avvitava da solo al soffitto.
Ci fu un suono metallico finale del piano, e poi silenzio.
“Si, drago,” ripeté il mago in maniera loquace. “La mia ultima bottiglia, e i prezzi sono alle stelle al momento. Ma può ancora essere riutilizzato.”
Si mosse pesantemente verso una piccola bottiglia di cristallo che era sulla credenza e la mise davanti alla luce, esaminando il liquido denso al suo interno.
“Hmm. Un po’ impolverato.”
Mise la bottiglia a posto sulla credenza e sospirò. Fu allora che il suo sguardo cadde su Harry.
“Oh,” disse, mentre i suoi occhi larghi e rotondi volavano sulla fronte di Harry e sulla cicatrice a forma di saetta che la solcava. “Oh!”
“Lui,” disse Silente, muovendosi come per fare le presentazioni, “è Harry Potter. Harry, lui è un mio vecchio amico e collega, Horace Slughorn.”
Slughorn si girò verso Silente, con un’espressione furbesca. “Così questo è il modo con cui tu pensi di persuadermi, non è vero? Bene, la risposta è no, Albus.”
Spinse via Harry, volse risolutamente il viso dall’altro lato con l’aria di un uomo che cerca di resistere alle tentazioni.
“Suppongo che possiamo berci un drink, dopo tutto?” chiese Silente. “Alla salute dei vecchi tempi?”
Slughorn esitò.
“Va bene allora, un drink,” disse senza alcuna grazia.
Silente sorrise ad Harry e gli porse una sedia non dissimile da quella che Slughorn aveva recentemente interpretato, che stava proprio accanto al fuoco che bruciava nuovamente e ad una lampada ad olio che brillava intensamente. Harry prese posto con la chiara impressione che Silente per qualche ragione, voleva tenerlo il più visibile possibile. Certamente quando Slughorn, che era impegnato con caraffe e bicchieri, si voltò di nuovo verso la stanza, i suoi occhi caddero immediatamente su Harry.
“Mah,” disse, guardando rapidamente altrove come se temesse di ferirsi gli occhi. “Ecco
…” Diede un drink a Silente, che si era messo a sedere senza invito, spingendo il vassoio a Harry, e poi sprofondò nei cuscini del riparato sofà e in un silenzio scontento. Le sue gambe erano così corte che non toccavano il pavimento.
“Bene, come te la passi Horace?” Chiese Silente.
“Non troppo bene,” disse Slughorn subito. “Torace debole. Affannato. Anche i reumatismi. Non mi posso più muovere come ero abituato. Certo, questo è quanto ci aspetta. L’età. La stanchezza.”
“E tuttavia ti sei dovuto muovere abbastanza velocemente per prepararci un tale benvenuto con un così breve preavviso,” disse Silente. “Non puoi aver avuto più di tre minuti di preavviso?”
Slughorn rispose, per metà irritato e per metà orgoglioso, “Due. Non ho sentito il mio Incantesimo Bloccaintrusi, stavo facendo un bagno. Comunque,” aggiunse severamente, dando l’impressione di fare un passo indietro, “rimane il fatto che sono un uomo vecchio, Albus. Un vecchio uomo stanco che si è guadagnato il diritto ad una vita tranquilla con qualche comodità.”
Certamente aveva queste cose, pensò Harry, guardando intorno la stanza. L’aria sapeva di chiuso e era in disordine, eppure nessuno avrebbe potuto dire che non era confortevole; c’erano morbide sedie e poggiapiedi, bevande e libri, scatole di cioccolatini e cuscini ben imbottiti. Se Harry non avesse conosciuto chi viveva lì, avrebbe ipotizzato un’anziana signora ricca e carica di fronzoli.
“Non sei ancora vecchio quanto me, Horace,” disse Silente.
“Bene, forse dovresti pensare al pensionamento anche tu,” disse Slughorn in maniera diretta. I suoi occhi a forma di pallida uva spina avevano scoperto la mano ferita di Silente. “Le tue reazioni non sono più quelle di una volta, vedo.”
“Hai proprio ragione,” disse Silente serenamente, tirando indietro la manica per rivelare la punta di quelle dita bruciate e annerite; la loro vista fece venire ad Harry spiacevoli brividi sulla nuca. “Indubbiamente sono più lento di come ero. Ma d’altro canto …”
Alzò le spalle e spalancò le braccia, come per dire che l’età ha le sue compensazioni, e Harry notò un anello sulla mano ferita che non aveva mai visto indossare da Silente prima. Era largo, di fattura piuttosto rozza e di un materiale che sembrava oro, ed aveva incastonata una pesante pietra nera spaccata proprio nel mezzo. Anche gli occhi di Slughorn indugiarono per un momento sull’anello, e Harry notò un lieve cipiglio increspare per un attimo la sua ampia fronte.
“Così, tutte queste precauzioni contro gli intrusi, Horace … sono a beneficio dei Mangiamorte o mie?” domandò Silente.
“Cosa potrebbero volere i Mangiamorte da un povero vecchio malridotto e rimbecillito come me?” domandò Slughorn.
“Immagino che avrebbero voluto che tu deviassi il tuo considerevole talento verso la coercizione, tortura e morte,” disse Silente. “Mi stai veramente dicendo che non sono ancora venuti a reclutarti?”
Slughorn guardò Silente funestamente per un momento, poi mormorò, “Non ho dato loro modo. E’ da un anno che mi sposto continuamente. Mai fermo in un porto per più di una settimana. In movimento da una casa Babbana ad un’altra – i proprietari di questo posto sono in vacanza alle Canarie – è stato molto piacevole, mi dispiacerà lasciarlo. È
abbastanza semplice una volta che sai come fare, con un semplice Incantesimo di Congelamento su questi assurdi allarmi antifurto che usano al posto degli Spioscopi e ci si assicura che i vicini non si accorgano di nulla mentre si porta dentro il pianoforte.
“Ingegnoso,” disse Silente. “Ma suona un’esistenza piuttosto stancante per un vecchio rimbecillito malconcio in cerca di una vita serena. Ora, se tu tornassi ad Hogwarts –“
“Se stai per dirmi che la mia vita sarebbe più tranquilla in una scuola piena di pesti, risparmiati il fiato, Albus! Anche se mi sono tenuto nascosto, mi hanno raggiunto alcune strane voci da quando Dolores Umbridge vi ha lasciato! Se è così che tratti gli insegnanti in questi giorni –“
“La professoressa Umbridge è entrata in conflitto con una mandria di centauri,” disse Silente. “Credo che tu, Horace, avresti avuto tanto buon senso da non incamminarti a grandi passi nella foresta e chiamare una mandria di centauri arrabbiati «sporchi mezzosangue».”
“Questo è quello che ha fatto?” disse Slughorn. “Idiota di una donna. Non mi è mai piaciuta.”
Harry soffocò una risatina e sia Silente sia Slughorn si girarono a guardarlo.
“Scusate,” disse Harry frettolosamente. “È solo che – nemmeno a me è piaciuta.”
Silente si alzò alquanto improvvisamente.
“Stai andando?” domandò Slughorn immediatamente, con l’aria speranzosa.
“No, mi stavo chiedendo se potevo utilizzare il tuo bagno,” disse Silente.
“Oh,” disse Slughorn, chiaramente deluso. “La seconda porta sulla sinistra in fondo al corridoio.”
Silente si allontanò a grandi passi dalla stanza. Non appena la porta si chiuse dietro di lui, ci fu silenzio. Dopo pochi istanti, Slughorn si mise in piedi e sembrò incerto su cosa fare. Diresse uno sguardo furtivo ad Harry, poi si diresse verso il fuoco e girò la schiena verso questo, riscaldando il suo largo fondoschiena.
“Non pensare che io non sappia perché ti ha portato qui,” disse improvvisamente. Harry semplicemente guardò Slughorn. Gli occhi umidicci di Slughorn scivolarono sulla cicatrice di Harry, questa volta cogliendo anche il resto della sua faccia.
“Somigli molto a tuo padre.”
“Si, mi è stato detto,” disse Harry.
“Eccetto che per gli occhi. Hai –“
“Si, gli occhi di mia madre.” Harry l’aveva sentito così tante volte che lo trovava un po’
logorante.
“Mah. Si, bene, un insegnante non dovrebbe avere dei preferiti, certamente, ma lei era una delle mie preferite. Tua madre,” aggiunse Slughorn, in risposta allo sguardo interrogativo di Harry. “Lily Evans. Una delle alunne più brillanti a cui io abbia mai insegnato. Vivace, sai. Ragazza affascinante. Ero solito dirle che avrebbe dovuto stare nelle mia Casa. E di solito ricevevo indietro risposte molto impertinenti.”
“Quale era la sua Casa?”
“Ero il Capo dei Serpeverde,” disse Slughorn. “Ohm ora,” andò avanti velocemente, guardando l’espressione sulla faccia di Harry e ammonendolo con il suo dito tozzo, “non vorrai prendermi in antipatia per questo!. Tu sarai Grifondoro come lei, suppongo. Si, di solito succede nelle famiglie. Sebbene non sempre. Hai sentito di Sirius Black? Devi averne sentito – è stato sui giornali per lo scorso paio d’anni – è morto poche settimane fa
-!
Fu come se una mano invisibile torcesse gli intestini di Harry e li tenesse stretti.
“Bene, comunque, era un grande amico di tuo padre a scuola. L’intera famiglia Black era stata nella mia Casa, invece Sirius finì nei Grifondoro! Vergogna – era un ragazzo di talento. Ebbi suo fratello, Regulus, quando arrivò, ma mi sarebbe piaciuta la serie completa.”
Suonò come un collezionista entusiasta la cui offerta fosse stata superata ad un’asta. Apparentemente perso nelle sue memorie, guardava il muro opposto girandosi pigramente sul posto in modo da assicurare un calore uniforme al suo di dietro.
“Tua madre era Babbana di nascita, certamente. Non ci potevo credere quando lo scoprii. Pensavo che doveva essere purosangue, era così brava.”
“Una delle mie migliori amiche è Babbana di nascita,” disse Harry, “ ed’è la migliore del nostro anno.”
“Strano come a volte capiti, no?” disse Slughorn.
“No davvero,” disse Harry freddamente.
Slughorn guardò verso di lui sorpreso.
“Non devi pensare che io abbia dei pregiudizi!” disse. “No, no, no” Non ho appena detto che tua madre era una delle mie studentesse preferite? E c’era anche Dirk Cresswell nell’anno dopo il suo – ora capo dell’Ufficio Relazioni con i Goblin, certamente – un altro Babbano di nascita, uno studente molto dotato, e ancora mi da delle eccellenti informazioni sugli avvenimenti alla Gringotts!”
Saltellava su e giù un po’, sorridendo in maniera soddisfatta, mentre indicava sulla credenza le molte scintillanti fotografie incorniciate, ognuna popolata con piccoli abitanti in movimento.
“Tutti i miei ex-studenti, tutti assunti. Puoi notare Barnabas Cuffe, editore della Gazzetta del Profeta, lui è sempre interessato ad ascoltare le mie opinioni sulle le notizie del giorno. E Ambrosius Flume, di Mielandia – un cesto ogni compleanno, e tutto perchè io gli diedi un’introduzione a Ciceron Harkiss che gli procurò il suo primo lavoro. E dietro –
puoi vederla se solo sporgi il collo – quella è Gwenog Jones, che è il capitano de Le Arpie di Holyhead … la gente rimane sempre meravigliata nel sentire che sono in rapporti privilegiati con le Arpie, e ho biglietti gratis ogni qualvolta li voglio!”
Questo pensiero sembrò rallegrarlo enormemente.
“E tutte queste persone sanno dove è finito lei, in modo da mandarle tutta questa roba?”
domandò harry, che non poté fare a meno di meravigliarsi perché i Mangiamorte non avessero ancora seguito le tracce di Slughorn se cesti di dolci, biglietti del Quidditch e visitatori desiderosi dei suoi consigli e opinioni potevano trovarlo. Il sorriso scivolò dalla faccia si Slughorn così velocemente come il sangue dai muri.
“Certamente no,” disse, guardando giù verso Harry. “Ho perso i contatti con tutti da un anno.”
Harry aveva l’impressione che le parole scioccassero Slughorn stesso, sembrò alquanto sconvolto per un momento. Poi scrollò le spalle.
“Comunque … il mago prudente tiene giù la testa in questi periodi. Va benissimo che Silente parli, ma occupare un posto ad Hogwarts proprio ora sarebbe equivalente a dichiarare la mia pubblica alleanza all’Ordine della Fenice. Anche se sono sicuro che sono degni di ammirazione e coraggiosi e tutto il resto, non sono personalmente attratto dal loro tasso di mortalità –“
“Non è necessario unirsi all’Ordine per insegnare ad Hogwarts,” disse Harry, che non riuscì a trattenere una nota di derisione nella sua voce. Era difficile simpatizzare con l’esistenza confortevole di Slughorn quando si ricordava di Sirius, rannicchiato in una caverna e nutrito di topi. “Molti degli insegnanti non ne fanno parte, e nessuno di loro è
stato mai ucciso – certo, senza contare Raptor, ma lui ha avuto quello che si meritava considerando che stava lavorando con Voldemort.”
Harry era sicuro che Slughorn doveva essere uno di quei maghi che non potevano sopportare di udire il nome di Voldemort pronunciato ad alta voce e non fu impreparato: Slughorn ebbe un brivido e un grido di protesta, che Harry ignorò.
“Penso che lo staff sia più al sicuro della maggior parte della popolazione finché il preside è Silente; si presume che lui sia l’unico che Voldemort abbia mai temuto, o no?” proseguì
Harry.
Slughorn fissò lo sguardo nel vuoto per un momento o due. Sembrava che stesse riflettendo sulle parole di Harry.
