Cassetta 1: Lato B

Ben tornati. E grazie di essere rimasti con noi per la seconda parte.

Infilo a fatica il walkman nella tasca del giubbotto e alzo il volume.

Se stai ascoltando questa cassetta, ci sono due possibilità. Possibilità A: sei fustin, e ora che hai finito di sentire la tua piccola storia, vuoi sapere chi viene dopo di te. Possibilità B: sei tutt'altra persona e vuoi sapere se è il tuo turno.

Bene…

Un filo di sudore mi spunta lungo l'attaccatura dei capelli.

Alex Standoli, tocca a te.

Una goccia di sudore mi scende lungo la tempia e l'asciugo via.

Immagino ti starai chiedendo come mai abbia incluso anche te, Alex. Probabilmente pensi di aver fatto una bella cosa, vero? Mi hai votata Miglior Culo della Prima Liceo.

Chi potrebbe mai lamentarsi?

Ascoltami bene.

Mi metto a sedere sul marciapiede con i piedi poggiati sull'asfalto. Accanto alla suola delle mie scarpe, alcuni fili d'erba spuntano fuori dal cemento. Anche se il sole ha iniziato a malapena a tramontare dietro i tetti e gli alberi, i lampioni sono già accesi su entrambi i lati della strada.

Prima cosa, Alex, se pensi che stia esagerando – se pensi che sia una stupida ragazzina che s'incavola per niente e che prende tutto troppo sul serio, nessuno ti obbliga ad ascoltarmi. Certo, sei sotto pressione per via della seconda copia delle cassette, ma in fondo a chi vuoi che importi se tutta la città scopre quello che pensi del mio culo? Giusto?

Nelle case del quartiere qui attorno, come anche a casa mia, diversi isolati più in là, le famiglie stanno finendo di cenare. Oppure stanno caricando la lavastoviglie. O i figli iniziano a fare i compiti.

Per queste famiglie, stasera, nulla è cambiato.

Potrei farti una lista intera di persone a cui importerebbe. Una lista di persone a cui importerebbe molto se queste cassette venissero distribuite in giro.

Allora iniziamo, okay?

Piegandomi in avanti, stringo le braccia attorno alle gambe e appoggio la fronte sulle ginocchia.

Ricordo che ero in classe durante la seconda ora, la mattina in cui è uscita la tua lista. La prof Strumm doveva aver avuto un weekend da sballo: è arrivata senza aver preparato uno straccio di lezione.

Ci ha piazzati lì a vedere uno dei suoi famosi documentari inutili. Non ricordo nemmeno l'argomento. Ma la voce narrante aveva un forte accento britannico. E ricordo che, per non addormentarmi, cercavo di grattare via un vecchio pezzo di scotch incollato al banco. Per me, la voce narrante non era altro che un rumore di sottofondo.

O meglio, la voce narrante… e i mormorii.

Quando ho alzato lo sguardo, sono cessati di colpo. Quelli che mi stavano spiando, hanno abbassato gli occhi. Ma ho notato subito il pezzo di carta che i miei compagni si passavano di mano in mano. Un foglio che viaggiava su e giù per le file di banchi. Alla fine, è approdato sul banco dietro al mio – quello di Jimmy Long – il quale ha scricchiolato mentre lui spostava il baricentro sulla sedia.

Voi che eravate lì quella mattina, siate onesti: Jimmy si è sporto in avanti per sbirciare oltre lo schienale della mia sedia, vero? È la prima cosa che ho pensato quando l'ho sentito sussurrare: — Puoi dirlo forte.

Mi stringo le ginocchia al petto. Sei proprio un coglione, Jimmy.

Qualcuno ha bisbigliato: — Sta' zitto, idiota.

Io mi sono voltata, ma non ero dell'umore adatto per mettermi a bisbigliare. — Puoi dire forte che cosa?

