Note

1.
Questo ti permette di evitare di raderti i capelli a zero, di chiedere l’elemosina e soprattutto di vestirti sempre di arancione. Il che, per chi preferisce anche altri colori, presenta un non piccolo vantaggio.
2.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Upakkilesa Sutta.
3.
In un mio precedente libro (Alla ricerca delle coccole perdute, Ponte alle Grazie, Milano, 2004) facevo notare (nota pag. 46) che Gesù, essendosi rivelato un fine psicologo, aveva, come tutti i figli, fregato il proprio padre terreno con il non seguire il suo mestiere (falegname) e facevo notare come fosse entusiasmante per noi psicologi che fra tutti i mestieri esistenti Gesù avesse scelto proprio il nostro. Che adesso nella categoria degli psicologi risulti esservi compreso anche il Buddha, be’, lasciatemelo dire, è un vero colpo gobbo! Non mi stupirei se si scoprisse che ci sono dentro anche Gandhi e Golda Meyr.
4.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Satipatthana Sutta.
5.
La filosofia buddhista, o meglio le filosofie buddhiste proliferate dopo la morte del Buddha sono moltissime: E.G. Conze, uno dei maggiori studiosi del buddhismo, ne conta quattordici, tutte in contrasto fra loro.
6.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Dighanakha Sutta.
7.
Per quanto riguarda le signore, dovrei dire «una buddha», ma oltre a essere bruttissimo è scorretto grammaticalmente perché il femminile di buddha (che è un aggettivo) è buddhini. Che è ancora più penoso. Già «buddhino» (piccolo buddha) si scambia facilmente con «budino». Da «buddhini» a «budini» il passo è breve. Così ho lasciato «un buddha», anche perché rispetta la verità storica: è stato un uomo, il primo a diventare buddha. Non ti dispiace, vero, cara? Per te userò illuminata: mi sembra decisamente più carino.
8.
Mio figlio Yuri è morto all’età di ventisette anni: l’età esatta in cui il Buddha raggiunse l’Illuminazione. Yuri era un buddha, una di quelle incarnazioni del Buddha (Bodhisattva) che, secondo il buddhismo, compaiono ogni tanto sulla Terra. Sin dalla sua nascita egli si è rivelato di una serenità e di un amore incomparabili. In tutti i suoi ventisette anni di vita non l’ho mai visto una volta adirarsi o inveire contro qualcuno. Al contrario egli era sempre sorridente e tollerante con tutti e comunicava a tutti il suo amore incondizionato senza neppure parlare: con un sorriso e con un tocco della mano. Ma tu lo sentivi fortissimo dentro di te. Chiunque lo sentiva. Qualunque cosa tu facessi, egli ti era sempre vicino e ti faceva sentire il suo amore, assoluto e incondizionato. È morto di una banale influenza. Ma morendo ha compiuto un miracolo. Ha trasformato suo padre, questo vecchio peccatore, in un buddha. Egli ha passato a me la sua buddhità, che dunque ho acquistato senza alcun merito. La mia vita si è trasformata. Ho visto l’Illuminazione. Ho visto e inciso nella mia carne totalmente e definitivamente l’assoluta precarietà dell’esistenza, l’unica realtà del qui e ora e l’importanza assoluta ed esclusiva dell’amore, dell’allegria e della gioia. Ho visto così che diventare buddha si può. Il mio buddhismo da teorico è divenuto reale. Così è nato questo libro. Vivendo nella mia carne l’insegnamento del Buddha, che conoscevo già teoricamente, ho realizzato quella buddhità che chiunque, senza bisogno che gli muoia un figlio, può realizzare.
9.
Il Buddha non è considerato una divinità nemmeno dalla religione buddhista, che lo vede come il fautore della liberazione dalla schiavitù delle rinascite.
10.
L’unico problema, diventando un buddha, è che si ingrassa un po’, non avendo più stress e non consumando più energie in tensione e contrazione muscolare (non è un caso che il Buddha sia rappresentato sempre po’ grassottello). Ma quando sei diventato un buddha o un’illuminata te ne infischi, della linea.
