Capitolo quattordicesimo

Il controllo della mente

Il primo potere da conquistare, il controllo della mente, è molto importante ed è il fondamento di tutta la procedura atta a realizzare lo stato di buddhità.

Come abbiamo visto, lo stesso Buddha lo ha dichiarato esplicitamente:



La Retta Concentrazione è il più nobile
degli Otto Nobili Sentieri.



Quindi a esso dobbiamo dedicare una particolare attenzione e determinazione: è appunto ciò che il Buddha ha chiamato Retto Sforzo.

E in effetti per attivare il controllo della mente occorre fare uno sforzo di volontà: gli altri poteri vengono più spontaneamente, una volta realizzato il primo, ma questo primo richiede un certo impegno.

Il controllo della mente non è un potere invocato soltanto dal Buddha.

Esso è stato presentato come base dell’evoluzione spirituale e sollecitato da tutti gli iniziati, dal Buddha a Platone, a Seneca, a sant’Agostino, a Pico della Mirandola, a Maometto, a Eckhart, a Sai Baba.55

Per controllare la mente, afferma il Buddha, è necessario osservarla.

Osservare cioè le proprie sensazioni, le proprie emozioni, i propri pensieri.

Soprattutto i propri pensieri.

Perché è il pensiero, la causa delle emozioni, e quindi è il pensiero la causa della sofferenza.

Infatti l’emozione è originata dal pensiero.

Se penso alla perdita di una persona cara si produce in me un’emozione che chiamo «sofferenza».

Se penso invece a una persona cara che mi sta vicino, si produce in me un’emozione che chiamo «piacere».

Dunque è il pensiero, che produce la nostra sofferenza psichica.

Ora, la cosa importante da capire è che il pensiero che produce sofferenza non è volontario.56



il pensiero che produce sofferenza
non è volontario



Nessuno infatti si produce intenzionalmente della sofferenza, perché ciò va contro l’universale programma genetico di sopravvivenza.57

Quante volte avremmo voluto dormire e siamo stati invece tenuti svegli da pensieri spiacevoli e addirittura dolorosi!

Quante volte non vorremmo pensare a cose spiacevoli e siamo nella condizione di non potere farne a meno!

Quante volte non vorremmo pensare a ciò che abbiamo perduto, ai nostri insuccessi, alle nostre delusioni, ai nostri errori, e non ci riusciamo!

Quante volte non vorremmo pensare al nostro futuro, alle prove che ci attendono, ai pericoli che correremo, alla fine che potremmo fare, e non siamo capaci di sottrarci a questi pensieri!

Non siamo capaci di fare a meno di avere pensieri che ci fanno soffrire!

Contro la nostra volontà!

Ma come avviene che noi ci produciamo da noi stessi la sofferenza psichica, sia pure involontariamente?

Come avviene che noi produciamo pensiero involontario?

Perché lo produce automaticamente la nostra memoria (inconscio).

Il pensiero involontario infatti altro non è che la manifestazione della tensione derivante dai traumi (aggressioni, ansie, paure, perdite, insuccessi, insicurezze, ecc.) registrati nella nostra memoria.58

Le aggressioni, le ansie, le paure, le perdite, gli insuccessi, le insicurezze che noi abbiamo vissuto rimangono incisi nella nostra memoria e si ripresentano sotto forma di pensieri che richiamano e riproducono quelle emozioni.

La cosa che bisogna assolutamente capire e non dimenticare mai è che il pensiero che ci dà sofferenza è il prodotto automatico della tensione registrata nella nostra memoria.



il pensiero che ci dà sofferenza
è il prodotto automatico
della tensione registrata nella nostra memoria



Nella condizione di nevrosi il pensiero che ci dà sofferenza, detto anche pensiero tensivo, costituisce la quasi totalità della nostra attività psichica.

Come può avvenire questo?

Perché i pensieri si riproducono.59



I pensieri si riproducono.



