Nuovi progetti
Dopo anni di immobilità e di routine tutti questi cambiamenti non erano affatto indolori. Il mondo esterno, la battaglia, il fiume in piena. Il tempo rinnovato. Era un po' come rinascere, o come reincarnarsi nel corpo di due vecchie. Una cosa più faticosa di quanto si pensi. Si sentivano inadeguate.
Il motivo profondo delle loro uscite non era chiaro neanche a loro. Il motivo superficiale era ovvio: trovare qualcuno a cui dare la colpa dell'incidente. Ma sembravano non esserci soluzioni.
Stavano percorrendo la solita via.
«Ultimamente facciamo sempre gli stessi percorsi» disse Giulia.
«Chi lascia la via vecchia per la nuova...»
C'era un gruppetto di ragazzi con degli striscioni, urlavano e battevano dei tamburi contro lo straripamento del fiume.
«Perché battono sui tamburi?» chiese Giulia. «Intendono spaventare le pantegane?»
«Devono essere dell'associazione canottieri» disse Camilla.
Aveva smesso di piovere. Per quella volta dell'alluvione non se ne faceva niente.
Passarono di fronte al negozio del fabbro: quel quartiere aveva mantenuto alcune botteghe antiche, come fosse un paese.
«Quel bravo fabbro» disse Giulia.
Il fabbro non era tra i lazzaroni scansafatiche che discutevano a capannelli per strada su tracimazione e casse di espansione. Come vide le principesse uscì dal suo antro. Era vecchio, piccolo e nero. In verità era di carnagione chiara ma era così sporco - sembrava morchia - da diventare nero. Chiese se il lavoro che aveva fatto nel cortile andava bene e se non avessero bisogno di qualcosa.
«No, buonuomo» rispose Camilla cercando di non far trapelare la sua emozione nel sentir menzionare il lavoro nel cortile. Chissà se i fabbri leggono nel pensiero, si chiedeva.
Intanto il corteo di quelli contrari all'alluvione le aveva quasi raggiunte e Camilla notò la faccia di un giovane energumeno, grossa e piatta; sembrava fosse stata spiaccicata contro un muro. Ma soprattutto quella faccia gli ricordava qualcuno. Chi era?
Giulia non doveva averlo notato perché continuava a parlare con il fabbro.
«Sì, di qualcosa avremmo bisogno» disse Giulia.
Camilla era sbalordita. Cosa le prendeva, alla sua amica? A volte Giulia covava delle sorprese. Di solito erano pazzie.
«Non so se lei è la persona giusta» stava dicendo Giulia al vecchio fabbro ammaliato dalla sua bellezza, «ma forse potrebbe procurarci parecchi metri di corda.» Lo diceva con aria civettuola, come se la corda le servisse per rifarsi il trucco. Continuò con una serie di richieste incomprensibili. D'altra parte Giulia era stata moglie di un ingegnere.
Se il fabbro era stupito da quelle richieste non lo dette a vedere.
Giulia spiegò che quelle cose sarebbero servite ad aiutare la povera gente, in caso di alluvione. Infatti le principesse abitando in alto avrebbero potuto calare la corda e con un sistema di carrucole tirare su i bisognosi.
Il fabbro si rendeva conto che la cosa non avrebbe mai funzionato, ma era colpito dall'altruismo di quelle donne.
Le aveva avvicinate con lo stimolo del profitto, ma disse che avrebbe fornito il materiale quasi gratis.
Giulia chiese al fabbro di lasciare il materiale davanti al portone. Tanto chi l'avrebbe rubato.
«Ma come farete a portarlo su?»
«Non si preoccupi, in qualche modo faremo» rispose Giulia. Non per niente faceva ginnastica tutti i giorni.
Il fabbro tirò fuori l'insulso cellulare dal taschino e si appartò. Lui la corda non ce l'aveva. Doveva chiederla a un suo amico.
Ora che erano sole Camilla si voltò verso Giulia spalancando gli occhi.
«Ma sei impazzita? Che ti è preso?»