11.
L’umorismo è un’altra caratteristica che si acuisce, o si acquisisce, diventando un buddha. Sono famosi l’ilarità dei monaci tibetani e l’umorismo dei monaci Zen. Essi derivano proprio dalla condizione di rilassamento e serenità che permette di vedere i casi buffi della vita e riderci sopra. Non solo, ma anche di creare l’ilarità in quanto stato mentale positivo. Come si dice: «Il riso fa buon sangue». Infatti ciò che dice sempre Dracula alle fanciulle prima di morderle sul collo è: «Adesso, signorina, la cosa più importante è che non si faccia cattivo sangue».
12.
Da non confondersi con la Legge del Menga («Chi ce l’ha se lo tenga»). La legge del karma è stata scoperta dalla cultura orientale in tempi molto antichi (anteriori persino a quello del Buddha): dopo l’avvento della scrittura è stata descritta nella Bhagavad Gita, opera che fa parte del poema epico indiano Mahabharata, che risale al v sec. a.C., e nel trattato classico dello Yoga, lo Yoga Sutra, che è del iii sec. a.C. Nella cultura occidentale la legge del karma è stata scoperta soltanto nel xx secolo da Sigmund Freud (che ha così scoperto, come si dice, l’acqua calda), il quale nel condizionamento della memoria (inconscio) del passato sul presente ha individuato la causa della nevrosi.
13.
Non so dove e quando l’ha detto ma, per la pancia di Buddha, deve averlo pur detto da qualche parte!
14.
Qui i miti intorno alla nascita del Buddha si sprecano, come per ogni grande. La fantasia popolare si è sbizzarrita fino alle lacrime: «Si narra che, dopo trentadue mesi di matrimonio, la madre, ancora vergine (è un destino di tutte le madri dei grandi di restare inesorabilmente e incredibilmente vergini nonostante l’evidente gravidanza) perché aveva osservato un assoluto ascetismo (ma cosa si sarà sposata a fare?!), vide in sogno un elefante che la colpì a un fianco. Dieci mesi dopo (gli elefanti, si sa, hanno una gravidanza un poco più lunga della nostra) le nacque un figlio uscendole dal fianco (gravidanza extrauterina?) mentre essa, in piedi, si aggrappava ai rami di un fico (albero notoriamente traditore)» (I grandi di tutti i tempi. Buddha, Mondadori, Milano, 1976, pag. 14).
15.
Siddhartha aveva un fratello, ma evidentemente anche in India i secondogeniti erano considerati meno che la cacca delle mosche. In Occidente hanno dovuto inventarsi le Crociate, per avere qualcosa da fare.
16.
Come tutti i grandi (e come tutti gli adulti) egli si comportò, come si vede, da vero stronzo. Ma forse lo fece soltanto per dimostrare che le profezie funzionano.
17.
riferita a questo periodo l’iconografia che ritrae il Buddha magro ed emaciato. Come si vede, la sofferenza (e la magrezza) del Buddha è episodica e non corrisponde alla sua personalità definitiva e completa. Nel Buddha non c’è spazio per la sofferenza: è appunto la sua eliminazione, lo scopo di tutto il suo insegnamento. Il piacere, è la dimensione del buddha.
18.
Inventò, come si vede, la psicoanalisi.
19.
il panta rei teorizzato da Eraclito che, come si vede, ha inventato l’acqua calda.
20.
il principio scoperto recentemente dalla nostra fisica e noto come effetto butterfly. Anche qui, acqua calda.
21.
Cosa diavolo è un albero di pippala? Per mantenere la tradizione iniziata con Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita, è indetto un concorso fra i lettori per la soluzione di questo mistero. Ai vincitori verrà riservato un corso lampo su come raggiungere l’illuminazione, da tenersi sul mio yacht nel Porto Antico di Genova. Sono sollecitate a partecipare specialmente le signore che meritano di essere illuminate.