Jimmy, pronto a sfruttare ogni attenzione che una ragazza sia disposta a dargli, mi ha fatto un mezzo sorriso e ha puntato gli occhi verso il foglietto che aveva sul banco. Si è sentito un altro "idiota"; ripetuto qua e là in giro per l'aula come se nessuno volesse rendermi partecipe dello scherzo.

Quando ho scorso quella lista, durante l'ora di storia, ho letto diversi nomi che non conoscevo affatto. Studentesse nuove che non avevo ancora incontrato o di cui non ricordavo bene il nome. Ma Hannah la ricordavo eccome. E lì per lì sono scoppiato a ridere. In poco tempo si era già fatta una bella reputazione.

Solo adesso mi rendo conto che quella reputazione aveva preso vita dall'immaginazione di Justin Foley.

Ho inclinato la testa per leggere il titolo capovolto, in cima al pezzo di carta: PRIMA LICEO – BOLLENTI / AGGHIACCIANTI.

Il banco di Jimmy ha scricchiolato di nuovo mentre lui riprendeva posto sulla sedia. Sapevo che la Strumm ci avrebbe beccati, ma dovevo vedere il mio nome a tutti i costi. Non me ne fregava niente di essere su quella lista. All'epoca, credo che non m'importasse nemmeno di sapere in quale categoria fossi. Ma il semplice fatto di scoprire che tutti concordano su qualcosa – qualcosa che ti riguarda in prima persona – libera di colpo un'intera gabbia di farfalle nello stomaco. E mentre la prof avanzava verso di noi, pronta ad arraffare la lista senza che io fossi riuscita a trovare il mio nome, le farfalle sono impazzite del tutto.

Dov'è il mio nome? Dov'è? Eccolo!

Più tardi, quello stesso giorno, quando ho incrociate Hannah in corridoio, mi sono voltato a guardarle il fondoschiena. E devo ammettere che era vero. Se lo meritava eccome di stare in quella categoria.

La prof Strumm ha confiscato il foglio e io mi sono rigirata verso la cattedra. Dopo qualche minuto, mi sono fatta coraggio e ho lanciato un'occhiata verso il lato opposto dell'arda. Come temevo, Jessica Devis aveva l'aria furibonda.

Come mai? Perché accanto al mio nome, ma nella colonna opposta, c'era il suo.

Batteva rapidissima la matita sul quaderno, stile alfabeto Morse, e aveva la faccia paonazza.

Il mio unico pensiero? Meno male che non conosco l'alfabeto Morse.

La verità è che Jessica Davis è molto più carina di me. Se uno facesse una lista di tutte le parti del corpo, ci sarebbe una fila intera di crocette ogni volta che mi batte.

No, Hannah. Ti sbagli di grosso.

Lo sanno tutti che Miss Peggior Culo della Prima Liceo era una balla. Non era neanche lontanamente vero. Ma ovviamente nessuno si è domandato come mai Jessica fosse finita proprio in quella colonna, vero Alex?

O meglio, nessuno all'infuori di te… di me… e di Jessica, e fanno già tre.

E un sacco di altra gente, che sta per scoprirlo proprio ora.

Alcuni possono anche aver condiviso la tua scelta. Io no. Ma mettiamola così: dubito che il mio culo – come lo chiami tu – sia stato il vero fattore scatenante. Credo, invece, che tu l'abbia fatto per… vendicarti.

Strappo via i fili d'erba lungo il bordo del marciapiede e mi alzo in piedi. Mentre m'incammino, sfrego l'erba tra le dita fino a che non vola via.

Ma questa cassetta non è sulle tue motivazioni, Alex. Di quelle, parleremo dopo. Questa cassetta è su come la gente cambia quando vede il tuo nome scritto su una stupida lista. Questa cassetta è su come…

Una pausa. Infilo la mano nel giubbotto e alzo il volume. La sento che spiega un pezzo di carta appallottolato. Lo stende bene.

Okay. Ho appena ridato una scorsa a tutti i nomi – tutte le storie – che compaiono su queste cassette. E indovinate un po'? Ogni singolo fatto registrato qua sopra non sarebbe forse mai accaduto se solo tu, Alex, non mi avessi inserita in quella lista. Più semplice di così.

