CAPITOLO DODICI
ARGENTO E OPALI
Dov’era Silente, e cosa stava facendo? Harry vide il Preside solo altre due volte nelle settimane successive. Lo vide raramente a pranzo, inoltre, ed Harry era sicuro che Hermione fosse nel giusto nel pensare che lui lasciasse la scuola per diversi giorni ogni volta. Silente aveva dimenticato le lezioni che si pensava dovesse dare ad Harry? Il Preside aveva detto che le lezioni avrebbero avuto a che fare con la profezia. Harry si era sentito rafforzato e confortato, mentre ora si sentiva un po’ abbandonato. A metà Ottobre ci fu la prima gita ad Hogsmeade. Harry s’era chiesto se queste gite sarebbero state ancora permesse, date le misure di sicurezza intorno alla scuola sempre crescenti, ma fu lieto di sapere che sarebbero andati. Era sempre positivo stare fuori dal castello per qualche ora.
Harry si svegliò presto la mattina della gita, era una giornata tempestosa ed ingannò il tempo prima di colazione leggendo la sua copia di Pozioni Avanzate. Di solito non leggeva i libri di scuola quando stava sdraiato a letto. Un comportamento del genere, come Ron giustamente gli fece notare, era indecente per chiunque a parte Hermione, che era completamente strana proprio per questo. Harry sentiva, comunque, che difficilmente la copia del Principe Mezzosangue di Pozioni Avanzate poteva essere considerata un libro di testo. Più Harry procedeva con la lettura, più si rendeva conto di quanto fosse ricco, non solamente dei semplici suggerimenti o trucchi sulle pozioni che stavano facendo guadagnare tanto splendore alla sua reputazione con Slughorn ma, scarabocchiati ai lati, anche ingegnose fatture e malefici che, Harry era sicuro a giudicare dalle cancellazioni e revisioni, fossero state inventate dallo stesso Principe.
Harry aveva già provato ad usare alcune delle formule inventate dal Principe. C’era un maleficio che faceva crescere le unghie dei piedi in modo terribilmente velocemente (la provò su Tiger nel corridoio, con esiti molto divertenti). Una fattura che incollava la lingua al palato (usata un paio di volte, fra gli applausi generali, su un inconsapevole Argus Gazza). Quella più utile, probabilmente, era Muffliato, un incantesimo che riempiva le orecchie di chiunque stesse vicino con un ronzio irriconoscibile, così che lunghe conversazioni potessero essere tenute in classe senza essere ascoltate per sbaglio. L’unica persona che non trovava questi incantesimi divertenti, era Hermione, che assumeva una rigida espressione di completa disapprovazione, e rifiutava di parlare con Harry se lui aveva usato la formula Muffliato su qualcuno nelle vicinanze. Seduto sul letto, Harry mise il libro di fianco, per esaminare più da vicino le istruzioni scarabocchiate per un incantesimo che sembrava aver causato qualche problema al Principe. C’erano troppe cancellazioni e modifiche ma, finalmente, calcato in un angolo della pagina c’era uno scarabocchio:
Levicorpus (n-vbl)
Mentre il vento e il nevischio sbattevano incessantemente sulla finestra, e Neville russava sonoramente, Harry fissò le lettere tra parentesi. N-vbl… che doveva significare «non verbale». Harry era piuttosto dubbioso, non sapeva se sarebbe stato in grado di fare questo particolare incantesimo. Aveva ancora difficoltà con gli incantesimi non verbali, e Piton gli criticava immediatamente questi errori ad ogni lezione di Difesa contro le Arti Oscure-il principe, però, si era dimostrato un professore molto più in gamba di Piton fino a questo punto.
Puntando la mano verso un punto indistinto, fece un gesto verso l’alto e disse Levicorpus! all’interno della sua testa.
“Aaaaaaaargh!”
Ci fu un lampo di luce, e la stanza si riempì di voci: tutti s’erano svegliati, Ron era quello che aveva urlato. Harry fece cadere il libro di Pozioni Avanzate preso dal panico. Ron era rovesciato a mezz’aria dondolando come se un uncino invisibile lo tenesse sollevato per la caviglia.
Scusa!” gridò Harry, mentre Dean e Seamus ridevano come matti, e Neville si tirava su da terra, dato che era caduto dal letto. “Aspetta… ti faccio scendere…”
Cercò a testoni il libro di pozioni e lo sfogliò rapidamente freneticamente, cercando di trovare la pagina giusta. Alla fine la trovò ed interpretò la parola illeggibile sotto la formula, pregando che fosse il contro incantesimo. Harry pensò Liberacorpus! con tutta la sua mente.
Ci fu un altro lampo di luce e Ron cadde scompostamente sul suo materasso.
“Scusa!” disse di nuovo Harry debolmente, mentre Dean e Seamus continuavavano a ridere sgangheratamente. “Domani,” disse Ron con voce soffocata, “Farai meglio a mettere la sveglia.”
Nel tempo che impiegarono a vestirsi, imbottendosi con diversi maglioni fatti a mano della signora Weasley e indossando mantello, sciarpe e guanti, lo shock di Ron era passato e aveva deciso che la nuova formula di Harry era molto divertente; così
divertente, infatti, che non perse tempo e raccontò ad Hermione la storia non appena si sedettero per la colazione.
“... e c’è stato un’altro lampo di luce e sono caduto di nuovo sul letto!” Ron fece un grande sorriso e si servì da solo, prendendo delle salsicce.
Hermione non abbozzò neanche un sorriso durante il racconto, una volta finito indirizzò
la sua espressione di fredda disapprovazione verso Harry
“L’incantesimo, per caso, era un altro di quelli presi dal tuo libro di pozioni?” chiese. Harry si accigliò.
“Vuoi sempre immaginare agli esiti peggiori, non è vero?”
“Lo era?”
“Beh…si, l’ho trovato lì, e allora?”
“Quindi hai semplicemente deciso di provare un incantesimo scritto a mano e sconosciuto per vedere cosa sarebbe successo?”
“Che cosa importa se era scritto a mano?” disse Harry, preferendo non rispondere al resto della domanda.
“Perchè probabilmente la formula non è una di quelle approvate dal Ministro della Magia,” disse Hermione. “E poi,” aggiunse, appena Harry e Ron portarono gli occhi al cielo, “perchè sto iniziando a credere che questo Principe avesse un carattere un po’
sfuggente”
“Era per ridere!” disse Ron, inclinando una bottiglia di ketchup sulle sue salsicce. “Solo una risata, Hermione, nient’altro!”
“Persone che dondolano appese per la caviglia?” disse Hermione. “Chi spreca il proprio tempo e le proprie energie per trovare un incantesimo come questo?”
“Fred e George,” disse Ron stringendo le spalle, “è il loro genere di cose. E, ehm…”
“Mio padre,” disse Harry. S’era ricordato solo adesso.
“Cosa?” dissero Ron ed Hermione insieme.
“Mio padre usò quest’incantesimo,” disse Harry. “Io… me lo ha detto Lupin.”
Quest’ultima parte non era vera. Harry aveva visto suo padre usare l’incantesimo su Piton, infatti, ma non aveva mai raccontato a Ron ed Hermione di quella particolare escursione nel Pensatoio. Ora, comunque, gli venne in mente una splendida possibilità. Il Principe MezzoSangue poteva essere stato…?
“Forse tuo padre lo ha usato, Harry,” disse Hermione, “ma non è stato l’unico. Noi abbiamo visto un intero gruppo di persone usarlo, nel caso te ne fossi dimenticato. Persone che dondolavano in aria. Galleggiavano tutti insieme, impotenti, senza nessuno che li aiutasse.”
Harry la guardò fissamente. Si sentì depresso, anche lui ricordava il comportamento dei Mangiamorte alla Coppa del Mondo di Quidditch. Ron andò in suo aiuto.
“Quella è stata una cosa diversa,” esclamò. “Loro ne stavano abusando. Harry e suo padre si sono semplicemente fatti una risata. A te non piace il Principe, Hermione,”
aggiunse, indicandola severamente con una salsiccia, “perché lui è più bravo di te in Pozioni…”
“Non c’entra niente con questo!” disse Hermione, le guance che arrossivano. “Penso solo che sia veramente da irresponsabili provare a fare un incantesimo quando non sai neanche a cosa serva, e smettetela di parlare a proposito del «Principe» come se fosse veramente un nobile, scommetto che è solo uno stupido soprannome, e non mi sembra sia stato una persona così simpatica!”
“Non vedo da cosa tu lo possa capire,” disse Harry animatamente. “Se io volessi diventare un Mangiamorte non andrei a vantarmi in giro dicendo di essere
«Mezzosangue», non trovi?”
Appena detto ciò, Harry ricordò che suo padre era stato un puro-sangue, ma cercò di spingere fuori questo pensiero dalla mente; si sarebbe preoccupato di questo più tardi…
“I Mangiamorte non possono essere tutti purosangue, non sono rimasti abbastanza maghi puro-sangue,” disse Hermione con decisione. “Credo che la maggior parte di loro sia mezzosangue, ma fanno finta di essere puri. Sono solo i maghi figli di babbani che loro odiano, loro sarebbero contenti di farvi arruolare con loro.”
“Non c’è nessuna possibilità che mi accettino come Mangiamorte!” disse Ron indignato, un pezzo di salsiccia volò via dalla forchetta ora brandita verso Hermione e colpì Ernie Macmillan in testa. “La mia intera famiglia è considerata come traditori del sangue!
Questo, per i Mangiamorte, è altrettanto una pecca quanto essere figli di Babbani!”
“E loro adorerebbero avere me,” disse Harry sarcasticamente. “Saremmo potuti essere grandi amici se non avessero cercato di farmi fuori.”
Questo fece ridere Ron. Perfino Hermione fece un sorriso forzato, e tutti e tre furono distratti dall’arrivo di Ginny.
“Ciao, Harry, suppongo di doverti dare questo.”
Era un rotolo di pergamena con il nome di Harry scritto in calligrafia sottile, familiare ed inclinata.
“Grazie, Ginny... E’ la prossima lezione di Silente!” disse Harry a Ron ed Hermione, mentre apriva la pergamena e la leggeva velocemente. “Lunedì sera!” Si sentì
improvvisamente rassicurato e felice. “Vuoi venire con noi a Hogsmeade, Ginny?” le chiese.
“Devo andarci con Dean… magari ci vediamo lì,” rispose lei facendo un cenno mentre andava via.
Gazza era in attesa nei pressi delle porte di quercia dell’ingresso principale, come al solito, e barrava i nomi delle persone che avevano il permesso di andare ad Hogsmeade. La procedura durò più del solito perché Gazza eseguiva un triplo controllo su tutti gli studenti con il suo Sensore Segreto.
“Che cosa importa se portiamo di nascosto materiale oscuro FUORI?” chiese Ron, squadrando il lungo e sottile Sensore Segreto con apprensione. “Non sarebbe meglio controllare quello che noi portiamo DENTRO?”
La sua sfacciataggine gli fece meritare alcuni colpetti extra del Sensore, e stava quasi per tirarsi indietro, quando scesero verso il vento ed il nevischio.
La passeggiata fino ad Hogsmeade non fu divertente. Harry si avvolse la sciarpa intorno alla parte inferiore del viso; le parti esposte furono presto come escoriate ed intorpidite. La strada per il villaggio era piena di studenti piegati in due contro il vento tagliente. Più
di una volta Harry pensò che avrebbe fatto meglio a restare nella calda sala comune e, quando finalmente raggiunsero Hogsmeade e videro che il negozio di scherzi di Zonko era stato chiuso, Harry capì che questa gita non era destinata ad essere divertente. Ron indicò, con una mano difficilmente distinguibile per via dei guanti, in direzione di Mielandia, che era fortunatamente aperto, Harry ed Hermione procedettero faticosamente dietro di lui fino all’interno del negozio affollato.
“Grazie al cielo,” disse Ron rabbrividendo una volta che furono avvolti dall’aria calda e profumata di caramelle. “Stiamo qui tutta la sera!”
“Harry, ragazzo mio!” disse una voce tonante alle loro spalle.
“Oh, no,” bisbigliò Harry. Tutti e tre si girarono e videro il Professor Slughorn che indossava un enorme cappello di pelliccia ed un cappotto con un bavero della stessa pelliccia, stringeva una grande borsa di ananas cristallizzato ed occupava almeno un quarto del negozio.
“Harry, hai mancato tre delle mie piccole cene finora!” disse Slughorn colpendolo con un pugno amichevole nel petto. “Non va bene, ragazzo mio, ci tengo molto ad averti da me!
Anche la signorina Granger le adora, non è vero?”
“Si,” disse Hermione impotente, “sono veramente…”
“E allora perché non vieni, Harry?” chieste Slughorn.
“Ecco, ho allenamento con la squadra di Quidditch, professore,” disse Harry, che aveva realmente fissato un allenamento ogni volta che Slughorn gli aveva inviato un piccolo invito adornato con un nastro viola. Questa strategia faceva sì che Ron non fosse escluso, e di solito se la ridevano con Ginny, immaginando Hermione silenziosa con McLaggen e Zabini.
“Bene, mi aspetto di sicuro che tu vinca la prima partita, dopo tutto questo duro lavoro!”
disse Slughorn. “Ma una piccola distrazione non ha mai fatto male a nessuno. Ora, cosa ne pensi di lunedì notte, voi non avrete la possibilità di allenarvi con questo tempo…”
“Non posso Professore, ho un… ehm… un appuntamento con il Professor Silente, quella sera.”
“Ancora sfortuna!” si lamentò Slughorn drammaticamente. “Ah, be’… non mi puoi sfuggire per sempre, Harry!” E con un gesto regale, lui uscì dal negozio, facendo tanto poco caso a Ron quasi come se egli fosse stata una pubblicità degli Scarafaggi a Grappolo.
“Non posso credere che tu ne abbia evitato un altro,” disse Hermione, scuotendo la testa.
“Non sono così male, sai… a volte possono essere quasi divertenti…” Poi lei fece caso all’espressione di Ron. “Oh, guarda… hanno le piume di zucchero deluxe… dovrebbero durare delle ore!”
Contento che Hermione avesse cambiato discorso, Harry trovò molto più interessanti le nuove piume di zucchero deluxe di quanto non avrebbe fatto normalmente, ma Ron continuò a guardare imbronciato e fece spallucce quando Hermione gli chiese dove volesse andare dopo.”
“Andiamo ai Tre Manici di Scopa,” disse Harry. “Dovrebbe esserci un bel calduccio.”
Si misero di nuovo le sciarpe sulla faccia e lasciarono il negozio di dolci. Il vento era tagliente come coltelli sui loro volti, dopo lo zuccheroso tepore del negozio di dolci. La strada non era molto frequentata. Nessuno si attardava in chiacchiere, tutti s’affrettavano verso le loro destinazioni. L’unica eccezione erano due uomini poco davanti a loro fermi proprio davanti ai Tre Manici di Scopa. Uno era molto alto e magro. Guardando di traverso attraverso gli occhiali bagnati dalla pioggia, Harry riconobbe il barman dell’altro pub di Hogsmeade, la Testa di Porco. Appena Harry, Ron ed Hermione si avvicinarono, il barman si strinse più saldamente il mantello attorno al collo e si allontanò, lasciando quello più basso ad annaspare con qualcosa fra le braccia. Erano a pochi metri quando Harry capì chi era.
“Mundungus!”
L’uomo tozzo e con le gambe storte aveva lunghi capelli argentei e sciolti, saltò e diede un calcio ad una vecchia valigia, che si aprì violentemente, liberando quello che sembrava essere l’intero contenuto di una vetrina di un negozio di ciarpame.
“Oh, ciao, Harry,” disse Mundungus Flether, con una disinvoltura molto poco convincente. “Bene… non mi trattenete.” Ed iniziò a grattare per terra per recuperare il contenuto della sua valigia, sembrava che non vedesse l’ora di andarsene.
“Stai vendendo questa roba?” chiese Harry, che guardava Mundungus mentre raccattava da terra quello che sembrava un intero assortimento di oggetti sudici.
“Oh, beh, il minimo che serve per mantenermi,” disse Mundungus. “Dammelo!”
Ron si era inchinato ed aveva preso un oggetto argentato.
“Aspetta un attimo,” disse Ron lentamente. “Mi sembra familiare…”
“Grazie tante!” disse Mundungus, strappando il calice dalle mani di Ron e ficcandolo di nuovo nella valigia. “Bene, ora vi saluto…OUCH!”
Harry spinse Mundungus contro il muro del pub tenendolo per la gola. Mentre lo teneva tirò fuori velocemente la bacchetta con l’altra mano.
“Harry!” strillò Hermione
“L’hai rubato dalla casa di Sirius,” disse Harry, che ora alto abbastanza da stare naso a naso con Mundungus, e gli arrivava un brutto odore di tabacco vecchio ed alcool. “Ha sopra lo stemma della Famiglia Black.”
“Io…no…cosa…?” farfugliò Mundungus, che lentamente stava diventando viola.
“Che cosa hai fatto, sei andato a casa sua la notte in cui è morto e l’hai svaligiata?”
ringhiò Harry.
“Io...no...”
“Harry, non puoi!” gridò Hermione, mentre Mundungus stava diventando blu. Ci fu un bang, ed Harry sentì la mano lasciare la gola di Mundungus. Ansimando e farfugliando Mundungus afferrò la valigia caduta, e – CRACK – sparì. Harry urlò a squarciagola, girando su due piedi per vedere dove fosse andato Mundungus.
“TORNA INDIETRO, LADRO - !”
“Non è più qui Harry.” Tonks era apparsa dal nulla, i capelli color topo erano bagnati dal nevischio.
“Probabilmente Mundungus è già a Londra in questo momento, non può sentire le tue urla.”
“Ha rubato le cose di Sirius! Le ha rubate!”
“Si, ma calmati,” disse Tonks, che non sembrava colpita da questa informazione. “Faresti meglio ad andare via da questo posto freddo.”
Lei guardò attraverso la porta dei Tre Manici di Scopa. Una volta entrato, Harry sbraitò,
“Stava rubando le cose di Sirius!”
“Si Harry, ma per piacere non urlare, ci stanno fissando tutti,” sussurrò Hermione. “Vai e siediti, io ti prendo qualcosa da bere.”
Harry era ancora molto arrabbiato quando Hermione tornò al loro tavolo, qualche minuto dopo, con tre bottiglie di burrobirra.
“L’Ordine non può controllare Mundungus?” chiese Harry agli altri due in un sussurro furioso. “Non possono almeno fare in modo che non rubi tutto quello che non è
inchiodato a terra al quartier generale?”
“Shh!” disse Hermione disperatamente, guardandosi intorno per essere sicura che nessuno li stesse ascoltando; c’era una coppia di maghi vicino a loro che stavano fissando Harry con molto interesse, e Zabini stava ciondolando da un pilastro non molto lontano. “Harry, anche io sono inorridita, so che sono tue le cose che sta rubando…”
Harry iniziò a bere la sua burrobirra, per un momento aveva dimenticato che ora il numero dodici di Grimmauld Place gli apparteneva.
“Si, sono le mie cose!” disse. “C’è poco da meravigliarsi che non fosse contento di vedermi! Bene, andrò da Silente e gli dirò quello che sta succedendo, lui è l’unico che possa spaventare Mundungus.”
“Buona idea,” sussurrò Hermione, rassicurata dal fatto che Harry si stava calmando.
“Ron, cosa stai fissando?”
“Niente,” disse Ron, guardando velocemente oltre il bancone, ma Harry sapeva che lui stava cercando di attirare l’attenzione dell’attraente barista, Madama Rosmerta, per cui aveva un debole.
“Credo che «niente» in realtà stia per un po’ di Whisky Incendiario” disse Hermione irritata.