22.
Questa del parassitismo è l’unica caratteristica del Buddha (il quale non ha mai lavorato un giorno in vita sua) che ti esorto a non imitare. Non perché ci sia qualcosa di male nel fare i mendicanti. Ma questa è una via troppo orientale, che tende alla passività. Io ti propongo una via occidentale al buddhismo, una via attiva che ti permetta di creare, di costruire e di competere. Ma senza stress. E quindi anche più efficacemente.
23.
Questa di annunciare la propria morte in anticipo pare sia una caratteristica degli illuminati (o iniziati). Non è escluso che alcuni di essi si facciano fuori per dimostrare di avere ragione.
24.
Questa breve biografia è basata sull’opera di Thich Nhat Hanh, Old Path White Clouds, 1991; trad. it. Vita di Siddhartha il Buddha narrata e ricostruita in base ai testi canonici pali e cinesi, Ubaldini, Roma, 1992.
25.
La massa degli scritti buddhisti è veramente enorme, e copre decine di migliaia di pagine. Il Canone Pali, che è limitato a un’unica setta, riempie 45 enormi volumi nella edizione completa siamese, esclusi i commenti. I Canoni Cinese e Tibetano, dall’altra parte, comprendono l’opera di tutte quelle scuole che lasciarono il loro segno in Cina e in Tibet. Nella più recente edizione giapponese le Scritture Cinesi constano di 100 volumi di 1.000 pagine stampati con caratteri minuscoli, mentre quelle Tibetane occupano 325 volumi» (E. Conze, Buddhist Scriptures, 1959; trad. it. Scritture buddhiste, Ubaldini, Roma, 1973, pag. 7).
26.
La lingua Pâli era la lingua parlata (versione popolare del sanscrito) nella regione in cui visse il Buddha: quindi quella da lui effettivamente usata. Assumerò questo Canone, in quanto universalmente riconosciuto il più attendibile, come fonte per le citazioni.
27.
Precisamente fra il secondo e il terzo concilio tenutisi dalla comunità buddhista rispettivamente a Vesali nel 340 a.C. e a Pataliputta nel 246 a.C.
28.
Le altre due parti sono il Vinayapitaka, che riguarda le regole di condotta dei monaci, e l’Abhidhammapitaka, che espone la dottrina (intesa come teoria).
29.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Saccavibhanga Sutta.
30.
I termini usati nelle definizioni degli Otto Nobili Sentieri cambiano nelle diverse tradizioni e quindi nei diversi Canoni, e sono diversi anche nelle diverse traduzioni occidentali. Quelli riportati qui sopra sono quelli usati nel già citato Vita di Siddhartha il Buddha di Thich Nhat Hanh, in quanto più facilmente reperibile dal lettore occidentale.
31.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Pasarasi Sutta.
32.
Potremo iniziare discutendo l’origine di tutti i problemi psicologici, l’origine della mente nevrotica. È una tendenza a identificarsi con i desideri e i conflitti che hanno a che fare con un mondo esterno. E immediatamente si pone la domanda se questi conflitti esistono realmente all’esterno o se invece sono interni» (Chôgyam Trungpa, Glimpses of Abhidharma, 1975; trad. it. Lineamenti dell’Abhidharma, Ubaldini, Roma, 1980, pag. 13).
33.
Ciò che ci rende nevrotici non è tanto la vita concitata che facciamo quanto l’atteggiamento mentale che assumiamo nei suoi confronti: come se dal successo dipendesse davvero la nostra felicità. Questo produce in noi stress, che è l’esatto opposto della serenità. La felicità è essenzialmente serenità e quindi è la serenità il termometro della nostra felicità, non il successo. Lo stato di buddhità ci permette di realizzare proprio la serenità, senza rinunciare al successo.
34.