I pensieri sono come semi che producono piante.60

E i pensieri negativi producono piante velenose.

Queste piante velenose costituiscono la nostra sofferenza.

Dunque il pensiero è la causa della nostra sofferenza psichica e questo è precisamente ciò che ha scoperto e puntualizzato il Buddha.

È al pensiero, dunque, che deve applicarsi il nostro controllo.

 

Il controllo della mente
consiste nel
controllo del pensiero.

 

Il Buddha ha dedicato due nobili sentieri al controllo della mente: il Retto Pensiero e la Retta Concentrazione.

Il Retto Pensiero consiste, come abbiamo visto, nella elininazione dei pensieri negativi e nella costruzione di pensieri positivi.61

Abbiamo visto che i pensieri negativi sono involontari.

È evidente che i pensieri positivi che noi dobbiamo introdurre nella nostra mente sono invece volontari.

L’operazione che dobbiamo fare in definitiva è sostituire i pensieri involontari negativi con i pensieri volontari positivi.

Si tratta fondamentalmente di operare un’igiene mentale.

Ma quali pensieri negativi vanno sostituiti?

E con quali pensieri positivi?

Secondo la tradizione, il Buddha ha fatto un elenco al riguardo, quando ha esposto le Quattro Contemplazioni e i Quattro Incommensurabili.62

Possiamo riassumerlo così, considerando tutt’uno l’insieme pensiero-emozione:


 

PENSIERO INVOLONTARIO NEGATIVO

PENSIERO VOLONTARIO
POSITIVO

agitazione

concentrazione sul respiro

antipatia

gentilezza

crudeltà

compassione

ira

amore

odio

compassione

attaccamento

riflessione sull’impermanenza

libidine

riflessione sulla fine di tutte le cose

 

 

Diciamo subito che il ricorso alle Quattro Contemplazioni e ai Quattro Incommensurabili proposti nel Retto Pensiero è una risorsa estrema.

Esso va fatto soltanto nel caso di una sofferenza molto forte.

Cioè nel caso in cui i pensieri negativi invadono sistematicamente la tua mente.

La pratica normale del controllo della mente è quella esposta nella Retta Concentrazione.

Ossia l’osservazione distaccata del pensiero.

Come ha detto il Buddha:

 

Osserva con distacco i tuoi pensieri come osservi con distacco il volo lontano degli uccelli nella pace della sera.63

 

L’osservazione distaccata del pensiero lo neutralizza: gli toglie la sua carica emotiva e quindi spezza la catena del suo autorafforzamento nella memoria e dunque la sua forza di riproduzione.

Come avviene?

Attraverso un atto di disidentificazione.

Vi è infatti una legge psicologica:

 

Noi siamo dominati
da tutto quello con cui ci identifichiamo
e dominiamo
tutto quello da cui ci disidentifichiamo.64

 

Quando siamo invasi dai pensieri che ci danno sofferenza noi normalmente li assumiamo come opera nostra: ci crediamo noi gli autori di codesti pensieri, ci identifichiamo con essi e li assumiamo per veri.

Se vi è ad esempio nella nostra mente il pensiero di una perdita e una conseguente emozione di paura, noi solitamente ci identifichiamo con l’autore di quel pensiero e con colui che è invaso dalla paura.

L’emozione della paura diviene così fortissima.65

Questo, inoltre, fa sì che quel pensiero e quella paura si incidano profondamente nella nostra memoria e si ripropongano con insistenza per molto tempo a venire.

Ma ciò è nevrotico, perché noi non siamo gli autori volontari di quel pensiero: esso è prodotto automaticamente dalla nostra memoria sulla spinta della paura che è stata registrata in essa nel passato.

L’identificazione del nostro Io con quel pensiero e con quella paura fa sì che, per la legge psicologica riportata qui sopra, noi ne siamo dominati.66

Per comprendere meglio questo processo dello stato di tensione o di identificazione con il pensiero tensivo può essere utile il seguente diagramma di flusso:

 

Stato di tensione

o di identificazione con il pensiero tensivo

schema dello stato di tensione

Nell’ambito del cosciente il nostro Io si identifica con l’autore del pensiero tensivo, il quale è invece prodotto dall’inconscio.