“Bene si, è vero che Colui che Non Deve Essere Nominato non ha mai cercato uno scontro con Silente,” mormorò con riluttanza. “E suppongo che si potrebbe dimostrare che dal momento che non mi sono unito ai Mangiamorte, Colui che Non Deve Essere Nominato difficilmente mi può considerare un amico … in tal caso, io potrei essere più al sicuro se fossi un po’ più vicino ad Albus … non posso fingere che la morte di Amelia Bones non mi abbia scosso … se lei, con tutti i contatti e la protezione del Ministero …”
Silente rientrò nella stanza e Slughorn sobbalzò come se avesse dimenticato che era in casa.
“Oh, eccoti, Albus,” disse. “Ci hai messo molto tempo. Disturbi di stomaco?”
“No, stavo semplicemente leggendo le riviste Babbane,” disse Silente. “Adoro i modelli per i lavori a maglia. Bene, Harry, abbiamo abusato dell’ospitalità di Horace abbastanza.; penso che sia tempo per noi di andare.”
Per niente riluttante ad obbedire, Harry balzò in piedi. Slughorn sembrò colto di sorpresa.
“State andando?”
“Si, certo. Penso di riconoscere una causa persa quando ne vedo una.”
“Persa … ?”
Slughorn sembrò agitato. Si gingillò i grassi pollici e si agitò con irrequietezza non appena vide Silente allacciarsi il mantello da viaggio e Harry chiudere la lampo della giacca.
“Bene, mi spiace che tu non voglia il lavoro, Horace,”disse Silente, alzando la mano ferita in un saluto di commiato. “Hogwarts sarebbe stata felice di vederti tornare ancora. Malgrado le nostre misure di sicurezza fortemente aumentate, sarai sempre il benvenuto per una visita, se tu lo desiderassi.”
“Si … bene … molto generoso …. Come dire …”
“Arrivederci, allora.”
“Arrivederci,” disse Harry.
Erano arrivati alla porta d’ingresso quando ci fu un urlo dietro di loro.
“Va bene, va bene, lo farò!”
Silente si girò a guardare Slughorn che stava senza fiato sull’uscio del salotto.
“Abbandonerai il pensionamento?”
“Si, si,” disse Slughorn con impazienza, “Devo essere matto, ma sì,”
“Fantastico,” disse Silente, sorridendo radiosamente. “Allora, Horace, ti vedremo il primo settembre.”
“Si, suppongo di si,” grugnì Slughorn.
Quando si mossero sul sentiero del giardino, la voce di Slughorn riecheggiò dietro di loro,
“vorrò un aumento di stipendio, Silente!”
Silente soffocò una risata. Il cancello del giardino si chiuse dietro di loro, e si diressero indietro giù per la collina attraverso una nebbia scura e avvolgente.
“Ben fatto, Harry,” disse Silente.
“Ma io non ho fatto nulla,” disse Harry sorpreso.
“Oh si che hai fatto. Hai mostrato ad Horace esattamente cosa ci guadagnerà tornando ad Hogwarts. Ti è piaciuto?”
“Ehm …”
Harry non era sicuro se Slughorn gli piaceva o meno. Riteneva che fosse a suo modo una persona gradevole, ma gli era anche sembrato vanitoso e, nonostante dicesse il contrario, troppo sorpreso del fatto che una Babbana di nascita potesse diventare una buona strega.
“Horace,” disse Silente, sollevando Harry dalla responsabilità di dire qualcosa sull’argomento,“adora i comfort. Inoltre gli piace la compagnia di persone famose, di successo e di potere. Gli piace la sensazione che lui influenzi queste persone. Non ha mai voluto occupare il trono lui stesso; preferisce stare dietro le quinte – più spazio per allargarsi, vedi. È sua abitudine selezionare con attenzione i suoi «preferiti» ad Hogwarts, a volte per la loro ambizione o cervello, altre volte per il loro fascino o talento, e ha una straordinaria abilità nel scegliere quelli che stanno per diventare eccezionali nei loro vari ambiti. Horace formò una specie di club dei suoi preferiti con lui al centro, introducendoli ai membri del club e fornendo utili contatti, e raccogliendo sempre qualche vantaggio indietro, che sia una scatola gratis dei suoi ananas canditi preferiti o la possibilità di raccomandare il prossimo membro junior dell’Ufficio Relazioni con i Goblin.”
Ad Harry venne immediatamente in mente la vivida immagine di un grosso ragno gonfio, che tesse la tela intorno a sé, tirando il filo qui e là per attirare il suo ampio e succoso bottino di mosche più vicino.
“Ti dico tutto ciò,” continuò Silente, “non per metterti contro Horace – o, come potremmo chiamarlo ora, Professor Slughorn – ma per metterti in guardia. Indubbiamente cercherà
di reclutarti. Tu saresti il gioiello della sua collezione; «Il Ragazzo Sopravvissuto» … o, come ti chiamano in questi giorni, «Il Prescelto»,”
A queste parole, una brivido di freddo, che non aveva nulla a che fare con la nebbia circostante, scese su Harry. Si ricordò le parole che aveva udito poche settimane prima, parole che avevano per un significato particolare e terribile:
Nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive …
Silente aveva smesso di camminare, all’altezza della chiesa che avevano passato prima.
“E questo è tutto, Harry. Se vuoi aggrapparti al mio braccio.”
Questa volta preparato, Harry era pronto per la Materializzazione, ma la trovò ancora poco piacevole. Quando la pressione scomparve e fu di nuovo in grado di respirare, era in un viottolo di campagna accanto a Silente e guardando avanti alla silhouette del suo secondo edificio preferito al mondo: la Tana. Nonostante la sensazione di paura che lo aveva appena attraversato, il suo spirito non poté fare a meno di cambiare alla sua vista. Ron era lì dentro … e così anche la Signora Weasley, che cucinava meglio di chiunque altro lui conoscesse …”
“Se non ti spiace, Harry,” disse Silente, non appena oltrepassarono il cancello, “mi piacerebbe scambiare due parole con te prima di separarci. In privato. Forse qui?”
Silente indicò uno sgabuzzino di pietra diroccato dove i Weasley tenevano i manici di scopa. Un pò perplesso, Harry seguì Silente attraverso la porta scricchiolante in uno spazio un pò più piccolo di una credenza. Silente illuminò la punta della sua bacchetta, così che risplendesse come una torcia, e sorrise verso Harry.
“Spero mi perdonerai per averne fatto menzione, Harry, ma sono soddisfatto e anche un pizzico orgoglioso di quanto bene tu sembri tenere duro dopo tutto quello che è successo al Ministero. Permettimi di dirti che penso che Sirius sarebbe stato orgoglioso di te.”
Harry deglutì, la sua voce sembrava averlo abbandonato. Non credeva che avrebbe potuto resistere a parlare di Sirius; era stato doloroso abbastanza ascoltare Zio Vernon parlarne. “Il tuo padrino è morto?” e ancora peggio sentire il nome di Sirius buttato lì
casualmente da Slughorn.
“È stato crudele,” disse Silente gentilmente, “che tu e Sirius abbiate avuto così poco tempo per stare insieme. Una fine brutale a quello che avrebbe dovuto essere un lungo e felice rapporto.”
Harry annuì, i suoi occhi fissavano con risolutezza il ragno che si stava arrampicando sul cappello di Silente. Sapeva che Silente aveva capito, che addirittura poteva sospettare che appena fino a quando non era arrivata la sua lettera, Harry aveva trascorso quasi tutto il tempo dai Dursley sdraiato sul suo letto, rifiutando il cibo, e stando alla finestra appannata, pieno di un freddo vuoto che gli veniva da associare ai Dissennatori.
“È difficile,” disse finalmente Harry, con un filo di voce, “anche solo rendermi conto che non mi scriverà più.”
I suoi occhi gli bruciarono improvvisamente e sbattè le palpebre. Si sentì stupido ad ammetterlo, ma il fatto che aveva avuto qualcuno fuori da Hogwarts che si preoccupava di quello che gli succedeva, quasi come un genitore, era stata una delle cose migliori dello scoprire il suo padrino … e ora la posta via gufo non gli avrebbe mai più portato tale consolazione …
“Sirius ha rappresentato molto per te di quello che mai tu prima avevi avuto,” disse Silente gentilmente, “Naturalmente, la perdita è devastante …”
“Mentre ero dai Dursley,” interruppe Harry, con una voce che diventava più forte, “ho capito che non posso ritirarmi o crollare. Sirius non avrebbe voluto questo, no? E
comunque la vita è troppo corta … Guardi a Madama Bones, a Emmeline Vance … potrei essere io il prossimo, o no? Ma se così fosse,” disse fieramente guardando diritto negli occhi blu di Silente che risplendevano alla luce della bacchetta, “mi assicurerò di portare con me tanti Mangiamorte quanti potrò, e anche Voldemort se sarò in grado di farlo.”
“Hai parlato proprio come il vero figlio di tuo padre e tua madre e il degno figlioccio di Sirius!” disse Silente, con una pacca di approvazione sulla schiena di Harry. “Mi tolgo il cappello di fronte alle tue parole – o meglio lo farei, se io non avessi paura di inondarti di ragni.”
“E ora, Harry, in merito ad un argomento affine … ho dedotto che hai letto la Gazzetta del profeta nelle scorse due settimane?”
“Si,” disse Harry, con il cuore che batteva un po’ più velocemente.
“Quindi tu avrai visto che le notizie non sono semplicemente trapelate, è stata una vera inondazione di notizie, riguardo alla tua avventura nella Stanza delle Profezie?”
“Si,” disse ancora Harry. “E ora tutti sanno che io sono quello –“
“No, non lo sanno,” interruppe Silente. “Ci sono solo due persone sulla faccia della terra a conoscenza del contenuto completo della profezia fatta su te e Lord Voldemort, e stanno entrambe in questo puzzolente stanzino delle scope pieno di ragni. È vero, comunque, che molti hanno indovinato, correttamente, che Voldemort mandò i suoi Mangiamorte a rubare una profezia, e che la profezia riguardava te.
“Ora, io penso di avere ragione nell’affermare che tu non hai detto a nessuno che tu sai cosa diceva la profezia?”
“E’ così,” disse Harry.
“Una saggia decisione, tutto sommato,” disse Silente. “Sebbene ritengo che tu dovresti fare un’eccezione a favore dei tuoi amici, il sig. Ronald Weasley e la Signorina Hermione Granger. Si,” continuò, quando Harry lo guardò stupito, “penso che dovrebbero sapere. Rendi loro un cattivo servizio non confidando loro questa cosa così importante.”
“Io non volevo…“
“… preoccuparli o spaventarli?” disse Silente, scrutando Harry dall’alto dei suoi occhiali a mezzaluna. “O forse, non volevi confessare che tu stesso sei preoccupato e spaventato?
Tu hai bisogno dei tuoi amici, Harry. Come tu hai detto così giustamente, Sirius non avrebbe voluto che tu ti chiudessi in te stesso.”
Harry non disse nulla, ma Silente non sembrò aspettare una risposta. Continuò,
“Passando ad un altro argomento, sebbene collegato, è un mio desiderio che tu prenda lezioni private con me quest’anno.”
“Private… con lei?” disse Harry, sorpreso fuori dal suo silenzio preoccupato.
“Si. Penso che è tempo che io dia una mano più grande alla tua istruzione.”
“Cosa mi insegnerà, Signore?”
“Oh, un po’ di questo e un po’ di quello,” disse Silente con leggerezza. Harry aspettò speranzoso, ma Silente non aggiunse particolari, così gli domando qualcos’altro che lo aveva un po’ infastidito.
“Se prenderò lezioni da lei, non dovrò più avere lezioni di Occlumanzia da Piton, no?”
“Professor Piton, Harry … comunque no, non dovrai.”
“Bene,” disse Harry con sollievo, “perché erano uno…“
Si fermò, attento a non dire ciò che veramente pensava.
“Penso che la parola «fiasco» sarebbe quella giusta in questo caso,” disse Silente, annuendo.
Harry rise.
“Bene, questo significa che non vedrò molto il Professor Piton d’ora in avanti,” disse,
“perché non mi lascerà frequentare Pozioni senza che io abbia un «Eccellente» al mio G.U.F.O., che so di non avere avuto.”
“Non contare i tuoi G.U.F.O. prima che ti siano consegnati,” disse Silente gravemente.
“Cosa che, ora che ci penso, dovrebbero avvenire proprio oggi, più tardi. Ora, altre due cose, Harry, prima di separarci.
Per prima cosa, vorrei che tu tenessi il tuo mantello dell’Invisibilità con te sempre da questo momento in poi. Anche all’interno di Hogwarts. Per ogni evenienza, mi capisci?”
Harry annuì.
“E infine, mentre sei qui, la Tana è stata dotata delle più alte misure di sicurezza che il Ministero della Magia possa fornire. Queste misure possono causare un certo numero di inconvenienti ad Arthur e Molly – tutta la loro posta, per esempio, viene ispezionata al Ministero prima di essere spedita qui. Loro non ci fanno caso, il loro unico interesse è la tua sicurezza. Comunque potrebbe essere una magra ricompensa se tu rischiassi l’osso del collo mentre sei da loro.”
“Capisco,” disse Harry velocemente.
“Molto bene, allora,” disse Silente, aprendo la porta dello stanzino delle scope ed uscendo nel cortile. “Vedo una luce in cucina. Non priviamo Molly più a lungo della possibilità di lamentasi di quanto sei sciupato.”
CAPITOLO CINQUE
UN ECCESSO DI FLEMMA
Harry e Silente si avvicinarono alla porta posteriore della Tana, come al solito circondata dagli usuali rifiuti come vecchi stivaloni di gomma e calderoni arrugginiti. Harry poteva sentire il sommesso chiocciare delle galline addormentate provenire da un capanno distante. Silente bussò tre volte ed Harry colse un immediato movimento al di là della finestra della cucina.
“Chi è?” domandò una voce nervosa che riconobbe per quella della signora Weasley.
“Annunciatevi!”
“Sono io, Silente, accompagno Harry.”
La porta si aprì immediatamente. La bassina e paffutella signora Weasley era ritta sulla soglia, con indosso una vecchia vestaglia verde.
“Harry, caro! Scusami, Albus, mi hai fatto prendere uno spavento, avevi detto di non contare sul vostro arrivo prima del mattino!”