Ron ignorò questa allusione, e sorseggiò la sua bevanda in quello che probabilmente lui considerava un dignitoso silenzio. Harry stava pensando a Sirius ed a come, in ogni caso, lui odiasse quei calici d’argento. Hermione tamburellò con le dita sul tavolo, i suoi occhi andavano da Ron al bancone. Quando Harry finì anche l’ultima goccia nella sua bottiglia disse, “Possiamo farla finita con l’uscita e tornarcene a scuola, allora?”
I due annuirono. Non era stata una gita divertente ed il tempo stava peggiorando ogni minuto di più. Ancora una volta si strinsero saldamente nei loro mantelli, risistemarono le sciarpe, indossarono di nuovo i guanti, quindi seguirono Katie Bell ad una sua amica fuori dal pub e nella strada principale. I pensieri di Harry andarono a Ginny, mentre camminavano a fatica lungo la strada per Hogwarts che era diventata un pantano. Loro non l’avevano incontrata, pensò Harry, di sicuro perché lei e Dean erano intimamente chiusi nel locale di Madama Piediburro, il ritrovo dalle coppiette. S’incupì, abbassò la testa verso la neve sciolta e continuò ad andare avanti a fatica.
Passò un po’ di tempo prima che Harry si accorgesse che le voci di Katie Bell e la sua amica, che erano portate fino a lui dal vento, erano diventate stridule ed alte. Harry guardò verso le loro figure indistinte. Le due ragazze stavano discutendo a proposito di qualcosa che Katie teneva in mano.
“Non ha niente a che fare con te, Leanne!” Harry sentì dire a Katie. Girarono un angolo del viottolo, il nevischio stava diventando spesso e fitto e gli occhiali di Harry si stavano sporcando. Come alzò la mano con il guanto per pulirli, Leanne cercò
di prendere il pacchetto che Katie stava tenendo. Katie diede uno strattone ed il pacchetto cadde a terra.
Improvvisamente, Katie si sollevò in aria, non come aveva fatto Ron, sospeso comicamente per la caviglia, ma graziosamente, le sue braccia distese, come se stesse volando. C’era però qualcosa che non quadrava, qualcosa di pauroso… I capelli le venivano tirati con forza dal vento violento, ma gli occhi erano chiusi e il volto era quasi senza espressione. Harry, Ron, Hermione e Leanne si fermarono tutti immobili, e guardarono.
Quindi, a circa due metri da terra, Katie emise un urlo terribile. Aveva gli occhi aperti, ma qualunque cosa stesse vedendo, o qualunque cosa stesse provando, era chiaro che le stava causando una sofferenza terribile. Urlò ed urlò ancora. Leanne iniziò ad urlare anche lei e afferrò Katie per le caviglie cercando di tirarla verso terra. Harry, Ron ed Hermione si precipitarono ad aiutarla, ma appena afferrarono le gambe di Katie lei cadde su di loro. Harry e Ron cercarono di trattenerla ma lei si stava contorcendo tanto che era difficile trovare appiglio. Riuscirono ad farla stendere a terra, invece, mentre lei pestava il suolo e urlava, apparentemente incapace di riconoscerli.
Harry si guardò intorno, ma i dintorni erano deserti.
“Restate qui!” urlò agli altri contro il vento sibilante. “Vado a cercare aiuto!”
Iniziò a correre a tutta velocità verso la scuola. Non aveva mai visto nessuno comportarsi come Katie aveva appena fatto e non riusciva a capire da cosa potesse essere stato causato. Si precipitò oltre una curva del viottolo ed andò a sbattere contro quello che poteva sembrare un enorme orso ritto sulle sue zampe posteriori.
“Hagrid!” ansimò, liberandosi dalla siepe nella quale era caduto.
“Harry!” disse Hagrid che era pieno di nevischio sulle sopracciglia e sulla barba ed indossava il suo grande cappotto di pelliccia. “Ci stavo facendo una visitina a Grop, sta a venire su così bene che non ci…"
“Hagrid, c’è un ferito lì dietro, o colpito da una maledizione, o chissà…”
“Cosa?” disse Hagrid, piegandosi per ascoltare quello che Harry stava dicendo contro l’infuriare del vento.
“Qualcuno ha ricevuto una maledizione!” urlò Harry.
“Una maledizione? Chi ci ha preso una maledizione… non Ron? Hermione?”
“No, nessuno di loro, è Katie Bell… da questa parte…”
Insieme corsero indietro seguendo il viottolo. Non impiegarono molto tempo per trovare il piccolo gruppo di persone che stava intorno a Katie, che si stava ancora contorcendo e urlando da terra. Ron, Hermione e Leanne stavano cercando di tranquillizzarla.
“Allontanatevi!” urlò Hagrid. “Fatemela vedere!”
“Le è successo qualcosa!” singhiozzò Leanne. “Non so cosa…”
Hagrid fissò Katie per qualche secondo, quindi, senza dire niente, la prese da terra, la bilanciò fra le sue braccia, e corse via verso il castello con lei. In pochi secondi le urla perforanti di Katie non si sentirono più e l’unico rumore rimase il ruggito del vento. Hermione s’avvicinò all’amica di Katie, che stava singhiozzando, e le mise un braccio sulle spalle.
“Tu sei Leanne, vero?”
La ragazza annuì.
“E’ successo tutto all’improvviso, oppure...?”
“E’ successo quando il pacchetto si è spaccato,” singhiozzò Leanne, indicando ora il pacchetto di carta marrone che stava zuppo per terra, la spaccatura rivelava una luce verdastra. Ron si inchinò, allungò la mano, ma Harry gli afferrò il braccio e lo tirò
indietro.
“Non lo toccare!”
Ron strisciò indietro. Una collana ornata di opale era visibile, dopo aver spostato l’incarto.
“L’ho già vista,” disse Harry fissando l’oggetto. “Era in una vetrina di Sinister anni fa. Il cartellino diceva che era maledetta. Katie deve averla toccata.” Harry guardò Leanne, che aveva iniziato a tremare senza riuscire a fermarsi. “Dove l’ha presa Katie?”
“Ecco, era il motivo per cui stavamo discutendo. Lei è tornata dal bagno dei Tre Manici di Scopa tenendolo in mano, ha detto che era una sorpresa per qualcuno ad Hoguarts e che l’avrebbe dovuta consegnare. Sembrava che fosse molto divertita quando l’ha detto…Oh no, oh no, scommetto che è stata colpita dalla maledizione Imperius ed io non me ne sono resa conto!”
Leanne tremò e continuò a tremare. Hermione le cinse gentilmente le spalle
"Katie non ti ha detto chi gliel’ha data, Leanne?”
“No… non me l’ha voluto dire... le ho detto che era una stupida e di non portarlo dentro la scuola, ma lei non mi ha voluto ascoltare… e quando ho cercato di prenderglielo…
lei… lei” Leanne proruppe in un gemito di disperazione.
“Faremmo meglio a tornare a scuola,” disse Hermione, ancora con le braccia sulle spalle di Leanne. “Potremmo andare a vedere come sta. Andiamo…”
Harry esitò per un momento, poi si levò la sciarpa dal viso e, ignorando il sussulto di Ron, coprì con attenzione la collana e la raccolse.
“Dobbiamo farla vedere a Madama Chips,” spiegò.
Mentre seguiva Hermione e Leanne lungo la strada, Harry pensava furiosamente. Erano appena entrati nel terreno di Hogwarts quando lui parlò, non riusciva a tenere i pensieri per se.
“Malfoy conosce quella collana. Era in un astuccio da Sinister quattro anni fa, l’ho visto mentre l’osservava attentamente, quando ero nascosto sia a lui che a suo padre. E’
quello che stava comprando quel giorno in cui l’ho seguito! Lui se ne è ricordato ed è
tornato per lei.”
“Io… non so, Harry,” disse Ron esitante. “Un sacco di persone vanno da Sinister… e quella ragazza non ha detto che Katie l’ha trovata nel bagno delle ragazze?”
“Lei ha detto che ce l’aveva quando è tornata dal bagno, non è necessario che l’abbia trovata proprio nel bagno...”
“McGranitt!” disse Ron facendo attenzione.
Harry alzò lo sguardo. Era proprio la Professoressa McGranitt che si avvicinava lungo la strada, facendo turbinare il nevischio, per incontrarli.
“Hagrid ha detto che voi quattro avete visto cosa è successo a Katie Bell… salite al mio ufficio immediatamente, prego. Che cosa hai in mano, Potter?”
“E’ la cosa che ha toccato lei,” disse Harry.
“Santo Cielo,” disse la Professoressa McGranitt, e sembrò allarmata quando prese la collana da Harry.
“No, no, Gazza, loro sono con me!” aggiunse lei rudemente, mentre Gazza strascicava nell’Atrio, sollevando il suo Sensore Segreto. “Porti questa collana al professor Piton, immediatamente, ma si assicuri di non toccarla, la lasci avvolta nella sciarpa!”
Harry e gli altri seguirono la Professoressa McGranitt sulle scale e dentro il suo ufficio. I vetri delle finestre, sporchi di nevischio, sbattevano negli infissi e la stanza era fredda nonostante un fuoco scoppiettasse nel focolare. La Professoressa McGranitt chiuse la porta e liberò la scrivania per vedere in faccia Harry,Ron, Hermione e Leanne, che ancora singhiozzava.
“Allora?” disse lei all’improvviso. “Cosa è successo?”
Esitante, e con molte pause per cercare di non piangere, Leanne raccontò alla Professoressa McGranitt di come Katie fosse andata nel bagno dei Tre Manici di Scopa e fosse tornata tenendo il pacchetto senza nessun segno, di come Katie sembrasse un po’
strana, e di come loro avessero discusso a proposito della convenienza di accettare di consegnare un pacco sconosciuto, di come la discussione fosse culminata in una zuffa per il pacco, che si era aperto con uno strappo. A questo punto, Leanne era così affranta che non riuscì a dire più una parola.
“Bene,” disse la Professoressa McGranitt duramente, “vai in infermeria, Leanne, e fatti dare da Madama Chips qualcosa per lo shock.”
Quanto Leanne uscì, la Professoressa McGranitt poso di nuovo lo sguardo su Harry, Ron ed Hermione.
“Che cosa è successo quando Katie ha toccato la collana?”
“Si è sollevata in aria,” disse Harry, prima che Ron o Hermione potessero parlare, “e poi ha iniziato ad urlare e ha perso conoscenza. Professoressa, posso vedere il Professor Silente, per piacere?
“Il preside starà fuori fino a Lunedì, Potter,” disse la Professoressa McGranitt, con aria sorpresa.
“Via?” esclamò Harry arrabbiato.
“Si, Potter, via!” disse la McGranitt aspramente. “Ma tutto quello che hai da dire a proposito di questa tremenda vicenda lo puoi dire a me, ne sono sicura!”
Per una frazione di secondo, Harry esitò. La Professoressa McGranitt non ispirava confidenza. Silente, benchè lo intimidisse di più, sembrava meno propenso ad affossare una teoria, pur insensata. Questa era una questione di vita o di morte, comunque, e non era il momento di preoccuparsi di essere deriso.
“Penso che sia stato Draco Malfoy a dare quella collana a Katie, Professoressa.”
Ad un fianco, Ron si sfregò il naso in evidente imbarazzo, e dall’altro, Hermione striscio con i piedi, come se fosse desiderosa di mettere una certa distanza fra lei ed Harry.
“Questa è un’accusa molto seria, Potter,” disse la Professoressa McGranitt, dopo un attimo di sbigottimento. “Hai qualche prova?”
“No,” disse Harry, “ma…” e le raccontò di aver seguito Malfoy da Sinister, e la conversazione che aveva origliato tra lui ed il Signor Sinister.
Quando finì di parlare, la Professoressa McGranitt sembrava un poco confusa.
“Malfoy ha portato qualcosa da Sinister per farlo riparare?"
"No, Professoressa, voleva solo che Sinister gli dicesse come riparare qualcosa, non l'aveva con sé. Ma non è questo il punto, il fatto è che comprò qualcosa quel giorno, e credo che fosse quella collana…”
“Tu hai visto Malfoy uscire dal negozio con un pacchetto simile?”
“No, Professoressa, ha detto a Sinister di conservarla in negozio per lui…"
“Ma, Harry,” lo interruppe Hermione, “Sinister gli chiese se la voleva prendere, e Malfoy disse di no…”
“Perchè non la voleva toccare, ovviamente!” disse Harry arrabbiato.
“Per caso ha detto «Quanto vorrei andarmene in giro con questa addosso?»” disse Hermione
“Beh, sarebbe sembrato uno po’ stupido con una collana addosso,” disse Ron.
“Oh Ron,” disse Hermione esasperata, “sarebbe stata avvolta bene, così non l’avrebbe dovuta toccare, ed è così facile nasconderla in un mantello per non farla vedere a nessuno! Credo che qualunque cosa abbia potuto prenotare da Sinister, sia qualcosa di rumoroso oppure enorme, qualcosa che avrebbe attirato l’attenzione su di lui se l’avesse portata in strada… e in ogni caso,” continuò lei alzando la voce, prima che Harry la potesse interrompere, “Io ho chiesto a Sinister informazioni sulla collana, non ricordate?
Quando sono andata per cercare di capire cosa ci avesse cercato Malfoy, l’ho vista lì. E
Sinister mi ha detto quanto costava senza problemi, non ha accennato al fatto che potesse essere già venduta o qualcosa del genere…”
“Certo, è ovvio, ha capito che che cosa ci eri andata a fare dopo cinque secondi, per forza che non te l’ha detto… comunque potrebbe aver deciso di mandarla a Malfoy dopo…”
“Basta così!” disse la Professoressa McGranitt, quando Hermione aprì la bocca per replicare, e sembrava furiosa. “Potter, apprezzo che tu mi abbia raccontato tutto questo, ma non puoi puntare il dito ed accusare il Signor Malfoy solo perché è stato nel negozio dove questa collana potrebbe essere stata comprata. Probabilmente ci sono state centinaia di persone…”
“… è quello che ho detto io…”
“… ed in ogni caso, quest’anno sono state applicate le più severe misure di sicurezza. Non credo che quella collana sarebbe potuta entrare nella scuola senza che ce ne accorgessimo…”
“Ma…”
“… e soprattutto,” disse la Professoressa McGranitt, per chiudere definitivamente il discorso, “Il Signor Malfoy non è andato ad Hogsmeade, oggi.”
Harry rimase a bocca aperta, si sentiva umiliato.
“Come fa a saperlo, Professoressa?”
“Perchè era in punizione con me. Non ha finito i compiti di Trasfigurazione due volte di seguito. Quindi, grazie per avermi messo al corrente dei tuoi sospetti, Potter,” disse con tono pesante, “ma ora devo andare in infermeria per vedere come sta Katie Bell. Buongiorno a tutti.”
Lei aprì la porta dell’ufficio. Non ebbero altra alternativa che uscire dalla stanza in silenzio.
Harry era arrabbiato con gli altri due perchè si erano schierati con la McGranitt. Nonostante tutto, però, si unì alla discussione quando ripresero a parlare dell’accaduto.
“E allora? Chi pensate sia quello a cui Katie dovesse dare la collana?” chiese Ron, dopo aver salito le scale per la sala comune.
“Lo sa solo il Cielo,” disse Hermione. “Ma chiunque fosse, l’ha scampata per un pelo. Nessuno avrebbe potuto aprire il pacchetto senza toccare la collana.”
“Poteva essere destinata ad un sacco di persone,” disse Harry. “Silente… i Mangiamorte sarebbero contenti di sbarazzarsi di lui, deve essere uno dei loro obbiettivi principali. Oppure Slughorn… Silente crede che che Voldemort lo voglia con lui, e che sia contento del fatto che si sia schierato con Silente. Oppure…”
“Oppure tu,” disse Hermione turbata.
"Non è possibile,” disse Harry, “altrimenti Katie si sarebbe semplicemente girata lungo la strada e sarebbe venuta a darmela, non credi? Ero dietro di loro lungo tutta la strada sin dai Tre Manici di Scopa. Avrebbe avuto molto più senso consegnare il pacco fuori da Hogwarts, visto che Gazza controlla chiunque esca od entri. Mi piacerebbe sapere perché
Malfoy le avrebbe dovuto dire di portarla dentro il castello…”
“Harry, Malfoy non era ad Hogsmeade!” disse Hermione, che stava pestando i piedi per la rabbia.
“Potrebbe aver avuto un complice” disse Harry. “Tiger o Goyle… oppure, pensateci, un altro Mangiamorte, ora potrà contare su complici migliori di Tiger e Goyle ora che si è
arruolato…”
Ron ed Hermione si guardarono come se si stessero dicendo che non si arrivava a nulla a continuare a discutere con lui.
“Dilligrout,” disse Hermione fermamente una volta raggiunta la Signora Grassa. Il ritratto roteò, aprendosi per farli entrare nella Sala Comune. Era quasi piena e odorava di vestiti bagnati. Sembrava che un sacco di persone fossero tornate da Hogsmeade in anticipo per via del tempo. Non c’erano mormorii o pettegolezzi, comunque: di sicuro la notizia dell’incidente di Katie non era ancora arrivata.
“Non è stato un attacco molto astuto, se ti ci fermi un attimo a pensare,” disse Ron scacciando via indifferenza uno del primo anno da una delle comode poltrone presso il camino, così che da potersi sedere lui. “La maledizione non sarebbe mai riuscita ad entrare nel castello. Certo non si può dire che fosse infallibile.”
“Hai ragione,” disse Hermione, scacciano Ron a calci dalla poltrona e restituendola a quello del primo anno. “Non è stato affatto un piano ben escogitato.”
“E da quando Malfoy è un grande pensatore?” chiese Harry.
CAPITOLO TREDICI
IL RIDDLE SEGRETO
Katie fu trasferita all’Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche il giorno successivo ma, nel frattempo, la notizia che fosse stata colpita da una maledizione si erano diffuse in tutta la scuola, nonostante i dettagli fossero confusi e nessuno, oltre a Harry, Hermione e Ron sembrava sapere che Katie non era il bersaglio prestabilito.
“Oh, Malfoy lo sa, naturalmente,” disse Harry a Ron e Hermione, che continuavano la loro politica di fingersi sordi ogni volta che Harry menzionava la sua teoria “Malfoy-è-unMangiamorte”. Harry si era chiesto se Silente sarebbe tornato da dovunque fosse in tempo per la lezione del lunedì sera ma, non avendo ricevuto istruzioni contrarie, si presentò all’uscio dell’ufficio del Preside alle otto in punto, bussò, e gli fu detto di entrare. Lì sedeva Silente, che sembrava straordinariamente stanco; la sua mano era nera e bruciata come al solito, ma sorrise quando indicò ad Harry di accomodarsi. Anche questa volta il Pensatoio era appoggiato sulla scrivania, emettendo bagliori argentati che si riflettevano sul soffitto.
“Sei stato molto impegnato mentre sono stato via,” disse Silente. “Credo che tu abbia assistito all’incidente di Katie”.
“Si, Signore. Come sta adesso?”
“Ancora molto male, anche se è stata relativamente fortunata. Sembra che abbia sfiorato la collana con la più piccola parte di pelle possibile. C’era un forellino nel suo guanto. Se l’avesse indossata, se l’avesse presa con la mano non guantata, sarebbe morta, forse istantaneamente. Fortunatamente il Professor Piton è stato in grado di fare abbastanza per prevenire un rapido diffondersi della maledizione…”
“Perché lui?” chiede Harry prontamente “Perché non Madama Chips?”
“Impertinente,” disse una voce flebile da uno dei ritratti appesi al muro, e Phineas Nigellus Black, il bis-bisnonno di Sirius, sollevò la testa dal braccio su cui la poggiava fingendo di dormire. “Non avrei mai permesso che uno studente discutesse il mio modo di dirigere Hogwarts, ai miei tempi.”