Ti serviva un nome da piazzare accanto a quello di Jessica. E dato che a scuola si erano già tutti fatti un'idea sbagliata di me grazie alla piccola trovata di Justin, io ero la persona perfetta, giusto?

E la valanga continua a crescere. Grazie, Justin.

La lista di Alex era stata uno scherzo. Di cattivo gusto, certo. Ma lui non poteva sapere che il suo gesto avrebbe ferito Hannah così in profondità. È ingiusto prendersela con lui.

E io, allora? Cosa avrei fatto? Come dirà che l'ho ferita? Non ne ho idea. E quando lo scopriranno gli altri, cosa penseranno di me? Alcuni, due almeno, sanno già perché mi trovo qui. Mi vedranno forse con occhi diversi?

No. È impossibile. Perché io non c'entro nulla. Sono sicuro che non dovrei essere su questa lista.

Non ho fatto niente di male.

Ricapitolando, questa cassetta non è sul perché hai fatto quello che hai fatto, Alex. È sulle ripercussioni del tuo gesto. O meglio, sulle ripercussioni che il tuo gesto ha avuto su di me. Sulle conseguenze che non avevi previsto – che non potevi prevedere.

Dio. Non posso crederci.

La prima stella rossa. La vecchia casa di Hannah. Eccola. Pazzesco.

Sono già stato in questa casa. Dopo una festa. Ora ci vive un'anziana coppia. E una sera, circa un mese fa, il marito era alla guida della sua auto, a pochi isolati di distanza, e mentre era al telefono con la moglie, ha centrato in pieno un'altra macchina.

Chiudo gli occhi e scuoto la testa per cancellare il ricordo. Non voglio rivivere la scena. Ma è più forte di me. L'uomo era in preda al panico. Piangeva. — Devo chiamarla! Devo chiamare mia moglie! — Il telefonino era finito chissà dove nell'incidente. Abbiamo tentato di richiamarla con il mio cellulare, ma quello della moglie dava sempre occupato. La donna era confusa, troppo spaventata per riattaccare. Voleva restare in linea, la linea su cui l'aveva chiamata il marito.

Soffriva di cuore, diceva lui. Bisognava avvertirla che non si era fatto niente.

Ho chiamato la polizia dal mio cellulare, dicendo al tizio che avrei continuato a cercare di contattare la moglie. Ma lui mi ha detto che dovevo dirglielo di persona. Bisognava avvertirla che lui stava bene. Casa loro non era molto distante.

Una piccola folla si era raccolta tutt'attorno; alcuni erano intenti a occuparsi del guidatore nell'altra auto. Era un tizio della nostra scuola. Uno di quinta liceo. Ed era messo molto peggio del vecchio. Ho gridato a un paio di persone di fare compagnia al tipo finché non fosse arrivata un'ambulanza. Poi mi sono allontanato, correndo a casa sua per tranquillizzare la moglie. Ma non sapevo di correre verso una casa dove aveva abitato anche Hannah.

Questa stessa casa.

Ma stavolta, non corro. Come Justin e Zach, cammino in mezzo alla strada, verso East Fiorai Canyon, dove due strade s'incontrano formando una T rovesciata, proprio come nella descrizione di Hannah.

Le tende della vetrata sono tirate per la notte. Ma l'estate prima dell'inizio del liceo, lei era lì con Kat. Entrambe affacciate a guardare fuori, dove sono io adesso, a osservare due ragazzi che venivano verso di loro. Li hanno visti passare dalla strada all'erba bagnata, scivolare e inciampare l'uno sull'altro.