“Siamo stati fortunati,” rispose Silente, guidando Harry oltre la soglia. “Slughorn si è
dimostrato molto più facile da convincere di quanto mi aspettavo. Per merito di Harry, naturalmente. Ah, salve Ninfadora!”
Harry si guardò intorno e vide che la signora Weasley non era da sola, malgrado l’ora tarda. Una giovane strega, con il pallido viso a forma di cuore e bruni capelli color topo, era seduta al tavolo stringendo strettamente tra le mani una grande tazza.
“Salve, Professore,” disse. “Ciao, Harry”
“Ciao, Tonks”
Harry pensò che sembrava contratta, persino ammalata, e che avesse qualcosa di forzato nel sorriso. Certamente aveva un aspetto meno colorito del solito senza quella sua tipica tonalità di capelli rosa gomma da masticare.
“Sarà meglio che vada,” disse velocemente, alzandosi e tirandosi il cappotto sulle spalle.
“Grazie per il the e per la simpatia, Molly.”
“Per favore, non andartene a causa mia,” disse Silente con cortesia, “Non posso restare, ho argomenti urgenti da discutere con Rufus Scrimgeour.”
“No, no, devo proprio andare,” disse Tonks, senza incrociare lo sguardo di Silente. “
’Notte…”
“Cara, perché non vieni a cena nel weekend, vengono anche Remus e Malocchio…?”
“No, veramente, Molly… grazie lo stesso… Buona notte a tutti.”
Tonks si affrettò nel cortile oltrepassando Silente ed Harry; pochi passi dopo i gradini d’ingresso, fece dietrofront e svanì nell’aria. Harry fece caso allo sguardo preoccupato della signora Weasley.
“Bene, ti vedrò ad Hogwarts, Harry,” disse Silente. “Abbiti cura. Molly, sempre ai tuoi ordini.”
Fece un piccolo inchino verso la Signora Weasley e seguì Tonks, svanendo esattamente nel medesimo punto. La signora Weasley chiuse la porta sul cortile vuoto e guidò Harry, spingendolo per le spalle, nella piena luce della lanterna sul tavolo per giudicarne l’aspetto.
“Sei come Ron,” sospirò, squadrandolo dall’alto in basso. “Entrambi sembrate essere stati colpiti da un Incantesimo Allungante. Giuro che Ron è cresciuto di dieci centimetri dall’ultima volta che gli ho comprato la divisa scolastica. Hai fame, Harry?
“Oh, sì,” rispose Harry, che si era appena reso conto di quanta fame avesse.
“Siediti, caro, mentre ti cucino qualcosa.”
Appena Harry si fu seduto, un peloso gatto fulvo col muso schiacciato gli saltò sulle ginocchia e vi si sistemò facendo le fusa.
“Allora Hermione è qui?” domandò allegramente carezzando Grattastinchi dietro le orecchie.
“Oh sì, è arrivata l’altro ieri,” rispose la signora Weasley mentre colpiva una capiente pentola d’acciaio con la bacchetta. Questa balzò sulla stufa con un sonoro fragore e iniziò
a bollire all’istante. “Sono tutti a letto, naturalmente, non ti aspettavamo ancora per molte ore. Ecco…”
Diede un altro colpetto alla pentola. Questa si sollevò in aria, volò verso Harry, e si inclinò. La signora Weasley vi fece scivolare una ciotola al di sotto giusto in tempo per intercettare il denso e fumante getto di minestra di cipolle.
“Pane, caro?”
“Grazie, signora.”
Lei agitò la bacchetta sopra la spalla, un filone di pane ed un coltello volarono graziosamente fino a posarsi sul tavolo; mentre il pane si affettava da solo e la pentola ritornava sulla stufa, La signora Weasley si sedette di fronte a lui.
“E così hai persuaso Horace Slughorn ad accettare il lavoro?”
Harry annuì, la bocca così piena di minestra bollente da non poter parlare.
“Insegnò ad Arthur e me,” raccontò la signora Weasley. “È stato ad Hogwarts per generazioni, iniziando all’incirca nello stesso periodo di Silente, credo. Ti è piaciuto?”
Con la bocca di nuovo piena di pane, Harry scrollò le spalle e scosse la testa in modo vago.
“Capisco cosa vuoi dire,” disse la signora Weasley annuendo prudentemente a sua volta.
“Naturalmente sa essere affascinante quando vuole, ma ad Arthur non è mai piaciuto molto. Il Ministero è pieno di passati pupilli di Slughorn, è sempre stato incline a raccomandare qualcuno, ma non ha mai speso molto tempo per Arthur – non gli sembrava che fosse uno con grandi abilità e ambizioni. Be’, questo dimostra che anche Slughorn può sbagliare. Non so se Ron te l’ha detto in qualcuna delle sue lettere – è
appena successo – ma Arthur è stato promosso!”
Harry inghiottì un grosso boccone di minestra bollente e gli sembrò che la gola diventasse arroventata. “Grande!” ansimò.
“Sei un tesoro,” disse la signora Weasley con un gran sorriso, forse scambiandone gli occhi lucidi per l’emozione alla notizia. “Sì, Rufus Scrimgeour ha predisposto diversi nuovi uffici in seguito alla situazione attuale, ed Arthur è stato messo a capo dell’Ufficio per il Ritrovamento e la Confisca di Incantesimi Difensivi e Oggetti Protettivi Contraffatti. È un lavoro importante, ha dieci persone che dipendono da lui ora.
“Cosa esattamente… ?”
“Be’, vedi, con tutto questo panico per Tu-Sai-Chi, cose strane sono state messe in circolazione per essere vendute ovunque, cose che dovrebbero proteggere da Tu-Sai-Chi e dai Mangiamorte. Puoi immaginare di quale genere di cose si tratti – cosiddette pozioni protettive che non sono altro che brodo con una goccia di pus di bubotubero, o istruzioni per fatture difensive che invece ti fanno cadere le orecchie… be’, alla fine si tratta per lo più di gente proprio come Mundungus Fletcher, gente che non ha mai fatto un solo giorno di lavoro onesto nella vita e sfrutta la paura di tutti, salvo che di tanto in tanto spunta qualcosa di veramente malvagio. L’altro giorno Arthur ha confiscato una scatola di Spioscopi stregati che quasi certamente era stata messa in giro da un Mangiamorte. Capisci, allora, si tratta proprio di un lavoro molto importante, e gli ho detto che sarebbe stato veramente stupido rifiutare per continuare a perdersi dietro spine elettriche e tostapane e tutto il resto di quell’inutile ciarpame da Babbani.” La signora Weasley terminò la tirata con uno sguardo arcigno, come se fosse stato Harry a suggerire che fosse normale perdersi dietro alle spine elettriche.
“Il signor Weasley è ancora al lavoro?” chiese Harry.
“Si. Proprio così, è un pizzico in ritardo… Ha detto che sarebbe tornato verso mezzanotte…”
Si voltò a guardare il grosso orologio poggiato in bilico su una pila di lenzuola, contenute nella cesta dei panni lavati, riposta all’estremità del tavolo. Harry lo riconobbe immediatamente: aveva nove lancette, ciascuna contrassegnata dal nome di un componente della famiglia, e di solito era fissato ad una parete del soggiorno dei Weasley, ma da dove si trovava adesso si poteva capire che la signora Weasley aveva preso l’abitudine di portarlo con lei in tutta la casa. Ognuna delle nove lancette puntava su
“pericolo mortale”, in quel momento.
“È già da un po’ che è così,” disse la signora Weasley con un tono di voce che voleva far sembrare casuale, “fin da quando Tu-Sai-Chi si è mostrato allo scoperto. Credo che tutti siano in pericolo mortale, adesso… non credo che sia un fatto solo della nostra famiglia…
ma non conosco nessun altro che possegga un orologio come questo, perciò non posso verificare. Oh!”
Con un’improvvisa esclamazione indicò il quadrante dell’orologio. La lancetta del signor Weasley si era spostata su in viaggio.
“Arriva!”
E come previsto, un attimo dopo ci fu un colpo alla porta sul retro. La signora Weasley balzò in piedi si affrettò a raggiungerla. Tenendo una mano sulla maniglia ed il volto accostato al battente, chiese sommessamente, “Arthur, sei tu?”
“Sì,” giunse la voce affaticata del signor Weasley. “Ma potrei dirlo anche se fossi un Mangiamorte, cara. Fai la domanda!”
“Oh, sinceramente…”
“Molly!”
“Va bene, va bene… Qual è la tua aspirazione più profonda?”
“Scoprire come fanno a volare gli aeroplani.”
La signora Weasley annuì e ruotò la maniglia, ma sembrava che il signor Weasley la stesse trattenendo dall’altro lato in quanto la porta restò rigorosamente chiusa.
“Molly! Devo farti la domanda anche io, prima!”
“Arthur, veramente, è proprio insensato…!”
“Come ti piace che io ti chiami quando siamo soli insieme?”
Per quanto debole fosse la luce della lanterna, Harry era certo che la signora Weasley fosse arrossita violentemente; lui stesso sentì improvvisamente un fiotto di calore alle orecchie ed al collo, inghiottì velocemente la minestra, sbattendo il cucchiaio sul bordo della ciotola per produrre il massimo rumore possibile.
“Molly-molle,” sussurrò la mortificata signora Weasley in una fessura sul bordo della porta.
“Giusto,” disse il signor Weasley. “Ora puoi farmi entrare.”
La signora Weasley aprì la porta rivelando il marito, un mago magro e stempiato con un paio di occhiali bordati di corno che indossava un polveroso mantello lungo da viaggio.
“Ancora non capisco perché dobbiamo ripetere questa storia tutte le volte che torni a casa,” affermò la signora Weasley, ancora rosa in volto mentre aiutava il marito a togliersi il mantello. “Voglio dire, un Mangiamorte avrebbe potuto obbligarti e rivelargli la risposta prima di prendere il tuo posto!”
“Lo so, cara, ma è la procedura del Ministero, ed io devo dare l’esempio. Che buon profumino… minestra di cipolle?”
Il signor Weasley si voltò speranzoso verso il tavolo.
“Harry! Non ti aspettavamo fino al mattino!”
Si strinsero la mano, e il signor Weasley si lasciò cadere nella sedia accanto a quella di Harry mentre la signora Weasley metteva anche davanti a lui una scodella di minestra.
“Grazie, Molly. È stata una dura notte. Qualche idiota ha iniziato a vendere Medaglie Metamorfiche. Basta infilarle al collo per essere in grado di cambiare il proprio aspetto a piacere. Centomila travestimenti, tutto per dieci Galeoni!”
“E cosa accade veramente se uno l’infila al collo?”
“La maggior parte delle volte si diventa solo di un uniforme e sgradevole color arancione, ma ad un paio di persone sono anche spuntate verruche grandi come tentacoli per tutto il corpo. Come se al S.Mungo non ci fosse già abbastanza da fare!”
“Sembra una di quelle cose che Fred e George troverebbero divertenti,” notò la signora Weasley esitante. “Sei certo che…?”
“Ne sono sicuro” esclamò il signor Weasley. “I ragazzi non farebbero nulla del genere, non ora che la gente ha così bisogno di protezione!”
“Allora per questo hai fatto tardi, Medaglie Metamorfiche?”
“No, abbiamo avuto sentore di una malvagia fattura deviata giù ad Elephant and Castle, però per fortuna la Squadra per l’Applicazione della Legge Magica l’aveva già disinnescata quando siamo arrivati…”
Harry represse uno sbadiglio dietro la mano.
“A letto,” intimò l’attenta signora Weasley immediatamente. “Ho preparato la stanza di Fred e George, l’avrai tutta per te.”
“Come mai, loro dove sono?”
“Oh, loro sono a Diagon Alley, poiché sono molto indaffarati dormono in un appartamentino sopra il loro negozio di Scherzi,” rispose la signora Weasley. “Devo dire che all’inizio non approvavo, ma sembra proprio che abbiano un certo qual fiuto per gli affari! Vai, caro, il tuo baule è già di sopra.”
“Notte, signor Weasley,” augurò Harry, spingendo indietro la sedia. Grattastinchi gli balzò
con grazia via dal grembo e se la svignò fuori dalla stanza.
“Notte, Harry,” replicò signora Weasley.
Harry vide la signora Weasley lanciare un’occhiata all’orologio nel cesto dei panni mentre uscivano dalla cucina. Tutte le lancette erano di nuovo sulla posizione di “pericolo mortale.”
La stanza da letto di Fred e George era al secondo piano. La signora Weasley puntò la bacchetta verso la lampada sul comodino e la accese subito, immergendo la stanza in una piacevole luce dorata. Benché un grosso vaso di fiori fosse stato posto sulla scrivania che fronteggiava la piccola finestra, il loro profumo non riusciva a coprire il persistente odore di qualcosa che Harry pensò fosse polvere da sparo. Una parte considerevole del pavimento era occupata da un cospicuo numero di scatole di cartone non marcate e legate, in mezzo a queste stava il baule scolastico di Harry. La stanza appariva come se fosse stata usata come magazzino temporaneo.
Edvige fischiò felice verso Harry dal suo trespolo, sulla sommità di un grosso guardaroba, poi si tuffò fuori dalla finestra. Harry sapeva che aveva aspettato di vederlo prima di andare a caccia. Harry augurò la buona notte alla signora Weasley, indossò il pigiama, e s’infilò in uno dei letti. C’era qualcosa di duro nella federa. Vi cercò dentro a tastoni e tirò fuori un’appiccicosa caramella porpora e arancio, che riconobbe essere una Pastiglia Vomitosa. Sorridendo tra sé, si accoccolò e si addormentò immediatamente. Pochi secondi dopo, o almeno così parve ad Harry, fu svegliato, all’aprirsi della porta, da quello che sembrò un colpo di cannone. Sedendosi dritto, sentì il raspare delle tende che venivano aperte: L’abbagliante luce del sole gli sembrò che lo colpisse violentemente ad entrambi gli occhi. Schermandoseli con una mano, con l’altra cercò speranzoso i suoi occhiali.