“Si, grazie Phineas,” disse Silente placidamente “Il Professor Piton è molto più preparato in Arti Oscure rispetto a Madama Chips, Harry. Comunque, Il personale del San Mungo mi tiene aggiornato ogni ora, e sono speranzoso che Katie si ristabilisca completamente e in fretta.”
“Dove è stato questo fine settimana, Signore?” chiese Harry, allontanando una forte sensazione di aver forzato la mano, un’impressione apparentemente condivisa da Phineas Nigellus, che sibilò piano.
“Preferirei non dirtelo subito” rispose Silente. “Comunque, te lo dirò a tempo debito.”
“Lo farà?” disse Harry, sorpreso.
“Si, credo di si,” dissi Silente, estraendo una nuova bottiglia di memoria argentea dall’abito e stappandola con un gesto della bacchetta.
“Signore,” disse Harry incerto, “ho incontrato Mundungus a Hogsmeade.”
“Ah, si, sapevo già che Mundungus stava trattando la tua eredità con sprezzante destrezza di mano,” osservò Silente accigliandosi un po’. “Si nasconde da quando lo hai avvicinato all’esterno dai Tre Manici di Scopa. Penso che tema, piuttosto, di fronteggiare me. Comunque, resta sicuro che non ruberà altri beni di Sirius.”
“Quel vecchio logoro mezzosangue stava rubando i cimeli di famiglia dei Black?” disse Phineas Nigellus, irritato; e trottò via dalla sua cornice, senza dubbio per far visita al suo ritratto al numero 12 di Grimmauld Place.
“Professore,” disse Harry, dopo una piccola pausa, “La Professoressa McGranitt le ha riferito del nostro colloquio dopo l’incidente di Katie? A proposito di Draco Malfoy?”
“Mi ha riferito dei tuoi sospetti, si,” disse Silente.
“E lei…?”
“Io prenderò tutte le misure appropriate per controllare chiunque possa avere qualcosa a che fare con l’attacco subìto da Katie,” disse Silente. “Ma quello che ora mi preme, Harry, è la nostra lezione.”
Harry si sentì leggermente offeso: se le loro lezioni erano così importanti, perché era dovuto passare tanto tempo tra la prima e la seconda? In ogni caso, non disse più nulla su Draco Malfoy, ma osservò come Silente versava le nuove memorie nel Pensatoio e iniziò ancora una volta a far ruotare vorticosamente il bacile di pietra tra le sue mani dalle lunghe dita.
“Ricorderai, sono sicuro, che avevamo lasciato il racconto delle origini di Lord Voldemort al punto in cui quel babbano attraente, Tom Riddle, aveva abbandonato sua moglie strega, Merope, ed aveva fatto ritorno alla sua casa di famiglia a Little Hangleton. Merope fu lasciata da sola a Londra, in attesa dell’arrivo del bambino che un giorno sarebbe diventato Lord Voldemort.”
“Come sa che lei era a Londra, Signore?”
“Grazie alla prova di un certo Caractacus Burke,” disse Silente, “che, per una bizzarra coincidenza, contribuì a fondare proprio quel negozio da cui proviene la collana di cui abbiamo appena discusso.”
Agitò il contenuto del Pensatoio come Harry gli aveva visto fare in precedenza, come un cercatore d’oro che setaccia in cerca di pepite. Dalla mulinante la massa argentea si sollevò la piccola figura, lentamente roteante nel Pensatoio, di un vecchio luminescente come un fantasma ma molto più solido, con una zazzera che gli copriva completamente gli occhi.
“Si, lo acquistammo in circostanze curiose. Ci era stato portata da una giovane strega appena prima di Natale, oh molti anni fa, ormai. Disse che aveva disperato bisogno di soldi, be’, la cosa era ovvia. Vestita di stracci e ben lontana dall’essere carina… stava per avere un bambino, capisce. Disse che il medaglione era appartenuto a Serpeverde. Be’, noi sentiamo storie di questo tipo continuamente. «Oh, questa era di Merlino, era la sua teiera preferita,» ma appena lo guardai, aveva il suo marchio al posto giusto, e un paio di semplici incantesimi furono sufficienti a dirmi la verità. Certo, questo ne faceva un oggetto quasi senza prezzo. Lei non sembrava avere idea di quanto fosse prezioso. Fu felice di ricevere dieci galeoni. Il migliore affare che abbia mai fatto…”
Silente diede uno scossone extra al Pensatoio e Caractacus Burke ridiscese nella massa turbolenta di memoria da dove era venuto.
“Le diede solo dieci Galeoni?” disse Harry indignato.
“Caractacus Burke non era certo famoso per la sua generosità,” rispose Silente. “Così
sappiamo che, verso la fine della sua gravidanza, Merope era sola a Londra e con un disperato bisogno di soldi, talmente disperato da farle vendere quell’unico oggetto di valore che possedeva, il medaglione che era uno dei cimeli di famiglia che Orvoloson aveva conservato con tanta cura.”
“Ma lei avrebbe potuto utilizzare la magia!” disse Harry impaziente. “Avrebbe potuto ottenere cibo e qualsiasi altra cosa da sola con la magia, no?”
“Ah,” rispose Silente, “forse avrebbe potuto. Ma sono convinto… sto ancora ipotizzando, ma sono sicuro di aver ragione… che quando suo marito l’abbandonò, Merope smise di utilizzare la magia. Penso non volesse più essere una strega. Certo, è anche possibile che il suo amore non corrisposto e la conseguente disperazione possano aver prosciugato i suoi poteri; può succedere. In ogni caso, come sei in procinto di vedere, Merope rifiutò
d’impugnare la sua bacchetta anche per salvare la sua stessa vita.
“Non poteva restare in vita almeno per suo figlio?”
Silente aggrottò le sopracciglia.
“È possibile che ti dispiaccia per Lord Voldemort?”
“No,” disse subito Harry, “ma lei ebbe una possibilità, non come mia madre…”
“Anche tua madre ebbe una possibilità,” disse Silente gentilmente. “Si, Merope Riddle scelse di morire piuttosto che crescere un figlio che aveva bisogno di lei, ma non giudicarla troppo duramente, Harry. Lei era molto debilitata dalla lunga sofferenza e non ha mai avuto il coraggio di tua madre. E ora, se vuoi alzarti…”
“Dove stiamo andando?” chiese Harry, appena Silente lo raggiunse davanti alla scrivania.
“Questa volta,” rispose Silente, “stiamo per entrare nella mia memoria. Penso che la troverai sia ricca di dettagli che soddisfacentemente accurata. Dopo di te, Harry…”
Harry si inclinò sopra il Pensatoio. Il viso ruppe la fredda superficie dei ricordi e, un attimo dopo, si trovò a cadere ancora una volta attraverso l’oscurità… Pochi secondi dopo, si trovò con piedi ben fermi a terra. Aprì gli occhi e capì che lui e Silente si trovavano in una frenetica, antiquata via londinese.
“Eccomi,” disse Silente vivacemente, indicando verso un’alta figura che attraversava la strada di fronte ad un carretto del latte trainato da un cavallo.
I lunghi capelli e la barba di questo giovane Silente erano ramati. Dopo aver raggiunto il loro lato della strada, camminò a velocemente lungo il marciapiede, attirando molti sguardi curiosi a causa dello sgargiante completo di velluto color prugna che indossava.
“Bel vestito Signore,” disse Harry, prima di riuscire a fermarsi, ma Silente semplicemente ridacchiò mentre seguiva a breve distanza il se stesso più giovane, attraversando una serie di cancellate di ferro per entrare, infine, in un cortile spoglio che fronteggiava un edificio squadrato, piuttosto arcigno, circondato da alte ringhiere. Il Silente più giovane risalì i pochi gradini che conducevano al portone principale e bussò una volta. Dopo un secondo o due, la porta fu aperta da una ragazzina trasandata con indosso un grembiule.
“Buon pomeriggio. Ho un appuntamento con la Signora Cole che, credo sia, la Direttrice?”
“Oh,” disse la ragazzina confusa, osservando l’aspetto eccentrico di Silente. “Uhm… solo un mo… SIGNORA COLE!” urlò da sopra le spalle.
Harry udì una voce distante urlare qualcosa in risposta. La ragazza si rigirò verso Silente. “Venga, sta arrivando.”
Silente camminò in un corridoio piastrellato in bianco e nero. L’intero posto era scialbo, ma accuratamente pulito. Harry e il Silente anziano li seguirono. Prima che la porta d’ingresso si fosse chiusa alle loro spalle, una donna ossuta e dall’aria afflitta si avvicinò
loro sgambettando. Aveva un viso dai lineamenti appuntiti che appariva più ansioso che scortese e, mentre camminava verso Silente, parlava di sbieco con un aiutante in camice.
“… e porta la tintura di iodio a Martha, Billy Stubbs si sta grattando le croste ed Eric Whalley trasuda liquido sulle lenzuola... varicella al massimo stadio,” disse a nessuno in particolare, fissando subito dopo gli occhi su Silente e bloccandosi, attonita, come se ad entrare fosse stata una giraffa.
“Buon pomeriggio,” disse Silente, porgendo la mano.
La Signora Cole semplicemente sgranò gli occhi.
“Mi chiamo Albus Silente. Le ho spedito una lettera con la richiesta di un appuntamento e Lei mi ha invitata, molto gentilmente, per oggi.”
La Signora Cole sbatté le palpebre. Avendo evidentemente deciso che Silente non era un’allucinazione, disse con voce flebile, “Oh, si. Bene… bene, allora… è meglio che mi segua nella mia stanza. Sì.”
Condusse Silente in una piccola camera che pareva in parte una sala d’attesa, in parte un ufficio. Era scialba come il corridoio e il mobilio era vecchio e male assortito. Invitò
Silente ad accomodarsi su una sedia traballante e sedette a sua volta dietro un’ingombrante scrivania, scrutandolo nervosamente.
“Sono qui, come anticipato nella mia lettera, per discutere di Tom Riddle e degli accordi per il suo futuro” disse Silente.
“Lei è della famiglia?” chiese la Direttrice.
“No, sono un insegnante,” rispose Silente. “Sono venuto per offrire a Tom un posto nella mia scuola.”
“Di quale scuola si tratta, allora?”
“Si chiama Hogwarts,” disse Silente.
“E come mai siete interessati a Tom?”
“Crediamo che abbia alcune qualità che stiamo cercando.”
“Intende dire che ha vinto una borsa di studio? Come può aver fatto? Non ha mai concorso per ottenerne una.”
“Be’, il suo nome è registrato alla nostra scuola dalla nascita…”
“Chi l’ha iscritto? I suoi genitori?”
Non c’erano dubbi che la Signora Cole fosse una donna fastidiosamente perspicace. Apparentemente anche Silente la pensava così, e Harry lo vide far scivolare la bacchetta fuori dalla tasca del vestito e, nello stesso tempo, raccogliere dalla scrivania della Direttrice un pezzo di carta perfettamente bianco.
“Ecco,” disse Silente, agitando la bacchetta mentre le passava il foglio, “credo che questo renderà tutto chiaro.”
Gli occhi della Signora Cole si appannarono e ripresero fuoco mentre fissava intensamente il pezzo di carta.
“Sembra perfettamente in ordine,” disse serenamente, restituendoglielo. Poi i suoi occhi si posarono su una bottiglia di gin e su due bicchieri che di certo non c’erano pochi secondi prima.
“Ehm… posso offrirle un bicchiere di gin?” disse con una voce molto raffinata.
“Molte grazie,” disse Silente, raggiante.
Fu subito chiaro che la Signora Cole non era una novellina in fatto di bevute di gin. Versando a ciascuno una quantità generosa, mandò giù il suo bicchiere in un solo sorso. Schioccando le labbra apertamente, sorrise per la prima volta a Silente, che non esitò a sfruttare l’occasione.
“Mi domandavo se potesse raccontarmi qualcosa della storia di Tom Riddle? È vero che nacque qui in orfanotrofio?”
“È vero,” disse la Signora, servendosi altro gin. “Ricordo chiaramente tutto, perché avevo appena iniziato a lavorare qui. Era la vigilia di Capodanno, freddo intenso, nevicava, sa. Notte orribile. E questa ragazza, non molto più grande di quanto fossi io all’epoca, salì
barcollando i gradini all’ingresso. Be’, non era la prima. La portammo dentro e partorì il bambino entro un’ora. Ed era morta nell’ora successiva.”
La Signora Cole annuì solennemente e si scolò un altro generoso sorso di gin.
“Ha detto qualcosa prima di morire?” chiese Silente. “Qualcosa sul padre del ragazzo, per caso?”
“Be’, si dà il caso, lo fece” disse la Direttrice, che sembrava divertirsi molto adesso, col gin in mano e un pubblico ansioso per la sua storia.
“Ricordo che mi disse «Spero che somigli a suo papà,» e non mentirò, aveva ragione a sperarlo, perché lei non era bella… e poi mi disse che si sarebbe chiamato Tom, come suo padre, e Orvoloson, come il nonno materno – si, lo so, nome buffo, eh? Ci chiedemmo se fosse venuta da un circo… e disse che il cognome del bambino doveva essere Riddle. Morì subito dopo, senza dire altro.
“Be’, lo chiamammo come lei ci aveva detto, sembrava così importante per quella ragazza, ma nessun Tom, nessun Orvoloson e nessun Riddle venne mai a chiedere di lui, né
nessun altro familiare, così rimase in orfanotrofio ed è qui da allora.”
La Signora Cole si versò, quasi senza accorgersene, un’altra salutare dose di gin. Due macchie rosa le erano apparse sulle gote. Poi disse, “È un ragazzo singolare”.
“Si,” disse Silente, “credo che potrebbe esserlo”.
“Era anche un bambino bizzarro. Ha sempre pianto difficilmente, sa. E poi, quando crebbe un po’, divenne… strano.”
“Strano in che modo?” chiese gentilmente Silente.
“Be’, lui…”
Ma la Signora Cole tagliò corto, e non c’era niente di confuso o vago nello sguardo inquisitorio che lanciò verso Silente da sopra il suo bicchiere di gin.
“Ha un posto assicurato nella sua scuola, mi diceva?”
“Senza dubbio,” disse Silente.
“E niente che io possa dire cambierà le cose?”
“Niente,” disse Silente.
“Se lo porterà via comunque?”
“Comunque,” ripeté Silente seriamente.
Lo guardò di sbieco, come per decidere se credergli oppure no.
Apparentemente decise di si, perché disse con un’urgenza improvvisa, “Spaventa gli altri bambini.”
“Intende dire che fa il prepotente?” chiese Silente.
“Credo che potrebbe esserlo,” disse accigliandosi lievemente, “ma è molto difficile coglierlo in fallo. Ci sono stati incidenti… Cose riprovevoli…”
Silente non insistette, anche se Harry sapeva che era interessato. Lei bevve un altro sorso di gin, e le sue guance rosa divennero ancora più rosee.
“Il coniglio di Billy Stubbs… be’, Tom ha detto di non averlo fatto e non vedo come possa averlo fatto, ma nondimeno, è stupido impiccarsi da soli, no?”
“Non potrei dirlo, no,” intervenne Silente con calma.
“Ma sarei sorpresa se sapessi come è riuscito a farlo. Tutto ciò che so è che lui e Billy avevano litigato il giorno prima. E poi…” La Signora Cole prese un altro sorso di gin, versandosene un po’ sul colletto, questa volta. “durante la gita estiva – li portiamo fuori una volta all’anno, sa, in campagna o al mare – be’, Amy Benson e Dennis Bishop non si sono mai perfettamente ristabiliti successivamente, e tutto ciò che hanno mai detto è che erano andati dentro una caverna con Tom Riddle. Lui giurò che erano soltanto andati in esplorazione, ma qualcosa successe lì dentro, sono sicura. E, bè, sono successe molte cose, cose stravaganti…”
Si voltò ancora verso Silente, e sebbene le sue guance fossero arrossate, il suo sguardo era fermo.
“Non credo che qualcuno sarebbe dispiaciuto di vederlo andar via.”
“Lei capisce, sono sicuro, che non lo terremo con noi continuativamente?” disse Silente.
“Dovrà tornare qui, come minimo, ogni estate.”
“Oh, bene, è meglio di un colpo sul naso con un attizzatoio arrugginito,” disse la Signora Cole con un leggero singhiozzo. Si alzò in piedi, ed Harry fu impressionato nel vederla piuttosto stabile, anche se due terzi del gin erano andati. “Suppongo che lo voglia vedere?”
“Molto volentieri,” disse Silente, alzandosi a sua volta.
La Signora Cole lo guidò fuori dal suo ufficio e poi su una scala di pietra, urlando istruzioni e ammonizioni ai suoi aiutanti e ai bambini mentre passava. Gli orfani, notò
Harry, indossavano tutti la stessa tunica. Sembravano ragionevolmente ben curati, ma non c’era dubbio che quello fosse un posto cupo in cui crescere.
“Eccoci,” disse la Signora Cole, non appena svoltarono sul secondo ballatoio e si fermarono fuori dalla prima porta in un lungo corridoio. Bussò due volte ed entrò.
“Tom? Hai una visita. Questo è il Signor Solvente… scusi, Salante. È venuto per dirti…
bene, lascerò che lo faccia lui.”
Harry e i due Silente entrarono nella camera, e la Direttrice chiuse la porta dietro di loro. Era una stanza piccola e spoglia, vuota ad eccezione di un vecchio armadio e un letto di ferro. Un ragazzo stava seduto su delle coperte grigie con le gambe stese, tenendo un libro.
Non c’era traccia dei Gaunt nel viso di Tom Riddle. Il desiderio di Merope si era avverato: era la miniatura del suo avvenente padre, alto per essere un undicenne, con i capelli neri e pallido. Socchiuse leggermente gli occhi di fronte all’aspetto eccentrico di Silente. Ci fu un momento di silenzio.
“Come stai, Tom?” chiese Silente, facendosi avanti e tendendo la mano. Il ragazzo esitò, poi la prese, e si strinsero la mano. Silente avvicinò la solida sedia di legno accanto a Tom, così che sembravano più un paziente in ospedale e un suo visitatore.
“Io sono il Professor Silente.”
“Professore?” ripeté Tom. Sembrava sospettoso. “Come un dottore? Perché sei venuto qui? Ti ha fatto venire quella, per farmi esaminare?”
Stava indicando la porta dalla quale era appena uscita la Signora Cole.
“No, no,” disse Silente, sorridendo.
“No ci credo,” rispose Riddle, “Quella vuole farmi analizzare, vero? Dì la verità!”
Pronunciò le ultime tre parole con una considerevole forza che risultò quasi disdicevole. Era un ordine, e suonava come se Tom l’avesse dato molte volte prima. Aveva spalancato gli occhi e fissato Silente, che non rispose, a parte continuare a sorridere benevolmente. Dopo qualche secondo Riddle smise di squadrarlo, sebbene sembrasse, se possibile, ancora più diffidente.
“Chi sei?”
“Te l’ho detto. Io sono il Professor Silente e lavoro in una scuola che si chiama Hogwarts. Sono venuto qui per offrirti un posto nella mia scuola… la tua nuova scuola, se vorrai venire.”
La reazione di Riddle a questo fu la più sorprendente. Balzò giù dal letto e indietreggiò
lontano da Silente, furioso.
“Non riuscirai a prenderti gioco di me! Il manicomio, è da lì che vieni, vero? «Professore,»
ma certo… bene, non ci vengo, capito? Quella vecchia gatta è l’unico essere che dovrebbe andare in manicomio. Non ho fatto niente alla piccola Amy Benson o a Dennis Bishop, puoi chiederglielo, te lo confermeranno!”
“Non vengo dal manicomio,” disse Silente pazientemente. “Sono un insegnante e, se vorrai sederti tranquillo, ti racconterò di Hogwarts. Certo, se non vorrai venire alla scuola, nessuno ti obbligherà…”
“Vorrei vederli provare,” sogghignò Riddle.