Continuo a camminare fino a raggiungere la fine della via, premendo la punta delle scarpe contro il bordo del marciapiede. Salgo sull'erba e rimango lì in piedi. Un piccolo e semplice passo. Non scivolo, e non posso non chiedermi, qualora Justin e Zach fossero arrivati fino alla porta di casa sua, se Hannah si sarebbe innamorata di Zach anziché di Justin, qualche mese dopo. Justin sarebbe uscito di scena completamente? I pettegolezzi non sarebbero mai cominciati?Hannah sarebbe ancora viva?

Il giorno in cui è spuntata fuori la tua lista non è stato particolarmente traumatico. Sono sopravvissuta. Sapevo che era uno scherzo. Anche la gente che vedevo in piedi nei corridoi, assiepata attorno a chiunque ne avesse una copia, sapeva che era solo uno scherzo. Un classico, spassoso, innocente scherzo.

Ma che succede se qualcuno afferma che hai il miglior culo della prima liceo? Lascia che te lo dica io, Alex, perché tanto tu non potrai mai saperlo. Offre alla gente – a certe persone – la scusa per trattarti come se non fossi altro che quella specifica parte del corpo.

Un esempio? Okay. B-3 sulle vostre mappe. Blue Spot Liquor.

Non è lontano.

Non ho idea del perché si chiami così, ma è piuttosto vicino alla mia prima casa. Ci andavo a piedi ogni volta che mi veniva voglia di qualcosa di dolce. Ebbene sì, in pratica ci andavo ogni giorno.

Il Blue Spot non mi ha mai ispirato granché a vederlo da fuori, perciò non ci sono mai entrato.

Nove volte su dieci, era deserto. Solo io e il tizio alla cassa.

Mi sa che molti non sanno nemmeno che esiste: è un posto minuscolo, stretto tra due negozi che erano già chiusi quando ci siamo trasferiti qui. A vederla da fuori, la vetrina sembra un cartellone pubblicitario per sigarette e alcolici. E all'interno? Cambia poco.

Cammino lungo il marciapiede di fronte alla vecchia casa di Hannah. Un vialetto s'inerpica su per una leggera collinetta fino a sparire sotto il portellone di legno mezzo ammuffito di un garage.

Appeso davanti al bancone, c'è un espositore con i migliori dolciumi del mondo. O almeno, i miei preferiti. Non appena apro la porta, il cassiere batte lo scontrino – cha-ching – prima ancora che io prenda una barretta: tanto lo sa già che non esco mai a mani vuote.

C'è chi dice che la sua faccia assomigli al gheriglio di una noce. Ed è vero!

Da quando è arrivata in città, Hannah è sempre venuta a scuola su una bici blu. Quasi me la vedo. Proprio qui davanti. Zaino in spalla, che scende a tutta velocità dal vialetto. La ruota davanti fa una svolta e lei mi passa accanto pedalando sul marciapiede. La osservo mentre percorre un lungo tratto di strada, superando alberi, auto parcheggiate e case. Rimango lì in piedi, con gli occhi fissi sulla sua schiena, fino a che la sua immagine non si dissolve.

Di nuovo.

Poi mi volto e ricomincio a camminare.

Ve lo giuro, in tutte le volte che sono stata al Blue Spot, penso di non aver mai sentito Wally pronunciare una singola parola. Cerco di ricordarmi un "ciao", un "ehi" o anche solo un grugnito di benvenuto. Ma l'unico suono che io abbia mai sentito uscire dalla sua bocca è stato grazie a te, Alex.

Un vero amico.

Alex! Ma certo. Ieri, qualcuno gli ha dato uno spintone in corridoio. Qualcuno l'ha spinto addosso a me. Ma chi?

Quel giorno, come al solito, una campanella ha tintinnato sopra la porta al mio ingresso. Cha-ching! ha fatto il registratore di cassa. Ho scelto una delle barrette dolci dell'espositore davanti al bancone, ma non saprei dirvi quale, non me lo ricordo.

Ho afferrato Alex per impedirgli di cadere. Gli ho chiesto se era tutto a posto, ma lui non mi ha neanche calcolato, ha recuperato lo zaino e si è affrettato lungo il corridoio. L'avrò fatto incazzare per qualcosa, mi sono chiesto? Ma non riuscivo a pensare a niente.