“Che…sta…succedendo?”
“Non sapevamo che fossi già qui!” Disse una voce alta ed eccitata, e lui ricevette un brusco colpo sul cocuzzolo della testa.
“Ron, non prenderlo a botte!” Esclamò una voce di ragazza con tono di rimprovero. La mano di Harry trovò gli occhiali ed egli li inforcò, ma la luce era così intensa che ancora vedeva con difficoltà. Una lunga ombra indistinta gli tremolò davanti per un attimo; lui socchiuse gli occhi e la figura di Ron Weasley andò a fuoco con un largo sorriso rivolto in basso verso di lui.
“Tutto bene?”
“Mai stato meglio,” esclamò Harry, strofinandosi la cima della testa e crollando di nuovo sui cuscini. “E tu come stai?”
“Non male,” rispose Ron, tirando verso di sé uno degli scatoloni di cartone e sedendosi su di essa. “Quando sei arrivato? Mamma ce l’ha detto solo adesso.”
“All’incirca all’una di stanotte.”
“I Babbani sono stati a posto? Ti hanno trattato bene?”
“Come al solito,” disse Harry, mentre Hermione si accovacciava sul bordo del suo letto,
“non è che mi abbiano parlato molto, ma per me è meglio così. Tu come stai, Hermione?”
“Oh, sto bene,” disse Hermione, che stava esaminando Harry come se fosse ammalato di qualcosa. Pensò di sapere cosa ci fosse dietro e, visto che non aveva nessuna voglia di parlare della morte di Sirius o di tutti i penosi argomenti del momento, disse, “Che ore sono? Ho saltato la colazione?”
“Non preoccuparti per questo, Mamma ti sta portando su un vassoio; lei pensa che tu sia denutrito,” disse Ron facendo roteare gli occhi. “Allora, come è andata?”
“Nulla di speciale, sono solo stato in isolamento da mio zio e mia zia, no?
“Ma finiscila!” sbottò Ron. “Te ne sei andato in giro con Silente!”
“Non è stato tanto eccitante. Ha solo voluto che lo aiutassi a persuadere quel vecchio professore a sospendere per un po’ la pensione. Si chiama Horace Slughorn.”
“Oh,” sbottò Ron, sembrando deluso. “Pensavamo…”
Hermione lanciò uno sguardo di allarme a Ron, e Ron virò di bordo alla massima velocità.
“… pensavamo che dovesse trattarsi di qualcosa del genere.”
“Davvero?” disse Harry, divertito.
“Certo… certo, ora che la Umbridge se n’è andata, abbiamo bisogno ovviamente di un nuovo professore di Difesa contro la Arti Oscure, no? Allora, ehm, com’è?”
“Somiglia un po’ a un tricheco, ed è stato il direttore dei Serpeverde,” rispose Harry.
“Qualcosa che non va, Hermione?”
Lei lo stava guardando come se si aspettasse che strani sintomi si manifestassero in ogni momento. Modificò velocemente l’espressione del viso in un sorriso stiracchiato.
“No, naturalmente no! Be’, uhm, ti è sembrato che Slughorn sia un buon insegnante?”
“Non so,” rispose Harry. “Non potrà certo essere peggio della Umbridge, no?”
“Io conosco qualcuno che è peggio della Umbridge,” disse una voce dalla soglia. La sorella minore di Ron brancolò nella stanza, sembrava irritata. “Ciao, Harry.”
“Che ti è successo?” domandò Ron.
“Lei,” rispose Ginny, lasciandosi cadere di peso sul letto di Harry. “Mi sta facendo impazzire.”
“Che ha fatto stavolta?” chiese Hermione comprensiva.
“È il modo in cui mi parla… si potrebbe credere che io abbia tre anni!”
“Lo so,” aggiunse Hermione, abbassando la voce. “È così piena di sé.”
Harry era stupito di sentire Hermione parlare in quel modo della signora Weasley e non si sentì di rimproverare Ron quando intervenne con astio, “La volete smettere con lei per cinque secondi?”
“Oh, va bene, difendila,” rispose Ginny con asprezza. “Lo sappiamo tutti che non riesci ad averne abbastanza di lei.”
Sembrava uno strano commento da fare riferendosi alla madre di Ron. Iniziando a capire che doveva esserci qualcos’altro, Harry chiese, “Di chi state…?”
La risposta alla questione, però, si presentò prima che potesse finire la domanda. La porta della camera si aprì di nuovo ed Harry istintivamente si tirò le coperte fino al collo così violentemente che Hermione e Ginny scivolarono dal letto finendo sul pavimento. Una giovane donna era ferma sulla soglia, una donna di tale bellezza mozzafiato che la stanza sembrava essere stata privata dell’aria. Era alta e slanciata, con lunghi capelli biondi e sembrava emanare un debole bagliore argentato. Per completare questa visione di perfezione, sorreggeva il vassoio pesante e sovraccarico della colazione.
“ ’Arry,” esclamò con voce gutturale. “È taánto tempo!”
Appena si mosse velocemente attraverso la soglia verso di lui, fu possibile vedere la signora Weasley che saltellava dietro di lei con espressione un po’ irritata.
“Non c’era bisogno di portare su il vassoio, stavo per farlo io stessa!”
“Non sci’è probleéma,” Disse Fleur Delacour, appoggiando il vassoio sulle ginocchia di Harry e poi precipitandosi a baciarlo su entrambe le guance: lui sentì un bruciore nei punti in cui lei l’aveva toccato. “ ‘o talmente desideraáto di rivedeérlo. Ricordaáte la mia sorellina Gabrielle? Non la smette mai di parlaáre di ‘Arry Potter. Sarebbe deliziaáta di vedeérti ancora.”
“Oh… c’è anche lei?” gracchiò Harry.
“No, no, stupidoótto,” disse Fleur con una risata tintinnante, “Inteéndo la prossima estaáte, quaándo noi… non lo saái?”
I suoi grandi occhi blu si spalancarono e lei guardò con aria di rimprovero verso la signora Weasley, che replicò, “Ancora non abbiamo avuto il tempo di dirglielo.”
Fleur si girò di nuovo verso Harry agitando tanto la sua chioma argentata che colpì la signora Weasley sul viso.
“Bill ed io stiaámo per sposaársci!”
“Oh,” sospirò Harry inespressivo. Non lo aiutò constatare come la signora Weasley, Hermione e Ginny evitavano accuratamente di incrociare lo sguardo. “Wow. Ehm…
congratulazioni!”
Lei si abbassò di slancio su di lui e lo baciò ancora una volta.
“Bill è moólto occupaáto al momeénto, lavoóra durameénte, ed io sono soólo part-time alla Gringótt per il mio Angleése, alloóra mi ha fátto veniíre qui per quaálche giórno per fármi conóscere meglio la sua famiíglia. Ero coscì felisce di sentiíre che sareésti venuto…
non sci’è moólto da faáre qui, se non ti piaásciono la cuscina e le galline. Be’… goditi la colascioóne, ‘Arry!”
Con queste parole si voltò con grazia e sembrò levitare fuori dalla stanza, chiudendo delicatamente la porta dietro di sé.
La signora Weasley emise un suono che sembrava un “tsze!”
“Mamma la odia,” disse Ginny con calma.
“No, che non la odio!” sussurrò la signora Weasley irritata. “Dico solo che si tratta di un fidanzamento affrettato, ecco tutto!”
“Si sono conosciuti da un anno,” disse Ron che sembrava stranamente traballante e fissava la porta chiusa.
“Be’, non è da molto! So perché è successo, naturalmente. È tutta quest’incertezza per il fatto che Tu-Sai-Chi è tornato, la gente pensa che potrebbe essere morta il giorno dopo, e si precipita a prendere ogni sorta di decisioni che normalmente richiederebbero più
tempo. Era la stessa cosa l’ultima volta che era potente, da tutte le parti gente che fuggiva per sposarsi…”
“Compresi tu e Papà,” s’intromise Ginny maliziosamente.
“Be’, sì, io e tuo padre eravamo fatti l’uno per l’altra, che senso c’era ad aspettare?”
precisò la signora Weasley. “Invece Bill e Fleur… be’… cos’hanno veramente in comune?
Lui è un lavoratore, una persona coi piedi per terra, mentre lei è…”
“Una vacca,” concluse Ginny annuendo. “Ma Bill non è tanto uno con i piedi per terra. Fa lo Spezzaincantesimi, no? Gli piace un po’ di avventura, un po’ di fascino… credo che sia per questo che si sia messo con Flemma.”
“Smettila di chiamarla così, Ginny,” intimò la signora Weasley aspramente, mentre Harry ed Hermione ridevano. “Be’, è meglio che vada a… Mangia le uova finché sono calde, Harry.”
Lasciò la stanza con espressione preoccupata. Ron sembrava ancora leggermente rintronato; scuoteva la testa come per schiarirsela, come un cane che cerca di scuotere via l’acqua dalle orecchie.
“Non ti sei ancora abituato a lei, visto che vive nella stessa casa?” domandò Harry.
“Be’, sì,” rispose Ron, “ma quando salta fuori all’improvviso, come quando…”
“È patetico,” sbuffò Hermione furiosa, allontanandosi a grandi passi il più possibile da Ron e girandosi a guardarlo a braccia incrociate appena raggiunto il muro.
“Non vorrai mica averla attorno per sempre?” domandò Ginny a Ron incredula. Quando lui rispose con una semplice scrollata di spalle, esclamò, “Be’, Mamma sta cercando di far finire tutto ciò, ci scommetto quello che vuoi.”
“Come ha intenzione di riuscirci??” chiese Harry.
“Sta cercando di fare in modo di avere Tonks presente a cena. Credo che speri che Bill possa innamorarsi di Tonks. Spero che lo faccia, preferirei molto di più avere lei in famiglia.”
“Si, e funziona,” disse Ron sarcastico. “Ascolta, a nessun uomo sano di mente potrebbe piacere Tonks quando Fleur è nei dintorni. Voglio dire, Tonks è anche carina quando non fa quelle cose stupide col naso e coi capelli, ma…”
“Non è maledettamente più carina di Flemma?” esclamò Ginny.
“Ed è anche molto più intelligente, è un Auror!” aggiunse Hermione dall’angolo.
“Fleur non è stupida, è stata abbastanza in gamba da entrare nel Torneo Tremaghi,”
ribatté Harry.
“Non ti ci mettere anche tu!” disse Hermione aspramente.
“Credo che ti piaccia come Flemma dice «’Arry», vero?” domandò Ginny sprezzante.
“No,” la fermò Harry, desiderando di non aver parlato, “Volevo solo dire che Flemma…
voglio dire, Fleur…”
“Preferirei molto di più avere Tonks in famiglia,” ripeté Ginny. “Almeno fa ridere.”
“Non è che abbia fatto ridere molto, ultimamente,” notò Ron. “Tutte le volte che l’ho vista mi è sembrata sempre di più somigliare a Mirtilla Malcontenta.”
“Questo non è per niente carino,” scattò Hermione. “Lei ancora non ha superato quello che è successo… sai… voglio dire, era suo cugino!”
Il cuore di Harry sprofondò. Si era arrivati a Sirius. Raccolse la forchetta ed iniziò a riempirsi la bocca di uova strapazzate, sperando di evitare ogni invito a partecipare a questa parte della conversazione.
“Tonks e Sirius a stento si conoscevano!” esclamò Ron. “Sirius è stato ad Azkaban durante metà della vita di lei e prima ancora le loro famiglie non s’incontravano mai…”
“Non è questo il punto,” lo interruppe Hermione. “Lei crede che sia per la sua incapacità
che lui è morto.”
“Ma come le è venuto in mente?” domandò Harry, nonostante tutto.
“Be’, lei stava combattendo contro Bellatrix Lestrange, no? Credo solo che se fosse riuscita a metterla fuori gioco, Bellatrix non avrebbe ucciso Sirius.”
“Questa è una stupidaggine,” intervenne Ron.
“È il senso di colpa dei sopravvissuti,” disse Hermione. “So che Lupin ha cercato di parlargliene, ma lei è ancora veramente giù. Sta persino avendo problemi con il suo Metamorfismo!”
“Con il suo…?”
“Non può cambiare aspetto come era solita fare,” spiegò Hermione. “Penso che i suoi poteri siano stati danneggiati dallo shock, o qualcosa del genere.”
“Non sapevo che potesse succedere,” disse Harry.
“Neanche io,” rispose Hermione. “Ma credo che se uno è veramente depresso…”
La porta si aprì di nuovo e la signora Weasley vi fece sporgere la testa. “Ginny,” mormorò,
“vieni giù con me ad aiutarmi per il pranzo.”
“Sto parlando con loro!” protestò Ginny, indignata.
“Subito!” disse la signora Weasley, ed andò via.
“Vuole solo che stia lì in modo da non dover restare sola con Flemma!” disse Ginny irritata. Fece roteare i lunghi capelli rossi in un’ottima imitazione di Fleur e camminò
impettita attraverso la stanza con le braccia sollevate come una ballerina.
“Anche tutti voi fareste bene a scendere altrettanto in fretta,” aggiunse mentre se ne andava.
Harry approfittò del temporaneo silenzio per mangiare un altro po’ di colazione. Hermione guardava attentamente all’interno delle scatole di Fred e George, benché ogni tanto lanciasse una sguardo di sbieco verso Harry. Ron, che al momento si stava servendo da solo di un toast di Harry, ancora fissava sognante verso la porta.
“Questo cos’è?” domandò Hermione alla fine, sollevando quello che sembrava un piccolo cannocchiale.
“Che ne so,” disse Ron, “ma se Fred e George l’hanno lasciato qui, probabilmente non è
ancora pronto per il negozio di scherzi, perciò stai attenta.”
“Tua Mamma ha detto che il negozio di scherzi sta andando bene,” disse Harry. “Ha detto che Fred e George hanno sviluppato un vero fiuto per gli affari.”