Noi non siamo normali e naturali. Siamo assolutamente anormali, siamo malati, siamo pazzi! Solo che, poiché tutti sono come noi, non ce ne rendiamo conto: la pazzia è così normale che non essere pazzi sembra anormale. Buddha è anormale» (Osho Reineesh, Tantra, spirituality and sex, 1984; trad. it. Commenti al Vigyana Bhairava, ecig, Genova, 1992).
35.
Buddhacarita, iii, 22 (poema composto probabilmente nella prima metà del i secolo d.C. da Ashvaghosa).
36.
Suttapitaka, Samyutta-Nikaya, Dhammacakkapavattana Sutta.
37.
In una autorevole traduzione italiana dei Canoni Antichi, La rivelazione del Buddha, vol. i, I Meridiani, Mondadori, Milano, 2001, essa è definita «Retta Visione» (pag. 7).
38.
quello che dico sempre ai depressi. Per un attimo gli dà sollievo, ma poi ricadono nel loro pensiero ossessivo: che l’universo sia stato creato al solo scopo di fregarli.
39.
Vinayapitaka, Vibhanga Sutta.
40.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Piyajatika Sutta.
41.
Vinayapitaka, Vibhanga Sutta.
42.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Cularahulovada Sutta.
43.
Vinayapitaka, Mahavagga Sutta.
44.
Ibidem.
45.
Ne La rivelazione del Buddha, op. cit., il quinto Nobile Sentiero è definito «Retto Modo di Vivere» (pag. 7).
46.
Anzi, nelle discoteche dell’Amazzonia, più testine secche hai nella cintura, più cucchi. Come da noi i dollari.
47.
Vedi ad esempio le Tavole della Legge.
48.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Satipatthana Sutta.
49.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Satipatthana Sutta.
50.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Cularahulovada Sutta. Si tratta degli Skandha, le cinque modalità nelle quali si presenta la percezione. I termini qui usati differiscono da quelli tradizionali per maggiore chiarezza. Per un loro approfondimento, vedi Chôgyam Trungpa, Lineamenti dell’Abhidharma, op. cit.
51.
Sia chiaro che il termine «mente» non indica un oggetto ma un atto o meglio un insieme di atti, ossia un processo o una funzione, precisamente la funzione della percezione, che la psicologia buddhista suddivide nei cinque Skandha, già citati.
52.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Dighanakha Sutta.
53.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Piyajatika Sutta.
54.
La consequenzialità psicologica dei poteri corrispondenti agli Otto Nobili Sentieri è talmente evidente che non possiamo non sospettare che molto probabilmente proprio questo fosse l’ordine originale dei Nobili Sentieri enunciati dal Buddha.
55.
Contemporaneo, considerato in India un Avatar, un’incarnazione della divinità (Ganesha), ha fedeli in tutto il mondo compresa l’Italia: «Occorre controllare ed estinguere i conflitti dei desideri che affliggono la mente, che dev’essere focalizzata in una sola direzione» (Prema Dhyana; trad. it. Fiume d’amore, Ed. Sathya, Torino, 1981, pag. 11).
56.
Vedi il mio libro Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita, Ponte alle Grazie, Milano, 2003.
57.
I masochisti non fanno eccezione: la sofferenza che essi si autoprocurano ripara il loro senso di colpa e quindi in definitiva procura loro un’esaltazione dell’Io e quindi un piacere.
58.
La tensione è proprio tensione elettrica che permane nei circuiti neuronali del cervello e produce pensiero in quanto suo naturale processo di scarica: se subiamo un trauma l’alterazione mentale che esso produce permane nella nostra mente ancora per molto tempo dopo il trauma. Infatti non facciamo che pensarci.
59.
La sedimentazione dei pensieri nella memoria avviene con tutto il loro corredo emotivo: quindi un pensiero generante un’emozione viene registrato insieme a essa ed è appunto quell’emozione a rievocare il pensiero. Più forte è l’emozione, più frequentemente si riproduce il pensiero che le è correlato.
60.