Se, diversamente, noi spostiamo la nostra attenzione dagli oggetti esterni ai nostri stessi pensieri, modifichiamo la nostra dinamica mentale.

Se osserviamo un determinato pensiero e una determinata paura nella nostra mente, diventiamo un osservatore esterno che prende semplicemente atto della presenza di quel pensiero e di quella paura.

In questo modo quel pensiero e quella paura non riguardano più il nostro Io, perché il nostro Io si è spostato dal soggetto di quel pensiero e di quella paura all’osservatore esterno.

Questo raffredda, per così dire, la paura, e impedisce che essa si registri nella nostra memoria, non rafforzando quel pensiero e non favorendo così la sua riproduzione nel futuro.

In questo modo il pensiero tensivo, carico di sofferenza, viene neutralizzato.

In termini scientifici, il nostro centro di identificazione, l’Io, con cui ci identifichiamo, si sposta dal pensiero all’osservatore.

Questa funzione del nostro cervello è nota con il nome di coscienza.67

L’osservatore infatti non è il pensiero.

Quindi non è coinvolto nella tensione che è presente nel pensiero.

E poiché l’Io è il motore dell’energia tensiva che costituisce l’emozione, questa viene ridotta.68

Il procedimento può essere illustrato dal seguente diagramma di flusso:



Stato di autocoscienza
o di auto-osservazione

schema dello stato di autocoscienza

Nello stato di coscienza l’Io diviene osservatore del pensiero tensivo presente nel cosciente ma prodotto dall’inconscio.

L’azione dell’osservare il proprio pensiero, la coscienza, costituisce una vera e propria funzione cerebrale particolare peculiare dell’essere umano, la quale però si attiva spontaneamente soltanto in casi eccezionali.69

È proprio mediante l’attivazione di questa funzione cerebrale, la coscienza, che noi attuiamo l’osservazione del nostro pensiero.

Il nostro Io si sposta dall’autore dei nostri pensieri a un osservatore impersonale.

Lo possiamo chiamare il Nobile Distaccato Osservatore.



Per attuare l’auto-osservazione del pensiero
occorre diventare il
Nobile Distaccato Osservatore



È proprio l’osservazione distaccata del pensiero, che costituisce quel controllo della mente che abbiamo visto essere indispensabile non soltanto per la realizzazione della presenza nella realtà ma anche della stessa buddhità.

Un buddha è infatti sempre consapevole dell’automatismo dei propri pensieri e ne è sempre distaccato, non si lascia schiavizzare da essi.



Un buddha osserva sempre con distacco i propri pensieri
ed è sempre consapevole del loro automatismo.



Quello che tu devi pensare, per la conquista di questo potere, è che la tua mente non è altro che un organo del tuo corpo, che produce pensiero come la cistifellea produce bile e le ghiandole surrenali adrenalina.70



La mente è un organo del corpo.



E tu lo puoi manipolare, allenare, rafforzare e comandare come vuoi, come un qualsiasi altro tuo organo, come i polmoni o la vescica.71



La mente può essere manipolata.



È soltanto una questione di esercizio.

E quindi di tempo.

Se non l’hai mai fatto, ti sembrerà difficile osservare il tuo pensiero.

Ma ci sono dei trucchi.

Il primo è questo: cerca di smettere di pensare.

Non ci riesci, naturalmente.

Ma ottieni un grande risultato.

Guardi dentro la tua mente.

Infatti come fai a sapere se la tua mente esegue o no il tuo ordine di smettere di pensare se tu non ci guardi dentro?

Questo è un primo stadio.

Un secondo stadio è quello di osservare la tua mente, e quindi i tuoi pensieri, usando i sensi.