“Questo è minimizzare,” precisò Ron. “Stanno facendo Galeoni a palate! Non vedo l’ora di vedere il posto, ancora non siamo stati a Diagon Alley perché Mamma dice che deve esserci anche Papà, per maggiore sicurezza, e lui è stato veramente occupato al lavoro, ma sembra che sia magnifico.”
“E che mi dite di Percy?” domandò Harry; il terzo dei fratelli Weasley era entrato in rotta con il resto della famiglia. “Parla di nuovo con tua madre e tuo padre?”
“Niente,” disse Ron.
“Ma ora sa che tuo padre ha avuto ragione per tutto il tempo, sul fatto che Voldemort fosse tornato…”
“Silente dice che per la gente è più facile perdonare gli altri quando sono in torto, che non quando hanno ragione,” s’intromise Hermione. “L’ho sentito mentre lo diceva a tua madre, Ron.”
“Sembra proprio una di quelle cose cerebrali che Silente potrebbe dire,” acconsentì Ron.
“Mi darà lezioni private, quest’anno,” buttò lì Harry tanto per dire. Ron si strangolò con il suo pezzo di toast ed Hermione restò senza fiato.
“La prendi con tranquillità,” notò Ron.
“L’ho appena ricordato,” disse Harry sinceramente. “Me l’ha detto stanotte nel vostro ripostiglio delle scope.”
“Accidenti… lezioni private con Silente!” esclamò Ron, sembrava impressionato. “Mi chiedo perché lui voglia…?”
La sua voce sfumò. Harry vide lui ed Hermione scambiarsi occhiate. Harry poggiò coltello e forchetta, il cuore gli batteva troppo velocemente, considerato che tutta la sua attività
era star seduto nel letto. Silente aveva detto di farlo… Perché non adesso? Fissò lo sguardo sulla forchetta splendente alla luce solare che gli illuminava il grembo, e disse,
“Non so esattamente perché voglia che io segua queste lezioni, ma credo che sia a causa della profezia.”
Né Ron né Hermione aprirono bocca. Harry aveva l’impressione che entrambi si fossero congelati. Continuò, ancora parlando alla forchetta, “Sapete, quella che loro stavano cercando di rubare al Ministero.”
“Nessuno sa cosa abbia detto, però,” fece notare Hermione velocemente. “Si è rotta.”
“Però il Profeta dice…” cominciò Ron, ma Hermione l’interruppe, “Sc…”
“Il Profeta ha ragione,” confermò Harry, alzando lo sguardo verso di loro con un grande sforzo: Hermione sembrava impaurita e Ron sbalordito. “Quella palla di vetro che si è
rotta non era la sola registrazione della profezia. L’ho sentita per intero nell’ufficio di Silente, lui era quello a cui la profezia è stata fatta, così ha potuto riferirmela. Da quello che dice,” Harry prese fiato un attimo, “sembra che io sia il solo che ha la possibilità di uccidere Voldemort… almeno, diceva che nessuno di noi può vivere mentre l’altro sopravvive.”
Tutti e tre si guardarono in silenzio per un momento. Poi ci fu un forte scoppio ed Hermione svanì in una nuvola di fumo nero.
“Hermione!” gridarono Harry e Ron; il vassoio della colazione scivolò sul pavimento con fragore.
Hermione emerse, tossendo, fuori dalla nuvola, stringendo il telescopio e ostentando un occhio pesto di un porpora brillante.
“L’ho strizzato… e quello mi ha colpito!” singhiozzò.
Ed infatti, adesso, videro un piccolo pugno alla fine di una lunga molla che sporgeva dall’estremità del cannocchiale.
“Non preoccuparti,” la tranquillizzò Ron che stava chiaramente cercando di non ridere,
“Mamma lo metterà a posto, è brava nella guarigione delle piccole ferite…”
“Oh, bene, non pensiamo a questo adesso!” replicò Hermione rudemente. “Harry, oh, Harry…”
Si sedette di nuovo sul bordo del suo letto.
“Ce lo siamo chiesti, dopo essere tornati dal Ministero… chiaramente non volevamo parlarne con te, ma da quanto aveva detto Lucius Malfoy della profezia, di come questa trattasse di te e Voldemort, be’, abbiamo pensato che potesse significare qualcosa del genere… Oh, Harry…” Lo guardò fisso, e poi sussurrò, “Hai paura?”
“Non tanto come prima,” rispose Harry. “La prima volta che l’ho sentita, ero… ma adesso, mi sembra come se avessi sempre saputo che lo avrei dovuto fronteggiare, alla fine…”
“Quando abbiamo sentito che Silente ti sarebbe venuto a prendere di persona, abbiamo pensato che avrebbe potuto dirti o mostrarti qualcosa che aveva a che fare con la profezia,” disse Ron diligentemente. “E avevamo quasi ragione, no? Non ti si sarebbe messo a darti lezioni se tu fossi stato spacciato, non avrebbe perso tempo – deve pensare che hai una possibilità!
“È vero,” disse Hermione. “Mi chiedo cosa ti insegnerà, Harry? Magia difensiva veramente avanzata, credo, probabilmente… potenti contromaledizioni… controfatture…”
Harry non stava veramente ascoltando. Una sensazione di calore, che non aveva nulla a che fare con la luce del sole, gli si stava diffondendo dentro: una salda occlusione al petto sembrava si stesse dissolvendo. Sapeva che Ron ed Hermione erano più colpiti di quanto lasciassero vedere, ma il solo fatto che fossero ancora lì dalla sua parte, pronunciando favorevoli parole di conforto, e non rifuggendo da lui come se fosse contaminato o pericoloso, aveva un valore superiore a quanto avrebbe mai potuto dir loro.
“… e incantesimi evasivi in genere,” concluse Hermione. “Be’, almeno sai di una lezione che avrai quest’anno, che è molto di più che per Ron e me. Mi chiedo, quando arriveranno i risultati dei nostri G.U.F.O.?”
“Non dovrebbe mancare molto, è passato un mese,” fece notare Ron.
“Un momento,” esclamò Harry, come se gli ritornasse in mente un’altra parte della conversazione della notte precedente. “Penso che Silente abbia detto che i risultati dei nostri G.U.F.O. sarebbero arrivati oggi!”
“Oggi?” strillò Hermione. “Oggi? Ma perché non l’hai… – Oh mio Dio – avresti dovuto dirlo…”
Schizzò in piedi.
“Vado a vedere se per caso è arrivato qualche gufo…”
Quando Harry arrivò giù, dieci minuti più tardi, completamente vestito e reggendo il suo vassoio della colazione, trovò Hermione seduta al tavolo della cucina in preda a grande agitazione, mentre la signora Weasley cercava di attenuare la sua somiglianza a metà con un panda.
“Proprio non si smuove,” stava dicendo ansiosamente la signora Weasley, ferma alle spalle di Hermione e con in mano la bacchetta ed una copia de «L’Aiutante del Guaritore»
aperta a «Lividi, Tagli e Abrasioni». “Questo ha sempre funzionato prima, proprio non lo capisco.”
“Sarà un’idea di Fred e George per uno scherzo divertente, quella di fare in modo che non venga via per sempre!” disse Ginny.
“Ma deve andare via!” Gridò Hermione. “Non posso andare in giro conciata così per sempre!”
“Non è così, cara, troveremo un antidoto, non preoccuparti,” disse la signora Weasley rassicurante.
“Bill mi ha deétto che Fred e Geoórge sono molto diverteénti!” aggiunse Fleur tranquillamente.
“Già, non riesco a respirare per il gran ridere,” scattò Hermione.
Saltò in piedi e cominciò a girare avanti e indietro per la cucina, intrecciando le dita.
“Signora Weasley, è proprio, proprio sicura che stamattina non sia arrivato nessun gufo?”
“Sì, cara, l’avrei notato,” rispose la signora Weasley con pazienza. “Ma sono appena le nove, c’è ancora molto tempo…”
“So di aver fatto un pasticcio in Antiche Rune,” borbottò Hermione agitata, “ho sicuramente sbagliato gravemente una traduzione. E la pratica di Difesa Contro le Arti Oscure non è andata affatto bene. Al momento pensavo che Trasfigurazione fosse andata bene, ma tornando indietro…”
“Hermione, stai zitta, non sei la sola ad essere nervosa!” esplose Ron. “E quando avrai preso undici «Eccellente» ai G.U.F.O. …”
“No, no, no!” Esclamò Hermione agitando le mani istericamente. “So di aver sbagliato tutto!”
“Cosa succede se si è bocciati?” Domandò Harry genericamente ai presenti, ma fu Hermione a rispondere.
“Si discutono le opzioni con il Direttore della propria Casa, l’ho chiesto alla Professoressa McGranitt alla fine dell’ultimo trimestre.”
Lo stomaco di Harry si contorse. Desiderò aver mangiato meno a colazione.
“A Beauxbatons,” intervenne Fleur con sufficienza, “abbiaámo un differeénte modo di faáre le coóse. Credo milioóre. I nostri esaámi sono fissaáti al seésto anno di studi, non al quiínto, e poi…”
Le parole di Fleur furono interrotte da un grido. Hermione indicava oltre la finestra della cucina. Tre puntini neri erano chiaramente visibili in cielo, ingrandendosi col passare del tempo.
“Sono certamente gufi,” disse Ron con voce rauca, saltando in piedi per raggiungere Hermione alla finestra.
“E ce ne sono tre,” aggiunse Harry affrettandosi ad affiancarla sull’altro lato.
“Uno per ciascuno,” sussurrò Hermione terrificata. “Oh no… oh no… oh no…”
Afferrò strettamente sia Ron che Harry per i gomiti.
I gufi stavano volando direttamente verso la Tana, tre begli esemplari bruni, ciascuno dei quali, diventò evidente appena si furono un po’ avvicinati sul percorso che portava alla casa, trasportava una voluminosa busta quadrata.
“Oh no!” Squittì Hermione.
La signora Weasley si accalcò dietro di loro ed aprì la finestra della cucina. Uno, due, tre, i gufi vi passarono attraverso ed atterrarono sul tavolo in formazione. Tutti e tre sollevarono la zampa destra.
Harry si avvicinò. La lettera indirizzata a lui era legata alla zampa del gufo centrale. Lui la slegò con dita tremanti. Alla sua sinistra, Ron stava cercando di staccare i suoi risultati. Sulla destra, le mani di Hermione si agitavano talmente che stava facendo tremare l’intero gufo.
Nella cucina nessuno parlava. Alla fine Harry riuscì ad aprire la busta. Velocemente tirò
fuori la pergamena e la aprì.
RISULTATI DEL GIUDIZIO UNICO FATTUCCHIERE ORDINARIO
Voti positivi:
Eccellente (E)
Voti negativi:
Scadente (S)
Oltre Ogni Previsione (O)
Desolante (D)
Accettabile (A)
Troll (T)
HARRY JAMES POTTER HA OTTENUTO
Astronomia A
Cura delle Creature Magiche
O
Incantesimi O
Difesa Contro le Arti Oscure
E
Divinazione S
Erbologia
O
Storia della Magia D
Pozioni
O
Trasfigurazione
O
Harry lesse la pergamena diverse volte, col respiro che diventava più facile ad ogni lettura. Era tutto a posto: aveva sempre saputo che sarebbe stato bocciato in Divinazione, e non aveva avuto possibilità di passare Storia della Magia in quanto era svenuto a metà dell’esame, ma aveva passato tutti gli altri! Fece scorrere le dita su tutti i voti… era andato bene in Trasfigurazione ed Erbologia, aveva anche avuto “Oltre Ogni Aspettativa” in Pozioni! E meglio di ogni cosa, aveva ottenuto “Eccellente” in Difesa Contro le Arti Oscure!
Si guardò intorno. Hermione gli dava le spalle ed aveva la testa inclinata, ma Ron guardava deliziato.
“Sono stato bocciato solo in Divinazione e Storia della Magia, ed a chi importa di quelle?”
disse ad Harry felicemente. “Qui… facciamo a cambio…”
Harry diede un’occhiata ai voti di Ron: non c’era nessun “Eccellente”…
“Lo sapevo che saresti stato il migliore in Difesa Contro le Arti Oscure,” disse Ron, dando un colpetto sulla spalla di Harry. “È andata bene, no?”
“Ben fatto!” disse la signora Weasley orgogliosamente, arruffando i capelli di Ron. “Sette G.U.F.O., più di quanto Fred e George hanno ottenuto insieme!”
“Hermione?” tentò Ginny, in quanto Hermione ancora non si era girata. “Com’è andata?”
“Io… non male,” sussurrò Hermione con un filo di voce.
“Oh, piantala,” disse Ron, raggiungendola con un balzo e strappandole i risutati di mano.
“Sì, dieci “Eccellente” ed un “Oltre ogni Aspettativa” in Difesa contro le Arti Oscure.” La guardò, per metà divertito e per metà esasperato. “Sei proprio delusa, non è vero?
Hermione scosse il capo, ma Harry scoppiò a ridere.
“Be’, siamo studenti per il M.A.G.O. adesso!” sogghignò Ron. “Mamma, ci sono altre salsicce?”
Harry ancora una volta abbassò lo sguardo sui suoi risultati. Erano buoni come aveva sperato. Ebbe solo una piccola, spiacevole, sensazione di rammarico… Era la fine della sua ambizione di diventare Auror. Non si era assicurato un voto adeguato in Pozioni. Aveva sempre saputo che non ci sarebbe riuscito, ma accusò lo stesso uno sprofondamento allo stomaco quando guardò di nuovo a quella piccola “O” nera. Era strano, in realtà, rendersi conto che era stato un Mangiamorte travestito quello che, per primo, aveva detto ad Harry che sarebbe stato un buon Auror, ma in qualche modo l’idea gli era entrata dentro, e non riusciva veramente a pensare a nient’altro che gli piacesse fare. Per di più era sembrato il destino più adatto per lui fin da quando aveva udito la profezia poche settimane prima… nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive… non sarebbe stato all’altezza delle aspettative della profezia, e non avrebbe dato a se stesso l’occasione per sopravvivere, se avesse fatto parte di quel gruppo di maghi altamente addestrati il cui lavoro era proprio quello di scovare e uccidere Voldemort?