Se volessi, potrei dirvi il nome della persona che è entrata nel negozio mentre rovistavo nello zaino in cerca dei soldi. Lo ricordo benissimo. Ma era solo uno dei numerosi imbecilli che ho incontrato sul mio cammino, negli anni.

Non so, forse dovrei elencarli tutti. Ma visto che parliamo di te, Alex, il suo gesto – il suo orribile, schifoso gesto – è stato solo una conseguenza del tuo.

Per di più, ci sarà un'intera cassetta tutta per lui…

Ho un tuffo al cuore. Cosa sarà mai successo in quel negozio per via della lista?

No, non voglio saperlo. E non voglio rivedere Alex. Non domani.

Non dopo quello che è successo. Non voglio vedere né lui né Justin. E nemmeno quell'idiota grassone di Jimmy. Dio, chi altro è coinvolto in questa storia?

Ha spalancato la porta del Blue Spot. — Ehi, Wally! — ha detto. E lo ha detto con una tale arroganza, che sembrava del tutto naturale in bocca a lui. Si capiva che non era la prima volta che parlava con quel tono, come se Wally fosse un essere inferiore a lui. — Oh, Hannah — ha aggiunto. — Non ti avevo vista.

Ho già precisato che ero in piedi davanti al bancone, perfettamente visibile a chiunque aprisse la porta?

L'ho salutato con un piccolissimo sorriso, ho trovato i soldi, e li ho piazzati nella mano rugosa di Wally. Questi, a quanto pare, non ha reagito in nessun modo al suo saluto. Ne mmeno uno sguardo, una smorfia o un sorriso – il suo solito modo di salutare anche me.

Proseguo lungo il marciapiede dietro l'angolo, lontano dalla zona residenziale, diretto al Blue Spot.

È incredibile come cambia una città appena qualche metro più avanti. Le abitazioni alle mie spalle non sono certo palazzi giganteschi o da favola. Sono case medie, da classe media. Ma fiancheggiano il quartiere che è andato peggiorando di anno in anno.

— Ehi, Wally, indovina un po'? — Ho sentito il suo fiato oltre la spalla.

Stavo chiudendo la cerniera dello zaino. Wally aveva lo sguardo puntato verso il basso, poco oltre l'estremità del bancone, all'altezza della mia vita, e ho capito subito cosa stava per succedere.

Una mano a cucchiaio mi ha palpato il sedere. E poi:—Miglior culo di tutta la prima liceo, Wally. Proprio qui nel tuo negozio!

Ho in mente diversi ragazzi capaci di fare una cosa del genere. Il sarcasmo. L'arroganza.

Ci ho sofferto? No. Ma non è questo il punto, giusto? Il punto è: aveva il diritto di farlo? E la risposta, spero, è ovvia.

Gli ho spinto via la mano con un rapidissimo schiaffo che ogni ragazza dovrebbe imparare ad affibbiare. Ed è stato allora che Wally è uscito fuori dal suo guscio, e ha proferito un suono. La bocca è rimasta chiusa: si è trattato solo di un breve schiocco della lingua, ma quel piccolo rumore mi ha colto di sorpresa. Dentro di me, lo sapevo, Wally era un concentrato di rabbia.

Eccola lì. L'insegna luminosa del Blue Spot Liquor.

In questa via, ci sono solo due negozi aperti a quest'ora: Restless Video e Blue Spot Liquor, dall'altra parte della strada. Il Blue Spot ha la stessa aria sudicia di quando ci sono passato davanti l'ultima volta. Persino le pubblicità di sigarette e alcolici sembrano le stesse. Quasi fossero la carta da parati della vetrina.

Una campanella di ottone tintinna quando apro la porta. La stessa che Hannah era solita sentire ogni volta che entrava qui dentro per comprarsi un dolce. Anziché lasciare che si chiuda alle mie spalle, trattengo la porta e la accompagno con gentilezza fino a chiuderla, osservandola mentre fa tintinnare nuovamente la campanella.