Guarda dentro la tua mente usando la vista.

Vedi delle immagini?

Non sono propriamente pensiero, ma sono comunque un’attività della mente.

Se le vedi stai guardando dentro la tua mente.

Adesso usa l’udito.

Sentirai una voce che parla.

È il tuo pensiero.

L’hai beccato!

Proprio così: come ho già detto, il pensiero si manifesta sotto forma di discorsi.

Quest’ultimo procedimento è il più efficace, quello che potrai adottare normalmente.

Non ti fissare tuttavia con l’osservazione del pensiero, se hai difficoltà ad attuarla: la cosa importante è che tu diventi consapevole che i tuoi pensieri sono prodotti dal tuo inconscio.

Questo, è il risultato dell’osservazione del pensiero e quindi in questo, consiste sostanzialmente il controllo del pensiero.

Ciò vale soprattutto per i pensieri negativi.

 

Quando hai un pensiero negativo
devi essere consapevole
che esso è prodotto dal tuo inconscio.

 

La consapevolezza dell’automatismo del pensiero va attuata sistematicamente.

In pochi giorni, se ti applicherai con costanza, i tuoi pensieri negativi perderanno la loro forza e tu ti ritroverai con la mente più sgombra, ancora attraversata da pensieri automatici, che non cesseranno mai nella tua vita, ma privati della loro virulenza, quindi meno capaci di avvilirti e deprimerti, cioè di farti soffrire.

La consapevolezza dell’automatismo del pensiero è la metodica fondamentale da attuare per realizzare il controllo della mente.

La tradizione riporta tuttavia che il Buddha ha detto:



Fratelli, prima di imparare a osservare con distacco il pensiero, dovete imparare a osservare e a calmare il vostro respiro, il vostro corpo e le vostre emozioni.

Quando avrete calmato il vostro respiro, il vostro corpo e le vostre emozioni, praticate con continuità l’osservazione distaccata del pensiero.

La coscienza distaccata del pensiero, insieme con l’osservazione consapevole del respiro rafforza la concentrazione.72



Come mai?

Perché la mente non è una struttura o una funzione separata dal corpo e quindi non puoi calmare la tua mente senza calmare anche il tuo corpo.

Mente e corpo sono in realtà una stessa struttura che possiamo chiamare psicosoma.73

Come ha messo in rilievo la Vipassana, la tecnica di meditazione tradizionale buddhista, le funzioni che costituiscono la persona umana sono distinguibili didatticamente in tre processi: respiro, corpo e mente.

Questi tre processi sono integrati e interagenti fra loro, per cui una tensione presente in uno qualsiasi di essi corrisponde a una tensione presente negli altri due e ognuna di esse è insieme effetto e causa delle altre.

La cosa può essere compresa meglio da questo diagramma di flusso:

schema circolare delle relazioni tra mente, respiro e corpo

Come si vede dal diagramma, ogni processo ha una relazione con gli altri che è insieme una relazione di condizionante e di condizionato.

La Vipassana si applica particolarmente al respiro.

Infatti il suo nome completo è Anapanavipassana, che significa «piena consapevolezza del respiro».74

Perché il respiro è il processo più semplice dei tre e quindi quello che più facilmente può essere tenuto sotto controllo.

La pratica della concentrazione sul respiro è molto potente.

Con essa, narra la tradizione, il Buddha raggiunse l’illuminazione.

È facile, concentrandosi sul respiro, raggiungere addirittura il vuoto mentale.

 

Quando avrete imparato a praticare la coscienza del respiro e del pensiero, otterrete facilmente il vuoto mentale.

Il vuoto mentale è la condizione naturale della mente, così come il riposo è la condizione naturale del corpo.75

 

Il vuoto mentale è molto utile perché ci permette di eliminare la tensione, cioè la sofferenza, presente normalmente nella nostra mente.

Un buddha è uno che vive tendenzialmente nel vuoto mentale.