CAPITOLO SEI
LA DEVIAZIONE DI DRACO
Harry oltrepassò i confini che delimitano il giardino della Tana per tutte le rimanenti poche settimane. Trascorse molta parte del tempo giocando a Quidditch, due contro due, nell’orto dei Weasley (lui ed Hermione contro Ron e Ginny, ed essendo Hermione terrificante e Ginny una buona giocatrice, le squadre erano ragionevolmente ben equilibrate) e mangiando, di sera, tripla porzione di tutto ciò che la signora Weasley gli poneva di fronte.
Avrebbe potuto essere una tranquilla vacanza felice se non fosse stato per le notizie di scomparse, incidenti strani e persino di morti che ora apparivano sul Profeta quasi giornalmente. Qualche volta Bill ed il signor Weasley portavano le notizie prima che apparissero sul giornale. Con gran dispiacere della signora Weasley, i festeggiamenti per il sedicesimo compleanno di Harry furono rovinati da spaventose notizie portate alla festa da Remus Lupin, che sembrava torvo e macilento, i capelli marroni striati abbondantemente di grigio e le vesti ancor più logore e rappezzate del solito.
“Ci sono stati un altro paio di attacchi dei dissennatori, ” annunciò mentre la signora Weasley gli passava una grande fetta di torta di compleanno. “Hanno anche trovato il corpo di Igor Karkaroff in una baracca su nel nord. Il marchio Nero era stato evocato su di essa… sinceramente, sono sorpreso che sia sopravvissuto per un anno dalla diserzione dai Mangiamorte: il fratello di Sirius, Regulus, ci era riuscito solo per pochi giorni, che io ricordi.”
“Si, bene,” borbottò la signora Weasley, aggrottando la fronte, “forse vogliamo parlare di qualcosa di diff…”
“Hai sentito quella di Florian Fortebraccio, Remus? ” Chiese Bill, intento ad offrire vino rosso a Fleur. “L’uomo che vendeva…
“… gelati in Diagon Alley?” Interruppe Harry, con una spiacevole sensazione di vuoto al fondo dello stomaco. "Era solito regalarmi il gelato. Cosa gli è successo?”
“Portato via con la forza, a giudicare dallo stato del suo locale.”
"Perché?” chiese Ron, mentre la signora Weasley guardava Bill in cagnesco.
“Chi lo sa? Deve averli offesi in qualche modo. Era un brav’uomo, Florian.”
“Parlando di Diagon Alley,” disse il signor Weasley, “sembra che anche Olivander se ne sia andato.”
“Il fabbricante di bacchette?” disse Ginny, sbigottita.
“Proprio lui. Negozio è vuoto. Nessun segno di lotta. Nessuno sa se abbia lasciato volontaria-mente o se sia stato rapito.”
“Ma le bacchette… come farà la gente con le bacchette?”
“Se le faranno fare da un altro costruttore,” rispose Lupin. “Ma Olivander era il migliore, e se gli altri lo avessero preso non sarebbe cosa buona per noi.”
Il giorno successivo a questo the di compleanno alquanto tetro, ricevettero le lettere da Hogwarts con le liste dei libri. Quella di Harry racchiudeva una sorpresa: era stato fatto Capitano della squadra di Quidditch.
“Questo ti equipara ai prefetti!” Mormorò Hermione con lacrime di gioia. “Anche tu ora puoi usare il nostro bagno speciale e tutto il resto!”
“Wow, ricordo quando Charlie portava uno di questi,” disse Ron, esaminando il badge con allegria. “Harry, è così bello, sei il mio Capitano… se mi terrai in squadra, suppongo, ah, ah…”
“Bene, suppongo che non si possa rimandare oltre il viaggio a Diagon Alley ora che avete queste,” sospirò la signora Weasley guardando la lista di Ron. “Andremo sabato, sempre che vostro padre non debba tornare al lavoro. Non voglio andare senza di lui.”
“Mamma, pensi onestamente che Tu-Sai-Chi si stia nascondendo dietro uno scaffale al Ghirigoro?” ridacchiò Ron.
“Fortebraccio e Olivander sono in ferie, allora?” Disse la signora Weasley, infiammandosi di colpo. “Se pensate che la sicurezza sia roba da ridere potete starvene a casa ed io mi procurerò le vostre cose da sola…”
“No, voglio venire, voglio vedere il negozio di Fred and George!” Rispose Ron rudemente.
"Rivedi quanto hai detto, giovane uomo, prima che io decida che sei troppo immaturo per venire con noi!” rispose con ira la signora Weasley strattonando l’orologio traballante in cima ad un mucchio di panni appena lavati, le cui nove lancette erano tutte puntate su
«pericolo mortale». “E questo vale anche per il ritorno ad Hogwarts!”
Ron tornò a guardare Harry, scetticamente, appena sua madre fece volare tra le sue braccia il cesto della biancheria con sopra l’orologio traballante, precipitandosi poi fuori dalla stanza.
“Accidenti… non si può scherzare su niente da queste parti…”
Tuttavia Ron fu molto attento a non scherzare più su Voldemort, nei giorni a seguire. Sabato arrivò senza altri scoppi della signora Weasley, sebbene apparisse molto tesa a colazione. Bill, che era in casa con Fleur (con grande piacere di Hermione e Ginny), passò ad Harry, attraverso la tavola, una borsa piena di monete.
“Dov’è la mia?” domandò Ron a sua volta, con gli occhi spalancati.
“Questo era già di Harry, idiota,” esclamò Bill. “L’ho prelevato dalla tua camera alla Gringott per te, Harry, poiché ci vogliono circa cinque ore, al momento, perché il pubblico possa accedere al proprio oro, in quanto i goblin hanno rinforzato moltissimo la sicurezza. Due giorni fa una Sonda di Onestà ha bloccato Arkie Philpott con la sua… Be’, credimi, così è più facile.”
“Grazie, Bill,” disse Harry, intascando il suo oro.
“Ed è seémpre coscì premuroóso,” espresse in tono sommesso ed adorante Fleur, accarezzando il naso di Bill. Ginny fece finta di vomitare sui suoi cereali alle spalle di Fleur. Harry si strozzò con i suoi cornflakes, e Ron gli diede vari colpetti sulle spalle. Era un giorno nuvoloso e tetro. Una delle macchine speciali del Ministero della Magia, sulle quali Harry aveva già viaggiato una volta, li stava aspettando nel cortile quando uscirono di casa stringendosi nei mantelli.
“È bene che papà possa usarle di nuovo,” apprezzò Ron, distendendosi lussuriosamente mentre la macchina si allontanava tranquillamente dalla Tana, Bill e Fleur salutavano dalla finestra della cucina. Lui, Harry, Hermione, e Ginny erano comodamente seduti in uno spazio confortevole sui sedili posteriori.
“Non prendeteci l’abitudine, è solo per via di Harry,” disse il signor Weasley voltandosi indietro. Lui e la signora Weasley erano davanti con il conducente del Ministero. I sedili anteriori erano diligentemente allungati così da sembrare un sofà a due. “Harry necessita del massimo grado di sicurezza. E ci saranno misure di sicurezza addizionali anche al Paiolo Magico.”
Harry non disse nulla. Non aveva molta voglia di fare shopping circondato da un battaglione di Auror. Aveva riposto il Mantello dell’Invisibilità all’interno dello zaino e credeva che, se era stata una cosa abbastanza buona per Silente, doveva necessariamente esserlo anche per il Ministero ma, ora che ci pensava, non era tanto sicuro che il Ministero fosse a conoscenza del suo mantello.
“Eccoci, finalmente,” disse il conducente dopo un lasso di tempo sorprendentemente breve, parlando per la prima volta mentre rallentava in Charing Cross Road e si fermava davanti al Paiolo Magico. “Vi aspetto, avete idea di quanto tempo dovrò attendere?”
“Un paio d’ore, Penso,” disse la signora Weasley. “Ah, bene, lui è qui!”
Harry imitò il signor Weasley e si voltò di scatto a guardare attentamente fuori dal finestrino. Non c’erano Auror all’esterno della locanda, al loro posto la gigantesca figura e la barba scura di Rubeus Hagrid, il guardiacaccia di Hogwarts, che indossava un lungo cappotto di pelliccia di castoro e sorrideva alla vista Harry, indifferente degli sguardi sbigottiti dei passanti Babbani.
“Harry!” disse protendendosi, stringendo Harry in un abbraccio stritolante nel momento stesso in cui lui fece un passo fuori dalla macchina. “Fierobecco… cioè Alicrespe… ce lo devi vedere, Harry, è così felice di esserci di nuovo all’aria aperta…”
“Sono lieto che sia contento,” disse Harry, sogghignando e massaggiandosi le costole.
“Non dovremmo conoscere la «sicurezza», ricorda!”
“Lo so, ma ci è come ai vecchi tempi, no? Il Ministero ci voleva mandare una caterva di Auror, ma Silente ci ha detto che lo dovevo fare io,” rispose Hagrid fieramente, ingrossando il torace ed infilandosi i pollici nelle tasche. “Andiamo adesso… dopo di te, Molly, Arthur…”
Il Paiolo Magico era, per la prima volta a memoria di Harry, completamente vuoto. Di tutta la folla di una volta rimaneva solo Tom, il proprietario avvizzito e sdentato. Alla loro entrata alzò lo sguardo, speranzoso, ma prima che potesse parlare Hagrid disse pomposamente, “Noi oggi ci passiamo soltanto, Tom, ce lo capisci, affari di Hogwarts, sai.”
Tom annuì tristemente col capo e tornò a strofinare i bicchieri. Harry, Hermione, Hagrid, ed i Weasley attraversarono il bar e uscirono nel piccolo cortile gelato sul retro dove erano ammucchiati i bidoni della spazzatura. Hagrid sollevò il suo ombrello rosa e picchiò su certi mattoni sul muro che si aprirono immediatamente a formare un’arcata da cui accedere ad una ventilata strada lastricata. Passarono attraverso l’entrata e si fermarono, guardandosi attorno.
Diagon Alley era cambiata. Le scintillanti e colorate vetrine che esponevano libri di incantesimi, ingredienti di pozioni e calderoni non si vedevano più, occultati da grandi manifesti del Ministero della Magia che vi erano stati incollati sopra. Molti di questi tetri manifesti dall’aria ufficiale mostravano una versione ingrandita dell’opuscolo Ministeriale sulla sicurezza, opuscolo divulgato all’inizio dell’estate, altri riproducevano, però, le foto in movimento ed in bianco e nero dei Mangiamorte che si sapevano essere liberi. Bellatrix Lestrange sogghignava dalla vicina farmacia. Un certo numero di vetrine erano state coperte con assi di legno, comprese quelle della Gelateria Florian di Florian Fortebraccio. Per contro, un certo numero di squallide bancarelle erano spuntate lungo la strada. Nella più vicina, che era stata eretta davanti al Ghirigoro sotto una macchiata tenda a strisce, c’era un cartone appuntato che riportava la seguente scritta:
AMULETI: Efficaci contro Lupi Mannari, Dissennatori ed Inferi.
Una piccola strega decrepita faceva sbatacchiare verso i passanti bracciate di emblemi d’argento montati su catenelle.
“Uno per la giovane ragazza, signora?” Chiese alla signora Weasley al suo passaggio, sbirciando Ginny. “Per proteggere il suo grazioso collo?”
“Se fossi in servizio…” interloquì il signor Weasley, folgorando arrabbiato la venditrice di amuleti.
“Si , ma non puoi arrestare nessuno ora, caro, andiamo di fretta,” interruppe la signora Weasley, consultando nervosamente una lista. “Penso sia meglio andare al negozio di Madama McClan prima, Hermione ha bisogno di vestiti nuovi, e la toga di Ron mostra troppo di gran parte della caviglia, ed anche tu ne hai bisogno di una nuova, Harry, sei cresciuto così tanto… andiamo ora, tutti…”
“Molly, non ha senso che andiamo tutti da Madama McClan,” disse il signor Weasley.
“Perché loro tre non vanno con Hagrid, e noi andiamo al Ghirigoro e prendere i libri di tutti?”
“Non so,” disse la signora Weasley ansiosamente, chiaramente divisa tra il desiderio di finire gli acquisti velocemente e la voglia di rimanere tutti insieme. “Hagrid, tu pensi…?”
“Non ti ci preoccupare, loro ci staranno bene con me, Molly,” la rassicurò Hagrid, sventolando in aria la sua mano grande come il coperchio di un bidone della spazzatura. La signora Weasley non sembrava molto convinta, ma acconsentì alla separazione, affrettandosi verso il Ghirigoro col marito e Ginny mentre Harry, Ron, Hermione ed Hagrid si dirigevano verso il negozio di Madama McClan.
Harry notò che molte delle persone che incrociavano avevano lo stesso sguardo preoccupato della signora Weasley e che nessuno si fermava a parlare con gli altri. Gli acquirenti stavano tutti uniti in gruppo, concentrati nei propri affari. Nessuno sembrava andare a far spese da solo.
“Potremmo starci un po’ spremuti lì tutti noi,” disse Hagrid, fermandosi all’esterno del negozio di Madama McClan e rannicchiandosi per scrutare attraverso una finestra. “Io ci starò di guardia fuori, va bene?”
Così Harry, Ron ed Hermione entrarono insieme nel piccolo negozio. Sembrava vuoto, a prima vista, ma la porta non fece in tempo a chiudersi dietro di loro che sentirono una voce familiare giungere da dietro una rastrelliera piena di tonache ornate verdi e blu.
“… non un bambino, in caso tu non lo sappia, Madre. Sono perfettamente in grado di fare i miei acquisti da solo.”
Ci fu uno schioccare ed una voce, che Harry riconobbe essere quella della proprietaria, Madama McClan, disse, “Ora, caro, tua madre ha completamente ragione, nessuno di noi pensa di andare in giro per conto proprio, non è cosa da fare per un bambino…”
“Cerchi di stare attenta con quello spillo, va bene!”