— Posso aiutarla?

Non c'è neanche bisogno di alzare lo sguardo: so già che non è Wally.

Ma perché mi sento deluso? Non sono mica qui per vedere lui.

Il tipo ripete la domanda, un po' più forte: — Posso aiutarla?

Non ce la faccio a guardare in direzione del bancone. Non ancora. Non voglio immaginarmela in piedi, lì davanti.

In fondo al negozio, dietro una parete intera di sportelli trasparenti, ci sono le bibite fresche. E anche se non ho sete, vado lo stesso lì. Apro uno degli sportelli e prendo un'aranciata, la prima bottiglietta di plastica che mi capita sotto mano. Poi torno verso il bancone e tiro fuori il portafoglio.

Un espositore pieno di dolciumi è appeso proprio davanti. Gli stessi che piacevano ad Hannah.

L'occhio sinistro inizia a tremolarmi.

— Desidera altro? — mi chiede.

Appoggio la bottiglietta sul bancone e abbasso lo sguardo, stropicciandomi la palpebra. Il dolore inizia in qualche punto sopra di essa. Dietro il sopracciglio. Un fastidio che non ho mai sentito prima.

— Ce ne sono anche dietro di lei — mi fa notare il commesso. Avrà pensato che sto guardando i dolciumi.

Afferro dall'espositore una barretta al burro d'arachidi e la piazzo accanto alla bibita. Metto alcuni dollari sul bancone e glieli passo.

Cha-ching!

Lui mi dà un paio di monete di resto e noto un cartellino di plastica con un nome attaccato alla cassa.

— Lavora ancora qui? — chiedo.

— Chi, Wally? — Il commesso espira dal naso. — È il suo giorno libero.

Quando esco, la campanella di ottone tintinna.

Mi sono gettata lo zaino in spalla e forse ho mormorato "scusate", ma nel passargli accanto ho volutamente evitato il suo sguardo.

Ero già diretta verso la porta, pronta a uscire, quando lui mi ha afferrato per il polso, costringendomi a voltarmi.

Ha pronunciato il mio nome, e quando l'ho guardato negli occhi, lo scherzo era ormai finito.

Ho tentato di liberare il braccio, ma la sua presa era come una morsa.

Sul lato opposto della strada, l'insegna luminosa del Restless Video si accende e si spegne a intervalli irregolari.

So a chi si riferisce Hannah. Ho visto altre volte questo giochetto del polso. Vorrei sempre afferrarlo per la camicia e prenderlo a spintoni fino a costringerlo a lasciare andare la ragazza.

E invece fingo sempre di non accorgermene.

In fondo, cosa posso fare?

Poi l'imbecille mi ha lasciato il polso e mi ha piazzato una mano sulla spalla. — Sto scherzando, Hannah. Tranquilla.

Okay, vediamo di analizzare quanto è successo. Ci ho riflettuto sopra durante l'intero tragitto dal Blue Spot a casa mia, il che spiega forse come mai non ricordo più che barretta ho comprato quel giorno.

Mi siedo sul marciapiede mezzo rotto davanti al Blue Spot, appoggiando l'aranciata accanto a me e tenendo in equilibrio sul ginocchio la barretta al burro d'arachidi. Non che abbia davvero fame di dolci.

Allora perché l'ho comprata? Solo perché le comprava anche Hannah? Ma questo che c'entra? Sono stato alla prima stella. E alla seconda. Non c'è bisogno che faccia tutto quello che racconta lei.

Prima le parole – poi i gesti.

Frase uno: "Sto scherzando, Hannah."

Traduzione: il tuo sedere è il mio giocattolo. Tu pensi di poter controllare quello che capita al tuo culo, ma non è così. Almeno finché "scherzo" e basta.

Batto ritmicamente un'estremità della barretta contro il ginocchio, come fosse una bacchetta della batteria.

Frase due: "Tranquilla."