 

Un buddha vive tendenzialmente nel
vuoto mentale.

 

Occorre tuttavia che tu ti chiarisca due cose, al riguardo.

La prima è che il vuoto mentale non deve essere ricercato ossessivamente.

Infatti questo genererebbe tensione, invece di eliminarla.

La seconda è che il vuoto mentale non può essere mantenuto sempre.

Tu non ti devi fare l’idea errata che per diventare un buddha devi smettere definitivamente di pensare, cosa non solo impossibile ma addirittura pericolosa.

Semplicemente, il pensiero non va usato inutilmente ma soltanto nei casi in cui esso serve davvero, in cui è utile al nostro benessere o addirittura alla nostra stessa sopravvivenza.

Infatti da una parte è praticamente impossibile smettere definitivamente di pensare, perché il pensiero involontario si forma automaticamente, dall’altra pensare ci serve per risolvere i problemi pratici.

Questa è infatti la funzione biologica del pensiero: risolvere i problemi pratici mediante la simulazione delle loro possibili soluzioni.

Lo stato di buddhità consiste più precisamente in uno stato mentale in cui il pensiero è usato volontariamente ed è limitato alla soluzione di problemi pratici e, quando esso travalica questa sua finalità naturale e si produce automaticamente a causa di una spinta nevrotica, è contenuto e attenuato, perché la coscienza, l’Io, rimane al suo esterno nella posizione del Nobile Distaccato Osservatore.

Praticare la concentrazione sul respiro non richiede condizioni particolari né di tempo né di luogo.

Non occorre chiudersi in una stanza deserta e silenziosa né ritirarsi in un eremo.

Si può praticare in qualunque momento e in qualunque situazione, anche attaccati alla maniglia di un autobus.

È sufficiente

 

fare otto respiri profondi e calmare il respiro.

 

Occorre tuttavia imparare a usare tutti i polmoni, per respirare, e non soltanto una parte di essi.

Se si vuole, e se si può, basta proseguire a mantenere calmo il respiro, per il tempo che si desidera.

Non è importante tanto il mantenerlo a lungo in una condizione di calma, quanto il portarlo spesso, in questa condizione.

Quindi, invece che lunghe sessioni di calma del respiro, brevi sessioni ma fatte frequentemente.

Con la frequenza che decidi tu e che senti che va bene per te.

In conclusione, la pratica a cui devi applicarti per realizzare il controllo della mente è la seguente:

 

ESERCIZIO 1



1 calmo il respiro;

2 utilizzando il respiro rilasso il corpo;

3 continuo a tenere calmo il respiro e osservo con distacco i pensieri e le emozioni che si presentano alla mia mente.

4 sono consapevole che i miei pensieri sono prodotti dal mio inconscio.



Questo esercizio è facile che ti conduca, come ho detto, al vuoto mentale.



ESERCIZIO 1A

(in caso di pensiero negativo invadente)



1 prendo coscienza che la mia mente è invasa da un pensiero-emozione negativo;

2 sviluppo nella mia mente il pensiero-emozione positivo antagonista.

 

 

Ti applicherai all’ESERCIZIO 1 per una settimana.

Saltuariamente, se necessario, ti applicherai anche all’ESERCIZIO 1A.

Non avrai bisogno né di condizioni né di ambienti particolari.

Esso può essere infatti praticato dovunque.

Quante volte e con quale durata?

Sarai tu a deciderlo.

Più lo farai, prima diventerai un buddha e più lo diventerai in modo permanente.

In questa prima settimana il tuo obiettivo principale sarà comunque questo:


controllare la tua mente


Se vuoi, in questa settimana puoi usare un mantra di rinforzo, da recitare mentalmente, nei tempi che decidi tu:76

 

io controllo

inspirazione

la mia mente

espirazione

io sono

inspirazione

un buddha

espirazione

 

Per le signore:

 

io controllo

inspirazione

la mia mente

espirazione

io sono

inspirazione

un’illuminata

espirazione