Nella tradizione yogica il pensiero è appunto definito «seme» (bija), in quanto produce altri pensieri: cfr. Patañjali, Yoga Sutra, i, 46 e i, 51 nella mia traduzione commentata La psicologia dello Yoga. Lettura psicologica degli Yoga Sutra di Patanjali, ECIG, Genova, 1994.
61.
Possiamo definire, coerentemente con la tradizione orientale, negativi tutti quei pensieri che portano a separazione (diffidenza, sospetto, antipatia, rancore, odio, ecc.) e positivi tutti quei pensieri che portano a unione (fiducia, accettazione, simpatia, benevolenza, amore, ecc.).
62.
Cfr. cap. Il Retto Pensiero.
63.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Cularahulovada Sutta.
64.
R. Assagioli, Psychosynthesis. A Manual of Principles and Techniques, 1965; trad. it. Principii e metodi della psicosintesi terapeutica, Ubaldini, Roma, 1973, pag. 28.
65.
come se l’Io, identificandosi con il pensiero e con l’emozione che ne consegue, gli cedesse la sua energia, che costituisce appunto la nostra energia psichica e quindi la nostra stessa energia vitale.
66.
come se l’Io avesse una sua forza di gravità che lo precipita nella mente, cioè nei pensieri, nelle sensazioni e nelle emozioni, dimenticando e perdendo se stesso in essi.
67.
La coscienza è stata oggetto precipuo di interesse della religione cristiana per secoli: secondo la teologia cattolica è proprio l’attivazione della coscienza, a dare luogo al libero arbitrio capace di attuare la nostra umanità e rivelare la nostra origine divina. In epoca moderna anche la psicologia si è interessata della coscienza (cfr. R.M. Bucke, P.D. Ouspensky, W. Hall, A.H. Maslow e soprattutto R. Assagioli). Attualmente alla coscienza in quanto funzione cerebrale si sta interessando la neuroscienza. Non possiamo non meravigliarci quando consideriamo che la coscienza è praticamente un cervello che vede se stesso durante il proprio funzionamento.
68.
come se la coscienza, che è la funzione con la quale più compiutamente può identificarsi l’Io, fosse la sede naturale dell’energia psichica: finché la coscienza è immersa, per così dire, nella mente e quindi noi ci identifichiamo con i nostri pensieri e le nostre emozioni, questi si manifestano in tutta la loro forza e ci travolgono: noi ne siamo schiavi. La coscienza dà ai pensieri e alle emozioni tutta la sua energia. Quando invece la coscienza, l’Io, si distacca dalla mente e ne esce diventando l’osservatore esterno a essa, sembra portare con sé quella stessa energia e toglierla ai pensieri e alle emozioni che, rimanendone privi, lentamente scemano fino ad arrestarsi del tutto.
69.
In particolare, nei casi di incidenti gravi (è tipica, in questi casi, la visione della propria vita che scorre come un film): ti ritrovi a guardarti dall’esterno, per così dire, e ti vedi agire come se fossi un altro. «In situazioni di pericolo (ad esempio in guerra o in certi momenti delle ascensioni alpinistiche) avviene un potenziamento della coscienza, uno stato di ‘supercoscienza’ nel quale vengono compiute azioni normalmente impossibili e atti eroici» (R. Assagioli, Principii e metodi della psicosintesi terapeutica, op. cit., pag. 169).
70.
Lo so che gli idealisti si scandalizzeranno a questa mia affermazione. Pazienza, ci sono abituato. Diversamente da Schopenhauer, che all’obiezione che il suo pensiero non aveva niente a che fare con la realtà rispose «Tanto peggio per la realtà!», io rispondo «Tanto peggio per il pensiero!»
71.
Gli yogi controllano anche la cistifellea e le ghiandole surrenali. Con un po’ di allenamento ci puoi riuscire anche tu. Sto preparando un prossimo libro, Come imparare a controllare la cistifellea e le ghiandole surrenali in due settimane. Abbi pazienza!
72.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Cularahulovada Sutta.
73.