“Hogwarts,” continuò Silente, come se non avesse sentito le ultime parole di Tom, “è una scuola per persone con abilità speciali…”
“Non sono matto!”
“So bene che non sei matto. Hogwarts non è una scuola per pazzi. È una scuola di magia.”
Silenzio. Riddle era impietrito, nessuna espressione sul suo viso, solo gli occhi si agitavano avanti e indietro tra quelli di Silente, come se cercasse di scoprire uno dei due mentire.
“Magia?” ribatté in un soffio.
“Esatto,” disse Silente.
“È… è magia, quello che riesco a fare?”
“Cos’è che puoi fare?”
“Un po’ di tutto,” mormorò Tom. Una rossore di eccitazione stava risalendo il suo collo fino alle guance incavate. Sembrava febbricitante. “Riesco a far muovere le cose senza toccarle. Posso far fare agli animali ciò che voglio, senza addestrarli. Possa far succedere brutte cose alle persone che mi irritano. Posso far loro del male, se lo voglio.”
Le sue gambe stavano tremando. Inciampò e si sedette di nuovo sul letto, fissandosi le mani, la sua testa chinata come se stesse pregando.
“Sapevo di essere diverso,” bisbigliò alle sue dita tremanti. “Sapevo di essere speciale. Sempre, sapevo che c’era qualcosa.”
“Be’, avevi ragione,” disse Silente, che non stava più sorridendo, ma guardava Riddle intensamente. “Tu sei un mago.”
Riddle sollevò la testa. Aveva il viso stravolto. Mostrava un felicità selvaggia, che per qualche ragione non lo fece diventare più piacevole. Al contrario, i suoi tratti finemente scolpiti sembravano in qualche modo più grinzosi, la sua espressione quasi bestiale.
“Anche tu sei un mago?”
“Si.”
“Provalo,” disse Riddle subito, nello stesso tono di comando che aveva usato quando disse, “Dì la verità.”
Silente aggrottò le sopracciglia.
“Se, da come ho capito, stai accettando il tuo posto a Hogwarts…”
“Sicuro che lo accetto!”
“Allora dovrai rivolgerti a me chiamandomi «Professore» o «Signore».”
L’espressione di Tom si indurì per un istante prima di dire, con un’irriconoscibile voce educata, “Mi scusi, Signore. Volevo dire… per favore, Professore, può mostrarmi…?”
Harry era sicuro che Silente si sarebbe rifiutato, che avrebbe detto a Riddle che ci sarebbero state molte occasioni per dimostrazioni pratiche a Hogwarts, che si trovavano in un edificio pieno di Babbani e avrebbero dovuto essere cauti. Con sua grande sorpresa, invece, Silente estrasse la bacchetta da una tasca interna della giacca, la puntò
verso il malridotto armadio nell’angolo e diede un colpetto casuale alla bacchetta. L’armadio prese fuoco.
Riddle saltò in piedi. Harry poteva appena biasimarlo per aver strillato per lo shock e per la rabbia. Tutti i suoi beni materiali erano lì dentro. Ma appena Riddle si girò verso Silente, le fiamme svanirono, lasciando l’armadio perfettamente intatto. Riddle guardò con meraviglia il guardaroba e poi Silente, e allora, con bramosia, indicò la bacchetta. “Dove posso prenderne una?”
“Tutto a suo tempo”, disse Silente. “mi sembra che ci sia qualcosa che sta tentando di uscire dal tuo armadio.”
Effettivamente si poteva sentire un debole tintinnio provenire dall’interno. Per la prima volta, Riddle sembrava impaurito.
“Apri la porta.”
Riddle esitò, poi attraversò la stanza ed aprì le ante dell’armadio. Sullo scaffale più alto, sopra un attaccapanni pieno di vestiti consunti, una piccola scatola di cartone si agitanva e sbatacchiava come se dentro fossero intrappolati diversi topolini frenetici.
“Tirala fuori,” disse Silente.
Tom tirò giù la scatola tremolante. Sembrava nervoso.
“C’è qualcosa in quella scatola che non dovrebbe essere lì?” chiese Silente. Ridde lanciò a Silente una lunga, inequivocabile, scaltra occhiata.
“Si, suppongo di si, Signore,” disse infine, con voce atona.
“Aprila.”
Ridde tolse il coperchio e rovesciò il contenuto sul suo letto senza guardarlo. Harry, che si aspettava qualcosa di più esaltante, vide un mucchietto di piccoli oggetti comuni: tra di essi, uno yo-yo, un ditale argentato, un’armonica a bocca ossidata. Una volta fuori dalla scatola, smisero di fremere e rimasero immobili sulle coperte leggere.
“Li restituirai ai legittimi proprietari scusandoti,” disse Silente pacatamente, rimettendo la bacchetta nella tasca della giacca. “Io saprò se l’avrai fatto. E stai attento: i furti non sono tollerati a Hogwarts.”
Riddle non sembrava neanche lontanamente imbarazzato; stava ancora fissando freddamente e scrutando Silente. Alla fine disse con voce piatta, “Si, Signore.”
“A Hogwarts,” continuò Silente, “ti insegneremo non solo a usare la magia, ma anche a controllarla. Tu hai – inavvertitamente, sono sicuro – adoperato i tuoi poteri in un modo che non è né insegnato, né tollerato nella nostra scuola. Non sei il primo, e non sarai l’ultimo, che si è fatto trascinare dalla magia. Ma devi sapere che si può essere espulsi da Hogwarts e il Ministero della Magia – si, c’è un Ministero – punisce i fuorilegge ancora più
severamente. Tutti i nuovi maghi devono accettare che, entrando nel nostro mondo, dovranno attenersi alle nostre leggi.”
“Si, Signore,” disse ancora Riddle.
Era impossibile dire cosa stesse pensando. La sua espressione rimase assolutamente impassibile mentre rimise il piccolo gruzzolo di oggetti rubati nella scatola di cartone. Appena ebbe finito, si girò verso Silente e disse duramente, “Non ho un soldo.”
“A questo si può rimediare facilmente,” disse Silente, estraendo un portamonete di pelle dalla tasca. “Esiste un fondo a Hogwarts per i ragazzi che hanno bisogno di aiuto per comprare libri e vestiti. Dovrai acquistare alcuni libri di incantesimi, magari di seconda mano, ma…”
“Dove si comprano questi libri?” lo interruppe Riddle, che aveva preso il pesante borsellino senza ringraziare Silente, e stava esaminando un grasso Galeone d’oro.
“A Diagon Alley,” disse Silente. “Ho qui con me la tua lista dei libri e del materiale scolastico. Posso aiutarti a trovare tutto…”
“Sta venendo con me?” chiese Riddle, alzando gli occhi.
“Certamente, se tu…”
“Non ho bisogno di Lei,” lo interruppe Riddle. “Sono abituato ad arrangiarmi da solo, giro da solo per Londra tutte le volte. Come si arriva a questa Diagon Alley… Signore?”
aggiunse, richiamando l’attenzione di Silente.
Harry credeva che Silente avrebbe insistito per accompagnare Riddle, ma ancora una volta si sorprese. Silente consegnò a Riddle la busta contenente la lista dell’occorrente, e dopo avergli detto esattamente come raggiungere il Paiolo Magico dall’orfanotrofio, disse,
“Riuscirai a vederlo, nonostante che i Babbani tutt’intorno – le persone non magiche –
non possano. Chiedi di Tom il barista – abbastanza facile da ricordare, visto che porta il tuo nome…”
Riddle fece una smorfia irritata, come per scacciare una mosca fastidiosa.
“Non ti piace il nome «Tom»?”
“Ci sono molti Tom,” borbottò Riddle. Poi, come se non potesse soffocare la domanda, come se scoppiasse dalla voglia a dispetto di se stesso, domandò: “Mio padre era un mago? Anche lui si chiamava Tom Riddle, mi hanno detto.”
“Mi dispiace, non lo so,” disse Silente, con fare gentile.
“Mia madre non poteva essere magica, altrimenti non sarebbe morta,” disse Riddle, più a se stesso che a Silente. “Doveva essere lui. Quindi… una volta comprate tutte le mie cose… quando potrò venire a questa Hogwarts?”
“Tutti i dettagli sono scritti nella seconda pergamena nella busta,” disse Silente. “Partirai dalla Stazione di King’s Cross il primo di settembre. Lì dentro c’è anche un biglietto del treno.”
Riddle annuì. Silente si alzò in piedi e gli tese ancora una volta la mano. Stringendola, Riddle disse: “Posso parlare con i serpenti. L’ho scoperto quando andammo in gita in campagna… mi scoprirono, parlavano con me. È normale per un mago?”
Harry aveva l'impressione che si fosse trattenuto dal rivelare quel suo stranissimo potere fino a quel momento, credendo di far colpo.
“È insolito,” disse Silente, dopo un momento di esitazione, “ma non senza precedenti.”
Il suo tono era casuale ma i suoi occhi osservavano curiosi il viso di Riddle. Si fermarono un momento, uomo e ragazzo, scrutandosi a vicenda. Poi la stretta di mano finì. Silente si fermò sulla porta.
“Arrivederci, Tom. Ci incontreremo a Hogwarts.”
“Penso che basti,” disse il canuto Silente al fianco di Harry, e pochi secondi dopo, stavano fluttuando di nuovo senza peso attraverso l’oscurità, prima di atterrare nell’ufficio ai loro giorni.
“Siediti,” disse Silente, toccando terra di fianco ad Harry.
Harry obbedì, la sua mente ancora piena di quello che aveva appena visto.
“Ha capito molto più velocemente di quanto ho fatto io… voglio dire, quando gli disse che era un mago,” disse Harry. “Non ho creduto a Hagrid subito, quando me lo disse.”
“Si, Riddle era perfettamente pronto a capire di essere – uso le sue parole – «speciale»,”
disse Silente.
“Lei sapeva… allora?”
“Se sapevo di aver appena incontrato il più pericoloso mago di tutti i tempi?” disse Silente. “No, non avevo idea che sarebbe cresciuto e diventato quello che è ora. Comunque, ero sicuramente interessato a lui. Tornai a Hogwarts con l’intenzione di tenerlo d’occhio, cosa che avrei dovuto fare in ogni caso, visto che era solo e senza amici, ma che, ormai, sentivo di dover fare per ben altri motivi che questo.
“I suoi poteri, come hai sentito, erano sorprendentemente ben sviluppato per un mago così giovane e – cosa più interessante e sinistra di tutto – aveva già scoperto di avere in qualche modo la possibilità di controllarli, e aveva iniziato ad utilizzarli coscientemente. E come hai visto, non erano gli esperimenti accidentali tipici dei giovani maghi: lui stava già usando la magia contro le altre persone, per spaventare, punire, controllare. Le piccole storie del coniglio strangolato e dei ragazzini che aveva attirato nella caverna erano molto allusive… «Posso far loro del male, se lo voglio»…”
“Ed era un rettilofono,” intervenne Harry.
“Si, certamente; un’abilità rara, di quelle presumibilmente connesse con le Arti Oscure, anche se sappiamo che ci sono rettilofoni anche tra i grandi e i buoni. Infatti, la sua abilità di parlare con i serpenti non mi ha tanto turbato quanto il suo evidente istinto per la crudeltà, la riservatezza e il dominio.
“Il tempo si sta ancora prendendo gioco di noi,” disse Silente, indicando il cielo cupo fuori della finestra. “Ma prima di separarci, voglio farti notare alcune caratteristiche della scena a cui abbiamo appena assistito, visto che hanno molta influenza sulle questioni si cui dovremo discutere durante i nostri incontri futuri.
Per prima cosa, spero ti sia accorto della reazione di Riddle quando nominai un'altra persona che portava il nome «Tom».”
Harry annuì.
“Lì mostrò il suo disprezzo per tutto ciò che lo collegava alle altre persone, tutto ciò che lo rendeva ordinario. Perfino allora, desiderava essere diverso, differente, famoso. Si liberò
del suo nome, come sai, dopo pochi anni da quella conversazione e creò la maschera di
«Lord Voldemort», dietro la quale è stato nascosto per così tanto tempo.
“Credo che tu abbia anche notato che Tom Riddle era già completamente autosufficiente, riservato e apparentemente senza amici? Non volle aiuto o compagnia nel suo viaggio a Diagon Alley. Preferì operare da solo. Il Voldemort adulto è uguale. Sentirai molte dei suoi Mangiamorte vantarsi di avere la sua fiducia, che loro soltanto gli sono vicini, persino che possono comprenderlo bene. Si ingannano. Lord Voldemort non ha mai avuto amici, e nemmeno credo che ne abbia mai voluto uno.
“E per finire – spero che tu non sia troppo assonnato fare attenzione a questo, Harry – al giovane Tom Riddle piaceva collezionare trofei. Hai visto la scatola di oggetti rubati che aveva nascosto nella sua stanza. Erano stati presi alle vittime della sua prepotenza, souvenir, se vuoi, di sgradevole uso di un po’ di magia. Tieni a mente questa mania del collezionismo, sarà molto importante più avanti.
“E adesso è davvero l’ora di andare a letto.”
Harry si alzò in piedi. Mentre attraversava la stanza, i suoi occhi si posarono sul tavolino sul quale, la volta precedente, era poggiato di Orvoloson Gaunt, ma l’anello non era più
lì.
“Si, Harry?” disse Silente quando Harry si fermò.
"L'anello non c'è più", disse Harry, guardandosi intorno. "Ma credevo che Lei potesse avere l'armonica a bocca, o qualcosa del genere"
Silente fece un largo sorriso, guardandolo da sopra le sue lenti a mezzaluna.
"Molto astuto, Harry, ma l'armonica è sempre stata soltanto un'armonica". E con questa enigmatica frase salutò Harry, che lo prese come un'indicazione che la lezione era terminata.
CAPITOLO QUATTORDICI
FELIX FELICIS
La prima lezione di Harry era Erbologia, il mattino seguente. Non era riuscito, durante la colazione, a raccontare a Ron ed Hermione della sua lezione con Silente per la paura di essere ascoltato, ma li informò mentre attraversavano il sentiero erboso verso le serre. Il brutale vento del fine settimana era cessato. La strana nebbia era tornata tanto che trovare la strada giusta per le serre sembrava loro un po’ più difficile del solito.
“Wow, che ricordo pauroso, Tu-Sai-Chi da ragazzo,” disse Ron a bassa voce appena ebbero preso posto attorno al tronco nodoso di uno Snargaluff, che era l’argomento delle lezioni in quel periodo, ed iniziato ad infilarsi i guanti protettivi. “Ma ancora non capisco dove Silente voglia andare a parare mostrandoti tutto ciò. Voglio dire, è interessante e tutto, è vero, ma a che serve?”
“Non lo so,” rispose Harry, indossando un camice di gomma. “Ma ha detto che tutto è
importante per aiutarmi a sopravvivere.”
“Io penso che sia affascinante,” disse Hermione seria. “Ha perfettamente senso sapere il più passibile su Voldemort. In quale altro modo puoi scoprire i suoi punti deboli?”
“Allora, com’è stata l’ultima festa di Slughorn?” domandò Harry confusamente mentre ancora infilava il camice di gomma.
“Oh, è stato abbastanza divertente, davvero,” rispose Hermione infilandosi gli occhiali protettivi. “Voglio dire, si è messo a pontificare un po’ sui suoi ex favoriti famosi e si è
messo ad adulare spudoratamente McLaggen per le conoscenze della sua famiglia, ma abbiamo mangiato veramente bene e ci ha presentato Gwenog Jones.”
“Gwenog Jones?” chiese Ron, gli occhi spalancati dietro gli occhiali protettivi. “Quella Gwenog Jones? Il capitano delle Arpie di Holyhead?”
“Proprio lei,” rispose Hermione. “Personalmente, credo che sia un po’ troppo piena di sé, ma…”
“Avete chiacchierato abbastanza!” intimò la Professoressa Sprite bruscamente, passando indaffarata e severa. “Siete indietro, gli altri hanno tutti già iniziato e Neville ha già
raccolto il suo primo baccello!”
Si voltarono a guardare. Com’era prevedibile, Neville era seduto al suo posto e sfoggiava un labbro sanguinante e diversi brutti graffi su un lato del viso, ma teneva stretto un frutto grigio, delle dimensioni di un pompelmo, che pulsava sgradevolmente.
“Certo, Professoressa, iniziamo subito!” disse Ron, continuando silenziosamente, appena lei si fu allontanata, “Avremmo dovuto usare il Muffliato, Harry.”
“No, affatto!” Obiettò Hermione subito, sembrando contraria, come sempre, a qualsiasi cosa avesse a che fare con il Principe Mezzosangue e le sue formule. “Be’, andiamo…
diamoci da fare…”
Lanciò agli altri due uno sguardo preoccupato e subito tutti e tre tirarono un profondo respiro e strinsero tra le mani il tronco nodoso che avevano davanti. Questo prese vita immediatamente. Lunghi viticci spinosi simili a rovi vennero fuori dalla cima e frustarono l’aria. Uno di essi s’aggrovigliò ai capelli di Hermione e Ron lo ricacciò
indietro con un paio di cesoie. Harry ebbe successo nell’agguantare un paio di viticci e legarli insieme. Un buco si aprì al centro dei rami simili a tentacoli. Hermione infilò
coraggiosamente il braccio all’interno del buco che le si richiuse attorno al gomito come una trappola. Harry e Ron tirarono e piegarono i viticci, costringendo il buco a riaprirsi in modo da liberare il braccio di Hermione, che lo estrasse stringendo tra le dita un baccello identico a quello di Neville. Immediatamente i viticci spinosi rientrarono nel tronco nodoso che tornò ad assumere l’aspetto di un innocente pezzo di legno morto.
“Sai, non credo mi piacerebbe avere uno di questi in giardino, quando avrò una casa mia,” affermò Ron sollevandosi gli occhiali sulla fronte ed asciugandosi il sudore dal volto.
“Passami una bacinella,” disse Hermione tenendo il baccello pulsante con il braccio teso. Harry ne prese una e lei vi lasciò cadere il baccello con uno sguardo disgustato.
“Non essere schizzinosa, spremilo, è meglio se sono freschi!” consigliò la Professoressa Sprite.
“In ogni caso,” riprese Hermione, continuando la loro conversazione interrotta come se non fosse appena stata attaccata da un pezzo di legno, “Slughorn sta organizzando una festa di Natale, Harry, e non avrai modo di scansarla perché questa volta mi ha chiesto di controllare le tue sere libere, in modo da poterla fissare per una sera in cui sia certo che tu possa venire.”
Harry gemette. Ron, che nel frattempo stava tentando di far aprire il baccello nella bacinella stringendolo tra le mani, premendovi sopra e schiacciandolo con tutto il peso del corpo, sibilò di rabbia, “Si tratta di un’altra festa solo per i favoriti di Slughorn, vero?”
“Solo per lo Slug Club, sì,” rispose Hermione.
Il baccello schizzò via dalle dita di Ron, colpì la vetrata della serra, rimbalzò sulla nuca della Professoressa Sprite e le fece cadere il vecchio cappello macchiato. Harry s’affrettò a recuperarlo. Tornato al tavolino, sentì Hermione che sussurrava: “Guarda, io non ho mai pronunciato le parole «Slug Club»…”
“Slug Club,” ripeté Ron con un ghigno degno di Malfoy. “Patetico. Be’, spero che vi piaccia la festa. Perché non cerchi di andarci con McLaggen, così che Slughorn vi elegga Re e Regina dello Slug…”
“Possiamo portare degli ospiti,” interruppe Hermione, che per qualche motivo era arrossita fino a diventare di un ardente color scarlatto, “e intendevo invitare te, ma se credi che la festa sia tanto stupida, allora non ci provo nemmeno!”