Un ten-ager con il viso pallido ed appuntito e capelli biondo pallido apparve dal retro della rastrelliera, indossando una veste verde scuro di bella fattura che brillava di spilli sull’orlo della manica. Camminò a larghi passi fino allo specchio per rimirarsi. Ci mise qualche minuto prima di accorgersi di Harry, Ron ed Hermione riflessi alle sue spalle. Strinse gli occhi grigi.
“Se ti stai chiedendo il motivo di quest’odoraccio, Madre, è per il fatto che è appena entrata una sporca mezzosangue,” disse Draco Malfoy.
“Non c’è alcun bisogno di usare un linguaggio del genere!” sentenziò Madama McClan, affrettandosi ad uscire da dietro l’appendiabiti con in mano un metro ed una bacchetta.
“E non voglio nemmeno vedere bacchette sguainate nel mio negozio!” aggiunse rudemente, dopo che con un’occhiata alla porta aveva visto sia Harry che Ron in posizione con le bacchette pronte e puntate su Malfoy. Hermione, leggermente arretrata rispetto a loro, bisbigliò, “No, non fatelo, veramente, non importa.”
"Sì, vi piace fare magie fuori dalla scuola,” sghignazzò Malfoy. “Chi ti ha fatto l’occhio nero, Granger? Voglio mandargli dei fiori.”
“Ne ho abbastanza!” sbraitò decisa Madama McClan, guardando sopra le sue spalle come supporto. “Madama … per favore…”
Narcissa Malfoy spuntò da dietro l’appendiabiti a rastrelliera.
“Mettetele via,” disse freddamente a Harry e Ron. "Se attaccate ancora mio figlio, posso assicurarvi che sarà l’ultima cosa che fate.”
“Davvero?” rispose Harry, facendo un passo avanti e fissando quella faccia arrogante che, per il suo pallore, sembrava quello della sorella. Era alto quanto lei, adesso.
“Andando a cercare un gruppetto dei suoi amici Mangiamorte per farci fuori, vero?”
Madama McClan squittì e si strinse le mani al cuore.
“Sul serio, non dovreste accusare… è una cosa pericolosa da dire… via le bacchette, per favore!”
Ma Harry non la ripose. Narcissa Malfoy sorrise sgradevolmente.
“Vedo che l’essere il favorito di Silente ti ha dato un falso senso di sicurezza, Harry Potter. Ma Silente non c’è sempre a proteggerti.”
Harry guardò l’intero negozio con aria di sfida. "Wow… guarda un po’… ora non c’è!
Perché non ci prova, allora? Potrebbero anche trovarle una cella doppia ad Azkaban insieme con quel perdente di suo marito!”
Malfoy fece un movimento brusco verso Harry, ma inciampò nella veste troppo lunga. Ron sghignazzo sonoramente.
“Non osare parlare a mia madre in quel modo, Potter!” ringhiò Malfoy.
“Va tutto bene, Draco,” disse Narcissa, trattenendolo con le sottili dita bianche sulla spalla. "Mi aspetto che Potter si riunisca col suo caro Sirius prima che io mi riunisca con Lucius.”
Harry sollevò la bacchetta.
“Harry, no!” lo ammonì Hermione, afferrandogli la mano e tentando di abbassarla.
“Pensaci… Tu non devi… avresti tanti di quei problemi...”
Madama McClan rabbrividì per un momento sul posto, quindi decise di agire come se niente fosse successo e nella speranza che non accadesse. Si inchinò davanti a Malfoy, che stava ancora sbirciando Harry.
“Penso che questa manica sinistra debba scendere ancora un po’, caro, lasciamela solo…”
“Ahi!” tuonò Malfoy, allontanandole la mano con uno schiaffo. “Guarda dove metti gli spilli, donna! Madre… non penso di volerlo ancora…”
Si sfilò la veste da sopra la testa e la getto sul pavimento ai piedi di Madama McClan.
“Hai ragione, Draco,” disse Narcissa, sbirciando contemporaneamente Hermione, “ora so che tipo di feccia frequenta questo negozio… Troveremo di meglio al Twilfitt and Tatting's.”
Detto questo, entrambi si avviarono a grandi passi fuori dal negozio, Malfoy ben attento ad urtare Ron il più duramente possibile mentre passava.
“Bene, veramente!” disse Madama McClan, tirando su la veste caduta e passandovi su l’estremità della bacchetta come se si trattasse di un aspirapolvere, finché non fu rimosso tutto lo sporco.
Fu disattenta durante l’intera la prova delle nuove vesti di Ron ed Harry e cercò di vendere ad Hermione un abbigliamento da mago anziché uno da strega e, quando finalmente li accompagnò fuori dal negozio, aveva l’aria di essere felice di vedere le loro schiene allontanarsi.
“Preso tutto?” chiese radioso Hagrid quando tornarono da lui.
“All’incirca,” disse Harry. “Hai visto i Malfoy?”
“Sì,” rispose Hagrid, noncurante. “Ma non ci avrebbero osato di fare qualcosa in mezzo a Diagon Alley, Harry. Non ti ci preoccupare di loro.”
Harry, Ron ed Hermione si scambiarono uno sguardo, ma prima che potessero far recedere Hagrid da questa confortante asserzione, il signore e la signora Weasley insieme a Ginny apparvero tutti carichi di pacchi di libri.
“State tutti bene?” chiese la signora Weasley. “Prese le vostre divise? Bene allora, possiamo fare una scappatina in farmacia e all’Emporio dei Gufi sulla strada per il negozio di Fred and George… State vicini, adesso…”
Né Harry né Ron comprarono alcun ingrediente in farmacia, visto che non avrebbero continuato lo studio di Pozioni, ma entrambi comprarono, all’Emporio dei Gufi, una grande scatola di biscottini gufici per Edvige e Leotordo. Con la signora Weasley che controllava l’orologio ogni minuto circa, poi, si allontanarono lungo la strada alla ricerca dei Tiri Vispi Weasley, il negozio di scherzi aperto da Fred e George.
“Non posiamo proprio restare a lungo,” disse la signora Weasley. “Possiamo solo dare una rapida occhiata e tornare alla macchina. Dovremmo essere vicini, questo è il numero 92... 94...”
“Whau,” esclamò Ron, arrestandosi.
Messe al riparo dai monotoni manifesti ammuffiti delle vetrine circostanti, le vetrine di Fred e George colpivano gli occhi come un’esposizione di fuochi d’artificio. Chiunque passasse per caso nei dintorni, si voltava a guardare le vetrine, ed alcune persone sbalordite s’erano appena fermate incantate. La vetrina di sinistra era straordinariamente piena di un assortimento di oggetti che ruotavano, scoppiettavano, lampeggiavano, rimbalzavano ed urlavano. Ad Harry si inumidirono gli occhi al solo guardarli. La vetrina destra era coperta da un gigantesco poster pomposo come quello Ministeriale, ma adornato di lettere gialle e lampeggianti:
Perché Essere Preoccupati Per Tu-Sai-Chi?
Si DOVREBBE essere preoccupati per
TU-SAI-CHE
Quel Senso di Costipazione - Che Attanaglia la Nazione!
Harry scoppiò a ridere. Sentì un flebile gemito dietro di lui e, voltatosi a guardare, vide la signora Weasley esterrefatta, ammutolita, a guardare il poster. Le sue labbra si muovevano silenziosamente, mimando il nome “TU –SAI-CHE.”
“Saranno uccisi nel loro letto!” Bisbigliò.
“No che non lo saranno!” Disse Ron che, come Harry, stava ridendo. “È fortissimo!”
Lui ed Harry entrarono nel negozio. Era strapieno di clienti. Harry non riuscì ad avvicinarsi agli scaffali. Si guardò attorno, osservando le scatole ammucchiate fino al soffitto: c’erano le Merendine Marinare che i gemelli avevano perfezionato nel precedente anno ad Hogwarts, che non avevano terminato. Harry s’accorse che i Torroni Sanguinolenti erano molto richiesti dall’unica scatola aperta rimasta sullo scaffale. C’erano casse piene di bacchette finte, le più economiche che si trasformavano in un pollo di gomma o in un paio di mutande quando agitate, le più care che percuotevano l’utente disattento sulla testa e sul collo. C’erano scatole di piume che si distinguevano in vari tipi: Auto-Scriventi, Verifica-Formule e Risposta-Breve. Si aprì un piccolo spazio nella folla ed Harry si spinse verso il bancone dove un gruppo di deliziati ragazzini di 10
anni stava guardando un minuscolo uomo di legno che lentamente saliva verso una vera coppia di forche poste su in una scatola che portava la scritta: “Boia Riutilizzabile —
Incantalo o ti impiccherà!”
“«Incantesimo Sogni ad Occhi Aperti Brevettato»”
Hermione era riuscita a farsi spazio verso un grande display presso il bancone e stava leggendo le informazioni sul retro di una scatola che sorreggeva un’illustrazione colorata raffigurante un bellissimo giovane ed una ragazza in estasi sul ponte di una nave pirata.
“«Un semplice incantesimo ed entrerete in un sogno ad occhi aperti estremamente realistico della durata di trenta minuti, di alta qualità, facile da utilizzare nel bel mezzo di una lezione e virtualmente non identificabile (effetti secondari includono una espressione vacua e un lieve sbavare). Non vendibile ai minori di sedici anni» Sai,” disse Hermione, alzando lo sguardo su Harry, “è veramente una magia straordinaria!”
“Per quello che hai detto, Hermione,” disse una voce dietro loro, “ne puoi avere tre al prezzo di uno.”
Fred era in piedi di fronte a loro, raggiante, vestito di un completo magenta che s’intonava magnificamente con i suoi capelli color fiamma.
“Come stai, Harry?” Si strinsero la mano. “E che è successo ai tuoi occhi, Hermione? “
“Il tuo telescopio pugile,” rispose mestamente.
“Oh accidenti, mi ero scordato di quelli,” rispose Fred. “Qui...”
Sfilò un tubetto dalla tasca e glielo porse. Lei ne svitò il tappo con circospezione facendone uscire una densa pasta gialla.
“Mettine un pochino, il livido se ne andrà in un’ora,” disse Fred. “Dovevamo trovare una pozione decente per rimuovere gli ematomi, avendo testato molti prodotti su noi stessi.”
Hermione lo guardò nervosa. “È sicura, vero?” chiese.
“Certo che lo è,” asserì Fred con più enfasi. “Vieni, Harry, ti faccio fare un giro.”
Harry lasciò Hermione che ungeva l’occhio nero con la pomata e seguì Fred verso il retro del negozio, dove vide un reparto di carte da gioco e trucchi con la corda.
“Trucchi magici Babbani!” sentenziò Fred felicemente, indicandoli. “Per tipi strani come papà, sai, quelli che adorano la roba dei Babbani. Non rendono molto, ma abbiamo abbastanza clienti fissi, sono delle grandi novità… oh, ecco George...”
Il gemello di Fred strattonò energicamente la mano di Harry.
“Gli fai fare un giro? Vieni sul retro, Harry, è là che facciamo veramente soldi… metti in tasca qualcosa, tu, e pagherai molto più che non in Galeoni!” aggiunse per avvisare un ragazzino che tirava di scatto la mano fuori da un catino etichettato con una scritta nera: Marchio Nero Commestibile – Per far Ammalare Chiunque!
George spostò una tenda a lato dei trucchi Babbani ed Harry vide una stanza buia e meno affollata. I pacchetti dei prodotti allineati su questi scaffali erano più pacati.
“Abbiamo appena sviluppato questa linea più seria,” disse Fred. “Strano come sia successo…”
“Non crederesti se ti dicessi quante persone, anche gente che lavora al Ministero, non sappia fare un Incantesimo Scudo decente,” disse George. “Naturalmente non hanno avuto te come insegnante, Harry.”
“Giusto... bene, pensavamo ad un Cappello Scudo un po’ per ridere, sai, una sfida ai tuoi compagni a farti una fattura mentre lo indossi e guardare la sua faccia quando la fattura rimbalza. Ma il Ministero ne ha comprati cinquecento per il suo equipaggiamento ai dipendenti! E stiamo ancora ricevendo ordini massicci!”
“Così abbiamo esteso l’incantesimo a Mantelli Scudo, Guanti Scudo,….”
“... Voglio dire, non possono fare molto contro le Maledizioni Senza Perdono, ma per le fatture minori o per il malocchio…”
“E poi abbiamo pensato a tutto il settore di Difesa contro le Arti Oscure, perché è
talmente redditizio,” continuò George entusiasticamente. “Questo è recentissimo. Guarda, Polvere Oscurante Istantanea, l’abbiamo importata dal Perù. Pratico se si vuole scappare in fretta.”
“Ed i Detonatori Adescanti stanno giusto andandosene dagli scaffali, guarda,” proseguì
Fred, indicando un numero di certe specie di trombe dall’aspetto arcano che si affrettavano a mettersi fuori vista. “Ne fai cadere uno furtivamente ed essi corrono a nascondersi e producono un forte suono piacevole, dandoti il diversivo di cui hai bisogno.”
“Pratico,” disse Harry, impressionato.
“Qui,” disse George, acciuffandone una coppia e tirandola ad Harry. Una giovane strega con capelli corti e biondi fece capolino dalla tenda. Harry vide che anche lei aveva le vesti magenta dello staff.
“C’è un cliente qui fuori che chiede di un calderone finto, Signor Weasley e Signor Weasley,” disse. Harry trovò veramente insolito sentir chiamare Fred e George “Signor Weasley,” ma loro si avviarono a grandi passi.
“Hai ragione, Verity, arrivo,” rispose prontamente George. "Harry, serviti da solo di tutto ciò che vuoi, Ok? Tutto gratis.”
“Non posso accettarlo!” replicò Harry, che aveva già estratto il sacchetto dei soldi per pagare i Detonatori Adescanti.
“Tu non paghi qui,” esclamò Fred con fermezza restituendo l’oro ad Harry.
“Ma…”
“Tu ci hai dato i soldi per iniziare, non l’abbiamo dimenticato,” disse George prontamente. "Prendi tutto ciò che desideri e ricordati soltanto di dire alla gente dove li hai presi, se te lo chiede.”