Vedi K. Dychtwald, Bodymind, 1977; trad. it. Psicosoma, Astrolabio, Roma, 1978.
74.
Per un approfondimento teorico dell’Anapanavipassana vedi Buddhadâsa, Mindfulness with Breathing, 1988; trad. it. La consapevolezza del respiro, Astrolabio, Roma, 1991. Ti sconsiglio però di applicarla in codesta sua versione tradizionale, perché troppo lunga e complicata.
75.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Cularahulovada Sutta.
76.
Un mantra è una qualsiasi parola o frase ripetuta con continuità. La preghiera, ad esempio, è un mantra. L’uso di un mantra è importante. Esso ha un influsso sull’inconscio. Registra nell’inconscio una suggestione che produce automaticamente pensieri, emozioni, comportamenti. Cioè ti trasforma. In più dà altri due risultati. Impedisce la produzione automatica di pensieri negativi. Ti dà il pieno controllo della tua mente (e del tuo corpo se lo reciti insieme con il respiro). Due regole: recitalo sempre mentalmente e non confidare a nessuno questa tua pratica. La prima regola ti impedisce di essere portato alla Neuro contro la tua volontà. La seconda ti impedisce di disperdere l’energia della tua trasformazione.
77.
Anche lo Zen percorre la via dell’attenuazione del pensiero prima di attuare la concentrazione esclusiva dell’attenzione sulla realtà: il koan (un enigma assurdo che il maestro propone al discepolo) non ha infatti altro scopo che convincere l’adepto dell’inutilità del pensiero e indurlo quindi a rivolgere la propria attenzione alla realtà.
78.
E finiresti probabilmente a passare la notte in una centrale di polizia: gli americani, si sa, sono dei puritani. Place Pigalle è piena di locali porno e se tu ti comportassi nei locali di Times Square come ti comporteresti nei locali di place Pigalle (toccando ad esempio il sedere alle ragazze) finiresti in una centrale di polizia (gli americani sono molto suscettibili riguardo al sedere delle loro ragazze).
79.
Vedi Come smettere di farsi le seghe mentali, op. cit., pagg. 47-48.
80.
Essere buddha, a Napoli, non è un optional come dalle altre parti: è obbligatorio, se no non si sopravvive.
81.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Satipatthana Sutta.
82.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Satipatthana Sutta.
83.
Dopo un mese di raccoglimento, il discepolo al quale il maestro rivolse questa domanda ritornò dal maestro e gli disse: «La destra» e il maestro gli diede una bastonata sulla schiena (i maestri zen sono molto maneschi). Dopo un altro mese, con aria trionfante e furba, ritornò e gli disse: «La sinistra» e il maestro gli diede un’altra bastonata sulla schiena. A questo punto il discepolo gridò: «Vaffanculo vecchio rincoglionito, te e le tue domande del cazzo!» (traduzione letterale dal giapponese). Il maestro allora lo abbracciò esultante: «Finalmente hai capito, figlio mio, che sono domande del cazzo!»
84.
Ma allora, ti chiederai, perché ci scrivono sopra dei libri? Ti sei mai chiesto come fanno a campare quelli che fanno zen (che consiste nel non fare assolutamente niente)? Scrivendo libri! Io sono un maestro zen!
85.
Hui-Neng (Wei-Lang), Sutra, 23.
86.
Lo zen non è nato in Giappone, ma in Cina nel vi secolo dopo Cristo, dove prese il nome di Chan (dal sanscrito Dhyan, contemplazione, una fase dello yoga). Poi fu esportato in Giappone nel xiii secolo, dove prese appunto il nome di zen.
87.
per questo che ai matti fanno sempre la doccia. Quello che non si spiega è perché gliela facciano gelata.
88.
Ad esempio togli la polvere dal pianoforte e stendi bene il ricamo sotto la tazzina del caffè. Se non hai il pianoforte e nemmeno il ricamo ma soprattutto non hai la tazzina del caffè, stai proprio inguaiato. Prova al bar. Digli che ti mando io.