Harry desiderò improvvisamente che il baccello se ne schizzasse lontano, cosicché
dovesse per necessità non stare seduto tra loro due. Senza che entrambi si accorgessero della cosa afferrò, la bacinella che conteneva il baccello e cominciò a tentare di aprirlo nel modo più rumoroso e più energico possibile, ma sfortunatamente poteva ancora sentire ogni parola della loro conversazione.
“Stavi per chiederlo a me?” Chiese Ron, questa volta con una voce completamente diversa.
“Sì,” rispose Hermione con rabbia. “Ma ovviamente, se preferisci che ci vada con McLaggen…”
Ci fu una pausa durante la quale Harry continuò a colpire il resistente baccello con una paletta da giardinaggio.
“No, non lo preferisco,” sussurrò Ron con voce molto pacata.
Harry mancò il baccello e colpì la bacinella che si ruppe.
“Reparo,” pronunciò rudemente, colpendo i pezzi della bacinella con la bacchetta, e questi si riunirono tornando integri. Il fragore, comunque, sembrava aver fatto sì che Ron ed Hermione tornassero a rendersi conto della sua presenza. Hermione sembrò
innervosita ed immediatamente iniziò a voltare le pagine della sua copia di Piante Carnivore del Mondo, alla ricerca del modo corretto di spremere un baccello di Snargaluff. Ron, da parte sua, sembrava imbarazzato ma anche soddisfatto di se stesso.
“Dammelo, Harry,” disse Hermione in fretta. “Qui dice che dovremmo pungerlo con qualcosa di affilato…”
Harry le passò il baccello nella bacinella e lui e Ron infilarono di nuovo gli occhiali protettivi sugli occhi e agguantarono il tronco.
Non si sentiva veramente sorpreso, pensò Harry, combattendo contro un viticcio spinoso che cercava di strangolarlo. Aveva avuto sentore che qualcosa del genere sarebbe potuto accadere prima o poi. Non era sicuro, però, dei suoi sentimenti al riguardo… lui e Cho erano ancora imbarazzati nel guardarsi l’un l’altro o di parlarsi da soli. Cosa sarebbe successo se Ron ed Hermione si fossero messi insieme per poi dividersi? La loro amicizia sarebbe sopravvissuta? Harry ricordò quelle poche settimane al terzo anno in cui non si erano più parlati. Non gli era piaciuto cercare di accorciare le distanze tra loro. E poi, cosa sarebbe successo se non si fossero divisi? Cosa sarebbe successo se fossero diventati come Bill e Fleur e fosse stato terribilmente imbarazzante restare in loro presenza, tanto da spingerlo ad allontanarsi una volta per tutte?
“Preso!” urlò Ron, tirando fuori un secondo baccello dal tronco proprio mentre Hermione riusciva ad aprire il primo tanto da riempire la bacinella di piccoli bulbi pulsanti che sembravano pallidi vermi verdi.
Il resto della lezione passò senza che fosse più citata la festa di Slughorn. Benché Harry osservasse i suoi due amici con maggiore attenzione durante i giorni successivi, Ron ed Hermione non sembravano per nulla diversi dal solito, eccetto che erano un po’ più
gentili l’uno con l’altro di quanto lo fossero normalmente. Harry suppose di dover solo aspettare e vedere cosa sarebbe accaduto sotto l’influenza della Burrobirra, nelle luci fioche della stanza di Slughorn la notte della festa. Nel frattempo, comunque, aveva preoccupazioni molto più urgenti.
Katie Bell era ancora all’ Ospedale di S.Mungo senza alcuna previsione che ne potesse uscirne, il che significava che la promettente squadra di Quidditch, quella che Harry stava allenando con tanta cura da settembre, ora aveva un Cacciatore in meno. Aveva rimandato la sostituzione di Katie nella speranza del suo ritorno, ma la loro prima partita contro Serpeverde si approssimava e, finalmente, dovette ammettere che lei non sarebbe tornata in tempo per giocare.
Harry non credeva di dover tenere un’altra selezione completa di tutta la Casa. Con un disagio che aveva poco a che fare con il Quidditch, chiamò da parte Dean Thomas alla fine di una lezione di Trasfigurazione. La maggior parte della classe era già andata via, tuttavia diversi uccellini gialli cinguettanti svolazzavano ancora per l’aula, tutti creazione di Hermione. Nessun altro di loro era riuscito a far comparire dal nulla più di qualche piuma.
“Sei ancora interessato a giocare come Cacciatore?”
“Cos…? Sì, naturalmente!” rispose Dean eccitato. Oltre le spalle di Dean, Harry vide Seamus Finnigan sbattere con irritazione i libri nella cartella. Uno dei motivi per cui Harry avrebbe preferito non dover chiedere a Dean di giocare, era proprio che questo non sarebbe piaciuto a Seamus. D’altra parte lui doveva fare ciò che era meglio per la squadra, e Dean aveva volato molto meglio di Seamus alle selezioni.
“Bene allora, sei dei nostri,” confermò Harry. “Ci sarà un allenamento stasera, alle sette in punto.”
“Perfetto,” disse Dean. “Evviva, Harry! Accidenti, non vedo l’ora di dirlo a Ginny!”
Corse via dalla stanza lasciando Harry solo con Seamus, un momento scomodo che diventò ancora più difficile quando una cacca d’uccello, di uno dei canarini di Hermione che svolazzava su di loro, si spiaccicò sulla testa di Seamus.
Seamus non era il solo scontento per la scelta della sostituzione di Katie. C’erano molti brontolii in Sala Comune circa il fatto che, con questa scelta di Harry, ora erano due i suoi compagni di classe che facevano parte della squadra. Poiché Harry aveva sopportato borbottii ben peggiori durante la sua carriera scolastica, non era particolarmente infastidito ma, nello stesso tempo, sentiva aumentare la pressione per una vittoria nella prossima partita contro Serpeverde. Se Grifondoro avesse vinto, Harry sapeva che tutta la Casa avrebbe dimenticato le critiche ed avrebbe giurato di aver sempre saputo di aver di fronte una grande squadra. Se avessero perso… be’, pensò Harry amaramente, aveva già sopportato altri borbottii sgradevoli.
Harry non ebbe alcuna ragione per rimpiangere la sua scelta quando vide volare Dean quella sera. Si affiatò veramente bene con Ginny e Demelza. I battitori, Peakes e Coote, miglioravano ogni volta. L’unico problema era Ron.
Harry aveva sempre saputo che Ron era un giocatore incostante per mancanza di sangue freddo e sicurezza e, sfortunatamente, la prospettiva incombente dell’incontro di apertura della stagione sembrava aver messo in evidenza tutte le sue vecchie esitazioni. Dopo aver lasciato entrare una mezza dozzina di tiri, la maggior parte dei quali segnati da Ginny, la sua tecnica divenne sempre più rozza, fino a quando non colpì sulla bocca Demelza Robins che gli si avvicinava.
“È stato un incidente, mi dispiace, Demelza, mi dispiace veramente!” Gridò Ron dopo averla vista scendere a zigzag fino a terra gocciolando sangue ovunque. “Ero solo…”
“Preso dal panico,” disse Ginny rabbiosamente, atterrando al fianco di Demelza ed esaminandole il labbro gonfio. “Ron, cretino, guarda in che stato è!”
“Posso sistemarla,” affermò Harry, atterrando al lato delle due ragazze, puntando la bacchetta verso la bocca di Demelza e dicendo “Episkey.” “E Ginny, non chiamare Ron cretino, non sei tu il capitano della squadra…”
“Be’, tu sembravi troppo occupato per chiamarlo cretino ed ho pensato che qualcuno se ne dovesse far carico…”
Harry si sforzò di non ridere.
“In volo, tutti, forza…”
In complesso, fu uno dei peggiori allenamenti di tutto il trimestre, ma Harry aveva l’impressione che la franchezza non sarebbe stata una buona scelta quando erano così
prossimi alla partita.
“Buon lavoro, tutti, credo proprio che schiacceremo Serpeverde,” disse per fare coraggio, e Cacciatori e Battitori andarono via sembrando ragionevolmente contenti di se stessi.
“Ho giocato come un sacco di letame di Drago,” si lamentò Ron, con voce cupa, appena la porta si fu chiusa alle spalle di Ginny.
“No, non è vero,” disse Harry con fermezza. “Sei il miglior portiere che ho provato, Ron. Il tuo unico problema è il sangue freddo.”
Continuò con gli incoraggiamenti per tutto il tragitto di ritorno al castello e, nel periodo che impiegarono per raggiungere il secondo piano, Ron sembrò appena un po’ di umore migliore. Nel momento in cui Harry si trovò a spostare l’arazzo che nascondeva la solita scorciatoia per la Torre dei Grifondoro, però, si ritrovarono a fissare Dean e Ginny talmente avvinghiati in un abbraccio strettissimo ed in un bacio ardente che sembravano incollati l’uno all’altro.
Fu come se qualcosa di grosso e scaglioso si fosse risvegliato nello stomaco di Harry, lacerandolo dall’interno. Gli sembrava che sangue caldo gli avesse inondato il cervello, tanto da cancellargli qualsiasi pensiero sostituendolo con un bisogno urgente di colpire Dean con fatture tali da ridurlo in gelatina. Combattendo contro questa improvvisa follia, sentì la voce di Ron come se giungesse da molto distante.
“Ehi!”
Dean e Ginny si separarono e si voltarono.
“Che?” Esclamò Ginny.
“Non voglio trovare mia sorella che sbaciucchia qualcuno in pubblico!”
“Questo corridoio era deserto finché non sei arrivato tu!” Protestò Ginny. Dean sembrava imbarazzato. Lanciò verso Harry un sorrisetto ambiguo che lui non restituì, come se il neonato mostro dentro di lui stesse ruggendo per ottenere una immediata esclusione di Dean dalla squadra.
“Ehm… andiamo, Ginny,” sussurrò Dean, “torniamo in Sala Comune…”
“Vai tu!” Intimò Ginny. “Devo scambiare due parole con mio fratello!”
Dean andò via sembrando non del tutto dispiaciuto di lasciare la scena.
“Bene,” esclamò Ginny, allontanando dal viso i lunghi capelli rossi e fissando Ron,
“chiariamo le cose una volta per tutte. Non sono affari tuoi con chi sto e cosa faccio, Ron…”
“Sì che lo è!” Replicò Ron, appena arrabbiato. “Credi che mi piaccia che la gente creda che mia sorella sia…”
“Sia cosa?” Urlò Ginny, sollevando la bacchetta. “Sia cosa, esattamente?”
“Non vuol dire nulla, Ginny…” s’intromise Harry senza pensarci, benché il mostro dentro di lui ruggisse la sua approvazione alle parole di Ron.
“Oh, Certo che vuol dire qualcosa!” Si adirò lei rivolto ad Harry. “Solo perché lui non ha mai sbaciucchiato nessuno nella sua vita, solo perché il miglior bacio che ha avuto è
stato quello di zia Muriel…”
“Chiudi il becco!” Ringhiò Ron, diventando prima rosso e poi marrone.
“Per niente!” Urlò Ginny arrabbiatissima. “Ti ho visto come fai con Flemma, sperando che ti dia un bacetto sulla guancia ogni volta che la vedi, sei patetico! Se trovassi qualcuna da sbaciucchiare anche tu, non faresti tanto caso a quello che fanno tutti gli altri!”
Ron sollevò la bacchetta a sua volta. Harry si frappose rapidamente tra i due.
“Non sai di che stai parlando!” Strepitò Ron, cercando di colpire direttamente Ginny aggirando Harry che, ora, era davanti a lei a braccia aperte. “Solo perché non lo faccio in pubblico…!”
Ginny gli urlò una risata in faccia, tentando di spingere Harry di lato.
“Chi hai baciato, Leotordo, vero? Oppure hai una foto di zia Muriel nascosta sotto il cuscino?”
“Tu…”
Un lampo di luce arancione volò sotto il braccio sinistro di Harry e mancò Ginny di pochi centimetri. Harry spinse Ron contro il muro.
“Non fare lo stupido…”
“Harry ha sbaciucchiato Cho Chang!” Urlò ancora Ginny, che adesso sembrava prossima alle lacrime. “Ed Hermione ha sbaciucchiato Victor Krum, solo per te sembra che sia qualcosa di disgustoso, Ron, e questo solo perché hai tanta esperienza quanto un dodicenne!”
Detto questo, scappò via come una furia. Harry lasciò andare Ron immediatamente. Aveva uno sguardo micidiale. Entrambi restarono fermi, respirando affannosamente, finché Mrs.Purr, la gatta di Gazza, non fece la sua comparsa dietro un angolo, rompendo la tensione.
“Andiamo,” disse Harry appena il suono dei passi strascicati di Gazza gli arrivò alle orecchie.
Percorsero di corsa le scale ed il corridoio del settimo piano. “Ehi, fuori dai piedi!” Sbraitò
Ron ad una ragazzina che fece una salto dallo spavento e lasciò cadere una bottiglia di uova di rospo.
Harry notò appena il suono del vetro che si rompeva. Era disorientato, stordito, tanto che essere colpito da un fulmine non doveva essere molto diverso. È solo perché è la sorella di Ron, diceva a sé stesso. Non ti è piaciuto vederla mentre baciava Dean solo perché è la sorella di Ron…
Senza che fosse voluta, un’immagine gli si formò da sola nella mente: l’immagine dello stesso corridoio deserto con lui che baciava Ginny al posto… il mostro che aveva nel petto fece le fusa… ma in quel momento vide Ron aprire l’arazzo e impugnare la bacchetta contro Harry, urlando cose come: “Hai tradito la mia fiducia” … “Ti credevo un amico” …
“Credi che Hermione abbia veramente sbaciucchiato Krum?” Chiese Ron bruscamente mentre si avvicinavano alla Signora Grassa. Harry assunse un’aria colpevole e si distolse con violenza da un’immagine fantasiosa di un corridoio dove non compariva Ron e lui e Ginny erano soli a…
“Cosa?” disse frastornato. “Oh… ehm…”
La risposta onesta sarebbe stata “sì,” ma non si sentiva di dirgliela. In ogni caso, Ron sembrò desumere il peggio alla vista dell’espressione di Harry.
“Dilligrout,” grugnì cupamente verso la Signora Grassa, e s’infilarono attraverso il buco del ritratto nella Sala Comune.
Nessuno dei due citò più Ginny o Hermione. Quella sera a stento si parlarono, invece, ed andarono a dormire in silenzio, ciascuno assorto nei suoi pensieri.
Harry restò sveglio a lungo, lo sguardo fisso alla stoffa del suo letto a baldacchino mentre cercava di convincersi che i suoi sentimenti verso Ginny erano solo quelli vecchi di fratellanza. Non erano vissuti come fratello e sorella per tutta l’estate, giocando a Quidditch, prendendo in giro Ron e ridendo di Bill e Flemma? Conosceva Ginny da quattro anni, ora… era naturale che si sentisse protettivo… naturale che gli fosse cara…
avrebbe voluto fare a pezzi Dean per averla baciata… no… avrebbe dovuto tenere a bada questi particolari sentimenti fraterni…
Ron eruppe un in un sonoro russare grugnante.
Lei è la sorella di Ron, si disse Harry risoluto. La sorella di Ron. Lei è fuori portata. Non avrebbe messo a rischio la sua amicizia con Ron per nulla al mondo. Diede un pugno al cuscino per renderlo più comodo ed aspettò che gli venisse sonno, cercando con tutte le sue forze di evitare che i suoi pensieri si dirigessero in alcun modo verso Ginny. Harry si svegliò, il mattino successivo, sentendosi leggermente intontito e confuso da una serie di sogni nei quali Ron lo picchiava con una mazza da Battitore ma, prima di mezzogiorno, si trovò ad aver felicemente sostituito il Ron del sogno con quello reale che, non solo guardava con disprezzo Dean e Ginny, ma trattava una risentita e sconcertata Hermione con una glaciale e beffarda indifferenza. C’era di più, sembrava che nella notte Ron fosse diventato tanto permaloso ed aggressivo quanto un tipico Schiopodo Sparacoda. Harry passò l’intera giornata cercando di istillare pace fra Ron ed Hermione, senza alcun risultato. Alla fine, Hermione se ne andò a letto completamente indignata e Ron si ritirò impettito nel dormitorio dei ragazzi dopo aver imprecato irosamente contro degli spaventatissimi ragazzini del primo anno colpevoli di averlo guardato. Con grande sgomento di Harry, la recente aggressività di Ron non si logorò nei giorni successivi. Ancora peggio, essa coincise con un ulteriore peggioramento nelle sue prestazioni come Portiere, cosa che lo fece diventare ancora più aggressivo tanto che, nell’allenamento finale di Quidditch prima della partita di Sabato, lui lasciò passare ogni singolo tiro scagliatogli contro dai Cacciatori e, comunque, urlò contro tutti con tanto astio da ridurre Demelza Robins in lacrime.
“Stai zitto e lasciala in pace!” gli urlò Peakes, che era alto circa i due terzi di Ron, ma chiaramente era armato della pesante mazza.
“BASTA!” ringhiò Harry, che aveva notato Ginny lanciare un’occhiataccia in direzione di Ron e ne ricordava la reputazione di essere molto abile nello scagliare la Fattura Orcovolante. Harry accelerò per intervenire prima che le cose gli sfuggissero di mano.
“Peakes, vai a mettere a posto i Bolidi. Demelza, tirati su, hai giocato veramente bene, oggi, Ron…” aspettò che il resto della squadra si fosse allontanato abbastanza prima di continuare, “sei il mio migliore amico, ma se continui a litigare con gli altri in questo modo, ti caccio dalla squadra immediatamente.”
Per un attimo fu convinto che Ron potesse picchiarlo, ma accadde qualcosa di ancora peggiore: Ron sembrò accasciarsi sulla sua scopa; tutta la sua combattività si dileguò
mentre dichiarava, “Mi dimetto. Sono una schiappa.”
“Non sei una schiappa e non accetto le dimissioni!” gli rispose Harry ferocemente, afferrando Ron per il bavero della veste. “Puoi parare tutto quando sei in forma, è un problema mentale quello che hai!”
“Stai dicendo che sono pazzo?”
“Già, potrebbe anche essere!”
Si fissarono l’un l’altro per qualche attimo, poi Ron scosse stancamente la testa.
“So che non hai più tempo per trovare un altro portiere, così giocherò domani, ma se perdiamo, e così sarà, me ne andrò dalla squadra.”
Nulla di ciò che disse Harry riuscì a fargli cambiare idea. Tentò di sollevare la fiducia di Ron durante tutta la cena, ma Ron era troppo impegnato ad essere irritato e scontroso con Hermione per notarlo. Harry insistette ancora in Sala Comune, quella sera, ma la sua affermazione che tutta la squadra sarebbe stata sconvolta se Ron avesse lasciato fu annullata dal fatto che il resto della squadra si era riunita nell’angolo opposto e, chiaramente, borbottava e lanciava verso Ron occhiate malevole. Alla fine, Harry tentò di nuovo assumendo un atteggiamento arrabbiato, sperando di indurre Ron ad una reazione di sfida, nella speranza che lo aiutasse a parare i tiri, ma anche questa strategia non sembrò funzionare meglio degli incoraggiamenti. Ron andò a letto demoralizzato e disperato come sempre.