«Bisogna dare la colpa a qualcun altro» rispose Giulia con un sorrisetto vago.
In quei momenti era inutile insistere.
Le principesse antiche erano in mezzo ai manifestanti. Proprio vicino a quello con la faccia schiacciata - chissà chi era..
«Ati! Ati! Mai più morti affogati!» scandivano fieramente i manifestanti.
E poi ancora:
«Ate! Ate! Mai più opere d'arte rovinate.» Questa aveva meno ritmo.
«Vedi i cattivi effetti dello studio su soggetti non predisposti?» ammonì Camilla.
«Pessimi segnali, cara mia, pessimi segnali» rispose saggiamente Giulia.
«Lo diceva sempre il povero Ernesto, questi qua sono molto più adatti al lavoro manuale, in cui troverebbero la felicità.»
«Il popolo leva la testa.»
«Lo decapitano?»
Videro apparire la pizzicagnola, la moglie di Emiliano: costei si staccò dal marciapiede opposto e puntò su di loro. Mulinava le braccia e aveva quella terribile aria concreta che piace ai tempi astratti.
Era una donna arcigna, grossa, cattiva, del tutto simile al marito. E quel mostro le stava puntando come un rinoceronte.
Sapeva tutto. Era dunque finita.
Camilla si sentì mancare, fu colta dall'antica soggezione, l'antica paralisi che le prendeva di fronte a Emiliano. Era impietrita. Strinse il braccio a Giulia che contemplava il cielo, persa in considerazioni meteorologiche sui demoni dell'aria e dell'acqua.
«Che fai qui?» disse la pizzicagnola. La domanda era strana, come era strano che non guardasse in faccia né Camilla né Giulia.
Camilla finalmente capì la situazione. La pizzicagnola stava dicendo a suo figlio, quel bove dalla faccia piatta (ecco chi era!): «Che fai qui, mentre tuo padre è sparito?».
Lui spiegò che stava cercando il padre quando aveva incontrato questi amici di scuola. Aggiunse: «Ma dài mamma, sarà andato a puttane ad Arezzo e gli si sarà forata la gomma come l'altr'anno».
Era un ragazzo dal cuore d'oro e stava cercando di rassicurare la madre.
«Ma la macchina è in garage» rispose lei.
«Sarà andato in taxi.»
La pizzicagnola si era tutta intenerita, a sentire le ipotesi del suo cocchino. Gli sistemò il bavero della giacca perché non prendesse freddo. Poi però si rabbuiò: «È con questi discorsi che la polizia non ci prende sul serio. L'hai fatto anche a loro questo discorso?».
«Ma no, mamma» la rassicurò con aria furba, «figurati. Ho detto che probabilmente era andato a controllare l'Arno a Rignano, dove abbiamo gli orti.»
«Ma allora non lo cercano no, il tuo babbo!» disse la pizzicagnola. Tuttavia il dubbio che il marito fosse in effetti andato a Rignano a controllare gli orti le era venuto, magari era rimasto a dormire nella baracca e il telefono laggiù non prendeva.
«Non sa dove battere le corna» disse Camilla a Giulia.
In quel momento il fabbro rimise il telefono in tasca e fece cenno alle principesse di raggiungerlo.
Le rassicurò. Il suo amico avrebbe portato la corda. E tutto il materiale chiesto da Giulia - che ora aveva smesso di essere disattenta - sarebbe stato pronto nel tardo pomeriggio. Se le due signore erano in casa lui avrebbe portato tutto su, altrimenti lo lasciava di fronte al portone.
«Non mi vuoi ancora spiegare?» disse Camilla quando il fabbro fu rientrato nella spelonca da troglodita.
«Aspetta e vedrai.»
Mentre si allontanavano videro che la pizzicagnola e il figlio dalla faccia piatta confabulavano, cupamente eccitati. Il ragazzo le indicava. La madre gli abbassò la mano bruscamente. Ma il figlio continuò a fissarle con occhi furiosi.
«Diamoci una mossa» disse Camilla. «Non mi piace quando mi guardano così.»