89.
Cioè continua a togliere la polvere. Quando hai finito con la polvere comincia a lavare i vetri. Poi passa ai tappeti. E infine rifai i letti e gira i materassi. Se fai questo esercizio tutte le mattine puoi fare a meno della donna di servizio.
90.
Dopo di che puoi richiamare la donna di servizio.
91.
Anche in casa degli altri. In questo caso ti frutta anche qualcosa.
92.
Più lo fai e più ci guadagni.
93.
La meditazione sulla morte è un leitmotiv del buddhismo, ma non credere che questo lo connoti come tragico o pessimista. Al contrario, il pensiero della morte esalta l’importanza e la sacralità della vita, che in tal modo viene più apprezzata e goduta. Anche gli antichi romani tenevano nei loro banchetti uno scheletro simbolico per ricordare la caducità della vita («Memento mori!») per godersela di più.
94.
Questo errore cognitivo porta a enormi sofferenze: è frequentissimo il caso in cui coppie di coniugi si dividono perché uno dei due scopre (magari dopo vent’anni) che l’altro non è «come lui (o più spesso lei) credeva». Cfr. il mio libro Alla ricerca delle coccole perdute, op. cit., pag. 129.
95.
Il che costituisce una vera e propria nevrosi: cfr. lo stesso mio libro Alla ricerca delle coccole perdute, op. cit.
96.
Per l’approfondimento della dinamica di crescita psicologia attraverso le tre personalità del bambino, dell’adulto e del genitore, vedi il mio libro, Alla ricerca delle coccole perdute, op. cit.
97.
Per questo, il Buddha è stato chiamato dalla tradizione tathata: ciò che è.
98.
Vedi Idem.
99.
Quanti, affermando di amarci, pretendono da noi presenza, disponibilità, fedeltà, dedizione, sacrificio che in realtà sono sofferenza per noi e piacere per loro? L’amore vero è desiderio della felicità dell’altro, non della nostra.
100.
Molti avrebbero giurato sulla durata eterna di trasmissioni come Maurizio Costanzo Show, ma anche lui a un certo punto si è rotto le balle di farla.
101.
Come ad esempio fare due salti sulla veranda. Se poi pure a Veranda piace quella trasmissione e be’, cosa volete che vi dica? E guardatevela insieme!
102.
Gli stupidi sono un’invenzione straordinaria. Prima di tutto se non ci fossero noi non potremmo sentirci intelligenti. Poi sono divertentissimi. Il trucco per divertirsi è sapere che sono stupidi. Se credi o ti aspetti che siano intelligenti ci rimetti il fegato. E magari scopri che lo stupido sei tu.
103.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Piyajatika Sutta.
104.
Questa smania di avere tutto e subito è tipica dei bambini. Vuoi farti un auto-test? Se hai la smania di avere tutto e subito sei un bambino.
105.
Quello di arrivare a dare della pazza a una povera goccia d’acqua ti dimostra che a diventare un buddha si trascende veramente qualsiasi limite.
106.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Piyajatika Sutta.
107.
C’è gente che alleva coccodrilli e si commuove quando vede i coccodrillini uscire dal loro guscetto e ballonzolare in giro pronti ad azzannare qualsiasi cosa.
108.
Il termine latino passio significa appunto sofferenza: la passione di Cristo è il suo calvario.
109.
Buddhacarita, iii, 24.
110.
Gesù disse ‘Ama il prossimo tuo come te stesso’» (Matteo, 19, 19).
111.
Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Piyajatika Sutta.
112.
Esso è tuttavia una versione semplificata e molto più facilmente praticabile, della Vipassana tradizionale, che comprende sedici fasi (cfr. Buddhadâsa, La consapevolezza del respiro, op. cit.).
113.
In accordo con la cultura orientale, secondo la quale ogni essere vivente segue un suo destino determinato dalla sue azioni (karma).
114.
Questo mantra può essere usato anche per tutta la vita. È potentissimo.