Harry rimase sveglio per lungo tempo nell’oscurità. Non voleva perdere l’imminente partita. Non solo era la sua prima partita da Capitano, ma era più che risoluto a battere Draco Malfoy a Quidditch considerato che non riusciva a provare i sospetti che aveva su di lui. Se Ron avesse giocato come aveva fatto negli ultimi due allenamenti, però, le loro possibilità di vittoria erano tremendamente scarse…
Se solo ci fosse stato qualcosa che avesse permesso a Ron di tirarsi su… di farlo giocare al massimo della forma… qualcosa che avesse assicurato a Ron una giornata veramente fortunata…
Ed Harry trovò la risposta di colpo, un improvviso, magnifico, lampo di genio. La colazione fu la solita faccenda irritante, la mattina successiva. I Serpeverde fischiarono e protestarono sonoramente all’ingresso in Sala Grande di ciascun membro della squadra di Grifondoro. Harry alzò lo sguardo al soffitto e vide un limpido cielo azzurro: un buon segno.
Il tavolo dei Grifondoro, una massa compatta di rosso e oro, acclamò all’avvicinarsi di Harry e Ron. Harry sorrise e salutò con la mano. Ron stiracchiò un debole sorriso e scosse la testa.
“Coraggio, Ron!” Incitò Lavanda. “Lo so che sarai bravissimo!”
Ron la ignorò.
“The?” Gli chiese Harry, “Caffè? Succo di Zucca?”
“Niente,” rispose Ron depresso, addentando di malumore un pezzettino di toast. Pochi minuti dopo giunse Hermione, che era così stanca dei recenti comportamenti sgradevoli di Ron, da non scendere più a colazione con loro, fermandosi lungo il tavolo alla loro altezza.
“Come vi sentite voi due?” Chiese a titolo di tentativo, gli occhi fissi sulla nuca di Ron.
“Bene,” rispose Harry, che era concentrato nel preparare un bicchiere di succo di zucca per Ron. “Ecco, Ron. Bevi.”
Ron aveva appena avvicinato il bicchiere alle labbra, che Hermione intimò con urgenza.
“Non berla, Ron!”
Harry e Ron si voltarono insieme a guardarla.
“Perché no?” Chiese Ron.
Ora Hermione fissava Harry come se non potesse credere ai suoi occhi.
“Ci hai messo qualcosa, in quella bevanda.”
“Scusa?” Reagì Harry.
“Mi hai sentita. Ti ho visto. Hai appena versato qualcosa nella bevanda di Ron. Avevi una bottiglietta in mano, poco fa!”
“Non capisco di cosa tu stia parlando,” rispose Harry, spingendo la bottiglietta sul fondo della tasca.
“Ron, ti avverto, non berla!” Intimò di nuovo Hermione, allarmata, ma Ron sollevò il bicchiere, lo svuotò in un sorso ed esclamò, “Smettila di tiranneggiare su di me, Hermione.”
Lei sembrava scandalizzata. Abbassandosi in modo che solo Harry potesse sentirla sibilò,
“Potresti essere espulso per questo. Non avrei mai creduto che tu potessi fare questo, Harry!”
“Senti chi parla,” gli sussurrò lui di rimando. “Hai Confuso qualcun altro ultimamente?”
Lei s’allontanò da loro come una furia procedendo lungo il tavolo. Harry la vide allontanarsi senza provare alcun dispiacere. Hermione non aveva mai compreso quanto il Quidditch fosse un affare serio. Si voltò a guardare Ron che stava facendo schioccare le labbra.
“Si avvicina l’ora,” disse Harry allegramente.
Il prato gelato scricchiolava sotto le loro scarpe mentre procedevano veloci verso lo stadio.
“Siamo abbastanza fortunati ad avere un tempo così buono, eh?” Chiese Harry a Ron.
“Già,” rispose Ron che sembrava pallido e malaticcio.
Ginny e Demelza avevano già indossato la loro divisa da Quidditch ed aspettavano nello spogliatoio.
“Le condizioni sembrano ideali,” osservò Ginny, ignorando Ron. “Prova a indovinare? Il Cacciatore dei Serpeverde, Vaisey… ha preso un Bolide in testa ieri durante il loro allenamento, e gli fa troppo male per poter giocare! E ancora meglio di questo… anche Malfoy è malato!”
“Cosa?” Esclamò Harry ruotandosi di scatto per guardarla. “È malato? Cos’ha che non va?”
“Non ne ho idea, ma per noi è il massimo,” disse Ginny radiosa. “Faranno giocare Harper al suo posto. È nel mio anno ed è un idiota.”
Harry le rispose sorridendo vagamente ma, mentre indossava la sua divisa scarlatta, la mente era molto distante dal Quidditch. Già una volta Malfoy aveva fatto finta di non poter giocare a causa di una ferita, ma in quella occasione si era assicurato che l’intera partita fosse rimandata fino al momento in cui lui fosse in condizioni di potersi riunire alla squadra dei Serpeverde. Perché ora era così pronto a consentire di far giocare un sostituto? Era veramente ammalato o simulava?
“Strano, no?” Disse sottovoce a Ron. “Il fatto che non giochi Malfoy?”
“Fortuna, la chiamerei,” disse Ron, sembrando un pizzico più vivace. “Anche Vaisey fuori, è il loro miglior tiratore, non ci avrei mai creduto… Ehi!” Esclamò all’improvviso bloccandosi nell’atto di infilarsi uno dei guanti da Portiere fissando Harry.
“Che c’è?”
“Io… tu…” balbettò Ron come se avesse perso la voce, sembrando insieme spaventato ed eccitato. “La mia bevanda… il mio succo di zucca… non è che…?”
Harry sollevò le sopracciglia e non disse nulla eccetto, “Cominciamo tra cinque minuti, faresti meglio a spicciarti con quelle scarpe.”
Uscirono sul campo dirigendosi verso le tumultuose grida ed i fischi. Un’estremità dello stadio era una massa solida di rosso e oro, l’altra un mare di verde e argento. Anche molti Tassorosso e Corvonero s’erano schierati. Nel mezzo di quelle urla ed applausi, Harry poteva distinguere chiaramente il ruggito del famoso cappello a testa di leone di Luna Lovegood.
Harry fece qualche passo verso Madama Bumb, l’arbitro, che aspettava pronta a lasciar uscire le palle dalla cassa.
“I Capitani si stringano la mano,” disse lei, e ad Harry fu schiacciata la mano dal nuovo capitano dei Serpeverde, Urquhart. “Sulle scope. Al mio fischio… tre… due… uno…”
Al fischio, Harry e i compagni lasciarono di scatto il suolo gelato e partirono. Harry volò in alto lungo il perimetro del campo, cercando il Boccino e tenendo d’occhio Harper, che procedeva a zigzag lontano da lui. Poi s’inserì una voce molto più stridula e differente da quella del solito commentatore.
“Bene, eccoci, e credo che siamo tutti sorpresi dalla squadra che Potter ha messo insieme quest’anno. Molti credevano che, dopo l’incostante prestazione di Ronald Weasley come portiere lo scorso anno, potesse essere stato escluso dalla squadra, ma evidentemente la stretta amicizia personale con il Capitano può aiutare…”
Queste parole furono accolte con beffe ed applausi dall’estremità Serpeverde del campo. Harry fece ruotare di scatto la scopa per guardare il podio del commentatore. Era occupato da un ragazzo magro alto, biondo e con il naso all’in su che parlava nel megafono magico in precedenza appannaggio di Lee Jordan. Harry riconobbe Zacharias Smith, un giocatore di Tassorosso che lui detestava di cuore.
“Oh, ed ecco il primo tentativo di goal da parte dei Serpeverde, è Urquhart che sfreccia per i campo e…”
Lo stomaco di Harry si attorcigliò.
“… parata di Weasley, bene, si è deciso ad essere un po’ fortunato, qualche volta, credo…”
“Hai ragione, Smith, lo è,” mormorò Harry, sogghignando a se stesso mentre si infilava tra i Cacciatori con gli occhi attenti a cogliere un qualunque segno dell’elusivo Boccino. Dopo un quarto d’ora di gioco, Grifondoro vinceva sessanta a zero e Ron aveva effettuato alcuni salvataggi veramente spettacolari, alcuni dei quali proprio con la punta delle dita, e Ginny aveva segnato quattro delle sei reti dei Grifondoro. Questo aveva posto fine a tutte le congetture di Zacharias sulla presenza in squadra dei due Weasley solo perché
preferiti da Harry, iniziando invece con Peakes e Coote.
“Naturalmente, Coote non è della statura usuale per un Battitore,” disse Zacharias altezzosamente, “che in genere sono un po’ più muscolosi…”
“Spediscigli un bolide!” Gridò Harry verso Coote sfrecciandogli vicino, ma Coote, sogghignando sonoramente, decise invece di spedire il Bolide successivo verso Harper che stava giusto incrociando Harry dalla direzione opposta. Ad Harry fece piacere sentire il tump soffocato che indicava che il Bolide aveva raggiunto il bersaglio. Sembrava che i Grifondoro non potessero sbagliare. Segnarono più e più volte e, dall’altro lato del campo, Ron parava tiri con apparente facilità. In quel momento sorrideva e, quando il pubblico applaudì una parata particolarmente buona con un vivace coro della vecchia canzone Weasley è il Nostro Re, lui fece finta di dirigerlo dall’alto.
“Crede di essere speciale oggi, eh?” sibilò una voce maligna, ed Harry fu quasi scalzato dalla scopa quando Harper gli venne addosso duramente e deliberatamente. “Quel tuo amico traditore del sangue…”
Madama Bumb era voltata di spalle, e benché quelli del Grifondoro urlassero irati, nel tempo che le ci volle per voltarsi, Harper era già fuggito via. Con la schiena che gli doleva, Harry lo rincorse determinato a speronarlo a sua volta…
“Credo che Harper di Serpeverde abbia visto il Boccino!” urlò Zacharias Smith attraverso il megafono. “Sì, certamente ha visto qualcosa che Potter non ha scorto!”
Harry pensò che Smith fosse un vero idiota, non aveva visto lo scontro? Un secondo dopo, però, lo stomaco gli sembrò ritirarsi altrove nel cielo… Smith aveva ragione ed Harry torto: Harper non era fuggito in una direzione a caso. Aveva notato qualcosa che Harry aveva mancato: il Boccino fuggiva velocemente in alto, scintillando luminoso contro il limpido cielo azzurro.
Harry accelerò. Il vento gli fischiava nelle orecchie tanto da coprire il suono del commento di Smith e del pubblico, ma Harper era ancora avanti a lui, e il Grifondoro conduceva per soli cento punti. Se Harper lo avesse preso per primo Grifondoro avrebbe perso… e Harper era metri avanti a lui e già col braccio teso…
“Ehi, Harper!” Urlò Harry disperato. “Quanto ti ha pagato Malfoy per giocare al suo posto?”
Non seppe mai cosa lo avesse spinto a dire quelle parole, ma Harper ebbe un momento di indecisione. Mancò il Boccino, lasciandoselo sfuggire tra le dita e superandolo. Harry si slanciò verso la minuscola palla svolazzante e la prese.
“SI!” gridò Harry facendo un giro della morte e precipitandosi verso terra, il Boccino in alto nella mano. Appena il pubblico comprese cosa era accaduto, un urlo immane lo raggiunse fin quasi a coprire il fischio che segnalava la fine dell’incontro.
“Ginny, dove vai?” urlò Harry che si trovava stretto in un abbraccio a mezz’aria con il resto della squadra, ma Ginny volò oltre velocemente finché, con un fragore allarmante, si abbatté contro il podio del commentatore. Mentre il pubblico urlava e rideva, la squadra dei Grifondoro atterrò al lato del mucchio di frammenti di legno sotto i quali Zacharias si muoveva debolmente. Harry sentì Ginny chiedere scusa ad un’adirata Professoressa McGranitt. “Ho dimenticato di frenare, Professoressa, mi spiace.”
Ridendo, Harry si liberò del resto della squadra e abbracciò Ginny, ma la lasciò subito. Evitando il suo sguardo, si gettò sulle spalle di Ron che esultava come se, dimenticata ogni ostilità, la squadra di Grifondoro lasciasse il campo ognuno nelle braccia dell’altro, colpendo l’aria e salutando i sostenitori.
Nello spogliatoio c’era un’atmosfera di giubilo.
“Seamus ha detto che ci sarà festa in Sala Comune!” urlò Dean entusiasticamente.
“Andiamo, Ginny, Demelza!”
Ron e Harry restarono per ultimi nello spogliatoio. Stavano quasi per uscire quando entrò Hermione. Strizzava la sciarpa di Grifondoro tra le mani e sembrava sconvolta ma determinata.
“Devo parlarti, Harry.” Prese un gran respiro. “Non avresti dovuto farlo. Hai sentito Slughorn, è illegale.”
“Cosa stai cercando di fare, ribaltare il risultato?” Domandò Ron.
“Di che stai parlando?” Chiese Harry, girandosi a raccogliere i vestiti così che nessuno potesse vederlo sogghignare.
“Lo sai perfettamente di cosa sto parlando!” Urlò Hermione stridula. “Hai aggiunto quella pozione della fortuna al succo di Ron durante la colazione! Felix Felicis!”
“No, non è vero,” disse Harry, girandosi a guardali entrambi.
“Sì che l’hai fatto, Harry, e per questo tutto è andato per il verso giusto, con giocatori di Serpeverde mancanti e Ron che ha parato tutto!”
“Non ce l’ho messa!” Disse Harry, sogghignando apertamente. Infilò la mano nella tasca della giubba e tirò fuori la bottiglietta che Hermione gli aveva visto in mano quella mattina. Era piena fino all’orlo della pozione dorata ed il tappo era ancora saldamente fissato con la ceralacca. “Volevo che Ron credesse che l’avessi fatto, così ho fatto finta quando sapevo che tu stavi guardando.” Fissò Ron. “Hai salvato tutto perché ti sentivi fortunato. Invece hai fatto tutto da solo.”
Infilò di nuovo la pozione in tasca.
“Veramente non hai messo nulla nel mio succo di zucca?” Chiese Ron sbalordito. “Ma il bel tempo… e Vaisey che non poteva giocare… Veramente non mi hai dato la pozione della fortuna?”
Harry scosse la testa. Ron lo guardò un attimo a bocca aperta, poi si girò verso Hermione imitandone la voce.
“Hai messo la Felix Felicis nel succo di Ron stamattina, per questo ha parato tutto!
Guarda! Posso fare parate anche senza aiuto, Hermione!”
“Non ho mai detto che non potevi… Ron, anche tu pensavi che ti fosse stata data!”
Ron l’aveva già sorpassata, però, ed era uscito con la scopa in spalla.
“Ehm,” sussurrò Harry nell’immediato silenzio. Non si era aspettato che il suo piano gli si ritorcesse contro in questo modo, “possiamo… possiamo andare alla festa, allora?”
“Tu vai!” Disse Hermione, ricacciando indietro le lacrime. “Ho la nausea di Ron in questo momento, non so cosa credevo di fare…”
Fuggì via dallo spogliatoio anche lei.
Harry attraversò i prati lentamente, tornando verso il castello in mezzo al pubblico, con molti di loro che gli urlavano le congratulazioni, ma lui sentiva una grande delusione. Era così sicuro che, se Ron avesse vinto la partita, lui ed Hermione sarebbero tornati ad essere subito amici come prima. Non vedeva alcun modo per spiegare ad Hermione che, ciò che Ron riteneva un’offesa, era il fatto che lei avesse baciato Victor Krum, non quando il fatto era accaduto da tanto tempo.
Harry non riuscì a vedere Hermione alla festa per la vittoria dei Grifondoro, che era in pieno svolgimento quando arrivò. Acclamazioni ed applausi ripresero vigore al suo apparire e fu presto circondato da una folla di persone che si congratulavano con lui. Tra il cercare di togliersi di torno i fratelli Canon, che volevano un’analisi dettagliata della partita azione per azione, ed il vasto gruppo di ragazze che lo circondava ridendo anche per le sue battute più stupide e sbattendo le palpebre, passò un po’ di tempo prima che potesse ritrovare Ron. Alla fine riuscì a districarsi dall’insistenza di Romilda Vane, che lasciava intendere chiaramente quanto le sarebbe piaciuto andare con lui alla festa di Natale di Slughorn. Mentre si faceva largo verso il tavolo delle bevande, incontrò Ginny con lo Sbuffo Pigmeo Arnold sulla spalla e Grattastinchi che le miagolava speranzoso alle calcagna.
“Stai cercando Ron?” Chiese lei compiaciuta. “È là dietro, lo sporco ipocrita.”
Harry guardò nell’angolo che lei stava indicando. In piena vista di tutta la sala, c’era Ron avvinghiato così strettamente a Lavanda Brown che era difficile distinguere di chi fossero le mani.
“Sembra che le stia mangiando il viso, vero?” Disse Ginny distaccata. “Ma credo che dovrebbe raffinare la tecnica in qualche modo. Bella partita, Harry.”
Gli diede dei colpetti sul braccio. Harry ebbe una sensazione di vuoto allo stomaco, ma lei subito si allontanò per servirsi un’altra Burrobirra. Grattastinchi le trotterellò dietro, gli occhi gialli fissi su Arnold.
Harry voltò le spalle a Ron, che non sembrava voler smettere in tempi brevi, giusto in tempo per vedere il buco del ritratto che si chiudeva. Con apprensione, pensò di aver visto una massa di crespi capelli castani uscire ondeggiando.
Si lanciò avanti, scansò Romilda Vane ancora una volta, e spinse il ritratto della Signora Grassa. Il corridoio all’esterno sembrava deserto.
“Hermione?”
La trovò nella prima aula non chiusa a chiave. Sedeva alla cattedra, da sola eccetto un piccolo anello di cinguettanti uccellini gialli che le circondava il capo, uccelli che lei doveva aver fatto comparire dal nulla giusto in quel momento. Per Harry non era di alcun conforto ammirare la realizzazione dell’incantesimo in quel momento.
“Oh, ciao, Harry,” disse lei con voce fragile. “Stavo solo facendo pratica.”
“Sì….sono…ehm… è veramente buono…” Rispose Harry.
Non aveva idea di cosa dirle. Si chiedeva se ci fosse qualche possibilità che lei non avesse notato Ron, che avesse solo lasciato la sala perché la festa era diventata troppo scalmanata, quando lei osservò, con un’inconsueta voce troppo acuta, “Sembra che a Ron piacciano i festeggiamenti.”
“Ehm… davvero?” Tentennò Harry.
“Non dirmi che non l’hai visto,” sbottò Hermione. “Non è che si stesse nascondendo, era…?”
La porta alle loro spalle si aprì. Con orrore di Harry, entrò Ron, ridendo e tenendo Lavanda per mano.
“Oh,” disse, irrigidendosi immediatamente alla vista di Harry ed Hermione.
“Ops!” Esclamò Lavanda, e tornò fuori dall’aula, ridacchiando. La porta si chiuse dietro di lei.
Ci fu un attimo di orribile, crescente, ondeggiante silenzio. Hermione fissava Ron, che evitava di guardarla, ma disse con una strana mescolanza di spacconeria e goffaggine,
“Ciao, Harry! Mi chiedevo dove fossi andato!”
Hermione sfilò via dalla cattedra. Il piccolo stormo di uccellini dorati continuò a volarle intorno alla testa tanto da farla sembrare uno strano modellino piumato del sistema solare.
“Non dovresti lasciare Lavanda ad aspettare fuori,” disse con calma. “Si chiederà tu dove sia andato.”
Camminò molto lentamente e dignitosamente verso la porta. Harry lanciò uno sguardo verso Ron, che sembrava sollevato che non fosse accaduto nulla di grave.
“Oppugno!” giunse un grido dalla soglia.
Harry si voltò di scatto e vide Hermione con la bacchetta puntata su Ron, l’espressione selvaggia. Il piccolo stormo di uccellini sfrecciava, come una rosa di proiettili dorati, verso Ron che guaì e si coprì il volto con le mani, ma gli uccelli attaccarono, beccando e graffiando ogni brandello di pelle che riuscivano a raggiungere.