George spostò la tenda per andare ad aiutare il cliente, e Fred ricondusse Harry nella parte principale del negozio per trovare Hermione e Ginny ancora occupate a fissare gli Incantesimi Sogni ad Occhi Aperti Brevettati.
“Voi ragazze non avere ancora visto la nostra speciale AmmiraStrega?” chiese Fred.
“Seguitemi, signore...”
Nei pressi della vetrina c’era un insieme di prodotti rosa shocking che un gruppo di ragazze eccitate stava guardando ridendo entusiasticamente. Hermione e Ginny esitarono, sembrando sospettose.
“Eccole,” disse Fred fieramente. "Il miglior set di pozioni d’amore che possiate mai trovare.”
Ginny inarcò scetticamente un sopraciglio. “Funzionano?” chiese.
“Certo che funzionano, fino ad un massimo di 24 ore, per un tempo che dipende dal peso del ragazzo in questione…”
“... e dal fascino della ragazza,” aggiunse George, ricomparso improvvisamente al loro fianco. “Ma non possiamo venderlo a nostra sorella,” aggiunse, diventando improvvisamente serio, “non quando sta già uscendo con cinque ragazzi circa, per quanto ne sappiamo…”
“Qualunque cosa abbiate sentito da Ron, è una grossa bugia,” rispose calma Ginny, sporgendosi per prendere un vasetto rosa dallo scaffale. “Cos’è?”
“Elimina Pustole in Dieci Secondi,” rispose Fred. “Eccellente per ogni cosa, dai foruncoli ai punti neri, ma non cambiare argomento. Al momento stai o non stai uscendo con un ragazzo chiamato Dean Thomas?”
“Sì,” disse Ginny. “E l’ultima volta che l’ho visto era decisamente un ragazzo e non cinque. Cosa sono questi?”
Indicava un certo numero di palle di pelo rotonde, un po’ meno vistose ma sempre rosa o porpora, tutte rotolanti in fondo ad una gabbia mentre emettevano uno squittio acuto.
“Sbuffi Pigmei,” disse George. “puffskein in miniatura, non possiamo allevarli in fretta quanto vorremmo. Che mi dici di Michael Corner?”
“L’ho scaricato, non sapeva perdere,” disse Ginny, inserendo un dito tra le sbarre della gabbia e guardando gli Sbuffi Pigmei affollarvisi attorno. “Sono veramente carini!”
“Sono piuttosto coccolosi, sì,” riconobbe Fred. “Ma tu stai passando da un ragazzo all’altro un po’ troppo velocemente, no?”
Ginny si girò a guardarlo, le mani sui fianchi. Aveva negli occhi lo stesso bagliore della signora Weasley, tanto che Harry si sorprese nel non vedere Fred indietreggiare.
“Non sono fatti tuoi. E grazie tante a te,” aggiunse irosamente rivolta a Ron, che era appena apparso, carico di mercanzia, al fianco di George, “per non aver spettegolato di me con questi due!”
“Sono tre Galeoni, nove Falci ed uno Zellino,” disse Fred, esaminando le numerose scatole tra le braccia di Ron. "Paga."
“Sono vostro fratello!”
“Ed è nostra anche la roba che stai sgraffignando. Tre Galeoni e nove Falci. Ti posso fare lo sconto dello Zellino.”
“Ma io non ho tre Galeoni e nove Falci!”
“Allora faresti meglio a rimettere a posto la roba, e fai attenzione a metterla nello scaffale giusto.”
Ron calciò molte scatole, imprecò e fece un gestaccio a Fred che sfortunatamente fu visto dalla signora Weasley, che aveva scelto proprio quel momento per comparire.
“Se ti vedo farlo un’altra volta ti faccio una fattura che ti incollerà tutte le dita,” disse severamente.
“Mamma, posso avere uno Sbuffo Pigmeo?” chiese a sua volta Ginny.
“Un che?” rispose cautamente la signora Weasley.
“Guarda, sono così graziosi...”
La signora Weasley si spostò per guardare gli Sbuffi Pigmei, così Harry, Ron e Hermione ebbero momentaneamente la visuale libera sulla vetrina. Draco Malfoy, da solo, si affrettava in strada. Oltrepassò i Tiri Vispi Weasley, si guardò alle spalle. Un secondo più
tardi, era uscito dalla visuale della vetrina e lo persero di vista.
“Mi chiedo dove sia sua madre.” disse Harry, aggrottando le sopracciglia.
“L’avrà mollata, a quel che sembra,” rispose Ron.
“Perché, in ogni caso?” disse Hermione.
Harry non disse nulla. Stava ragionando con molta concentrazione. Narcissa Malfoy non avrebbe lasciato volentieri che il suo prezioso figlio si allontanasse dalla sua vista. Malfoy doveva aver fatto uno sforzo enorme per togliersi dalle sue grinfie. Harry, provando avversione per Malfoy, era sicuro che la ragione non potesse essere innocente.
Si guardò intorno. La signora Weasley e Ginny erano rannicchiate sugli Sbuffi Pigmei. Il signor Weasley stava esaminando felicemente un pacchetto di carte da gioco truccate fatte dai Babbani. Fred e George erano impegnati con i clienti. Dall’altra parte della vetrina, Hagrid dava loro le spalle, controllando la via su ogni lato.
“Qui sotto, svelti,” disse Harry, estraendo il Mantello dell’Invisibilità dallo zaino.
“Oh... non so, Harry,” replicò Hermione, guardando incerta verso la signora Weasley.
“Andiamo!” replicò Ron.
Hermione esitò solo un secondo, quindi s’infilò sotto il mantello con Harry e Ron. Nessuno si accorse della loro sparizione. Erano tutti interessati ai prodotti di Fred e George. Harry, Ron ed Hermione si strinsero per oltrepassare la porta il più velocemente possibile, ma nel tempo che ci misero ad arrivare alla strada, Malfoy era sparito con altrettanto successo.
“È andato in quella direzione,” mormorò Harry il più sottovoce possibile, affinché Hagrid, che stava canticchiando sottovoce, non potesse sentire. “Andiamo.”
Si affrettarono, scrutando attentamente a destra ed a sinistra, attraverso le porte e le vetrine dei negozi, sino a che Hermione non indicò avanti.
“È lui, no?” sussurrò. “Ha girato a sinistra?”
“Che sorpresa,” bisbigliò Ron.
In quanto Malfoy s’era guardato attorno e, quindi, era scivolato fuori vista in Notturn Alley.
“Svelti, o lo perdiamo,” disse Harry, accelerando.
“Possono vederci i piedi!" disse Hermione ansiosa, col mantello svolazzante attorno alle loro caviglie. Era ormai sempre più difficile, per loro, nascondersi tutti e tre sotto il mantello.
“Non importa,” rispose Harry impaziente, “muoviamoci!”
Notturn Alley, la strada laterale dedicata alle Arti Oscure, però, sembrava completamente deserta. Scrutarono attentamente nelle vetrine mentre le superavano ma nessun negozio sembrava avere clienti. Harry suppose che fosse un po’ fuori luogo, in tempi di pericolo e sospetto, acquistare manufatti oscuri… o almeno, essere visti durante l’acquisto. Hermione gli diede un pizzicotto.
“Ahi!”
“Sch! Guarda! È lì!” disse in un soffio all’orecchio di Harry.
Erano arrivati al livello del solo negozio in Notturn Alley che Harry avesse mai visitato: Magie Sinister, che vendeva una gran varietà di oggetti malvagi. In mezzo a casse piene di teschi e vecchie bottiglie, c’era Draco Malfoy in piedi e voltato di spalle rispetto a loro, appena visibile al di là del grosso armadio nero in cui Harry si era nascosto, una volta, per sfuggire a Malfoy ed a suo padre. A giudicare dai movimenti delle mani, Malfoy stava discutendo animatamente. Il proprietario del negozio, il signor Sinister, un uomo untuoso e curvo, era in piedi di fronte a Malfoy. Aveva una strana espressione, un misto tra rancore e paura.
“Se soltanto potessimo sentire quel che sta dicendo!” Disse Hermione.
“Possiamo!” Rispose Ron eccitato. “Un attimo… dannazione…”
Tirò fuori una coppia di scatole tra quelle più grandi tra cui annaspava.
“Orecchie Oblunghe, guarda!”
“Fantastico!” disse Hermione, mentre Ron dipanava i lunghi fili color carne e cominciava ad infilarli sotto la porta. “Oh, spero che la porta non sia Imperturbabile...”
“No!” fu la risposta allegra di Ron. “Ascoltate!”
Appoggiarono insieme le orecchie all’estremità del filo e ascoltarono con attenzione, attraverso di essi la voce di Malfoy si sentiva forte e chiara, come se fosse stata accesa una radio.
“Lo sa riparare?”
“Può darsi,” disse Sinister, in un tono che suggeriva che non era disposto a impegnarsi.
“Tuttavia è necessario che io lo veda. Perché non lo porta al negozio?”
“Non posso,” disse Malfoy. "Deve restare fisso. Volevo solo chiederle cosa fare.”
Harry vide Sinister leccarsi nervosamente le labbra.
“Be’, senza vederlo, posso solo dire che è un lavoro veramente difficile, forse impossibile. Non posso garantire nulla.”
“No?” chiese Malfoy, ed Harry seppe, dal tono usato, che Malfoy lo stava schernendolo.
“Forse questo le darà maggiore fiducia.”
Si mosse verso Sinister e spari dalla vista dietro l’armadio. Harry, Ron ed Hermione si spinsero di fianco nel tentativo di vederlo ancora, ma tutto quello che poterono vedere fu Sinister che sembrava veramente spaventato.
“Ne parli con qualcuno,” disse Malfoy, “e ci sarà una punizione. Conosce Fenrir Greyback? È un amico di famiglia, farà una visita improvvisa di tanto in tanto per essere sicuro che al problema sia rivolta tutta l’attenzione necessaria.”
“Non ci sarà alcun bisogno di...”
“Questo lo decido io,” rispose Malfoy. “Be’, è meglio che vada. E non dimentichi di tenere quello al sicuro. Ne ho bisogno.”
“Forse preferisce portarlo via subito?”
“No, certo che non voglio, stupido, piccolo uomo, che figura farei a portarlo per strada?
Solo non venderlo.”
“Certamente no… signore.”
Sinister fece lo stesso inchino che Harry aveva visto fare a Lucius Malfoy.
“Non una parola con nessuno, Sinister, compresa mia madre, capito?”
“Certo, certo,” mormorò Sinister, inchinandosi ancora.
L’attimo successivo, il campanello della porta tintinnò forte all’uscita di Malfoy che sembrava veramente soddisfatto di se stesso. Passò così vicino ad Harry, Ron ed Hermione che sentirono il del mantello fluttuare ancora sulle ginocchia. All’interno del negozio, Sinister era rimasto raggelato. Il suo untuoso sorriso era svanito. Sembrava preoccupato.
“Di cosa parlava?” mormorò Ron, riavvolgendo le Orecchie Oblunghe.
“Non so,” borbottò Harry, intento a pensare. “Vuole far aggiustare qualcosa… e vuole che qualcosa sia messo da parte qui… Avete visto cosa indicava quando ha detto «quello?»”
“No, era dietro l’armadio.”
“Voi due restate qui,” bisbigliò Hermione.
“Cosa fai....?”
Ma Hermione era già uscita dal mantello. Si controllò i capelli nel vetro, quindi s’infilò
decisa nel negozio, facendo risuonare di nuovo il campanello. Ron infilò rudemente le Orecchie Oblunghe sotto la porta passandone un estremità ad Harry.
“Salve, mattinata orribile, vero?” disse brillantemente Hermione rivolgendosi a Sinister, che non rispose, ma che la guardò. Borbottando cordialmente, Hermione si mire a girellare tra l’accozzaglia di oggetti in vetrina.
“È in vendita questa collana?” chiese, fermandosi di fronte ad una di questi.
“Se ha millecinquecento galeoni,” rispose il signor Sinister freddamente.
“Oh… ehm… no, non ne ho così tanti,” rispose Hermione vagando in giro. “E... quanto per questo simpatico… uhm… teschio?”
“Sedici Galeoni.”
“Così è in vendita? E può… prenderlo chiunque?”
Il signor Sinister la squadrò bieco. Harry aveva la sgradevole sensazione che sapesse perfettamente cosa Hermione era entrata a fare. Apparentemente anche Hermione sentì
di essere stata scoperta, perchè improvvisamente gettò all’aria ogni cautela.
“La questione è che… ehm… il ragazzo che è appena stato qua, Draco Malfoy, bene, è un mio amico, ed io voglio comprargli un regalo di compleanno, ma lui ha già tutto, ed io non voglio prendergli le stesse cose, così… uhm…”
Ad Harry era sembrata una storia che non reggeva molto, ed evidentemente anche Sinister la pensava così.
“Fuori,” le disse bruscamente. “Vada fuori!”
Hermione non se lo fece dire due volte, si precipitò fuori dalla porta con Sinister alle calcagna. Non appena il campanello trillò di nuovo, Sinister le sbatté dietro la porta apponendovi il cartello di «Chiuso».
“Ah bene,” disse Ron, tirando il mantello sopra Hermione. “Pregevole tentativo, ma eri un po’ ovvia…”
“Bene, la prossima volta puoi mostrarmi come fare, Maestro del Mistero!” proruppe con asprezza.
Ron ed Hermione bisticciarono sino al ritorno ai Tiri Vispi Weasley, dove dovettero per forza fermarsi per evitare di essere scoperti dagli sguardi veramente ansiosi con cui la signora Weasley ed Hagrid si guardavano attorno, avendo chiaramente notato la loro assenza. Una volta nel negozio, Harry si tolse rapidamente il Mantello dell’Invisibilità, lo mise nello zaino e sostenne, d’accordo con agli altri due e in risposta alle accuse della signora Weasley, che erano stati a lungo nella stanza sul retro, e che era probabile che non avesse cercato con sufficiente attenzione.