Traduzione: e dai, Hannah, ti ho solo palpata senza che tu me lo chiedessi in modo esplicito. Se la cosa tifa star meglio, non farti problemi, puoi palparmi anche tu quando vuoi.

Ora parliamo un po' dei gesti, okay?

Gesto uno: palparmi il sedere.

Traduzione: devo precisare che questo tizio non me l'aveva mai palpato prima di allora. Dunque perché proprio quella volta? I miei pantaloni non avevano niente di speciale. Non erano nemmeno particolarmente aderenti. Certo, erano un po' a vita bassa, e presumo che si intravedessero le anch e, ma lui non mi ha toccato la schiena. Mi ha toccato il sedere.

Comincio a capire. Comincio a intuire dove vuole andare a parare. Il che spalanca un buco nero in fondo al mio stomaco.

Migliori labbra. Era un'altra delle categorie sulla lista.

Alex, sto forse insinuando che la tua lista gli ha dato il permesso di palparmi il sedere? No. Dico solo che gli ha dato una buona scusa. E una buona scusa era l'unica cosa di cui lui aveva bisogno.

Prima che spuntasse fuori la lista non mi ero mai accorto delle labbra di Angela Romero. Ma dopo, sono diventate per me un'ossessione. Quando osservavo Angela durante una sua interrogazione, non seguivo le parole che le usciva no dalla bocca. Le guardavo fisso le labbra, muoversi su e giù. Come ipnotizzato. Specialmente quando pronunciava espressioni tipo "animali lacustri", termini cioè che lasciavano intravedere la parte inferiore della lingua.

Gesto due: mi ha afferrato il polso, e poi mi ha piazzato anche una mano sulla spalla.

Un gesto che s'interpreta da solo. Ma voglio dirvi perché mi ha fatto incazzare così tanto. Non era la prima volta che qualcuno mi palpava il sedere – sai che roba – ma stavolta mi è stato palpato perché qualcun altro aveva scritto il mio nome su una lista. E quando il tizio mi ha vista incazzata, mi ha detto di stare tranquilla. E mi ha messo la mano sulla sp alla come se toccandomi, potesse in qualche modo confortarmi.

Un piccolo consiglio. Se palpate una ragazza, anche solo per scherzo, e lei vi respinge, lasciatela. In. Pace. Non toccatela. Da nessuna parte! Smettetela e basta. Il tocco della vostra mano non fa altro che aumentarle il voltastomaco.

Il resto del corpo di Angela non era neanche lontanamente ipnotico come le sue labbra. Non che fosse brutta, ma non era ipnotizzante.

Poi, la scorsa estate a casa di un amico, abbiamo fatto il gioco della bottiglia, visto che alcuni di noi hanno ammesso che non ci avevano mai giocato. E io ero deciso a continuare a oltranza, fino a che non fossi capitato su Angela. O lei su di me. Quando è successo, ho premuto le mie labbra, lentissimamente e con estrema cura, contro le sue.

Ci sono persone davvero disturbate là fuori, Alex – e forse lo sono anch'io – ma il punto è che, se uno decide di ridicolizzare la gente, deve anche assumersi la responsabilità delle reazioni altrui.

Tempo dopo, io e Angela ci siamo baciati sulla veranda nel retro di casa sua. Non ne avevo mai abbastanza di quelle labbra.

Il tutto solo per una lista.

No, bisogna essere precisi. Tu non mi hai ridicolizzata, giu sto? Anzi, il mio nome era nella colonna delle "bollenti". Semmai, hai scritto il nome di Jessica in quella delle "agghiacc ianti". È lei che hai umiliato. Ed è qui che la valanga comincia ad acquistare velocità.

Jessica, mia cara… tocca a te.

 

Apro il walkman e tiro fuori la prima cassetta. Nella tasca più piccola dello zaino, trovo quella successi va. Quella con il numero tre scritto in blu nell'angolo in alto. La infilo dentro e chiudo lo sportellino di scatto.