“Falli ’dare ’ia!” Urlò lui, ma con un ultimo sguardo di furia vendicativa, Hermione aprì la porta e corse via. Ad Harry sembrò di udire un singhiozzo prima che la porta sbattesse.
CAPITOLO QUINDICI
IL VOTO INFRANGIBILE
La neve turbinava di nuovo contro le finestre ghiacciate; il Natale si stava avvicinando a grandi passi. Hagrid aveva già portato i soliti dodici alberi di Natale per la Sala Grande; ghirlande di nastri e agrifoglio erano intrecciate sulle ringhiere delle scale; candele eterne brillavano dall’interno degli elmi delle armature e grandi ramoscelli di vischio erano stati appesi ad intervalli regolari lungo il corridoio. Grossi gruppi di ragazze tendevano a convergere sotto i ramoscelli di vischio ogni volta che Harry passava, e questo causava degli ingorghi nei corridoi; fortunatamente, però, le lunghe uscite notturne di Harry gli avevano donato una conoscenza straordinariamente buona dei passaggi segreti del castello, e così spesso, senza troppe difficoltà, riusciva a percorrere rotte libere da vischio quando doveva spostarsi da una classe all’altra.
Ron, a cui un tempo la necessità di queste deviazioni avrebbe provocato gelosia, piuttosto che ilarità, adesso semplicemente se la rideva alla grande. Sebbene Harry certamente preferisse questo nuovo Ron, allegro e scherzoso, al tipo aggressivo e scontroso che aveva dovuto sopportare nelle passate settimane, il miglioramento di Ron aveva un prezzo pesante. Per prima cosa, Harry doveva sbrigarsela con la presenza continua di Lavanda Brown, che sembrava considerare ogni momento che non baciava Ron come un momento perso; in più, Harry si ritrovava di nuovo ed essere il migliore amico di due persone che sembrava improbabile si potessero addirittura mai più parlare.
Ron, che ancora portava sulle mani e gli avambracci i segni dell’attacco degli uccelli di Hermione, teneva un atteggiamento difensivo e risentito.
"Non si può lamentare," disse a Harry. " E’ lei che pomiciava con Krum. E così adesso ha capito che c’è qualcuno che vuole pomiciare con me, invece. Siamo in un paese libero. Non ho fatto niente di male."
Harry non rispose, facendo finta di essere preso da un libro (‘Alla ricerca della Quintessenza’) che avrebbero dovuto leggere prima della lezione di Incantesimi del mattino seguente. Visto che voleva rimanere amico sia di Ron che di Hermione, passava un sacco di tempo con la bocca ben chiusa.
"Non le ho mai promesso niente," borbottò Ron. "Voglio dire, OK, stavo per andare con lei alla festa di Natale di Slughorn, ma non ho mai detto... solo come amici... Io sono uno spirito libero..."
Harry girò una pagina di ‘Quintessenza’, consapevole che Ron lo stava guardando. La voce di Ron si trasformò in un brontolio indistinto, a malapena percepibile sopra il sonoro scoppiettio del fuoco, ma Harry comunque colse di nuovo le parole "Krum" e "Non si può lamentare".
Gli impegni di Hermione erano così intensi che Harry poteva parlarle solo la sera, mentre Ron era, in ogni caso, così strettamente intrecciato con Lavanda da non badare a quello che faceva Harry. Hermione si rifiutava di rimanere nella stanza comune quando c’era anche Ron, cosicché Harry normalmente la raggiungeva in biblioteca, il che voleva dire che la loro conversazione si svolgeva sottovoce.
"Lui è perfettamente libero di baciare chi vuole," disse Hermione, mentre la bibliotecaria, la Signora Pince, andava avanti e indietro per gli scaffali dietro di loro. "Non me ne può
fregare di meno."
E così dicendo, alzò la penna d’oca e mise il puntino su una ‘i’ con tanta rabbia da fare un buco nella sua pergamena. Harry non disse niente. Forse avrebbe perso per sempre la voce, per mancanza di uso. Harry si abbassò leggermente sul libro di Pozioni Avanzate e continuò a prendere appunti sull’Elisir Eterno, fermandosi di tanto in tanto a decifrare le utili note del Principe a margine del testo di Libatius Borage.
"E, a proposito," disse Hermione dopo un po’, "devi stare attento."
"Te lo ripeto per l’ultima volta," disse Harry, con una voce leggermente rauca, dopo tre quarti d’ora di silenzio, "non ho nessuna intenzione di restituire questo libro. Ho imparato più cose dal Principe Mezzosangue di quelle che Piton o Slughorn mi hanno insegnato in - "
"Non sto parlando del tuo stupido cosiddetto Principe," disse Hermione, guardando male il libro come se l’avesse offesa. "Sto parlando di prima. Sono andata al bagno delle ragazze un attimo prima di venire qui, e una dozzina di ragazze, compresa Romilda Vane, stavano discutendo su come farti bere un filtro d’amore. Sperano tutte di convincerti di portarle alla festa di Slughorn, e pare che tutte abbiano comprato i filtri di Fred e George. E ho paura che funzionino davvero -"
"Allora perché non glieli avete confiscati?" chiese Harry. Gli sembrava inconcepibile che la straordinaria mania di Hermione per il rispetto delle regole l’avesse abbandonata proprio in quel momento cruciale.
"Non avevano i filtri nel bagno con loro," disse sprezzantemente Hermione, "Stavano solo discutendo le tattiche. E dubito che il Principe Mezzosangue", diede al libro un altro sguardo sprezzante "possa essersi inventato un antidoto per una dozzina di filtri d’amore contemporaneamente. Fossi in te, io inviterei qualcuna a venire con te, così le altre smetteranno di pensare che hanno ancora qualche possibilità. La festa è domani, ormai sono disperate."
"Non c’è nessuno che mi piacerebbe invitare," borbottò Harry, che cercava ancora più che poteva di non pensare a Ginny, nonostante il fatto che lei continuava a popolare i suoi sogni in una maniera che lo rendeva estremamente grato del fatto che Ron non era capace di fare la Legilimanzia.
"Bene, allora stai attento a quello che bevi, perché Romilda Vane sembra sapere quello che fa." disse con cattiveria Hermione.
Srotolò un po’ la lunga pergamena su cui stava facendo il saggio di Aritmanzia e continuò a scrivere con la penna d’oca. Harry la guardò, con la mente molto distante.
"Aspetta un momento," disse lentamente. "Pensavo che Gazza avesse proibito qualsiasi oggetto comprato da ‘Tiri Vispi Weasley’!"
"E quando mai qualcuno si è preoccupato dei divieti di Gazza?" chiese Hermione, ancora concentrata sul suo saggio.
"Ma pensavo che tutti i gufi fossero perquisiti. Com’è possibile che queste ragazze riescano ad introdurre filtri d’amore qui nella scuola?"
"Fred e George glieli mandano facendoli passare per profumi o pozioni per la tosse," disse Hermione. "Fa parte del loro servizio di Ordini via Gufo."
"Mi sembri abbastanza esperta."
Hermione lo guardò male, come aveva fatto con la sua copia di Pozioni Avanzate.
"Era tutto scritto sul retro delle bottiglie che ci hanno mostrato, a me e Ginny, quest’estate," disse freddamente, "Io non vado in giro a mettere filtri nei bicchieri della gente... o a fare finta di averlo fatto, che è altrettanto ignobile..."
"OK, OK, basta così," disse rapidamente Harry. "La questione è, Gazza si sta facendo fregare, non è così? Queste ragazze stanno facendo entrare delle cose nella scuola facendole passare per qualcos’altro! E allora perché Malfoy non avrebbe potuto introdurre la collana nella scuola --?"
"Oh, Harry... basta..."
"Andiamo, perché no?" domandò Harry.
"Allora," sospirò Hermione, "i Sensori di Segretezza individuano fatture, maledizioni e incantesimi di invisibilità, non è così? Vengono usati per individuate magie e oggetti oscuri. Avrebbero sicuramente rilevato una maledizione potente come quella nella collana in meno di un secondo. Ma qualcosa messo nella bottiglia sbagliata non darebbe segnale - e poi i filtri d’amore non sono oscuri o pericolosi - "
"Facile a dirsi, per te," borbottò Harry, pensando a Romilda Vane.
"-e così toccherebbe a Gazza stabilire che non è una pozione per la tosse, e lui non è un buon mago, dubito che saprebbe distinguere una pozione dall’-"
Hermione si fermò di botto; anche Harry l’aveva sentito. Qualcuno si era mosso dietro di loro, nell’oscurità degli scaffali. Aspettarono, e un attimo dopo la faccia d’avvoltoio della Signora Pince apparve dietro l’angolo, con le sue guance scavate, la pelle come pergamena, il lungo naso adunco illuminato impietosamente dalla lampada che portava.
"La biblioteca sta chiudendo." disse, "Vi dispiace riportare tutto quello che avevate in consultazione nel relativo - Cosa hai fatto a quel libo, mascalzone?"
"Non è della biblioteca, è mio!" disse in fretta Harry, cercando di togliere rapidamente dal tavolo la sua copia di Pozioni Avanzate mentre la Signora Pince si avventava su di essa con la sua mano ad artiglio.
" Rovinato!" sibilò. "Profanato, insozzato!"
"E’ solo un libro con qualche appunto!" disse Harry, strappandoglielo dalle mani. Alla Signora Pince, sembrava dovesse venire un infarto da un momento all’altro; Hermione, che aveva rapidamente raccolto tutte le sue cose, prese Harry per un braccio e lo trascinò via.
"Ti proibirà l’accesso alla biblioteca se non stai attento. Dovevi proprio portarti dietro quello stupido libro?"
"Non è colpa mia se è rimbambita, Hermione. O pensi che ti abbia sentito mentre parlavi male di Gazza? Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa tra quei due..."
"Oh, ha ha.."
Contenti del fatto che potevano parlare di nuovo normalmente, si avviarono verso la sala comune lungo il corridoio deserto illuminato dalle lampade, discutendo se Gazza e la Signora Pince fossero o meno segretamente innamorati.
"Patacca" disse Harry alla Signora Grassa. Era la nuova parola d’ordine dei giorni festivi.
"Sarai tu," disse la Signora Grassa con un sorriso malizioso, e si spostò in avanti per farli passare.
"Ciao, Harry!" disse Romilda Vane, appena passarono attraverso il ritratto. "Ti va un’acquaviola?"
Hermione da sopra la spalla gli diede uno sguardo del tipo "cosa-ti-avevo-detto?"
"No grazie," disse rapidamente Harry. "Non mi piace molto."
"Allora prendi questi," disse Romilda, mettendogli in mano una scatola. "Sono Calderoni di cioccolata, al Whiskey Incendiario. Me li ha mandati mia nonna, ma a me non piacciono."
"Oh-va bene --grazie." Disse Harry, che non sapeva cos’altro dire. " Ehm - Stavo giusto andando con ..."
Si allontanò di corsa dietro Hermione, facendo sfumare la voce dietro di lui.
"Te l’ho detto," disse sbrigativamente Hermione," Prima inviti qualcuno, prima ti lasceranno in pace, e potrai --"
Impallidì improvvisamente; aveva appena visto Ron e Lavanda, intrecciati sul divano.
"Allora, Buona Notte, Harry" disse Hermione, anche se erano solo le sette di sera, e se ne andò verso le stanze delle ragazze senza dire una parola.
Harry andò a letto cercando di consolarsi col fatto che avrebbero dovuto lottare solamente con un altro giorno di lezioni, più la festa di Slughorn, dopo di che lui e Ron sarebbero partiti insieme per la Tana. Adesso sembrava impossibile che Ron e Hermione potessero far pace prima dell’inizio delle vacanze, ma magari, in qualche modo, questa pausa poteva dar loro il modo di calmarsi e riconsiderare il loro comportamento... Ma non aveva molte speranze, e quelle che aveva diminuirono ancora dopo aver dovuto affrontare con loro una lezione di Trasfigurazione, il giorno dopo. Avevano appena iniziato l’argomento enormemente difficile della trasfigurazione umana; lavorando di fronte a uno specchio, sarebbero dovuti riuscire a cambiare il colore delle loro sopracciglia. Hermione rise malignamente al primo disastroso tentativo di Ron, che in qualche modo riuscì a farsi crescere un paio di spettacolari baffi a manubrio; Ron si vendicò con una crudele ma precisa imitazione di Hermione mentre saltava su e giù nella sedia ogni volta che la Professoressa McGranitt faceva una domanda, imitazione che Lavanda e Calì trovarono molto divertente, e portò nuovamente quasi alle lacrime Hermione. Al suono della campanella corse fuori dalla classe, lasciandosi indietro metà delle sue cose; Harry decise che Hermione aveva più bisogno di lui che Ron, raccolse quello che lei aveva lasciato e la seguì.
La raggiunse finalmente mentre riemergeva dal bagno delle ragazze al piano di sotto. Era accompagnata da Luna Lovegood, che le dava dei leggeri colpetti sulle spalle.
"Oh, ciao, Harry," disse Luna. "Lo sai che una delle tue sopracciglia è color giallo brillante?"
"Ciao, Luna. Hermione, hai lasciato le tue cose..."
Le porse i libri.
"Oh, si," disse Hermione con la voce strozzata, prendendo le sue cose e girandosi rapidamente per nascondere il fatto che si stava asciugando le lacrime con il portamatite. "Grazie, Harry. OK, è meglio che vada..." E se ne andò in fretta, senza dare il tempo a Harry di dirle nessuna parola di conforto, per quanto in effetti non gliene veniva in mente nessuna.
"E’ un po’ sconvolta," disse Luna. "All’inizio pensavo che in bagno ci fosse Mirtilla Malcontenta, invece era Hermione. Stava dicendo qualcosa su Ron Weasley..."
"Si, hanno avuto una discussione," disse Harry.
"Ron qualche volta sa essere divertente, non è vero?" disse Luna mentre si avviavano insieme per il corridoio. "Ma può essere anche un po’ sgarbato. Me ne sono accorta l’altr’anno."
"Penso di si," disse Harry. Luna stava dimostrando la sua solita attitudine ad enunciare verità spiacevoli; non aveva mai incontrato una come lei. "Allora, come è andato il semestre? "
"Oh, a posto," disse Luna. "Un po’ sola senza l’Esercito di Silente. Ginny è stata gentile, però. L’altro giorno ha fatto smettere due ragazzi che mi chiamavano ‘Lunatica’ durante la lezione di Trasfigurazione --"
"Che ne diresti di venire con me alla festa di Slughorn, questa sera?" Le parole uscirono dalla bocca di Harry prima che le potesse fermare: le udì come se fosse un altro a parlare.
Luna girò verso di lui i suoi occhi sporgenti, sorpresa.
"La festa di Slughorn? Con te?"
"Si," disse Harry, "Possiamo portare degli amici, così ho pensato che ti poteva far piacere... Voglio dire.... " Voleva che le sue intenzioni fossero perfettamente chiare. Voglio dire, solo come amici, così. Ma se non vuoi..."
Stava già quasi sperando che lei gli dicesse di no.
"Oh no, voglio venire con te, come amica!" disse Luna, raggiante come non l’aveva mai vista prima. "Nessuno mi ha mai invitato ad una festa, come amica! E’ per questo che ti sei tinto il sopracciglio? Devo tingermi anche il mio?"
"No" disse fermamente Harry, "Questo è stato un errore. Hermione me lo rimetterà a posto. Allora, ci vediamo all’ingresso alle otto."
"AHA!" gridò una voce dall’alto, e entrambi fecero un salto; senza badarci, erano passati proprio sotto Pix, che stava appeso a testa in giù da un lampadario e sorrideva maliziosamente.
"Potty ha invitato Lunatica alla festa! Potty è innaromato di Lunatica! Potty è
innaaaaaaaamorato di Lunatica!"
E schizzò via chiocciando e strillando, "Potty ama Lunatica!"
"E’ bello che queste cose rimangano così, private," disse Harry. E neanche a dirlo, in un attimo tutta la scuola seppe che Harry Potter sarebbe andato alla festa di Slughorn con Luna Lovegood.
"Potevi portare chiunque!" disse incredulo Ron a cena. "Chiunque! E hai scelto Lunatica Lovegood?"
"Non chiamarla così, Ron!" scattò Ginny, fermandosi dietro a Harry mentre andava dai suoi amici. "Sono contento che tu l’abbia invitata, Harry, è così eccitata." E andò a sedersi in fondo al tavolo con Dean. Harry cercò di essere contento che Ginny fosse contenta che avesse invitato Luna alla festa, ma non ci riuscì molto bene. Più
lontano Hermione stava da sola, giocherellando con lo stufato. Harry notò che Ron la guardava furtivamente.
"Potresti chiederle scusa," suggerì bruscamente Harry.
"E poi farmi attaccare da un altro stormo di canarini?" borbottò Ron.
"Ma perché l’hai presa in giro?"
"Ha riso per i miei baffi!!"
"Se per questo anch’io, è stata la cosa più stupida che abbia mai visto." Ma Ron sembrava non averlo sentito; Lavanda era appena arrivata con Calì. Strizzandosi tra Harry e Ron, Lavanda gettò le braccia al collo di Ron.
"Ciao, Harry," disse Calì, come Harry leggermente annoiata e imbarazzata per il comportamento dei loro due amici.
"Ciao," disse Harry, "Come va? Allora sei rimasta a Hogwarts? Ho sentito che i tuoi genitori volevano portarti via."
"Sono riuscita a convincerli, per adesso," disse Calì. "Quella storia di Katie li ha veramente terrorizzati, ma visto che non è successo nient’altro da allora... Oh, ciao, Hermione!"
Calì sorrise sinceramente. Harry capì che si sentiva in colpa per aver preso in giro Hermione a Transfigurazione. Si guardò intorno e vide che anche Hermione le sorrideva, se possibile anche più caldamente. Le ragazze sono strane, a volte.
"Ciao, Calì!" disse Hermione, ignorando completamente Ron e Lavanda. "Vai alla festa di Slughorn, stasera?"
"Nessuno mi ha invitato," disse tristemente Calì. "Mi piacerebbe andarci, però, dicono che sarà una vera forza... Tu ci vai, vero?"
"Si, ho appuntamento con Cormac alle otto, e -"
Si sentì un rumore come una ventosa staccata da un lavandino intasato, e Ron riemerse. Hermione fece finta di non aver visto o sentito nulla.
"-andremo alla festa insieme."
"Cormac?" disse Calì. "Cormac McLaggen, vuoi dire?"
"Esatto," disse Hermione dolcemente. "Quello che quasi - mise molta enfasi sulla parola
‘quasi’ - "è diventato il Portiere di Grifondoro."
"State insieme, allora?" disse Calì, spalancando gli occhi.
"Oh - si - non lo sapevi?" disse Harmione, con un’improbabile risatina decisamente nonHermionesca.
"No!" disse Calì, decisamente eccitata da questo pettegolezzo. "Cavolo, ti piacciono i giocatori di Quidditch, eh? Prima Krum, poi McLaggen. . ."
"Mi piacciono i bravi giocatori di Quidditch," la corresse Hermione, ancora sorridendo.
"Bhe, ciao allora... Devo andare a prepararmi per la festa..." Se ne andò. Lavanda e Calì cominciarono a chiacchierare fitto fitto su questo nuovo sviluppo, con tutto quello che avevano sentito su McLaggen, e tutto quello che avevano sempre immaginato su Hermione. Ron sembrava stranamente spento e non disse nulla. Harry fu lasciato a considerare fino a che punto possono abbassarsi le ragazze per avere la loro vendetta.
Quella sera, quando alle otto arrivò alla sala d’ingresso, notò un numero stranamente alto di ragazze in agguato, che sembravano guardarlo con risentimento mentre si avvicinava a Luna. Lei portava un luccicante completo argentato che attirava un certo numero di risatine dalle presenti, ma che comunque non le stava male. Harry fu contento, in ogni caso, che non si fosse messa gli orecchini di ravanelli, la collana di tappi di burrobirra e le sue Spettrolenti.
"Ciao," disse. "Andiamo?"
"Oh si," disse contenta. "Dov’è la festa?"
"Nell’ufficio di Slughorn," disse Harry, indirizzandola verso la scalinata di marmo, lontano dalle occhiate e dai bisbigli. "Hai sentito che stasera ci sarà anche un vampiro?"
"Rufus Scrimgeour?" chiese Luna.
"Io - cosa?" disse Harry, sconcertato. "Vuoi dire, il Ministro della Magia?"
"Si, è un vampiro," disse Luna con sicurezza. "Mio padre ha scritto un articolo lunghissimo su questo quando Scrimgeour sostituì Cornelius Caramell, ma fu costretto a non pubblicarlo da qualcuno li al Ministero. Chiaramente, non volevano che la verità
saltasse fuori!"
Harry, a cui sembrava molto improbabile che Rufus Scrimgeour fosse un vampiro, ma che era abituato al fatto che Luna ripetesse le bizzarre teorie del padre come se fossero fatti assodati, non replicò; stavano già raggiungendo l’ufficio di Slughorn e le risate, la musica e le chiacchiere rumorose diventavano più forti ad ogni passo che facevano. Che fosse stato costruito così, o perché avesse usato qualche trucco magico, l’ufficio di Slughorn era molto più spazioso degli uffici degli altri insegnanti. Il soffitto e le pareti erano stati coperte di tende color smeraldo, cremisi e oro, e così sembrava di essere all’interno di una grossa tenda. La sala era piena zeppa di gente, immersa nella luce rossa di una lampada d’oro cesellata appesa al centro del soffitto, all’interno della quale svolazzavano delle vere fate, ognuna un puntino di luce. Un canto rumoroso, accompagnato dal suono di quelli che sembravano mandolini, si levava da un angolo; una foschia di fumo di pipa era sospesa su alcuni vecchi stregoni immersi in una conversazione, e molti elfi domestici cercavano squittendo di districarsi in una foresta di ginocchia, nascosti dai pesanti vassoi d’argento che trasportavano, tanto da sembrare dei tavolini vaganti.
"Harry, ragazzo mio!" esplose Slughorn, appena Harry e Luna si fecero spazio attraverso la porta. "Vieni, vieni, voglio farti conoscere un sacco di gente!" Slughorn portava un cappello di velluto a frange che si intonava alla giacca del suo smoking. Tenendo stretto il braccio di Harry, come se sperasse di Smaterializzarsi con lui, Slughorn lo portò con decisione nel mezzo della festa. Harry afferrò la mano di Luna e la trascinò con se.
"Harry, voglio presentarti Eldred Worple, un mio vecchio studente, autore di 'Fratelli di sangue: la mia vita coi vampiri’ - e, naturalmente, il suo amico Sanguini." Worple, che era un piccolo e tozzo uomo occhialuto, afferrò la mano di Harry e la strinse entusiasticamente; il vampiro Sanguini, alto e emaciato e con delle profonde occhiaie sotto gli occhi, appena mosse il capo. Sembrava abbastanza annoiato. Vicino a lui c’era un gruppetto di ragazze che sembravano curiose e eccitate.
"Harry Potter, che piacere!" disse Worple, puntando il suo sguardo da miope dritto sulla faccia Harry. "Stavo giusto dicendo l’altro giorno al Professor Slughorn: 'Dov’è la biografia di Harry Potter che tutti stiamo aspettando?'"
"Ehm," disse Harry, "davvero?"
"Sempre modesto, proprio come ti descriveva Horace!" disse Worple. "Ma seriamente," - il suo atteggiamento cambiò, diventando improvvisamente professionale; - "Mi piacerebbe scriverla io stesso - la gente implora di sapere qualcosa di te, caro ragazzo, implora! Se tu accettassi di rilasciarmi qualche intervista, diciamo in sessioni di quattro o cinque ore, pensa, potremo finire il libro in pochi mesi. E tutto con pochissimo sforzo da parte tua, te lo assicuro - chiedi a Sanguini se non è - Sanguini, fermo li!" disse Worple, improvvisamente severo, perché il vampiro si stava avvicinando al gruppo di ragazze, con uno sguardo piuttosto affamato. "Vieni, prendi un pasticcino," disse Worple, afferrandone uno da un elfo di passaggio e infilandolo nella mano di Sanguini prima di rivolgere nuovamente la sua attenzione a Herry. "Mio caro ragazzo, non sai quanti soldi potresti ricavarci -"
"No, guardi, non mi interessa," disse con fermezza Harry, "mi scusi, ho appena visto una mia amica, mi dispiace." Tirò dietro di se Luna in mezzo alla folla; aveva appena visto scomparire una criniera di capelli castani dietro quelle che sembravano due delle Sorelle Stravagarie.
"Hermione! Hermione !"
"Harry! Eccoti qua, grazie al cielo! Ciao, Luna !"
"Che ti è successo?" chiese Harry, perché Hermione sembrava decisamente scombussolata, come se fosse appena sfuggita a una foresta di Tranelli del Diavolo.
"Oh, sono appena sfuggita - voglio dire, ho appena lasciato Cormac," disse. "Sotto il vischio," aggiunse come spiegazione, visto che Harry continuava a guardarla con aria interrogativa.
"Ti sta bene per averlo portato qui," le disse severamente. "Ho pensato che Ron si sarebbe infastidito di più," disse Hermione spassionatamente. "All’inizio avevo pensato a Zacharias Smith, ma ho pensato, tutto sommato -"
"Hai pensato a Smith?" disse Harry, confuso.
"Si, l’ho fatto, e sto cominciando a desiderare di aver scelto lui, invece. McLaggen fa sembrare Grop un gentiluomo. Andiamo da questa parte, dovremmo riuscire a vederlo arrivare, è così alto. . ." Tutti e tre si aprirono la strada verso l’altro lato della stanza, raccogliendo boccali di idromele lungo il cammino, e realizzarono troppo tardi che la Professoressa Cooman era li in piedi da sola.
"Salve," disse cortesemente Luna alla Professoressa Cooman.
"Buona sera, mia cara," disse la Professoressa Cooman, mettendo a fuoco Luna con una certa difficoltà. "E’ un pezzo che non ti vedo alle mie lezioni..."
"No, ho Fiorenzo quest’anno," disse Luna.
"Oh, naturalmente," disse la Professoressa Cooman con un una malevola risatina da ubriaca. "O il Cavallo da Soma, come mi piace definirlo. Lo avresti mai pensato, che ora che sono tornata alla scuola del Professor Silente, avrebbe potuto liberarsi di quel cavallo, no? Invece no ... ci dividiamo le lezioni. . . . Francamente è un insulto, un insulto. . . Lo sai..." La Professoressa Cooman sembrava troppo brilla per riconoscere Harry.
Protetto dalla sua critica furiosa di Fiorenzo, Harry si avvicinò a Hermione e disse,
"Parliamoci chiaro. Hai intenzione di dire a Ron che hai interferito nella selezione dei Portieri?"
Hermione sollevò le sopracciglia. "Credi davvero che potrei cadere così in basso?" Harry la guardò ammiccando. "Hermione, se puoi uscire con McLaggen -"
"Non è la stessa cosa," disse Hermione con dignità. "Non ho nessuna intenzione di dire a Ron quello che può o non può essere successo alla selezione dei Portieri."
"Bene," disse Harry con enfasi. "Perché ne uscirebbe distrutto, e perderemmo sicuramente il prossimo incontro -"
"Il Quidditch!" disse infuriata Hermione. "Possibile che ai ragazzi interessi solo quello?
Cormac non mi ha chiesto niente di me, no, mi ha servito una non-stop di 'Le cento grandi parate di Cormac McLaggen' fin da quando - oh no, eccolo che arriva!" Si mosse così velocemente che sembrava essersi Smaterializzata; un momento era qui, immediatamente dopo si era fatta strada tra due streghe sghignazzanti ed era scomparsa.
"Hai visto Hermione?" chiese McLaggen, aprendosi la strada tra la folla un minuto dopo.
"No, mi dispiace," disse Harry, e si voltò rapidamente per unirsi alla conversazione di Luna, dimenticandosi per una frazione di secondo con chi stava parlando.
"Harry Potter!" disse la Professoressa Cooman con una voce profonda e vibrante, notandolo per la prima volta.
"Oh, salve," disse Harry senza entusiasmo.
"Mio caro ragazzo!" disse con trasporto in un sussurro. "Le voci! Le storie! 'Il Prescelto'!
Naturalmente lo sapevo da tanto tempo. . . . I segni sono stati sempre infausti, Harry. . . Ma perché non sei ritornato a Divinazione? Specialmente per te, questa materia è
fondamentale!"
"Ah, Sibilla, tutti noi pensiamo che la nostra materia sia la più importante!" disse una voce robusta, e Slughorn comparve a fianco della Professoressa Cooman, con la faccia molto arrossata, il cappello di velluto un po’ storto, un bicchiere di idromele in una mano e un enorme pezzo di torta nell’altra. "Ma non credo di aver mai visto uno più portato per Pozioni!" disse Slughorn, riferendosi a Harry con uno sguardo amorevole, anche se iniettato di sangue. "Un talento naturale, vedi - come sua madre! Ho avuto pochissimi studenti con questo tipo di abilità, fattelo dire, Sibilla - persino Severus -" Con orrore Harry vide Slughorn allungare un braccio e come materializzare dal nulla Piton in mezzo a loro. "Smettila di nasconderti, unisciti a noi, Severus!" disse con un allegro singhiozzo Slughorn. "Stavo proprio parlando dell’abilità eccezionale di Harry a Pozioni! Un po’ di merito è anche tuo, naturalmente, che gli hai insegnato per cinque anni!" Preso in trappola, con il braccio di Slughorn intorno alle spalle, Piton guardò Harry da sopra il suo naso adunco, con gli occhi neri socchiusi. "Strano, non ho mai avuto l’impressione di essere riuscito ad insegnare nulla a Potter."
"E allora, è talento naturale!" gridò Slughorn. "Avresti dovuto vedere cosa mi ha fatto, la prima lezione, la Bevanda della Morte Vivente - non ho mai avuto uno studente che ne abbia fatta una migliore al primo tentativo, penso neanche tu, Severus -"
"Davvero?" disse piano Piton, trapassando Harry con gli occhi, che si sentì leggermente inquieto. L’ultima cosa che voleva era che Piton cominciasse a indagare sulla ragione della sua nuova eccezionale attitudine per Pozioni.
"Raccontami quali altre materie hai scelto, Harry" chiese Slughorn.
"Difesa contro le Arti Oscure, Incantesimi, Trasfigurazione, Erbologia..."
"Praticamente, tutte le materie richieste per un Auror," disse Piton con una leggera smorfia.
"Si, in effetti, è quello che mi piacerebbe," disse Harry con aria di sfida.
"E ci riuscirai benissimo!" tuonò Slughorn.
"Non credo dovresti diventare un Auror, Harry," disse improvvisamente Luna. Tutti la guardarono. "Gli Auror fanno parte della Cospirazione di Rotfang, pensavo lo sapessero tutti, ormai. Hanno progettato di distruggere dall’interno il Ministero della Magia, utilizzando una combinazione di Magia Oscura e infezione delle gengive." Dal ridere, a Harry andò metà dell’idromele su per il naso. Sarebbe valsa la pena di portare Luna solo per questo. Riemerse dal calice tossendo, fradicio ma sempre col sorriso, quando vide una cosa che gli sollevò ancor di più lo spirito. Gazza stava trascinando per un orecchio Draco Malfoy verso di loro.
"Professor Slughorn," ansimò Gazza, con le mascelle che gli tremavano e una luce maniacale negli occhi sporgenti, "Ho scoperto questo ragazzo che si aggirava nel corridoio del piano di sopra. Dice di essere stato invitato alla festa e che ha fatto tardi per prepararsi. Lo ha invitato davvero, Professore?"
Malfoy si liberò della presa di Gazza, furioso. "Va bene, non sono stato invitato!" disse con rabbia. "Cercavo di imbucarmi, contento?"
"No, non sono contento!" disse Gazza, un’affermazione completamente in contrasto con la gioia che gli si vedeva in faccia. "Sei nei guai, ragazzo! Mi sembra che il preside abbia vietato le passeggiate notturne, senza un regolare premesso, non è così?"
"Va bene, Argus, va bene," disse Slughorn, agitando la mano. "E’ Natale, e non è un crimine voler partecipare a una festa. Solo per stavolta, ci dimenticheremo della punizione; puoi rimanere, Draco."
L’espressione di offeso disappunto di Gazza era perfettamente prevedibile; ma perché, si chiese Harry guardandolo, anche Malfoy sembrava ugualmente scontento? E perché
Piton stava guardando Malfoy con un’espressione allo stesso tempo infuriata e... possibile? .... un po’ preoccupata? Ma prima che Harry potesse definire bene quello che aveva visto, Gazza si girò e andò via trascinando i piedi, borbottando sottovoce; Malfoy si era ricomposto un sorriso sul viso e stava ringraziando Slughorn per la sua generosità, e il volto di Piton era di nuovo imperscrutabilmente piatto.
"Figurati, non è nulla," disse Slughorn agitando la mano, di fronte ai ringraziamenti di Malfoy. "Conoscevo tuo nonno, dopo tutto...."
"Il nonno aveva un’altissima considerazione di lei, signore," disse rapidamente Malfoy.
"Diceva che lei era il più grande esperto di pozioni che avesse mai incontrato..." Harry fissò Malfoy. Non era la smaccata adulazione che lo incuriosiva; da un bel po’ di tempo aveva visto Malfoy farlo con Piton. Era il fatto che, dopo tutto, Malfoy sembrava fosse malato. Erano secoli che non vedeva Malfoy da vicino; ora si rese conto che Malfoy aveva delle ombre scure sotto gli occhi e la sua pelle aveva un colorito grigiastro.
"Vorrei scambiare due parole con te, Draco," disse Piton improvvisamente.
"Su, Severus," disse Slughorn, ancora con un singhiozzo, "è Natale, non essere troppo duro -"
"Sono il Capo della Casa, e sono io che decido quanto devo essere o non essere duro," disse bruscamente Piton. "Vieni con me, Draco."
Si allontanarono, Piton davanti a Malfoy che lo guardava con risentimento. Harry rimase fermo per un attimo, indeciso, poi disse, "Torno subito, Luna - ehm - il bagno."
"OK," disse allegra, e mentre Harry si allontanava tra la folla gli sembrò di averla sentita riassumere la teoria della Cospirazione di Rotfang alla Professoressa Cooman, che sembrava sinceramente interessata. Gli fu facile, lasciata la festa, tirare fuori dalla tasca il Mantello dell’Invisibilità e metterselo addosso, visto che il corridoio era completamente deserto. Fu più difficile trovare Piton e Malfoy. Harry corse per il corridoio, il suono dei suoi piedi coperto dalla musica e dalle chiacchiere rumorose che ancora uscivano dall’ufficio di Slughorn alle sue spalle. Forse Piton aveva portato Malfoy nel suo ufficio nelle segrete.... Oppure lo stava riportando nella sala comune di Serpeverde. . . Harry appoggiò l’orecchio porta dopo porta mentre correva per il corridoio finché, con un forte scossa di eccitazione, si accucciò per guardare dal buco della serratura dell’ultima classe del corridoio e sentì delle voci.
" . . . non possiamo permetterci errori, Draco, perché se ti fai espellere -"
"Io non c’entro niente con quella faccenda, va bene?"
"Spero che tu stia dicendo la verità, perché è stata una cosa maldestra e sciocca. Già
sospettano che ci sia tu di mezzo."
"Chi mi sospetta?" disse con rabbia Malfoy. "Per l’ultima volta, non sono stato io, OK?
Quella ragazza, Bell, doveva avere dei nemici sconosciuti - non mi guardi così! Lo so cosa sta facendo, non sono stupido, ma non funzionerà - Posso fermarla!" Ci fu una pausa e poi Piton disse con calma, "Ah . . . Vedo che zia Bellatrix ti ha insegnato l’Occlumanzia. Quali pensieri stai cercando di nascondere al tuo padrone, Draco?"
"Non sto cercando di nascondergli niente, è lei, che non voglio si impicci di queste cose!" Harry premette ancora di più l’orecchio sul buco della serratura. . . . Cosa era successo che faceva parlare in questo modo Malfoy a Piton - Piton, verso il quale aveva mostrato sempre rispetto, e persino simpatia?
"Allora perché hai continuato a evitarmi per tutto il semestre? Temevi la mia interferenza? Devi renderti conto che se qualcun altro avesse osato non presentarsi nel mio ufficio quando gli avevo detto ripetutamente di venire, Draco -"
"Allora mi metta in punizione! Mi porti da Silente!" lo schernì Malfoy. Ci fu un’altra pausa. Poi Piton disse, "Sai bene che non voglio fare ne l’una ne l’altra cosa."
"Allora è meglio che smetta di chiamarmi nel suo ufficio!"
"Ascoltami," disse Piton con una voce così bassa che per sentirlo Harry dovette quasi incollare l’orecchio al buco della serratura. "Sto cercando di aiutati. Ho giurato a tua madre di proteggerti. Ho fatto il Voto Infrangibile, Draco -"
"E allora credo che invece dovrà infrangerlo, perché non ho bisogno della sua protezione!
E’ compito mio, me l’ha affidato e lo sto facendo, ho un piano che non può fallire, solo ci sta volendo un po’ di più di quanto pensassi!"
"Qual è il tuo piano?"
"Non sono affari suoi!"
"Se mi dici cosa stai cercando di fare, posso aiutarti..."
"Ho tutto l’aiuto che mi serve, grazie, non sono solo!"
"Stanotte però eri da solo; una cosa estremamente stupida, girare per i corridoi senza nessuno che facesse da palo e senza rinforzi, questi sono errori elementari-"
"Avrei avuto con me Tiger e Goyle se lei non li avesse messi in punizione!"
"Non gridare!" scattò Piton, perché la voce di Malfoy, per l’eccitazione, si era alzata troppo. "Se i tuoi amici Tiger e Goyle vogliono passare l’esame di Difesa contro le Arti Oscure, avranno bisogno di lavorare un po’ più seriamente di quanto stiano facendo ades
-"
"Ma a che serve?" disse Malfoy. "Difesa contro le Arti Oscure - è tutta una balla, una messa in scena, non è vero? Come se noi avessimo bisogno di proteggerci contro le Arti Oscure -"
"E’ una messa in scena fondamentale per il successo, Draco!" disse Piton. "Dove pensi sarei finito tutti questi anni, se non fossi stato capace di recitare? Adesso ascoltami! Sei stato avventato, andare in giro la notte, farti scoprire, e fidarti di due assistenti come Tiger e Goyle -"
"Non ci sono solo loro, ci sono altre persone dalla mia parte, persone migliori!"
"E allora perché non ti confidi con me, posso -"
"Lo so cosa vuole fare! Lei vuole rubarmi la gloria!"
Ci fu un’altra pausa, poi Piton disse freddamente, "Stai parlando come un bambino. Posso capire che la cattura e l’arresto di tuo padre ti abbiano sconvolto, ma -" Harry ebbe solo un secondo; sentì i passi di Malfoy dall’altro lato della porta e si getto di lato proprio mentre si spalancava. Malfoy corse via lungo il corridoio, superò la porta aperta dell’ufficio di Slughorn, girò dietro l’angolo più lontano e scomparve dalla sua vista. Osando a malapena respirare, Harry rimase accucciato fin quando Piton uscì
lentamente dalla classe. Con un’espressione indecifrabile, tornò alla festa. Harry rimase sul pavimento, nascosto dal mantello, con mille pensieri che si rincorrevano nella sua testa.